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Autore: ellephedre    17/01/2019    6 recensioni
Makoto Kino è innamorata. Gen Masashi la segue a ruota.
Con una relazione nata nella battaglia, non hanno più segreti tra loro, eppure hanno ancora molto da scoprire l'uno sull'altro. E non vedono l'ora di farlo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Makoto/Morea, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga'
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Corrente Naturale - giugno

 

 

Corrente naturale

di ellephedre

 

 

 

Giugno 1997 - A ballare fuori

 

Makoto camminava per strada, di sera, spalancando le braccia come per abbracciare il crepuscolo. La vita era bella. 

Durante quella giornata il suo negozio aveva registrato un nuovo record di incassi. Le banconote erano letteralmente straripate dalla cassa, rendendole difficile la chiusura. Trasportava il gruzzoletto che si era guadagnata nella borsa. Il giorno dopo lo avrebbe depositato nello sportello automatico della banca. Le veniva la tentazione di trattenere qualcosa per sé, ma voleva essere precisa: prima avrebbe ripianato i debiti che aveva contratto per aprire la pasticceria, poi avrebbe speso a volontà. In prospettiva, stava risparmiando per assumere un aiuto che la affiancasse al bancone. Incredibilmente non riusciva più a gestire tutto da sola ad appena due mesi dall'apertura del locale. Se le cose continuavano così, avrebbe potuto permettersi solo delle vacanze striminzite in estate. Non andava bene: nelle ultime settimane aveva visto poco Gen e voleva passare con lui più giorni possibile in agosto.

Pensando al suo ragazzo, accelerò il passo. Era possibile che lo trovasse a casa quella sera. Gli aveva dato le chiavi, per comodità.

Appena giunse davanti al portone del condominio suonò il citofono, per darsi la gioia di sentire la voce di lui.

Gen non la deluse. «Sì?»

Il timbro ovattato che uscì dall'interfono le causò un fremito. «Sono io!» esultò.

Lui le aprì con una risata.

Makoto percorse i due piani di scale a passi larghi, arrivando sulla porta con un salto pieno di energia. 

Gen la attendeva con l'uscio aperto. «Ehi! Sei allegra!»

Lei gli gettò le braccia al collo, riempiendogli di baci il viso. «Tanto!»

Mentre si spogliava delle scarpe e della borsa, gli raccontò la propria giornata. «Non ho fatto conti precisi, ma dovrei essere in attivo sul leasing delle attrezzature in cucina. Naturalmente ho da ripianare l'acquisto dei mobili e la ristrutturazione del locale...»

«Così mi fai sentire in colpa.»

Risero, con lui che la seguiva verso l'armadio incastrato nella parete.

«Mi hai già fatto pagare pochissimo e di questo passo coprirò presto tutti i miei debiti. Non riesco a crederci! Vale la pena alzarsi all'alba tutte le mattine.»

Lui la aiutò a togliere l'elastico dai capelli. «Ti sei scelta un lavoro impegnativo, ma non ti lamenti mai.»

«Non si può essere infelici quando si fa qualcosa che si ama.»

Mentre si spogliava, Gen piegò i vestiti recuperò i vestiti che stava mettendo da parte, portandoli nella cesta dei panni sporchi. «Perché non vai a farti una doccia? Ti rilassi un po'. Ti faccio un massaggio se vuoi.»

Era un'offerta così gentile. «Mi piacerebbe, ma devo preparare qualcosa di veloce per cena.»

«Ecco... sapendo che non ti aspettavi molto, ci ho pensato io.»

Lei sgranò gli occhi. Lui guardò imbarazzato il soffitto. «Non è niente di che. Hai troppa fame per preoccuparti del gusto, vero?»

Commossa, lo strinse a sé con entrambe le braccia.

Gen le massaggiò la schiena con fare fin troppo amichevole per lo stato di semi-nudità che la caratterizzava. Doveva avere proprio un aspetto esausto, pensò Makoto. Invece di tentare un approccio, lui la stava accudendo. Gen iniziò un massaggio che sciolse i muscoli contratti delle sue spalle, poi passò alle tempie, disegnando piccoli cerchi.

Trattenendo gli ansiti di godimento, Makoto si sostenne a lui per non riversarsi come un budino sul pavimento. «Sei troppo buono con me. Non riusciamo più a uscire insieme come prima.»

«Non mi serve uscire. Mi basta vederti qui.»

La loro vita era molto cambiata rispetto a qualche mese addietro. Nell'ultimo mese lui aveva deciso di collaborare sempre di più con l'impresa che voleva assorbire la ditta di suo padre e di fatto nelle ultime due settimana aveva lavorato solo un paio di giorni. «Ora tu esci un sacco senza di me. All'università vedrai tante ragazze...»

Il commento gli generò una risata bassa di divertimento. «Sei gelosa?»

