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Autore: _Agrifoglio_    16/01/2019    19 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Riassunto dei capitoli precedenti
Da non leggere se si è dei nuovi lettori capitati qui per caso e non si vogliono spoiler
 
A metà maggio del 1788, Oscar e i soldati della Guardia Metropolitana parigina devono scortare alla frontiera franco – austriaca un gentiluomo straniero, il Conte di Falkenstein che altri non è che l’Imperatore Giuseppe II d’Asburgo Lorena, recatosi in incognito in Francia per discutere di un argomento segreto col cognato.
Giunti sulle rive del Reno, alcuni sgherri – che lo stemma impresso sull’elsa di un pugnale rivelerà essere stati mandati dal Duca d’Orléans – cercano di uccidere il fratello della Regina, ma sono sconfitti e uccisi. Durante la colluttazione, un improvviso attacco di cecità di André rivela a Oscar e a tutta la compagnia le condizioni di salute dell’uomo che è congedato dall’esercito per infermità.
L’improvviso e inesorabile allontanamento da Oscar, il senso di colpa per averla assalita in occasione dello strappo, la consapevolezza di essere diventato un peso e un pericolo per lei e la convinzione di non poterla sposare per le insormontabili differenze di censo e di rango che rovinerebbero Oscar e tutti i de Jarjayes oltre che per la particolare situazione psicologica ed esistenziale di lei spingono André a ubriacarsi in una taverna. All’uscita dalla bettola, l’uomo è aggredito e derubato e, trovatosi riverso a terra, con la faccia nella polvere, giura solennemente a se stesso di non ridursi più in quello stato e di non prendere mai più in mano una bottiglia. Soccorso da Alain, l’uomo è trasportato a Palazzo Jarjayes da un vetturino di piazza pagato col denaro dell’amico.
Recatosi a casa di Alain – nel frattempo, finito agli arresti per una scazzottata in taverna – per restituire il denaro alla madre dell’amico, André arriva giusto in tempo per salvare dal suicidio la giovane Diane che si innamora, non ricambiata, di lui. Da quel giorno, Alain farà di tutto per indurre André a sposare la sorella.
Nel frattempo, dei balordi al soldo del Duca d’Orléans, travestiti da soldati della Guardia Metropolitana, stanno gettando discredito su Oscar e sulla compagnia da lei comandata.
Le indagini seguite ai disordini portano Oscar a scoprire un arsenale di armi rubate e una stamperia clandestina di libelli scandalistici. L’ultima serie di libelli stampati, raffigurante l’uccisione del Conte di Falkenstein sulla riva del Reno e rimasta inutilizzata grazie all’intervento di Oscar che ha scongiurato l’attentato, inchioda il Duca di Orléans alle sue responsabilità, in quanto Oscar trova nella stamperia un plico contenente una copia del libello e una lettera di accompagnamento, indirizzata a Lord William Stratford, Ambasciatore inglese a Parigi e firmata dal Duca d’Orléans in persona. Oscar, su invito di Maria Antonietta, conserva questa lettera presso di sé.
La scoperta dei libelli osceni induce la Regina a recarsi in incognito nei bassifondi parigini, scortata da Oscar e dai soldati della Guardia Metropolitana, allo scopo di sentire cosa la plebe dice di lei. Sollevato per un attimo il velo che le copriva il volto, Maria Antonietta è riconosciuta da Théroigne de Méricourt, un’esaltata agitatrice belga che passava di là.
Intanto, André conosce un medico veneto che gli medica l’occhio destro da un’infezione e gli opera quello sinistro da un ematoma che gli cagionava la cecità e che svela a Oscar che la tosse che l’affligge non è un sintomo di tubercolosi, ma una manifestazione psicosomatica di nervosismo, dovuto ai problemi di scarsa accettazione che la donna si porta dietro.
Durante la convalescenza, André accetta la proposta del Generale di diventare il nuovo amministratore delle proprietà della famiglia Jarjayes e contemporaneamente, pur continuando ad amare Oscar, decide di “rimettersi in carreggiata”, di vivere di realtà e non di fantasia e di non farsi condizionare da pensieri dolorosi e privi di sbocco.
La scoperta delle armi rubate, su molte delle quali è impresso il marchio del reggimento dei soldati di Oscar, induce il Duca d’Orléans a brigare per far deferire l’antica rivale alla Corte Marziale, con l’accusa di essere complice di quei traffici. Il tempestivo intervento della Regina, che offre all’amica l’incarico di Comandante Supremo delle Guardie Reali, salva la situazione, ponendo Oscar sotto la diretta protezione della Casa Reale e allontanandola dal focolaio del pericolo.
Tornata a prestare servizio alla reggia, Oscar fa due nuove conoscenze: il Conte Maxence Florimond de Compiègne, cugino di Girodel (nel frattempo promosso Colonnello), un brillante uomo di mondo dal fascino enigmatico che, in realtà, è uno spiantato cacciatore di dote e Mademoiselle Henriette Lutgarde de Chambord, una nuova dama di compagnia della Regina, amica di Madame de Jarjayes e segretamente innamorata di Girodel. Oscar sfrutta il suo ritorno alla reggia anche per rinverdire il rapporto con la madre.
