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Autore: NyxTNeko    11/01/2019    3 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 0 - L'umiliazione è più amara della morte -


Corte, 8 maggio 1769 

La Repubblica di Genova aveva ceduto, senza troppi indugi, la Corsica alla Francia di Luigi XV, tramite il Trattato di Versailles. La popolazione locale, il fiero popolo corso, tradita da quel gesto vile, insorse contro i francesi provocando  tumulti e agitazione in tutta l'isola.

Pasquale Paoli, patriota corso di quarantaquattro anni, dal fisico robusto e dallo sguardo penetrante, era molto amato dalla popolazione, tanto da essere denominato 'U Babbu a patria', ovvero il 'Padre della Patria’.  Organizzò una riunione alla quale parteciparono in massa: la istituì, soprattutto, per ottenere i consensi indispensabili e poter così ingaggiare la battaglia definitiva contro gli invasori. 
 

- Cittadini - esordì tuonante, fiero, gonfiando il petto - La nostra patria, trattata come merce da Genova, è nelle mani dei peggiori nemici: i francesi, ma noi non siamo disposti a cedere ai loro compromessi! Lotteremo con tutte le nostre forze per restituirle la libertà ed ottenere  l'indipendenza! - Paoli aveva combattuto per molto tempo in Italia e sull'isola, ed aveva intuito che i tempi erano maturi per arrivare alla creazione della nazione corsa.

I suoi discorsi erano stati citati e apprezzati dai più influenti illuministi dell'epoca, sia italiani sia stranieri, i quali, presero molto a cuore la triste condizione del suo popolo, che da anni desiderava far sorgere uno stato indipendente e nazionale. La Corsica, in effetti, era conosciuta prevalentemente per tale motivo in Europa e, allo stesso modo, il Patriota, il cui nome passava di bocca in bocca, tra stupore e meraviglia.

Ma, proprio in quegli anni, vi furono le contrattazioni tra Genova e la Francia, che da tempo ambiva al controllo dell'isola e i genovesi, pur di estinguere i loro debiti nei suoi confronti, accettarono di cederla. A quel punto Paoli comprese che sarebbe stato il momento giusto per attuare i suoi scopi.
 

- Sì! - urlarono all'unisono i presenti nella sala, appartenenti ad ogni classe sociale: dall'umile contadino di campagna, al nobile possidente di città, dal pescatore, al modesto avvocato di provincia; tutti erano accomunati dal forte desiderio di combattere per la propria patria. I suoi vispi occhi azzurri si riempirono di orgoglio, era visto, dal suo amato 'popolo', al pari di un Dio.

- Patriota Paoli - lo chiamò un giovane uomo che gli afferrò con forza il braccio. Paoli, nell'udire quella voce familiare, girò la testa e sorrise.

- Buonaparte! - proruppe colmo di gioia, uno dei suoi amici più fedeli lo aveva raggiunto dopo aver preso ed esposto la decisione di dichiarare guerra agli invasori francesi - Finalmente, vi aspettavo...

- Sono pronto ad unirmi a voi! Alla fine ho pensato che sia la decisione giusta - dichiarò con prontezza il giovane ajaccino Carlo.

- Vi ricordo che avete un figlio di pochi anni e vostra moglie ne aspetta un altro... - si preoccupò il Patriota, ricordandosi di lui, in fondo apparteneva ad una delle famiglie più note e influenti di Ajaccio, se non addirittura dell'isola intera, e della sua situazione familiare - Siete sicuro di voler metter a rischio la vostra vita in questo modo? Comprendo una vostra eventuale ritirata...

- Non voglio che i miei figli vivano in una prigione - gli rispose determinato, i suoi intensi occhi cerulei fissarono lungamente Paoli - E poi sono uscito indenne da situazioni molto più drastiche di questa, non ricordate? - aggiunse continuando a guardarlo con la speranza di una risposta positiva.

Paoli sorrise, ammirato dal coraggio di quell'uomo che molte volte lo aveva accompagnato in battaglia, conosceva la sua intelligenza e affabilità - Prendete il fucile e seguitemi - ordinò infine dopo averci pensato per un paio di minuti e gli lanciò l'arma.

