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Autore: Mary P_Stark    28/01/2019    1 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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5.

 

 

 

 

Joshua sedeva stremato accanto alla possente quercia sacra del Vigrond e, a un passo da lui, anche Kate stava tentando di riprendersi dall’uso smodato del suo potere.

Dilavare le menti dei Cacciatori non era stato difficile come processo in sé – Kate aveva spiegato a Joshua che era semplice trovare le tracce dei licantropi nelle loro menti umane.  Era come cercare un faro in una notte buia. Balzava subito all’occhio.

Quello che le aveva prosciugato le forze, era stato ripetere quel procedimento per ogni membro della banda di malfattori.

Aver potuto attingere ai poteri enormi di Fenrir, però, le aveva impedito di cedere, pur se questo aveva quasi ridotto allo svenimento la guida del branco di Londra.

In quel momento, infatti, Kate stava assorbendo le energie che tanto generosamente le stava offrendo la quercia, mentre Joshua era al suo sesto energy drink, condito da ottimi hamburger e snack al cioccolato.

Sarebbe stato impensabile spostarli dal Vigrond, in quel momento. Un solo movimento li avrebbe fatti collassare del tutto. Era necessario attendere che le loro condizioni si stabilizzassero, prima di condurli a Walford Manor.

“Come ti senti, Fenrir?” domandò Kate a un certo punto, reclinando il capo di riccioli ramati per scrutarlo con curiosità.

“Diciamo che comincio a risentire le gambe. Prima, credevo che me le avessero tagliate di netto” ironizzò lui, ingollando la sua settima lattina di red bull. “Tu come stai?”

La giovane wicca si passò una mano nella massa di riccioli che le ricadevano disordinatamente sulle spalle e, con un sospiro, ammise: “Non ho mai prelevato così tanta energia, da un licantropo e, onestamente, temevo di averti fatto del male. Perché non hai voluto farti dare il cambio da Hati e Sköll? Erano ancora in forze, quando sei intervenuto tu.”

“Diciamo che era mio dovere farlo, visto che il guaio l’ho causato io” si limitò a dire Joshua, lanciando uno sguardo verso l’alto, dove il primi lampi di luce del sole nascente stavano tingendo il cielo di giallo e rosso. L’alba era giunta.

Kate sorrise comprensiva, a quelle parole, e mormorò: “Mia madre e mio padre si sono presi la colpa per anni, per ciò che mi successe dicendomi che, se fossero stati più accorti, si sarebbero resi conto della stupidità delle mie compagne di classe. Ma come avrebbero potuto, mi dico?”

Joshua sapeva a grandi linee che Kate era stata vittima di bullismo, durante l’adolescenza, e che la sua ritrosia ai rapporti umani dipendeva da questo. Ma non era al corrente di tutta la verità.

Tirandosi le ginocchia al petto, Kate aggiunse: “Forse pensarono che, bruciandomi viva, avrebbero risolto i miei problemi, … chissà. Mi dissero che le persone coi i miei capelli non meritavano che di bruciare e, per anni, li ho odiati. I miei capelli, intendo.”

Joshua capiva bene quel problema. Essendo nato albino, il bullismo aveva fatto parte della sua vita fin dalla tenera età e, per anni, aveva chiesto ai genitori perché l’avessero fatto nascere così.

Solo con la Mutazione e l’età adulta era venuto a patti con la sua unicità fisica, perciò sapeva a cosa si stesse riferendo Kate. Per quanto i capelli rossi fossero molto meno rari degli albini, rimanevano comune un elemento fisico poco comune e, come sempre, questo scatenava la rabbia assurda di persone dalla mentalità chiusa e cieca.

“Alla fine, capii che era sciocco addossarmi colpe che non avevo, anche se è difficile passare sopra all'assoluta mancanza di pietà che può albergare nelle persone. Inoltre, anche il principe Harry ha i capelli rossi, eppure è amatissimo!” sorrise divertita Kate, ammiccando con i dolci occhi di giada.

“Io pensavo di tingermeli di verde… tanto per cambiare un poco” dichiarò a quel punto Joshua, sfiorandosi una ciocca con le mani.

“Sarebbe un’idea divertente. Dopotutto, hai una tavolozza unica su cui lavorare” annuì Kate, ammiccando complice.

Lui le sorrise e, allungando una mano per sfiorarle il viso con una carezza, mormorò: “Grazie, wicca, per i tuoi servigi e le tue parole.”

