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Autore: crazy640    26/01/2019    4 recensioni
SEGUITO DI "IL PAGAMENTO DI UN DEBITO"
I personaggi di Harry Potter appartengono a J.K. Rowling. NON permetto la pubblicazione della storia in altri siti.
"Hermione Granger-Malfoy osservò il via vai di gente che quotidianamente animava la stazione di King’s Cross dal proprio tavolino e, puntuale come ogni anno, il ricordo del suo primo arrivo in quella stazione riaffiorò alla sua mente: una ragazzina di undici anni, ancora una bambina, in mezzo ai propri genitori, spaventata a morte da quella novità inaspettata, ma allo stesso tempo elettrizzata per il nuovo mondo cui andava incontro.
A ripensarci adesso sembrava un’altra persona.
Tante cose erano successe dalla prima volta che aveva messo piede sul binario che l’avrebbe condotta a Hogwarts: aveva combattuto tante battaglie, personali e non, si era fatta degli amici che capivano la sua intelligenza e non ne erano spaventati, aveva conosciuto la paura, la rabbia, l’odio…l’amore."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Blaise Zabini, Ginny Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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chap 5

 

"I was choking in the crowd
Building my rain up in the cloud
Falling like ashes to the ground
Hoping my feelings, they would drown
But they never did, ever lived, ebbing and flowing
Inhibited, limited
'Til it broke up and it rained down
It rained down, like
(Pain, pain) "

"You know life is cruel, life is never kind "

 

Nel giorno del suo quarantacinquesimo compleanno, Ginevra Weasley si svegliò come tutte le mattine alle sette in punto al suono della sveglia.

Malgrado fosse un sabato mattina e avrebbe potuto concedersi qualche ora di sonno in più, l’abitudine acquisita in anni di alzatacce per occuparsi dei figli la portò a resettare la sveglia con gesti meccanici e ad aprire lentamente gli occhi.

Ancora avvolta dalle coperte e lo sguardo fisso sul soffitto, Ginny ascoltò il rumore delle gocce di pioggia sulla finestra, il suono lontano della doccia e si ritrovò a riflettere sull’importanza di quel giorno.

Era il suo quarantesimo compleanno.

Molte donne, una volta raggiunto quel traguardo entravano in crisi spaventate dall’idea che i loro anni più belli fossero ormai alle spalle, certe che da quel momento in poi la loro vita sarebbe stata un lento e noioso tran tran di giorni sempre uguali accompagnato da un inesorabile disfacimento fisico.

Ginevra ricordava ancora il lieve attacco isterico che aveva colto Pansy l’anno precedente, causato principalmente dalla paura di invecchiare e dal terrore di non essere più attraente agli occhi del marito.

Nonostante le rassicurazioni delle amiche, Pansy aveva seriamente considerato l’idea di rivolgersi alla chirurgia plastica e alla fine aveva accantonato quell’idea soltanto grazie all’intervento di Theo, che ripetutamente e pazientemente le aveva spiegato quanto la chirurgia estetica fosse superflua nel suo caso.

Dal canto suo Ginny si scoprì tranquilla: era un semplice compleanno, come ce ne erano stati tanti altri.

Alla fine di quella giornata, la sua vita sarebbe continuata come al solito, senza cambiamenti eclatanti ed era proprio quella certezza a renderla serena.

Da ormai quattordici anni, la sua vita era esattamente come l’aveva desiderata da ragazza: era in pace con se stessa, aveva un lavoro appagante, una famiglia di cui era orgogliosa e che amava con tutta se stessa e soprattutto aveva un compagno di cui era innamorata come se fosse il primo giorno.

Ginny allontanò le coperte e prese velocemente la vestaglia, cercando di combattere il freddo che inevitabilmente s’insinuava nella stanza durante i giorni di pioggia; dopodiché si avviò a piedi nudi verso il corridoio e da lì scese le scale che l’avrebbero portata al piano di sotto.

Aveva bisogno di una tazza di tea per iniziare la giornata.

L’assenza di rumori dal bagno le fece capire che Blaise aveva terminato la doccia e ora era intento a radersi, quindi le restavano cinque minuti di completa solitudine prima che l’uomo scendesse a sua volta in cucina alla ricerca di un caffè.

All’inizio della sua relazione con Blaise, Ginny era la più cauta tra i due: il suo matrimonio con Harry era terminato in modo disastroso, la sua totale attenzione era rivolta verso James e Albus, e l’amore era l’ultimo dei suoi pensieri.

Eppure si era innamorata di Blaise senza neanche accorgersene.

Quella che era iniziata come una semplice amicizia, si era trasformata velocemente in qualcos’altro, in un inspiegabile bisogno che aveva portato entrambi a cercare la compagnia dell’altro adducendo i motivi più futili e che li aveva messi più volte in situazioni imbarazzanti.

Quando alla fine, i due avevano accettato i sentimenti che nutrivano l’uno per l’altro né lei né Blaise si erano più voltati indietro: erano diventati inseparabili fin dal loro primo bacio, nonostante la situazione all’epoca non fosse facile.

Nonostante i numerosi litighi che li videro protagonisti in quel periodo, lei e Blaise erano riusciti a costruire le basi per quella che in seguito sarebbe diventata la loro famiglia.

Ginny era consapevole che molti nella comunità magica erano rimasti scandalizzati quando lei e Blaise avevano iniziato la loro relazione, incapaci di trovare un significato a quell’unione, sconvolti dall’idea che la piccola Weasley avesse abbandonato il marito, proprio nel momento in cui questi era in difficoltà, per un Serpeverde.

Probabilmente, anche a distanza di tanti anni e una figlia, c’era ancora qualcuno nel mondo magico che storceva il naso a vederli insieme.

Eppure cosa c’era di così difficile da capire?

Possibile che una cosa così evidente come l’amore tra lei e Blaise dovesse essere ancora soggetto a pregiudizi e commenti maligni nonostante il passare degli anni?

Dal canto suo, Ginevra era consapevole di essere una donna molto fortunata: Blaise era un dono inaspettato che era comparso nella sua vita nel momento in cui ne aveva più bisogno ed era stato grazie a lui se aveva combattuto con le  unghie e con i denti contro Harry e se non si era sottomessa al volere della sua famiglia che le chiedeva di dimenticare tutto e tornare con suo marito.

L’amore di Blaise l’aveva resa coraggiosa e soprattutto le aveva mostrato quanto della sua personalità era stata sacrificata durante gli anni del suo matrimonio con il grande Harry Potter.

Ginny non rimpiangeva il matrimonio con Harry; molte donne al suo posto avrebbero rinnegato quella parte del suo passato, soprattutto dopo il processo e l’infamia che aveva colpito Harry, ma gli anni vissuti con Harry erano una parte di lei, l’avevano aiutata a diventare ciò che era e a capire quali errori non avrebbe più dovuto commettere in futuro e soprattutto le aveva donato due grandi regali: James e Albus.

I suoi figli erano l’unica cosa positiva nata dal matrimonio con Harry.

Il rumore dei passi pesanti sulle scale riportò Ginny al presente e la fece voltare verso la porta della cucina in tempo per veder comparire Blaise sulla soglia.

L’uomo, con indosso una t-shirt grigia e i pantaloni del pigiama, entrò in cucina e incontrando il suo sguardo, le rivolse un sorriso radioso.

-Buon compleanno love!- le disse fermandosi di fronte a Ginny e allacciando un braccio attorno alla vita della donna.

Ginevra sorrise e si lasciò attirare contro il corpo del compagno, alzando leggermente il viso per incontrare le labbra di Blaise.

