4.
L’ultimo
appuntamento della serata, per quel giorno, non sarebbe stato con un
post-trauma di qualche genere, o un’attempata signora con la
schiena dolente,
ma con Fausto Rinaldi, il rappresentante degli umani del suo branco.
Figlio
di un italiano immigrato nella prima metà degli anni
cinquanta, Fausto era
venuto in contatto con il mondo dei licantropi per merito – o
a causa – delle
scelte dell’allora figlia sedicenne.
Infatuatasi
di uno dei membri più giovani del branco, Clarissa, o Clary
come la chiamavano
tutti, aveva passato tre anni assieme al reticente lupo, prima che la
verità
venisse sviscerata.
A
quel punto la ragazza, ormai maggiorenne, aveva preso la decisione di
continuare il suo rapporto con il lupo e, in seguito, di essere
trasformata, ma
con l’opzione di poterlo dire ai genitori.
Il
predecessore di Joshua aveva dato esito positivo alle sue richieste,
dopo aver
conosciuto i genitori di Clary. In fondo, era stato suo figlio a farla
entrare
nel mondo dei lupi, e lui si era ritenuto in dovere di essere reso
partecipe
dell’intero percorso.
A
questo modo, Fausto e sua moglie Evelyn erano entrati a far parte
– prima come
spettatori meravigliati, e in seguito con sempre maggiore impegno
– della loro
grande famiglia mannara.
Era
venuta a Fausto, in effetti, l’idea di creare un collettivo
dove umani e neutri
potessero dialogare e, in seguito, esporre le proprie idee a Fenrir,
così da
non importunarlo con domande inopportune o questioni insolvibili.
Il
vecchio Fenrir gli aveva dato il benestare a procedere e, con
l’inizio del
nuovo millennio, Fausto era divenuto il rappresentante umano
all’interno del
branco.
L’amicizia
tra il precedente Fenrir e Fausto aveva fatto il resto.
Quando
udì bussare, Joshua non chiese neppure chi fosse. Il profumo
di zucchero a velo
e miele lo precedeva.
Fausto,
infatti, era uno dei pasticceri più rinomati della
città.
Quando
l’uomo robusto e dai capelli sale e pepe entrò
nello studio privato di
fisioterapia della famiglia Ridley, Joshua disse: “Ben
arrivato, Fausto.”
“Joshua”
mormorò l’uomo, guardandosi intorno con
curiosità. “Tuo padre non
c’è? Gli
avevo portato le madeleine che mi
aveva chiesto.”
Ah,
ecco il
motivo del profumo!,
pensò tra sé Joshua prima di dire:
“Gliele porterò io. E’ dovuto scappare
di
corsa perché una sua cliente è rimasta bloccata
con la schiena.”
Fausto
emise un gemito di dispiacere, forse avendone a sua volta sofferto, e
borbottò:
“Non la invidio per niente.”
“Neppure
io, soprattutto visto che ha tre figli indemoniati che la fanno
diventare
matta, e il marito fa sempre il turno di notte, perciò non
può aiutarla,
adesso” sorrise Joshua, invitandolo nel suo ambulatorio
privato.
Fausto
lo seguì e, al cenno della mano di Joshua, si
accomodò su una comoda poltrona
ergonomica in pelle nera.
Poggiate
poi le due confezioni di madeleine sulla
scrivania, Fausto domandò: “In cosa posso esserti
utile? E’ forse successo
qualcosa?”
“Più
di una cosa, a dire la verità, e in parte per colpa
mia” sospirò Joshua,
intrecciando le mani sul sottobraccio della sua scrivania.
“Abbiamo scoperto un
traditore nel branco, e grazie a una delle nostre cucciole umane. Sarah
Ellison, per l’esattezza.”
Fausto
sgranò gli occhi per la sorpresa ed esalò:
“La piccola Sarah? E come ci è
finita in mezzo?”
Joshua,
così, fu costretto ad ammettere chi fosse il traditore, e
come la giovane umana
si fosse resa protagonista di un gesto estremamente coraggioso.
Fausto
ascoltò il tutto nel più severo silenzio e solo
alla fine si permise di dire:
“Mi spiace molto, Fenrir. Davvero.”
Joshua
si lasciò andare a un risolino nervoso, ammettendo:
“Pensavo di avere più
discernimento di così, ma evidentemente mi sono
sopravvalutato.”
