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Autore: Saigo il SenzaVolto    07/02/2019    3 recensioni
AU, CROSSOVER.
Prequel de 'La Battaglia di Eldia'
Boruto Uzumaki, il figlio del Settimo Hokage di Konoha. Un prodigio, un genio. Un ragazzo unico nel suo genere.
Un ragazzo il cui sogno verrà infranto.
Una famiglia spezzata. Una situazione ingestibile. Un dolore indomabile. Una depressione profonda. Un cuore trafitto.
Ma, anche alla fine di un tunnel di oscurità, c'è sempre una luce che brilla nel buio.
Leggete e scoprite la storia di Boruto Uzumaki. La sua crescita, la sua famiglia, il suo credo, i suoi valori.
Leggete e scoprite la storia di Boruto Uzumaki. Un prodigio. Un ninja. Un traditore. Un Guerriero.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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UN RITORNO IN SCENA RIVOLUZIONARIO






LOCKING UP THE SUN
(Poets of the Fall)
 
They're locking up the sun, the light of reason’s gone,
N' hope has been successfully undone.
The question's burning on, where is it coming from?
No-one seems to know the monster born.
 
It's a bad trip on a sinking ship,
When no-one seems responsible.
Scapegoat to rock the boat,
Yeah, we need someone expendable.
Volunteers to face the fears,
Can we be sensible
And find a way to break the fall,
Find out the cure for all?
 
Is there a hero somewhere?
Someone who appears and saves the day!
Someone who holds out a hand
And turns back time!
Is there a hero somewhere?
Someone who will never walk away,
Who doesn't turn a blind eye to a crime!
 
They're locking up the sun, they have their chosen one,
You know this time they'll make him play along.
They're taking to the arms, the fathers and their sons,
There's nowhere left to run and hide.
 
It's a bad trip on a sinking ship,
When no-one seems responsible.
Scapegoat to rock the boat,
Yeah, we need someone expendable.
Volunteers to face the fears,
Can we be sensible
And find a way to break the fall,
Find out the cure for all?
 
Is there a hero somewhere?
Someone who appears and saves the day!
Someone who holds out a hand
And turns back time!
Is there a hero somewhere?
Someone who will never walk away!
Who doesn't turn a blind eye to a crime!
 
And in the emptiness, there's a solution!
Just look within yourself for absolution!
 
And in the emptiness, there's a solution!
Just look within yourself for absolution!
 
 
Stanno rinchiudendo il sole, la luce della ragione è sparita,
E la speranza è stata disfatta con successo.
La domanda brucia, da dove proviene tutto questo?
Nessuno sembra essere consapevole del mostro che è nato.
 
È un viaggio terribile su una nave che affonda,
In cui nessuno sembra responsabile.
Un capro espiatorio per distruggere la barca,
Sì, abbiamo bisogno di qualcuno disposto a sacrificarsi.
Volontari che fronteggino le paure,
Possiamo essere sensibili
E trovare un modo per fermare la tragedia,
Trovare una cura a tutto?
 
C’è un eroe da qualche parte?
Qualcuno che appaia e risolva la situazione!
Qualcuno che tenda una mano
E faccia tornare indietro il tempo!
C’è un eroe da qualche parte?
Qualcuno che non fuggirà mai!
Che non chiuda un occhio dinanzi a un crimine!
 
Stanno richiudendo il sole, hanno il loro prescelto,
Sai che stavolta lo faranno stare al gioco.
Stanno portando alle armi, i padri e i loro figli,
Non è rimasto nessun posto dove fuggire e nascondersi.
 
È un viaggio terribile su una nave che affonda,
In cui nessuno sembra responsabile.
Un capro espiatorio per distruggere la barca,
Sì, abbiamo bisogno di qualcuno disposto a sacrificarsi.
Volontari che fronteggino le paure,
Possiamo essere sensibili
E trovare un modo per fermare la tragedia,
Trovare una cura a tutto?
 
C’è un eroe da qualche parte?
Qualcuno che appaia e risolva la situazione!
Qualcuno che tenda una mano
E faccia tornare indietro il tempo!
C’è un eroe da qualche parte?
Qualcuno che non fuggirà mai!
Che non chiuda un occhio dinanzi a un crimine!
 
E nella vuotezza, c’è una soluzione!
Guarda solo dentro di te per trovare l’assoluzione!
 
E nella vuotezza, c’è una soluzione!
Guarda solo dentro di te per trovare l’assoluzione!
 
 

03 Febbraio, 0018 AIT
Castello di Toneri, Astro Celeste
06:00

Boruto non aprì gli occhi.

Rimase fermo e immobile, i suoi occhi chiusi, crogiolandosi silenziosamente nel calore della pallida luce bianca che entrava dalle vetrate dell’immensa finestra alle sue spalle, seduto sopra uno scranno di legno intagliato posto alla destra del letto. Era solo. Solo e immerso nel silenzio, in quel silenzio pieno di pace e di tranquillità che da sempre inondava quella sala del Castello di Toneri; la camera che da poco più di due anni era diventata la sua stanza privata.

Gli piaceva. Se doveva essere sincero, davvero sincero, non poteva negare che la pace e la tranquillità che regnavano lì nell’Astro Celeste fossero piacevoli. Il silenzio e la calma che aleggiavano perennemente nel castello nascosto sulla Luna erano gradevoli, confortanti, inebrianti. Persino lui, una persona incapace di restare ferma e sempre desiderosa di mettersi alla prova, non poteva fare a meno di essere tentato dal desiderare che ogni cosa potesse essere così: tranquilla, leggera. Il ricordo delle sue esperienze passate, quando per quasi un anno intero aveva viaggiato in lungo e in largo tra le Nazioni pur di nascondersi dalle grinfie di suo padre e dell’Unione, non aveva certo lasciato una bella impressione. La vita che conosceva lui era fatta di movimento, di agitazione. Era opprimente. Ma qui nel castello c’era pace. C’era serenità e calma. Una prospettiva allettante per un’anima come la sua, abituata ad una vita di nascondimento e fuga. Per mesi e mesi lui e i suoi amici non avevano fatto altro che desiderare un momento di tranquillità e pace; e persino adesso che erano riusciti per miracolo a trovare nascondiglio e rifugio qui sulla Luna, facevano ancora fatica a crederci.

Ma tutto questo non sarebbe durato.

Boruto non era un illuso. Non era più lo sciocco ragazzino che era fuggito dalla Foglia per proteggere la sua famiglia dalle grinfie dei Ninja e dell’Hokage. Ormai aveva visto la realtà del mondo. Aveva sperimentato sulla sua stessa pelle la crudeltà umana. Aveva combattuto battaglie e guerre. Aveva versato fiumi di sangue. Aveva affrontato innumerevoli persone. Aveva sfidato forze della natura e forze demoniache. E proprio per questo, dopo aver passato questi ultimi due anni ad allenarsi senza sosta sulla Luna, aveva capito che tutto questo non sarebbe durato. Perché, prima o poi, lui avrebbe dovuto ritornare sulla Terra. E quel momento era ormai arrivato. Adesso, adesso era giunta l’ora di ritornare all’opera. Doveva tornare sulla Terra.

Non poteva evitarlo. Il suo addestramento con Zeref era ormai terminato. Grazie alle istruzioni e all’allenamento impostogli dal mago oscuro durante questi ultimi anni, adesso il giovane Uzumaki era riuscito ad assimilare il Potere degli Otsutsuki dentro al suo corpo, rendendolo parte integrante di sé. Era stato arduo. Era stato faticoso. Ma alla fine, dopo aver affrontato mesi e mesi di allenamenti strazianti, dopo aver retto per due interi anni un ritmo di allenamento disumanamente arduo (visto e considerato che Zeref era stato un maestro estremamente intransigente e severo), ci era finalmente riuscito. Il Potere che Momoshiki gli aveva affidato adesso era completamente sotto il suo controllo. A causa di ciò, la sua velocità, i suoi riflessi, la sua potenza e la sua energia erano aumentate a dismisura. Era diventato una forza della natura. Sulla Luna, adesso nessuno riusciva più a tenergli testa. Né i suoi amici, né Urahara e Toneri. Era una cosa sconvolgente. L’unica persona che non era ancora riuscito a raggiungere a livello di potere e forza era Zeref, ma questo perché quel tipo era un vero e proprio mostro dalle sembianze umane. Boruto non pensava che sarebbe mai stato in grado di raggiungerlo appieno. Ma la cosa non gli importava.

Ciò che era veramente importante era che in soli due anni, Boruto aveva raggiunto un livello di potere e abilità straordinario.

Proprio per questo era giunto il momento di tornare. Era pronto. Adesso, con tutto il potere, con tutta l’esperienza, e con tutto il sapere che aveva accumulato, lui poteva ritornare sulla Terra e concentrarsi sul proprio obiettivo. Sul sogno che aveva scoperto di avere durante la fine della Guerra della Pioggia, diversi anni prima.

Portare la pace nel mondo.

Boruto lo aveva saputo. Toneri, grazie alla sua Tecnica di Divinazione che gli permetteva di osservare sempre ed in ogni circostanza la situazione della Terra dalla Luna, glielo aveva detto chiaramente durante questi anni. Il mondo ormai non era più in pace. Anzi, lui sapeva che non lo era mai stato. Già in passato, prima di giungere qui nell’Astro, lo aveva visto. Mentre l’Unione e le Grandi Nazioni prosperavano, i Paesi poveri ed emarginati morivano e soffrivano sempre più. Le ingiustizie, la povertà, la fame, il dolore, non erano stati sconfitti dalla pace creata dal Settimo Hokage. E adesso, a causa delle nuove circostanze in cui versava la Terra – alcune delle quali dettate e causate dalle azioni da criminale che lui stesso aveva commesso durante i suoi viaggi, Boruto non poteva negarlo – la stabilità e il fragile equilibrio che l’Unione aveva portato nel pianeta si stava frantumando sempre più. La situazione era crollata ulteriormente. Ormai la pace era solo una parola vuota e priva di senso per la gente comune. Le persone erano tornate ad avere paura e a non sentirsi più al sicuro nemmeno nei Villaggi, proprio come accadeva ai tempi di Hashirama Senju. Gli Shinobi e i Kage, i veri artefici primari di tutto quel complesso e corrotto sistema chiamato Unione, si stavano rivelando sempre più inefficaci e incapaci di gestire la situazione; oltre che sempre meno affidabili per garantire la tranquillità nelle Nazioni. Sempre più Ninja disertavano dai Villaggi, creando orde e orde di Nukenin interessati solo a farsi giustizia da soli e a far valere le loro opinioni.

In altre parole, era il caos più totale.

Boruto non poteva permetterlo. Non poteva lasciare che la Terra finisse nel panico. Non poteva restarsene nascosto sulla Luna, in pace, mentre tutte le persone innocenti sul suo pianeta continuavano a soffrire e a patire ingiustizie e dolori. Non poteva. Non ce la faceva. Non ce l’aveva fatta in passato, difronte alle innumerevoli stragi causate dall’Ichibi, e non ce la faceva adesso. Doveva fare qualcosa. E non solo perché sarebbe stato ingiusto o perché tutto questo andava contro i suoi ideali di giustizia e lealtà. Ma soprattutto perché l’artefice di tutta questa situazione era una persona sola: lui stesso. Ed essendo lui il vero responsabile della disfatta del suo mondo, era scontato che dovesse essere sempre lui a prendersene la responsabilità. Boruto aveva messo in crisi l’Unione, gli Shinobi e la stabilità del suo pianeta, per cui sarebbe stato lui a dover risolvere questa situazione.

Non aveva paura. Il giovane Uzumaki, ormai diventato quindicenne, sapeva a cosa sarebbe andato incontro. Lo aveva sempre saputo, in realtà. Forse già da molto tempo prima. Per questo non poteva tirarsi indietro. Era ciò che voleva. Era ciò che doveva fare.

Avrebbe riportato la pace nel suo mondo. Una pace solida, lunga e duratura. Una pace vera. Non come la pace falsa e fragile creata da Sasuke Uchiha e da quel mostro di suo padre. Il loro sogno, la loro tanto agognata pace, si era rivelata falsa. Non era riuscita a reggere il cambiamento d’epoca e di prospettiva. Perciò, adesso toccava a lui prendere in mano le redini della situazione. Toccava a lui assumersi questa responsabilità. Ed il giovane Nukenin era più che intenzionato a farlo. Ad ogni costo.

Boruto Uzumaki, la pecora nera della Foglia ed il criminale di rango S più ricercato al mondo, avrebbe riscritto la storia ancora una volta.

Avrebbe portato la pace nel mondo.

Il biondo riaprì gli occhi, alzandosi lentamente dallo scranno e posando lo sguardo serio e solenne in avanti, verso il futuro.

Era ora di tornare in scena.
 


Mezz’ora dopo

Boruto era fiero di loro.

Non lo diede a vedere espressamente, mantenendo un’espressione neutrale e passiva. Eppure, mentre fissava di sbieco i volti e le espressioni solenni e decise dei suoi compagni disposti in fila accanto a lui, il biondo non poté fare a meno di provare una punta immensa di orgoglio nei confronti dei suoi amici. Non riuscì ad evitarlo. Mikasa, Sora, Gray, Juvia, Kairi e Shirou… erano cambiati. Non avrebbe mai pensato che lo avrebbero fatto davvero, ma era successo. Erano cambiati. Cambiati in meglio. Boruto suppose che fosse solo naturale. Dopotutto, anche loro si erano addestrati senza sosta con Toneri e Urahara durante questi ultimi due interminabili anni, proprio come lui. E sebbene sapesse perfettamente che nessuno di loro potesse vantarsi di essere al suo stesso livello di potenza ora che aveva assimilato il Potere degli Otsutsuki, era innegabile il fatto che i suoi amici erano migliorati visibilmente, proprio come sapeva che avrebbero fatto.

E il cambiamento era visibile ad occhio nudo. Shirou era diventato, contro ogni sua previsione, molto più grosso e muscoloso di prima. Più alto, con le spalle più larghe e i muscoli più pronunciati. Non c’era più nemmeno l’ombra di una traccia di grasso sul suo corpo. Similmente a lui, anche Gray era cresciuto, sia in proporzioni che in potere. Era più alto, più robusto, ed il suo sguardo gelido carico di una sicurezza e una determinazione che non aveva mai avuto in passato. Accanto a lui, Juvia mostrava segni di una maturazione a sua volta evidentissima. Era rimasta fisicamente quasi la stessa di prima, eccezion fatta per i suoi abiti diversi ed i suoi capelli che adesso erano più corti e ordinati, ma la sua sola presenza emanava un’aura di potere ed energia che mai prima d’ora Boruto aveva intravisto in lei. Persino la dolce ed impacciata Kairi non sembrava più la stessa di un tempo, essendo ora diventata più alta, più sicura e più forte che mai. Si era tagliata anche lei i capelli, ma il vero cambiamento che si notava in lei era la sicurezza che adesso ardeva nel suo sguardo. Uno sguardo che ricordava ben poco quello timido e spaventato che aveva sempre avuto in volto due anni prima. Anche lei, a sua modo, era cresciuta indiscutibilmente.

E poi, poi c’erano Mikasa e Sora. Anche loro, come lui e tutti gli altri, erano cambiati. Lo si vedeva da lontano un miglio. E per Boruto, che con quelle due persone aveva condiviso per anni ogni singolo istante della sua vita, il cambiamento era incredibilmente palese.

Il cambiamento più evidente era quello di Sora. Il che era strano, visto che il suo fratello in tutto meno che il sangue era rimasto fisicamente quasi lo stesso, se non per la statura un po' più alta e i capelli adesso tagliati in maniera meno selvaggia e più ordinata. E persino nel carattere non era cambiato quasi per niente, essendo rimasto lo stesso ragazzo sorridente, allegro ed ottimista di sempre. Ma ciò che adesso era completamente diverso in lui era il suo chakra. Era diventato enorme, possente, immenso. Quasi impossibile da percepire appieno. Il suo corpo emanava con la sua sola presenza un’energia immensa, calda e limpida come l’acqua; ma pronta in qualsiasi momento a scatenarsi come una marea inarrestabile. Boruto riusciva a percepirla in lui persino senza il suo occhio ormai. Le sue riserve di chakra erano da sempre state più ampie della media, ma adesso… adesso erano diventate ancora più grosse. Così come lo era diventata anche la sua prestanza fisica e il suo coraggio. Era impossibile negare che Sora fosse cresciuto.

E come lui, anche Mikasa non era da meno. Boruto dovette reprimere un sorriso pieno d’affetto appena posò lo sguardo su di lei. La sua amica era diventata ancora più bella di quanto non fosse stata in passato. Più alta, coi capelli portati sempre a caschetto ed un corpo snello e temprato da anni e anni di intensivi addestramenti fisici di lotta e resistenza. La sua potenza, già enormemente superiore alla media, era incrementata ulteriormente durante questi anni, così come la sua abilità nella lotta, nelle Arti Mediche e quelle Ninja. Era diventata un medico eccezionale e sapiente, grazie all’infinita mole di conoscenza che Toneri aveva condiviso con lei durante la loro permanenza nel castello, e questo le aveva permesso di incrementare in maniera enorme le sue abilità curative. Per non parlare poi della sua forza fisica e della sua prestanza, oltre che alla sua perenne calma e serietà che le permetteva di agire sempre a mente lucida in ogni situazione. Sì, Boruto ne era certo: tra tutti i suoi amici, Mikasa era la più forte sotto ogni punto di vista. E proprio per questo, semmai in futuro gli fosse successo qualcosa, lei era l’unica persona a cui il Nukenin poteva pensare di affidare i suoi amici. Era l’unica del gruppo ad avere le qualità necessarie per essere leader.