L’uomo posò una mano sulla guancia sinistra di Ginny e la baciò più volte dolcemente; cercando di diminuire la distanza tra loro, Ginevra si alzò sulla punta dei piedi e allacciò un braccio attorno al collo dell’uomo, sfiorandogli la base del cranio con la punta delle dita.

Quando le loro labbra si separarono, Blaise continuò a tenerla stretta, indugiando con lo sguardo sul volto di Ginevra; sotto la sua ispezione, la donna restò immobile prima di scoccargli un sorriso ironico.

-Che ne pensi? Sono ancora passabile nonostante la mia veneranda età?- scherzò lei.

Blaise rise divertito.

-Love, devi smetterla di passare del tempo con Pansy… Ti mette in testa strane idee- commentò ironico.

Ginny ridacchiò e poggiò la fronte sul torace dell’uomo; l’attimo dopo Blaise chinò il volto verso di lei, finché le sue labbra non sfiorarono l’orecchio sinistro di Ginny.

-Comunque, per quanto mi riguarda tu, sarai sexy anche a sessant’anni-mormorò.

Ginny accennò un sorriso e mosse leggermente il volto sul torace di Blaise per osservare il suo volto e quando incontrò lo sguardo dell’uomo questi si limitò ad annuire, come se quel piccolo gesto bastasse a reiterare le sue parole.

-Un giorno ti ricorderò queste parole-gli disse con un tono velatamente minaccioso.

Blaise sorrise malizioso e avvicinò le labbra a quelle della rossa e la baciò ancora una volta.

-Caffè?- gli domandò poi, una volta sciolto il loro abbraccio.

Blaise annuì.

-Non dovrei essere io a prepararti la colazione?-le domandò con un’espressione divertita sul volto.

-E’ una tazza di caffè, non una colazione completa con pancetta e uova strapazzate- gli fece notare la rossa, voltandogli le spalle e versando il caffè nella tazza preferita di Baie.

-Bene, perché avevo pensato di portarti fuori per colazione-le disse l’uomo, cogliendola di sorpresa.

Ginny gli porse la tazza di caffè e alzò un sopracciglio, leggermente sorpresa.

Il sabato era il giorno che preferivano entrambi. Quando i ragazzi erano a Hogwarts, la coppia passava gran parte della giornata insieme, intenti in attività banali quali leggere il giornale o fare la spesa, ma entrambi bisognosi della vicinanza dell’altro dopo una lunga settimana lavorativa.

-Festeggiamo qualcosa?-gli domandò ironica sedendosi di fronte a lui, la propria tazza stretta tra le mani.

Blaise sorrise a sua volta e alzò le spalle prima di bere il primo sorso dalla sua tazza di caffè.

-Forse- rispose sibillino. –Allora, che programmi hai per oggi?-le domandò cambiando discorso.

Ginny sospirò e abbassò per qualche istante lo sguardo sulle proprie mani.

-Non ne ho la più pallida idea, anzi speravo di riuscire a carpire qualche informazione da te. Come il solito, Pansy ha deciso di occuparsi di tutta l’organizzazione, senza dirmi nulla per non rovinare la sorpresa, ma ora ho il terrore che abbia esagerato come il solito.

Ti prego, dimmi che sai qualcosa…- gli disse con uno sguardo implorante.

Questa volta Blaise rise divertito, scuotendo leggermente la testa.

-Mi dispiace love, ma ho promesso a Pansy che avrei mantenuto il segreto e sai bene che la mia vita sarebbe in pericolo che decidessi di fare la spia-commentò ironico.

Ginny si lasciò scappare un gemito frustrato e scosse la testa sconsolata.

-Questo compleanno si sta rivelando più stressante degli altri- commentò leggermente seccata.

Blaise allungò un braccio e strinse la mano di Ginny più vicina a se, intrecciando le dita a quelle della donna.

-Potremmo sempre inventare una scusa ed evitare la festa-le propose con un sorriso malandrino.

Ginny sorrise a sua volta mentre un’espressione fintamente pensierosa si dipingeva sul suo volto.

-Fammi pensare… Non è per niente una cattiva idea, ma sono certa che Pansy si presenterebbe qui e ci trascinerebbe alla festa- commentò la rossa.

Blaise sospirò.

-Purtroppo hai ragione-rispose con la stessa aria afflitta della compagna.

L’espressione sul volto dell’uomo strappò una risatina a Ginny, cancellando la preoccupazione per la festa a sorpresa di quella sera e riportando ogni cosa sotto la giusta prospettiva: conosceva Pansy da anni, sapeva quanto la donna fosse maniacale quando si trattava di organizzare un evento e come ogni festa si rivelasse sempre un grande successo, quindi non aveva nulla da preoccuparsi.

Inoltre, essendo completamente sincera con se stessa, Ginevra si scoprì colpita e felice del gesto dell’amica e dell’affetto che ancora adesso, dopo tanti anni, la legava alla Serpeverde.

Scegliendo di condividere la sua vita con Blaise aveva rinunciato alla propria famiglia e alle vecchie amicizie ma, una volta fatta la sua scelta, oltre all’amore di Blaise aveva guadagnato delle nuove sorelle, ovvero Hermione Pansy e Daphne, che le erano state accanto nei momenti difficili e che le avevano mostrato il vero significato dell’amicizia tra donne.

-Questa giornata è irrimediabilmente rovinata- commentò infine Ginny, in tono ironico.

Blaise accennò un sorriso per poi tornare serio l’attimo dopo.

-Forse c’è un modo per renderla migliore - disse serio, lo sguardo fisso sulla propria tazza di caffè.

Ginny corrugò leggermente la fronte dinanzi a quel cambiamento improvviso.

-Davvero? Hai deciso di nascondermi in un posto lontano?-domandò ironica. –A essere sincera l’idea di trovarmi su un’isola deserta con te, in completa solitudine è il mio regalo di compleanno ideale-aggiunse.

Un lampo malizioso apparve negli occhi di Blaise, seguito l’attimo dopo da un sorriso malandrino, prima che l’uomo scuotesse il capo in segno di diniego.

-Mi dispiace infrangere i tuoi sogni, ma non si tratta di questo-

Blaise liberò la mano dalla stretta di Ginny e per alcuni istanti si limitò a fissarla in silenzio.

La donna ricambiò lo sguardo perplessa, aggrottando leggermente la fronte.

-C’è qualcosa che non va?-gli domandò cercando di non lasciar trasparire dal tono di voce la preoccupazione per lo strano comportamento del compagno.

Blaise scosse la testa per poi lasciarsi andare a un sospiro frustrato, strofinandosi il volto con la mano sinistra.

-No love, va tutto bene…- la rassicurò Blaise. -Ok, avevo preparato tutto un discorso, ma in questo momento il mio cervello è completamente vuoto.

Quindi te lo dirò senza giri di parole-aggiunse in modo confuso.

Ginny annuì, incapace di liberarsi dell’ansia.

Blaise prese velocemente un sorso di caffè, quasi avesse bisogno di coraggio liquido, si alzò in piedi e restò per qualche istante immobile e in silenzio, lo sguardo fisso su Ginevra.

La donna lo seguì con lo sguardo, seguendo attentamente ogni sua mossa: colse il movimento nervoso delle mani grandi dell’uomo, vide il torace di Blaise espandersi sotto un respiro profondo e infine notò l’espressione determinata che comparve sul volto del compagno prima che questi dischiudesse le labbra, pronto a parlare.

-Mi vuoi sposare?-

La cucina cadde nel completo silenzio. Entrambi immobili, uno di fronte all’altro, Ginevra e Blaise si fissavano incapaci di superare quel momento si stallo.