Fausto,
però, si esibì in una scrollata di spalle e
replicò: “Se dovessimo valutare le
persone soltanto per i loro errori, rimarrebbero in vita in pochi. Si
è
fallibili, ma l’importante è ammettere di poter
sbagliare, e poi prodigarsi per
sistemare le cose.”
“Se
io sbaglio, però, metto a rischio la sicurezza della mia
gente” sottolineò
colpevole Joshua.
“Anche
un dottore che opera mette a rischio il paziente, se non è
attento ma, se
rinunciasse al primo errore, nessuno opererebbe più, e
allora sì che saremmo
nei guai. Si impara anche – e soprattutto – dai
propri inciampi” gli sorrise
Fausto, serafico. “Hai enormi responsabilità,
è indubbio, e non riesco neppure
a capire come tu riesca a dormire di notte al solo pensiero di dover
controllare così tante anime, ma è chiaro a tutti
quanto tu sia un bravo
leader, esattamente come Randolf, il tuo predecessore.”
“Pur
se non sono stato obiettivo? Neppure con voi?” ci tenne a
sapere Joshua.
Fausto,
a quel punto, sorrise divertito e replicò: “Vuoi
sapere qual è stata la prima
cosa che mi ha detto Randolf, quando gli ho proposto l’idea
del Comitato
Interspecie? Mi ha riso in faccia, dicendo che poteva benissimo gestire
le cose
come aveva sempre fatto.”
Ciò
detto, mimò il vecchio alfa mentre intrecciava borioso le
braccia sul petto e
metteva un broncio pauroso.
Joshua
ammiccò divertito e ammise: “Sì, ce lo
vedo a rispondere una cosa del genere.
Noi lupi siamo assai orgogliosi, oltre che testardi.”
“E
avete zanne da far paura, ma siete anche in grado di vedere oltre il
vostro
orgoglio di animali fieri e potenti, quando la necessità lo
richiede” asserì a
quel punto Fausto. “Discutemmo per circa tre ore, quella
volta ma, alla fine,
ammise che, di certe cose, proprio non avrebbe saputo come occuparsi,
così capì
che il mio aiuto gli serviva.”
“E
di quali cose si è ritenuto così inesperto, se
posso chiedere?” domandò curioso
Joshua.
“Le
crisi d’identità dei neutri. Noi umani possiamo
avere la possibilità di mutare,
se lo vogliamo, ma loro non potranno mai, pur desiderandolo con tutto
il loro
cuore, e molti ne soffrono grandemente” ammise il pasticcere,
intrecciando le
mani in grembo. “Per un lupo, è un concetto
astratto, perché voi conoscete solo
un tipo di realtà. Per noi è più
semplice perché ne comprendiamo meglio le
limitazioni, specialmente se decidiamo di non trasformarci come ho
fatto io,
per esempio.”
Annuendo
grave, Joshua ammise: “Sì, in effetti, un
licantropo passa al massimo tredici
anni in forma umana e, di quel periodo, ricorda ben poco, se non lo
stretto
necessario, perciò ci risulta difficile e complesso il
percorso psicologico dei
neutri. Coscientemente posso anche provare a comprendere, ma
è difficile a
livello inconscio e profondo.”
“Esatto.
Perciò, istituire dei centri di ascolto guidati da personale
umano e/o neutro,
è stato un enorme passo avanti. Si sono evitati un sacco di
guai e, lo ammetto,
anche qualche suicidio” convenne Fausto, serio in viso.
Joshua
ne era a sua volta consapevole. Non era una novità per
nessuno che diversi
neutri si fossero suicidati a causa della loro natura ibrida. Se non
attentamente coadiuvati, potevano sviluppare dei sensi di
inferiorità notevoli.
“Cosa
ti proponi di fare, quindi?” chiese a quel punto Fausto,
tornando all’argomento
principale del loro discorso.
“I
Cacciatori attaccheranno al Novilunio, con l’idea di
bloccarci con aconito e
reti in argento. Da quel che ho capito, pensano di fare scendiletto di
molti di
noi. Forse, non hanno ancora capito che, alla morte, torniamo umani. O forse, ci vogliono scuoiare da vivi... chissà.”
ghignò irritato Joshua. “Se siete
d’accordo, vorrei che presenziaste al Vigrond in vece dei
miei mánagarmr, che
attenderanno i Cacciatori
a poca distanza dal nostro Luogo di Potere. Umani e neutri indosseranno
abiti
appartenenti ai lupi, così da confondere l’olfatto
di T.J.”