«Non di loro. Solo della possibilità che hanno di vederti e di passare del tempo con te nella tua aula, o all'università durante il giorno...» Era l'unico motivo per cui le dispiaceva non essere diventata una studentessa universitaria come Usagi, Ami e Rei. Loro avevano più tempo da trascorrere con i fidanzati e le amiche.

Gen intuì la sua tristezza e la sfiorò con le labbra sullo zigomo. «Quando sono in classe io penso sempre a quando tornerò qui a vederti.»

Era una frase così dolce da risultare strana in bocca a lui. «Ti manco tanto.»

«Hm?»

«Stai dicendo cose tenerissime.»

Lui esibì un sorriso largo. «Quando non le dico me lo rinfacci, e quando le dico mi fai notare che non sembro io.»

«Dài, no! Mi piace tanto sentirti parlare così.» Fece una mezzagiravolta con lui, prendendogli il volto tra le mani, quasi danzando mentre lo baciava. «Mi manchi tanto anche tu. E dopo tutte queste coccole e massaggi, sono pronta a farmi toccare come ti piace di solito.»

«Secondo me preferisci dormire.»

Affatto. «Voglio fare l'amore, anche se magari poi crollerò dal sonno.»

Lui la prese in parola e le passò una mano sotto le ginocchia, sollevandola. «Proviamo.»

     

Makoto si svegliò poco dopo il loro amplesso - o almeno fu la sensazione che ebbe notando che la luminosità della stanza non era cambiata. Gen era seduto a tavola, a mangiare distrattamente mentre leggeva una rivista. La televisione e la radio erano spente, per non disturbarla.

«Mi sono addormentata.»

Lui si sorprese di vederla con gli occhi aperti. «Ehi. Ti è venuta fame?»

Aveva un certo appetito, ma a non farla cadere in un sonno profondo era stata la sensazione di incompiutezza del loro momento. Era stato lui a dedicarsi a lei, estrapolando sensazioni intense dalle sue membra stanche, con carezze mirate. L'ondata dell'orgasmo era stata rigenerante e al contempo contundente per il suo cervello stanco. Non era riuscita a rimanere sveglia abbastanza da ricambiare.

Scostò da sé la trapunta con cui era stata coperta. «Cos'hai preparato?»

«La mia specialità. Katsudon.»

Adorava quel piatto: le ricordavano le cene casalinghe di quando era stata bambina. Mentre lui si alzava a servirle il cibo, lei andò rapidamente in bagno a pulirsi, poi tornò a sedersi a tavola. Per non restare nuda recuperò una vestaglia, stringendola sulla vita.

Assaggiò il primo boccone della cena, gradendo il gusto ricco dell'impanatura che si dissolveva sulla lingua. 

Gen la osservava, appagato. «Ti è bastato un quarto d'ora di sonno per sembrare più fresca.»

Lei si toccò il viso. «Avevo occhiaie così brutte?»

«No. Se non ti avessi conosciuta bene non avrei saputo che eri spossata.»

Meglio. Al negozio non poteva avere l'aspetto di uno zombie. Forse doveva comprare del fondotinta, controllandosi allo specchio durante la giornata.

«Ho avuto un'idea.»

Mentre mangiava assaporando ogni morso, Makoto attese di sentire cosa gli fosse venuto in mente.

«Come premio per i tuoi successi di pasticciera e negoziante, ti porterò fuori, per una cosa che non abbiamo ancora fatto insieme.»

Oh?

«Ballare.» 

Lei si accese in ogni terminazione nervosa. «Sì!» Lo desiderava da tanto e non aveva avuto ancora il coraggio di chiederglielo.

Lui rimuginò. «Magari posso farti conoscere alcuni dei compagni della palestra che frequento...»

Fu difficile trattenere la smorfia. Sarebbe stata un'uscita di gruppo?

Gen scosse la testa. «Solo se li troviamo per caso. Di solito si muovono sempre negli stessi locali.»

Allora sì. «Sono curiosa di conoscerli se ci saranno, ma mi piacerebbe che la serata fosse soprattutto per noi.»

«Certo. Mi metterò in tiro, come immagino non veda l'ora di fare anche tu.»

Al solo pensiero le mancò il fiato. «Ti ho visto vestito bene solo a San Valentino. E per il matrimonio di Usagi e Mamoru!»

Gen non si vergognò del suo essere molto casual. «Sarò più come a San Valentino.»

Al solo pensiero lei si eccitò. Decise in quel momento che dopo il pasto non le sarebbero mancate le energie per concludere ciò che avevano interrotto prima.

Gen la guardava con un luccicchio nelle pupille. «Anche tu metterai qualcosa di speciale?»

Assolutamente sì. Per l'occasione era disposta a farsi un regalo. «Questa volta non mi cucirò da sola il vestito, lo comprerò. Voglio un bell'abitino da sera stretto, magari un po' provocante. E dei tacchi!» Aveva in mente il paio giusto, lo aveva visto in un negozio sulla strada per il lavoro.