- Agli ordini - eseguì con entusiasmo, si allacciò il fucile. Montò a cavallo e si incamminò verso il luogo che sarebbe diventato il campo di battaglia, in cui c'erano i mercenari prussiani ingaggiati, che avevano risposto positivamente alla loro richiesta d'aiuto, arrivati da poco sul posto.  

Carlo Maria Buonaparte era un avvocato di ventitrè anni, laureatosi pochi anni prima a Pisa. Alto e particolarmente attraente, era popolare nella sua piccola città natale per il suo vivace ingegno e perspicacia. Ma specialmente per le strategie utilizzate nel racimolare i soldi e pagare i debiti, dovuti al suo vizio del gioco e dei piaceri della vita, assieme ai suoi compagni e amici, che spesso e volentieri approfittavano della sua estrema generosità per abbuffarsi e divertirsi a sue spese.

Era sposato da circa cinque anni con la diciannovenne Letizia Ramolino, figlia di un ispettore dei lavori pubblici e governatore di Ajaccio, priva di istruzione, nonostante la sua estrazione sociale. Era una ragazza che superava di gran lunga i canoni dell'epoca: veniva, infatti, considerata la più bella della Corsica. Oltre ad essere una donna dalla testa d'uomo: era lei a governare in casa, severa, orgogliosa, parsimoniosa e caparbia, proprio come una vera corsa, sapeva tuttavia dimostrarsi anche amorevole e gentile. Dalla moglie Carlo ebbe già dei figli, di cui solo uno sopravvisse, Giuseppe, ed ora ne aspettava un altro da più di 6 mesi.
 

Ponte Nuovo/Castello di Rostino, 9 maggio

"Carlo aspettami che ti aiuto" pensò la moglie mentre lo seguiva di nascosto, sporca di fango, ansimante a causa dello sforzo a cui stava sottoponendo il suo corpo durante la gravidanza, che era in stato avanzato. Le chiocche di capelli ormai scomposti, erano attaccati sul viso imperlato di sudore "Sono una donna, è vero, ma anche io ho il mio orgoglio".

Sentì la creatura nel grembo sussultare e con amore accarezzò il ventre prominente - Sei impaziente di combattere anche tu figlio mio?! - si domandò sorpresa; tutti sapevano che mancavano pochi mesi alla nascita, però nessuno poteva lontanamente immaginare che il Destino avesse puntato gli occhi su quel bambino. S'inoltrò nel bosco seguendo lentamente e silenziosamente le orme dei patrioti, fino a quando qualcuno si accorse di lei. 

- C'è una ragazza dietro di noi! E aspetta un bambino! - informò un giovane soldato di fanteria che si era girato tenendo il fucile puntato, in quanto insospettito dai rumori e dai gemiti di sforzo che parevano provenire alle sue spalle.

Carlo, intuendo il soggetto in questione, spalancò gli occhi, si voltò allarmato e vide la moglie districarsi, senza non poche difficoltà, tra le radici e i rami degli alberi - Letizia! Ma sei impazzita? Cosa ci fai qui? - le chiese girandosi completamente verso di lei, era impallidito.

- Voglio combattere anch'io con te! 

- Ma sei incinta! Non puoi sforzati così, il bambino ne soffrirebbe - urlò sempre più preoccupato, non voleva che sua moglie perdesse un altro figlio. Conosceva il carattere di Letizia e l'ultima cosa che desiderava in quel momento era di vederla sconvolta per la prematura morte di un bambino, com'era già accaduto due volte.

- Anche la creatura che porto in grembo vuole partecipare alla battaglia! - gridò ferma la donna avanzando a passi svelti verso il marito disorientato.

- Ma... - sospirò rassegnato, sua moglie era testarda come poche, non sarebbe servito a nulla insistere - Va bene, hai almeno un'arma? 

- Sì, il tuo fucile! L'avevi dimenticato a casa! - gli ricordò con prontezza mentre gli indicava l'arma allacciata dietro la schiena.

- Certo che vostra moglie ha proprio un bel caratterino - elogiò Paoli con stupore e gli occhi balenanti. Non si aspettava un coraggio ed una determinazione simile in una giovane e gravida donna. Era a conoscenza della forza d'animo e della severità di Letizia, eppure non credeva che potesse essere tanto stoica e completamente incurante del pericolo che vi erano tra i boschi e le montagne, specie nel suo stato. Per tutto il periodo in cui aveva seguito il marito, non vi fu in lei un attimo di esitazione.

