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Autore: IamNotPrinceHamlet    10/02/2019    0 recensioni
Seattle, 1990. Angela Pacifico, detta Angie, è una quasi 18enne italoamericana, appassionata di film, musica e cartoni animati. Timida e imbranata, sopravvive grazie a cinismo e ironia, che non risparmia nemmeno a sé stessa. Si trasferisce nell'Emerald City per frequentare il college, ma l'incontro con una ragazza apparentemente molto diversa da lei le cambia la vita: si ritrova catapultata nel bel mezzo della scena musicale più interessante, eterogenea e folle del momento, ma soprattutto trova nuovi bizzarri amici. E non solo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nel capitolo precedente: Angie accetta di uscire con Dave. Eddie la cerca ancora al telefono, è costretta a rivelare a Meg cosa è successo a San Diego e cerca di spiegare all’amica il suo punto di vista sulla faccenda e perché lo sta evitando. Grace e Meg hanno pianificato una serata assieme a casa di quest’ultima, per un caso Grace resta sola quando Stone chiama. Gossard si mostra come sempre molto affettuoso con lei, che ne sembra un po’ intimorita. Grace parla al telefono anche con Eddie e, non sapendo nulla del bacio tra lui ed Angie, pensa di scuoterlo un po’ facendolo ingelosire e raccontandogli dell’uscita tra lei e Dave. Eddie la prende malissimo. Grace se ne pente una volta che Meg le rivela a che punto sono davvero Angie ed Eddie. Quando la ragazza torna a casa è costretta dalle amiche a chiamare Vedder e dirgli la verità. Angie si decide, affronta Eddie e svela che Dave ha iniziato a uscire con la bassista delle L7 e che lei lo ha solo accompagnato a un loro concerto, pur di non farlo andare da solo, per evitargli imbarazzi. Eddie allora si scusa con Angie e le confessa quello che prova come mai gli era riuscito prima. Le amiche di Angie sentono tutto, avendola obbligata a usare il vivavoce.

 

Intensa fragranza usata in profumeria. Sette lettere. Inizia per M. Mughetto! No, sono otto. Mango… Magnolia… Boh? Stranamente sono riuscita a mettere le mani sulla copia del Seattle Times che ogni tanto entra in casa nostra prima che Angie, come al solito, faccia il cruciverba. Ora però mi sa che mi tocca chiedere aiuto alla mia socia, perché sono nella nebbia più totale.

“Allora, ti stavo dicendo, mi presento al tavolo, solito saluto d'ordinanza con sorriso incorporato, chiedo alla tizia cosa prende e questa mi chiede, testuali parole, un cheeseburger senza formaggio e delle patatine” la porta della sua camera è aperta, mi affaccio con circospezione e la vedo al telefono. Ovviamente non ho bisogno di sapere con chi sta parlando, dalla sera in cui io e Grace siamo miracolosamente riuscite a convincerla a richiamare quel povero Cristo di Eddie ce ne sono state altre di chiamate, tutti i giorni. Per nostra sfortuna senza viva voce. Cazzo, quando ha aperto il suo cuore ad Angie io e Grace ci siamo sciolte in sospiri e aaaaaaw che per un pelo Vedder ci sgamava. Sono un'impicciona? Sì. Mi interesso alla vita sentimentale altrui per evitare di pensare al disastro della mia? Ebbene sì. Sono però anche genuinamente felice che alla mia amica le cose girino per il verso giusto come si merita? Eccome!

“Aspetta, rimango spiazzata per un attimo per il modo in cui si è espressa, poi rispondo: perfetto, allora le porto il menù Go-go con hamburger più patatine più bibita media a quattro dollari e novantanove. Va beh, in pratica non mi fa neanche finire di parlare e mi dice: No, no, io non voglio un hamburger. Voglio un cheeseburger senza formaggio” Angie dondola a destra e sinistra, cullandosi sulla sua sedia con le rotelline, mentre ascolta sorridendo la replica del suo bello.

