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Autore: lady igraine    16/01/2019    0 recensioni
Le Terre di Confine, dopo la Caduta del Regno di Neanna, da duecento anni sono governate dal Conclave, una misteriosa congrega di Maghi che stringe nelle proprie mani il destino dei Regni indipendenti.
Ma quando un incubo antico, quello che ormai è solo un racconto per spaventare i bambini, riemerge dall’oscurità, ogni equilibrio è destinato a spezzarsi.
E Sianna, cresciuta nella sicurezza della sua valle isolata, protetta da presenze rassicuranti che la seguono fin dall’infanzia, è l’inizio di quella crepa che incrinerà il suo mondo, e ne ignora la ragione.
Eppure è lei che La Morte sta cercando e, per sopravvivere, Sianna deve presto fare i conti con un passato più complesso di quanto possa anche solo immaginare.
***
«Te l’ho già detto. Le tue linee non sono complete. Non so come spiegarlo… ma il tuo è un futuro che non posso vedere. È come se l’altra metà del tuo destino non fosse incisa sulla tua mano ma da qualche altra parte, come se appartenesse a qualcun altro»
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’ULTIMO CAVALIERE DELLA PIETRA

 

RICORDI parte seconda

La disperazione con cui Sianna si era aggrappata alla sua mano fu più eloquente di qualunque supplica. Era sopraffatta, non dai propri sentimenti ma dal delirio collettivo che si abbatteva su di lei come un’onda schiumosa e furente sugli scogli. Faticava a respirare, non riusciva a schermarsi. Ynyr prese fiato, si concentrò, le sfiorò la guancia e le tempie, cercando di trasmetterle la propria calma.

 Con un sospiro tremante, la sentì sciogliersi sotto le sue dita, rasserenarsi e tornare a respirare. I suoi occhi si svuotarono di paura e rimasero colmi solo di assoluta adorazione. Si chinò su di lei, ripeté a voce alta «Senti me, solo me, Sianna. Non guardare nessun altro»

Ricambiò il sorriso leggero che si era dipinto sulle sue labbra ma poi, con uno strattone, la riportò dolorosamente alla realtà: erano schiacciati contro una parete, la folla impazzita non concedeva tregua eppure, se desideravano salvarsi, dovevano raggiungere il riparo del bosco, era quella la sua unica certezza.

«Stringetevi l’una all’altra, tenetevi strette qualunque cosa accada! Se vi lasciate è la fine!» cercò di urlare sopra le urla delle persone, scorticandosi la gola per lo sforzo. Gli faceva male tutto, per raggiungere sua sorella aveva lottato contro corrente, persino respirare era un dolore che si traduceva in fitte a tradimento tra le costole.

 

Deve essersi incrinato qualcosa, pensò contraendo la mandibola e tastando approssimativamente il costato. A quell’ordine, le ragazze obbedirono all’istante, si aggrapparono con tutta la loro volontà alle sue parole come alla luce di un faro in un banco di nebbia.

Sianna tornò presente a se stessa, Ynyr la vide finalmente realizzare che il terrore che la circondava era concreto, non solo un’emozione assorbita. Percepì, quasi fosse sua, la paura di Sianna nel capire all’improvviso che racchiudersi dentro quel grumo d’istinti primordiali le sarebbe costato la vita. Ynyr si portò ancora la mano al fianco, si lasciò scappare l’ennesima imprecazione tra i denti, avvolse Sianna nella sua stretta e insieme scivolarono in quel fiume di grida e carcasse umane oppresse. Le fiamme sempre più alte lambivano il cielo, il colore violento del fuoco e del calore annebbiavano la vista come ogni altro senso, Ynyr era smarrito, non sapeva dove andare, procedeva alla cieca, seguendo il tumulto. La pelle bruciava, i pianti isterici e disperati che riempivano le sue orecchie gli impedivano di essere lucido, quei corpi che premevano contro il suo, contro il braccio teso verso Sianna come unico legame che non li faceva perdere, gli toglievano la possibilità di cercare un riparo. Alcuni edifici, brillanti come tizzoni ardenti, crollarono tragicamente su loro stessi, investendo la folla, i calcinacci scoppiarono a raggiera, una pietra arrivò a colpirlo in testa.