Ma il suono di passi che si avvicinavano lo fecero riscuotere da quei pensieri. Boruto rifocalizzò la sua attenzione davanti a sé, puntando lo sguardo sulle quattro figure che si erano portate dinanzi a lui e a tutti i suoi amici disposti in fila, fissandoli con serietà e decisione.

Toneri entrò nella sala con passo silenzioso e rapido, il suo volto una maschera indecifrabile e i suoi occhi chiusi. Non era cambiato per niente in questi due anni, se non per il fatto che aveva sviluppato una sempre maggiore confidenza e affetto nei confronti dei ragazzi. L’Otsutsuki era seguito dalla solita figura slanciata e buffa di Urahara che fissava i sette ragazzi con un sorrisetto beffardo e soddisfatto. Appena dietro di loro stava Mitsuki, il quale adesso indossava un lungo camice bianco e azzurro simile a quello che suo padre indossava spesso durante i suoi esperimenti nei laboratori. L’albino, a differenza degli altri suoi amici e coetanei, aveva preso la decisione di diventare un ricercatore, aiutando Toneri a studiare e svelare i segreti delle Tecniche Ninja. Era praticamente diventato il suo assistente, oltre che lo scienziato e la mente intellettiva del gruppo. Colui che agiva silenziosamente nell’ombra sostenendo i giovani con la scienza e le conoscenze tecniche, insomma. Boruto era fiero di lui, nonostante avesse deciso di non seguirli fisicamente nelle loro future avventure.

E poi, infine, c’era Zeref. Ecco, lui sì che era un tipo insondabile. Quel soggetto era un vero e proprio mistero, oltre che un traguardo insormontabile, per tutti loro. Sin da quando era giunto qui sulla Luna con l’obiettivo di addestrare Boruto, quel mostro dalle sembianze di un misero ragazzo era rimasto sempre lo stesso. Freddo, distaccato, impassibile e serio in ogni circostanza, esattamente come si era mostrato loro nel giorno in cui si erano conosciuti. Si era rivelato una persona parecchio… statica, insomma. Non c’era niente che sembrava appassionarlo, niente che destasse anche solo minimamente il suo interesse, e sembrava essere sempre annoiato in ogni situazione. Non che Boruto e gli altri potessero dirglielo in faccia. Quel ragazzo, per quanto facessero ancora fatica ad ammetterlo e comprenderlo appieno, era uno degli esseri più potenti, più pericolosi e temibili che avevano mai conosciuto. Il suo potere era enorme, incomparabilmente più grande rispetto a quello di chiunque altro di loro, persino di Urahara, Boruto e Toneri messi assieme, eppure Zeref non lo usava mai. Nemmeno una volta, nel corso di questi anni, il mago oscuro aveva dato sfogo davanti agli altri delle sue abilità. Certo, durante le sessioni di allenamento e lotta con Boruto era costretto a combattere, ma anche lì il Signore Oscuro si tratteneva sempre senza andarci troppo pesante e non esagerava mai nel mostrare le sue reali abilità. Per cui, nessuno dei presenti aveva idea di quanto potente fosse realmente.

Eppure, anche se non ne avevano mai fatto esperienza, nessuno di loro osava dubitare della pericolosità di Zeref.

Toneri, Urahara e Mitsuki si fermarono dinanzi a tutti loro subito dopo. Il mago oscuro fece lo stesso, tenendosi però un po' in disparte sul lato destro della sala. Boruto, Mikasa, Sora e tutti gli altri rimasero sull’attenti, ricambiando i loro sguardi con fermezza e serietà.

Urahara fu il primo a prendere parola. “Direi di saltare le formalità,” disse lentamente, sospirando quasi. “Ragazzi, sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato. Tutti voi, uno per uno, vi siete addestrati senza sosta durante questi anni proprio in previsione di questo giorno. E adesso, immagino sappiate perché via abbiamo chiamato qui. Ormai siete pronti. Perciò… è giunto il momento per voi di riprendere a marciare verso il vostro sogno.”

Toneri annuì, dischiudendo gli occhi. “È giunto il momento di riprendere il vostro lavoro sulla Terra,” dichiarò solennemente.

I sette ragazzi annuirono con enfasi, senza esitazione. “Sì,” dissero in coro.

Zeref li squadrò singolarmente coi suoi occhi semichiusi, il suo sguardo penetrante e la sua espressione indecifrabile. “È davvero questo quello che volete?” domandò all’improvviso, cogliendoli alla sprovvista per un secondo. Tutti si voltarono verso di lui. Il Signore oscuro poggiò la schiena ad una parete, incrociando le braccia. “So che ne avete già discusso molte volte negli ultimi anni, ma è fondamentale essere chiari con voi stessi. È davvero questo ciò che desiderate fare?” chiese.

I ragazzi non risposero alla domanda. Invece, sei di loro spostarono lo sguardo verso il loro leader, fissandolo silenziosamente ed aspettando che fosse lui a prendere la parola a nome d tutti. E appena Boruto si sentì addosso gli occhi dei suoi amici, capì quello che doveva fare. “Il nostro mondo è sull’orlo di una crisi mondiale,” cominciò allora a dire, la sua voce seria e bassa. “La fantomatica ‘pace’ che il Settimo Hokage credeva di aver raggiunto si sta sgretolando di giorno in giorno. L’Unione si sta rivelando sempre più inutile, sempre più inefficiente. Corrotta e infamata da uomini e donne a cui non interessa raggiungere la pace e la stabilità del nostro pianeta. La popolazione sta sprofondando sempre più nell’insicurezza. La criminalità è tornata alle stelle. E la causa di tutto ciò siamo noi. O meglio… sono io.”

“Sono stato io a generare tutta questa situazione,” continuò a dire Boruto, il suo tono e la sua espressione indecifrabili. “E sono sempre stato io, coi miei ideali, coi miei obiettivi, e con le mie azioni, a guidare i miei amici durante la nostra fuga dall’Unione. Io li ho spinti a combattere contro le Cinque Grandi Nazioni… a rinnegare i valori degli Shinobi… ad affrontare battaglie e guerre… e a sigillare un Demone. Perciò, se c’è qualcuno che deve ritenersi responsabile della situazione drammatica in cui e sprofondato il mondo, quello sono io.”

Toneri annuì. “Dici il vero. Il responsabile di tutto quello che sta succedendo sei tu. La responsabilità cade sulle tue spalle, Boruto Uzumaki. Non puoi negarlo,” confermò, piatto. Il biondo annuì.

“Ma non lo ha fatto da solo,” la voce di Mikasa non tardò ad aggiungere. La ragazza fece un passo in avanti. “Tutti noi, dal primo all’ultimo, abbiamo deciso liberamente di seguire Boruto in questa impresa. E questo non perché non avevamo altra scelta, ma perché anche noi, in fondo al nostro cuore, condividiamo il suo stesso sogno di pace e di giustizia.”

Sora si batté un pugno sul petto. “Esattamente. Tutto ciò che abbiamo fatto, la abbiamo fatto per nostra iniziativa; decidendo di nostra spontanea volontà di seguirlo! Noi siamo una famiglia, e una famigli affronta ogni ostacolo. Tutti insieme,” dichiarò con determinazione e sicurezza.

Urahara incrociò le braccia. “Anche questo è vero,” concesse loro. “Tuttavia, Zeref ha ragione. Prima di agire, bisogna essere assolutamente sicuri. Siete davvero certi che sia questa la strada che volete intraprendere? Volete davvero combattere per portare la pace nel mondo?”

I ragazzi rimasero solenni e determinati come prima. “Sì, sensei,” rispose Boruto.

Toneri lo fissò negli occhi. “Ma non tutti saranno d’accordo con il vostro sogno,” ribatté. “Siete comunque disposti a combattere? Anche se questo significherà andare contro le Cinque Grandi Nazioni? Contro l’Unione? E contro tutti coloro che non accetteranno di collaborare per raggiungere la pace che sperate e che vi vedranno come nemici?”

Gray fece un sorriso bieco e predatorio. “Solo i codardi non hanno nemici. E noi non ci tireremo indietro dinanzi alla sfida,” dichiarò con sfrontatezza e arroganza.

“Non lo abbiamo mai fatto prima d’ora. Non lo faremo neanche adesso,” confermò Juvia, impassibile.

“Badate bene, però: la strada che volete intraprendere non sarà facile. E tutto il mondo sarà contro di voi,” la voce impassibile di Zeref era ferma e provocatoria, come se stesse cercando di testare la loro determinazione. “Sarete soli. Voi sette, contro il mondo intero.”

Shirou si limitò ad inarcare un sopracciglio alla provocazione. “Eravamo soli anche prima. Non è cambiato nulla da allora,” rispose senza la minima preoccupazione. La sua calma a volte era snervante.

Kairi annuì dopo le sue parole, con un’enfasi e una carica che non aveva mai mostrato prima d’ora. “Abbiamo preso la nostra decisione, Zeref,” disse semplicemente.

Urahara, Toneri e Zeref si scambiarono un’occhiata dopo aver visto la loro decisione. Poi, quasi impercettibilmente, i tre adulti si fecero un cenno col capo, prendendo a sorridere con soddisfazione. A parte il Signore Oscuro, che rimase impassibile come sempre con le braccia incrociate. Urahara fece battere le mani. “Molto bene,” esordì allora l’uomo col cappello. “Allora non c’è altro da aggiungere. Scusateci se vi abbiamo fatto questo interrogatorio, ma volevamo essere sicuri del fatto che non avreste vacillato dinanzi al pericolo. Il vostro avversario adesso è il mondo. Non potete più permettervi di esitare.”

“Tuttavia sappiate che non sarete da soli,” aggiunse l’Otsutsuki bianco. “Io e Urahara saremo sempre qui nel castello per aiutarvi. Non ci avventureremo assieme a voi, ma vi sosterremo al meglio delle nostre abilità.”

Sora sgranò gli occhi. “Aspettate, state dicendo che non verrete con noi sulla Terra? Ma perché?” chiese.

Urahara sorrise. “Toneri non può abbandonare questo luogo. Ed io… beh, diciamo che non posso più mettere piede sulla Terra se non è strettamente necessario. Una volta tornati a casa, sarete soli,” spiegò loro.

La notizia stupì tutti i presenti. “Non puoi più mettere piede sulla Terra? Come sarebbe?” domandò Boruto, incerto.

“Quando ho combattuto contro l’Hokage per permettervi di fuggire dal Villaggio, ho dovuto fare una scelta,” rispose lentamente l’altro. “Per fare in modo che voi tre poteste scappare sani e salvi, ho dovuto usare il pieno delle mie abilità per trattenere il Settimo lontano da voi. E a causa di ciò, l’Hokage ha memorizzato perfettamente il mio chakra e la segnatura della mia energia vitale. Tentare di utilizzare un sigillo come il vostro per celare la mia presenza sarebbe inutile ormai. Se tornassi sulla Terra assieme a voi, in qualsiasi parte del globo mi trovassi, lui riuscirebbe a percepirmi in breve tempo grazie alle sue abilità sensoriali.”

Mikasa mise i tasselli al loro posto. “Quindi… se tu venissi assieme a noi…”

“… il Settimo riuscirebbe a scovare immediatamente la vostra posizione a causa mia, esatto,” concluse tristemente lo spadaccino. “Mi dispiace, ragazzi, ma non c’è altro modo. Se voi siete decisi a tornare sulla Terra, allora io devo restare qui.”

I ragazzi si rattristarono visibilmente all’udire ciò.

“Ma non temete,” disse improvvisamente Mitsuki, sorridendo con confidenza. “Io, Urahara e Toneri resteremo qui sulla Luna e vi terremo d’occhio giorno per giorno. E poi, nel caso vi doveste trovare in difficoltà, potremmo sempre teletrasportarvi di nuovo qui in un batter d’occhio. Ve lo garantisco.”

“A proposito di questo,” disse allora Toneri, portandosi davanti ai ragazzi e consegnando a ciascuno di loro un piccolo oggetto. “Prendete questi e infilateveli sul vostro indice sinistro.”

I ragazzi accettarono gli oggetti senza fiatare, studiandoli con lo sguardo ed infilandoseli alle dita come gli era stato chiesto. Erano dei piccoli anelli bianchi, dalle dimensioni di pochi centimetri. “Cosa sono?” domandò Juvia.

“Questi sono degli anelli speciali composti con un metallo ottenuto dalla fusione della roccia della Luna,” spiegò l’Otsutsuki. “Li abbiamo creati io e Mitsuki. Grazie ad essi, noi due saremo in grado di evocarvi qui sulla Luna in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo vi troviate. Perciò, ogniqualvolta avrete bisogno di sparire e nascondervi dagli occhi del mondo, questi anelli saranno la vostra salvezza.”

Boruto assottigliò gli occhi con confusione. “Ma credevo che i Sigilli Proibiti che ci avevi impresso addosso due anni fa potessero fare la stessa cosa,” disse, incerto. “È stato grazie ad essi che siamo riusciti a tornare temporaneamente sulla Terra per fare visita all’Uzukage. Che senso ha indossare degli anelli che hanno la stessa funzione dei nostri Sigilli?”

Fu sempre Toneri a rispondere. “Purtroppo, quei Sigilli Proibiti che avevo impresso su ognuno di voi funzionano solo per un tempo limitato,” spiegò loro con calma. “Dopo un paio di giorni, essi scompaiono. E una volta spariti, non è possibile riutilizzarli di nuovo sulla stessa persona. Per questo abbiamo creato questi anelli. Grazie ad essi, non dovrete più temere un rischio simile.”

“E non è tutto. Gli anelli sono anche dotati di un sistema di comunicazione che vi permetterà di comunicare con noi qui sulla Luna grazie ad un apparecchio che abbiamo costruito nel castello. Vi basterà infondere un po' di chakra negli anelli e saremo in grado di comunicare a distanza come se fossimo perfettamente vicini. È un’aggiunta che ho progettato personalmente.” aggiunse Mitsuki, come se fosse la cosa più scontata di tutti.

Sora ammiccò con meraviglia. “Wow!” esclamò. “Certo che da quando sei diventato l’apprendista di Toneri sei diventato un vero inventore, Mitsuki!”

L’albino si limitò a sorridere. “L’avevo detto io che sono un uomo di scienza.”

I ragazzi e gli adulti scoppiarono a ridere dopo quelle parole, fino a quando Boruto si riprese a posò lo sguardo sulla figura che tra tutti loro non aveva più pronunciato parola da diversi minuti. “E tu cosa farai, Zeref?” gli chiese allora il Nukenin, fissandolo con attenzione. “Resterai anche tu qui sulla Luna, oppure verrai assieme a noi sulla Terra?”

“Gia!” gli fece eco Gray. “Tu sei il più potente tra noi! Con il tuo aiuto, saremmo invincibili! Che hai intenzione di fare?”

Per tutta risposta, Zeref inarcò le labbra in un sorriso freddo e privo di calore, fissandoli senza parlare per diversi secondi carichi di tensione. Poi, dopo quella che parve un’eternità, il mago oscuro pronunciò quattro parole che sconvolsero tutti i presenti.

“Nessuna delle due cose.”

Boruto e tutti gli altri sgranarono gli occhi con sconvolgimento. “Huh?”

Il Signore Oscuro continuò a studiarli col suo sguardo insondabile, del tutto incurante dei loro sguardi allibiti. “Non farò nessuna delle cose che avete detto,” disse. “Il mio solo ed unico compito era quello di addestrare Boruto per insegnargli a padroneggiare appieno il suo Potere. Adesso che ho compiuto questo incarico, non ho più motivo di restarmene qui.”

Kairi fu la prima a riscuotersi dallo stupore. “M-Ma allora… cosa farai?”

“Me ne andrò via,” fu la risposta immediata dell’altro. “Ci sono un paio di cose che vorrei controllare in una dimensione molto lontana da qui. È lì che mi dirigerò. Quello che farete da ora in poi non mi riguarda più.” Poi però, prima che uno di loro potesse aprire bocca per parlare, continuò. “Tuttavia, prima di andarmene, c’è un’ultima cosa che voglio fare.”

Gli occhi di Boruto si assottigliarono. “E quale sarebbe?” chiese, sospettoso. Ormai si era rassegnato all’idea di non riuscire a comprendere per niente quel tipo. Zeref era un mistero insondabile per ognuno di loro, ed era impossibile capire cosa avesse in mente.

Il ragazzo dai capelli neri fissò il biondo con il suo solito sorriso indifferente. “Vi farò un dono,” spiegò. “Un dono che sono certo vi sarà molto utile nelle future battaglie che dovrete affrontare. Tuttavia, prima di consegnarvelo, dovrete dimostrarmi di meritarvelo.”