Kate sorrise appena, a quel tocco, ma non resistette molto e, con un cenno di scuse, si scostò. Joshua, però, non se la prese, comprendendo bene i motivi di quel disagio.

Quanto doveva essere difficile, per lei, lasciar avvicinare le persone che poco conosceva, foss’anche un lupo del calibro di un Fenrir?

Joshua ritirò quindi la mano per riporla in grembo e, con lo sguardo, osservò gli umani e i neutri che erano rimasti al Vigrond per non lasciarli soli nel bosco.

Era stato inutile dire loro che non sarebbe successo nulla.

Avevano semplicemente scelto un punto in cui sdraiarsi mentre Hati, Sköll e gli altri licantropo presenti si erano trasformati e posizionati accanto a loro per tenerli al caldo.

Quel cerchio di licantropi, al cui interno si trovavano degli umani, era davvero bizzarro ma, al tempo stesso, condensava bene l’immagine che avrebbe desiderato vedere per il suo branco.

Niente più divisioni, niente più creature di serie A e serie B. Erano tutti parimenti suoi figli, sia che mettessero su pelo o meno.

Il cinguettio di alcuni uccellini segnò definitivamente l’inizio della giornata e, a quel dolce suono bucolico, alcuni iniziarono a risvegliarsi.

Stiracchiandosi, uno dei neutri scrutò divertito la barriera lupesca che li aveva protetti dal freddo notturno e, alzandosi lentamente, si apprestò a scavalcarla, pur se a fatica.

A quel punto, avvicinandosi a grandi passi alla quercia, il neutro si inginocchiò accanto al suo Fenrir e a Kate e domandò: “Come state? Vi siete ripresi?”

“Credo che ora sarà possibile spostarci” ammise Joshua, allungando una mano verso il neutro, che la afferrò per aiutarlo ad alzarsi.

Sorreggendo il proprio Fenrir, il neutro quindi chiese: “Come sentite le gambe, Fenrir?”

“Un po’ indolenzite, ma reggono” annuì lui, provando a rimanere in piedi da solo.

Kate provò a sollevarsi da sola ma, nel farlo, provocò il risveglio immediato di Susan – o la lupa non aveva affatto dormito, pur di vegliarla? – che, trottando veloce verso di lei, mugugnò una protesta al suo indirizzo.

La giovane wicca allora rise, si aggrappò alla gorgiera della lupa e, grazie alle sole forze della licantropa, si eresse senza problemi.

“Okay… direi che non sverrò” mormorò dopo alcuni secondi Kate, sollevando il pollice verso l’alto.

Nel frattempo, anche il resto del gruppo si destava dopo quella notte di intense e contrastanti emozioni.

Portare fuori dalla foresta i Cacciatori era stata la parte più laboriosa e scomoda di tutte, poiché aveva richiesto un sacco di tempo e un via vai continuo dal Vigrond al luogo in cui si trovavano le auto degli umani.

Alla fine, comunque, avevano condotto in un luogo terzo ogni membro della banda – in modo tale che non potessero risalire al bosco del Luogo di Potere – e, a quel punto, tutti avevano deciso di riposarsi.

Proprio in quel momento, giungendo di corsa e perfettamente sbarbato – ma quando mai Colton non era perfettamente in ordine? – il giovane padrone della tenuta li salutò e disse: “Oh, bene! Vedo che siete tutti più in forze, stamani. Spero abbiate fame e vogliate ristorarvi un poco, perché ho preparato un banchetto alla villa degno di tale nome. Gretchen stava appunto preparando un cestino per portarvelo ma, se potete spostarvi, le dico di aspettare alla villa.”

“Preparato? Hai preparato tu il banchetto?” ironizzò Joshua.

Arrossendo, Colton replicò: “Beh, fatto preparare. Ammetto candidamente che, se doveste mangiare con quel che so io di cucina, dovreste accontentarvi di un uovo al tegamino e poco altro.”

Battendogli una mano sulla spalla, Joshua asserì per contro: “Io vivo di pizza e cibi pronti, lo sai. Non sono esattamente un mago dei fornelli.”

“Se lo sapesse Estelle, correrebbe qui per insegnarvi tutti i segreti della cucina” ironizzò a sua volta Kate, salendo in groppa a Susan. “Oserei dire che Bright è anche ingrassato, da quando stanno insieme. Il che la dice lunga, su quanto sia brava.”