Dopo i primi dieci secondi di silenzio, Blaise iniziò a pentirsi della sua proposta, spaventato di aver rovinato qualcosa di per sé già perfetto per un capriccio; la sua mente solitamente così analitica, in quei brevi istanti di silenzio, iniziò a mostragli scenari apocalittici di un futuro senza Ginny e i ragazzi, scene di una famiglia distrutta per colpa di una stupida domanda.

Dal canto suo, Ginevra era sbalordita.

Tutto si era aspettata, tranne quella dichiarazione inaspettata: dopo quindici anni di vita insieme e una figlia, Ginny considerava Blaise suo marito a tutti gli effetti, più di quanto lo fosse mai stato Harry.

Aveva dimenticato che in tutti quegli anni non avevano mai regolato la loro unione: agli inizi della loro convivenza avevano deciso di aspettare per far si che Albus e James si adattassero alla presenza di Blaise nella loro vita, subito dopo Ginny era rimasta incinta di Ruby e pertanto avevano deciso di rimandare ulteriormente il matrimonio.

Gli anni erano passati senza che se ne accorgessero, impegnati con i loro figli e il lavoro e ora, alla tenera età di quarantacinque e quarantasei anni, Blaise la sorprendeva con quella proposta.

Osservando attentamente l’uomo di fronte a sé, la tensione dei suoi muscoli e l’aria terrorizzata sul suo volto, Ginevra sorrise dolcemente.

Credeva veramente che gli avrebbe risposto di no?

-Togliti quell’aria spaventata dalla faccia e chiedimelo come si deve- gli disse cogliendolo di sorpresa.

Blaise la fissò qualche istante, poco sicuro di aver capito il senso delle parole della compagna.

Ginny alzò gli occhi al cielo, si avvicinò a Blaise e gli prese una mano.

-Forza, cerca di ricordare il discorso che avevi preparato.

Non posso certo raccontare a nostra figlia che eri terrorizzato quando mi hai chiesto di sposarti-gli disse, un sorriso dolce sulle labbra.

Grazie a queste parole, Blaise riprese a respirare normalmente, libero dall’ansia che lo aveva paralizzato fino a pochi attimi fa.

Prese entrambe le mani della rossa tra le sue, Blaise si schiarì la gola e affondò lo sguardo in quello di Ginevra.

-Quando ti ho visto per la prima volta, non avrei mai immaginato che saresti diventata la persona più importante della mia vita.

Sai meglio di me quanto fossi sbandato in quel periodo… Eppure in poco tempo ho iniziato a organizzare la mia giornata attorno alle poche ore che passavamo insieme ogni giorno.

Non vedevo l’ora di tornare a casa per vederti-le confessò leggermente imbarazzato.

A quelle parole, Ginevra gli rivolse un sorriso allo stesso tempo dolce e imbarazzato.

- Dopo l’esperienza con Daphne credevo di non poter più amare nessun’altra donna, ma mi sbagliavo: fin dalla prima sera in cui ci siamo trovati a parlare, ho capito che eri diversa e che avrei fatto di tutto, anche essere semplicemente tuo amico, pur di starti accanto.

 -Ne abbiamo passate tante insieme e, anche se non ne abbiamo mai parlato, so che hai dovuto rinunciare a molte cose per stare con me…- continuò Blaise.

-Blaise…-lo interruppe la donna.

L’uomo scosse la testa.

-E’ la verità love. Per stare con me hai perso la tua famiglia e non potrò mai ringraziarti abbastanza per avermi scelto, anche se all’epoca non avevi alcuna certezza su di noi o sul nostro futuro- le disse sincero.

Ginny premette le labbra una contro l’altra cercando di controllare le proprie emozioni, lo sguardo sempre fisso in quello del compagno.

- Te l’ho già detto che sei l’amore della mia vita?-ripete con un sorriso accennato sulle labbra. -Non ho mai amato nessuno come te e proprio perché sono terrorizzato dalla possibilità che tu un giorno sparisca dalla mia vita, dopo aver preso coscienza del grande errore commesso in tutti questi anni, ho pensato che fosse venuto il momento di rendere ufficiale la nostra unione.

Che ne dici, ti andrebbe di firmare un documento che attesta che siamo fatti l’uno per l’altra e che non vediamo l’ora di passare il resto della vita insieme?-le domandò infine, finendo il discorso.

Una lieve risata accompagnò la caduta di una lacrima solitaria lungo la guancia destra di Ginny, terribilmente colpita da quelle parole.

Era una dichiarazione anticonvenzionale, proprio come loro, e forse per questa ragione Ginevra la trovò perfetta.

Sentendo scendere altre lacrime sulle guance, Ginny annuì.

Gli occhi di Blaise si spalancarono e per un breve istante l’uomo non seppe cosa dire o fare.

-Era un sì quello?-le domandò infine.

Ginny ridacchiò nuovamente prima di allacciare un braccio attorno alla vita del compagno.

-Credi veramente che potrei rifiutare di sposarti dopo una proposta del genere?-gli domandò, la voce leggermente rotta dall’emozione.

Il volto di Blaise s’illuminò in un sorriso radioso prima che l’uomo attirasse a sé Ginny, una mano posata su una guancia rigata dalle lacrime.

-Allora mi sposi?-le chiese ancora poggiando la fronte contro quella della donna, scoprendosi bisognoso di una nuova rassicurazione.

Ginny rise e imitò la sua postura, posando entrambe le mani sul volto di Blaise.

-Certo che ti sposo stupido!-

Stretta nell’abbraccio di Blaise, la testa poggiata contro la sua spalla sinistra, Ginny si ritrovò a pensare che finora avere quarantacinque anni non era poi così terribile e, soprattutto, che avrebbe ricordato quel compleanno per tutta la vita.

 

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Seduto all’ombra di un albero in uno dei giardini di Hogwarts, un foglio di pergamena bianco posato sulle ginocchia, Richard osservò la figura in lontananza vestita con i colori di Serpeverde.

Per una ragione che non era mai riuscito a spiegare neanche a se stesso, il suo corpo sembrava captare la presenza di Albus ogni volta che i due si trovavano nella stessa stanza o a distanza ravvicinata.

Anche in quell’occasione, il Grifondoro mosse lo sguardo attorno a se e lo individuò facilmente circondato da un piccolo gruppo di ragazzi della Casa di Serpeverde, presi da una rumorosa conversazione che aveva già attirato gli sguardi di alcuni studenti attorno a loro.

Osservando quello che riusciva a intravedere del volto di Al e il suo atteggiamento, Richard si scoprì preoccupato per l’amico: erano passate due settimane dall’ultima volta che lui e Albus si erano trovati a faccia a faccia, durante quel colloquio tra Al e James che era degenerato velocemente.

Richard si era lasciato convincere da James ad accompagnarlo, nel caso si fossero presentati dei momenti di tensione tra i due fratelli, ma quando la conversazione aveva assunto toni più accesi, Richard si era scoperto incapace di prendere una posizione o semplicemente di intervenire.

Quando aveva riflettuto con calma sugli eventi, nella tranquillità del suo dormitorio, il ragazzo aveva dovuto ammettere con se stesso che in quel momento si era bloccato perché si era scoperto d’accordo con Albus: perché James continuava a rincorrere un fantasma precludendosi la possibilità di un rapporto affettuoso o almeno amichevole con Blaise Zabini?

Perché incaponirsi sulla ricerca della verità, quando ormai sembrava evidente che questa non avrebbe portato nulla di buono e avrebbe finito per ferire James più di quanto non avessero fatto anni di abbandono?