“Esatto! Ahah stessa cosa che le ho detto io: quindi… un hamburger, signora? NO! Risponde lei seccatissima. Ho detto che non voglio un hamburger, ho chiesto un cheeseburger senza il formaggio! Ti giuro che urlava, mi sono vergognata per me, ma anche un po’ per lei” Angie ruota un pelo di più sulla sedia e mi vede, facendomi un cenno.

“Ovviamente non mi sono scomposta e le ho detto: allora vuole pagare un dollaro in più per un cheeseburger, ma lo vuole senza formaggio?” Angie e io scoppiamo a ridere assieme mentre entro in camera sua schiodandomi dalla porta, poi continua “Eh sì, perché il menù col cheeseburger costa di più, è quella la cosa assurda! Se io prendo l'ordine come menù cheeseburger, anche se segnalo alla cucina di non mettere il formaggio, sarà sempre considerato un cheeseburger. Va beh, questa stronza sgrana gli occhi e mi fa: Sì, esatto! Era così difficile da capire? Ahahah eh, te l'avevo detto che era una stronza!”

“Il cliente ha sempre ragione!” esclamo io sedendomi sul suo letto.

“Ehi, tu e Meg avete detto la stessa cosa quasi contemporaneamente! Comunque, visto che il cliente ha sempre ragione e questa qua mi aveva appena dato della menomata mentale senza capire che l'unica ottusa era lei, le ho risposto: Assolutamente no, signora, un menù Marilyn con cheeseburger senza formaggio, patatine e bibita a cinque dollari e novantanove per lei? E quella: ecco, sì, adesso ci siamograzie. Ma vai a cagare! Eheh… aspetta un secondo, ok?” Angie se la ride con Eddie, poi gli dice di attendere e scosta solo leggermente il telefono dall'orecchio, rivolgendosi a me “Volevi dirmi qualcosa?”

“Intensa fragranza usata in profumeria, inizia per M, sette lettere” le domando mostrandole il giornale.

“Muschio” risponde subito senza battere ciglio. E’ vero! Perché non mi veniva? La odio, cazzo.

“Sì, può essere, in effetti ci sta”

“Non può essere: è!” gongola per poi portarsi di nuovo il telefono all'orecchio “Cosa? La sapevi anche tu? La sapeva anche lui”

“Beh grazie a tutti e due, ma non tiratevela troppo!” ribatto lanciando un cuscino ad Angie, che però riesce a schivarlo, per poi raccoglierlo da terra.

“Purtroppo usata in profumeria, aggiungerei… Come perché? Il muschio è dannosissimo, sia quello sintetico che il muschio naturale… Beh, nel dubbio, tra estinzione totale di una specie animale e inquinamento, meglio non scegliere nessuno dei due e usare altre profumazioni, no? Come che animale? In che senso? Tu sai da dove deriva il muschio, vero?” parte un dibattito tra Eddie ed Angie di cui io sento solo una parte, anche se credo sia comunque la parte più consistente “Pianta? Ma che pianta? Il muschio non è una pianta! Cioè, sì, esiste anche la pianta, ma non è quello che si usa per fare i profumi. No! E’ una secrezione animale, di un cervo per la precisione. Ma no, non ti sto prendendo per il culo, Eddie, giuro! Questi cervi hanno una ghiandola, una specie di sacchetto sotto la pancia che secerne questa sostanza, e la spargono nel loro ambiente per marcare il territorio, specialmente nella stagione degli amori… Ahahah no, Eddie, non è sperma di cervo!”

Non la tipica conversazione tra innamorati eh?

“Comunque credo che ora sia per lo più sintetico” commento io dopo aver finito di scrivere la risposta giusta nelle caselle.