Annuendo,
Fausto mormorò pensieroso: “Lui
avvertirà l’odore dei lupi, sia di quelli reali
che dei ragazzi camuffati da licantropi, e non si stupirà
dell’odore umano,
visto che sarà in compagnia dei Cacciatori. Può
funzionare. Il punto è un
altro, però. Come la mettiamo coi neutri?”
“Potranno
avvicinarsi. Durante il Novilunio, il potere del Vigrond è
così esiguo che non
causerà loro alcun danno. Il peggio che potranno avvertire
sarà un po’ di
emicrania” lo rassicurò Joshua. “Per
ogni eventualità, verranno dotati di
giubbotti antiproiettile, ma dubito fortemente che spareranno. Vogliono
la nostra
pelliccia, perciò non la rovineranno con i proiettili... varrebbe la pena farsi ammazzare anche solo per vedere la loro faccia sconvolta quando scopriranno che torniamo alle nostre sembianze umane. Ma non mi offrirò di certo volontario per questo esperimento culturale.”
Nel
dirlo, sbuffò disgustato e Fausto, scuotendo il capo,
borbottò: “Certa gente
non imparerà mai.”
“Io
spero di aver imparato, per lo meno” si limitò a
dire Joshua.
Il
pasticcere sorrise, annuendo, e domandò: “Di
quanti uomini hai bisogno?”
“Una
dozzina, direi. Solitamente, le riunioni del Novilunio contano soltanto
i
capi-sentinella e pochi altri alfa” lo informò
Joshua.
Fausto
assentì una sola volta, si alzò e
dichiarò: “Mi metterò in contatto io
con le
persone giuste, poi ti manderò l’elenco via
e-mail, va bene?”
“E’
perfetto. E grazie.”
“Siamo
qui per essere d’aiuto, Fenrir. Non dimentichiamo mai che le
sentinelle
proteggono anche noi” si limitò a dire
l’uomo, allungando una mano nella sua
direzione.
Joshua
la strinse pieno di gratitudine e di contrizione e, quando infine
uscì a sua
volta dallo studio – circa mezz’ora dopo la
partenza di Fausto – trovò Gretchen
ad attenderlo.
Era
splendida nel cappotto bianco, stretto sui fianchi, che lasciava libera
allo
sguardo una gonna al ginocchio e gli alti stivali di pelle nera.
I
capelli, intrecciati sulle tempie e la nuca, risplendevano alla luce
dei
lampioni e Joshua, annusando l’aria, mormorò:
“Sei stata dalla parrucchiera.”
Lei
annuì, sfiorandosi l’acconciatura elaborata, e
ammise: “Colpita e affondata. Ti
piacciono?”
“Sarebbe
più facile dire cosa non mi piace
di
te” scrollò le spalle lui, offrendole il braccio.
“E
cioè?” si interessò lei, curiosa.
“Devo
ancora scoprirlo.”
Gretchen
rise per un attimo, prima di tornare seria e domandargli:
“Com’è andata?”
Joshua
le raccontò del suo incontro con Fausto, e di come lui si
fosse non solo
offerto di aiutare, ma anche di come l’avesse ascoltato nel
suo personale
stillicidio.
La
donna annuì più volte al suo racconto e, mentre
si allontanavano camminando
lungo il marciapiede, la sua aura avvolse quella del suo Fenrir,
così da farlo
sentire protetto e amato.
Comprendeva
bene quanto si sentisse affranto e dispiaciuto, in quel momento,
perché aveva
sofferto a sua volta quando si era trasferita lì a suo tempo.
L’uomo
di cui si era creduta innamorata l’aveva tradita con
un’altra donna – vuoi per
la sua spregiudicatezza, o per la sua posizione sociale –
così
quell’allontanamento le era servito per molteplici motivi.
Alla
fine, era stato un bene non aver ammesso nulla del suo segreto con
Benjamin e,
forse, il suo subconscio aveva capito la realtà dei fatti
molto prima del suo
cuore.