Eppure il suo comportamento in quel momento si era rivelato sbagliato anche nei confronti di Albus perché, agli occhi del Serpeverde, il suo silenzio era apparso come una presa di posizione in favore di James.

Con il suo atteggiamento, Richard aveva rinnegato anni di amicizia, o almeno questo doveva aver pensato Albus, visto il suo comportamento nelle ultime due settimane: da quella sera, Albus aveva iniziato a evitarlo, negandogli gli saluto, cambiando strada ogni volta che poteva o, se questo si rivelava impossibile, ignorandolo completamente, anche se si trovavano a pochi centimetri di distanza.

Il cambiamento repentino nei suoi confronti lo aveva spiazzato e confuso ma Richard era riuscito a giustificarlo con un orgoglio ferito, ma ciò che lo preoccupava era l’atteggiamento che Albus aveva assunto anche nei confronti di Michelle Malfoy.

Nelle ultime settimane Al aveva iniziato a staccarsi dalla ragazza, con cui aveva avuto un rapporto simbiotico fin dal loro arrivo ad Hogwarts e quasi certamente anche durante la loro infanzia, preferendo la compagnia di un nuovo gruppo di amici.

Erano proprio quelle amicizie a preoccupare maggiormente Richard; il Grifondoro avrebbe anche accettato di essere messo da parte per nuovi amici degni di Albus, ma il ragazzo aveva scelto i peggiori elementi della Casa di Serpeverde.

Ogni Casa a Hogwarts aveva i suoi soggetti difficili ma in molti casi si trattava di studenti scansafatiche o fanfaroni capaci di superare gli esami di fine anno soltanto grazie all’aiuto di studenti più dotati.

I Serpeverde, erano un caso a parte: le feste dei Verde- Argento erano rinomate per la dissolutezza e per l’alcool che era consumato senza alcun controllo e fin dal secondo anno c’erano sempre degli studenti che concentravano i loro sforzi nelle Pozioni Stupefacenti, la versione magica delle droghe babbane.

Il libro che conteneva le istruzioni per la preparazione di quegli Incantesimi era passato di generazione in generazione e gelosamente custodito dagli studenti consapevoli che se le loro attività fossero state scoperte in molti avrebbero rischiato l’espulsione.

Nelle ultime due settimane, Richard aveva visto Al insieme a quei ragazzi quasi ogni giorno e, ogni volta, qualcosa nel comportamento del ragazzo lo aveva messo in allarme.

C’era qualcosa di diverso nell’amico, qualcosa che lo preoccupava e che, se le circostanze fossero state diverse, lo avrebbero portato a intervenire prima possibile per mettere un freno a quella follia ma Richard era consapevole che se avesse avvicinato Albus per cercare di farlo ragionare, probabilmente l’amico non l’avrebbe neanche lasciato parlare.

Anche lui aveva provato una di quelle Pozioni? Quante volte?

Perché Albus aveva deciso di fare un’esperienza simile? Non si rendeva conto che con quest’atteggiamento sconsiderato rischiava di mettere in pericolo la propria carriera scolastica e il suo futuro?

Richard seguì con lo sguardo la figura di Albus finché questi non divenne un puntino e, soltanto quando lo perse di vista, si lasciò andare a un sospiro frustrato.

Che cosa doveva fare? Parlare con James non sarebbe servito a molto, visto il disinteresse del ragazzo verso il fratello.

Avrebbe potuto parlare con la ragazza Malfoy, ma non nutriva grandi speranze neanche verso di lei, visto com’era stata velocemente messa da parte da Albus per quelle che all’apparenza sembravano delle amicizie più interessanti.

Probabilmente la ragazza era preoccupata quanto e più di lui e scaricarle addosso la sua ansia avrebbe soltanto peggiorato le cose.

L’unica possibilità era parlare direttamente con Albus.

Avrebbe dovuto faticare molto per farsi ascoltare, ma doveva tentare.

Il Grifondoro si passò una mano tra i capelli folti in preda alla frustrazione, prima di strofinarsi il viso con una mano, cercando di rimettere ordine nei suoi pensieri confusi.

Non poteva abbandonare Albus in balia di se stesso. Doveva dimostrargli che c’era un’alternativa, che insieme sarebbero riusciti a trovare una soluzione al problema che lo aveva portato ad avvicinarsi a quel gruppo di debosciati.

Doveva intervenire prima che fosse troppo tardi e soprattutto prima che la situazione degenerasse perché, Richard ne era perfettamente consapevole, una  volta ritornato in sé, Albus non si sarebbe mai perdonato se qualcosa avesse compromesso il futuro che aveva sempre immaginato per se stesso.

Era disposto a fare qualsiasi cosa per aiutarlo: lo doveva alla loro amicizia e ai sentimenti che provava per Albus.

 

 

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Sadie lanciò un’occhiata all’agenda nera abbandonata poco distante da sé su un tavolino della caffetteria in ospedale e, come molte altre volte da quando aveva terminato la lettura del diario, una sensazione di disgusto la assalì.

Quando due settimane prima lo zio Draco aveva consegnato il diario nelle mani di Prudence, la ragazza si era scoperta restia a immergersi nei segreti della madre, spaventata da quello che era scritto fra quelle pagine e in particolar modo dalla possibilità che quei ricordi del passato potessero alterare drasticamente la visione che aveva dei suoi genitori.

Pertanto Prue aveva chiesto a Sadie di leggerlo in sua vece, di fare una prima analisi del contenuto del diario in modo da essere preparata quando anche lei avrebbe finalmente deciso di immergersi nel passato della madre.

Inizialmente Sadie si era dimostrata restia a quell’incarico, adducendo come motivazione al suo rifiuto l’affetto che provava verso gli zii e la paura di non essere un giudice imparziale: era consapevole che tra quelle pagine era conservato non solo il passato dei genitori di Prudence, ma marginalmente anche dei propri genitori e l’idea di intromettersi nelle loro questioni private le faceva storcere il naso.

Alla fine, però, aveva ceduto alla pressione di Prue e fin dalla prima lettura del diario si era pentita di averlo fatto.

Fin dalle prime pagine aveva scoperto il nome del padre di Prudence, un uomo totalmente disinteressato alla figlia che preferiva trascorrere la maggior parte del tempo tra i tavoli da gioco.

Aveva percepito chiaramente il dolore della zia Hermione per quella situazione e come la donna si sentisse intrappolata in un matrimonio infelice, ma da cui non vedeva alcuna via d’uscita.

Lo zio Draco era comparso improvvisamente e aveva salvato entrambe da un’esistenza triste ma Sadie non aveva la minima idea di cosa l’uomo avesse detto o fatto per convincere la donna ad andare via con lui, poiché non c’era il minimo accenno all’argomento in nessuna delle pagine.

Ciò che l’aveva colpita era stato scoprire il timore di sua zia verso i Serpeverde, la paura verso il sentimento che iniziava a provare per lo zio Draco e l’incredulità che la donna provava a ogni gesto d’affetto o attenzione ricevuta dallo zio Draco.

Dalle pagine del diario era evidente il sentimento tra i due eppure Sadie non riusciva a capire perché all’inizio della loro relazione, Hermione fosse così restia a fidarsi o a lasciarsi andare con Draco: l’amore che c’era tra loro era evidente, possibile che la donna non se ne rendesse conto all’epoca? Anni di solitudine e di disinteresse da parte del proprio compagno l’avevano portata a credere di non essere degna d’amore?

Se quelle pagine l’avevano lasciata profondamente confusa, niente l’aveva sconvolta e disgustata come le pagine in cui la zia Hermione parlava del rapimento e della violenza.