Nuovi grappoli di luce, quasi fossero centinaia di nuove stelle a illuminare il cielo, si accesero all’unisono e all’unisono scattarono, lasciando dietro di loro una scia di fuoco, code di comete. La mano di Sianna strinse la sua con forza, in un moto di orrore. Ynyr, stordito dal colpo, cercò di abbassarsi, la spinse a fare altrettanto e sperò che le altre lo imitassero, che cercassero di rendersi bersagli meno scontati. Le frecce falciarono la fiumana di persone, molti corpi caddero a terra solo per essere inghiottiti e sopraffatti, calpestati. Ynyr stesso sentì la cedevolezza della carne maciullata sotto i piedi.

 

Sono sentimenti così agghiaccianti che non riuscirò nemmeno io a schermarmi a lungo.

Se io inizio a cedere, Sianna deve essere al suo limite

 

La trascinava con sé, ma gli sembrava di tirarsi dietro una bambola disanimata, se fosse svenuta sarebbe stata la loro fine, quella fuga dalla morte si sarebbe interrotta prima di poter arrivare anche solo a sperare in una salvezza. In quel trambusto, miracolosamente riuscì a intravvedere quattro figure incappucciate ben note. Riconoscere Kea gli tolse un peso immenso dallo stomaco: non era stata abbandonata a se stessa, era stata salvata da Henry, William e Daniel. I ragazzi lo riconobbero, gridarono i loro nomi, sbracciandosi in un mare di carne e braccia e teste per poterli raggiungere.

Riuscirono a riunirsi aprendosi un varco tra la gente, Ynyr vide il bosco in lontananza, in cima alla salita, oltre quello che era stato l’ingresso al paese e che ora era solo un ininterrotto serpente di anime accalcate. Una nuova ondata di frecce si abbatté su di loro.

Ynyr sfruttò l’energumeno che lo precedeva come scudo, mosso solo dal pensiero di doversela cavare, ma sentì dietro di sé un “croc” netto, il rumore di qualcosa che si spezzava. A quel suono grottesco, la presa di sua sorella venne meno, quel braccio teso si accartocciò mollemente. Una fitta di dolore trapassò l’arto di Ynyr e lo percorse in un brivido fino al cervello, incespicò nei propri piedi, rischiò di rotolare a terra. Per un attimo, tutti i suoni si attutirono e le immagini divennero sfocate, scosse la testa per snebbiarsi quel tanto sufficiente a riprendere il controllo del proprio corpo. Lui non era ferito, si voltò a cercare Sianna, la vide accasciata e capì.

 

È stata colpita

 

Senza riflettere, liberò la mano di Marion, ancora allacciata alla sua, e si precipitò sulla sorella inerme, per proteggere il suo corpo dagli urti della folla che la stava travolgendo. Marion gridò qualcosa, riuscirono a guardarsi negli occhi per un momento fuggevole, poi la ragazza, trascinata dalle amiche e dai sacerdoti, sparì dalla sua vista e loro due rimasero soli, indietro.

Spinse Sianna a rialzarsi, la freccia era conficcata nel braccio, l’aveva passato da parte a parte spaccandole l’osso, la manica carbonizzata mostrava la terribile ustione, la carne rosso vivo, viscida, a cui la stoffa si era appiccicata. Sua sorella era svenuta per il dolore, così, nella disperazione assoluta, Ynyr se la caricò tra le braccia, a stento, consapevole che lì nessuno badava a loro, che nel delirio le avrebbero fatto del male, li avrebbero uccisi. Tuttavia, il suo stesso fisico non reggeva più tutti quei colpi e non era in grado di difenderla. Più volte sul punto di perdere l’equilibrio, individuò un vicolo tra due abitazioni in fiamme. Nonostante l’eccessivo fumo che invadeva la via, Ynyr riuscì ad imboccarla, a trovare un breve momento di sollievo in quella fornace ardente. Tossì e barcollò con il peso della sorella addosso.

