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Autore: Mary P_Stark    23/01/2019    1 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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4.

 

 

 

L’ultimo appuntamento della serata, per quel giorno, non sarebbe stato con un post-trauma di qualche genere, o un’attempata signora con la schiena dolente, ma con Fausto Rinaldi, il rappresentante degli umani del suo branco.

Figlio di un italiano immigrato nella prima metà degli anni cinquanta, Fausto era venuto in contatto con il mondo dei licantropi per merito – o a causa – delle scelte dell’allora figlia sedicenne.

Infatuatasi di uno dei membri più giovani del branco, Clarissa, o Clary come la chiamavano tutti, aveva passato tre anni assieme al reticente lupo, prima che la verità venisse sviscerata.

A quel punto la ragazza, ormai maggiorenne, aveva preso la decisione di continuare il suo rapporto con il lupo e, in seguito, di essere trasformata, ma con l’opzione di poterlo dire ai genitori.

Il predecessore di Joshua aveva dato esito positivo alle sue richieste, dopo aver conosciuto i genitori di Clary. In fondo, era stato suo figlio a farla entrare nel mondo dei lupi, e lui si era ritenuto in dovere di essere reso partecipe dell’intero percorso.

A questo modo, Fausto e sua moglie Evelyn erano entrati a far parte – prima come spettatori meravigliati, e in seguito con sempre maggiore impegno – della loro grande famiglia mannara.

Era venuta a Fausto, in effetti, l’idea di creare un collettivo dove umani e neutri potessero dialogare e, in seguito, esporre le proprie idee a Fenrir, così da non importunarlo con domande inopportune o questioni insolvibili.

Il vecchio Fenrir gli aveva dato il benestare a procedere e, con l’inizio del nuovo millennio, Fausto era divenuto il rappresentante umano all’interno del branco.

L’amicizia tra il precedente Fenrir e Fausto aveva fatto il resto.

Quando udì bussare, Joshua non chiese neppure chi fosse. Il profumo di zucchero a velo e miele lo precedeva.

Fausto, infatti, era uno dei pasticceri più rinomati della città.

Quando l’uomo robusto e dai capelli sale e pepe entrò nello studio privato di fisioterapia della famiglia Ridley, Joshua disse: “Ben arrivato, Fausto.”

“Joshua” mormorò l’uomo, guardandosi intorno con curiosità. “Tuo padre non c’è? Gli avevo portato le madeleine che mi aveva chiesto.”

Ah, ecco il motivo del profumo!, pensò tra sé Joshua prima di dire: “Gliele porterò io. E’ dovuto scappare di corsa perché una sua cliente è rimasta bloccata con la schiena.”

Fausto emise un gemito di dispiacere, forse avendone a sua volta sofferto, e borbottò: “Non la invidio per niente.”

“Neppure io, soprattutto visto che ha tre figli indemoniati che la fanno diventare matta, e il marito fa sempre il turno di notte, perciò non può aiutarla, adesso” sorrise Joshua, invitandolo nel suo ambulatorio privato.

Fausto lo seguì e, al cenno della mano di Joshua, si accomodò su una comoda poltrona ergonomica in pelle nera.

Poggiate poi le due confezioni di madeleine sulla scrivania, Fausto domandò: “In cosa posso esserti utile? E’ forse successo qualcosa?”

“Più di una cosa, a dire la verità, e in parte per colpa mia” sospirò Joshua, intrecciando le mani sul sottobraccio della sua scrivania. “Abbiamo scoperto un traditore nel branco, e grazie a una delle nostre cucciole umane. Sarah Ellison, per l’esattezza.”

Fausto sgranò gli occhi per la sorpresa ed esalò: “La piccola Sarah? E come ci è finita in mezzo?”

Joshua, così, fu costretto ad ammettere chi fosse il traditore, e come la giovane umana si fosse resa protagonista di un gesto estremamente coraggioso.

Fausto ascoltò il tutto nel più severo silenzio e solo alla fine si permise di dire: “Mi spiace molto, Fenrir. Davvero.”