Oscar, quindi, ha scoperto di non avere la tisi, André ha riacquistato la vista e ha un buon lavoro da amministratore e, fra i due, accantonate le incomprensioni, è tornata l’intesa di un tempo. Il destino, però, è ancora in agguato e si manifesta sotto le spoglie della forsennata e bellicosa Théroigne de Méricourt, decisa ad assaltare la reggia perché convinta che Maria Antonietta fosse andata nei bassifondi parigini per prendersi gioco delle sofferenze del popolo. Durante un evento mondano organizzato nei boschetti di Versailles a metà luglio del 1788, Théroigne de Méricourt piomba addosso ai cortigiani con una banda di facinorosi e, con una scorrettezza, riesce a prevalere su Oscar che sta proteggendo la Regina. André, avvertito del pericolo da Alain, venuto fortuitamente a conoscenza del folle piano, giunge in tempo per salvare Oscar, ma è colto da un malore e Théroigne de Méricourt ne approfitta per ferirlo. Oscar fa lo sgambetto alla donna e riesce a deviare il colpo, ma il giovane si accascia ugualmente al suolo, privo di conoscenza.
La ferita di André è superficiale, tanto che l’uomo guarisce nel giro di un mese, durante il quale il rapporto di amicizia fra lui e Oscar si rinsalda e torna ai livelli del passato. Nel corso di una visita di convalescenza, Oscar si accorge della cotta di Diane per André – situazione che un successivo dialogo fra André e la nonna evidenzia ancora di più – e ne rimane colpita.
Contemporaneamente, il Duca d’Orléans viene a sapere da Lord William Stratford, Ambasciatore inglese a Parigi e suo amico di vecchia data, che Re Giorgio III e il Principe di Galles non intendono più appoggiarlo, perché dissuasi dal Conte di Canterbury, lontano cugino di Oscar. Il Duca d’Orléans convince, quindi, il Duca di Germain che la mancata assegnazione della Contea di Lille, alla quale il secondo tiene moltissimo, è dipesa dalla ferma contrarietà di Luigi XVI anziché dallo scarso aiuto fornitogli dall’alleato, che un avvicendamento sul trono cambierebbe le cose e che quest’avvicendamento è stato reso più difficile dall’intromissione del Conte di Canterbury. Il Duca di Germain invia, allora, due sicari in Inghilterra per uccidere il Conte di Canterbury che, però, si salva grazie alla propria prontezza di riflessi e al provvidenziale aiuto del cugino, Sir Percy Blakenay.
Il 15 agosto 1788, dopo le celebrazioni dell’Assunzione, nella sala del trono, ha luogo la solenne cerimonia di premiazione di coloro che sventarono l’assalto perpetrato da Théroigne de Méricourt, salvando la vita alla famiglia reale e a tutti i presenti. Oscar è promossa Generale di Divisione, il padre di lei riceve la Signoria di alcune terre a Nevers mentre il Conte di Fersen e il Colonnello de Girodel sono insigniti della Croce di San Luigi. Al termine della cerimonia e del tutto a sorpresa, il Re crea André Cavaliere e Conte di Lille, grazie ai buoni uffici del Generale de Jarjayes e della moglie di lui che, alleati con Madame Élisabeth, Fersen, Girodel, Mademoiselle de Chambord e con la stessa Regina, si erano fortemente prodigati per ottenere quel risultato. Il Duca d’Orléans tenta di opporsi, ma è zittito da Oscar che minaccia di smascherarlo, simulando di avere nella giubba la lettera di accompagnamento al libello osceno che il Duca aveva indirizzato a Lord William Stratford.
Il giorno dopo l’investitura, il Generale de Jarjayes, anticipando i tempi e forzando la mano ad André, fa sapere a Oscar che l’uomo vorrebbe sposarla, ma lei lo rifiuta e lascia la stanza. André è distrutto dal dolore e, dopo avere avuto un’accorata discussione con Diane, nel cui amore non corrisposto si è rispecchiato, decide di prendere possesso delle sue terre a Lille e di lasciare Palazzo Jarjayes.
Nelle sue nuove terre, André sperimenta l’inedita condizione di nobile, le grandi responsabilità legate alla gestione di un feudo e all’organizzazione del lavoro proprio e altrui e le difficoltà connesse al suo proposito di dimenticare Oscar. Sempre a Lille, André conosce la sgradevole Marchesa d’Amiens, intenzionata a fargli sposare la brutta figlia Geneviève e Maurice Le Barde, uno strano poetastro. Stringe amicizia col Conte di Canterbury e con Sir Percy Blakenay, passati da lì durante la tappa di un viaggio a Parigi e col Marchese di Saint Quentin e la di lui sorella, una giovane e bellissima donna, caratterialmente molto simile a Oscar, che si innamora, non ricambiata, di lui.
Dopo la partenza di André, Oscar è sempre più in balia della solitudine, alla quale cerca di sopperire accogliendo in casa la giovane Diane, la cui madre è andata a Nevers per prestare assistenza alla sorella malata. La distanza caratteriale che la separa da Diane non consente a Oscar di trovare un sollievo dalla solitudine. Inizialmente, neppure Diane – che ha alle spalle un doloroso passato, segnato dall’abbandono e dalla precoce morte del padre alcoolizzato che l’ha indotta a cercare l’amore in figure idealizzate – si trova a suo agio a Palazzo Jarjayes.