Joshua sollevò divertito un sopracciglio, ben sapendo quanto il metabolismo dei lupi fosse accelerato e famelico di calorie.

“Beh, non so se ingrasserete o meno, stamattina, ma penso che non rimarrete delusi” si limitò a dire Colton, mentre inviava un messaggio al cellulare di Gretchen perché non partisse da Walford Manor con i viveri per Fenrir e Kate.

Ciò fatto, lanciò un’occhiata agli umani e ai neutri presenti al Vigrond e sorrise divertito.

“Direi che dovremo fare servizio taxi, stamattina.”

Fenrir assentì con un sorriso e, di comune accordo, Susan avrebbe riaccompagnato alla villa dei Waldorf Kate e Joshua, mentre il resto dei licantropi avrebbe offerto il proprio dorso al resto dei presenti.

Quando tutti furono pronti, perciò, quella stravagante processione ebbe inizio e, per Joshua, fu uno dei momenti più esilaranti della sua vita.

Avrebbe anche ricordato con piacere quell’evento, vedendolo come il primo passo per una convivenza più equa se non fosse stato che, alla fin fine, doveva ancora occuparsi di Theo.

Seguendo le sue istruzioni, Keath lo aveva ucciso e, per evitare di assaggiare anche per errore il sangue di un traditore, Freki aveva preferito usare una delle pistole di Geri.

La pallottola gli aveva sventrato il cervello, lasciando abbastanza ioduro d’argento al suo passaggio perché il sangue ne venisse contaminato, e la riparazione cellulare risultasse impossibile.

Quei dannati proiettili erano un’invenzione del Geri di Bryan delle Isole Orcadi. Chimico di professione, aveva messo a punto un proiettile a espansione che rilasciava ioduro d’argento liquido a contatto con le pareti carnose dei lupi.

Il risultato era stato devastante e, per quanto Keath avesse aborrito il gesto di Theo, il suo corpo riverso sul sottobosco lo aveva lasciato senza fiato per diversi secondi.

Il pensiero che Gwen possedesse un simile concentrato di potenza, insieme alle sue micidiali armi bianche in argento puro, aveva fatto nascere nel Freki più di un pensiero, e nessuno di essi era stato allegro.

A rigor di logica, ogni membro mannaro di qualsiasi branco sapeva che i Geri erano armati fino ai denti al solo scopo di fermare i lupi ma, un conto era saperlo, un conto era vederlo.

Pur se lui era un Freki, quella realtà dei fatti lo aveva lasciato vagamente stordito.

Non sapendo però di che farsene del corpo, Keath lo aveva avvoltolato nel suo giaccone e lo aveva portato fino alle ghiacciaie del palazzo dei Waldorf, in attesa di una decisione di Fenrir.

Fenrir che, in quel momento, doveva decidere se disfarsi definitivamente del cadavere, bruciandolo, o se gettarlo in una fossa comune all’insaputa degli umani ignari.

Qualsiasi cosa avesse scelto, in ogni caso, ne avrebbe portato il peso sul cuore per il resto della sua vita.

Non era stato in grado di vedere la verità negli occhi del suo migliore amico e, cosa forse ancora peggiore, non aveva avuto il coraggio di dargli il colpo di grazia, delegando il tutto al suo Freki.

Che fosse o meno la norma, per lui era lo stesso. Era stato un codardo, e non se lo sarebbe mai perdonato.

***

I cuochi della villa dei conti Walford avevano dato il meglio di loro, preparando un buffet davvero degno della regina.

Le pietanze si sprecavano, e ogni ben di dio era stato posizionato su enormi tavoli perché potessero essere agevolmente raggiunti da qualsiasi angolazione possibile.

Ritto accanto alla finestra mentre sbocconcellava una tartina di frutta, Joshua si riscosse dal suo momentaneo torpore quando vide avvicinarsi Keath.

Il panino al prosciutto e maionese che stava divorando aveva le dimensioni di un piatto di portata ma, per la fame che avevano tutti, era quasi uno stuzzichino.

“Se ti vedo ancora con quella faccia da funerale nei prossimi trenta secondi, giuro che ti prendo a calci nel culo, anche se sei il mio Fenrir” esordì Keath, crollando a sedere su una vicina poltrona per poi guardare Joshua in cagnesco.