Gen stava cercando di non salivare, fingendo indifferenza.

Lei giocò a stringergli il naso. «Ti piacerò tanto!»

Felice, lui scostò il viso per sfuggire alla presa. «Facciamo una sera del fine settimana? Da giovedì a sabato, un giorno che sei poco stanca. Basta che mi fai sapere verso l'ora di pranzo.»

Lei aveva già deciso la data. «Facciamo questo venerdì, il 25!»

La precisione lo stupì. «Perché quel giorno?»

«Ecco... non ridere, ma mi piace considerarlo il nostro vero mesiversario.»

Lui ricordava bene di averle fatto un regalo per quella ricorrenza appena qualche giorno prima. Inoltre aveva in mente alla larga cos'era successo nel dicembre precedente. «Ci siamo messi insieme poco dopo il tuo compleanno. Era passata meno di una settimana.»

Sì. «Era l'11 in realtà. Ma...» Si vergognò un poco a parlarne. «Mi piace pensare che la nostra relazione sia iniziata quando tu... quando ho capito che...»

Lui si ricordò cos'era successo il venticinque dicembre - un Natale al contempo tragico e rivelatorio per entrambi. «Quando hai capito che ti amavo?»

Makoto si intenerì al ricordo. «Quando ho capito che saresti rimasto con me anche se ti avevo mentito su chi ero. Era una cosa che non pensavo sarebbe mai successa. Per questo per me la nostra storia è iniziata idealmente a Natale. È romantico, no?»

Era dolce, pensò Gen. «Vada per venerdì 25.» Avrebbe scelto un posto dove il deejay proponeva spesso dei lenti per le coppie. Makoto lo avrebbe adorato.

Lei proseguì a mangiare giocando a imboccarlo, poi si sbarazzò del piatto prima di aver finito. Spostò il tavolino basso di lato mentre scioglieva il nodo della vestaglia, sedendosi a gambe aperte su di lui. Alla vista del suo corpo da amazzone, coi seni turgidi e un sorriso eccitato, Gen smise di connettere le sinapsi.

«È il mio turno» mormorò Makoto, poi gli coprì la bocca con la propria.

 


 

In previsione del loro appuntamento speciale, Makoto aveva comprato una nuova piccola insegna per il negozio - un cartello da apprendere dietro la porta che permetteva di indicare una chiusura anticipata. L'aveva appeso con tre giorni di anticipo, per far sapere ai nuovi clienti abituali che quel venerdì non avrebbero trovato la pasticceria aperta fino alle sette e mezza di sera. Alcuni si erano dispiaciuti - uscivano dal lavoro tardi, non sarebbero arrivati in tempo per comprare qualcosa - ma quando Makoto aveva raccontato di voler festeggiare una ricorrenza importante col suo ragazzo, erano stati tutti solidali.

«Certo, chiudi prima! Sei giovane, divertiti!»

«Ti comprerò il doppio di questi dango oggi, così ne avrò qualcuno per domani. Scatta una foto del tuo ragazzo e appendila sul muro, vogliamo vederlo!»

Era diventata amica di molti dei suoi avventori. Le piaceva chiacchierare mentre incartava i loro ordini. La gente gradiva: la trovavano simpatica e calorosa e le raccontavano volentieri delle loro vite. Makoto ormai conosceva molti dei loro nomi.

Sarebbe stato sfacciato appendere una foto di Gen in negozio? Glielo avrebbe chiesto. Magari poteva far incorniciare alcune di quelle che si era fatta scattare con lui durante l'inaugurazione.

Rientrando in casa, non ci pensò più. Doveva prepararsi. Finalmente poteva indossare il bellissimo paio di sandali alla schiava che si era regalata. Li tirò fuori dalla scatola, tenendoli in equilibrio sui palmi. Erano neri, con un tacco di dieci centimetri e un gioco di lacci in cuoio che le avvolgeva i piedi, denudandoli e slanciandone la forma.

Senza ancora aver indossato il vestito, si guardò allo specchio, a figura intera, con indosso solo la biancheria intima e i sandali. Girò su se stessa, squadrandosi da dietro, ammirando il modo in cui le calzature mature rendevano più lunghe e sinuose le sue gambe. Per quanto riguardava il sedere... Per fortuna non aveva perso tonicità nonostante il poco esercizio, ma quelle mutandine di cotone non la valorizzavano.

Frugò nel cassetto e trovò degli slip in pizzo neri, adatti alla serata. Erano comodi e al contempo sexy, ma non era riuscita a recuperare il reggiseno coordinato. Andare in giro con la biancheria spaiata in un'occasione come quella era triste. Pensando al vestito che aveva comprato, si illuminò.