Oscar, oltre che con la solitudine, deve anche misurarsi con molte missioni fallite, causate dal sabotaggio di un’ignota spia, col fastidioso corteggiamento del Conte di Compiègne e col disagio arrecatole da alcune strane osservazioni di Diane che le riportano alla mente il suo travagliato e complesso rapporto con André.
Girodel, nel frattempo, vincendo le iniziali resistenze paterne, sposa l’amata Mademoiselle de Chambord.
Passano i mesi e iniziano gli Stati Generali che aumentano il carico del lavoro di Oscar. André continua a vivere a Lille, Diane, pur non avendo dimenticato André, grazie agli insegnamenti di Oscar, è diventata molto più matura e Girodel e la moglie sono in attesa del loro primo figlio.
Oscar, dopo avere avuto un’accorata discussione con la madre, che l’aveva esortata a non immolare la sua vita dietro a miti irraggiungibili e a non idealizzare il padre, ha un ulteriore trauma, causato dall’attentato subito dal genitore ad opera di Saint Just che lei non era riuscita a sventare per colpa dei depistaggi della spia. Il Generale se la cava con una ferita superficiale, ma padre e figlia sono raggiunti dalla notizia dell’evasione dal carcere di Théroigne de Méricourt.
Nei giorni successivi, Oscar prende commiato dal Delfino morente e rifiuta la proposta di matrimonio del Conte di Compiègne, scoppiandogli a ridere in faccia nervosamente e ferendone la vanità e l’orgoglio. Subito dopo, la donna cade in un’imboscata tesa dalla spia ed è catturata da alcuni sgherri del Duca d’Orléans. Nel rapimento, sono implicati anche Théroigne de Méricourt, Robespierre e Saint Just. Quest’ultimo, in base alle ferite riportate, è riconosciuto da Oscar come l’autore del fallito attentato ai danni del padre e del Generale de Bouillé.
André è avvisato da Alain del rapimento di Oscar e si precipita a Versailles per salvarla. Il Generale organizza la missione di salvataggio della figlia, mettendo insieme tutte le persone a lei care. Il Conte di Fersen, il Colonnello de Girodel, il Capitano de Valmy, André, il Conte di Canterbury e Sir Percy Blakenay (che altri non è che la Primula Rossa), utilizzando una mappa procurata da Bernard Châtelet, entrano nella fortezza nei cui sotterranei è imprigionata Oscar e, dopo una serie di rocambolesche avventure, grazie anche all’intervento esterno di Alain e dei soldati della Guardia Metropolitana e all’apporto della stessa Oscar che riesce a evadere dalla segreta in cui era rinchiusa, hanno la meglio. André decide di tornare a Lille senza farsi vedere da Oscar, che, nel frattempo, era svenuta, per non farla sentire in debito verso di lui.
In questo frangente, Oscar e André hanno modo di udire i deliranti discorsi di Saint Just e di Théroigne de Méricourt e di rendersi conto della pericolosità di questi personaggi e dello stesso Robespierre.
Pochi giorni dopo, il castello di campagna di André è cinto d’assedio da alcuni mercenari reclutati dal Duca di Germain che non ha mai perdonato ad André lo “scippo” della Contea di Lille.
Oscar apprende da Alain che André si è battuto come un leone per salvarla, ma è raggiunta dalla notizia dell’uccisione dell’uomo, durante l’assedio del castello. Disperata, la donna vede crollare la sua corazza, capisce di amare André e parte alla volta di Lille.
Girodel, nel frattempo, da un bottone di madreperla ritrovato in un fascicolo d’ufficio, capisce che la spia è il cugino, il Conte di Compiègne (responsabile, tra l’altro, anche dell’attentato al Generale de Jarjayes e del rapimento di Oscar) e lo caccia da palazzo. L’uomo, allora, ricatta Madame de Girodel, minacciandola di portare a conoscenza del marito i trascorsi da usuraio del padre di lei, se non avesse acconsentito a spiarlo in vece di lui. La donna, però, confessa tutto al marito che sfida a duello il Conte di Compiègne.
Nel corso del duello, il Conte di Compiègne spara proditoriamente al Colonnello de Girodel e lo ferisce a una spalla.
Oscar arriva a Lille, si accorge che André è ancora vivo e, comandando la milizia cittadina, salva gli assediati da morte sicura. Oscar e André si ritrovano e, pur in preda a mille dubbi e paure, si dichiarano il reciproco amore.
Il Duca d’Orléans e il Conte di Compiègne, alleati già da alcuni mesi, sono trionfanti, perché, con Oscar a Lille, Girodel ferito e il Capitano de Valmy agli arresti domiciliari per avere fatto da padrino al duello, si sono liberati, seppure temporaneamente, dei più strenui difensori della Corona e hanno ottenuto campo libero.






Seconda parte


L’inverno sta arrivando
 
Il caldo giugno dai verdi prati e dall’intenso e calmante profumo di fieno stava sfociando, morente, nell’infuocato luglio dalle bionde messi, quando Oscar e André festeggiarono, a Lille, il loro primo mese di matrimonio. Si erano sposati quasi subito, in una chiesetta di campagna, con una semplice cerimonia alla quale avevano preso parte soltanto il Conte di Canterbury e Sir Percy Blakenay, in veste di testimoni.