“La tua regalità ti precede, Keath. Quella poltrona deve essere del settecento, e tu ti ci sei buttato sopra come un caterpillar” gli fece notare Fenrir, sviando il commento del suo Freki.

Freki che, però, non si fece fregare e replicò caustico: “Non sviare l’argomento, Joshua. Quel che è successo può capitare, e può anche capitare che un Fenrir sbagli. Io e Geri esistiamo anche per questo, sai?!”

“Avrei potuto farvi ammazzare tutti, per un mio errore” gli ringhiò contro a quel punto Fenrir, irritandosi.

Keath, allora, in barba a qualsiasi istinto di conservazione, si alzò di scatto dalla poltrona e afferrò al collo Joshua, spingendolo poi contro il muro con fare rabbioso.

Immediatamente, Hati fu su di lui, le zanne ben in evidenza e gli artigli a un soffio dalla sua gola esposta.

“Non un movimento di più, Keath, se non vuoi che ti squarci la gola” sibilò Michael, gli occhi già mutati nel suo caldo coloro nocciola di lupo.

“Rinfodera gli artigli, idiota. Non gli farei mai del male, ma questo cretino deve capire che non è un dio, e perciò è fallibile tanto come qualsiasi altra creatura vivente” ringhiò per contro Keath, senza mai lasciare lo sguardo del suo Fenrir.

Joshua scrutò a sua volta quelle iridi scure e pregne di qualcosa che sembrava molto simile alla compassione. Curioso che il suo Freki fosse in grado di provare un simile sentimento.

Dopo un istante, quindi, mormorò: “Chetati, mio Hati. Questo imbecille deve avere le fregole, ecco perché non riesce a star fermo.”

Quella frase fece scoppiare a ridere Keath che, mollando la presa, esclamò: “Mi ti farei anche, Fenrir, ma dubito che Gretchen sarebbe d’accordo. Mi sa un tantino possessiva, la tua nuova ragazza.”

Michael sbuffò un’imprecazione tra i denti e tutti, nel salone, tirarono un sospiro di sollievo, già pronti a essere testimoni di una rissa in grande stile.

I corpi di tutti si rilassarono e molti dei presenti, poggiando le mani sulla prima superficie piana utile, mormorarono uno scongiuro per lo scampato pericolo.

Veder combattere tre lupi non era cosa da tutti i giorni; vedere uno scontro tra un Freki, un Fenrir e un Hati, era un evento biblico.

“Sei un vero stronzo, Keath… ma ho capito cosa volevi dire” borbottò Joshua, massaggiandosi il collo indolenzito.

“Sembra che con te funzionino solo le maniere forti…” celiò Freki, scrollando le spalle. “…perciò, vista la tua testa dura, ho pensato che sbattertela contro il muro potesse servire.”

Colton scelse quel momento per tossicchiare e dire: “Muro che, ovviamente, tu ripagherai… vero, Keath?”

Freki fissò senza capire il giovane nobile che, sorridendo con un certo divertimento, indicò il muro in questione e la notevole conca che si era formata a seguito della zuccata di Joshua.

“Oh” gracchiò Keah, notando anche la carta da parati rovinata e ormai irrecuperabile. “Quanto diavolo costa questa roba?”

“Beh, la carta da parati è in seta italiana e prodotta nel Sud Italia. Se non erro, da qualche parte dovrei avere anche i campioni per gli ordini” chiosò il nobiluomo, tamburellandosi il mento con un dito.

Keath impallidì leggermente nel sentir parlare di ‘seta italiana’ perché, a suo modo di vedere, tutto ciò che proveniva da quel Paese, era di qualità e perciò molto, molto costoso.

Michael batté una mano sulla spalla di Keath e, sardonico, celiò: “Vedi cosa succede a fare i cazzoni?”

“Quanto sei simpatico” brontolò per contro Freki, snudando per un attimo i denti.

L’arrivo di Gretchen dalle cucine impedì a Michael di rincarare la dose e, quando la donna notò il muro rovinato e il sangue fresco che macchiava il colletto della felpa di Joshua, esalò: “Cosa mi sono persa, nei due minuti in cui sono stata in cucina?”

“Io che mi sbatto il tuo uomo” scrollò le spalle Keath, andandosene verso il tavolo dei rinfreschi come se niente fosse e scatenando le risate collettive dei presenti.