Più volte, Sadie aveva pensato di riconsegnare il diario a Prudence e ammettere la propria sconfitta ma consapevole dell’impatto che quelle pagine avrebbero avuto sull’amica incinta, aveva continuato la lettura, baloccandosi brevemente con l’idea di eliminare quelle pagine dall’agenda.

Aveva però accantonato velocemente l’idea perché consapevole che lo zio Draco probabilmente conosceva a memoria il contenuto di quelle pagine e si sarebbe accorto subito della manomissione.

Il diario terminava con la proposta e i preparativi del matrimonio e ogni volta che Sadie riguardava quelle pagine, si scopriva felice per gli zii.

Ora capiva perché Draco aveva dato quel diario a Prudence e soprattutto vedeva i suoi zii sotto una luce diversa: li aveva sempre considerati una coppia noiosa e zuccherosa ma ora li vedeva per ciò che erano realmente.

Draco e Hermione Malfoy erano dei guerrieri usciti più forti e vittoriosi dalle battaglie più difficili della loro vita capaci di trarre il meglio da quella terribile esperienza.

Sadie aveva letto più volte il diario, provando ogni volta le stesse emozioni, trovandosi a ogni lettura indecisa sul da farsi: avrebbe dovuto lasciare che Prudence leggesse il diario nella sua interezza oppure doveva vietarle la lettura di alcune pagine?

Alcuni argomenti erano decisamente scioccanti ma Sadie era certa che soltanto con una visione d’insieme della storia tra i suoi genitori, Prudence avrebbe trovato alcune delle risposte che cercava da tanto tempo.

-Posso?-

Il suono di una voce inaspettata le fece rialzare lo sguardo dall’agenda nera e un sorriso istantaneo distese i muscoli facciali della ragazza quando vide Scott fermo in piedi davanti a sé.

Sadie annuì e lo osservò sedersi accanto a lei.

-Va tutto bene? Avevi un’aria così pensierosa che per un attimo sono stato indeciso se avvicinarmi o no - le confessò posando un piatto dinanzi a sé.

Sadie abbassò lo sguardo per un istante sull’agenda nera, prima di scuotere la testa.

-No, mi fa bene un po’ di compagnia-

-C’è qualcosa che non va?- le chiese ancora Scott leggermente preoccupato.

-Mi trovo in una posizione difficile in questi giorni-ammise Sadie, tornando a fissare il volto dell’uomo.

-Posso fare qualcosa per aiutarti?-le domandò dopo aver ingoiato un boccone del proprio sandwich.

La ragazza alzò le spalle.

-Non lo so… Devo prendere una decisione, ma non so cosa fare-confessò.

Un’espressione incredula apparve sul volto di Scott.

-Questo non è da te! Tra poco vedremo l’esplosione del Sole e l’arrivo dei Cavalieri dell’Apocalisse - commentò ironico.

Sadie aggrottò la fronte.

-Sai, vero, che non ho la minima idea di cosa tu stia parlando? Anche se sospetto non sia una cosa positiva, visto che comporta l’esplosione del Sole - ribatté lei.

L’uomo scosse la testa divertito.

-Lascia stare… Comunque immagino che sia colpa di quell’agenda.

Continui a lanciare occhiate malevole a quel libro-aggiunse prima di dare un morso al panino.

-Si nota tanto?-domandò lei sorpresa.

Scott annuì.

-Ormai ti conosco-si limitò a commentare.

In un altro momento Sadie avrebbe risposto al suo commento con una battuta ironica, iniziando una delle schermaglie che ormai erano parte integrante del loro rapporto, ma questa volta si limitò a sospirare frustrata.

-Non so davvero cosa fare-disse nuovamente. –Prudence mi ha chiesto un favore, ma accontentarla si sta rivelando più difficile di quanto mi aspettassi-.

-Puoi sempre tirarti indietro- propose l’uomo.

Sadie scosse la testa, un’espressione sbalordita sul volto.

-Non potrei mai farlo!-

Scott sorrise.

- Tu e la Dr. Malfoy siete molto unite- commentò.

Sadie annuì.

Chiunque le incontrasse anche solo per qualche istante, si rendeva conto del legame che c’era tra loro: si erano conosciute bambine e fin da subito avevano trovato un’anima gemella nell’altra, erano cresciute insieme ed erano state presente in ogni momento importante della vita dell’altra.

-E’ mia sorella-rispose la ragazza, certa che quelle tre parole avrebbero spiegato perfettamente il legame tra lei e Prudence.

Scott la osservò per qualche istante prima di annuire lentamente.

-Allora, cosa c’è in quell’agenda?-le domandò sporgendosi leggermente in avanti sul tavolino.

Sadie restò in silenzio qualche istante, incerta su cosa e quanto rivelare riguardo all’argomento, consapevole allo stesso tempo che senza un parere esterno si sarebbe tormentata a lungo per via dell’indecisione.

-E’ un diario. Della madre di Prudence- iniziò.

-Non è violazione della privacy?-domandò Scott corrugando la fronte.

-In parte-rispose Sadie, dando ragione all’uomo. –C’è scritto tutto quello che è successo durante il primo anno di matrimonio dei suoi genitori.

Le è stato dato da suo padre due settimane fa- spiegò velocemente la ragazza.

-Immagino che te lo abbia dato dopo averlo letto per avere il tuo parere-disse Scott.

Sadie scosse la testa.

-Errore. Lei non l’ha ancora letto; mi ha chiesto di assicurarmi che non ci fosse niente di scabroso in modo da essere pronta quando sarà il suo turno…-.

-A giudicare dalla tua faccia, deve esserci più di un argomento difficile.

Specialmente per una donna incinta-aggiunse lui l’attimo dopo.

Per alcuni istanti, Sadie restò in silenzio lo sguardo attirato ancora una volta dall’agenda nera.

-Prue è una ragazza forte, ma è terribilmente romantica… Lo è sempre stata.

Io sono sempre stata la parte razionale delle due, quella refrattaria ai sentimenti e credimi, alcune delle cose scritte lì dentro ha sconvolto anche me.

Non riesco neanche a immaginare l’effetto che avrà su di lei quello che c’è scritto qui dentro-disse prendendo il diario tra le mani.

Scott accennò un sorriso prima di posare una mano su quella di Sadie che ancora teneva stretto il diario, portando la ragazza a incontrare il suo sguardo.

L’inaspettato contatto con la mano di Scott provocò una reazione altrettanto inattesa: al minimo tocco delle dita dell’uomo, Sadie sentì divampare un fuoco dentro di sé che sfortunatamente trovò sfogo sul suo volto, facendola arrossire come un’adolescente.

-E’ bello che tu ti preoccupi per la Dr. Malfoy, ma non credo che tu possa proteggerla questa volta.

Hai detto che è stato suo padre a darle quel diario, quindi la decisione è già stata presa: lui la conosce meglio di chiunque altro ed era certo che lei sarebbe stata capace di reggere il colpo-le disse.

-Ok, ma non credi sia meglio una mezza verità che non causerà troppi danni rispetto alla completa verità che distruggerà tutto ciò che hai considerato reale fino a questo momento?-gli domandò lei, cercando di essere razionale.

Scott accennò un sorriso lieve a quelle parole.

-Tu preferiresti un dolore lieve e prolungato o uno breve che ti lascia senza fiato?- le chiese con altrettanta razionalità. -Scoprire tutta la verità la farà soffrire, certo, ma almeno le permetterà di vedere le cose sotto la giusta prospettiva- ribatté Scott.

Sadie sospirò. Purtroppo Scott aveva  ragione: non avrebbe potuto proteggere Prue da quello che era scritto nel diario.