Lei aveva indossato la sua divisa color turchese ornata d’oro e aveva preteso l’eliminazione del giuramento di obbedienza dalla formula nuziale, asserendo che non avrebbe potuto iniziare la sua vita matrimoniale con una menzogna. Il prete, un vecchio mite e tranquillo, aveva accondisceso per quieto vivere mentre André, scherzando, aveva accusato Oscar di volersi precostituire un appiglio per impugnare il matrimonio alla Sacra Rota e sbarazzarsi di lui, guadagnandosi, per tutta risposta, uno dei più eloquenti sguardi infuriati di lei.
Oscar aveva inviato una missiva alla Casa Reale, con la quale aveva chiesto e ottenuto il congedo temporaneo dall’esercito. L’intenzione dei due sposi era di stabilirsi a Versailles dove Oscar avrebbe ripreso servizio mentre André avrebbe affidato l’amministrazione delle sue terre a una persona di fiducia, riservandosi di tornare periodicamente a Lille per mantenere il controllo della situazione. Prima, però, avrebbero trascorso alcune settimane nella Francia del nord, lontani da tutto e da tutti, per abituarsi alla vita coniugale nella riservatezza e nell’intimità della vita agreste.
Oscar accompagnava il marito che sovrintendeva alla falciatura dei prati, suscitando la curiosità e lo stupore dei braccianti e dei villici che non sapevano come comportarsi con quella strana Contessa. Queste titubanze erano condivise anche dai notabili di Lille che, essendo, però, meglio abituati a muoversi nel mondo, riuscivano a dissimulare più efficacemente. Al netto delle comprensibili perplessità di chi non era abituato alla peculiare situazione di lei, Oscar aveva, comunque, suscitato un’impressione favorevole in quasi tutti, conquistando popolani e ottimati con le sue grandi doti e la sua forte personalità.
Quando André non era impegnato nei campi, i due sposi facevano lunghe passeggiate a piedi o a cavallo, cercando di seminare il poetastro che spesso li pedinava, spuntando fuori dai luoghi più impensati per declamare i versi che aveva composto per celebrare le loro nozze. André aveva fatto visitare a Oscar gli angoli più suggestivi della regione e l’aveva portata a mangiare nei luoghi di ristorazione caratteristici, facendole assaggiare le specialità del posto.
In quella solitudine, aggirandosi per la campagna risvegliata o seduti all’ombra di un albero carico di gemme, i due facevano dei lunghi discorsi, confidandosi le rispettive paure, i dubbi e le aspettative. Entrambi avevano il timore che i lati più oscuri del loro carattere sarebbero potuti riemergere al punto da prendere il sopravvento. La genitorialità, invece, li divideva, perché entusiasmava André e suscitava non poche perplessità in Oscar.
Stavano prendendo confidenza con un mondo nuovo di sensazioni e con un torrente in piena di emozioni, tentando di appianare le spigolosità delle loro ritrosie e dei loro pudori. Si erano accorti che, per quanto avessero condiviso un’intera esistenza in complicità e simbiosi, il matrimonio era un’altra cosa, estremamente più complessa. La vita coniugale aveva messo in luce degli aspetti semi sconosciuti dei loro rispettivi caratteri con i quali stavano cercando di venire a patti.
Durante queste escursioni campestri, accarezzati dalla brezza di primavera che portava con sé la fragranza dei fiori e il fresco profumo dell’erba falciata, i due neosposi si chiedevano perdono per le mancanze del passato e facevano voti per il futuro.
 
********
 
Diretta a passo rapido e nervoso verso Palazzo de Lille, la Marchesa d’Amiens era intenta a schivare le fessure del selciato e a rampognare la figlia:
– Ricordati che ho dovuto versare una fortuna allo speziale per queste erbe medicamentose, per cui, quando saremo al cospetto del Conte di Canterbury, mostrati premurosa e interessata alle condizioni della caviglia di lui. Se ti sforzerai di sembrare soltanto vagamente piacente, può darsi che riuscirai a sposare il Conte di Canterbury o Sir Percy Blakenay!
– Ma Madre….
– Ma Madre un accidenti! Ti rendi conto che hai gettato alle ortiche un altro buon partito? Se fossi stata meno difficile e schifiltosa, adesso, il Conte di Lille avrebbe sposato te e non…. quella cosa!
– Ma Madre….
– Senza contare – riprese, implacabile, la Marchesa – che ti sei fatta ridere dietro da tutti, quando, dall’alto dei merli del castello, decantavi la bellezza e l’ardimento del Generale de Jarjayes!
– Ma Madre, non avevo capito che si trattava di una donna….
– L’avevano capito tutti, Geneviève, l’avevano capito tutti!
Giunte al portone di Palazzo de Lille, si apprestarono a bussare, quando le ante di legno si aprirono, lasciando uscire Mademoiselle de Saint Quentin.
La giovane donna, malgrado avesse, quasi subito, intuito che il cuore di André non era libero, era rimasta ugualmente amareggiata per quell’improvviso matrimonio, ma si stava mettendo l’anima in pace, attendendo alle consuete occupazioni alle quali si erano aggiunte le quotidiane visite al Conte di Canterbury che si era slogato una caviglia durante l’assedio, per salvarla da una stoccata che le era stata proditoriamente sferrata alle spalle. La Marchesina Victoire Aurélie andava a trovare l’infortunato con dei panieri carichi di medicamenti e di specialità della regione che la cuoca di Palazzo Saint Quentin sapeva preparare molto bene.
