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Autore: Endlessly    18/07/2009    2 recensioni
Prefazione:
Il mio cuore cantava per lui una melodia angelica, gioiosa. Continuavo a non capire.
Mi fissava angosciato.
> il suo sguardo era di una serietà austera.
Mentre pronunciava quelle parole mi sentii congelare. D’altronde sapevo che prima o poi sarebbe successo…ma, in cuor mio, speravo che le cose sarebbero evolute in una maniera completamente diversa...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Twilight
Capitoli:
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Blissful rhapsody 2 -pensieri-
BLISSFUL RHAPSODY


CAPITOLO II


*PENSIERI*

<< Credo che dovresti chiamarla. >> Edward spuntò da dietro il libro che stavo leggendo- “ Ginevra e Lancillotto” - libro che c’era stato imposto come lettura per le vacanze estive dal professore di letteratura inglese.
Il mio sopracciglio si alzò involontario.
<< Prego? >> non capivo di chi stesse parlando.
<< Si, credo che dovresti chiamarla…intendo tua  madre >>. Me lo tolse dalle mani, poi elegante come un dio, si sedette sulla solita sedia alla mia sinistra.
<< Ah già, lo farò >>. Sbuffai annoiata.
<< Quando? >> la sua voce oltre che terribilmente ironica era anche schiettamente diffidente .
<< Appena avrò tempo. >>  Risposi cercando di concludere la discussione sul nascere.
Non era un argomento di cui avevo intenzione di discutere in quel momento.
Lo fissai con sguardo intimidatorio e cercai di rimpossessarmi del libro.
Non ci riuscii.
Con una velocità agghiacciante lo prese ,lo ripose sulla modesta biblioteca del salotto e tornò accanto a me, mentre io da dietro il tavolo della cucina mi accorgevo soltanto dello spostamento d’aria.
<< Allora vai. >> Sembrava più un ordine che un consiglio
<< Ho da fare. >> Risposi perentoria. Purtroppo il tono della mia voce smascherò facilmente  la recita che tentavo inutilmente di portare avanti.
Odiavo mentire –soprattutto non ne ero in grado- ma non me la sentivo di risentire mia madre.
<< Menti. Te l’ho già detto, non sai recitare >> mi sfiorò giocosamente la punta del naso con l’indice ma in lui intravedevo una sorta di nervosismo.
<< No cioè si, insomma Edward non mi và e poi devo leggermi tutto quel libro. >> .
Si alzò di scatto con le braccia strette lungo i fianchi ed i pugni chiusi. << Bella se non vuoi non posso certo obbligarti. >>.
Ero turbata da quella reazione, da quello strano eccesso che lo aveva colto e restai di sasso qualche istante, poi finalmente mi ripresi. Mi alzai anch’io, lo abbracciai e presi il suoi viso fra le mani. << Grazie. >> gli sussurrai all’orecchio. Tornai a guardarlo sorridendo. << Ma non preoccuparti lo farò, solo non oggi, va bene? >>.
<< Perdonami. >> inspirò profondamente e chiuse gli occhi. Espirando tornò esaminarmi con lo sguardo di pece. << La ragione è che…vedi Bella spero tu mi riesca a comprendere, non vorrei essere io la causa del distacco da tua madre. >>. Sembrava confuso la voce che solitamente era calma e non rifletteva mai nessun emozione, questa volta sembrava angosciata.
Mi sentii male al pensiero di essere io la causa di tutte quelle pene. << Edward non è colpa tua. >> mi affrettai a tranquillizzarlo abbranciandolo. Poi tornai seria a fissarlo. << Penso sia una cosa naturale o almeno, è vero, forse se non ci fossi stato tu sarei andata via da Forks, o forse no, questo non lo sa nessuno, ma l’allontanamento da mia madre era inevitabile. Infondo lei si è risposata e non ha più molto tempo da passare con me come lo aveva prima, a causa dei continui spostamenti di Phil, e inoltre, nei momenti che passa con me, lontana da lui, avverto la sua sofferenza…beh questo, questo comunque, mi sembrava di avertelo gia raccontato.Io sono sempre stata una persona che difficilmente dimostra i suoi sentimenti, fatta un’unica eccezione >> Lo guardai arrossendo maestosamente. << quindi non sei tu la causa, anzi, probabilmente mi hai salvata da una vita di indifferenza e sensi di colpa. >>
Dopo avermi ascoltato mi sembrò rasserenato tant’è che l’ombra di un sorriso comparve sul viso, bello da impazzire.
Lo baciai sulle sue labbra perfette ma al contatto lo sentii pietrificarsi e stringere i pugni.
Mi staccai all’istante.
Era a disagio,di nuovo, per colpa mia. Dovevo immaginarmelo.
<< Beh forse ora è meglio che vai a caccia >>. Pronunciai l’ultima parola con esitazione al doloroso pensiero di dover stare lontana da Edward tutta la giornata.
Sogghigno punzecchiato, ma negli occhi gli leggevo un velo di malinconia, sembrava affranto anche lui dallo stesso pensiero che torturava me, ma comunque annuì.
<< Hai ragione forse e meglio che vada, devo ammettere che inizio a sentire i morsi della fame. >> Mi baciò sulla fronte accarezzandomi dolcemente i capelli. << Torno il prima possibile. >>.
<< Buon appetito! >>. Lo incoraggiai.
Incurvò le labbra in un mezzo sorriso e si volatilizzo.
<< Ti prego, stai attenta. >> Le sue parole rimasero a mezz’aria come un’eco nel silenzio.
Sarebbe stata una giornata eterna.
Ormai ero assuefatta dalla compagnia di Edward.
Ed anche di sua sorella.
Alice veniva a trovarmi quasi ogni giorno da quando ero uscita dall’ospedale, dopo l’incontro  troppo ravvicinato con James, il vampiro che mi aveva ridotta a brandelli e da cui ero sopravvissuta soltanto grazie all’aiuto dei Cullen - e soprattutto di Edward.- poco più di tre mesi prima.
In quei giorni Alice non poteva farmi compagnia; era completamente immersa nei preparativi del matrimonio -o per meglio dire- dell’ennesimo matrimonio fra Rosalie ed Emmet. La gente mormorava troppo e lei ovviamente aveva colto l’occasione al volo per preparare un matrimonio -che c'avrei messo la mano sul fuoco- sarebbe stato sfarzosissimo.