Andò a prenderlo e lo infilò da sopra la testa, provando a indossarlo senza reggiseno. Il tessuto aderente le premeva contro la pelle. Accennò un passo di danza e verificò di persona che il suo petto non ballonzolava. Le spalline dell'abito sostenevano il suo davanzale, ma... guardò meglio e rilasciò una smorfia. In rilievo si vedevano i capezzoli! Così era indecente.

Le venne in mente il reggiseno senza spalline che aveva nascosto in fondo al cassetto. Non era mai riuscita ad utilizzarlo, perché da solo non sosteneva nulla, ma con quell'abito si rivelò la soluzione ideale: le sollevava un po' troppo la scollatura, ma almeno così non sembrava uscita da un manga erotico. Più o meno.

Provò a sporgersi in avanti, di fronte allo specchio, unendo le braccia.

Be', la decenza era questione di punti di vista, ma Gen e le altre persone che l'avrebbero vista se ne sarebbero fatti una ragione. Per una volta - una volta nella vita - lei voleva permettersi di apparire sexy senza avere paura di essere volgare. Non lo era, vero? Anche con quei seni troppo grandi e la gonna corta.

Passò al trucco, scegliendo un rosa delicato per le labbra e un mascara nero per le ciglia. Il velo di ombretto verde che applicò sulle palpebre fece risaltare il colore dei suoi occhi.

Optò per non legare i capelli, lasciandoli ricadere morbidamente sulle spalle. Stava dando loro un po' di volume quando Gen suonò al citofono. Gli aprì il portone cliccando sul pulsante, poi si dedicò alla ricerca del paio di orecchini a pendente che aveva acquistato per l'occasione. Dal bagno lo sentì entrare in casa.

«Sei pronta?»

«Sì, ho persino messo le scarpe. Guarda quanto sono alta.»

Gli andò incontro. Sulla porta del bagno si fermò, rimanendo a bocca aperta. Gen stava benissimo! Quando si metteva una bella camicia e dei pantaloni in tessuto non lo batteva nessuno.

Lui era inebetito quanto lei. La squadrò due volte da capo a piedi, senza sapere come commentare il suo aspetto.

Makoto gli passò accanto, diretta al piccolo specchio dell'ingresso, con in mano gli orecchini. «Sto bene?» Gli permise di ammirare il movimento del suo fondoschiena mentre camminava. 

«Uh...»

Col passare dei minuti si era convinta di essere bellissima, ma così lui faceva risorgere i suoi dubbi. «È esagerato? Sembro... un'accompagnatrice?»

«No! E se qualcuno lo pensa, lo ammazzo.»

Lei rabbrividì per la carezza che ricevette lungo la schiena. «Ho letto su una rivista che i vestiti neri e corti ora non sono più considerati volgari se li si porta bene.»

«Tu non sei volgare, sei... Sembri quell'attrice dai capelli rossi, di quel film che ti piace tanto.» Gen rifiutava di ammettere che ricordava bene il titolo della pellicola.

«Pretty Woman? Julia Roberts?»

Lui rammentò troppo tardi a quale mestiere si era dedicata la protagonista. «Sì, ma non nel senso che sembri una escort.»

Makoto scoppiò a ridere. «Se parli del vestito nero che le comprava Edward, a quel punto ormai lei era una signora di classe! Davvero le somiglio?»

Coi capelli mossi e il sorriso capace di illuminare un palazzo, agli occhi di lui Makoto era mille volte più bella. Col fisico messo in risalto da quel vestito era imparagonabile all'attrice di Hollywood, solo perché era infinitamente più provocante. Aveva acquistato un'altra taglia di reggiseno? E i suoi fianchi erano diventati più formosi.

Lui stava ancora cercando di non guardarla troppo, per non farsi venire un infarto al pensiero di portarla fuori abbigliata in quel modo.

Il suo silenzio stava generando altre incertezze in Makoto.

«Sei perfetta. Andiamo?»

Lei terminò di allacciare un orecchino e prese in mano una piccola borsa a tracolla. Vederla avanzare di nuovo permise a Gen di focalizzarsi sui suoi piedi fasciati dai tacchi. Per poco non gli scappò un altro brontolio. 

 «Che c'è?» gli domandò lei. 

«Niente.» Aveva la tentazione di chiederle di restare in casa, non solo per spogliarla pezzo per pezzo, ma soprattutto per non permettere al resto della popolazione maschile di gettarle un'occhiata quella sera. L'avrebbero immaginata nuda a ogni passo. Sulla porta guardò l'espressione speranzosa di lei, che non vedeva l'ora di uscire.

«Peccato avere solo il furgone, non è adatto a portarti in giro stasera. Vuoi che prendiamo un taxi?»

«Ma no, esagerato!»

Uscirono dall'edificio, continuando a scherzare. Nella propria testa Gen decise la linea d'azione. 