– I miei ossequi, Signore – disse la Marchesina, immettendosi, subito dopo, con decisione e celerità, nella pubblica via, per evitare di intrattenersi con le sgradevoli concittadine.
– I miei ossequi a Voi, Mademoiselle – rispose, con volto teso e sorriso forzato, la Marchesa d’Amiens – Saluta, Geneviève.
– I miei ossequi, Mademoiselle – obbedì la giovane spilungona mentre zoppicava dietro alla madre.
Dopo essere entrate a palazzo, nel salotto dove erano state fatte accomodare in attesa di essere ricevute, la madre bisbigliò alla figlia:
– Ecco, quella strega ci ha precedute! La concorrenza è agguerritissima, per cui, vedi di darti da fare!
Aveva appena finito di sibilare, quando Oscar a André entrarono nel salone per salutarle.
– Signore, è un vero piacere averVi nostre ospiti – mentì André, timoroso per la scarsa simpatia che correva fra Oscar e la Marchesa.
– Se siete qui per visitare il Conte di Canterbury – si inserì, con voce cortese e, al tempo stesso, decisa, Oscar – Sappiate che, dopo il commiato da Mademoiselle de Saint Quentin, è andato a riposare.
– Non importa – miagolò la Marchesa, trattenendo per un braccio la figlia che già si stava alzando – Aspetteremo!
André fece un sorriso rassegnato e si sedette su una poltrona, imitato, subito dopo, da Oscar.
– E’ un vero peccato – gemette la Marchesa – che abbiate optato per una cerimonia nuziale così spartana e priva di festeggiamenti.
– Mia moglie non ama la mondanità – si affrettò a rispondere André per chiudere la questione – Avendola sperimentata a sazietà sin dalla prima adolescenza.
– Capisco, ma, sposandoVi in sordina, avete tolto a noi la possibilità di partecipare alla Vostra gioia e a Maurice Le Barde il piacere di declamare i suoi versi – ridacchiò la Marchesa.
– Il nostro beneamato poeta si è riappropriato di questo piacere a più riprese – tagliò corto Oscar.
Erano impegnati in questi botta e risposta quando il Tenente della Guardia Metropolitana parigina Henri Beauregard entrò a passi rapidi in salotto prima ancora di essere annunciato.
– Ma è inaudito! – esclamò la Marchesa.
– I soldati parigini quasi mai rispettano l’etichetta, Madame e pensate che il Tenente Beauregard è anche uno dei più compiti – le rispose Oscar, con un sorriso.
– Comandante, devo parlarVi con la massima urgenza – proruppe Henri Beauregard, con voce concitata.
– Signore, perdonatemi – disse Oscar, alzandosi e congedandosi con un inchino.
– Bene, Signor Conte – sospirò la Marchesa – Visto che il nostro caro malato sta riposando, la nostra presenza, qui, è superflua – e, dopo essersi congedata da André, si diresse verso la porta, seguita dalla figlia.
– Madre, già ce ne andiamo? – bisbigliò Geneviève.
– Il Conte di Canterbury riposa, Sir Percy Blakenay non si è visto e quel soldato non è nobile e non ci interessa.
– Avete visto, Madre? La sposa si è congedata da noi inchinandosi come un uomo e non come una donna!
– Se soltanto fossi stata meno schizzinosa…. – ringhiò la Marchesa.
Mentre le due dame andavano via, Henri Beauregard raccontò a Oscar e ad André le ragioni del suo arrivo a Lille e di quella poco convenzionale irruzione a palazzo.
– Comandante, Alain e altri undici soldati della Guardia Metropolitana si trovano rinchiusi nella prigione dell’Abbazia e stanno per essere fucilati!
– Come?! – esclamò Oscar.
– Hanno commesso un grave atto di insubordinazione mentre erano di guardia agli Stati Generali. Io non ero presente, perché, dopo la laurea, presto servizio esclusivamente come Ufficiale Medico, ma mi è stato raccontato che si sono rifiutati di sbarrare l’acceso in aula ai rappresentanti del terzo stato e che Alain avrebbe addirittura percosso e buttato giù dalle scale un Ufficiale!
Oscar e André scrutavano Hanri Beauregard pallidi e costernati.
– I lavori degli Stati Generali erano impantanati in un’irreversibile situazione di stallo – proseguì Henri Beauregard – perché il primo e il secondo stato volevano che si votasse per ordini mentre il terzo reclamava il voto capitario. Così, dopo sei settimane di inutili discussioni, i rappresentanti del terzo stato si sono autoproclamati Assemblea Nazionale, attribuendosi per conto proprio la competenza a legiferare in materia fiscale. Il Re, a quel punto, ha fatto chiudere la sala dove si svolgevano le riunioni, con la motivazione che occorreva eseguirvi dei lavori di ristrutturazione…. Che fosse soltanto un pretesto o che si trattasse di un reale impedimento al quale, però, non si è creduto, sta di fatto che i rappresentanti del terzo stato hanno iniziato a protestare…. A quel punto, si è inserito l’atto di insubordinazione dei miei commilitoni….
Oscar e André erano basiti, perché, pur essendo giunta loro qualche frammentaria notizia dalla capitale, non avevano idea della gravità della situazione.