“ Beh poco male, farò le commissione che continuo a rimandare da mesi.”
Decisi di iniziare dalle faccende domestiche. Purtroppo in poco tempo finii di disincrostare il bagno, sistemare le camere, il salone e tirare a lucido la cucina. Feci due lavatrici e due asciugatrici ma quando controllai l’ora, vidi che erano passate soltanto 3 ore, l’orologio segnava appena le cinque e mezzo del pomeriggio.
Edward quando andava a caccia non tornava che dopo le sette e Charlie, probabilmente, si sarebbe attardato a causa del lavoro.
La mattina c’era stato un problema  a La Push,  a causa d’un animale di grosse taglie, forse un orso, che si era addentrato nella riserva attaccando una persona, una ragazza –per quanto avevo capito dal blaterare di papà al telefono- quindi il capo della polizia si era precipitato a controllare l’accaduto.
Ero sola, per almeno altre due, interminabili, ore.

E’ così triste: il tempo, il passare degli istante ci scorre così impercettibilmente veloce quando siamo felici mentre quando vi è un minimo arresto, un minimo empasse di quell’armonia a cui siamo passivamente abituati, sembra avanzare con una lentezza a tratti insopportabile.
Prima di arrivare qui, in questa città, a Forks, anche quando ero sola- e nella maggior parte del tempo ero sola- non mi annoiavo, trovavo sempre qualcosa da fare, e se non erano compiti o commissioni, leggevo, scrivevo, avevo mille passatempi che riuscivano a riempirmi la giornata, ora, invece, senza Edward mi sentivo smarrita, come se niente riuscisse ad interessarmi veramente…questa situazione mi terrorizzava.
Mi terrorizzava perché ormai senza di lui avevo capito di non poter più riuscire a vivere e se un brutto giorno si fosse stancato di me, della normale, della semplice, dell’ umana che ero e se ne fosse andato, avrebbe lasciato un involucro vuoto, essiccato di ogni passione ed interesse che non fosse parte di lui.
Tutto ciò mi terrorizzava nonostante in ogni maniera ed in ogni istante Edward cercasse di rassicurarmi, di convincermi inutilmente che io, Bella, fossi l’essere più importante per lui e, che non m’avrebbe mai abbandonata fin quando non fossi stata io a chiederglielo.
"Mai"
Inoltre un altro motivo riusciva a rendere queste preoccupazioni ancora più angoscianti.
In quei giorni non riuscivo a far meno di pensare al nostro rapporto, a me ed Edward, a noi due come coppia. Erano pensieri fugaci, passeggeri, nati sul momento e morti in pochi istanti, ma il cui fantasma aleggiava perenne fra gli spiragli del mio subconscio. Pensieri inconfessabili  che a volte provavo a nascondere persino a me stessa e di cui, tuttavia, non riuscivo mai liberarmi.
Mi sentivo un verme, come potevo soltanto pensare a certe cose IO? Era una cosa così assurda ma soprattutto così imbarazzante.
Ricordo bene il discorso, mio e di Edward fatto quella notte in camera mia, la notte dopo la giornata passata con lui alla radura, la notte di alcuni fra i chiarimenti più importanti.
Farmi sputare furori le domande che mi rombavano inconsuete fra i pensieri imperversi della mente fu un parto, sia per me che per lui.
Stavamo parlando dei suoi poteri, di come potesse leggere nella mente delle persone e di come io fossi l’unica cui, fortunatamente per me ma sfortunatamente per lui, i pensieri erano negati. Parlavamo della vita dei Cullen, dei continui spostamenti ma anche del matrimonio, proprio quello fra Rosalie ed Emmet.
Gli chiesi, le guance infuocate, se per i vampiri il matrimonio, fosse come quello degli umani. Edward scoppiò a ridere intuendo immediatamente ciò a cui alludevo e mi rispose che nonostante tutto, molti degli  istinti umani sopravvivevano in loro, nascosti dietro altri e molto più potenti desideri. Purtroppo quando gli chiesi se, fra noi due, ci sarebbe mai potuto essere qualcosa del genere mi rispose spaventato che non ci sarebbe mai dovuto essere più del possibile, più del lecito, in quanto il sentirmi troppo vicina, la fretta ma anche la mia fragilità e la mia delicatezza, sarebbero potuti essere un pericolo per la mia vita e che se lui mi avesse fatto del male non se lo sarebbe mai perdonato, per l’eternità.
D’altronde potevo comprendere benissimo le sue paure. Sapevo cosa aveva dovuto passare per riuscire a starmi accanto senza uccidermi. Il ricordo del nostro primo incontro e il racconto di quando mi aveva spiegato quanto aveva patito per riuscire a non togliermi la vita quella prima volta, la prima volta che c’ incontrammo, mi fecero tremare.