Scoprire
un nuovo equilibrio e vivere in mezzo a persone come lei era stato
catartico,
oltre che un’avventura mai sperimentata prima di allora.
Innamorarsi
di Joshua era successo poco alla volta. Memore delle precedenti batoste
sentimentali, aveva atteso molto prima di capire cosa fosse nato nel
suo cuore
per il prestante Fenrir di quel branco.
Ben
sapendo di dover agire con molta cautela – la compagna di
Fenrir non era una
lupa qualunque – non aveva espresso i suoi sentimenti, ma
aveva fatto in modo
di conoscere meglio Joshua, e di farsi conoscere.
Il
gesto della sera precedente, perciò, l’aveva
sì sorpresa, ma anche riempita di
gioia pur se sapeva che, se le cose si fossero protratte per lungo
tempo,
avrebbe dovuto fare i conti con tutto il branco.
Fenrir
poteva concedersi tutte le storie che voleva, e anche scappatelle con
chiunque
ma, se desiderava veramente una
donna
– o un uomo – per sé, allora doveva
essere interpellato l’intero clan.
E
l’Ordalia era quasi un fatto certo, viste le forze in campo.
Non
erano certo a quel punto – non era sicura di nulla in quel
momento, se non di
ciò che sentiva nello stare con Joshua – ma doveva
tener conto del fatto che,
prima o poi, avrebbe potuto mettere in gioco tutta se stessa, per lui.
Quando,
però, Joshua le sorrise e ammiccò con i suoi
curiosi occhi rosso scuro, non
ebbe dubbi; per lui, avrebbe smosso montagne e scoperchiato vulcani.
***
Joshua
non sapeva se vi fossero precedenti in tal senso, perché
onestamente non si era
informato in merito, ma fu davvero strano accompagnare costi tanti
umani e
neutri nel Vigrond.
L’atmosfera
era satura di odori autunnali. La terra umida e calda, i funghi appena
nati che
spargevano le loro spore nell’aria, le foglie in
decomposizione nel sottobosco.
Ogni
cosa riportava al significato più ancestrale di vita, morte
e rinascita e
Joshua, nel pensarci, fu certo che anche quella notte avrebbero toccato
ogni
punto di quella lista.
T.J.
non sarebbe sopravvissuto a quella retata e, anche grazie a Kate
Alexander, i
Cacciatori non sarebbero stati un problema.
Scrutando
la giovane e minuta wicca, ritta al
fianco della sua guardia del corpo personale, Joshua
mormorò: “Tutto bene?”
Lei
assentì e Susan, sfiorandole una spalla con la mano, le fece
capire senza
parlare che nessuno, quella notte, si sarebbe permesso di toccarla.
Michael
e Fergus, in piedi accanto alla quercia sacra, stavano curiosando
l’oscurità
del bosco con i loro sguardi attenti mentre, nel mezzo del Vigrond,
umani e neutri
parlavano di confini e di segnalazioni.
Se
T.J. si fosse arrischiato ad ascoltare, avrebbe sentito solo
ciò che ci si
aspettava da loro.
Colton,
infine, si avvicinò a lui e, dopo essersi guardato intorno
pieno di letizia,
disse: “Questa cosa dovremo segnarla sul calendario. Mai
visti così tanti senza pelliccia
nel Vigrond.”
Joshua
sorrise a mezzo, annuendo, e chiosò: “Potremmo
farla diventare una cosa
abituale. Il Novilunio, dopotutto, è un momento ideale per
far partecipare
tutti alla vita del branco.”
Colton
si illuminò in viso al solo pensiero e asserì:
“Potremmo far intervenire dei
rappresentanti eletti, o fare a turno, così che nessuno si
senta escluso.
Inoltre…”
Joshua
rise sommessamente e gli tappò la bocca, replicando:
“Calmati, Martin Luther King…
ogni cosa a suo tempo. Ora, risolviamo questa grana. Dopo, penseremo ai
neutri
e agli umani del branco.”
“I
have a dream… mi piace come idea”
annuì Colton, tornando serio per poi andare a sistemarsi
accanto agli altri due
Gerarchi.
Kate,
avvicinandosi a sua volta alla quercia, ne sfiorò la ruvida
callosità della
corteccia e mormorò: “Puoi esserci
d’aiuto, Madre?”