– Adesso, saranno fucilati! Alain, per avere percosso e scaraventato giù dalle scale un Ufficiale, sarà addirittura fucilato nella schiena…. E pensare che tutto è avvenuto per niente, perché i rappresentanti del terzo stato, alla fine, si sono comunque riuniti in una vicina sala adibita al gioco della pallacorda e hanno giurato che non si sarebbero mai separati finché non avessero dato una costituzione alla Francia! A essi si sono aggiunti alcuni rappresentanti della nobiltà e del clero…. A Parigi, i disordini non si contano e si respira un clima da guerriglia urbana…. Le cose sono molto cambiate in poche settimane!
Oscar e André si guardarono, vergognandosi per essersi ritirati nella pace fittizia di Lille mentre, a Versailles e nella capitale, il mondo cadeva in frantumi.
– Tenente Beauregard, aspettateci qui – gli ingiunse Oscar, dopo avere scambiato un’occhiata di intesa con André – Torneremo nella capitale insieme a Voi, libereremo Alain e gli altri e valuteremo il da farsi.
 
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Tornarono a Versailles e a Palazzo Jarjayes, cavalcando come due furie, senza porre del tempo in mezzo, spinti dalla vergogna per essersi appartati in un’egoistica felicità e dall’ardente desiderio di smuovere il mondo pur di risolvere la situazione. Oscar era ben consapevole di essere stata liberata dagli sgherri del Duca d’Orléans anche grazie al contributo di Alain e degli altri soldati e non voleva lasciare alcunché di intentato per salvare le loro vite.
Il Generale li accolse pieno di felicità per il loro matrimonio, ma anche di preoccupazione per la piega presa dagli eventi. Non lo avevano mai visto così pessimista, ma, nonostante tutto, constatarono che il vecchio militare conservava inalterato il suo piglio altero e autorevole. Con poche, ma esaustive frasi, li informò dell’attività di spia svolta, negli ultimi mesi, dal Conte di Compiègne e dell’inqualificabile e ignominioso ricatto da questi perpetrato ai danni di Madame de Girodel che aveva portato al duello e al proditorio ferimento del Colonnello.
– Di conseguenza, Padre, con me a Lille e con il Colonnello de Girodel in convalescenza, chi comanda attualmente le Guardie Reali?
– Il Maggiore de Limours – rispose l’anziano Ufficiale.
– Quell’uomo non mi è mai piaciuto. Non mi fido di lui…. Ha un atteggiamento sfuggente ed è molto vicino al Duca d’Orléans…. Spero soltanto che il Capitano de Valmy sia riuscito ad arginare eventuali danni.
– Il Capitano de Valmy finisce oggi di scontare trenta giorni di arresti domiciliari per avere fatto da padrino nel duello – fece notare il Generale.
Oscar e André si guardarono sopraffatti dall’ansia.
– André, andiamo alla reggia – disse Oscar con voce sorda, dopo essere stata raggiunta da un violento attacco di tosse nervosa, come non le accadeva più da diverse settimane.
 
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Maria Antonietta guardava Oscar con disperazione muta, temperata soltanto dalla gioia procuratale dal riaverla accanto. Le ultime settimane, che per Oscar erano state fonte di gioia, a lei avevano portato un dolore atroce, scavandole il viso e indurendole l’anima. Con i lineamenti affilati dallo scalpello della magrezza, appariva, adesso, altera e teutonica, una sfinge silenziosa, percossa dai venti e dalle sabbie del deserto.
Nel riprendere servizio, Oscar si era recata negli appartamenti delle Sovrana per porgerle le condoglianze per la morte del Delfino che, il quattro di giugno, aveva smesso di soffrire ed era stato sepolto nell’indifferenza generale, con il denaro ricavato della vendita dell’argenteria di palazzo, tanto erano compromesse le finanze dello Stato. Maria Antonietta, di rimando, si era congratulata con Oscar per le recenti nozze e lei si era sentita profondamente in colpa, perché la gioia che provava contrastava con lo strazio dell’amica.
Malgrado tutto, la Sovrana non aveva perso la delicatezza d’animo che l’aveva sempre contraddistinta e aveva fatto servire a Oscar un’ottima cioccolata con una stecca di cannella da squagliarci dentro, perché sapeva che a lei piaceva tanto.
Oscar guardò la Regina e provò una profonda tristezza nel constatare quanto quelle poche settimane l’avessero cambiata. Era vestita a lutto e alcuni fili d’argento oltraggiavano prepotenti le chiome che, un tempo, erano state simili a un manto d’oro, venato di sfumature rosso fragola. Delle profonde occhiaie le solcavano il volto che, in gioventù, era stato sorridente e allegro e che, adesso, era smunto mentre lo sguardo era inquieto e, a tratti, duro. Anche la voce, per quanto fosse spesso rotta dalla commozione, era attraversata da un’intonazione di durezza asburgica che Oscar non le aveva mai notato prima. Ad acuirne lo stato di affaticamento, ci si era messa anche la depressione in cui era caduto il Re che aveva finito per spostare su di lei il peso non gradito di molte decisioni politiche. Mai come allora, la frivola e viziata Maria Antonietta le era apparsa simile ai ritratti dell’austera e inflessibile Maria Teresa. Non si vedevano da poco più di un mese, ma sembrava che fossero trascorsi dei secoli dal loro ultimo incontro.