“Bella smettila di pensare a certe cose, non è da te

Decisi che era il caso di trovarmi qualche altro inutile passatempo e smetterla di fare certi pensieri.
Fra le cose che avevo da fare una, forse, era la più importante.
Edward aveva ragione: dovevo chiamare mia madre o per lo meno farmi risentire.
Esaminai le diverse possibilità, e tra tutte decisi che scriverle una mail era la migliore…non potevo certo permettermi di mettermi a piange al telefono!
Mi sedetti sulla sedia della scrivania e spinsi il bottone di accensione del pc.
Mentre Windows si caricava e il computer rantolava come un gatto in preda a convulsioni, pensavo a cosa avrei potuto scriverle.
Sulle prime ritenevo di poter approfittare di un altro po’ di tempo, tanto per lavare via l’amarezza che ancora provavo, ma poi mi ricordai che a soffrire sicuramente non ero soltanto io, ma anche Reneè. Ero sicura che non mi avesse chiamato, proprio per lasciarmi un pò di spazio, per non assillarmi... il che da parte sua doveva essere davvero una tortura, data la sua natura morbosamente ficcanaso.
Le volevo bene e l’idea di farla soffrire mi diede la forza per continuare nel mio intento.
Il pc finalmente si caricò, la lentezza che impiegava ad aprire una semplice finestra era impressionante, superabile solo dai bradipi.

Iniziai a scrivere e mi accorsi che le parole venivano da sole. Ero contenta del risultato inoltre il fatto di scriverle anziché parlarle mi sollevava da un gran peso… Le bugie non erano mai state il mio forte, ma scriverle non implicava tremolii di voce o strani tic e questo mi confortava. Era più facile.  
Dopo aver finito rilessi per controllare di non aver dimenticato nulla.

Ciao mamma come te la passi? E Phil come sta? Spero che a Jacksonville vada tutto bene. Scusa se scrivo solo ora…mi era completamente passato di mente, meno male che c’è Edward che me lo ha ricordato! Ti ricordi di Edward vero?Lo hai conosciuto a Phoenix qualche mese fa…e comunque tre giorni è un tempo d’attesa accettabile, no?

Grazie tante per l’abito, è davvero stupendo…ma come mai proprio un abito? Ad ogni modo, ringrazia tantissimo anche Phil.
Mi dispiace non poter venire questa settimana a trovarvi, ma non sentirti triste, è giusto così.

Non pensare a me, goditi l’estate e il sole, io sto benone.
Ti voglio bene.                                                
Bella


Invio

Attesi qualche secondo imbambolata davanti al pc poi lo spensi.
Scesi lentamente le scale diretta in sala, presi il libro e mi tuffai sul divano… Lancillotto e Ginevra mi aspettavano.
  
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