Joshua si lasciò andare a un risolino nervoso, ammettendo: “Pensavo di avere più discernimento di così, ma evidentemente mi sono sopravvalutato.”

Fausto, però, si esibì in una scrollata di spalle e replicò: “Se dovessimo valutare le persone soltanto per i loro errori, rimarrebbero in vita in pochi. Si è fallibili, ma l’importante è ammettere di poter sbagliare, e poi prodigarsi per sistemare le cose.”

“Se io sbaglio, però, metto a rischio la sicurezza della mia gente” sottolineò colpevole Joshua.

“Anche un dottore che opera mette a rischio il paziente, se non è attento ma, se rinunciasse al primo errore, nessuno opererebbe più, e allora sì che saremmo nei guai. Si impara anche – e soprattutto – dai propri inciampi” gli sorrise Fausto, serafico. “Hai enormi responsabilità, è indubbio, e non riesco neppure a capire come tu riesca a dormire di notte al solo pensiero di dover controllare così tante anime, ma è chiaro a tutti quanto tu sia un bravo leader, esattamente come Randolf, il tuo predecessore.”

“Pur se non sono stato obiettivo? Neppure con voi?” ci tenne a sapere Joshua.

Fausto, a quel punto, sorrise divertito e replicò: “Vuoi sapere qual è stata la prima cosa che mi ha detto Randolf, quando gli ho proposto l’idea del Comitato Interspecie? Mi ha riso in faccia, dicendo che poteva benissimo gestire le cose come aveva sempre fatto.”

Ciò detto, mimò il vecchio alfa mentre intrecciava borioso le braccia sul petto e metteva un broncio pauroso.

Joshua ammiccò divertito e ammise: “Sì, ce lo vedo a rispondere una cosa del genere. Noi lupi siamo assai orgogliosi, oltre che testardi.”

“E avete zanne da far paura, ma siete anche in grado di vedere oltre il vostro orgoglio di animali fieri e potenti, quando la necessità lo richiede” asserì a quel punto Fausto. “Discutemmo per circa tre ore, quella volta ma, alla fine, ammise che, di certe cose, proprio non avrebbe saputo come occuparsi, così capì che il mio aiuto gli serviva.”

“E di quali cose si è ritenuto così inesperto, se posso chiedere?” domandò curioso Joshua.

“Le crisi d’identità dei neutri. Noi umani possiamo avere la possibilità di mutare, se lo vogliamo, ma loro non potranno mai, pur desiderandolo con tutto il loro cuore, e molti ne soffrono grandemente” ammise il pasticcere, intrecciando le mani in grembo. “Per un lupo, è un concetto astratto, perché voi conoscete solo un tipo di realtà. Per noi è più semplice perché ne comprendiamo meglio le limitazioni, specialmente se decidiamo di non trasformarci come ho fatto io, per esempio.”

Annuendo grave, Joshua ammise: “Sì, in effetti, un licantropo passa al massimo tredici anni in forma umana e, di quel periodo, ricorda ben poco, se non lo stretto necessario, perciò ci risulta difficile e complesso il percorso psicologico dei neutri. Coscientemente posso anche provare a comprendere, ma è difficile a livello inconscio e profondo.”

“Esatto. Perciò, istituire dei centri di ascolto guidati da personale umano e/o neutro, è stato un enorme passo avanti. Si sono evitati un sacco di guai e, lo ammetto, anche qualche suicidio” convenne Fausto, serio in viso.

Joshua ne era a sua volta consapevole. Non era una novità per nessuno che diversi neutri si fossero suicidati a causa della loro natura ibrida. Se non attentamente coadiuvati, potevano sviluppare dei sensi di inferiorità notevoli.

“Cosa ti proponi di fare, quindi?” chiese a quel punto Fausto, tornando all’argomento principale del loro discorso.