 

Se stiamo qui, siamo morti, se cerchiamo di raggiungere il portone per uscire da qui, verremo fagocitati dalla folla e saremo morti.

Che cosa devo fare?

 

Stanco e affannato, inciampò in una massa molle e nera e cadde a terra. Sianna rotolò sul terreno, inerme, come fosse già morta. A vederla immobile, scomposta con gli occhi chiusi, Ynyr sentì l’angoscia più pura attanagliargli lo stomaco. Strisciò verso di lei, allungò la mano ad accarezzarle il viso, fece scivolare le dita fino alla gola e lì si fermò, ad ascoltare il lento pulsare del sangue e del cuore. Solo allora, tranquillizzato, si mise a carponi e cercò l’energia per rialzarsi.

Il fumo gli toglieva il respiro, la cappa grigia era tanto spessa da formare una coltre sopra la sua testa, non vedeva più nulla, e faceva caldo, troppo caldo. Le fiamme erano soverchianti, grondava di sudore che gli entrava negli occhi, bruciava. Si accorse di essere inciampato in un cadavere mangiato dal fuoco, erano circondati da corpi neri e grotteschi, resi irriconoscibili, così rattrappiti da apparire deformi. Esitò, provò a riconoscere qualcuno, ma si concesse solo un breve istante di quel cedimento, prima di scuotere la testa e archiviare tutto.

 

Sono morti, non posso fare nulla per loro. Ma Sianna no, lei non può morire

 

Raccolse sua sorella e scavalcò quelle carcasse svuotate di vita che intralciavano il suo passaggio, sforzandosi di restare lucido e presente a se stesso. Non poté comunque avanzare troppo, il vento sollevava scintille che lo ustionavano e la tosse convulsiva fece il resto, pochi passi e fu costretto ad appoggiare nuovamente la sorella a terra e ad accasciarsi su di lei.

La guardò, non dava cenno di volersi risvegliare, si era addormentata nel momento peggiore. Eppure, osservando il suo volto tanto amato, pensò che morire così, insieme, non fosse poi una morte tanto orribile, forse una delle più dolci che era stata loro concessa. Certamente a lui, a cui bastava vedere la linea morbida di quegli occhi, di quel profilo, per pensare che non potesse esserci nulla al mondo che potesse avere più senso. Le strappò la manica dell’abito, là dove la freccia le aveva trapassato l’omero spezzandole di netto il braccio, perché la stoffa bagnata di sangue si era appiccicata alla carne ustionata e con quella si stava fondendo.

Sianna strizzò le palpebre in un lamento inconscio, il primo accenno di ripresa. Così, forte di questo, Ynyr spezzò la freccia, ma non ebbe il coraggio di estrarla. Poi, smarrito, si guardò attorno.

 

Dobbiamo ritornare nella via principale, o non ci sarà salvezza.

Ma come faccio?

 

Lentamente, un’ombra si allungò nella via, tra il fuoco e il fumo. Ynyr si accorse che qualcuno stava avanzando piano, flemmaticamente, verso di loro, qualcuno che sembrava avere tutto il tempo del mondo in un momento in cui il tempo sembrava essersi esaurito. I suoi occhi misero a fuoco un bambino, un ragazzino con indosso un abito ad ampie maniche fermato in vita da una fascia di tessuto. Il volto era nascosto da un’inquietante maschera bianca: il muso di una volpe con gli occhi strizzati. Oltre lo sbigottimento, Ynyr provò sollievo davanti a quella creatura sovrannaturale, che a piedi nudi e artigli in vista sembrava completamente slegata, immune a quel contesto di disperazione.

«Kitsune» lo chiamò.

Kii si fermò. Guardò Sianna dall’alto e, qualunque sentimento lo stesse animando, fu impossibile capirlo perché il viso rimase nascosto. Non gli disse nulla e allora Ynyr lo osservò chinarsi sulla ragazza, afferrare la perla che Sianna portava al collo e staccarla con un gesto secco. La perla si espanse in una corona di luce, vibrò e si sollevò in aria.