Gretchen fissò senza parole Joshua e Michael e quest’ultimo, ammiccando al suo Fenrir, dichiarò: “Beh, sbattuto, ti ha sbattuto, in effetti…”

“Vai a mangiare, Mich… hai bisogno di cibo, sennò dici scemenze” brontolò Joshua, sorridendo poi a Gretchen, che si avvicinò con aria a metà tra il confuso e il divertito.

Lanciata poi un’occhiata al muro, la donna mormorò: “Immagino che sia stato un rapporto molto violento. Hai ammaccato il muro…”

“Non ti ci mettere anche tu, Gretch…” brontolò Joshua, tastandosi la ferita sulla testa e già in via di guarigione. Bruciava un po’, ma era sopportabile.

Lei gli sorrise con dolcezza e replicò: “A parte la tua testa ammaccata, stai bene?”

Joshua tornò serio, a quelle parole e, annuendo, la prese sottobraccio e la condusse fuori dal salone, subito seguito dal fischio irriverente di Keath e dal ‘buona fortuna, capo!’ di Fergus.

Fenrir non si prese neanche la briga di mandarli al diavolo e, dopo avere scortato Gretchen in un salottino adiacente, chiuse la porta alle loro spalle e mormorò: “E’ morto, Gretch… non c’è più.”

Lei si limitò a stringerlo in un abbraccio, abbraccio che Joshua replicò con forza, l’enorme corpo tremante e prossimo al crollo.

Non si lasciò andare alle lacrime – non ne aveva, per T.J. – ma gracchiò disperato: “Come ho potuto essere così sciocco da credergli? Da non accorgermi di ciò che stava succedendo? Di ciò che stava diventando?”

Carezzandogli la schiena, i corti capelli di neve e le ampie spalle, Gretchen gli sussurrò contro il torace: “Joshua, tu lo amavi. Era come un fratello, per te. Il tuo cuore non ha mentito. Ma non puoi farti carico delle sue menzogne e dei suoi errori.”

“E se veramente io lo avessi soffocato con la mia presenza?” sussurrò per contro lui, reclinando il viso fino a poggiare la fronte contro la spalla di Gretchen.

Lei si irrigidì un istante, a quelle parole e, gelida, replicò: “Chiunque appartenga a un branco, sa che non potrà esservi nessuno più importante di Fenrir. Così come tutti sanno che i Gerarchi sono tre, e tre soli. E’ noto a tutti. Se non lo ha accettato, non è un problema tuo.”

Tutti dovrebbero essere importanti” replicò Joshua. “Noi ci siamo salvati grazie all’aiuto di una cucciola umana.”

Sospirando, Gretchen assentì ma ribadì con fermezza: “E’ verissimo, ogni vita è importante, Joshua, ma in un branco vige una legge piramidale che non conosce eccezioni. Se non fosse così, l’intero sistema collasserebbe. Gli uomini che sono venuti con te per proteggere il branco, lo hanno fatto perché hanno avuto fiducia in te, e tu in loro. E’ questo, ciò che fa un leader. A volte potrai sentirti solo, lassù al vertice, ma qualcuno deve farlo. E sì, la tua vita è più importante delle altre perché, senza di te, nessun altro vivrebbe, nel branco. La gerarchia è vitale, in un clan di licantropi. Non a caso, i Consigli sono visti per la maggiore con sospetto e, di solito, durano molto poco.”

“Quello di Duncan…” replicò Joshua, interrompendola.

“Non mi pregio di conoscere bene Fenrir di Matlock come lo conosci tu ma, in tutta onestà, ove c’è un Fenrir, non dovrebbe esserci un Consiglio, a meno che il Fenrir in questione non sia un ragazzino. E Duncan McAlister non mi sembra un bambino da accudire” sottolineò Gretchen.

“C’è stato un rimpasto di potere, a suo tempo, e Duncan ha preferito che intervenisse il Consiglio…” iniziò col dire Joshua, azzittito però da un bacio di Gretchen.

“Non mi interessa come lui gestisce il suo branco, ma come tu gestisci il tuo e, come lo stai facendo, secondo me va bene. Credo che interagire maggiormente con umani e neutri sia stato fantastico, e sono certa che questo renderà il tuo branco ancor più forte e coeso” sottolineò la donna, scostandosi da lui per prendergli le mani. “Ora, dimmi di Theodor.”

Lui assentì e le spiegò le decisioni di Keath riguardo al concedere a lui l’onore, e l’onere, di scegliere la fine del traditore.