Sono
vicino,
figlia mia… e con essi è presente un figlio della
luna.
Annuendo
a Joshua, Kate sussurrò: “Manca poco.”
Lui
annusò l’aria per diretta conseguenza, ma non
percepì nulla, se non gli odori
classici del bosco e quello degli animali in lontananza.
Ghignando,
borbottò: “Camuffamento sensoriale. Hanno usato
dei feromoni specifici. Sono
stati furbi e attenti a tutto. Chissà quanto altro
avrà detto loro, quel
bastardo?”
“Glielo
chiederemo” lo rincuorò Fergus, aprendosi in un
sorriso diabolico.
“Sembri
Keath” lo prese in giro Joshua.
“Mi
ci sento molto, stanotte” ammise Sköll, adombrandosi
in viso. “Mi stupisce che
abbia accettato di stare nella retroguardia.”
“Mi
ha detto che vuole fare un’entrata a effetto”
scrollò le spalle Joshua,
tornando poi a scrutare il bosco dinanzi a lui.
Quei
bastardi dovevano aver calcolato anche il vento, prima di partire,
poiché non
riusciva ad avvertire neppure la traccia odorosa di T.J. Oppure, anche
lui
aveva camuffato il suo odore per non essere percepibile.
Chissà.
In ogni caso, lo avrebbe scoperto ben presto. Insieme ad altre cose a
cui non
voleva pensare, ma che sapeva bene lo avrebbero reso cieco di rabbia e
di
dolore.
Perché
T.J. lo aveva tradito a quel modo?
***
Una
cosa andava detta, dei Cacciatori. Avevano fegato da vendere, oltre a
un’ottima
conoscenza di tattica e chimica molecolare.
Non
soltanto attaccarono con precisione chirurgica, lasciando intendere una
preparazione militare di primordine, ma misero in difficoltà
anche i pochi
licantropi presenti al Vigrond, che ebbero i loro seri problemi a
evitare
aconito e reti.
Queste
ultime, infatti, non furono lanciate a mano come presagito dai lupi, ma
sparate. Ciò
impedì di fatto un primo
corpo a corpo frontale, che favorì i Cacciatori e costrinse
umani e neutri a
intervenire per intercettare le reti prima che colpissero i veri lupi.
Qualcuno
doveva aver speso fior di quattrini al mercato delle armi, per dotarsi
di
apparecchiature di prim’ordine, e questo li
spiazzò.
In
ogni caso, anche grazie all’intraprendenza di neutri e umani
e alla mancanza
del fattore sorpresa, in breve i Cacciatori vennero surclassati e T.J.
catturato da Keath, che aveva guidato l’orda di licantropi
nascosti a poca
distanza dal Vigrond.
Stesi
a terra e legati mani e piedi con fascette di plastica –
mentre T.J. era tenuto
sotto tiro da Keath che, per l’occasione, aveva chiesto in
prestito una delle
pistole di Gwen – i Cacciatori erano circondati da coloro i
quali erano venuti
per uccidere.
Sporchi
di aconito ma ben soddisfatti di poter essere stati d’aiuto,
umani e neutri si
tenevano a debita distanza dai lupi per non causare accidentali
svenimenti ma,
al tempo stesso, erano pronti a intervenire nuovamente, se necessario.
Dai
loro occhi era chiaro quanto, quel coinvolgimento in una missione
mannara, li
avesse galvanizzati e, al tempo stesso, resi più consapevoli
del loro ruolo
all’interno del branco.
Di
questo, Joshua fu soddisfatto ma, al tempo stesso, lo rese ancor
più
consapevole del proprio errore. Era stato superficiale a sottostimare
il loro
apporto nella vita del clan.
Lasciando
però quel pensiero a un secondo momento, Joshua
lanciò uno sguardo grato a
Gretchen – in quel momento impegnata a proteggere il fianco
di Kate – e si
avvicinò infine a T.J.
Appariva
tutto sommato spavaldo, pur se il suo viso era pallido e teso. Forse,
la canna
di pistola puntata alla sua fronte non lo rendeva poi così
tranquillo.
“Ebbene,
amico mio? A cosa devo questa comparsata imprevista?”
“Non
è come pensi. Davvero. Li ho condotti qui perché
poteste ucciderli e…” dichiarò
T.J., subito raggelato dall’occhiata ferale di Fenrir.