“Tanto peggio, perché inquina e finisce pure nella catena alimentare.” risponde Angie sia a me che a Eddie “Come? Ahahah no, niente profumo al muschio in regalo per me, grazie. E niente regali in generale, me ne hai fatti già troppi… Sì invece… Sì invece… Eddie? Per favore… Dai…” ora torniamo più su conversazioni di coppia, Angie stringe sempre di più il cuscino e io penso sia giunta l'ora di togliere il disturbo e tornare di là. Va beh, o di continuare a origliare da fuori senza farmi vedere.

“Aspetta, Meg! Sì, ora glielo chiedo.” mi alzo e faccio per uscire, camminando all'indietro e facendo ciao ciao con la mano, ma Angie mi blocca “Allora vai a vedere i ragazzi domani sera a Portland?”

“Sì, il piano è quello. Quasi sicuramente verranno anche Grace e Laura”

“Sentito? Meg, Grace e Laura, un bel terzetto pronto ad acclamarvi e a lanciarvi i reggiseni”

“Ahahah io ho poco da lanciare!”

“No, Eddie, te l'ho già detto, non posso… Roxy m'incula, è pure un mercoledì, ci sono gli infermieri della scuola serale che finiscono prima… non posso chiedere un altro giorno”

Il nostro piccolo Romeo è impaziente, vedo. I suoi sogni si sono già infranti quando ha scoperto che Kelly aveva programmato per la band un giro promozionale di radio e interviste varie proprio nei due giorni di pausa tra i due concerti in Oregon e che c'era ancora da aspettare prima di rimettere piede qui a Seattle. Eddie ci ha provato a svicolarsi, spiegando che tanto lui non conta un cazzo nella band di Stone e Jeff e che potevano pensarci loro, ma a quanto pare non è bastato.

“E va beh, ci vediamo dopodomani, cosa cambia? Ma piantala, non cambia niente… Ahahah no!” sono ancora qui impalata nel bel mezzo della stanza di Angie, mentre lei giocherella col cuscino e vorrei tanto sapere a cosa si riferisce quell'ultimo no, ma tanto la mia amica non me lo dirà mai.

“Salutamelo, ok?” stavolta mi allontano veramente, fermandomi in corridoio perché, come volevasi dimostrare, i cazzi miei non me li so ancora fare.

“Meg ti saluta! Comunque pensavo a una cosa. Ahahahah no! Pensavo che se domani le ragazze vengono a vedervi… beh, sarà come un'ulteriore perdita della famosa scommessa… non credi? Ahahah non lo so, non conosco Portland, non so se ci sono discoteche anni Settanta, devi chiedere a Stone. No no, chiediglielo, sono sicura che se anche non ce ne fossero, farebbe in modo di allestirne una pur di farsi un'altra risata alle spalle dei perdenti! Eheh sì, sarebbe un momento imperdibile. Ah sì? Perché? Oh sì, certo, la mia presenza o meno fa sicuramente la differenza”

La telefonata dei piccioncini va avanti ancora per un po’, con Eddie che presumibilmente le dice cose sempre più carine e lei che ci scherza su, non so se per il suo naturale imbarazzo o perché sa perfettamente che sono qui a origliare. Dopo averlo salutato, dissipa i miei dubbi.

“Meg!”

Taccio.

“Meg? Dai, tanto lo so che sei qui fuori”

“Uhm, stavo andando in bagno” ricompaio magicamente sulla porta, giusto in tempo per beccarmi una debole cuscinata.

“Certo…”

“Allora?” mi siedo di nuovo ai piedi del letto, in attesa delle confidenze di Angie, che mi illudo possa condividere senza che io debba tirargliele fuori con cavatappi.

“Allora Grace viene con voi domani sera?” Angie spegne subito ogni mia speranza.

“Sì, c'è anche lei”

“Sicura?”

“Certo, l'ho sentita stamattina e mi ha confermato che c'è. Perché?”

“Non lo so, è che non mi è sembrata particolarmente impaziente di rivedere Stone… o sbaglio? Cioè, è strano ma…”

“Aspetta un momento. Angela Pacifico che fa del gossip??”