-Odio avere torto…-commentò Sadie cercando di alleggerire la tensione.

Scott ridacchiò e alzò le spalle.

-Capita anche ai migliori di avere torto ogni tanto.

Vedrai che andrà tutto bene-le disse in tono rassicurante.

-Come fai a esserne così sicuro?-chiese lei lasciando trasparire per un breve istante la propria insicurezza.

Scott la fissò, sul volto lo stesso sorriso rassicurante che aveva incurvato le sue labbra pochi attimi prima.

-Per quanto possa essere terribile il contenuto di quel diario, la Dr. Malfoy può contare sul sostegno di molte persone: i suoi genitori, il suo compagno e soprattutto te.

Sono sicuro che tu farai tutto il possibile per aiutarla in questo particolare momento della sua vita-aggiunse.

Sadie restò in silenzio, consapevole che sarebbe stato sciocco confermare le supposizioni di Scott sull’argomento.

Era stata al fianco dell’amica fin da quando Prudence aveva scoperto la verità sulla sua famiglia, confortandola e ascoltandola, cercando insieme con lei di trovare una possibile spiegazione a quella scioccante novità.

Non avrebbe mai potuto abbandonarla proprio ora che erano ad un passo dalla verità.

-Devo tornare al lavoro, i miei pazienti mi aspettano - disse Scott, allontanando la mano che fino a quel momento era rimasta ferma su quella di Sadie.

Sadie riportò lo sguardo sull’uomo ancora seduto di fronte a se, malgrado il suo annuncio.

-Grazie del consiglio-disse sincera.

Scott le sorrise lievemente.

-E’ stata una decisione puramente egoistica: ora mi devi un favore-le confessò ironico.

Sul volto di Sadie si dipinse un’espressione di finto sbalordimento.

-Mi ferisci! Credevo volessi aiutare una donzella in difficoltà-commentò.

Questa volta, Scott si lasciò andare a una risata divertita.

-Credimi, l’immagine della principessa in difficoltà non ti si addice: saresti capace di fare una scala di corda pur di calarti giù dalla torre-

Sadie rise a sua volta, riuscendo a immaginare perfettamente se stessa impegnata nella fuga da una torre isolata.

-Ok ora che hai ferito il mio orgoglio puoi anche andartene!-lo scacciò divertita lei. –Attenderò pazientemente che tu mi chieda di restituirti il favore-.

Scott si alzò in piedi e la fissò qualche istante prima di accennare un sorriso.

-Magari puoi sdebitarti venendo a cena con me-disse infine.

Sadie restò in silenzio, poco sicura della sincerità dell’invito: era un passo avanti nei loro battibecchi ironici oppure le aveva chiesto davvero di uscire insieme una seconda volta?

Forse Scott voleva semplicemente risollevarle il morale dopo la conversazione seria appena conclusa ma Sadie doveva ammettere che non le dispiaceva l’idea di un nuovo appuntamento con il dottore.

La serata al pub era stata piacevole ed era terminata troppo presto per i gusti di Sadie, quindi cosa c’era di male in un nuovo appuntamento?

In ogni caso era meglio cogliere al volo quell’occasione prima che Scott interpretasse in modo sbagliato il suo silenzio e ritirasse l’invito.

-Avrei preferito che tu mi chiedessi di partecipare a un intervento spettacolare, ma sono disposta ad accettare anche un invito a cena-rispose alla fine, cercando mascherare con l’ironia il proprio tumulto interiore.

Il sorriso imbarazzato sul volto di Scott si tramutò velocemente in un sorriso radioso che illuminò il suo viso e i suoi occhi.

Osservando i suoi occhi grigi illuminati da una scintilla di felicità, Sadie arrossì nuovamente pensando brevemente che avrebbe fatto qualsiasi cosa per farlo sorridere in quel modo ogni giorno.

Fu soltanto quando Scott si fu allontanato e la sua mente razionale ebbe preso di nuovo il sopravvento che si rese conto dei suoi ultimi pensieri.

In tutta la sua vita, Sadie non aveva mai provato un’attrazione così forte per nessuno dei suoi ex partner e l’idea che i suoi sentimenti fossero così profondi anche nella fase iniziale della loro conoscenza, la spaventò e la pose nuovamente di fronte al dubbio che la tormentava fin dal momento in cui aveva preso coscienza dei suoi sentimenti per Scott: quanto di se stessa era disposta a cambiare per l’uomo che credeva di amare?

 

 

__________________________________

 

 

 

Se avesse dovuto individuare il momento esatto in cui tutto era cambiato, Albus non ne sarebbe stato capace.

L’incontro- scontro avuto due settimane prima con James era stato sicuramente il punto di non ritorno, ma il ragazzo era consapevole che avvisaglie del suo disagio erano già presenti dentro di lui, dormienti e in attesa del momento giusto per esplodere e mettere sottosopra il suo mondo.

Per la prima volta in sedici anni ogni aspetto della sua vita era fuori controllo e, se da un lato la cosa lo spaventava dall’altra, lo riempiva di un’euforia che non avrebbe saputo spiegare né a se stesso né ad altri.

Era cominciato tutto lentamente, in sordina, in modo che non potesse rendersi pienamente conto di quello che stava succedendo. Aveva iniziato a mettere da parte i propri impegni scolastici, lasciando accumulare i compiti per la prima volta dal suo arrivo a Hogwarts all'età di undici anni, arrivando più volte impreparato alle lezioni e provando l’esperienza di essere ripreso dai propri insegnanti per lo scarso impegno nello studio, finché nelle ultime due settimane si era completamente disinteressato delle conseguenze che il suo comportamento avrebbe avuto sul suo futuro.

Dopo il disinteresse per lo studio, erano arrivate nuove inaspettate amicizie.

Un ristretto gruppo di Serpeverde che, come lui, non brillavano particolarmente nello studio e soprattutto si dilettavano nella produzione e nel consumo di sostanze proibite.

Vivendo per nove mesi a stretto contatto con i suoi compagni Serpeverde, Albus conosceva i pettegolezzi che circolavano su quel gruppo di studenti, ma per una volta aveva scelto di ignorare quelle voci e di avvicinarsi a quei ragazzi, non perché avesse bisogno della loro amicizia, ma perché desideroso di condividere le esperienze al limite portate avanti da quel piccolo gruppo.

Albus voleva dimenticare tutte le responsabilità che sentiva gravare sulle proprie spalle, il desiderio di dimostrare il proprio valore nonostante il suo cognome ingombrante e, in minima parte, i sentimenti che provava nei confronti di Richard.

Sentimenti che con il passare delle settimane erano diventati un cappio attorno al collo che lentamente lo privava del respiro, ogni volta che incontrava Richard in compagnia del fratello o peggio ancora, insieme con una delle tante ragazze Grifondoro pronte a ridere come tante oche alla minima battuta del ragazzo.

Nonostante si fosse avvicinato a quei ragazzi, nei primi giorni della loro frequentazione Albus si era imposto di limitarsi al consumo di alcolici e di stare lontano dalle Pozioni Stupefacenti.

Tutto era cambiato dopo il confronto con James.

Dopo essere tornato nella Casa dei Serpeverde, Albus aveva cercato i suoi amici e per la prima volta aveva acconsentito a provare una Pozione e, fin dal primo sorso, la sua mente si era svuotata di ogni pensiero positivo o negativo, lasciandogli solo una sensazione di pace.

Era stato per quella sensazione, una delle più belle della sua vita, che aveva iniziato a frequentare quella compagnia più assiduamente e ad assumere la Pozione Stupefacente almeno una volta al giorno: per alcune ore, dopo averla bevuta, Albus si sentiva leggero, libero come poche volte prima d’ora e totalmente indifferente delle ripercussioni che quel comportamento avrebbe avuto sulla sua vita.