«Seguitemi. Vi porterò io fuori di qui, dai vostri amici»

«Si sono salvati?»

Kii chinò il capo, lo squadrò da dietro la sua maschera inquietante «Li ho salvati. Kamra Eysil lo avrebbe voluto»

Con il capo accennò alla ragazza e lo invitò a andargli dietro. I capelli bianchi, screziati di rame, sembravano lingue infuocate, riflettevano i bagliori dorati. Non lo attese, si avviò con lo stesso strascicato passo con cui si era presentato. Ynyr, pur affaticato e senza fiato, si caricò Sianna tra le braccia e si trascinò dietro alla kitsune. Vide le frecce dei loro nemici cadere e abbattersi sui tetti delle case, rimbalzare sulle pareti di pietra e conficcarsi nel terreno, ma niente pareva sfiorarli. Sbigottito capì che era lo Yokai a proteggerli. Lo Spirito era circondato da una calma irreale che lo fece sentire estraniato da quel momento, era come non essere lì, non star assistendo a tutta quella violenza.

Le urla delle persone si fecero ancora forti e persistenti, Kii raggiunse la via principale e si inserì nella marea di gente che fluiva verso il bosco. Ynyr venne travolto, all’inizio, eppure non si fece male, né sentì la pressione dei corpi che lo spingevano e strattonavano. Lo Yokai si muoveva luminoso e sovrannaturale in una massa di esseri umani così rapiti dal proprio terrore da non percepirlo. Non scorgevano la luce calda della Sfera Stellata che galleggiava sopra di loro e li proteggeva, in qualche modo. Con l’aiuto di Kii, riuscì a raggiungere la porta principale, spalancata, da cui la folla si disperdeva urlante nei boschi. Ynyr corse, inseguendo lo Spirito che con un salto ingoiò la Sfera Stellata e prima di toccare terra tornò volpe e sparì nella vegetazione. Sempre più provato, gli tenne dietro, si fermò solo quando intravvide, tra le radici nodose di una vecchia quercia, i volti familiari delle ragazze e dei sacerdoti. Il villaggio doveva essersi ormai svuotato, chi si era salvato riuscendo ad abbandonare quella fornace doveva, come loro, aver cercato riparo tra gli alberi, non restavano a valle altro che abitazioni bruciate e cadaveri.

Ynyr li raggiunse, quando posò Sianna nuovamente a terra le gambe gli cedettero per la spossatezza. Si sentiva tanto stanco e dolorante che, per un attimo, il panico della condizione di sua sorella divenne quasi marginale. Ci pensò Henry a chinarsi su di lei, carico di costernazione. Con suo disappunto, lo vide prenderle la mano tra le sue, scostarle i capelli sporchi incollati al viso incrostato di fuliggine e sangue.

«Daniel, fa’ qualcosa»

I tre Drui si affaccendarono intorno a lei, ma Ynyr non prestò loro troppa attenzione. La kitsune era sparita, eppure era certo fosse nei paraggi e li stesse studiando, limitata ad intervenire dalla presenza dei tre sacerdoti. Lisanda e Iris erano appallottolate l’una nelle braccia dell’altra, Marion aveva la testa mollemente appoggiata alla spalla di Kea, che rannicchiata si cingeva le ginocchia con le braccia, gli occhi lucidi di terrore, quasi folli nella loro vacuità.

Tornò con lo sguardo sulla sorella quando la sentì borbottare in uno stato d’incoscienza. Invocava un nome nel delirio, un nome che Ynyr ignorava. Mise la mano sulla spalla di Daniel e lo invitò a farsi da parte, poi le prese la mano marcata dalla benedizione, la accarezzò piano e chiuse gli occhi. In un primo momento, tutto fu sfocato, ma dalla nebbia della sua mente si concretizzarono delle immagini ed una figura, l’immagine indefinita di una donna, vista come fosse molto lontano.