“E cosa dovremmo fare?” domandò Mikasa, spazientita.

L’altro non si curò affatto del tono astioso della ragazza. “Proprio come l’Otsutsuki qui presente, anche io ho osservato da lontano le vicende della Terra durante questi anni,” cominciò allora a dire a tutti. “E ho notato che da diverso tempo è sorto tra la vostra gente un gruppo di criminali rivoluzionari che sta causando diversi problemi all’Unione, mettendo sotto cattiva luce le Cinque Grandi Nazioni e diffamandole pubblicamente in diversi modi. Questo movimento ribelle, attualmente noto con il nome ‘Rivoluzione’, ha come unico scopo quello di distruggere le fondamenta dell’Unione Shinobi, ed è correntemente guidato da un uomo chiamato Kashin Koji.”

Boruto ragionò per diversi secondi appena apprese quella notizia. Aveva già sentito qualcosa al riguardo di quell’uomo e del suo movimento di protesta contro l’Unione. La Rivoluzione stava acquisendo da diverso tempo sempre più fama e sostegno sul loro pianeta. “Ne abbiamo sentito parlare,” disse, ricordandosi vagamente qualcosa. Toneri aveva raccontato loro a grandi linee quello che succedeva sulla Terra durante tutto il periodo della loro assenza. “E con ciò? Non hai ancora risposto alla nostra domanda.”

Il sorriso di Zeref divenne sinistro a quel punto. “Voglio che voi sette troviate quell’uomo,” disse gelidamente. “E lo uccidiate senza pietà.”

Tutti quanti trasalirono e rimasero allibiti dopo quelle parole. Boruto, appena superato l’iniziale momento di stupore, assottigliò gli occhi con sospetto. “E per quale motivo?” chiese, gelido come non mai. Non aveva la minima intenzione di assecondare i piani di quel tipo senza ricevere una spiegazione adeguata.

Il mago oscuro ricambiò il suo sguardo freddo senza problemi. “Koji è un personaggio particolare,” cominciò allora a spiegare, il suo tono basso come se stesse raccontando una cosa banale. “Non posso entrare nei dettagli, ma anche da questa distanza riesco a percepire che c’è qualcosa di strano in lui. Quell’uomo è stato toccato da qualcosa. Qualcosa di oscuro e malevolo. La sua presenza potrebbe essere un ostacolo per voi e per molti altri.”

Il Nukenin era completamente perso. “Che cosa vorrebbe dire?” domandò allora Urahara, serio.

Zeref posò lo sguardo a terra, pensieroso. “Quell’uomo è stato intoccato. È entrato in contatto con qualcosa – o qualcuno – che non appartiene al suo mondo. In un certo senso, da questo punto di vista è molto simile a voi, in effetti.”

Gli occhi imperscrutabili di Toneri si ridussero a due fessure. “Stai dicendo che questo Kashin Koji è riuscito ad entrare in contatto con qualche essere proveniente da un altro mondo?” sibilò, teso. “Come fai a dirlo?”

“Riesco a percepire qualcosa di estremamente sbagliato in lui,” ribatté Zeref. “Non so con chi sia riuscito ad entrare in contatto, né come abbia fatto a riuscirci; ma posso dire con certezza una cosa: quell’uomo è pericoloso. L’energia che percepisco in lui è oscura. Estremamente oscura. Se voi sette tenete davvero a ristabilire la pace nel vostro mondo, dovrete necessariamente sbarazzarvi di lui.”

Boruto, Mikasa, Sora, Urahara e tutti gli altri ascoltarono con il fiato in gola.

Zeref li fissò con un sorriso inquietante. “Se riuscirete ad ucciderlo, allora io vi ricompenserò,” disse solennemente. “Con un dono che vi conferirà un potere che non potete neppure immaginare.”
 


05 Febbraio, 0018 AIT
Terra del Ghiaccio, 23 Km al Confine
Base Operativa Segreta della Rivoluzione
10:00

L’Uzumaki non avrebbe mai pensato che sarebbe davvero finito per visitare quel luogo. Mai, nemmeno una volta nella sua vita. Persino adesso, mentre osservava il paesaggio roccioso, ghiacciato e ricoperto di neve di quella Nazione dalla cima di una collina innevata, faceva ancora fatica a crederci veramente. Un gelido soffio di vento gli soffiò addosso da Nord, investendolo con una zaffata d’aria talmente gelata da fargli venire i brividi. Il freddo in questo luogo era pungente e secco, e gli entrava nelle ossa. A poco o nulla servivano i pesanti cappotti di piuma e i mantelli di stoffa nera che lui e i suoi amici indossavano per ripararsi dal clima estremamente rigido di quella Nazione. Tra di loro, solamente Gray era immune a tutto quel freddo.

Lui e i suoi amici si trovavano all’interno della Terra del Ghiaccio, un deserto e gelido Paese privo di vita situato tra la Terra dell’Acqua Calda e quella del Fulmine. Tra le innumerevoli Nazioni del loro mondo, la Terra del Ghiaccio era decisamente una delle più povere, e non solo a causa del suo clima. Quella Nazione era quasi completamente disabitata. La sua gente l’aveva abbandonata più di diciotto anni fa, quando il Daimyo del Gelo e il resto della popolazione fecero evacuare il Paese durante la Quarta Guerra Mondiale, temendo che il suo territorio ostico sarebbe stato il teatro di pesanti combattimenti. A causa di ciò, ormai quasi tutta la popolazione della Terra del Ghiaccio non esisteva più. La maggior parte di essa si era unita a Konoha e alla Terra del Fuoco durante la Guerra, lasciando questa Nazione disabitata e in rovina. Persino Boruto era stato un testimone di ciò. Dopotutto, la povera gente che abitava nel piccolo villaggio che aveva visitato anni fa, il Villaggio di Saigo, proveniva originariamente da questo luogo. L’emigrazione della popolazione del Ghiaccio era un fenomeno risaputo al giorno d’oggi.

Ed era proprio qui, in questa Nazione dimenticata dagli dei, che risiedeva la base segreta del movimento ribelle conosciuto come la ‘Rivoluzione’.

Boruto continuò a scrutare coi suoi occhi la distesa di neve e ghiaccio che si estendeva dinanzi a lui. In mezzo ad essa, proprio nel mezzo del bianco della neve, una piccola città fortificata di mattoni e pietra si ergeva a circa due chilometri da lì. Accanto a lui, Mikasa, Sora, Gray, Juvia, Shirou e Kairi osservavano a loro volta con attenzione la cittadina all’orizzonte, tutti quanti vestiti pesantemente come lui e con le teste coperte da pesanti cappucci di stoffa nera.

Mikasa osservò il loro leader chiudere gli occhi con pesantezza per un secondo, assieme ad un leggero cipiglio che nasceva sul suo volto. “Che cosa c’è?” chiese allora Sora, appena vide il suo amico iniziare a concentrarsi.

“Sembra che abbiamo sottovalutato questa Nazione…” ammise amaramente Boruto.

“Questa è la cittadina più vicina al confine, eppure ci sono moltissime squadre di Shinobi al suo interno. Riesco a percepirle benissimo,” aggiunse Kairi, tesa.

“Non capisco. Da quando una città di confine possiede una linea di difesa e protezione così pesante?” chiese anche Shirou, confuso.

Mikasa vide lo sguardo di Boruto posarsi su una piccola fortezza che si trovava proprio al centro dalla città. Lei non poteva vedere o percepire nulla in quel luogo, ma l’intera attenzione del biondo era puntata lì, il che significava qualcosa. Aveva persino attivato il suo Jougan mentre scrutava le montagne.

“Lo percepisci anche tu, Kairi?” domandò Boruto all’altra Uzumaki. La ragazza annuì semplicemente, concentrata. La nera sentì una punta di frustrazione nel sentirsi esclusa da quella discussione. Come anche tutti gli altri che a parte loro due non avevano modo di percepire a distanza qualcosa. Boruto sospirò. “Sembra che la fortuna oggi non sia dalla nostra parte. Dobbiamo prepararci a combattere,” li istruì, facendo irrigidire i suoi amici.

“Sei sicuro?” chiese Kairi, esitante.

Il Nukenin fece un cenno col capo, la sua espressione tesa. “Siamo già stati scoperti. Scappare adesso complicherebbe solamente le cose, e distruggerebbe ogni nostra possibilità di trovare Kashin Koji. Dobbiamo andare lì e combattere,” insistette.

Mikasa ne ebbe abbastanza. “Qualcuno può dirci cosa sta succedendo?” sibilò freddamente. Non voleva ammetterlo apertamente, ma si sentiva in tensione. C’erano state solamente poche volte in cui lei aveva visto quello sguardo sul volto di Boruto, e ogni ricordo di quegli avvenimenti era stato terribile. Prima, quando avevano combattuto contro l’Ichibi, e poi quando erano stati assaltati da Orochimaru. Nessuna delle due esperienze era stata piacevole.

“Sembra che Zeref avesse ragione,” si decise allora a spiegare il biondo, rivolgendosi verso tutti. “Quell’uomo, Koji, non è normale. Sono riuscito a percepire la sua energia da questa distanza col mio occhio. Si trova nascosto all’interno della cittadella centrale. Ed il suo chakra… è spaventoso.”

“Spaventoso… come?” domandò Shirou.

“È oscuro,” rispose Kairi per lui, seria come non mai. “Oltre che immensamente grande. Non so come spiegarlo per bene, ma la sua energia è diversa. Malvagia, crudele e fredda in una maniera completamente differente rispetto a qualsiasi altro tipo di chakra che ho percepito finora. Mi ricorda vagamente quella di Zeref.” ‘E anche quella di Boruto…’ aggiunse mentalmente. “Qualunque cosa sia, non appartiene a questo mondo.”

Sora impallidì visibilmente. “Cavolo… è davvero così grande?” esalò, sconvolto.

“E non è tutto,” aggiunse Boruto, rimanendo calmo nonostante la tensione che sentiva crescergli dentro. “Quell’uomo è protetto da centinaia e centinaia di Shinobi e uomini addestrati che riempiono tutta la città. Probabilmente sono mercenari o Nukenin favorevoli alla causa della Rivoluzione.”

“Loro non saranno un problema. Basterà eliminarli per farci strada fino al nostro obiettivo,” disse Gray, incurante.

Boruto scosse la testa. “Al contrario,” ribatté, freddo. “Non ho intenzione di uccidere gli uomini che appoggiano e lottano in favore della Rivoluzione. Dobbiamo risparmiarli,” dichiarò senza mezzi termini, fissando il Signore del Gelo con serietà e fermezza.

Gray lo guardò con incredulità. “Perché risparmiare gli amici del nostro nemico? Eliminarli sarebbe più facile e conveniente,” disse, incrociando le braccia.

“Sarebbe più facile, certo. Ma non conveniente,” lo corresse il Nukenin, sorridendo con confidenza. “La Rivoluzione e i suoi seguaci ribelli non sono nostri nemici. Proprio come noi infatti, anche loro sono contrari all’Unione. La loro opera di diffamazione sulle Cinque Grandi Nazioni è estremamente utile, e sta acquisendo approvazione e fama di giorno in giorno. Sempre più persone appoggiano i ribelli, perché il mondo si sta rendendo conto dell’inefficienza dell’Unione. Per cui, potrebbero rivelarsi degli alleati non indifferenti.”

I suoi amici rifletterono per diversi secondi su quelle parole. In effetti la cosa aveva senso. Non ci avevano pensato, ma loro e i seguaci della Rivoluzione avevano lo stesso obiettivo: porre fine all’egemonia dell’Unione e stabilire la giustizia tra tutte le Nazioni. Avevano metodi e visioni complessive diverse, certo; ma la sostanza era la stessa.

Juvia si portò una mano al mento, pensierosa. “Adesso che ci penso è vero,” ammise. “E allora cosa vorresti fare, biondino?”

Boruto fissò i suoi amici con uno sguardo impassibile. “Anche se abbiamo metodi diversi, potremmo servirci della Rivoluzione per raggiungere lo stesso obiettivo,” spiegò, il suo tono freddo. Incrociò le braccia sotto al suo mantello di stoffa. “Se risparmiassimo la vita ai suoi seguaci, potremmo trovare un modo per collaborare assieme ai ribelli. L’unico ostacolo è Koji. Ho studiato le sue azioni passate in questi giorni, ed ho scoperto che quell’uomo ha chiaramente qualcosa che non va. È troppo cruento, troppo crudele e spietato nei confronti dell’Unione, e ha pubblicamente attaccato e raso al suolo diversi villaggi della Terra del Fuoco, in preda ad una brama omicida senza precedenti. Inoltre ha pubblicamente assassinato come animali diversi esponenti delle gerarchie economiche dell’Unione, con metodi eccessivamente spietati. Le sue azioni sono controproducenti. Se da una parte possiede un obiettivo che condividiamo, dall’altra i suoi metodi cruenti e senza scrupoli sono visti negativamente da molti. Deduco che sia per questo che molte persone esitano ancora a sostenere la Rivoluzione. La crudeltà sfrenata e l’omicidio non generano sostenitori, nemmeno se hanno una causa giusta.”

“Quindi qual è il piano?” domandò allora Sora, posando le mani sui fianchi. “Andiamo lì, lo uccidiamo e ci alleiamo coi ribelli?”

Boruto lo guardò di sbieco. “In un certo senso. Dobbiamo risparmiare loro la vita se vogliamo unirci alla causa della Rivoluzione. Ma Koji deve essere fermato. Le sue azioni folli porterebbero alla rovina i nostri obiettivi.”

Mikasa era dubbiosa. “Conviene davvero allearci con loro?” chiese, incerta. “Perché non continuare a combattere l’Unione da soli come abbiamo fatto fino ad oggi?”

Il biondo si voltò a guardarla, sospirando sommessamente. “Non possiamo, Mikasa,” spiegò, senza emozione. “Ammettiamolo, noi sette da soli non riusciremo mai a portare la pace nel mondo e a fermare l’imposizione dell’Unione. Siamo troppo pochi. E per quanto duramente ci siamo allenati in questi anni, non riusciremmo mai a fronteggiare e sconfiggere le Cinque Grandi Nazioni e i loro Kage senza aiuto. Men che mai il Settimo Hokage e Sasuke Uchiha. Se vogliamo davvero avere qualche chance, allora dobbiamo trovare dei sostenitori e degli alleati. La Rivoluzione è la nostra unica possibilità.”

Juvia annuì. “Sono d’accordo. Non abbiamo scelta.”

Tutti i presenti, dopo un paio di minuti di riflessione, annuirono a loro volta. La decisione era presa. Non potevano fare altrimenti. “Quindi, cosa facciamo?” domandò Gray.

Boruto diede loro le spalle, voltandosi in direzione della cittadina all’orizzonte ed indossando sulla testa il suo coprifronte sfregiato. “Ci mettiamo all’opera.”
 


Mikasa seguì il loro leader senza farsi domande. Lei ed il suo gruppo di amici superarono i cancelli della cittadina senza esitazione o segretezza, entrando dentro i confini delle mura con tranquillità e ritrovandosi all’interno del territorio nemico. Tuttavia, invece di ritrovarsi faccia a faccia con decine e decine di uomini armati fino ai denti o civili terrorizzati, tutti loro furono accolti da una visione bizzarra. L’intera città era deserta, senza segni di vita in nessun luogo. Tuttavia, Mikasa sapeva che Boruto e Kairi riuscivano a percepire perfettamente le sommesse e celate fonti di energia di quelli che li stavano osservando, nascosti nelle ombre. Il biondo possedeva quel suo misterioso Jougan, e la ragazza era un sensore straordinariamente dotato. Nessuno poteva celare la propria presenza dinanzi a loro. Non così facilmente, almeno.

“Ne conto 90…” disse Gray in tono provocatorio.

“Cosa facciamo con quelli nascosti nelle case?” domandò Kairi a bassa voce.

Boruto rimase impassibile – un’abitudine che aveva ereditato in questi anni a causa della sua costante vicinanza a Zeref, Mikasa lo aveva notato fin troppo bene – e fissò la città con uno sguardo privo di emozione. “Se la mia ipotesi è corretta, allora dobbiamo ignorarli. O affrontarli senza ucciderli. Se vogliamo diventare parte della Rivoluzione, allora dobbiamo farlo tranquillamente e con il loro consenso. Forzarli o ucciderli non funzionerebbe di certo,” sussurrò semplicemente, cominciando a incamminarsi per le vie della città senza la minima preoccupazione. Gli altri lo seguirono lentamente.

Mentre avanzavano, Mikasa si guardava attorno con impassibilità. Notò subito che la città possedeva una serie di fortificazioni di mattoni e pietra e numerosi muri alti e spessi che circondavano la cittadella centrale, quasi come a formare degli strati circolari. “A giudicare dall’aspetto, questo posto sembra una fortezza. Non è una città normale, vero?” domandò Shirou da dietro di lei.