Solitamente, Freki prendeva in autonomia questo genere di decisioni ma, trattandosi di T.J., aveva preferito chiedere il parere di Joshua.

“Portami da lui” dichiarò alla fine Gretchen. “Sarò con te, quando deciderai.”

Joshua si limitò ad annuire e, mano nella mano, si avviarono verso i piani inferiori di Walford Manor per raggiungere le antiche ghiacciaie e il luogo in cui si trovava il corpo di T.J.

Forse, insieme a lei, sarebbe stato più semplice scoprire in che modo porre fine al viaggio sulla Terra della persona che lui aveva creduto essere un amico sincero e fidato.

***

Il corpo di T.J. era stato gentilmente composto su una riolite dai colori perlacei, intagliata per formare un parallelepipedo perfetto.

Forse, in passato, era stata usata per la lavorazione delle carni da sistemare nelle celle ricolme di neve ma, in quel momento, era solo un’ara su cui era posto il corpo morto del licantropo.

Keath aveva preventivamente coperto il volto di Theo – onde evitare che qualcuno vedesse ciò che il proiettile aveva lasciato – ma, a giudicare dal sangue che inzuppava il telo di cotone, i danni erano più che chiari.

La morte doveva essere stata istantanea.

Poco a lato del corpo, Keath aveva inoltre sistemato gli effetti personali di T.J. e Joshua, nel sollevarne il cellulare, lo accese e notò la presenza di una password.

“Potresti darlo a Michael. Lavorando in polizia, potrebbe sapere come aprirlo” lo consigliò Gretchen, ma Joshua stava già digitando un numero di quattro cifre, che risultò essere esatto.

Sorpresa, lei lo guardò dubbiosa e lui, scrollando le spalle, mormorò: “E’ la data in cui T.J. mi ha battuto in una gara di corsa. Evidentemente, si sentiva davvero prevaricato dalla mia presenza, o dall’ingiustizia di non aver ricevuto lui stesso la livrea.”

“E tu, perché te lo ricordavi?”

“Perché è stata la prima volta in cui T.J. mi ha detto che avrei dovuto farmi avanti con te” ammise lui, sorridendole.

“Oh. Davvero?” mugugnò Gretchen, lanciando un’occhiata veloce al cadavere prima di tornare a scrutare in viso Joshua. “E questo, quand’è successo?”

“L’anno scorso, a luglio” asserì Joshua, facendola sorridere per un istante.

“Piuttosto duro di comprendonio, allora” chiosò lei.

“Abbastanza” mormorò lui, scorrendo le foto all’interno del telefono. Nulla che valesse la pena di salvare. Soltanto dei selfie e poco altro.

Non un parente a cui affidare il corpo, o una donna da avvisare. T.J. si era ridotto a essere solo, e ad avere come ultima compagnia dei Cacciatori.

Lui, le carte e null’altro.

“Ma perché ti sei ridotto così?” mormorò Joshua, spegnendo il cellulare.

“Avrebbe potuto andare in un centro di recupero per la ludopatia spacciandosi come un comune umano, se avesse voluto. Oppure, avrebbe potuto chiedere a Mr Rinaldi. Secondo me, avrebbe ottenuto tutto l’aiuto possibile” sottolineò Gretchen, stringendogli una mano per dargli forza. “O anche, molto semplicemente, avrebbe potuto chiedere a te, il suo amico. Ma non l’ha fatto, perciò non è colpa di nessuno, se non sua. Mettitelo in testa. Non si può salvare qualcuno che non vuole essere salvato. Puoi tentare, ma non raggiungere l’impossibile. Quello, è vietato a chiunque.”

“Forse… ma mi viene sempre il dubbio di non essermi accorto di nulla perché non volevo accorgermi di nulla.”

“In che senso?” volle sapere Gretchen.

“Ho sempre fatto finta che gli umani e i neutri non ci fossero, che dovevo prendermene cura, ma che non fossero realmente un mio problema, e ho rischiato di pagare carissimo questa mia superficialità” le fece notare lui, sentendosi male al solo pensiero di essere stato così ipocrita. “Allo stesso modo, forse ho cancellato dalla mia mente i difetti di T.J., dipingendolo migliore di quanto in realtà non fosse.”

“Anche quanto, ti saresti comportato come una persona qualsiasi, ma capisco cosa intendi dire” assentì Gretchen. “Un Fenrir deve essere più accorto e non affidarsi soltanto alle sensazioni superficiali.”