«Shiva» la voce supplichevole di Sianna lo spinse a riaprire gli occhi. La donna che sua sorella stava sognando e invocando, chiunque fosse, le assomigliava tragicamente. Forse, sognava se stessa.

«Dobbiamo spostarci» fece notare William, con una certa sicurezza «Dobbiamo inoltrarci più a fondo, gli assalitori potrebbero essere ancora qui»

Ynyr si fece aiutare e si caricò Sianna in spalla. Il costato doleva incredibilmente, aveva trovato sotto la casacca una serie di lividi viola dall’aspetto poco rassicurante, eppure seguì i tre sacerdoti nella boscaglia e si fermarono solo quando, sfiniti, trovarono un riparo tra le radici intricate di un albero mezzo sradicato, che creavano una sorta di nascondiglio. Si accoccolarono all’interno di quell’incavo, stretti e schiacciati l’uno contro l’altro, avvolti da un silenzio ovattato e vuoto in assoluto contrasto con i boati e le urla che avevano riempito loro le orecchie.

La quiete ora era quasi troppa, nemmeno il fruscio di un animale notturno disturbava il bosco. Ynyr teneva Sianna stretta a sé, tra le proprie gambe, il petto contro quella schiena delicata, il capo della sorella reclinato all’indietro, posato contro la sua clavicola. Sembrava morta, ora che si era placata, e l’unico conforto nel tenerla tanto stretta era ascoltare il battito regolare del suo cuore. I Drui non le avevano tolto la freccia, si erano limitati a stringere con una benda improvvisata e un po’ logora la parte superiore del braccio, per ridurre la fuoriuscita di sangue. Nell’oscurità assoluta in cui si erano nascosti, non era più nemmeno possibile vedere i bagliori dei focolai a valle, che per un lungo tratto li avevano accompagnati. Alla fine, sopraffatti dalla stanchezza, presero sonno.

Fu il rumore lieve di passi nella boscaglia a svegliarlo. Si accorse che anche Sianna aveva aperto gli occhi, immensi e sgranati nell’orrore. Le ragazze invece continuavano a dormire, sfinite, e i sacerdoti anche riposavano e non avevano udito nulla.

«Sono loro» sussurrò piano all’orecchio della sorella, che strinse brutalmente la sua coscia con la mano del braccio sano. Quel “Loro” restava un nemico indefinito, sconosciuto, eppure terribile. Gli aggressori, chiunque fossero, avevano in loro una brutalità che non avevano mai conosciuto in quella loro vita. Ynyr strinse Sianna più stretta.

 

Non siamo visibili, ma se dovessero avvicinarsi ci troverebbero facilmente.

Ci stanno cercando, stanno setacciando la zona e catturando i fuggiaschi

 

«Maledetti»

Un fruscio accanto a loro lo fece sussultare, riuscì a tappare la bocca di sua sorella prima che potesse lanciare un grido di allarme. Su una sporgenza, la kitsune nella sua forma animale li studiava altezzosa.

 

Non fate rumore e andrà tutto bene

 

Era questo il pensiero dello Yokai che rimbalzò nelle loro menti. Ynyr annuì subito, accarezzò i capelli di Sianna, per calmarla, perché anche se aveva capito sentiva il cuore di lei battere all’impazzata. Quegli esseri sembravano fiutare la paura, si avvicinarono pericolosamente ma d’un tratto, quasi inspiegabilmente, cambiarono direzione e si allontanarono, come avessero perso all’improvviso le loro tracce. La Hoshi no Tama continuava a restare sospesa sopra di loro come una benedizione.

A volte, in quella notte terribile, sentirono riecheggiare in lontananza urla e pianti straziati, oppure brandelli di parole di quelle creature, una lingua sibilata che non conoscevano e un accento che non avevano mai sentito. Alla fine si svegliarono anche i loro compagni, non videro Kii, che si era nascosto, ma Ynyr percepì la presenza della volpe non abbandonarli mai, nemmeno un istante.