“No. In passato era una frontiera del Ghiaccio e la sede di una piccola forza di guarnigione. Ho ricevuto informazioni da parte di Mitsuki sul fatto che questo Paese aveva creato diverse città-fortezza come questa durante la Terza Guerra Mondiale, per resistere agli attacchi nei confini da parte delle forze della Foglia e della Sabbia,” rispose Boruto. Camminarono per altri cinque minuti buoni, avvicinandosi sempre di più al centro della città senza mai fermarsi o proferire parola.

Fino a quando, poi, dovettero fermarsi.

Appena le prime figure armate emersero dalle ombre della città, Mikasa rabbrividì. E non per l’enorme numero di avversari che li circondavano, ma per qualcos’altro. Per qualcosa di sinistro, di freddo e di opprimente che venne generato accanto a lei. E guardandosi di lato, la ragazza soffocò un ansito nel vedere la figura di Boruto fissare con occhi freddi e glaciali i Ninja che stavano circondando tutti loro con aria minacciosa, emettendo una sommessa aura di energia fredda e pungente che le fece tremare le gambe e le braccia per diversi secondi.

Perché quel Boruto che lei stava vedendo adesso per la prima volta, era molto diverso da quello che era in passato. Lei lo aveva già notato, ormai da diversi mesi. Il suo amico, il suo adorato biondo, era cambiato in questi anni. Era diventato più potente, più forte, più sicuro di sé. Ma anche e soprattutto più freddo, più distaccato e più apatico di quanto non fosse mai stato sin dai tempi in cui viveva ancora con la sua vecchia famiglia. E questa cosa, anche se non voleva ammetterlo, la spaventava. Mikasa non voleva vederlo sempre così freddo e impassibile. Non sapeva se questo suo cambiamento fosse dovuto al fatto che aveva finalmente assimilato tutto il Potere di Momoshiki dentro di sé, oppure se fosse la conseguenza inevitabile della forzata vicinanza che Boruto aveva avuto in questi anni con Zeref. Forse era dovuta ad entrambe le cose. Ma di una cosa era certa. Anche se era diventato più freddo e distaccato, anche se era diventato più potente e più abile, Boruto era sempre il suo amico. Era sempre un membro importante della sua piccola famiglia. E lei lo avrebbe seguito in ogni caso, proteggendolo e fidandosi di lui come aveva sempre fatto.

E nonostante tutto, persino lei dovette ammettere che vedere le espressioni di sgomento, stupore e terrore nei volti dei loro avversari dinanzi al potere che il suo amico stava solamente emettendo con la sua presenza, era incredibilmente rassicurante per lei.

Boruto fece un singolo passo in avanti, fissando con freddezza e serietà la calca di Shinobi attorno a loro e parlando con un tono privo di emozione.

“Siamo qui per unirci a voi. Se ci attaccherete, allora non esiterò a farvi rimpiangere di essere nati…”
 


05 Febbraio, 0018 AIT
Città-Fortezza di Kyo, Terra del Ghiaccio
Base Operativa Segreta della Rivoluzione
10:44

Nel pieno centro della città, sopra il tetto della roccaforte di pietra che torreggiava sopra tutti gli altri edifici di quella cittadina abbandonata, stavano due persone. I loro occhi erano puntati verso il basso, ed osservavano da lontano il punto in cui erano stati fermati i sette invasori che da pochi minuti erano entrati senza pensarci due volte nel loro territorio.

Una delle due persone era un uomo alto e calvo. Indossava un tradizionale kimono bianco e nero con ornamenti dorati e finiture di tessuto ricamate dalla seta. Era di carnagione chiara, quasi pallida, e aveva dei cerchi neri tatuati attorno ai suoi occhi penetranti, a loro volta di un colore nero intenso. Accanto a lui c’era una giovane donna alta. Indossava una gonna corta ed una maglietta scura coperta da un’armatura di colore nero con il simbolo di un misterioso clan che neppure lei conosceva. La donna aveva dei lunghi capelli biondi che le arrivavano fino alle spalle, e i suoi occhi argentei erano puntati sulla città mentre un piccolo ghigno si faceva largo sulle sue labbra.

“Interessante…” sussurrò la donna.

“La Forza è potente in quel ragazzo…” disse l’uomo calvo accanto a lei, facendola accigliare.

“Jigen, stupido idiota, quante volte devo dirti che si chiama chakra, e non forza? Voi monaci non imparate mai, vero?” chiese con irritazione lei, mentre l’uomo di nome Jigen sorrise debolmente.

“Suvvia, Galatea, che differenza fanno i termini quando il significato è lo stesso? Dovresti imparare a rispettare di più le culture degli altri, sai,” consigliò con un’aria divertita.

La donna sputò per terra. “Piantala di dire stronzate, abbiamo altro a cui pensare. Quel moccioso… è pericoloso. Ha un’energia che non ho mai percepito prima d’ora,” ribatté in tono piatto, fissando con attenzione il punto dove si trovava la persona che la stava facendo preoccupare così tanto.

Il monaco rimase a sua volta preoccupato quando vide l’inconfondibile nota di paura negli occhi della sua compagna. Galatea era uno dei migliori sensori al mondo, e possedeva anche un potere che solo un altro uomo prima di lei aveva posseduto a sua volta. Sapeva che se lei fosse scesa in battaglia, allora nessuno avrebbe potuto fermarla. Per cui, il fatto che persino Galatea sembrasse talmente scossa in quel momento dimostrava che gli avversari che erano entrati nella loro città erano davvero pericolosi.

“Galatea…”

Jigen s’irrigidì. Quella voce bassa e profonda riusciva ancora a farlo tremare, a volte. Il suono di passi ritmici si udì alle loro spalle, ed entrambi i guerrieri si voltarono di scatto, per poi inchinarsi immediatamente dopo davanti all’uomo che era giunto dinanzi a loro.

Kashin Koji.

Il leader rivoluzionario stava in piedi davanti alle loro figure inginocchiate. Indossava dei pantaloni scuri ed un lungo mantello nero che gli copriva interamente il busto e le spalle, assieme ad un cappuccio che si agitava a causa del vento. La sua faccia era coperta da una maschera grigiastra che gli celava la parte superiore del viso, i suoi lunghi capelli bianchi legati da un codino e la sua barba a sua volta bianca fluttuavano all’aria, mentre i suoi profondi occhi scuri osservavano con superiorità i suoi due fidati comandanti prostrati al suo cospetto.

Jigen aveva un enorme terrore di quell’uomo. Il solo pensiero di mettersi contro di lui era terrorizzante. Koji era estremamente potente e abile, e non si faceva scrupoli ad eliminare chiunque andasse contro al suo sogno. Mai prima d’ora lui aveva conosciuto un uomo con una forza ed una potenza simili alle sue. Ma ciò che lo legava profondamente a lui, oltre alla sua potenza smisurata, era la visione che quell’uomo aveva. Una visione che Jigen condivideva e agognava con tutto sé stesso.

La visione di un mondo pacifico.

Koji era un leader crudele e spietato, ma era anche un visionario. Voleva abbattere l’Unione e stabilire un nuovo ordine nel mondo. Un ordine assolutistico capace di portare stabilità e pace in tutte le Nazioni e tutti i continenti. E sebbene sembrasse in tutto e per tutto un sogno irraggiungibile, Jigen era certo che grazie al potere che il loro leader possedeva allora ci fosse una possibilità di poterlo realizzare per davvero. Nessuno, nella sua opinione, poteva eguagliare Kashin Koji, il leader della Rivoluzione.

Galatea sentì lo sguardo penetrante di Koji posarsi su di lei, in attesa di una spiegazione. “Ce ne sono solo sette. Sono tutti quanti dei ragazzi, ma sono estremamente forti. Il loro livello di energia è più potente di quello di un Jonin. Il loro chakra è decisamente fuori dal comune. I nostri uomini li hanno accerchiati da tutti i lati,” riferì allora lei doverosamente, i suoi occhi chiusi in segno di rispetto. “Tuttavia, uno di loro…”

“L’ho percepito anch’io. Che sai dirmi su quel ragazzo?” la incalzò seriamente Koji, facendola esitare per un momento.

“N-Non ho mai percepito niente del genere prima d’ora, Koji-sama,” replicò lei, incerta su come esprimersi.

“Parla liberamente, Galatea. È un ordine,” la istruì impassibilmente Koji, per niente colpito dal potere mostruoso che riusciva a percepire a sua volta da uno degli invasori. Il leader della Rivoluzione era l’immagine perfetta di un uomo che si limitava semplicemente ad osservare gli eventi che si svolgevano davanti a lui con indifferenza.

Galatea esitò. “Quel ragazzo…. è corrotto. Il suo chakra è troppo potente, troppo oscuro. Temo che possa essere un avversario abile quasi… quasi quanto lei, Koji-sama,” riferì alla fine, abbassando la testa con vergogna.

Appena udì quelle parole, Kashin Koji non disse nulla per diversi secondi, spingendo gli altri due a guardarlo con aria interrogativa. Uno strano bagliore era chiaramente visibile nei suoi occhi mentre percepiva questa aura di energia oscura e fredda diventare sempre più forte nell’aria ogni secondo che passava. Sembrava quasi intrigato, a parer loro. “Interessante,” fu tutto ciò che disse alla fine, dopo un minuto e mezzo di silenzio.

“S-Signore?” chiese Jigen, incerto su ciò che intendesse il loro leader.

Koji fissò la cittadina con uno sguardo penetrante. “Non c’è ombra di dubbio. Quel ragazzo possiede un potere immenso e pericoloso. Tutta la città riesce a percepirlo. Tuttavia non sento nella sua energia nessuna brama di morte o di distruzione. È quasi come se ci stesse invitando a combatterlo, per qualche motivo,” spiegò freddamente, scioccando gli altri de con le sue parole.

“Quindi, intende dire…”

“Esatto, Galatea. Ci sono diversi modi per intrufolarsi in questa Nazione senza essere notati, ma queste persone hanno volutamente deciso di affrontarci. Questo significa due cose: o sono stupidi, o hanno un piano. La seconda ipotesi è certamente la più plausibile,” disse Koji con freddezza.

Galatea e Jigen si guardarono l’un l’altro con delle espressioni scioccate, senza rendersene conto. Eppure, guardando il volto del loro leader, compresero benissimo che lo sguardo sapiente nei suoi occhi da veterano era abbastanza per dimostrare che Kashin Koji aveva compreso più di quanto stava lasciando loro intendere. Era un dato di fatto che Koji aveva viaggiato molto da quando era diventato un Nukenin della Roccia. C’erano così tante cose che quest’uomo aveva visto e sperimentato. Troppo numerose per essere elencate, e probabilmente anche troppo strane per poterle fare capire ai suoi seguaci.

“Cosa intende fare allora, Koji-sama?” chiese brevemente Jigen.

Lo sguardo dell’uomo rimase impassibile. “Deve esserci qualcosa di straordinario in queste persone e in quel ragazzo se hanno deciso di approcciarsi a noi con una tale sfacciataggine. Se queste persone riusciranno a superare i nostri uomini e a raggiungere questo edificio, allora mi degnerò di ascoltare ciò che hanno da dire,” li informò seriamente, la sua voce bassa e incurante. “Ma se non riusciranno nemmeno a raggiungermi senza superare le guardie e i nostri soldati, allora non hanno il diritto di pretendere nulla da me o dalla Rivoluzione. Tutto sarà deciso dal fatto che riescano o meno a raggiungermi.”

E poi, senza aggiungere altro, il leader mascherato se ne andò, lasciandosi alle spalle i due comandanti sbalorditi.

“Jigen, cosa dovremmo fare?” domandò allora Galatea con incertezza, vedendo il suo alleato sospirare.

Il monaco chiuse gli occhi. “Non abbiamo altra scelta che seguire la volontà di Koji-sama,” rispose quello.

“M-Ma a causa di questo ci sarà un inutile spargimento di sangue!” esclamò la donna con orrore, incredula.

Il suo compagno fissò la città. “Forse Koji pretende che queste persone dimostrino il loro valore lottando per sopravvivere,” pensò tra sé e sé. “Se è così, allora quanto deve essere spietato il suo cuore? Non permette nemmeno ai suoi nemici di affrontarlo faccia a faccia se non li ritiene degni, anche se questo comporta la morte dei suoi alleati…” Era un pensiero triste. Per quanto potente e carismatico potesse essere, Jigen sapeva che a volte la brama omicida del loro leader era eccessivamente crudele. Quell’uomo era sapiente e visionario, ma la sua crudeltà era smisurata. Nessuno osava contestarlo proprio per questo motivo. “Allora possiamo solo sperare che queste persone giungano rapidamente qui o siano fermate senza causare troppi spargimenti di sangue,” rispose alla fine, guardando Galatea con un sorriso poco convinto.

La donna fece un cenno col capo, ancora incerta. Poteva solo sperare che Koji-sama avesse delle buone ragioni per essere così spietato nei confronti dei suoi stessi uomini.
 


Boruto apprezzava gli sguardi ricolmi si spavento e terrore che gli uomini della Rivoluzione gli stavano rivolgendo. Il terrore era una forma di rispetto, dopotutto. E all’insaputa dei suoi avversari, questa loro paura e questo terrore gli davano ancora più potere contro di loro. Lo spavento portava l’uomo all’irrazionalità, e l’irrazionalità a sua volta portava l’uomo a compiere errori che possono essere fatali. Zeref glielo aveva insegnato molto bene nel corso di questi anni. Per questo motivo Boruto si compiaceva di essere temuto. Il terrore dei nemici era un’arma che poteva utilizzare a suo vantaggio in diversi modi, ed era anche la prova evidente che era diventato incredibilmente forte. Tutti questi anni di addestramenti erano serviti.

Ma il terrore dei suoi amici… quello era una cosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno.

I suoi occhi lanciarono uno sguardo fugace verso i suoi compagni alle sue spalle. Boruto non era stupido. Sapeva bene che, in fondo ai loro cuori, Mikasa, Sora e tutti gli altri avevano a loro volta paura di lui. Il Potere che Momoshiki gli aveva affidato li terrorizzava. Era naturale, da un certo punto di vista. Zeref gli aveva insegnato anche questo: ciò che la mente non riesce a comprendere, molto spesso incute timore nei cuori. Era vero. Persino lui stesso aveva avuto paura di utilizzare il suo Potere in passato, quando non riusciva a controllarlo. Perciò, non poteva biasimare i suoi amici per il fatto che fossero terrorizzati da lui a causa della sua nuova forza. Ma anche nonostante questo, non poteva evitare di provare una punta di dolore nel vedere l’esitazione e il timore che provavano nei suoi confronti. Era inevitabile. Gli amici non dovrebbero temersi a vicenda.

Non diede voce a quei pensieri. Dopo appena due secondi di silenzio, da ogni direzione, centinaia di kunai, shuriken e pugnali esplosivi vennero lanciati contro di lui. Ciò che rendeva questi proiettili in arrivo ancora più letali poi era il fatto che fossero guidati dal chakra dei nemici, raddoppiando così la loro velocità e la loro gittata. Per tutta risposta, il biondo sorrise feralmente e serrò la mano destra. Nemmeno un secondo dopo, l’intera raffica di armi letali venne cancellata, andandosi a schiantare contro un’invisibile barriera di vento compresso che lui aveva evocato col suo pensiero. Dietro di lui, i suoi amici sorrisero a loro volta mentre osservavano lo stupore e il terrore crescere nei volti dei ninja della Rivoluzione.

Il loro sorriso non durò a lungo però. L’attacco successivo arrivò subito dopo che Boruto vide diverse lance dalla forma simile ad ombrelli aprirsi all’aria e rilasciare ondate di chakra perforante.

“Patetico…” sussurrò il Nukenin.

Si limitò ad alzare in alto la mano. Prima ancora che i getti di chakra potessero uscire completamente dall’apertura degli ombrelli, tutte le lance si dissolsero all’aria come polvere e crollarono a terra in una polvere di detriti e residui. Boruto abbassò la mano che aveva puntato al cielo e osservò i soldati della Rivoluzione con due occhi freddi e glaciali. Il fatto che tutti gli uomini presenti attorno a loro cominciarono ad arretrare dinanzi alla sua palese dimostrazione di forza era incredibilmente appagante.

“È questo il meglio che sapete fare?” domandò impazientemente Boruto.

Un paio di ringhi sommessi si udirono appena un gruppo di cinque giovani soldati ed ex Shinobi assaltarono il biondo. Gli assalitori non potevano essere più che dei semplici Chuunin, eppure Boruto continuò a fissarli con due occhi di pietra impassibili. Non gli importava minimamente che quei giovani non fossero neanche lontanamente vicini al suo livello di forza. Ciò che contava era che stavano attaccando lui e i suoi amici, e lui non era disposto ad assecondare i loro sforzi inutili.

“Forse è meglio darvi un assaggio di dolore,” disse cupamente, sguainando la sua spada e puntandola verso i nemici che si stavano avvicinando.