Nei suoi momenti di lucidità, Albus era consapevole di aver intrapreso una strada sbagliata, che sicuramente gli si sarebbe ritorta contro, ma trovava prontamente una giustificazione al proprio comportamento ripensando al caos che si sarebbe scatenato di lì a poco grazie a James e alla sua ricerca ostinata di un padre che non li aveva mai voluti.

Presto, Albus ne era certo, avrebbe dovuto affrontare una battaglia contro suo fratello per proteggere la propria famiglia, quindi si meritava quei momenti di serenità, anche se questi provenivano da una sostanza illegale.

Le sue scelte avevano purtroppo già mietuto le prime vittime: fin da quando si era reso conto dei suoi problemi, Albus si era allontanato volontariamente da Michelle, in modo che la sua crisi non avesse delle ripercussioni anche sulla ragazza, arrivando a ignorarla del tutto quando aveva stretto amicizia con il gruppo meno raccomandabile di Serpeverde.

Inizialmente Michelle aveva tentato di farlo ragionare, di riportarlo sulla retta via, ma questo aveva avuto come unico risultato un’enorme lite tra i due che aveva aumentato il divario tra loro e aveva convinto la ragazza a lasciarlo in pace.

Albus si era subito pentito delle parole usate durante quella lite e sapeva che in futuro sarebbe stato difficile recuperare il loro rapporto, ma non aveva potuto fare altrimenti: in quel preciso momento, aveva bisogno di essere lasciato in pace e, malgrado Michelle avesse le migliori intenzioni e fosse l’unica in grado di capirlo e di farlo ragionare in ogni situazione e con ogni problema, questa volta non avrebbe potuto aiutarlo perché non aveva la minima idea di cosa stava provando o cosa gli passava per la testa e Albus non aveva né tempo ne voglia di spiegarle ciò che stava provando.

Inoltre Albus era certo che se ne avesse parlato con l’amica, questa l’avrebbe tormentato finché non avesse parlato con sua madre del piano di James, accelerando la distruzione della loro famiglia.

Tutto stava crollando intorno a lui. Tutto quello che aveva sognato e per cui aveva lottato, non aveva più senso perché presto sarebbe stato spazzato via dalla forza distruttiva del “segreto” di James.

Ora come ora non voleva rendere conto a nessuno oltre che a se stesso, perché neanche una persona tra quelle che affollava i corridoi di Hogwarts avrebbe potuto capire il vuoto che si portava dentro e lo stava divorando lentamente.

 Che senso aveva continuare a sperare e fare progetti quando in quel momento non vedeva nulla dinanzi a se oltre al buio?

Tanto meglio godersi la propria adolescenza e tutto ciò che questa aveva da offrire per tenere lontano il buio.

 

 

__________________________________

 

Gli aveva teso un agguato.

Si era appostato vicino all’entrata della Casa dei Serpeverde alle prime luci dell’alba, in modo da intercettare Albus prima che il ragazzo si avviasse in Sala Grande per la colazione e aveva atteso pazientemente che il ritratto si aprisse sulla figura dell’amico.

Era disposto ad aspettare ore pur di avere un’occasione per parlare a quattrocchi con Albus.

Essendo completamente all’oscuro delle nuove abitudini dell’amico, Richard fu quindi colto di sorpresa quando lo vide uscire dalla propria Casa neanche trenta minuti dopo essersi appostato nel corridoio che conduceva alla Casa dei Serpeverde.

Albus indossava degli short neri, una t-shirt grigia e delle scarpe da ginnastica che avevano visto tempi migliori e, dal suo abbigliamento Richard capì che il Serpeverde era pronto per una sessione di ginnastica mattutina prima dell’inizio delle lezioni.

-Albus!-lo chiamò attirando l’attenzione del ragazzo.

Albus si voltò e i suoi occhi si spalancarono momentaneamente per la sorpresa di trovar lì il Grifondoro, prima che l’altro riassumesse il controllo delle proprie emozioni e atteggiasse il volto a una maschera indifferente.

In quel breve istante, Richard poté notare i cambiamenti avvenuti in quelle due settimane: Albus aveva perso peso e, se da un lato questo aveva accentuato i muscoli delle braccia delle gambe e del torace, dall’altro aveva evidenziato sotto la pelle tirata del viso, gli zigomi e le orbite del ragazzo, dandogli un’aria stanca e malaticcia nonostante il colorito roseo.

-Che ci fai qui? Ti sei perso?-gli domandò Albus, una nota dura nella voce.

Richard mosse un passo verso il ragazzo e scosse la testa.

-No, affatto. Ti stavo aspettando.

Hai due minuti per me?-chiese a sua volta Richard.

Albus scosse la testa.

-Mi dispiace. Ho quarantacinque minuti per allenarmi prima che il dormitorio si svegli…Non ho voglia di fare la doccia per ultimo per colpa tua-rispose l’altro.

-Allora posso venire con te?-tentò ancora il Grifondoro.

Il moro lo fissò per un lungo istante in silenzio, prima di scuotere lentamente la testa.

-Non ne vedo il motivo-rispose con la stessa voce dura usata poco prima.

Richard sospirò frustrato, facendo un altro passo verso Albus.

-Non ne vedi il motivo? Vorrei passare qualche minuto con te, tutto qui- ribatté, sperando con tutto se stesso di non aver lasciato trasparire il dolore provocato dalle parole di Albus.

-Finora sei stato benissimo senza di me, quindi non capisco questo bisogno improvviso di starmi accanto.

Che c’è la tua amichetta della settimana ti ha dato buca? Oppure James non ha bisogno di te in questo preciso istante?-domandò a sua volta Albus in tono aspro.

- E’ vero, in queste settimane sono stato un amico di merda, ma avevo bisogno di prendermi un po’ di tempo per riflettere, per capire alcune cose…-iniziò Richard.

-Immagino. Deve essere davvero difficile per te scegliere tra le tue mille conquiste-commentò acido Albus.

Richard aggrottò la fronte e scosse la testa.

-No! Non si tratta di questo…- ribatté, scuotendo nuovamente la testa per liberarsi dalla confusione che aveva in mente. –Non sono venuto qua per parlare di questo!-.

-Per quanto mi riguarda potevi anche risparmiarti l’alzataccia e il viaggio, ormai non abbiamo più nulla da dirci-replicò Albus.

Il Serpeverde fece per voltargli le spalle e avviarsi lungo il corridoio ma Richard fu più veloce, afferrandogli un braccio per evitare che l’altro si allontanasse.

-Ah davvero? Credi davvero che non sappia cosa ti sta succedendo?

Che cosa stai combinando?-gli domandò lasciando trasparire dalla voce la rabbia per il comportamento insensato di Albus.

-Lasciami!- gli intimò Al tra i denti.

Per nulla spaventato dalla differenza d’altezza, Richard gli si fece sotto, quasi volesse sfidarlo a dare un seguito alla minaccia velata contenuta in quell’unica parola.

-Ti sei visto allo specchio di recente? Sembri uno dei fantasmi che infestano il Castello! Hai degli occhi allucinati, le guance scavate, credi che basti passare quaranta minuti al sole ogni giorno per far sparire gli effetti delle Pozioni?-chiese ancora senza allentare la presa attorno al braccio di Albus.

-Non so di cosa stai parlando-ribatté Al con altrettanto livore.