Anche quando gli assassini parvero scomparsi, restarono comunque in veglia, con un’ansia talmente pesante addosso che pensare di poter riposare sarebbe stato impossibile pur volendo. Non scambiarono tra di loro parola alcuna fino ai primi raggi di tiepido sole. La ferita di Sianna si era infettata e le sue condizioni preoccupavano Ynyr più di quanto fosse disposto ad ammettere. L’arrivo dell’alba si presentò come una salvezza dalle più svariate gradazioni di rosa, un calore fiacco ma che li strappava dal peggior incubo che avessero mai vissuto.

Il primo ad azzardarsi ad uscire allo scoperto fu Daniel, che dopo una breve perlustrazione tornò indietro.

«Non credo ci siano più»

I Drui si lanciarono in congetture sulle origini di quei mostri che portavano con loro una scia, uno strano odore di fiori marci.

«Non credo siano umani»

«Non credo nemmeno che siano creature d’ombra di questa terra»

Ynyr prestava loro poca attenzione, quasi nulla. Ora che sua sorella si era svegliata, anche il dolore era diventato troppo chiaro e nitido.

«Ditemi che uno di voi ha una minima esperienza come guaritore. Perché qualcuno deve togliere questa freccia dal braccio di mia sorella» gli occhi dei presenti si posarono senza troppa clemenza su Daniel che, suo malgrado fu costretto ad annuire. Le ragazze li condussero ad un piccolo ruscello lì vicino, dove spesso avevano giocato da bambine proprio con Sianna, e fu lì che, dopo aver pulito la ferita alla bell’e meglio, estrassero la freccia scheggiata dal braccio. Cercarono di pulire la ferita con degli stracci di stoffa recuperati dai vestiti e immersi nell’acqua limpida e la fasciarono.

Mentre Sianna, nuovamente svenuta, si riprendeva, riposarono e attesero, decidendo cosa fosse meglio fare da quel momento in poi. Ynyr però partecipava a tratti, con scarso interesse, più concentrato a vegliare il sonno della sorella che a tutto il resto.

Dopo un dibattito lungo e contrastato, decisero di tornare a valle, per scoprire che fine avessero fatto gli altri superstiti e se fosse sopravvissuto qualcosa. Ripercorsero il sentiero più tranquilli, William sembrava convinto che chiunque se la fosse cavata, sarebbe tornato indietro, anche solo per cercare amici e parenti o per recuperare i propri averi.

Ynyr faticava a sorreggere Sianna, vacillava e il dolore lo trapassava ogni volta, togliendogli il respiro ad ogni stilettata, ma il pensiero di Henry pronto accanto a lei come un cavalier servente lo nauseava troppo perché gli riuscisse di tirarsi indietro.

Quando raggiunsero il villaggio, rimasero paralizzati. Le fronde si diradarono solo per mostrare devastazione. Oltre ai detriti e alla cenere non era rimasto nulla, nessun edificio era ancora in piedi, i muri diroccati e l’odore di legno bruciato, di carne cotta, tolsero loro le forze. A Ynyr mancò il fiato, sua sorella trattenne il respiro e il primo, tremulo, soffio di pianto.

Scesero silenziosamente quella strada che per tutta la loro vita era stata la cosa più nota e familiare ed ora era solo un campo di cadaveri abbandonati, massacrati in maniera grottesca. Per quanto macabro, non riusciva a smettere di guardare, di cibarsi di quelle immagini irreali, e così anche le ragazze e i Drui si nutrivano di quell’orrore senza trovare le parole per raccontarsi.

«Non c’è nessuno qui. Non verrà nessuno» lo disse per spezzare l’incantesimo e riportarli alla realtà. Kea cercò i suoi occhi, era tanto vuota in quel momento, tanto sconvolta, da sembrare finta. Marion si lasciò andare ad un pianto disperato.

 

Ci speravano davvero, credevano sul serio che qualcuno della loro famiglia ce l’avesse fatta

 

«Ci siamo solo noi»

Il vento leggero sollevò mulinelli di cenere dal terreno, camminavano su uno strato di cenere tanto spesso da sembrare sabbia grigia. Scavalcarono carcasse di legno crollate in mezzo alle vie, sfiorarono le pietre annerite.