“Non
costringermi a utilizzare la Voce con te, Theo. Non mi va di usarla a
sproposito
ma, se non mi dirai la verità, non ti risparmierò
nulla” lo mise in guardia
Joshua, arcuandosi minacciosamente verso di lui.
Il
pallore di T.J., allora, divenne divenne fiamma che riscaldò
le sue gote di
orgoglio ferito e, come ultimo tentativo disperato di salvarsi la vita,
ringhiò:
“Mi hanno costretto. Minacciavano la mia famiglia, e
così…”
“Razza
di schifoso bugiardo!” gli urlò contro uno dei
cacciatori, il volto livido e
furioso schiacciato contro il fogliame secco del sottobosco.
Joshua
lasciò temporaneamente perdere T.J. per avvicinarsi
all’umano che aveva parlato
e, accucciandosi dinanzi a lui, domandò: “Puoi
dirmi tu cosa è veramente
successo?”
“E’
presto detto, animale… il tuo amico ti ha tradito per soldi.
Solo per questo”
gli sputò in faccia il Cacciatore, scoppiando a ridere.
“E’ talmente indebitato
con degli strozzini che ha finito con il tradirsi con gli usurai
sbagliati,
così gli abbiamo proposto un patto. Noi avremmo pensato a
salvargli il culo da
quelli che volevano fargli la pelle, e lui ci avrebbe portato da
voi.”
“Non
è vero! Sono tutte menzogne!” gridò
T.J., tornando a impallidire visibilmente.
Keath
lanciò un’occhiata di assenso a Joshua, ben
consapevole della sua menzogna
grazie ai gesti incontrollati del suo volto e, a sua volta, Kate disse:
“Mente,
Fenrir.”
“A
quanto pare, i suoi debiti non si limitavano solo a
Montecarlo” dichiarò a quel
punto Keath.
“No,
no, no…”
continuò a mugugnare T.J.,
ricoperto da un velo di sudore e con gli occhi sgranati per
l’incertezza. Ora,
la spavalderia era del tutto scomparsa.
Il
Cacciatore rise sprezzante, replicando: “Montecarlo?
Quell’idiota si è
indebitato con la mafia cinese. Peccato che, a quanto pare, non siano
così ben
disposti verso i debitori recidivi.”
Joshua
assentì, non sapendo come sentirsi. Era disgustato, ma
c’era anche altro, oltre
al malessere. C’era la certezza di aver sbagliato a leggere
l’animo dell’amico,
e la sicurezza di aver dato la propria amicizia alla persona
più indegna di
tutte.
“Vi
credete tanto superiori a noi, ma siete solo feccia”
ringhiò l’umano,
fissandolo con odio malcelato.
“Puoi
pensare a loro, mia cara? Io devo occuparmi del mio
sottoposto” disse a quel
punto Joshua, ignorando le ultime offese dell’umano e dando
una pacca sulla
spalla a quest’ultimo. “In virtù della
tua onestà, non verrete uccisi.
Consideralo un regalo di Natale anticipato.”
“Vi
verremo a cercare, ora che sappiamo dove trovarvi, e stavolta agiremo
in
maniera più…” iniziò col
dire l’uomo, prima di bloccarsi a metà della
frase,
fissare intontito la donna dinanzi a lui e infine crollare in un sonno
profondo.
Le
urla degli altri uomini presenti si levarono subito verso il cielo, ma
nessuno
li ascoltò e, aiutata dal potere di Hati e Sköll
– oltre che dalla presenza
della quercia sacra – Kate dilavò i ricordi del
Cacciatore, riportandolo a
prima della sua conoscenza con T.J.
Scrutando
per alcuni istanti Kate e il suo lavorio costante sulla mente del
Cacciatore,
Joshua tornò ben presto a occuparsi di T.J. e, con la sua
suadente quanto rara
Voce del Comando, mormorò: “Ora dimmi
perché non ti sei rivolto a me.”
T.J.
rabbrividì nell’udire il suono candido ma
raggelante del suo Fenrir e,
piegandosi in avanti come colpito da violenti crampi,
gracchiò: “Non volevo…
non volevo essere ancor più succube di te, …
più di quanto già non lo fossi. Mi
hai tenuto nella tua ombra per tutta la vita! Sono sempre e solo stato ‘l’amico di Fenrir’,
mai soltanto T.J.,
ed è tutta colpa tua!”