-Allora vogliamo parlare dei tuoi voti? Del fatto che non riesci più a consegnare un saggio in tempo?Giusto, dimenticavo che deve essere difficile studiare con la testa annebbiata dalle droghe- lo incalzò il Grifondoro.

Questa volta, Albus si liberò dalla stretta di Richard con uno strattone e allontanò il Grifondoro con uno spintone in pieno petto.

Quando Richard ebbe ritrovato il proprio equilibrio ed ebbe riportato lo sguardo su Albus, si trovò di fronte due occhi carichi d’odio.

-Quanta premura! Dovrei forse commuovermi che dopo settimane d’indifferenza hai deciso di concedermi la tua attenzione?-gli domandò con voce carica di risentimento.

-Stai facendo una cazzata dopo l’altra Al ed è venuto il momento che qualcuno ti apra gli occhi.

Questo è quello che fanno gli amici Al!- ribatté Richard.

-Beh, io non so che farmene della tua amicizia! Non ho bisogno di te né di nessun altro! Ho tutto sotto controllo…- replicò Albus ostinato.

Richard scosse la testa e fece due passi verso l’amico.

-Tutto il contrario, stai andando alla deriva e se continui a isolarti o a circondarti di persone inutili come quei quattro falliti con cui vai in giro te ne renderai conto quando sarà troppo tardi- disse con un velo di tristezza nella voce. –Non ti permetterò di mandarmi via-aggiunse con tono risoluto, fissando il volto del moro.

Un sorriso triste apparve per un breve istante sul volto di Albus.

-Non sono stato io a mandarti via… Sei stato tu ad andartene di tua spontanea volontà.

Quindi ora non venirmi a parlare di amicizia, perché tu sei stato il primo a mandare a puttane tutto preferendo James a me-disse, la voce di nuovo carica di astio.

Richard aggrottò la fronte.

-Io non ho scelto proprio nessuno! E’ questo che pensi?

Gli sto dando una mano nella sua ricerca, tutto qui- spiegò.

-Esatto! La sua stupida e insulsa ricerca che distruggerà la mia famiglia.

Spero tu sia orgoglioso di te stesso una volta raggiunto il vostro obiettivo-.

-Questo non cambia quello che c’è tra me e te- replicò Richard.

Un ghigno sarcastico apparve sulle labbra di Albus, prima che il Serpeverde diminuisse drasticamente la distanza tra loro, fermandosi a pochi centimetri da Richard.

-Quello che c’è tra me e te? Spiegamelo Rich. Dimmi cosa c’è tra noi-gli disse in tono di sfida.

Richard fissò per un lungo istante gli occhi verdi di Albus in silenzio, consapevole di quello che avrebbe dovuto e voluto dire, certo come poche volte in vita sua della profondità dei propri sentimenti e del legame che lo univa ad Albus.

Sarebbe bastato poco per confessare cosa provava veramente per Albus, di come fosse cambiato con il tempo il loro rapporto d’amicizia e come sempre più spesso si fosse ritrovato a sperare che il legame tra loro fosse di tutt’altra natura.

Purtroppo quello non era il momento adatto per una dichiarazione simile.

-Lo farò, ma non adesso.

Ora lo useresti soltanto per ferirmi e per distorcere le mie parole o il loro significato- gli disse continuando a ricambiare lo sguardo di Albus. –Chiedimelo di nuovo una volta ritornato lucido e sarò felice di risponderti-aggiunse.

Capì chiaramente dall’espressione sul volto di Albus che quelle parole lo avevano colpito e indispettito allo stesso tempo, ponendo fine alla tregua che il Serpeverde aveva instaurato tra loro.

L’attimo dopo Albus si allontanò e gli lanciò uno sguardo infastidito.

-Come volevasi dimostrare… Ho perso fin troppo tempo con te-commentò.

Senza aggiungere altro, Albus gli voltò le spalle e fece un passo con l’intenzione di mettere quanta più distanza possibile tra lui e Richard.

-Io non mi arrendo Al!- gli gridò dietro Richard. –Mi hai sentito? A costo di diventare la tua ombra, non ti perderò di vista neanche un attimo finché non ritornerai in te-.

Albus lo ignorò, continuando a camminare lungo il corridoio, seguito costantemente dallo sguardo attento del Grifondoro.

Richard non aveva idea di quanto tempo avrebbe speso o quello che avrebbe dovuto sacrificare per non perdere mai di vista Albus, ma era certo che alla fine sarebbe riuscito ad allontanare quel fantasma che si era impossessato di Al e a riavere indietro l’amico di sempre.

 

 Salve a tutti!!!

Questa volta un vero capitolo.. HURRAY!!! Spero di aver risposto ad alcune delle vostre domande, soprattutto per quanto riguarda il comportamento di Albus.

Inoltre in barba alla sua ansia, Blaise è riuscito a fare la proposta di matrimonio a Ginny, ma come reagiranno i ragazzi Potter alla notizia delle nozze? Riuscirà la famiglia a trovare un pò di pace o questo annuncio non farà altro che gettare benzina su un fuoco già vivo? Si accettano scommesse.

Abbiamo fatto un passo avanti anche nella storia di Prudence, anche se la ragazza non è comparsa in questo capitolo, ma vi dico fin da ora che ci sarà un capitolo incentrato quasi esclusivamente su Prue e Draco, quindi mi farò perdonare per l'assenza prolungata della ragazza.

Nel prossimo capitolo saremo a Hogsmeade, quindi come sa chi ha già letto alcune delle mie FF succederanno diverse cose importanti, quindi tenete gli occhi aperti.

Le frasi all' inizio di questo capitolo sono prese da "Believer" degli Imagine Dragons e da "Kids in America" di Kim Wilde; inoltre la volta precedente mi sono dimenticata di aggiungere l'angolo dell'autrice, SORRY ero di corsa xD: il titolo del 2 Outtake è tratto da "The sound of silence" di Simon & Garfunkel, mentre le citazioni sono tratte rispettivamente da "Don't speak" dei NoDoubt e "In" tratto da " Carrie- The Musical" ma nella versione cantata dal cast di Riverdale.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo(siete il motore che manda avanti l'autrice e le sue storie ^_^ ) e, come al solito, mi scuso per eventuali errori di ortografia e/o battitura.

Ed ora i ringraziamenti: 24Nuvola(Benvenuta! Grazie per aver letto anche le altre FF e soprattutto grazie per i complimenti ^_^ Spero con questo capitolo di aver risposto ad alcune delle tue domande riguardo ad Albus: hai ragione, al momento è completamente perso e felice di crogiolarsi nella propria miseria ma presto si darà una scossa),Alyssa Malfoy(SE quella è stata la tua reazione al litigio tra Al e Michelle, vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro :D Sorry, non voglio gioire della tua tristezza, ma ero convinta di non aver "calcato" troppo la mano mentre scrivevo la lite tra loro, quindi in parte sono contenta per la tua reazione... Non giudicare affrettatamente Albus, come vedi in questo capitolo abbiamo spiegato un pò la "pena" che si porta dentro e presto, con la giusta guida riuscirà a rimettersi in sesto),Fiorentinasara(Benvenuta! Presto affronteremo anche 'argomento Harry Potter tranquilla ;D), Germana(Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo la brevità dei capitoli precedenti ma erano l'unica soluzione possibile per non lasciare buchi nella storia e allo stesso tempo non pubblicare un capitolo lungo quanto una lista della spesa xD Non giudicare troppo duramente Albus perchè non si è ancora votato al lato oscuro ma è soltanto un adolescente ferito che per sentirsi meglio decide di ferire tutti quelli che gli stanno intorno...Chi non l' ha fatto a quell'età?).

Bene, per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo

"The kids aren't alright"

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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