“I Cacciatori attaccheranno al Novilunio, con l’idea di bloccarci con aconito e reti in argento. Da quel che ho capito, pensano di fare scendiletto di molti di noi. Forse, non hanno ancora capito che, alla morte, torniamo umani. O forse, ci vogliono scuoiare da vivi... chissà.” ghignò irritato Joshua. “Se siete d’accordo, vorrei che presenziaste al Vigrond in vece dei miei mánagarmr, che attenderanno i Cacciatori a poca distanza dal nostro Luogo di Potere. Umani e neutri indosseranno abiti appartenenti ai lupi, così da confondere l’olfatto di T.J.”

Annuendo, Fausto mormorò pensieroso: “Lui avvertirà l’odore dei lupi, sia di quelli reali che dei ragazzi camuffati da licantropi, e non si stupirà dell’odore umano, visto che sarà in compagnia dei Cacciatori. Può funzionare. Il punto è un altro, però. Come la mettiamo coi neutri?”

“Potranno avvicinarsi. Durante il Novilunio, il potere del Vigrond è così esiguo che non causerà loro alcun danno. Il peggio che potranno avvertire sarà un po’ di emicrania” lo rassicurò Joshua. “Per ogni eventualità, verranno dotati di giubbotti antiproiettile, ma dubito fortemente che spareranno. Vogliono la nostra pelliccia, perciò non la rovineranno con i proiettili... varrebbe la pena farsi ammazzare anche solo per vedere la loro faccia sconvolta quando scopriranno che torniamo alle nostre sembianze umane. Ma non mi offrirò di certo volontario per questo esperimento culturale.”

Nel dirlo, sbuffò disgustato e Fausto, scuotendo il capo, borbottò: “Certa gente non imparerà mai.”

“Io spero di aver imparato, per lo meno” si limitò a dire Joshua.

Il pasticcere sorrise, annuendo, e domandò: “Di quanti uomini hai bisogno?”

“Una dozzina, direi. Solitamente, le riunioni del Novilunio contano soltanto i capi-sentinella e pochi altri alfa” lo informò Joshua.

Fausto assentì una sola volta, si alzò e dichiarò: “Mi metterò in contatto io con le persone giuste, poi ti manderò l’elenco via e-mail, va bene?”

“E’ perfetto. E grazie.”

“Siamo qui per essere d’aiuto, Fenrir. Non dimentichiamo mai che le sentinelle proteggono anche noi” si limitò a dire l’uomo, allungando una mano nella sua direzione.

Joshua la strinse pieno di gratitudine e di contrizione e, quando infine uscì a sua volta dallo studio – circa mezz’ora dopo la partenza di Fausto – trovò Gretchen ad attenderlo.

Era splendida nel cappotto bianco, stretto sui fianchi, che lasciava libera allo sguardo una gonna al ginocchio e gli alti stivali di pelle nera.

I capelli, intrecciati sulle tempie e la nuca, risplendevano alla luce dei lampioni e Joshua, annusando l’aria, mormorò: “Sei stata dalla parrucchiera.”

Lei annuì, sfiorandosi l’acconciatura elaborata, e ammise: “Colpita e affondata. Ti piacciono?”

“Sarebbe più facile dire cosa non mi piace di te” scrollò le spalle lui, offrendole il braccio.

“E cioè?” si interessò lei, curiosa.

“Devo ancora scoprirlo.”

Gretchen rise per un attimo, prima di tornare seria e domandargli: “Com’è andata?”

Joshua le raccontò del suo incontro con Fausto, e di come lui si fosse non solo offerto di aiutare, ma anche di come l’avesse ascoltato nel suo personale stillicidio.

La donna annuì più volte al suo racconto e, mentre si allontanavano camminando lungo il marciapiede, la sua aura avvolse quella del suo Fenrir, così da farlo sentire protetto e amato.

Comprendeva bene quanto si sentisse affranto e dispiaciuto, in quel momento, perché aveva sofferto a sua volta quando si era trasferita lì a suo tempo.

L’uomo di cui si era creduta innamorata l’aveva tradita con un’altra donna – vuoi per la sua spregiudicatezza, o per la sua posizione sociale – così quell’allontanamento le era servito per molteplici motivi.

Alla fine, era stato un bene non aver ammesso nulla del suo segreto con Benjamin e, forse, il suo subconscio aveva capito la realtà dei fatti molto prima del suo cuore.