La lama cozzò contro un kunai al primo assalto frontale, deviandone la traiettoria senza il minimo sforzo. Un secondo colpo gli venne scagliato addosso dalle spalle, ma lui riuscì ad evitarlo senza nemmeno voltarsi. Un getto di vento improvviso bastò a lanciare lontano da sé l’assalitore dietro di lui assieme ad un altro compagno. Poi la sua spada si mosse con una rapidità inaudita, centrando la mano di un nemico e disarmandolo con un movimento secco. Il malcapitato cadde a terra reggendosi le dita sanguinanti. Boruto fece per mettere fine a quella farsa, ma dovette calciare via un terzo assalitore con un avvitamento del corpo, centrandolo in pieno petto con lo stivale. Il ragazzo colpito venne scagliato addosso a una decina di suoi commilitoni.

Boruto si raddrizzò, reggendo la sua spada di fianco e puntandola al collo del nemico a terra davanti a lui. “C-Che cosa sei tu?” sussurrò il giovane impietrito dinanzi alla sua forza indescrivibile, i suoi occhi sgranati per il terrore.

Il Nukenin non rispose alla domanda. “Portateci dal vostro leader,” ribatté invece con un tono privo di emozione. “Non siamo qui per combattervi. Ma se ci ostacolerete, vi assicuro che ne pagherete le conseguenze.”

Nessuno dei presenti osò contraddirlo. I soldati della Rivoluzione si fissarono l’un l’altro, impietriti, prima di abbassare le armi e accennare un segnale con la testa. Vedendo che si erano arresi dopo aver dimostrato la sua superiorità, Boruto rinfoderò la spada dietro la schiena, riportandosi accanto ai suoi amici e limitandosi ad aspettare con calma e fredda indifferenza. Gli uomini attorno a loro si divisero lentamente, aprendo un varco tra la calca di persone per permettere ai giovani di passare. Un ninja anziano, un veterano, si fece avanti. “S-Seguitemi,” balbettò, facendo loro strada.

Mikasa sentì un senso di incredulità nascerle nel cuore. Era incredibile il modo in cui Boruto fosse riuscito ad incutere timore e paura nei cuori di tutte quelle persone senza nemmeno un minimo sforzo. La sua energia opprimente e un paio di mosse di spada erano bastate a far immediatamente crollare tutta la determinazione dei suoi nemici. Era evidente che fosse enormemente più forte di loro. Quei soldati erano palesemente ex Shinobi o mercenari di basso calibro. Sapeva bene che non avrebbero avuto scampo contro di loro, men che mai contro il suo biondo. Boruto era diventato estremamente potente ormai. Nessuno poteva tenergli testa in questo mondo, se non Zeref. E forse anche l’Hokage e l’Uchiha dagli occhi inquietanti che in passato aveva tentato di catturare lei e i suoi amici.

I sette giovani seguirono gli uomini della Rivoluzione fino al cuore della cittadella. Arrivati nel centro, si ritrovarono dinanzi ad un grosso edificio di pietra e mattoni scuri, simile ad una roccaforte. Doveva essere lì dentro che si trovava il loro obiettivo. Attesero pazientemente che i cancelli fossero aperti, prima di entrare senza la minima esitazione all’interno della struttura. Si lasciarono guidare dalle scorte lungo i corridoi stretti e serrati della piccola fortezza, addentrandosi nei suoi meandri oscuri e bui. Grazie al suo occhio, Boruto riusciva chiaramente a percepire e vedere l’energia di diversi soldati – ex Shinobi, era palese – nascosti nell’ombra e negli anfratti dei corridoi. La loro presenza non lo sorprese. Si trovavano nel cuore del quartier generale della Rivoluzione. Sapeva che tutto il centro operativo della Rivoluzione doveva essere concentrato lì, assieme alle forze più potenti del movimento ribelle.

Arrivarono dinanzi ad una grossa porta di legno scuro. Due persone si trovavano pronte ad accoglierli lì: un monaco vestito di bianco e una donna dai capelli biondi e gli occhi di color argento. Sembravano nervosi, mentre fissavano i sette giovani con degli sguardi allibiti e sconvolti. Uno dei due, la donna, si fece avanti e si rivolse alla scorta che aveva condotto lì i giovani. “Che significa tutto questo?” esclamò.

“Siamo entrati nel vostro territorio e i vostri uomini ci hanno attaccato,” la incalzò gelidamente Boruto prima che qualcun altro potesse parlare. “Per cui, dopo aver gentilmente fermato e chiesto ai nostri assalitori di condurci dal vostro capo, siamo giunti qui scortati da loro.”

Gli occhi della donna erano spalancati per lo stupore appena si posarono sulla figura dell’Uzumaki e del suo coprifronte. L’uomo era rimasto a sua volta a bocca aperta. “T-Tu! Tu sei Boruto Uzumaki!” esclamò “E-E tutti i nostri uomini-”

“Stanno bene,” la interruppe di nuovo il biondo, senza emozione. “Non abbiamo ucciso nessuno. Per ora.”

I due sembrarono sconvolgersi ulteriormente dopo quella rivelazione. La donna era letteralmente finita a corto di parole. Il monaco invece si fece avanti, portandosi vicino a Boruto ed accennando un inchino. “Vi siamo grati per non aver ucciso i nostri compagni. Coloro che supportano la Rivoluzione sono pochi, e l’Unione ci sta dando la caccia. Combattere contro di voi e morire senza motivo sarebbe stato un errore fatale e una decisione crudele,” disse.

Gli occhi del Nukenin si ridussero a due fessure. “Allora perché il vostro capo ha ordinato l’attacco?” ribatté freddamente. “Immagino foste al corrente della mia palese superiorità. Eppure nessuno ha cercato di intervenire. Perché?”

I giovani videro i due esitare con incertezza e vergogna. Fu la donna a riprendere parola. “Koji-sama è un uomo potente, ma anche estremamente crudele,” spiegò loro. “Ha a cuore la pace, ma a volte diventa ossessionato da una brama omicida senza eguali.”

“Una brama omicida talmente grande da non tenere in considerazione neanche la vita dei suoi stessi seguaci?” domandò ironicamente Gray, incrociando le braccia ed assottigliando gli occhi. Per tutta risposta il monaco e la donna abbassarono lo sguardo a terra, mortificati.

Boruto sospirò. “Ho capito,” esalò alla fine, chiudendo gli occhi per un attimo per poi riaprirli e fissare i due con uno sguardo freddo e distaccato. “Credo sia giunto il momento di fare due chiacchiere con questo fantomatico Kashin Koji.”

La donna entrò immediatamente nel panico. “C-Che cosa vorreste fare?” esclamò, tesa.

“Rilassati,” la rassicurò Sora. “Noi appoggiamo la causa della Rivoluzione. Ma il vostro capo sembra non curarsi dell’eccessiva violenza di cui si fa carico. Vogliamo solo chiarire la faccenda con lui.”

Il monaco sembrò illuminarsi a quelle parole. “Voi appoggiate la nostra causa? Ma è fantastico! Potreste essere proprio coloro che cercavamo!”

Boruto lo squadrò con solennità. “A che ti riferisci?” domandò, gelido.

L’uomo sembrò farsi piccolo piccolo difronte allo sguardo del biondo. Sembrava una scena comica. Un uomo adulto e in avanti con gli anni messo in soggezione dallo sguardo di un ragazzo quindicenne. Tuttavia nessuno poteva biasimarlo. L’energia che aveva percepito prima in lui era talmente smisurata e minacciosa che avrebbe fatto tremare le gambe a chiunque, giovane o adulto. Boruto non era più un semplice ragazzo. Ormai era diventato uno degli uomini più potenti della Terra. Anche se nessuno lo sapeva, ancora. Il monaco si schiarì la gola. “Ecco… diciamo che è da tempo che stavo notando un progressivo peggioramento nel carattere di Koji-sama,” iniziò a spiegare lentamente. “Il nostro leader, come vi abbiamo detto, possiede uno scopo nobile, ma usa la crudeltà e la violenza per ottenerlo. Sempre più persone, anche tra noi seguaci, hanno cominciato a dubitare sempre più di lui. Ma nessuno ha il coraggio di mettersi contro quell’uomo. Koji-sama è estremamente forte. Non ho mai visto una persona più potente di lui in vita mia, ed io ne ho viste di cose.”

“Persino più forte del Settimo Hokage?” domandò Juvia con un sopracciglio incurvato.

“Questo non saprei dirlo, ma una cosa è certa: tutti i ninja che l’Unione ha mandato contro di lui non sono più tornati indietro. La Roccia ha smesso di mandare i suoi Shinobi contro di lui proprio per questo. Solo un Kage potrebbe tenergli testa, forse,” rispose quello, serio come la morte.

Shirou non era convinto. “Mi sembra strano pensare che un uomo abile e potente come questo Kashin Koji sia diventato un Nukenin. Come ha fatto a diventare così forte?”

La donna bionda riprese a parlare. “Nessuno lo sa. Tuttavia, tutti coloro che lo hanno sfidato nel corso di questi ultimi anni non hanno vissuto abbastanza a lungo per raccontarlo,” disse.

“Questo però non spiega la tua frase di prima,” ribatté Boruto, fissando il monaco. “Che significa che potremmo essere coloro che cercavate?”

L’uomo si fece serio. “È da diverso tempo che i sostenitori della Rivoluzione cercano qualcuno che possa diventare loro leader. Koji-sama è potente, ma non siamo così ciechi da non riuscire a vedere che la sua follia sta aumentando di giorno in giorno. Prima che voi giungeste qui, aveva ordinato alla mia amica Galatea e a me di farvi giungere al suo cospetto solo se aveste dimostrato il vostro valore uccidendo tutti i nostri uomini. Un uomo così spietato non può essere un leader. La Rivoluzione non otterrà mai seguaci se avrà come esempio le azioni e gli ideali di Koji-sama.”

“Allora perché lo seguite? Perché non lasciate la Rivoluzione e fondate un nuovo movimento ribelle senza di lui?” chiese Kairi.

Lo sguardo dell’uomo si fece afflitto. “In molti ci hanno provato, contestandolo e cercando di lasciare la Rivoluzione, ma Koji-sama li ha uccisi tutti. Ormai non c’è nessuno che ha abbastanza coraggio per andargli contro.” rispose. Poi il suo sguardo tornò a farsi speranzoso, posandosi sulla figura di Boruto. “Ma tu potresti essere la nostra salvezza. Tu sei potente. Incredibilmente potente, se quell’energia oscura che hai emesso prima significa qualcosa. Potresti essere colui che riuscirà a mettere fine all’egemonia di Koji-sama e prendere le redini della Rivoluzione.”

Boruto rimase impassibile. “Quindi, in pratica vorresti che io divenissi il nuovo leader, spodestando Koji,” dedusse, per nulla convinto. “Per quale motivo?”

Il monaco lo fissò con attenzione. “Tu sei il più grande ricercato del mondo,” dichiarò, come se fosse una cosa scontata. “Boruto Uzumaki, il figlio reietto dell’Hokage e la pecora nera della Foglia. Avere te come leader darebbe credito, speranza e solidità alla Rivoluzione. Dopotutto, sei pur sempre il figlio di uno dei membri più importanti – se non il più importante – dell’Unione, e la tua potenza è indiscussa. Sei un Nukenin di rango S che è riuscito a sconfiggere un Bijuu. Se tu diventassi il nostro leader, allora le Cinque Grandi Nazioni e tutto il resto del mondo sarebbero costretti a dare peso alla Rivoluzione. In pratica, sei la nostra speranza.”

Boruto aveva già intuito da sé tutti quei motivi ancora prima di aver fatto la domanda. “E cosa ti fa credere che io possa accettare una proposta del genere?” lo incalzò subito dopo. “Io potrei essere utile alla Rivoluzione, ma la Rivoluzione potrebbe essere utile a me e ai miei amici?”

L’uomo calvo sorrise. “Credo che tu sia abbastanza sveglio per riuscire a capire da solo la risposta a questa domanda, ragazzo,” ribatté a sua volta con un tono saccente e sicuro. “Non prendiamoci in giro. Se siete venuti qui è proprio perché avete bisogno della Rivoluzione. Voi stessi avete detto che supportate la nostra causa. L’Unione è un nostro nemico comune. Quindi, credo che la cosa porterebbe vantaggi da entrambe le parti.”

Boruto sorrise a sua volta. “Sei furbo, lo ammetto,” disse, scoccando un’occhiata ai suoi compagni. “In effetti la Rivoluzione potrebbe essere un bel trampolino di lancio per attuare i nostri progetti nel mondo. Ma che ne è di Koji? Se ciò che dite è vero, allora non accetterà di essere spodestato così tranquillamente.”

La donna bionda, Galatea, serrò i pugni. “Speravamo che tu e i tuoi compagni poteste costringerlo ad andarsene,” disse, speranzosa. “Solo voi potreste essere in grado di cacciarlo via.”

“Cacciarlo non servirebbe,” s’intromise Mikasa. “Un uomo potente come lui potrebbe essere una spina nel fianco. E anche nel caso riuscissimo a toglierlo dalla Rivoluzione, potrebbe allearsi con l’Unione.”

Boruto annuì. “Giusto. Se dobbiamo davvero fare una cosa del genere, allora dovremo eliminarlo completamente,” dichiarò, piatto.

“E-Eliminarlo?” esalò la donna, scioccata. “N-Ne sareste davvero capaci?”

Il biondo la guardò con uno sguardo privo di emozione. “Siete fortunati che la sua morte sia un nostro obiettivo comune,” si limitò a dire misteriosamente. “Adesso basta chiacchiere. Portateci da lui.”

Il monaco annuì. “Si trova sul tetto. Seguitemi.”
 


05 Febbraio, 0018 AIT
Città-Fortezza di Kyo, Terra del Ghiaccio
Base Operativa Segreta della Rivoluzione
12:00

Kashin Koji era un uomo visionario.

Mentre se ne stava ad osservare la sua città dal tetto della roccaforte, la sua mente si era persa di nuovo nei suoi pensieri. Koji aveva un sogno nella vita: raggiungere la pace nel mondo. E sebbene fosse consapevole del fatto che lui viveva nel periodo di maggiore pace e tranquillità mai registrato prima nella storia degli Shinobi, sapeva anche che quella pace era una bugia. Non c’era la pace. Non esisteva la pace. Le Nazioni fuori dall’Unione, le persone povere, i Paesi instabili, continuavano a soffrire e a farsi guerra tra loro e con l’Unione. E lui sapeva bene cos’era la guerra. Aveva vissuto in prima persona gli orrori della Quarta Guerra Mondiale quando era un giovane Shinobi della Roccia. Aveva visto coi suoi stessi occhi l’orrore e la devastazione della guerra.

Per questo voleva la pace. La morte, il sangue, il dolore dei feriti… una cosa del genere non doveva esistere nel mondo. La Guerra non doveva esistere. Non era giusto. Non era accettabile. Lui lo sapeva, ne era certo.

Ma la pace dell’Unione era falsa. Koji l’aveva visto molto bene. Non era veritiera. La pace era solo per l’Unione. Solo le Cinque Grandi Nazioni erano in pace. Il resto del mondo era in guerra. Ed era in guerra proprio a causa dell’Unione. Le risorse che essa traeva dai Paesi esterni, le migrazioni, gli squilibri economici, la corruzione… erano tutti fattori che stavano portando alla morte il mondo. Una morte silenziosa e lenta, ma pur sempre una morte. La gente dell’Unione era corrotta. Non si curava dei problemi del mondo. Era contenta di vivere serenamente la loro vita da ipocriti, a discapito degli altri. Un gesto egoista e malsano, che stava portando alla rovina ogni cosa. La gente stava diventando sempre più insoddisfatta, sempre più stufa della corruzione e dei soprusi dei ninja. Molti Shinobi si ribellavano e disertavano dai Villaggi, decisi a farsi giustizia da soli. Il tasso di criminalità e di furti cresceva di anno in anno. O peggio, di mese in mese.

Per cui, qualcuno doveva fare qualcosa.

Lui lo aveva sempre saputo, ma non sapeva come fare. Era un solo uomo. Cosa avrebbe mai potuto fare lui da solo? Era senza potere. Era isolato. Era debole. Non sarebbe mai riuscito a compiere un’impresa simile. Non nelle condizioni in cui si trovava. Per poter agire aveva bisogno di potere, aveva bisogno di forza e di sostegno. Raggiungere la pace comportava un prezzo da pagare. E lui non aveva i mezzi, non aveva la forza per pagare quello scotto. Era un misero Shinobi senza potere, con un sogno impossibile nel cuore.

Poi, però, incontrò lui.

Koji non avrebbe mai potuto dimenticare quel giorno. Il giorno in cui quell’essere celeste era sceso sulla Terra dall’alto dei cieli, apparendo dinanzi a lui e posando gli occhi sulla sua figura. Era stato grazie a lui che era riuscito a trovare il modo di realizzare il suo sogno. Era stato grazie a lui che aveva trovato la via verso la verità. Quell’essere gli aveva parlato, lo aveva scelto; e gli aveva fatto un dono. Un dono che non avrebbe mai sperato di ricevere.

Quell’essere, quella divinità, gli aveva conferito il Potere. Un Potere immenso. Un Potere inimmaginabile. Un Potere impareggiabile. Grazie ad esso, sarebbe riuscito a raggiungere qualsiasi obiettivo. Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Avrebbe potuto raggiungere la pace. Ma come? Lui non sapeva, lui non conosceva il metodo. Non sapeva cosa doveva fare per riuscire a portare veramente la pace nel suo mondo.