La Regina rispose allo sguardo di Oscar con un sorriso carico di grazia straziata e, poggiando sul tavolino di legno smaltato la tazzina di porcellana di Sèvres decorata d’oro,  le domandò:
– A cosa devo la Vostra visita, Madame Oscar? Non credo che Voi e il Conte di Lille abbiate interrotto la Vostra parentesi agreste al solo fine di formularmi le condoglianze.
– Il popolo è stremato dalla miseria, Maestà. Anni di crisi economica, di calamità naturali e di carestie hanno prostrato il regno, infliggendo privazioni e sofferenze ai soggetti più esposti e indifesi. Bisogna porre un rimedio a questa situazione prima che l’ordigno ci esploda in mano – disse Oscar, con voce accorata ed espressione decisa – Alcuni esponenti della borghesia e della stessa nobiltà stanno approfittando del malcontento e delle attuali difficoltà per mettersi in luce e cogliere le opportunità insite in tutti i rivolgimenti.
– Sono a conoscenza di tutto questo affannarsi intorno agli Stati Generali e dei maneggi di certi politicanti, desiderosi soltanto di emergere. Mio figlio è morto e pare che non importi a nessuno! – esclamò la Regina con un tono di voce disperato che nulla più aveva di duro.
– Maestà – rispose Oscar, con il cuore che le si stringeva nel petto – In tempi bui come questi, diminuisce anche il tempo per piangere i propri cari. Io so che il Vostro dolore è molto profondo, ma non siete l’unica ad avere delle pene atroci da soffocare. Vi rimangono altri due figli, nell’interesse dei quali dovete mantenere in pace il regno e ricondurlo alla prosperità. Voi siete, anzi, la madre di tutti i francesi e dovete alleviare le loro sofferenze! Il Principe Luigi Giuseppe avrebbe voluto questo…. Malgrado la malattia e la tenera età, aveva un forte senso dello Stato e avvertiva tutto il peso delle sue responsabilità!
A sentire nominare il figlio, gli occhi della Regina si riempirono di lacrime.
– Cosa mi consigliate di fare, Madame Oscar?
– In primo luogo, Maestà, dovete ritirare le milizie straniere o, perlomeno, ordinare loro di non puntare le armi sulla folla.
– Quello che mi chiedete è impossibile. Non si ritira l’esercito da una città sotto assedio. Il potere assoluto del Re deve essere ribadito con forza, perché gli proviene direttamente da Dio.
– Maestà, c’è un’altra cosa molto urgente che vorrei chiederVi. Dodici soldati della Guardia Metropolitana parigina, che, in passato, ebbi l’incarico di comandare, sono detenuti nella prigione dell’Abbazia e, presto, saranno giustiziati. Si sono ribellati all’ordine di non fare entrare i rappresentanti del terzo stato nella sala delle riunioni e sono stati arrestati. Hanno ecceduto nei modi, ma non meritano di morire! Sarebbe un grande atto di clemenza, da parte di Sua Maestà il Re, graziarli. Questo gesto apparirebbe come un importante segnale di distensione agli occhi del popolo.
– So quanto tenete ai Vostri uomini, Madame Oscar e, per questa faccenda, cercherò di aiutarVi, parlandone col Re. Compiere un atto di clemenza è cosa ben diversa dal cedere le armi e dal ritirare le truppe. Ogni buon Sovrano deve essere misericordioso.
– Vi ringrazio infinitamente, Maestà – disse Oscar, appoggiando, a sua volta, la tazzina sul tavolo.
Le due donne si guardarono. Erano entrambe molto diverse dalle due adolescenti caparbie e sole che si erano conosciute, diciannove anni prima, sull’isola davanti a Strasburgo al centro del Reno, ma l’affetto e la stima erano rimasti immutati.
 
********
 
Nella sala degli appartamenti privati di Maria Antonietta antistante il boudoir, sedeva André, aspettando che Oscar terminasse la visita alla Sovrana. D’un tratto, l’uomo si alzò di scatto in piedi e si inchinò, perché vide entrare Luigi XVI.
Il Re, a seguito della morte del figlio e dell’aggravarsi della situazione politica, era caduto in un profondo stato di prostrazione emotiva e si recava spesso dalla moglie per cercarne il consiglio e il conforto. Aveva l’aspetto stanco e inquieto e i movimenti di lui erano nervosi e incerti.
Alcuni istanti dopo il suo arrivo, si accorse di non essere solo, si ricompose e, rivolgendosi ad André, gli disse:
– State comodo, Conte di Lille, alzateVi pure. In fin dei conti, sono soltanto il Vostro Re – e sorrise amaramente.
– Vi porgo le mie più sentite condoglianze, Maestà – rispose André, con espressione contrita.
– Vi ringrazio, Conte. Avreste fatto meglio a rimanere a Lille. Tristi giorni ci attendono qui.
– E’ nel momento di maggiore difficoltà che occorre riscoprire tutta la nostra determinazione, Maestà – rispose accoratamente André.
– Siete nel giusto, Conte. Voi sareste dovuto nascere Re e io orologiaio.
– Voi avete governato per tanti anni con saggezza e giustizia, Maestà e, in questi giorni di grave pericolo, dovete fare appello anche alla forza.
– Può trovare la forza soltanto chi già ce l’ha – rispose il Re che, a causa dello stato di confusione e stanchezza in cui versava, si lasciava andare a confidenze che, normalmente, avrebbe evitato – Non sono un Monarca per il tempo di guerra.