Scoprire un nuovo equilibrio e vivere in mezzo a persone come lei era stato catartico, oltre che un’avventura mai sperimentata prima di allora.

Innamorarsi di Joshua era successo poco alla volta. Memore delle precedenti batoste sentimentali, aveva atteso molto prima di capire cosa fosse nato nel suo cuore per il prestante Fenrir di quel branco.

Ben sapendo di dover agire con molta cautela – la compagna di Fenrir non era una lupa qualunque – non aveva espresso i suoi sentimenti, ma aveva fatto in modo di conoscere meglio Joshua, e di farsi conoscere.

Il gesto della sera precedente, perciò, l’aveva sì sorpresa, ma anche riempita di gioia pur se sapeva che, se le cose si fossero protratte per lungo tempo, avrebbe dovuto fare i conti con tutto il branco.

Fenrir poteva concedersi tutte le storie che voleva, e anche scappatelle con chiunque ma, se desiderava veramente una donna – o un uomo – per sé, allora doveva essere interpellato l’intero clan.

E l’Ordalia era quasi un fatto certo, viste le forze in campo.

Non erano certo a quel punto – non era sicura di nulla in quel momento, se non di ciò che sentiva nello stare con Joshua – ma doveva tener conto del fatto che, prima o poi, avrebbe potuto mettere in gioco tutta se stessa, per lui.

Quando, però, Joshua le sorrise e ammiccò con i suoi curiosi occhi rosso scuro, non ebbe dubbi; per lui, avrebbe smosso montagne e scoperchiato vulcani.

***

Joshua non sapeva se vi fossero precedenti in tal senso, perché onestamente non si era informato in merito, ma fu davvero strano accompagnare costi tanti umani e neutri nel Vigrond.

L’atmosfera era satura di odori autunnali. La terra umida e calda, i funghi appena nati che spargevano le loro spore nell’aria, le foglie in decomposizione nel sottobosco.

Ogni cosa riportava al significato più ancestrale di vita, morte e rinascita e Joshua, nel pensarci, fu certo che anche quella notte avrebbero toccato ogni punto di quella lista.

T.J. non sarebbe sopravvissuto a quella retata e, anche grazie a Kate Alexander, i Cacciatori non sarebbero stati un problema.

Scrutando la giovane e minuta wicca, ritta al fianco della sua guardia del corpo personale, Joshua mormorò: “Tutto bene?”

Lei assentì e Susan, sfiorandole una spalla con la mano, le fece capire senza parlare che nessuno, quella notte, si sarebbe permesso di toccarla.

Michael e Fergus, in piedi accanto alla quercia sacra, stavano curiosando l’oscurità del bosco con i loro sguardi attenti mentre, nel mezzo del Vigrond, umani e neutri parlavano di confini e di segnalazioni.

Se T.J. si fosse arrischiato ad ascoltare, avrebbe sentito solo ciò che ci si aspettava da loro.

Colton, infine, si avvicinò a lui e, dopo essersi guardato intorno pieno di letizia, disse: “Questa cosa dovremo segnarla sul calendario. Mai visti così tanti senza pelliccia nel Vigrond.”

Joshua sorrise a mezzo, annuendo, e chiosò: “Potremmo farla diventare una cosa abituale. Il Novilunio, dopotutto, è un momento ideale per far partecipare tutti alla vita del branco.”

Colton si illuminò in viso al solo pensiero e asserì: “Potremmo far intervenire dei rappresentanti eletti, o fare a turno, così che nessuno si senta escluso. Inoltre…”

Joshua rise sommessamente e gli tappò la bocca, replicando: “Calmati, Martin Luther King… ogni cosa a suo tempo. Ora, risolviamo questa grana. Dopo, penseremo ai neutri e agli umani del branco.”

I have a dream… mi piace come idea” annuì Colton, tornando serio per poi andare a sistemarsi accanto agli altri due Gerarchi.

Kate, avvicinandosi a sua volta alla quercia, ne sfiorò la ruvida callosità della corteccia e mormorò: “Puoi esserci d’aiuto, Madre?”