E ancora una volta, l’essere celeste lo aveva aiutato. Gli aveva indicato la via. Gli aveva rivelato il segreto:

“L’unico modo per portare la pace è attraverso la morte. Attraverso il dolore.”

Quel giorno, lui aveva aperto gli occhi. Quel giorno, la divinità scesa dal cielo gli aveva rivelato ogni cosa. Aveva capito tutto. Aveva scoperto la verità. La pace andava raggiunta solo con la morte e la distruzione. Non c’era altro modo, non c’erano alternative. Non c’era speranza. Solo distruggendo tutto ciò che era inutile, allora si poteva raggiungere un equilibrio. E c’era solo un unico modo per raggiungere l’equilibrio: uccidere la metà della popolazione terrestre.

Per fare la pace, doveva uccidere la metà degli abitanti del pianeta. Doveva sporcarsi le mani, uccidendo chiunque. Doveva sradicare le erbe infestanti. Non c’erano alternative. E il processo era ambivalente. Non c’erano favoriti. Dovevano morire tutti: buoni e cattivi, vittime e assassini, colpevoli ed innocenti. Era inevitabile. La sovrappopolazione era diventato un problema insostenibile. Non era possibile accontentare tutti. Non era possibile sfamare tutti. E non era possibile portare giustizia a tutti. Per cui, metà della popolazione doveva morire.

E adesso, grazie alla divinità che gli aveva rivelato il segreto, lui possedeva il Potere necessario a compiere questa impresa. Per questo era fuggito dal Villaggio della Roccia. Per questo si era unito al movimento ribelle della Rivoluzione, divenendone lentamente il comandante. Per avvicinarsi al suo obiettivo. Doveva uccidere metà del mondo intero. Doveva fare un’epurazione totale. Così ci sarebbe stata pace, e la guerra sarebbe scomparsa. Doveva essere così. L’essere celeste era stato chiarissimo. Non c’erano alternative. Metà del mondo doveva morire. Era scritto nel Destino. E lui, Kashin Koji, sarebbe stato lo strumento di questo Destino, lo strumento degli dei.

Ed era pronto a tutto pur di compiere questo sogno. Aveva il Potere adesso, e nessuno poteva ostacolarlo.

O, almeno, così aveva pensato fino a quel momento.

La sua mente venne riscossa dai pensieri e dai ricordi proprio in quell’istante. I suoi occhi si aprirono lentamente, e la sua testa si mosse da sola, voltandosi per posare lo sguardo sulle figure che erano giunte davanti al suo cospetto. Un ragazzo sulla quindicina, seguito da sei suoi coetanei. Erano vestiti pesanti, con lunghi mantelli di stoffa nera e cappucci scuri, sotto cui si s’intravedevano dei volti pallidi e bianchi per il freddo. Ed uno di loro, il ragazzo biondo alla testa del gruppo, catturò subito la sua attenzione. Quei capelli così biondi, quegli occhi azzurri, quei segni sulle guance. Lui lo conosceva. Lo aveva già visto da qualche parte. Non di persona, certo, ma ne era certo. Lo aveva visto da qualche parte.

E poi, appena il ragazzo si tolse il cappuccio e rivelò al mondo intero il suo coprifronte sfregiato, ogni dubbio nella sua mente si dissolse come fumo.

Il figlio reietto dell’Hokage fece un passo in avanti e lo fissò con decisione. “Kashin Koji,” disse, prendendo per primo la parola. “È un piacere incontrarti.”

L’uomo lo osservò con solennità. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso privo di calore. “Boruto Uzumaki,” ribatté, atono. “Che sorpresa. Non mi sarei mai aspettato che il Nukenin più ricercato al mondo sarebbe giunto al mio cospetto. A cosa devo il piacere?” domandò.

“Purtroppo temo che la mia non sia una visita di piacere,” lo interruppe l’altro, freddo. “Sono venuto da te perché ho una domanda da farti.”

Koji inarcò un sopracciglio sotto la maschera. Quel ragazzo lo incuriosiva. O meglio, il suo sguardo lo incuriosiva. Era freddo, solenne, impassibile. Come se fosse sicuro di sé in un modo estremamente arrogante e certo. Eppure, la sua non era arroganza. Koji riusciva a vederlo benissimo. Quel ragazzo, Boruto Uzumaki, era certo di ciò che era. Sapeva quello che faceva. Esattamente come lui. Erano simili.

Gli occhi azzurri del biondo lo fissavano con uno sguardo privo di emozione. “Per quale motivo stai uccidendo i tuoi stessi uomini?”

La domanda riecheggiò nell’aria come un tuono, nonostante il tono con cui era stata fatta fosse basso e leggero, quasi come un sussurro. Koji represse immediatamente il sorriso che aveva sulle labbra. “Temo di non capire a cosa ti riferisci, ragazzo,” disse.

L’espressione impassibile e gelida sul volto del giovane gli fece capire immediatamente che non aveva bevuto la scusa. “Da quando sei diventato il leader della Rivoluzione, le azioni che hai compiuto sono state disumanamente cruente,” continuò allora a dire quello, imperterrito. “Hai ucciso centinaia di persone. Hai raso al suolo villaggi. Hai pubblicamente giustiziato uomini e donne che lavoravano per conto dei Cinque Villaggi Ninja, soprattutto quelli che avevano posti di lavoro importanti per conto dell’Unione Shinobi.” Le sue parole non erano accusatorie, ma bensì calme e piatte. Come se non lo stesse accusando, ma stesse semplicemente constatando i fatti. “Voglio sapere il perché.”

Koji lo fissò con uno sguardo penetrante. I due si osservarono per diversi secondi a vicenda, due occhi azzurri gelidi e freddi contro altri due egualmente glaciali. “Tutto ciò che faccio è in nome della pace,” cominciò allora a dire l’uomo, la sua voce bassa e profonda. “E per raggiungere la pace, c’è un prezzo che bisogna pagare.”

“E questo prezzo è la vita delle persone innocenti?” lo incalzò Boruto, indispettito.

Koji sorrise, alzando le braccia in un moto teatralmente solenne. “Non si può raggiungere la vera pace senza la morte,” ribatté. “Tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro. Sei un Nukenin come me. Avrai certamente visto la realtà del mondo. Questo mondo è un luogo crudele, spietato. Non esiste la pace, e non c’è nessuna speranza per quelli che soffrono.”

Gli occhi azzurri del biondo si assottigliarono.

“E il motivo per cui accade tutto questo… è la sovrappopolazione,” continuò Koji. “Il nostro mondo è allo stremo. Siamo troppi. Troppo numerosi per riuscire a raggiungere un equilibrio stabile e duraturo per il pianeta. Di questo passo, l’umanità finirà per autodistruggersi. Non possiamo continuare a crescere in questo modo. Più persone saremo, più il mondo verrà corrotto dalla fame, dalla povertà e dalla morte. E non è possibile fare giustizia per tutti.”

“Quindi quale sarebbe il tuo piano?” domandò un ragazzo coi capelli mori e spigolosi alle spalle del biondo.

Koji sorrise, alzando lo sguardo e le braccia al cielo. “Un’epurazione,” dichiarò, fissando il cielo nuvoloso sulle loro teste. “Lo sterminio della metà del mondo. Solo così questo processo di morte si concluderà e sul nostro pianeta potrà tornare l’equilibrio. Questa è la strada. Questa è la verità.”

“Chi ti ha messo in testa queste menzogne?” lo interruppe bruscamente Boruto, freddo e tagliente come una lama. “È forse stato l’essere che ti ha donato il Potere che possiedi dentro di te?”

Koji trasalì visibilmente all’udire quelle parole, sgranando gli occhi sotto la sua maschera grigia e fissando il ragazzo con uno sguardo allibito e sconcertato. Non si aspettava minimamente che quel giovane potesse essere a conoscenza del suo segreto. Nessuno sapeva del suo incontro con l’essere celeste avvenuto qualche anno fa. Non lo aveva rivelato a nessuno fino ad oggi. Mai. Come aveva fatto quel moccioso a scoprirlo? “Come fai a saperlo?” domandò.

“Questo non ti riguarda. L’unica cosa che devi sapere è che questo tuo piano sta compromettendo i miei piani,” ribatté con freddezza il Nukenin, sorridendo biecamente. “Per cui, ti consiglio di piantarla con queste stragi e crudeltà nei confronti della povera gente, o sarò costretto ad intervenire.”

Un silenzio di tomba regnò sovrano dopo quelle parole. Un silenzio che però venne squarciato all’improvviso da una risata bassa e profonda. Koji fissò Boruto con divertimento e superiorità. “E come credi di riuscirci?” chiese saccentemente “Tu non sei niente in confronto a me, Boruto Uzumaki. Il Potere che possiedo va al di là di ogni immaginazione. Nessuno può sconfiggermi in questo mondo. Nessuno!”

Sora si portò accanto a Boruto, assumendo una posa di difesa. Dopo di lui, Mikasa e tutti gli altri ragazzi lo imitarono a ruota. “Faresti meglio a non sottovalutarlo,” disse. “Non sei l’unico che possiede un asso nella manica.”

Kashin Koji li fissò con disprezzo. “Dunque è questo quello che volete?” domandò loro, raddrizzando la schiena e fissandoli con una solennità statuesca. “Volete davvero osare mettervi contro di me e la mia missione?”

Gray ghignò feralmente. “Sei un pazzo scatenato che vuole uccidere metà delle persone sulla Terra. Certo che vogliamo impedirtelo,” rispose con ironia.

Boruto fece un passo in avanti, sguainando la spada e puntandola contro Koji. “Tu sei un cancro del mondo. La tua presenza è un ostacolo per il raggiungimento della vera pace e della stabilità. Per cui, in nome della pace, devi essere eliminato,” dichiarò solennemente, i suoi occhi azzurri glaciali e la sua voce decisa e potente.

L’uomo mascherato sorrise, aprendo le braccia con un moto teatrale e guardando i suoi avversari con superiorità. “Coloro che cadranno sarete voi, miseri stolti,” ribatté. “Non esiste altro modo per raggiungere la pace se non attraverso la distruzione. Questa è la realtà delle cose, e non può essere evitata.”

Juvia fece schioccare le dita. “Lo vedremo.”

Gli occhi di Koji si riempirono di disgusto. “Siete tutti quanti dei vermi. Pensate di poter sfuggire all’epurazione incombente? No… il vostro sogno brucerà e si sgretolerà come vetro, e nemmeno il figlio dell’Hokage potrà salvarsi dalla morsa incombente del Destino, osservando la marcia verso la pace; la culminazione del mio compito. Perché la vostra distruzione è la volontà degli dei. Ed io…” fece una pausa, mentre le sue labbra si dischiusero in un ghigno folle e malsano. “Io sono il loro strumento per compiere il Destino!”

Poi, senza aggiungere altro, caricò.
 


05 Febbraio, 0018 AIT
Città-Fortezza di Kyo, Terra del Ghiaccio
Base Operativa Segreta della Rivoluzione
12:15


Battaglia per la Leadership della Rivoluzione

Boruto reagì come una saetta. Gli altri non lo videro nemmeno. Un secondo prima era dinanzi a loro con la spada puntata contro il nemico, e quello dopo era scomparso in un istante, riapparendo davanti all’avversario e bloccando con efficacia ogni sua serie di colpi e affondi. Mikasa e Sora osservarono a bocca aperta il biondo e Koji scambiarsi una serie di colpi rapidissimi e micidiali l’un l’altro, mendando affondi di spada, scambiandosi calci e pugni e muovendosi con movimenti talmente veloci da essere impercettibili ad occhio nudo. Era la prima volta che vedevano combattere Boruto in quel modo coi loro occhi, e non poterono fare a meno di restare stupiti. Il suo addestramento con Zeref e Toneri aveva dato i suoi frutti. Il loro amico era diventato una vera macchina da guerra.

Eppure, Kashin Koji non era da meno. Il suo corpo emanava un’energia immensa, e riusciva a bloccare ed evitare con successo ogni colpo del biondo. Boruto incespicò quasi quando il suo ennesimo affondo mancò il bersaglio, tagliando l’aria con un sibilo secco. L’uomo mascherato avvitò il corpo con una rotazione rapidissima, ricambiando la cortesia con un calcio mirato alla testa che l’altro riuscì ad evitare all’ultimo secondo. Un suono metallico riecheggiò subito dopo nell’aria appena la sua spada colpì il kunai avversario, generando scintille luminose dal loro contatto. Poi, con una rapidità inaudita, Koji mosse un braccio e afferrò Boruto per il polso. Si voltò e lo scagliò addosso agli altri ragazzi che stavano caricando contro di lui per aiutarlo. I giovani lo afferrarono di peso, aiutandolo a rimettersi in piedi.

“Come fa a muoversi così velocemente?” esclamò Gray, fissandolo in cagnesco.

“Sembra che avevamo ragione,” fece anche Boruto dopo essersi ripreso. “Quell’uomo possiede un Potere che eguaglia il mio. Dobbiamo essere cauti se vogliamo sconfiggerlo.”

Koji non diede loro tempo di parlare oltre. Svanendo letteralmente dal punto dove si trovava prima, riapparve alle loro spalle con le braccia in alto, pronto a colpire Kairi con un affondo del kunai. Boruto si girò con un ringhio di frustrazione, scattando con una velocità disumana ottenuta dopo tutti questi anni di allenamenti intensivi e sferrando una serie di colpi di spada verso il nemico. Quell’uomo era sorprendentemente veloce. Ogni colpo veniva evitato con precisione e movimenti rapidissimi. Per quanto veloce potesse essere, quel tizio mascherato riusciva a tenergli testa senza fatica. Boruto sapeva che le cose stavano per mettersi male. Koji possedeva un Potere immenso, proprio come lui. Doveva trovare un modo per sopraffarlo, e in fretta. Sora reagì in quel momento. Balzò in avanti, un possente grido di battaglia che usciva dalle sue labbra, e affrontò l’avversario con un colpo di bastone mirato alla nuca.

Boruto osservò la punta dell’arma del moro mancare per un soffio il bersaglio. Koji si era abbassato con una velocità che lo sorprese non poco, evitando l’attacco con successo. Quindi, l’uomo mascherato sferrò un calcio alle costole del suo amico. Sora vene catapultato in aria, volando giù dal tetto dell’edificio e cadendo in basso verso la cittadella. Mikasa saltò addosso a Koji mentre si riprendeva dall’attacco, accumulando una mostruosa quantità di energia nella mano destra serrata. Con tutta la forza che poté generare, la nera sbatté il pugno nel fianco dell’uomo, gridando per la rabbia. Con uno schiocco secco, Koji venne scaraventato di lato, crollando pesantemente contro una parete del tetto e sfondandola.

Alle spalle di Mikasa, Gray e Juvia avevano formulato una complessa serie di sigilli con le mani. Il Signore del Gelo sputò una raffica di neve e ghiaccio nella nuvola di detriti dove si era schiantato l’avversario. Juvia fece lo stesso con un getto d’acqua perforante e gelido. Dalla sinistra, Shirou menò un Taglio con la sua spada, generando un’ondata tagliente di vento che si unì agli attacchi precedenti e centrò in pieno il punto dove si trovava il bersaglio, mentre dalla destra Kairi gli lanciò addosso una raffica di kunai esplosivi.

La parete esplose con un boato che riecheggiò in tutta la città, innalzando una nuvola di fumo scuro verso il cielo nuvoloso di quella Nazione. Due secondi dopo, una risatina profonda e gutturale riecheggiò nell’aria. Boruto s’irrigidì, preparandosi ad attaccare di nuovo. Kashin Koji era apparso dalla nuvola di detriti, sorridente e illeso. Gli squarci sui suoi vestiti erano l’unica prova del fatto che fosse stato colpito dalla raffica precedente. “Tutto qui quello che sapete fare?” domandò sarcasticamente.

L’uomo fece per parlare ancora, ma Boruto non gliel’avrebbe lasciato fare. Si lanciò in avanti come un fulmine, accelerando i propri movimenti al massimo e sferrando una raffica di colpi del Pugno Gentile addosso al nemico. Questa volta, grazie alla sua nuova velocità, ogni colpo andò a segno. Koji sibilò di dolore, e il Nukenin lo centrò in piena faccia con un pugno indescrivibilmente potente. L’avversario schizzò all’aria ancora una volta, crollando pesantemente verso il basso e schiantandosi contro la base di un altro edificio della città, facendolo implodere su sé stesso. Il boato del crollo e delle urla dei Ninja della Rivoluzione che scapparono via da lì per il terrore riecheggiò nell’aria per diversi minuti. Il biondo fissò il punto dove era finito l’altro coi suoi occhi freddi, accennando un sorriso soddisfatto con le labbra. Tuttavia il suo sorriso non durò a lungo, poiché quello che accadde dopo non fu nemmeno in grado di vederlo.

Ma fu in grado di sentirlo. Eccome se lo sentì.