A che serviva apparire palestrato ed essere in grado di mettere su un grugno spaventoso, se non a far pentire gli estranei dei loro pensieri impuri? Se qualcuno si fosse fatto sfuggire un fischio o un commento che avesse fatto sentire Makoto a disagio, prima si sarebbe beccato un pugno sul naso, poi si sarebbe pentito di essere nato.

    

Per Makoto entrare in un locale per adulti era un'esperienza nuova. Fino a quel momento era andata solo al ballo della palestra, all'università.

Gen le aveva detto di aver scelto un posto non troppo chiassoso, dove si riusciva a fare un minimo di conversazione. C'erano anche dei tavoli comodi a cui sedersi. 

Mentre si muovevano nella folla, fu piacevole per lei notare che il suo abbigliamento era consono al luogo. C'erano ragazze molto più svestite di lei. Avevano meno roba da mostrare, ma a scoraggiare sguardi troppo lascivi nella sua direzione sarebbe bastato il broncio assassino adottato da Gen, nonché la mano che lui aveva posato in pianta stabile intorno ai suoi fianchi.

Al bancone lei ordinò un drink analcolico. Meglio non iniziare la serata annebbiandosi la testa. Gen, che era più abituato a bere, ordinò una semplice birra.

Mentre aspettavano, lui le indicò un angolo nascosto della sala. «Di là c'è meno gente. Sono appena le nove, sicuramente c'è posto.»

Makoto si sentì sciocca. «A causa dei miei orari siamo venuti troppo presto, vero? La serata si animerà più tardi.»

«Meglio così. Quando questo posto si riempie non si riesce nemmeno a respirare, si balla tutti attaccati.»

Oh. «Lo frequentavi di notte?»

Lui non cercò di negare. «All'inizio. Poi io e i miei amici abbiamo capito che si riusciva a parlare meglio se si veniva prima delle dieci. Ci si poteva stravaccare sui divani e stare comodi.»

Makoto interpretò la frase. «Riuscivate a rimorchiare più facilmente.»

Gen non la prese come una frecciata, ma scosse la testa. «Non ti permetterò di immaginarmi con altre donne, Mako.»

La sua era stata solo curiosità.

Sciolto, lui avvicinò la bocca alla sua, beandosi del suo profumo. «L'esperienza guadagnata mi è servita a rimorchiare la ragazza più bella che abbia mai incontrato. Se adesso stessi con un'altra donna, la mollerei subito dopo averti vista.»

Lei lasciò che le sue parole la riempissero di piacere, permettendogli di scivolare con le labbra lungo la linea della sua mascella. Quel tocco intimo, in pubblico, la faceva sentire come se fossero una coppia rodata, ancora più in sintonia. 

Ricevettero i loro drink e andarono alla ricerca di un tavolo. Procedendo verso l'angolo che Gen aveva in mente, vennero fermati da una voce maschile tuonante.

«Gen!»

«Yoshi!»

Gen e il ragazzo corpulento, con un fisico da boxeador massiccio, si scambiarono una gomitata cameratesca. 

«Da quanto non ti vedo? Pensavo che-» Il tipo la notò al fianco di Gen e si interruppe. «Oh, wow, guarda qui. Non sei venuto da solo.»

Gen non si fece problemi a massaggiarle la vita con una mano. «Lei è la mia ragazza, Makoto Kino.»

Makoto chinò la testa. «Piacere.»

«Piacere mio! Lo hai accalappiato, eh?»

Lei non capì cosa intendeva, ma non ebbe il tempo di chiedergli nulla: il ragazzo li stava già sorpassando.

«Corro in bagno. Gen, gli altri sono di là, al solito tavolo. Torno subito!»

Gen non smetteva di sorridere. «È uno dei miei compagni di palestra. Non ci becchiamo più spesso come una volta, ma se vuoi possiamo spostarci da un'altra parte.»

«No, andiamo a salutare i tuoi amici.»

Al tavolo che Gen aveva frequentato c'erano quattro ragazzi. Quando intravidero Gen si alzarono tutti insieme, scambiandosi saluti con pugni chiusi e pacche energiche sulla spalla.

«Allora sei vivo!»

«Hai ripreso ad uscire! Ti sei forse mollato con-?» Un'occhiata di Gen bastò a far notare la presenza di Makoto.

Lei era rimasta in disparte ma avanzò di un passo, tenendo le spalle serrate, molto più di quanto avesse inteso. Si sentiva così impacciata. «Buonasera. Io sono Makoto Kino.»

Uno degli amici di Gen apprezzò parecchio la sua vista. «Ah, be'! Ah, be'! Ora capisco perché Gen non esce più con noi!»

Un altro dei ragazzi le fece posto sul divano. «Non stare in piedi, mettiti comoda!»

Gen intercettò il movimento, ponendosi tra lei e il suo amico. «Fatti in là. Credi davvero che te la metterei vicino?»

Ci fu una risata generale.

«Sei geloso! Ma ti capisco!»