Sono vicino, figlia mia… e con essi è presente un figlio della luna.

Annuendo a Joshua, Kate sussurrò: “Manca poco.”

Lui annusò l’aria per diretta conseguenza, ma non percepì nulla, se non gli odori classici del bosco e quello degli animali in lontananza.

Ghignando, borbottò: “Camuffamento sensoriale. Hanno usato dei feromoni specifici. Sono stati furbi e attenti a tutto. Chissà quanto altro avrà detto loro, quel bastardo?”

“Glielo chiederemo” lo rincuorò Fergus, aprendosi in un sorriso diabolico.

“Sembri Keath” lo prese in giro Joshua.

“Mi ci sento molto, stanotte” ammise Sköll, adombrandosi in viso. “Mi stupisce che abbia accettato di stare nella retroguardia.”

“Mi ha detto che vuole fare un’entrata a effetto” scrollò le spalle Joshua, tornando poi a scrutare il bosco dinanzi a lui.

Quei bastardi dovevano aver calcolato anche il vento, prima di partire, poiché non riusciva ad avvertire neppure la traccia odorosa di T.J. Oppure, anche lui aveva camuffato il suo odore per non essere percepibile.

Chissà. In ogni caso, lo avrebbe scoperto ben presto. Insieme ad altre cose a cui non voleva pensare, ma che sapeva bene lo avrebbero reso cieco di rabbia e di dolore.

Perché T.J. lo aveva tradito a quel modo?

***

Una cosa andava detta, dei Cacciatori. Avevano fegato da vendere, oltre a un’ottima conoscenza di tattica e chimica molecolare.

Non soltanto attaccarono con precisione chirurgica, lasciando intendere una preparazione militare di primordine, ma misero in difficoltà anche i pochi licantropi presenti al Vigrond, che ebbero i loro seri problemi a evitare aconito e reti.

Queste ultime, infatti, non furono lanciate a mano come presagito dai lupi, ma sparate. Ciò impedì di fatto un primo corpo a corpo frontale, che favorì i Cacciatori e costrinse umani e neutri a intervenire per intercettare le reti prima che colpissero i veri lupi.

Qualcuno doveva aver speso fior di quattrini al mercato delle armi, per dotarsi di apparecchiature di prim’ordine, e questo li spiazzò.

In ogni caso, anche grazie all’intraprendenza di neutri e umani e alla mancanza del fattore sorpresa, in breve i Cacciatori vennero surclassati e T.J. catturato da Keath, che aveva guidato l’orda di licantropi nascosti a poca distanza dal Vigrond.

Stesi a terra e legati mani e piedi con fascette di plastica – mentre T.J. era tenuto sotto tiro da Keath che, per l’occasione, aveva chiesto in prestito una delle pistole di Gwen – i Cacciatori erano circondati da coloro i quali erano venuti per uccidere.

Sporchi di aconito ma ben soddisfatti di poter essere stati d’aiuto, umani e neutri si tenevano a debita distanza dai lupi per non causare accidentali svenimenti ma, al tempo stesso, erano pronti a intervenire nuovamente, se necessario.

Dai loro occhi era chiaro quanto, quel coinvolgimento in una missione mannara, li avesse galvanizzati e, al tempo stesso, resi più consapevoli del loro ruolo all’interno del branco.

Di questo, Joshua fu soddisfatto ma, al tempo stesso, lo rese ancor più consapevole del proprio errore. Era stato superficiale a sottostimare il loro apporto nella vita del clan.

Lasciando però quel pensiero a un secondo momento, Joshua lanciò uno sguardo grato a Gretchen – in quel momento impegnata a proteggere il fianco di Kate – e si avvicinò infine a T.J.

Appariva tutto sommato spavaldo, pur se il suo viso era pallido e teso. Forse, la canna di pistola puntata alla sua fronte non lo rendeva poi così tranquillo.

“Ebbene, amico mio? A cosa devo questa comparsata imprevista?”

“Non è come pensi. Davvero. Li ho condotti qui perché poteste ucciderli e…” dichiarò T.J., subito raggelato dall’occhiata ferale di Fenrir.