“Ahahah vaffanculo Meg!”

“Chi sei? Cosa ne hai fatto della mia coinquilina?” mi alzo di scatto, indicandola con una mano tremante.

“Non sto spettegolando, faccio solo delle considerazioni su due amici”

“Considerazioni eh?” tiro giù il braccio e la guardo ridacchiando.

“Due cari amici a cui tengo. E mi sembrano carini insieme. E Grace mi sembrava molto presa all'inizio, invece adesso… mah… Insomma, secondo te c'è qualcosa che noi non sappiamo?” la nuova reginetta del gossip cerca di girarci attorno e io decido di starci. Anche perché una conversazione in più su Grace è un discorso in meno su di me e la mia vita sentimentale inesistente.

“Nah, secondo me è tutto normale. Grace aveva una cotta e Stone faceva il figo, adesso Stone non fa più il figo e lei è rimasta spiazzata, tutto qua”

“Più che altro Stone mi sembra super lanciato”

“Oh sì, effettivamente… Mi ricorda qualcun altro di nostra conoscenza” stavolta non posso fare a meno di stuzzicarla, ma lei alza gli occhi e continua.

“Per lui stanno già insieme in pratica, invece lei si è chiusa a riccio” certo, un atteggiamento di cui tu ti intendi parecchio, vero Angie? Stavolta mi trattengo.

“Vedrai che da domani sera il riccio si apre, fidati”

“Vorrei solo non soffrisse” la mia amica alza le spalle e si rigira il telefono tra le mani. Non è che lo stai dicendo a te stessa?

“Chi dei due?”

“Beh, nessuno dei due!”

“Quindi… niente profumo al muschio?” le chiedo dopo un po’ e Angie ricomincia a dondolare sulla sedia.

“Ahah no, per carità!”

“Devo ricordarmi di dire a Eddie di prendertene uno alla frutta” le strizzo l'occhio e lei sbuffa facendo un giro di trecentosessanta gradi.

“Per favore…”

“Alla banana sarebbe perfetto”

“MEG!”

“Che ho detto?!”

 

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Beer-pong. Ventisei anni e ancora mi metto a giocare a beer-pong? Beh, Kim ne ha trenta e li organizza lui i tornei di questi giochi del cazzo, la cosa dovrebbe consolarmi. Ventisei anni, una relazione stabile, un progetto musicale serio, un conto in banca che mi paga le bollette senza arrivare alla fine di ogni mese con l'acqua alla gola… e mi risveglio nella vasca da bagno del mio bassista alle sei del mattino. Cazzo di mal di schiena! E perché cavolo sto ancora in questo condominio di merda? Bestemmio mentre insisto nel premere il pulsante per chiamare l'ascensore che tanto non arriverà mai, dopodiché mi rassegno alle quattro rampe di scale.

Trascino le mie vecchie membra fino alla porta del mio appartamento, ma quando infilo la mano in tasca in cerca delle chiavi la sensazione di freddo metallico è rimpiazzata dal nulla più totale. Non ci posso credere. Matt doveva trovarsela proprio adesso la ragazza? Tasto velocemente tutte le tasche della giacca e dei pantaloni e non trovo un cazzo e mollo un pugno alla porta.