A Makoto sembrò una compagnia inoffensiva. Si stavano comportando tutti in maniera spavalda, ma nessuno di loro la stava fissando più di tanto sotto la linea del collo.

Un altro dei ragazzi - il più basso, con uno sguardo da cagnolone inoffensivo - si sporse in avanti sul divanetto in pelle. «Tu sei quella con cui Gen sta insieme da dicembre?»

«Sì» confermò lei.

«Ce lo hai portato via!»

Gen non rimase più in silenzio. «Non uscivo con voi già da un po'.»

«Perché eri sempre triste per via dei tuoi problemi, poi lavoravi troppo. Speravamo che quando ti fossi ripreso saresti tornato a conquistare ragazze insieme a noi, invece niente! Hai incontrato lei e zac! Hai perso la testa, sei capitolato, sei diventato un desaparecido per gli amici!»

Makoto rilasciò una grassa risata.

«Riusciamo a parlargli solo in palestra! E anche lì ormai viene poco.»

«Hai perso tono» lo redarguì uno dei suoi compari, tastandogli un braccio.

«Ho cambiato orari. Ora studio e lavoro meno di prima. Penso di riuscire a inserire un'altra sessione alla settimana.»

Makoto era troppo curiosa per rimanere zitta. «Si univa a voi per conquistare ragazze? Quando venivate qui?»

«Oh, sì! Ma adesso che bisogno ha, giusto? Guardati un po', sei uno schianto!»

Il complimento la fece arrossire. Era strano sentirsi riempire di lodi da una compagnia di ragazzi. «Grazie.»

«Macché grazie! Mollalo e mettiti con me!»

Gen spinse di lato la testa al suo amico, stando attento a fargli un po' male. «Non potrebbe mai stare con un maleducato come te. Non le hai nemmeno detto il tuo nome. Lui è Taro Kanata. Qquest'altro è Shiro Kurumi...»

Il terzo ragazzo si presentò da solo. «Io sono Hideaki Sato e lui è Isamu Kazushita. Adesso dovrebbe tornare un altro nostro amico, Yoshi Harada.»

«Lo abbiamo incontrato venendo qui» li informò Gen. «Questo è solo un saluto, non posso rimanere a questo tavolo con voi che sbavate dietro alla mia ragazza. Su, fate pena, andate a parlare con qualcuna invece di stare qui tra voi uomini!»

«Che palle, non possiamo nemmeno farci una bevuta?»

«Non sei venuto qui di venerdì sera per l'alcol. Se non mettete qualche donna a questo tavolo, la mia ragazza rimane tutta sola mentre vi parlo.»

«Ah, è una sfida?» Isamu Kazushita si alzò, sistemando la cintura dei pantaloni allentata. «Adesso vado e torno vincitore con una femmina!»

«Vai!» fu il coro d'incoraggiamento generale. 

Con più posto sul divano circolare, gli altri si spostarono per offrire loro più spazio.

Makoto disse la sua. «Gen pensa che mi annoi a parlare con voi, ma non è vero.»

«No, no, vuole che non ti guardiamo troppo!» Una risata corale si librò in aria mentre Gen scuoteva la testa.

Shiro-san batté le mani sulla ginocchia. «Al posto di Gen non starei mica qui. Adesso che ci penso è per questo che non usciva più di casa!»

I loro discorsi facevano continuamente riferimento al sesso, ma in una maniera cameretesca che Makoto supponeva fosse tutta maschile. «Gen mi ha aiutato a mettere in piedi il mio negozio. Ci siamo conosciuti mentre me lo ristrutturava.»

«Hai capito! Perché non ho fatto il muratore!?»

Uno dei ragazzi, Hideaki-san, la smise con le battute. «Hai un negozio tuo? Cosa fai?»

«È una pasticceria. Sono una cuoca.»

Taro-san si portò una mano al petto, colpito mortalmente. «Cucina persino, come la mia mamma! Makoto-san, sposami!»

Gen allungò una gamba sotto il tavolo, calciandolo scherzosamente.

Makoto si rannicchiò contro il braccio che lui le aveva messo sulle spalle, deliziata: era stranissimo e piacevole vederlo in mezzo ai suoi amici.

Hideaki-san era interessato a fare conversazione. «Sembri una sportiva.»

«Sì. Pratico il karate e qualche altra arte marziale.»

I ragazzi la presero d'improvviso sul serio. «Uhò! Che cintura sei?»

«Cintura nera» rispose Gen con fierezza.

«Grande, davvero?!»

«Non ho mai incontrato una donna cintura nera!»

«Sarebbe in grado di farti arrancare» sottolineò Gen.

«Ora le stai sparando!»

«Per niente.»

Al tavolo tornò Yoshi-san. «Avete conosciuto la ragazza di Gen! Sono rimasto indietro!» Spinse di lato uno dei suoi compari, per sedersi con poca grazia.