“Non costringermi a utilizzare la Voce con te, Theo. Non mi va di usarla a sproposito ma, se non mi dirai la verità, non ti risparmierò nulla” lo mise in guardia Joshua, arcuandosi minacciosamente verso di lui.

Il pallore di T.J., allora, divenne divenne fiamma che riscaldò le sue gote di orgoglio ferito e, come ultimo tentativo disperato di salvarsi la vita, ringhiò: “Mi hanno costretto. Minacciavano la mia famiglia, e così…”

“Razza di schifoso bugiardo!” gli urlò contro uno dei cacciatori, il volto livido e furioso schiacciato contro il fogliame secco del sottobosco.

Joshua lasciò temporaneamente perdere T.J. per avvicinarsi all’umano che aveva parlato e, accucciandosi dinanzi a lui, domandò: “Puoi dirmi tu cosa è veramente successo?”

“E’ presto detto, animale… il tuo amico ti ha tradito per soldi. Solo per questo” gli sputò in faccia il Cacciatore, scoppiando a ridere. “E’ talmente indebitato con degli strozzini che ha finito con il tradirsi con gli usurai sbagliati, così gli abbiamo proposto un patto. Noi avremmo pensato a salvargli il culo da quelli che volevano fargli la pelle, e lui ci avrebbe portato da voi.”

“Non è vero! Sono tutte menzogne!” gridò T.J., tornando a impallidire visibilmente.

Keath lanciò un’occhiata di assenso a Joshua, ben consapevole della sua menzogna grazie ai gesti incontrollati del suo volto e, a sua volta, Kate disse: “Mente, Fenrir.”

“A quanto pare, i suoi debiti non si limitavano solo a Montecarlo” dichiarò a quel punto Keath.

“No, no, no…” continuò a mugugnare T.J., ricoperto da un velo di sudore e con gli occhi sgranati per l’incertezza. Ora, la spavalderia era del tutto scomparsa.

Il Cacciatore rise sprezzante, replicando: “Montecarlo? Quell’idiota si è indebitato con la mafia cinese. Peccato che, a quanto pare, non siano così ben disposti verso i debitori recidivi.”

Joshua assentì, non sapendo come sentirsi. Era disgustato, ma c’era anche altro, oltre al malessere. C’era la certezza di aver sbagliato a leggere l’animo dell’amico, e la sicurezza di aver dato la propria amicizia alla persona più indegna di tutte.

“Vi credete tanto superiori a noi, ma siete solo feccia” ringhiò l’umano, fissandolo con odio malcelato.

“Puoi pensare a loro, mia cara? Io devo occuparmi del mio sottoposto” disse a quel punto Joshua, ignorando le ultime offese dell’umano e dando una pacca sulla spalla a quest’ultimo. “In virtù della tua onestà, non verrete uccisi. Consideralo un regalo di Natale anticipato.”

“Vi verremo a cercare, ora che sappiamo dove trovarvi, e stavolta agiremo in maniera più…” iniziò col dire l’uomo, prima di bloccarsi a metà della frase, fissare intontito la donna dinanzi a lui e infine crollare in un sonno profondo.

Le urla degli altri uomini presenti si levarono subito verso il cielo, ma nessuno li ascoltò e, aiutata dal potere di Hati e Sköll – oltre che dalla presenza della quercia sacra – Kate dilavò i ricordi del Cacciatore, riportandolo a prima della sua conoscenza con T.J.

Scrutando per alcuni istanti Kate e il suo lavorio costante sulla mente del Cacciatore, Joshua tornò ben presto a occuparsi di T.J. e, con la sua suadente quanto rara Voce del Comando, mormorò: “Ora dimmi perché non ti sei rivolto a me.”

T.J. rabbrividì nell’udire il suono candido ma raggelante del suo Fenrir e, piegandosi in avanti come colpito da violenti crampi, gracchiò: “Non volevo… non volevo essere ancor più succube di te, … più di quanto già non lo fossi. Mi hai tenuto nella tua ombra per tutta la vita! Sono sempre e solo stato ‘l’amico di Fenrir’, mai soltanto T.J., ed è tutta colpa tua!”