In meno di un secondo, Koji aveva richiuso la distanza tra loro due e piantato saldamente un pugno sullo stomaco del biondo. Boruto si piegò in due per il dolore, gemendo sommessamente e boccheggiando come un pesce. Le successive parole che l’uomo pronunciò gli fecero scorrere un brivido lungo la spina dorsale. “Mi godrò ogni secondo della tua sofferenza per aver osato metterti contro il volere degli dei, verme.” Il Nukenin lo fissò con uno sguardo ricolmo di dolore e rabbia, tremando per la furia che sentiva scorrergli nelle vene. Non si era aspettato un’azione simile. Quel tizio era dannatamente potente.

“Cosa c’è? Ti ho colpito troppo duramente?” continuò a dire quello verso la sua figura inginocchiata, la sua voce carica di scherno. “Lascia che ti aiuti,” sibilò estendendo una mano verso il biondo più giovane, una chiara azione di scherno. Boruto, appena riprese fiato, fece la sua mossa. La sua spada si ridestò con una rapidità inaudita, mirando direttamente al collo dell’avversario. Tuttavia, Koji mosse il suo corpo con un movimento disumanamente rapido, evitando a malapena l’attacco. La sua mano destra afferrò il polso esteso del biondo, e con uno scatto rapido glielo torse dietro la schiena, immobilizzandolo in una presa che gli impedì di muoversi. L’Uzumaki sibilò di dolore.

“Suvvia, non è questo il modo di trattare un tuo superiore,” sussurrò Koji mentre muoveva l’altro braccio per trafiggerlo con un kunai. Tuttavia, appena un secondo dopo, accadde l’inaspettato. “RAITON: Rakurai” (Scia Scattante di Fulmini) Boruto cominciò ad emettere chakra da ogni poro del suo corpo, rivestendosi completamente da una cappa elettrica scattante e sibilante, azzurra e frenetica come il mare agitato. Kashin Koji mollò immediatamente la presa con un ringhio di dolore, fissandosi la mano ustionata dall’elettricità con cui aveva immobilizzato il ragazzo da cui ancora guizzavano scosse bluastre. Non si era aspettato una contromossa del genere.

Boruto non perse un altro secondo. “RAITON: Rairyu no Hoken!” (Pugno Elettrico del Drago). Con l’elettricità che gli avvolgeva le braccia, il giovane colpì l’aria difronte a lui con il pugno destro, evocando un fulmine possente che scattò dal suo braccio e si diresse ad alta velocità verso il nemico sotto forma di un gigantesco pugno blu fatto di fulmini.

L’uomo sgranò gli occhi sotto la maschera, ma non si lasciò intimidire. Per tutta risposta invece, fece ruotare leggermente il suo corpo mentre la sua mano destra prese ad avvolgersi da fiamme rosse come se fosse andata a fuoco. Poi, proprio nel momento in cui l’attacco stava per schiantarsi addosso a lui, scagliò la mano in avanti. Le fiamme rosse schizzarono all’aria e s’incontrarono per un secondo con l’elettricità dell’avversario, prima di sopraffarla completamente e dissolverla del tutto fino a quando dell’attacco di Boruto non rimasero che delle misere scintille.

Koji ghignò follemente. I suoi occhi notarono con estrema facilità l’espressione scioccata che aveva ricoperto il volto del ragazzo. “Devo dire che mi hai sorpreso,” gli disse allora con un tono di voce basso e lento. “Non mi aspettavo di incontrare un’altra persona capace di controllare uno dei cinque elementi in questo modo proprio come ci riesco io. Tu… Tu sei come me.”

Gli occhi glaciali di Boruto si assottigliarono. Koji lo fissò con solennità. “Anche tu hai ricevuto un Potere da parte di un essere celeste,” dichiarò, solenne. All’udire ciò, un’imprecazione si fece largo nella mente del ragazzo. Non avrebbe dovuto lasciarglielo intuire. Era stato troppo ingenuo. Quell’uomo si era rivelato molto più forte e molto più veloce di quanto si fosse aspettato. Era stato uno sciocco a sottovalutarlo. Avrebbe dovuto immaginare che combattere un’altra persona con un Potere simile al suo non sarebbe stata una passeggiata. Non avrebbe più commesso un errore simile in vita sua.

“E questa cosa ti rende ancor più miserabile,” la voce profonda dell’uomo non si fermava. “Io e te siamo uguali. Entrambi graziati dagli dei e benedetti con i loro poteri. Dovresti essere dalla mia parte, invece che schierarti con quei miseri umani.”

“Dei?” ribatté senza emozione Boruto. “Non farmi ridere. Non ho ottenuto il mio Potere da una divinità. Le divinità non esistono. Così come non esiste la speranza che stai cercando di ottenere attraverso la distruzione e la morte. Dovresti usare il tuo Potere mettendolo al servizio delle persone che soffrono, non usandolo per sterminare metà del pianeta.”

Koji scosse la testa. “Sei troppo ingenuo. Non può esistere la pace senza la distruzione.”

“Concordo. Allora ti distruggerò, e darò inizio ad una nuova era di pace senza di te!” dichiarò Boruto, attivando di soppiatto il suo Jougan ed impugnando la spada difronte a sé. La sua Scia di Fulmini avvampò d’intensità, diventando accecante e possente a causa della sua nuova scarica di energia. E poi, più veloce di una saetta, l’Uzumaki fece la sua mossa.

Koji non ebbe il tempo di muovere un muscolo. Boruto gli si lanciò davanti con una rapidità che non aveva mai mostrato prima d’ora, centrandolo un pieno petto con un pugno micidiale che lo fece piegare in due con un gemito di dolore. Un secondo pugno lo colpì sul mento immediatamente dopo, e poi un terzo sul petto. Al quarto colpo, l’uomo si ridestò dal dolore, scattando lontano dall’avversario e prendendo a balzare da un tetto all’altro della città. Boruto ringhiò di frustrazione, partendo alla rincorsa a sua volta ed inseguendolo mentre correva per i tetti della cittadina. Nonostante fosse avvolto nella sua scia di Fulmini, quel tizio riusciva a tenergli testa e a muoversi quasi alla sua stessa velocità. Era incredibilmente frustrante. Quanto doveva essere grande il suo Potere?

FUUTON: Rairyu no Hoko!” (Ruggito del Drago) esclamò allora. Con un salto in avanti, Boruto rilasciò un possente getto di vento dalla bocca, puntandolo al suo bersaglio. Quest’ultimo guardò l’attacco con apprensione, sorridendo ferocemente e decidendo di testare la sua superiorità una volta per tutte.

KATON: Enjin no Dogo!” (Urlo del Dio) Quasi ad imitare il suo avversario, Koji rilasciò dalle labbra un getto di fuoco e fiamme, voltandosi e dirigendolo verso l’attacco che incombeva alle sue spalle. Le due Tecniche si scontrarono con un boato di vento e fuoco, dissolvendosi con un’esplosione tonante che s’innalzò nel cielo con una potenza indescrivibile.

Koji non ebbe un solo istante per riprendersi. Sgranando gli occhi per la sorpresa, l’uomo mascherato dovette abbassare la testa all’istante, appena in tempo per riuscire ad evitare di essere decapitato da Boruto con un colpo di lama talmente veloce da essere invisibile ad occhio nudo. La spada, dopo aver mancato il bersaglio, finì per colpire l’acciaio e il metallo ai loro piedi. Usando quell’opportunità, Boruto sferrò un calcio verso il nemico mentre era ancora a mezz’aria, ma Koji aveva più esperienza di lui e reagì prima, afferrando la gamba del giovane con la sua mano destra prima che potesse entrare in contatto con la sua faccia. Boruto allora aumentò di nuovo l’intensità della sua cappa di fulmini, costringendolo a balzare lontano da lui per non essere investito dall’elettricità.

Poi però, con una rapidità che sorprese immensamente il biondo, il pugno di Koji si incontrò di nuovo con il suo stomaco da destra, facendogli emettere un gemito di dolore mentre la sua schiena si scontrava addosso ad una parete di un piccolo edificio, facendo innumerevoli crepe su di essa. L’uomo usò la mano sullo stomaco del ragazzo per ruotare col corpo e allontanarsi da lui prima che potesse reagire, atterrando ad un paio di metri da lui e fissandolo con superiorità. Poi unì assieme le mani per formare dei Sigilli, sputando una serie di getti di fuoco addosso al punto dove si era schiantato l’avversario.

L’occhio destro di Boruto pulsò prevedendo l’imminente pericolo. Con gli occhi aggrottati, il Nukenin rotolò via da lì proprio due secondi prima di essere investito dalle fiamme, rimanendo in una posizione accovacciata mentre osservava col suo Jougan l’avversario intento a studiarlo a sua volta.

“Non ho mai visto un occhio simile. È anch’esso un dono che ti è stato conferito dagli dei?” domandò casualmente l’uomo mascherato, impassibile.

Il giovane non rispose. Infondendo chakra nel suo corpo, la sua cappa elettrica bruciò con una nuova intensità, mentre nella sua mano destra una piccola sfera circolare di chakra prese a formarsi sul suo palmo aperto. Koji si guardò di lato, nel punto dove in quello stesso istante aveva percepito una pulsione di chakra, notando la figura di Sora che era riapparso dal nulla nell’aria, le sue mani portate in avanti che formavano un cerchio acquoso e tremolante. Poi, da quel cerchio liquido dinanzi a lui, vennero sparati ad alta velocità una dozzina di proiettili d’acqua perforanti, veloci come saette.

“Heh,” l’uomo mascherato sorrise mentre una colonna di fuoco nero prese a formarsi nella sua mano destra, espandendosi rapidamente. Non aspettò che finisse, gettandola davanti a sé con il braccio destro mentre le fiamme prendevano la forma di una massiccia falce nera che centrò ogni singolo proiettile d’acqua, distruggendolo come se fosse fatto di carta. Sora ringhiò per la frustrazione, senza però fare un’altra mosse. Dietro di lui, tutti gli altri ragazzi apparvero a loro volta dopo un secondo.

“Dovete essere disperati per tentare di sconfiggermi con un attacco simile,” li schernì Koji, mentre posava la sua falce ardente sulla spalla.

Per tutta risposta, Boruto scattò in avanti e puntò il suo attacco verso l’avversario con una rapidità inaudita, comparendo dinanzi a lui in un millisecondo e sferrandogli la sfera rotante di fulmini addosso senza la minima esitazione. “RAITON: Rasenkurai!” (Rasengan Elettrico) urlò a pieni polmoni. L’uomo mascherato rimase sconvolto dalla repentina velocità del biondo, tuttavia fu abbastanza rapido per riuscire a difendersi. Portando la falce difronte a sé infatti, evocò un possente muro di fuoco e fiamme che s’innalzò tra lui e il suo assalitore, difendendolo dal Rasengan elettrico appena prima di essere colpito. Le due Tecniche si scontrarono l’un l’altra per diversi secondi con un sibilo elettrico e un boato esplosivo, emettendo ondate copiose di vento caldo e ustionante che si propagarono per tutta la città e che fecero andare in pezzi tutti i vetri degli edifici vicini. Poi, con un ultimo sibilo raccapricciante, le due tecniche detonarono generando un’esplosione immensa che rimbombò per chilometri e chilometri. Nuvole dense di fumo risalirono nel cielo oscuro, proprio mentre la terra smise di tremare. Poi, appena tutto il fumo prese a diradarsi, la scena che apparve fu stranamente diversa da quella che ci si aspettava.

In mezzo all’esplosione, ustionato e ferito, Koji era inginocchiato a terra con gli abiti fumanti, il suo corpo pieno di lividi e scosso da continue scariche elettriche che lo percorrevano intensamente. Davanti a lui, steso sul terreno e gravemente esausto, Boruto non era da meno. I suoi abiti erano fumanti e bruciati, il suo corpo ricoperto da ustioni di secondo grado e pieno di lividi e graffi. Ansimavano entrambi, fissandosi dall’alto in basso a vicenda, visibilmente spossati ed esausti.

“S-Sei riuscito a superare la mia barriera,” esalò affannosamente Koji, inferocito. “Ti sei volutamente lanciato contro il mio attacco per riuscire a colpirmi con il tuo Rasengan, ferendoti di proposito.”

Il biondino lo fissò con gli occhi esausti, lottando per respirare e per ignorare il dolore.

Kashin Koji si rimise faticosamente in piedi, barcollando sulle gambe. Le scariche elettriche attorno a lui cessarono.  “Tuttavia hai fallito,” sibilò, piatto e spossato. “Sei riuscito a ferirmi, ma l’attacco non è bastato ad uccidermi. Questo scontro è giunto al termine.” Si portò solennemente dinanzi al suo corpo buttato a terra, fissandolo con i suoi occhi stanchi ma imperscrutabili. “Lascia che ti riveli una cosa,” disse allora, sbattendogli un piede sul petto con forza. Boruto urlò di dolore, serrando gli occhi e stringendo i denti. “Sarei certamente morto se non avessi imparato a rafforzare il mio corpo tramite il Potere che risiede dentro di me. Sei stato l’unico a costringermi ad utilizzare questa opzione, Boruto Uzumaki. E questa cosa… mi fa incazzare come una bestia!”

“Ma sai una cosa?” continuò a dire, sfregando pesantemente lo stivale contro il petto del ragazzo mentre lui stringeva i denti per il dolore. “Non prenderla sul personale, verme. Sei stato semplicemente troppo stupido nel pensare di potermi sconfiggere. Io sono lo strumento degli dei. La mia vittoria è segnata dal Destino.”  Poi, alzando la gamba con solenne lentezza, l’uomo mascherato batté ancora una volta con prepotenza lo stivale sul petto ustionato del ragazzo, facendolo urlare a squarciagola. “Per cui, accetta la tua fine senza proteste,” disse.

Poi, però, accadde qualcosa.

La mano di Boruto gli afferrò saldamente la caviglia, facendolo trasalire. Boruto lo guardò con un sorriso dolorante, fissandolo con il suo occhio destro attivato.

“Sei caduto in trappola,” sibilò.

E poi, prima ancora che uno dei due potesse fare qualcosa per reagire in qualche modo, un guizzo elettrico si sprigionò improvvisamente dall’occhio destro del biondo, generando immediatamente dopo un vorticoso portale di energia oscura che prese a spiraleggiare attorno ad entrambi, come un vortice instabile e perenne che prese a risucchiarli entrambi al suo interno.

Kashin Koji urlò per lo stupore. “Cosa sta succede-”

Subito dopo, lui e Boruto furono completamente risucchiati dal vortice di energia oscura, scomparendo entrambi dalla faccia della Terra.

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Quando riaprì gli occhi, Koji rimase completamente allibito. Guardandosi attorno, l’unica cosa che riuscì a comprendere fu questa: non si trovava più nel mezzo della cittadina dove stava lottando prima. No, per niente. Questa non era la Terra del Ghiaccio. Lo spettacolo che lo circondava era completamente diverso rispetto alla città ghiacciata e ricoperta di neve in cui si trovava fino a poco fa.

Il luogo che lo circondava era interamente diverso. Era buio, oscuro, silenzioso. Nessun suono si udiva nel mezzo di quel silenzio assoluto. Non c’era niente attorno a lui, se non migliaia e migliaia di strutture quadrangolari simili a cubi immensi che formavano delle colonne di diverse dimensioni e altezza che circondavano ogni spazio attorno a lui. Erano ovunque. Alla sua destra, alla sua sinistra, in alto e persino sotto i suoi piedi. Queste colonne quadrangolari erano bianche, completamente diverse rispetto all’oscurità che regnava sovrana in quel luogo. L’aria era fredda e secca, ancora più fredda di quella della Terra del Ghiaccio, e ad ogni respiro che faceva, l’uomo riusciva a vedere intense nuvolette di vapore uscire dalle sue labbra.

“Che cos’è questo posto?” disse, osservandosi attorno con circospezione.

Il suono di una risata sommessa lo fece trasalire. Koji si voltò di scatto. Boruto Uzumaki era sempre davanti a lui, e si era rimesso faticosamente in piedi sulle gambe. Lo fissava con quel suo occhio strano, scrutandogli l’anima con quella sua pupilla fosforescente ed elettrica, mentre un sorriso crudele e ferale gli contornava i lineamenti doloranti e feriti.

“Benvenuto nella mia dimensione personale,” gli disse, aprendo le braccia ed indicando lo spazio e l’oscurità che li circondavano. “Questo è il mio mondo: il Mondo Distorto!” dichiarò solennemente.

Lo sguardo dell’uomo si assottigliò. “Capisco, quel tuo occhio è in grado di aprire un portale per questa dimensione,” dedusse, fissando il Jougan del ragazzo con attenzione e freddezza. “Hai volutamente abbassato la guardia durante l’attacco per spingermi ad avvicinarmi a te, approfittando dell’occasione per portarci entrambi qui. Ti sei lasciato ferire di proposito per assorbirmi e portarmi in questa dimensione.”

Boruto sorrise feralmente nonostante il dolore che provava nel corpo. Gli addestramenti con Toneri per controllare al meglio il suo Jougan avevano dato i loro frutti. “Precisamente. E ormai, per quanto mi dispiaccia ammetterlo, per te è giunta la fine,” disse.