“Gran
bell’ingrato” ringhiò Keath, snudando le
zanne prominenti.
Fenrir
lo bloccò con un’occhiata e, dopo essersi piegato
in avanti per sussurrare
all’orecchio di Theo, mormorò: “Non mi
prenderò mai la colpa di averti amato
come un fratello. Se vi hai visto della malignità, in
questo, è solo un
problema tuo. E tu solo sarai il responsabile della tua
caduta.”
T.J.,
allora, risollevò il volto per scrutarlo gli occhi chiari
pieni di rabbia e
disprezzo e, con le ultime forze che gli rimanevano, gridò:
“Meritavo di più,
da te! Tu avevi già ricevuto la livrea! Dovevi dividere il
potere con me! Sono
più forte di loro, e tu lo sai! Dovevo essere io uno dei
Gerarchi, e tu avresti
dovuto capirlo!”
Ciò
detto, fisso disgustato Hati e Sköll prima di sputare in terra
un grumo di
sangue.
Joshua
si risollevò sprezzante, a quelle ultime parole e, atono,
replicò: “Il potere
va conquistato con armi nobili, non con gli agganci politici o le
amicizie
altolocate. Te l’ho sempre detto. Inoltre, la livrea viene
data da Madre. Ti
ritieni dunque migliore di Lei? Non meritavi di più,
è chiaro dalle tue stesse
parole… e io ti ho dato troppo, di me, a quanto
pare.”
Ciò
detto, gli volse le spalle e aggiunse: “Keath. Sai cosa fare.
Scegli pure tu il
modo.”
“Sei
solo un ipocrita che si nasconde dietro il titolo di Fenrir, ma che non
ammette
di essere debole, senza il suo amichetto al fianco!” gli
spuntò contro T.J.,
sollevato a forza da Keath per essere allontanato dal Vigrond.
Joshua
non lo ascoltò affatto e, raggiungendo Kate –
già visibilmente pallida in viso
e provata – si accucciò accanto a lei e
mormorò: “Usa la mia energia, per
favore. Non sfinirti.”
Lei
lo guardò preoccupata, e non si sorprese affatto nel vedere
le lacrime
inumidire quegli strani occhi di fuoco cupo.
Fenrir
di Londra non era uomo insensibile e, a dispetto delle parole intrise
di veleno
di colui che Joshua aveva considerato un amico fidato, lui era una
persona
dotata di immensa forza e di grande cuore. Cuore che, in quel momento,
stava
sanguinando proprio dinanzi a lei.
Annuendo
di fronte a quel gesto di generosità estrema, Kate
afferrò quindi una sua mano
per attingere più velocemente alla sua enorme energia di
Fenrir e, sfiorando
l’ennesima mente umana, mormorò: “Mi
spiace molto per te, Fenrir. E, se può
valere qualcosa, io non credo tu sia debole.”
Joshua
si limitò a sorriderle grato e, chiusi gli occhi,
lasciò che due sole lacrime
solcassero il suo viso.
Non
avrebbe dato altro, di sé, a Theo.
Qualche
attimo dopo, si udì un colpo di pistola, che
rimbombò nel bosco silente e
Michael, poggiando le mani sui fianchi, chiosò:
“Curioso che gli abbia sparato.”
Fergus,
dal canto suo, replicò: “Era una vita che voleva
usare quelle cazzo di pistole.
E’ stato accontentato.”
N.d.A.:
T.J. ha infine mostrato il suo vero volto, distruggendo tutto
ciò che lo legava
a Joshua.
Da
tanto dolore, però, il nostro Fenrir ha comunque ricavato
qualcosa, e cioè l’amore
di Gretchen e il rispetto e la rinnovata fiducia da parte dei neutri e
degli
umani del suo branco.
Rimane
solo da scoprire cosa succederà al corpo di T.J. (per chi
non lo ricordasse, i
lupi morti che hanno sempre onorato il clan vengono cremati, e le loro
ceneri
vengono sparse al Vigrond, perché le loro memorie vengano
assorbite dalla
quercia sacra. I traditori non hanno questo onore, e la loro fine
dipende dalle
decisioni di Fenrir)