“Esatto. E in questo ho fallito clamorosamente” sospirò Joshua.

“Gli uomini ai piani superiori dicono il contrario” sottolineò per contro la donna. “Hai la loro fiducia e il loro rispetto, e non credo possa esservi soddisfazione più grande, per un capo. Quanto all’aver mal giudicato Theo, può capitare. Come tutti ti stanno ripetendo fino allo sfinimento, non sei infallibile, e devi iniziare ad accettarlo.”

“Non mi sbatterai al muro per convincermi?” ironizzò Joshua per spezzare il senso di smarrimento che provava.

Tutti loro avevano ragione, in teoria, ma nella pratica era difficile crederci.

Lei allora gli sorrise, lo strinse in un abbraccio e mormorò: “Lascio le maniere forti a Keath. Lui è più esperto di me in questo genere di… approcci.”

A quelle parole, Joshua sollevò un sopracciglio con interesse e Gretchen, scoppiando a ridere, chiosò: “Ehi, non avrai mica pensato che, in due anni e più nel tuo branco, non abbia mai fatto sesso per mero divertimento?”

Nonostante tutto, Joshua rise e, scuotendo il capo, esalò: “Dovevo saperlo che Keath non ti avrebbe mai lasciata stare senza un assaggio.”

“Oh, ci siamo assaggiati a vicenda, se è per questo, ed è stato divertente, ma la cosa è nata e morta lì” scrollò le spalle con divertimento lei, prima di tornare seria e aggiungere: “C’era qualcun altro che volevo, e lo sai bene.”

“Già” annuì lui, poggiando la fronte contro la sua. “Cosa devo fare, Gretch?”

“Vuoi piangerlo in un luogo fisico, quando avrai volontà di farlo? Oppure, non desideri più vedere nulla che lo rappresenti?” gli domandò semplicemente lei.

I passi – ma ancor prima l’aura e l’aroma ferino – di Keath risuonarono nella cantina umida e profumata di vino, salumi e formaggi e, quando si avvicinò a Gretchen e Joshua, mormorò: “Ehi, capo. Come siamo messi?”

“Stavo per l’appunto decidendo” disse Joshua, sbuffando nervosamente.

Freki assentì ma, estraendo il suo cellulare, borbottò: “Prima di farlo, però, forse dovresti dare un’occhiata a queste. Ho mandato uno dei miei a controllare l’appartamento di T.J. per essere certi che non avesse spifferato ad altri il nostro segreto e, beh… è saltato fuori questo.”

Ciò detto, allungò il telefono a Joshua che, afferratolo con mano tremante, sfogliò le fotografie e osservò i filmati fatti da una delle sentinelle del branco.

Le ricevute di pagamento inevase si sprecavano, così come i messaggi in segreteria, che erano uno peggio dell’altro, il seguente più minaccioso del precedente.

C’erano fotografie effettuate a T.J. in bische di dubbia fama – inviategli, con tutta evidenza, per incastrarlo e metterlo di fronte ai suoi peccati – o con prostitute d’alto bordo adescate in locali che, evidentemente, non poteva permettersi.

“Ma chi diavolo eri, T.J.?” mormorò sgomento Joshua, restituendo il cellulare a Keath.

“E’ chiaro che è finito in un circolo vizioso da cui non è più riuscito a uscire, e i Cacciatori ne hanno approfittato non appena lo hanno smascherato per quello che era” dichiarò Keath, scrollando le spalle. “Di sicuro, per tenere il branco all’oscuro di tutto, ha dimostrato una tempra mentale che ben pochi potrebbero vantare, ma è l’unico complimento che mi sento di fargli.”

Joshua assentì e, lanciato uno sguardo al corpo inerme di T.J., ringhiò: “Brucialo. Non voglio più avere a che fare con lui.”

Ciò detto, si scusò con entrambi e, quasi di corsa, fuggì dalla cantina, desideroso di rimanere da solo e inspirare l’aria del bosco, di qualcosa che lo facesse sentire al sicuro e non divorato dall’odio.

Rimasti soli, i due licantropi si studiarono vicendevolmente per diversi secondi ma, alla fine, fu Gretchen a parlare.

“Cosa non gli hai detto?”

“Sei un po’ troppo intuitiva, per i miei gusti, femmina” sbuffò Keath, infilando le mani nel suo giubbotto di pelle nera.