– Le virtù si affinano e si corroborano nel tempo, Maestà. E’ in questi frangenti che troviamo, dentro di noi, risorse inimmaginabili. Potreste fare grandi cose…. Io ho salvato la vita alla Regina ed ero un semplice popolano….
– Situazione che ho, infine, corretto, dandoVi anche la possibilità di sposare Oscar François de Jarjayes.
– E di questo non finirò mai di ringraziarVi e Vi sarò debitore in eterno…. Andate a Parigi, Maestà, parlate col Vostro popolo che Vi rispetta e Vi ama. Mostrate la Vostra tempra!
– E’ tardi, ormai…. E’ tardi…. Mio nonno non avrebbe fallito…. Ci sarebbe dovuto essere lui al mio posto… Lui o Luigi XIV….  Mio fratello maggiore non sarebbe mai dovuto morire…. Era un Delfino da tutti amato…. Avrebbe regnato con saggezza e magnificenza, avrebbe riportato la Francia ai fasti dell’antico splendore….
– Loro non ci sono, Maestà, ma Voi sì. Non Vi erano superiori. Semplicemente, sono morti e non possono più sbagliare né scontentare. Parlate al Vostro popolo, Maestà, non è troppo tardi!
Il Re guardò con gratitudine quell’uomo che, dai documenti della Parrocchia dove era stato battezzato, da lui consultati in occasione dell’assegnazione della Contea di Lille, risultava essere nato due giorni dopo di lui.
– Vi ringrazio, Conte di Lille. In altre circostanze, saremmo stati degli ottimi amici.
 
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Oscar e André erano seduti nell’ufficio di lei, intenti a scambiarsi le impressioni suscitate dalle rispettive conversazioni regali intrattenute quella mattina.
D’un tratto, Jean, l’attendente quattordicenne di Oscar, entrò nella stanza e annunciò la presenza del Colonnello de Girodel.
Quando il ragazzo fu uscito, André celiò:
– Oscar, sei incorreggibile, non hai perso tempo a sostituirmi!
– Volevi che ti riassumessi come attendente, nonostante tu sia un Conte e, particolare appena trascurabile, anche mio marito?
– Certamente! Rinuncio soltanto per non togliere il lavoro a Jean!
– Ah, ecco!
I due iniziarono a ridere allegramente e così li trovò Girodel, quando entrò.
– Comandante, Conte di Lille, ho un’ottima notizia! Il Re, persuaso dalle accorate parole pronunciate dalla Regina, ha concesso la grazia ai dodici soldati della Guardia Metropolitana parigina che erano stati condannati a morte! Un messo è già partito alla volta del carcere dell’Abbazia per ordinarne la scarcerazione!
– Ma è meraviglioso! – esclamarono, all’unisono, Oscar e André, guardandosi e sorridendo per la felicità.
Subito dopo, Oscar si rivolse al suo secondo e gli chiese:
– Voi come state, Colonnello?
– Adesso, sto bene, Comandante, Vi ringrazio. Ieri, ho tolto le bende e ho subito ripreso servizio. La spalla mi duole ancora un po’, ma l’Archiatra ha detto che è normale. Mi biasimo molto per la mia avventatezza e ringrazio Dio per avermi protetto. Con una moglie e un figlio in arrivo, sarei dovuto essere più avveduto. Sapete, mio figlio nascerà a novembre!
Pronunciò queste ultime parole con un caloroso sorriso e con gli occhi che gli brillavano di gioia.
– Vi porgo le mie congratulazioni, Colonnello.
– Vi ringrazio, Comandante.
– Tornando nel mio ufficio dagli appartamenti della Regina, mi sono imbattuta in una Guardia Reale che non avevo mai visto prima. Si tratta di un uomo sui venti anni, coi capelli rossi e gli occhi castani.
– Deve essere Charles de Valenciennes, la nuova recluta arruolata sotto la supplenza del Maggiore de Limours.
– Quella nuova Guardia non mi è piaciuta. Ci ho scambiato poche parole, ma ha uno sguardo infido e mi è parso che ci sia dell’ostilità nel contegno di lui.
– Concordo con ogni Vostra parola, Comandante.
– Dobbiamo tenerlo d’occhio.






Ben ritrovati, “La leonessa di Francia” è tornata con tante nuove avventure e con emozionanti colpi di scena!
E’ passato un mese dall’assedio del castello di Lille e dal duello che vide protagonisti il Colonnello de Girodel e il Conte di Compiègne e, come dice anche il titolo, Winter is coming….
Cosa accadrà, adesso?
La frase: “Mio figlio è morto e pare che non importi a nessuno!” fu realmente pronunciata da Maria Antonietta.
La frase: “Io so che il Vostro dolore è molto profondo, ma non siete l’unica ad avere delle pene atroci da soffocare”, nella storia originale, fu rivolta da Alain a Oscar, dopo la morte di André.
La frase: “Non sono un Monarca per il tempo di guerra” è una parafrasi di un dialogo de “Il Padrino”, quando Michael Corleone disse a Tom Hagen che non era un consigliere per il tempo di guerra.
Ho predisposto, all’inizio, un riassunto, per consentire una più agevole ripresa.
Ringrazio chi ha ripreso a seguirmi con fedeltà e interesse a auguro a tutti una buona lettura!
   
 
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