Infine, quel sospiro trattenuto tra le labbra di Sianna si tramutò in un tremore diffuso. L’abbracciò stretta, per calmarla quanto desiderava placare se stesso.

 

Sapevo che non avrei trovato nulla, ma non pensavo fino a questo punto

 

Fu il pianto disperato di Mari, fragile come quello di una bambina, a ridestarlo. Avanzava sfregando le palpebre arrossate con i polsi, come la più soffice delle creature, pareva ancora più piccola dei suoi anni. Sentire quel dolore tanto spontaneo ruppe il freno alle gemelle e Iris, che non esprimeva mai se stessa, rivelò quanto fosse affranta e prostrata. Iris non sapeva piegarsi, solo spezzarsi, sembrava impossibile che potesse ricomporsi dopo quelle perdite. Passarono accanto all’ennesimo cadavere carbonizzato, quello di un bambino, e fu Kea questa volta ad esitare. Era la quarta di sette fratelli, tre dei quali così piccoli che quel corpo avrebbe potuto tranquillamente essere di uno di loro.

Kea non lo disse, ma era evidente ciò che pensava, il tormento per la sua famiglia le scuriva il volto e quegli occhi neri oscuri come un pozzo. Per Sianna invece, l’orrore era troppo forte e il suo corpo troppo provato. Svenne, e Ynyr riuscì ad acchiapparla prima che cadesse a peso morto a terra.

«Andiamocene»

«Forse dovremmo aspettare» protestò appena Daniel. Ynyr venne invaso da tutta la rabbia trattenuta che si sforzava di domare «Non c’è nessuno» sibilò «Sono morti tutti, non tornerà nessuno»

Alla durezza delle sue parole seguirono i singhiozzi costernati delle ragazze, Marion piangeva tanto forte che quasi le mancava il fiato, non riusciva a respirare.

«Non le sottoporrò a questa sofferenza» fece presente indicandole.

Si allontanarono, soffocati dall’amarezza.

Camminarono per un giorno intero, cercando di frapporre tra loro e Gleann Dubhar quanta più distanza possibile, perché si portavano ancora addosso il terrore che gli assalitori potessero ricomparire con il buio. Non sapendo dove andare, decisero di seguire i sacerdoti verso Lochlainn, il loro villaggio Drui, nella speranza di ritrovare anche Korakas. Ynyr sperava che insieme alla vecchia potesse esserci anche Marilien, mentre Henry, Daniel e William cercavano di trovare una spiegazione da dare alla reggente sul perché la Somma Sacerdotessa non fosse con loro.

Frapposero molte leghe tra loro e il villaggio, ad una stanchezza spossante si unì la fame. Al terzo giorno, Sianna non era più in grado di camminare, la ferita aveva fatto infezione e nei pochi momenti di veglia vaneggiava e non era presente a se stessa. Ynyr proseguì portandosela addosso, nonostante fosse ormai al suo limite.

Dopo giorni di cammino, giunsero nei pressi di Lochlainn moribondi, laceri e sfiniti.

Allo stremo, si accasciarono in agonia. Vennero raccolti da dei Drui non lontano dal Cerchio di Pietre.

 


ANGOLO AUTRICE

Eccomi! Ho risolto in maniera pratica l'orribile questione delle didascalie con i nomi di posti, cose, animali , città...!
Per semplificare il tutto, ho fatto questa cartina. Non è completa, copre solo una parte dei territori, ma è quella che vi serve in questa parte di storia quindi per ora mi limito a questo e più avanti aggiungerò il resto :)
Grazie a chi ancora leggere questo delirio che vi assicuro, non ho abbandonato,  semplicemente è in una revisione costante, costanti cambiamenti (per esempio dovrei togliere i primi capitoli e sostituirli con le nuove versioni, ma va beh, resisto e mi faccio andare bene  questa!) e costanti dubbi sui risultati. Resta, tra tutti i mondi che ho inventato, il mio preferito e il più complesso.
A presto spero, o a tra qualche mese nel dubbio! :)




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