“Hai distolto lo sguardo da Joshua, quando hai parlato del lato oscuro di T.J. Tu non abbassi mai lo sguardo, Keath” sottolineò Gretchen, scrollando le spalle con noncuranza.

A quel punto, Freki si esibì in un ghigno e disse: “C’era un motivo se mi era piaciuto ruzzolarmi con te… hai un cervello, oltre a un bel faccino.”

Suo malgrado, Gretchen rise di quello che, forse, poteva essere considerato un complimento e, annuendo affabile, asserì: “Troppo gentile, grazie. Ma torniamo a noi. Cosa hai nascosto?”

“Se te lo dico, dovrai nasconderglielo per tutta la vita. Vuoi davvero questo peso, Gretch?” replicò Freki, tornando serio.

La donna, allora, sgranò leggermente gli occhi ed esalò: “Cos’avete trovato?”

“La sentinella che ho inviato là era Freddie Johnson. E tu sai che lavoro fa, no?”

Gretchen aggrottò la fronte e assentì. Freddie era un noto psichiatra londinese e, non di rado, veniva assoldato dalla polizia per delle perizie su feroci criminali.

“Freddie ha trovato dei diari, infilati sotto un’asse del parquet, dove c’era praticamente di tutto. Appunti sui soldi che doveva a tizio e caio, commenti su locali e baldracche ma, quello che più lo ha preoccupato, è stato il diario più recente.”

Lei assentì, desiderosa di sapere pur se la paura le faceva tremare le mani. Fino a dove si era spinta la follia di T.J.?

“Freddie crede che fosse affetto da disturbo delirante, e che questo lo abbia spinto ad affondare nei vizi per smarcarsi da ciò che credeva il male. Nel caso specifico, Joshua” le spiegò Keath. “Da quel che ha scritto in quel cavolo di diario, T.J. pensava che Joshua avesse ricevuto tutto, dalla vita, mentre lui niente e, questi suoi tentativi di ottenere ricchezza e potere che credeva gli spettassero di diritto, lo hanno logorato fino a consumarlo.”

“Ma perché?” ansimò sgomenta Gretchen.

“Joshua viene da una famiglia benestante, con due genitori che lo amano, mentre T.J. no. Suo padre è un bevitore incallito, e lo sa il cielo quante volte Michael lo ha tirato fuori dai guai. Sua madre, invece, li ha lasciati quando lui aveva quattordici anni. Ha resistito fino a quando il figlio ha superato la face pre-trans e poi si è data alla macchia.”

Avvicinandosi al corpo esanime di T.J., Keath aggiunse: “Per sbarcare il lunario, T.J. faceva dei lavoretti presso i vicini, e i genitori di Joshua spesso lo ospitavano a casa sua, provvedendo ai suoi bisogni. Forse, questo ha scatenato in lui un senso di competizione e di inferiorità che lo hanno portato a impazzire.”

“Non lo giustifica, però” sottolineò Gretchen, avvicinandosi a Freki.

“No, per conto mio, un traditore è un traditore, ma almeno sappiamo da cosa è nato tutto. Se Joshua sapesse che il suo amore lo ha portato a un odio così sconfinato, però, non so proprio come la prenderebbe, per questo dovrai tacere.”

Quelle parole furono seguite da uno sguardo ferale e Gretchen, sorridendogli nonostante la velata minaccia appena ricevuta, mormorò: “Gli sei davvero fedele.”

“E’ ovvio, femmina. Joshua è un buon Fenrir, e non meritava una grana simile. Dovrai avere buona cura di lui.”

“Buona cura?” ripeté dubbiosa Gretchen, ma lui ghignò per diretta conseguenza.

“Non mi inganni, femmina. Seguiresti quell’uomo anche in capo al mondo, perciò vedi di allenarti, o non sarai pronta per l’Ordalia” dichiarò Keath, dandole una pacca sulla spalla prima di aggiungere: “Ora vai. Non credo che tu voglia assistere a quello che farò tra poco.”

Lei si limitò a un assenso e, dopo un’ultima occhiata a Keath, tornò a i piani superiori di Walford Manor.

 

 

 

N.d.A.: grazie alle accurate indagini di Keath, scopriamo fino a dove T.J. si sia spinto, e quanto Freki desideri preservare la salute mentale del suo Fenrir, negli anni a venire. Che dire? Gretchen riuscirà a mantenere la promessa, o sarà onesta fino in fondo con Joshua?

  
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