Gen aveva una domanda per lui. «Tu non ti stavi vedendo con una?»

«Sì, cavolo, ma è finita. Pensi che sarei qui con questi se avessi una donna con cui uscire?»

«Ti sei fatto mollare?»

«Nahh, la storia non stava andando da nessuna parte. Eravamo troppo diversi. A lei piacevano le mostre di quadri.»

Un brontolio generale gli fu solidale.

Yoshi-san inquadrò Makoto. «Per certe cose voi donne siete più cerebrali.»

Lei non era d'accordo. «Io non ne so niente di arte, a meno che non parliamo di cinema o libri.»

«Vedi? Tu però leggi!»

«Anche Gen legge.»

«Voi donne di più!»

Forse perché lei non faceva che divorare romanzi rosa, ma... «Devi solo trovare il genere giusto. Prova con gli horror. O i polizieschi.»

L'amico di Gen scosse la testa. «Io preferisco guardare la tv. Voglio riposare la testa dopo il lavoro.»

«Anche quella può essere arte. Hai fatto bene a non stare con una ragazza che ti faceva sentire in colpa per quello che ti piace.» Si ricordò di avere un drink e lo sorseggiò. «Ci sono tante donne che guarderebbero la tv con te. Per esempio ho quest'amica che quando sta davanti al televisore si rilassa e non pensa ad altro. Guarda di tutto.»

«È single?»

«Hm, è sposata da poco.»

«Vedi la iella?!»

Makoto si unì alla risata del gruppo.

La conversazione continuò su quel tono per qualche altro minuto, poi nel locale alzarono il volume della musica. Qualche coppia iniziò a ballare, facendo fremere Makoto. Nella penombra del posto i gioielli delle ragazze catturavano la luce mentre le avventrici si dimenavano assieme ai loro compagni, alcune persino col drink ancora in mano.

Gen notò la direzione del suo sguardo. «Andiamo?»

Lei non se lo fece ripetere. «Sì. A dopo, ragazzi!»

Gli amici di Gen, rimasti soli al tavolo, ebbero la possibilità di osservarla di spalle mentre andava via. Non temendo più la decapitazione, parlarono liberamente tra loro.

«Fiuuu! Una sventola!»

«Sembra a posto.»

«Che bocce!»

«Che culo! In tutti i sensi, anche per Gen!»

Yoshi Harada rise mentre beveva la propria birra. «Lui si meritava un po' di fortuna dopo quello che ha passato.»

«La ruota giro, amico! Un anno si piange, l'altro si ride!»

L'alcol li aveva resi filosofici. «Vero! Brindiamo a... a trovarci una ragazza come Makoto-san!»

Gli altri non si unirono al brindisi, scoppiando a ridere.

«Sarò più fortunato se chiedo un unicorno agli dei!»

«Voi non ci credete abbastanza! Per questo vi accontentate della prima che passa! Ci vuole sicurezza! È questo che piace alle donne!»

«Io ho ricevuto tre due di picche in un quarto d'ora. Va' in pista e dimostraci che basta crederci! Su, alzati e fai l'uomo!»

Yoshi Harada non se lo fece ripetere, saltando in piedi. «O donna, o morte!» Si gettò nella mischia.

 

Makoto si muoveva al ritmo della musica concitata, felicissima dal fatto che Gen fosse capace di starle dietro. «Sai ballare anche la dance!»

«Te l'avevo detto!»

«Pensavo che al massimo facessi così.» Si mosse con fare robotico, spostando il peso da un piede all'altro, dondolando come una marionetta. Imitava la maggior parte degli uomini che danzavano nel locale.

Gen era fiero di essere diverso. «Per tirare di boxe bisogna avere un buon gioco di gambe.» Lui la catturò per la vita, volteggiando. «Sai che gli uomini capaci di ballare sono anche bravi a letto? Dovresti sapere che è vero.»

Makoto scoppiò a ridere contro il suo orecchio. Lui si stava facendo sfuggire un sacco di frasi fatte quella sera, come se trovarsi in quel posto lo avesse fatto tornare al passato. Conoscerlo in quella veste era strano e al contempo elettrizzante: si sentiva come se lui stesse cercando di conquistarla daccapo, mettendo in atto tutte le mosse a cui era abituato per conquistare una donna.

Si separarono un poco quando la canzone terminò, preparandosi al nuovo brano.

La voce calda del deejay dietro la consolle si fece sentire per la prima volta. «Ora qualche minuto dedicato alle coppie. Signori, cercate una dama speciale. Le signore smaniano per queste due canzoni.»

Appena udì le prime note del nuovo disco, Makoto si portò una mano al petto. «Ohhh!»

Era il brano del film Labyrinth! Quello romanticissimo che faceva da sfondo al ballo magico di Sarah col re degli gnomi!