“Gran bell’ingrato” ringhiò Keath, snudando le zanne prominenti.

Fenrir lo bloccò con un’occhiata e, dopo essersi piegato in avanti per sussurrare all’orecchio di Theo, mormorò: “Non mi prenderò mai la colpa di averti amato come un fratello. Se vi hai visto della malignità, in questo, è solo un problema tuo. E tu solo sarai il responsabile della tua caduta.”

T.J., allora, risollevò il volto per scrutarlo gli occhi chiari pieni di rabbia e disprezzo e, con le ultime forze che gli rimanevano, gridò: “Meritavo di più, da te! Tu avevi già ricevuto la livrea! Dovevi dividere il potere con me! Sono più forte di loro, e tu lo sai! Dovevo essere io uno dei Gerarchi, e tu avresti dovuto capirlo!”

Ciò detto, fisso disgustato Hati e Sköll prima di sputare in terra un grumo di sangue.

Joshua si risollevò sprezzante, a quelle ultime parole e, atono, replicò: “Il potere va conquistato con armi nobili, non con gli agganci politici o le amicizie altolocate. Te l’ho sempre detto. Inoltre, la livrea viene data da Madre. Ti ritieni dunque migliore di Lei? Non meritavi di più, è chiaro dalle tue stesse parole… e io ti ho dato troppo, di me, a quanto pare.”

Ciò detto, gli volse le spalle e aggiunse: “Keath. Sai cosa fare. Scegli pure tu il modo.”

“Sei solo un ipocrita che si nasconde dietro il titolo di Fenrir, ma che non ammette di essere debole, senza il suo amichetto al fianco!” gli spuntò contro T.J., sollevato a forza da Keath per essere allontanato dal Vigrond.

Joshua non lo ascoltò affatto e, raggiungendo Kate – già visibilmente pallida in viso e provata – si accucciò accanto a lei e mormorò: “Usa la mia energia, per favore. Non sfinirti.”

Lei lo guardò preoccupata, e non si sorprese affatto nel vedere le lacrime inumidire quegli strani occhi di fuoco cupo.

Fenrir di Londra non era uomo insensibile e, a dispetto delle parole intrise di veleno di colui che Joshua aveva considerato un amico fidato, lui era una persona dotata di immensa forza e di grande cuore. Cuore che, in quel momento, stava sanguinando proprio dinanzi a lei.

Annuendo di fronte a quel gesto di generosità estrema, Kate afferrò quindi una sua mano per attingere più velocemente alla sua enorme energia di Fenrir e, sfiorando l’ennesima mente umana, mormorò: “Mi spiace molto per te, Fenrir. E, se può valere qualcosa, io non credo tu sia debole.”

Joshua si limitò a sorriderle grato e, chiusi gli occhi, lasciò che due sole lacrime solcassero il suo viso.

Non avrebbe dato altro, di sé, a Theo.

Qualche attimo dopo, si udì un colpo di pistola, che rimbombò nel bosco silente e Michael, poggiando le mani sui fianchi, chiosò: “Curioso che gli abbia sparato.”

Fergus, dal canto suo, replicò: “Era una vita che voleva usare quelle cazzo di pistole. E’ stato accontentato.”

 

 

 

N.d.A.: T.J. ha infine mostrato il suo vero volto, distruggendo tutto ciò che lo legava a Joshua.

Da tanto dolore, però, il nostro Fenrir ha comunque ricavato qualcosa, e cioè l’amore di Gretchen e il rispetto e la rinnovata fiducia da parte dei neutri e degli umani del suo branco.

Rimane solo da scoprire cosa succederà al corpo di T.J. (per chi non lo ricordasse, i lupi morti che hanno sempre onorato il clan vengono cremati, e le loro ceneri vengono sparse al Vigrond, perché le loro memorie vengano assorbite dalla quercia sacra. I traditori non hanno questo onore, e la loro fine dipende dalle decisioni di Fenrir)


 

  
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