L’uomo aggrottò le sopracciglia. “Come sarebbe?”

Il sorriso del Nukenin era inquietante. “Questo mondo non è un luogo normale,” spiegò lentamente. “Chiunque entri al suo interno, a parte me, viene visto come una minaccia da questo posto. E fra poco te ne accorgerai…”

Una strana sensazione di timore ed inquietudine squarciò la mente di Koji. Poi però, prima che potesse aprire bocca per parlare, il suo corpo sentì qualcosa serrargli con una potenza smisurata le braccia e le gambe. Sgranando gli occhi, l’uomo mascherato lanciò un urlo di sorpresa e crollò a terra in ginocchio, serrando i denti con dolore e fatica mentre degli strani tentacoli bianchi gli avevano avvolto completamente gli arti, serrandogli il corpo con una stretta dolorosa e opprimente. “C-Che diavolo sono questi?” esclamò, inorridito.

“Questo mondo assorbe il chakra di qualsiasi essere vivente vi poggi piede,” disse Boruto, fissandolo con uno sguardo freddo e impassibile mentre si contorceva nei tentacoli. Il sorriso era completamente sparito dal suo volto. “Non è possibile fermare questo processo. Quei tentacoli continueranno ad apparire ed attaccarti fino a quando non ti sarà rimasta nemmeno una sola goccia di chakra nel corpo. Non importa dove andrai, non importa per quanto tempo continuerai a combatterli, essi ti seguiranno ovunque e per sempre. Nemmeno io riesco a spiegarmi questo processo.”

Koji sentì la morsa del terrore azzannargli il cuore. “No… NO! Non posso morire qui! Io ho un compito da assolvere! Sono lo strumento degli dei!” urlò freneticamente, divincolandosi con tutte le forze che aveva in corpo dalla stretta di tentacoli che lo avvolgeva e riuscendo a liberarsi. Guardò il giovane dinanzi a lui con gli occhi sbarrati per l’orrore. “Fammi uscire da qui!”

Boruto scosse la testa. “Solo colui che possiede quest’occhio può entrare ed uscire da questo luogo senza subire danni,” disse, fissandolo con quell’occhio inquietante che sembrava scrutargli dentro l’anima. “E non ho nessuna intenzione di liberare un folle come te ancora una volta.”

L’uomo sentì le sue membra tremare per l’orrore e l’angoscia.

Il Nukenin lo fissò con freddezza e solennità. “Te lo avevo detto, Kashin Koji,” disse ancora una volta, la sua voce priva di emozione e solenne come un tuono. “Per il bene della pace e della stabilità del mondo, tu devi morire.”

L’uomo mascherato fissò il giovane con uno sguardo omicida folle e distorto, urlando a squarciagola per il terrore e la disperazione.

“ALLORA TU MORIRAI ASSIEME A ME!”

Boruto sgranò gli occhi.

Muovendosi con una rapidità indescrivibile, in un disperato impeto di rabbia e furia, Koji scattò verso di lui con una mano protesa in avanti, serrando con ferocia un kunai tra le dita e puntandolo con disperazione e rabbia verso il suo volto. Boruto trasalì con sgomento, ma non riuscì a reagire. Era troppo stanco, troppo spossato; ed il suo corpo era ancora dolorante e ustionato a causa dell’attacco che aveva subito precedentemente. Provò a muoversi, provò a evitarlo, provò ad ordinare al suo corpo di rispondere in tempo, ma l’unica cosa che riuscì a fare fu un singolo passo indietro, prima di vedersi comparire la lama dell’avversario proprio ad un paio di millimetri dalla faccia.

E poi, con un gesto secco e colmo di rabbia e disperazione, Koji menò un fendente sul suo volto.

Era troppo tardi per riuscire a fermarlo.

SLASH!

L’urlo di dolore riecheggiò nell’oscurità del Mondo Distorto per un tempo che parve infinito. Boruto crollò in ginocchio in preda al dolore più totale, agonizzante e tremante, premendosi disperatamente la mano sul volto, sull’occhio che gli era stato ferito dal kunai, serrando i denti e l’unico occhio sano rimastogli per il dolore e cercando di tamponare il getto copioso di sangue che sgorgava come un fiume dalla ferita. Sentiva un dolore agonizzante e immenso pervadergli tutta la parte destra del viso, bruciandogli nel cervello e causandogli un mal di testa immenso. Sentiva la sua vista pulsare dolorosamente, mentre una fitta di agonia acuta e accecante lo pervadeva dalla testa ai piedi ad ogni battito del suo cuore. Davanti a lui, senza poterlo vedere, Koji tentò di colpirlo di nuovo con un secondo affondo, ma i tentacoli di prima lo assalirono ancora una volta, immobilizzandolo e facendolo crollare a terra in mezzo ad urla di terrore e panico disperato.

Il biondino continuò a tamponarsi la ferita sgorgante di sangue, stringendo i denti e aprendo lentamente l’occhio sinistro per osservare il suo aguzzino. La sua vista annebbiata pulsava talmente tanto che per poco non cadde a terra, facendogli girare la testa. Tuttavia riuscì a reggersi in ginocchio, mentre di secondo in secondo il dolore si faceva meno opprimente e la sua vista si schiariva sempre più. Koji era buttato a terra in un miscuglio di tentacoli e agitazione, divincolandosi furiosamente senza riuscire più a liberarsi. Posò lo sguardo sulla sua mano libera, sibilando per il dolore intenso che continuava a bruciargli nel cervello. Il suo occhio destro era completamente andato. Quel maledetto folle gli aveva inciso un taglio che partiva dalla guancia e che arrivava oltre il sopracciglio, fino alla fronte, recidendogli la pelle e danneggiandogli gravemente l’occhio. Imprecò profumatamente nella testa. Se solo fosse stato meno stanco avrebbe potuto evitare l’attacco…

La voce di Koji lo riscosse dai suoi pensieri e dall’agonia. “S-Se io devo morire in questo luogo, allora anche tu resterai qui bloccato assieme a me!” ruggiva, in un misto tra la risata e il pianto. “Senza quel tuo occhio, non potrai più tornare indietro!”

Nonostante il dolore lancinante ed intenso, Boruto sorrise. “Ehehehe,” ridacchiò, fissando la figura di Koji avvolta dai tentacoli fino alla gola, sempre più priva di energie. “Non credo proprio…”

Lo sguardo delirante dell’uomo si riempì di sgomento.

“Ammetto che mi hai colto alla sprovvista, Kashin Koji,” sibilò con divertimento il biondo, mettendosi in piedi lentamente senza mai togliere la mano dal suo occhio sanguinante e ferito. “Ma credi davvero che io sia così sprovveduto da non aver ideato un piano di riserva, nel caso in cui una situazione del genere fosse avvenuta?”

Con la mano libera, il Nukenin toccò la ferita e intrise le dita nel suo stesso sangue. Poi con esso delineò un simbolo sul pavimento, facendo infine un Sigillo con le dita dopo che la sua opera fu completa. Koji lo guardò con orrore e un senso di agitazione perenne. Boruto lo fissò solennemente, il suo occhio sinistro gelido, crudele e pieno di risentimento. “Addio per sempre, lunatico,” disse, la sua voce fredda e minacciosa. “Muori qui da solo, con la consolazione di essere riuscito a ferirmi.”

Dopodiché, i simboli che aveva disegnato per terra presero ad illuminarsi. Boruto sorrise feralmente. “Addio.”

Detto ciò, il biondo scomparì in un raggio di luce.

“No! No! NO! ASPETTA! ASPETTAAAA!” urlò impotentemente l’uomo, mentre sempre più tentacoli spuntavano fuori dal terreno e gli avvolgevano il busto e il collo, togliendogli il fiato e risucchiandogli le ultime energie che aveva in corpo. Koji continuò a urlare, a piangere e a delirare per diversi minuti, avvolto solo dal silenzio e dell’oscurità di quel mondo mortale e silenzioso. Si dimenò, strattonò, si agitò e lottò con tutte le sue forze; fino a quando esse cominciarono ad affievolirsi sempre più, svanendo del tutto e lasciandolo stanco e vuoto. E poi, infine, chiuse gli occhi, mentre un ennesimo tentacolo gli avvolgeva la faccia e gli frantumava la maschera.

E l’oscurità cadde per sempre sopra il corpo esanime di Kashin Koji.

.

.


Tempo Sconosciuto
Luogo Sconosciuto

L’essere biancò trasalì, lasciando cadere per terra il bicchiere che reggeva in mano. Il cristallo si frantumò in mille pezzi, generando un suono acuto che riecheggiò nella sala del trono per diversi secondi, mentre il liquido rossastro si sparpagliava sempre più sul pavimento, sporcando il marmo bianco con la sua presenza.

La creatura si fissò le mani, aggrottando gli occhi bianchi privi di iridi. “Il Potere è ritornato a me,” disse, guizzando la testa da una mano all’altra. “Capisco. Dunque quella patetica scimmia è stata sconfitta…”

Un sorriso privo di calore gli contornò le labbra. Per quanto fosse inaspettata, questa cosa era interessante. Non si era aspettato di perdere la sua pedina così presto. Aveva dato a quell’umano molto potere quando era andato a fare visita sulla Terra assieme a Momoshiki e Kinshiki, e adesso quel misero mortale era già stato eliminato. Che patetica fine. Gli abitanti della Terra erano davvero un insulto alla loro razza.

“Molto bene,” disse allora Urashiki. “Credo che sia ora di mandare Kawaki a dare un’occhiata…”
 


06 Febbraio, 0018 AIT
Castello di Toneri, Astro Celeste
06:00

“Sei stato davvero fortunato.”

Boruto sentì ancora una volta una fitta di vergogna e rammarico nel sentirsi ripetere lo stesso rimprovero per la trentesima volta – si, le aveva contate – ma nonostante questo non riuscì a trattenere il proprio sorriso di sollievo mentre la sua amica gli toglieva le bende dal volto dopo un giorno intero di medicazioni e operazioni dolorose all’occhio. Aveva sofferto terribilmente durante le precedenti dodici ore.

“Il taglio aveva completamente lacerato la cornea e buona parte della sclera, ma per fortuna non è riuscito a raggiungere la pupilla e il cristallino dell’occhio, altrimenti saresti diventato cieco a questo punto,” disse ancora Mikasa, la sua voce seria e carica di un’inconfondibile nota di preoccupazione. Rimosse la benda dalla parte destra del suo volto con una calma e una delicatezza estrema. “Per fortuna Toneri è riuscito a sostituire le cellule danneggiate grazie alle conoscenze del suo clan. Se non fosse stato per lui, avresti perso il tuo occhio, Boruto.”

Il biondo sospirò pesantemente, più per la vergogna che per altro. “Mi dispiace,” sussurrò tristemente. “Non volevo farvi preoccupare così tanto.”

La ragazza finì di togliergli le fasce di garza bianca, scoprendo l’occhio. Guardandola col suo occhio sinistro, Boruto vide chiaramente che era ancora arrabbiata e preoccupata per lui. E non poteva biasimarla. Aveva seriamente rischiato di perdere la vista a causa della sua svogliatezza. Se fosse stato più prudente durante lo scontro con Koji, tutto questo non sarebbe mai successo.

“Non c’è niente che possiamo fare per la cicatrice. Dovrai portartela a vita,” ribatté quella, solenne. Nonostante la sua voce fosse severa, i suoi occhi tradivano un dispiacere immenso nei suoi confronti.

“Non fa nulla. Avete già fatto abbastanza,” la rassicurò lui, sorridendo con sincerità. “Vi sono grato per quello che fate sempre per me. Grazie, Mikasa. Non so cosa farei senza di te.”

La ragazza lo guardò, il suo cipiglio che si addolciva sempre più mentre lo fissava. Prese un piccolo specchio con una mano. “Boruto, anche se siamo riusciti a salvare il tuo occhio, esso non sarà più come prima,” gli disse, cercando di suonare meno triste di quello che era. “Il tuo Jougan è intatto. Ma… non sarai più in grado di disattivarlo o di riportare la pupilla al suo colore originale. Dovrai tenertelo così per sempre. Non c’è nessun altro modo.”

Boruto annuì, sorridendo come sempre. “Va bene così, Mika. Davvero,” disse semplicemente, la sua voce tranquilla. “Grazie.”

Mikasa annuì a sua volta con esitazione, tenendogli gentilmente lo specchio davanti al volto per permettergli di guardarsi. E appena posò lo sguardo sul suo riflesso, Boruto dovette reprimere un senso di vertigine e sgomento che rischiò di assalirgli il cuore. Il suo fiato si fermò di botto. Adesso, adesso aveva capito. Adesso aveva compreso come stavano le cose. La sua faccia era stata sfigurata completamente; ferita da un grosso taglio che aveva lasciato una lunga cicatrice che partiva dalla sua guancia destra e che risaliva in alto oltre il sopracciglio, fino alla fronte. Attraversava completamente l’occhio, e vedendo tutta la sua lunghezza, Boruto non poté fare a meno di pensare a quanto quella cicatrice fosse simile a quella che aveva in volto il Sesto Hokage. Erano praticamente speculari.

Eppure, il giovane Nukenin non si sentì troppo sconvolto da quella visione. Sapeva quanto fosse grave la sua ferita, ma la cosa non lo spaventò più di tanto. Dopotutto, il taglio era stato così profondo e ampio da essere arrivato a lasciare il segno persino sul suo coprifronte sfregiato, creando un secondo taglio che si andava a unire con quello che lui stesso aveva fatto sul simbolo della Foglia. Ma lui non se ne curò. Sapeva che quello che era successo era colpa sua. Era stato imprudente. Era stato arrogante. E questo era il prezzo che aveva pagato a causa di ciò. Gli era anche andata bene, in realtà. Se non fosse stato per Mikasa, Sora, e tutti gli altri, probabilmente sarebbe morto dissanguato o avrebbe perso completamente l’occhio. Era colpa sua, e doveva accettarne il prezzo.

“Prova ad aprire l’occhio,” lo esortò gentilmente Mikasa.

Boruto ubbidì, aprendo lentamente la palpebra sfigurata e fissando il suo riflesso, temendo quasi quello che avrebbe potuto vedere. Ma dopo un attimo di visione annebbiata e confusa, alla fine la sua vista tornò ad essere limpida e sana, come se non fosse mai stata intaccata. E appena vide qual’era la sua condizione, nonostante tutto, il biondo sorrise. Il suo occhio destro era lo stesso di sempre. Quella sclera grigiastra così particolare, quella pupilla elettrica e fosforescente. Era rimasto tutto come prima, così come la sua visione.  Non sembrava essere mai stato ferito. L’unico difetto era che da adesso in poi, il suo occhio avrebbe avuto per sempre questo aspetto. Era lo scotto che doveva assumersi per colpa della sua sfrontatezza.

Un prezzo che lui era ben disposto a pagare, in fin dei conti.

“La prossima volta devi essere più prudente, Boruto,” disse la sua amica, offrendogli un sorriso triste. “Non voglio rischiare di perderti ancora.”

Il Nukenin annuì. Mikasa aveva ragione. Doveva essere più prudente. Doveva essere migliore. Era diventato incredibilmente più forte nel corso di questi anni, senza dubbio, ma la forza da sola non bastava. Il potere da solo non era abbastanza. Non poteva lasciarsi accecare dall’arroganza solamente perché era diventato più forte. L’ultima battaglia ne era stata la prova. Doveva essere migliore di così. Lui era migliore di così. Sapeva di esserlo. E non avrebbe commesso lo stesso errore una seconda volta. Per il suo bene, e per quello della sua famiglia.

Perché adesso aveva delle responsabilità. Lo aveva promesso. Doveva guidare il mondo verso la pace. Doveva affrontare l’Unione e le Nazioni che gli davano la caccia. Doveva trovare una soluzione a tutti i problemi del loro pianeta. E, a partire da quel giorno, sarebbe anche dovuto essere il nuovo leader della Rivoluzione. Non poteva più sbagliare. Non poteva più commettere un errore. Doveva essere migliore. Doveva essere perfetto, come gli aveva detto l’Uzukage diversi anni prima. Era una sfida che doveva affrontare ad ogni costo.

E lui era Boruto Uzumaki.

Non si sarebbe mai arreso dinanzi a nessuna sfida.
 
 

 



 


Note dell’autore!!!

Salve a tutti gente! Ecco a voi il nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto. Questo è stato il capitolo più lungo che ho scritto finora, ed anche uno dei più complessi. Spero possiate averlo apprezzato.

Abbiamo finalmente visto il modo in cui Boruto è entrato in contatto con la Rivoluzione, e abbiamo anche visto quali sono i suoi obiettivi. Da adesso in poi, il nostro protagonista sarà sempre più simile al personaggio che coloro che hanno letto la storia precedente conoscono. Vedrete nel prossimo capitolo un’altra decisione molto importante per la sua vita.

Kashin Koji è un personaggio del mondo di Boruto. Ho completamente reinventato la sua storia perché non volevo fare spoiler a chi segue il manga.

Vi invito a leggere e commentare! Pubblicherò il prossimo capitolo il prima possibile, promesso.

A presto!
   
 
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