Gen non riconobbe la canzone, ma Makoto gli si attaccò al collo. «Per favore, la balliamo?»

«Sì, sì...» Divertito, lui dondolò piano stringendola a sé, aguzzando le orecchie per tentare di capire perché quella musica fosse tanto speciale.

 

There's such a sad love

Deep in your eyes A kind of pale jewel

Open and closed Within your eyes

I'll place the sky

Within your eyes

 

Makoto aveva mormorato a memoria ogni parola, sorprendendo Gen.

«Dove l'hai sentita?»

«Viene da un film, te lo farò vedere. C'è questa ragazza con un vestito bianco meraviglioso, da favola. Danza con un re malvagio che la desidera tanto ed è una cosa così romantica...» Fu lei a prendere in mano le redini del loro ballo, imponendo a lui di spostarsi lungo una curva aggraziata, come se scivolassero sul pavimento.

As the pain sweeps through,

Makes no sense for you

Every thrill is gone

Wasn't too much fun at all,

But I'll be there for you u-u

As the world falls dooown

 

Gen capì presto la base del movimento, adattandosi alla musica e improvvisando nel momento in cui ripartì una strofa simile alla prima. Esaltata, Makoto allungò un braccio di lato posando l'altro sulla spalla di lui, come se stessero danzando un valzer. I loro piedi si muovevano senza esitazioni, conoscevano il percorso. Nell'istante in cui la voce del cantante si addolcì, Gen la guidò in un volteggio liscio, elegante, che la fece diventare la principessa di un piccolo sogno.

Between the stars

I'll leave my love

Between the stars

 

Riunendosi a lui Makoto gli prese la testa tra le mani, cercando un bacio sentito. Stretta al suo corpo, proseguì la danza ad occhi chiusi.

Era una serata magica - una serata perfetta.

  


  

Prima di tornare in macchina fecero una passeggiata nel quartiere, godendosi la brezza notturna dell'inizio dell'estate.

Makoto si era alzata alle quattro e mezza di mattina quel giorno, ma non era stanca. Camminava tenendosi per mano con Gen alla ricerca di qualcosa che incorniciasse adeguatamente le sue sensazioni. Lo trovò nelle vicinanze di un minuscolo laghetto artificiale, in un piccolo parco. Posò la testa sulla spalla di lui, ammirando lo specchio d'acqua.

«I tuoi amici mi sono piaciuti.»

«Tu sei piaciuta un po' troppo a loro.»

Lei si lasciò sfuggire una risatina. «È stato bello capire com'eri prima che ti incontrassi.»

«Ero... diverso. Davo troppe cose per scontate.»

Come la sua presenza di suo padre e il fatto che lo avrebbe avuto accanto per decenni a venire.

Makoto strinse un po' più forte il tessuto della sua camicia. «Non era colpa tua.»

Gen premette le labbra contro la sua fronte.

Lei chiuse gli occhi, per godersi il contatto. Riuscì a reprimere uno sbadiglio. «Usciremo altre volte come stasera?»

«Hm-mh. Tante.»

Tante, infinite volte.

Il mesiversario si sarebbe trasformato in anniversario, almeno uno. Poi... Ma per il momento erano insieme e lei straripava di una felicità che non voleva contenere. «Ti amo come il primo giorno» gli disse.

Lui la trovò una dichiarazione scioccamente tenera. «Perché questo discorso?»

«Perché è vero.» E non voleva perdere l'occasione di dirglielo, finché poteva. 

Gen lo accettò. «Sai che potrai dirmelo anche domani?»

«Sì.»

«E dopodomani.»

«Hai ragione.»

Lui la guardò negli occhi, senza respirare. «Ricorderò questo - adesso - per sempre, Mako. Ogni momento con te è così.»

Nessuna promessa avrebbe potuto darle più pace. Lo baciò e lo strinse, con un pizzico di disperazione e tutta la pienezza della propria anima.

Gen la accarezzava i capelli. «Su, ora andiamo a casa. Stai morendo di sonno.»

Makoto fece di sì con la testa. Allacciata al suo corpo si avviò insieme a lui verso il furgone.

  

Giugno 1997 - A ballare fuori - FINE

  


 

NdA: Era da una vita che volevo scrivere questo episodio, ma nella mia testa non aveva abbastanza corpo e veniva fuori molto più superficiale di come in effetti l'ho trasposto ora. Sono soddisfatta <3 (col cuore perché ci vuole per i sentimenti che mi hanno suscitato questi due).

Questo è il video della canzone che Makoto e Gen hanno ballato in quel locale. Si tratta di 'As the world falls down' di David Bowie, colonna sonora del film del 1986, Labyrinth.

Bramo di sentire i vostri commenti su questo capitolo, se è riuscito ad emozionarvi o a dirvi qualcosa.

 

Elle

 

Il gruppo Facebook dedicato alle mie storie, con anticipazioni e curiosità, è Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...

   
 
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