- Eh sì, è sempre stata una battagliera - rise imbarazzato Carlo che fermò il destriero e la fece salire con delicatezza dietro di lui. Si stava pentendo della decisione che aveva preso: ovvero assecondare i voleri della famiglia, che avevano già scelto per lui il suo destino, il suo futuro e la sua vita. Tra questi c'era anche il matrimonio con Letizia che era tutto fuorché una donna che seguiva scrupolosamente il manuale della perfetta donna di casa. Quanto lo faceva penare! Non riusciva a non volerle bene.

Dopo aver attraversato il bosco che separava la città dal ponte, ad aspettarli vi era l'imponente esercito francese, di 5000 uomini, mandato dal sovrano Luigi XV e guidata dal conte di Vaux, Noël Jourda. Cominciava così la Battaglia del Ponte Nuovo, dal nome del ponte sul Golo, che fungeva da collegamento tra Bastia e Corte, quest'ultima eletta da Paoli come capitale della Corsica indipendente. 

- Corsi e mercenari prussiani che vi siete schierati contro l'esercito di sua maestà, Luigi XV, se abbandonate le armi e non opponete resistenza, vi risparmieremo - avvisò il generale francese Jourda quando si trovò davanti il Patriota Paoli e quell'accozzaglia di corsi che erano accanto ai distinti e brillanti prussiani.

- Jamais! - sbottò Paoli in francese, la lingua diplomatica di quel periodo che aveva imparato durante i suoi numerosi viaggi in giro per l'Europa - Noi non scenderemo a patti con voi, preferiamo morire, piuttosto che battere in ritirata come vigliacchi

Il generale francese, vedendo la ferma e fastidiosa ostinazione di quel popolo considerato rozzo e selvaggio con cui non si poteva discutere con diplomazia, e che ben conosceva, comprese che le armi erano l'unica soluzione per abbatterli. Perciò non gli restava che farlo immediatamente, anche perché era da più di tre mesi che aveva a che fare con loro e non ne poteva più. Una volta tornato alla sua postazione, sguainò lentamente la spada, la tese avanti a sè e strillò - Alla carica soldati! 

I due eserciti si lanciarono l’uno contro l'altro e fin da subito la battaglia assunse toni feroci. Nessuno dei due schieramenti nemici era deciso a mollare e a cedere. I corsi erano animati da un profondo e patriottico sentimento di libertà e indipendenza che alimentava le loro energie e speranze, i francesi erano mossi, per lo più, dalla possibilità di poter finalmente controllare un'isola la cui posizione era fondamentale per contrastare ed indebolire il nemico più potente di tutti i mari: l'Inghilterra.

Gli abitanti lottarono con coraggio e con onore, ma dopo due giorni di guerriglia costituita da imboscate, furti di armi e approvigionamenti, attacchi di sorpresa e brevi combattimenti campali, i nemici mostrarono la loro superiorità sia di preparazione sia di tecnica, pur avendo dalla loro parte i prussiani. E alla fine, stremati e decimati, con la perdita di quasi metà esercito, dovettero, seppur a malincuore, abbassare la testa agli invasori.

A questo punto la conquista francese dell'isola fu ultimata senza intoppi, anche se la resistenza all’invasore serpeggiava tra quei corsi, che durante la battaglia, avevano esortato le file dei ribelli a continuare fino allo stremo.

Paoli, capendo che ormai tutto era perduto, sciolse le milizie rimaste e partì per la Gran Bretagna il 13 giugno dello stesso anno; l'orgoglio corso fu spezzato, non estinto: il rancore e l'odio erano ancora vividi nei loro cuori, accompagnato dall'agognato sogno di libertà.
 

Carlo, deluso per l'esito del conflitto, ingoiò il boccone amaro e decise di schierarsi con il partito filo-francese, collaborando con loro, anzitutto, per evitare ritorsioni nei confronti della famiglia e per garantire un futuro sereno e sicuro ai suoi figli. Per questo compì, in quei mesi intensi e indaffarati, numerose ricerche affinché potesse ottenere i privilegi nobiliari e permettere alla prole studi adeguati, in quanto sapeva che in Francia, più che negli altri stati europei, solo a chi possedeva un titolo nobiliare era concesso di studiare nelle scuole più rinomate del Paese.

   
 
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