“Cazzo” nello sferrare il pugno sento distintamente un tintinnio di chiavi e torno a cercare meglio in ogni fottuta tasca, ma non trovo nulla. Sferro un'altra botta alla porta ed ecco di nuovo il rumore. Mi metto a saltellare come un coglione davanti alla porta e ad ogni balzo corrisponde un tintinnar di chiavi, mi levo la giacca, la scuoto, stessa cosa. Ispeziono più a fondo le tasche e trovo, non il mazzo di chiavi, ma un bel buco in quella sinistra. Ecco risolto il mistero! Ora devo solo cercare di usare quel po’ di lucidità che mi resta per individuare l'esatta posizione delle chiavi all'interno della fodera del giaccone ed estrarle. Mentre mi appresto a recuperarle, un altro rumore, stavolta non metallico, ma “umano”, attira la mia attenzione. Una voce, come qualcuno che canticchia, ma senza parole, mormorando, molto piano. All'inizio penso a qualcuno che magari canta mentre si fa la barba o si prepara, dopotutto per tutto il mondo è mattina. Però la voce, pur essendo flebile, si sente bene, in maniera chiara, e con un piccolo riverbero che fa pensare che la persona sia già uscita dal proprio appartamento. E allora perché non vedo arrivare nessuno? Mi incammino lungo il corridoio e sto ancora tastando la mia giacca quando, girato l'angolo, lo vedo: Vedder, seduto per terra, o meglio, seduto sullo zerbino delle ragazze, che scrive su un quaderno, con un sacchetto di carta appoggiato sulle gambe.

“Eddie?” lo chiamo perché lui non mi si fila proprio.

“Oh ehi, ciao Chris” Eddie smette di scrivere e mi saluta, come se fosse la cosa più normale del mondo.

“Che ci fai qui? Non dovresti essere in tour?”

“E’ finito! Cioè, tecnicamente finisce il tre marzo, ma considerando che le ultime tre date sono qui a Seattle, praticamente abbiamo finito. Nel senso che abbiamo finito di girare” Eddie spiega candidamente, chiudendo la penna e infilandola nel quadernetto, per poi infilarsi il tutto in una tasca interna della giacca. Nel fare questo lascia intravedere la sua maglietta: bianca con su scritto Air Love Bone e la sagoma di un giocatore di basket coi capelli lunghi che somiglia più a Jeff che a Jordan. Ne ho una uguale pure io, ma blu.

“Non avete due concerti in Oregon?”

“Avevamo, abbiamo suonato a Portland ieri sera. Poca gente, ma bella atmosfera, gran concerto” Eddie annuisce a se stesso e non si schioda da terra.

“Avete suonato ieri? E quando sei tornato?”

“Che ore sono adesso? Uh le sette e mezza. Beh, qualche oretta fa”

“Eheh saltati sul van e schizzati a casa subito dopo il concerto? Non vedevate l'ora di tornare eh?” mi sa che soprattutto lui non stava nella pelle, o sbaglio? Non è che Eddie mi abbia mai parlato di queste cose, non sono la sua confidente o Jeff, però forse fra tutto sono uno di quelli, assieme ad Ament, che lo conosce un po’ di più. E comunque non ci vuole un genio per capire che se, anziché a letto a dormire per smaltire la stanchezza del tour, è qui davanti alla porta di una ragazza, allora c'è qualcosa di grosso sotto.

“Beh, ehm, questo non lo so… Cioè, non so cos'hanno fatto gli altri, io sono… sono tornato da solo” Eddie perde per un secondo la sua apparente tranquillità.

“Da solo?”

“Sì”

“E come?”

“Autostop” risponde alzando il pollice.

“Autostop?”

“Sì”

“Cioè, tu hai mollato tutto e tutti e sei venuto in autostop fino a Seattle”

“I Village People mi hanno ispirato”

“Eh?”

Do you want to spend the night?”

“Di che cazzo sei fatto, Ed?”

A quel punto mi spiega che si tratta della solita scommessa del cazzo di Stone e Jeff e che una parte dei nostri amici si è esibita nel parcheggio del Melody Ballroom. Conosco il posto. Ci ho suonato e ci ho visto pure i Fugazi. Mi ha sempre fatto sorridere pensare che li ci facciano anche i matrimoni e le feste dei liceali. Beh, complimenti alla versatilità e all'apertura mentale dei proprietari.

“E a un certo punto mi sono detto: che cazzo ci faccio qui? E ho chiesto a dei tizi che ho già visto ai nostri concerti qui se mi davano uno strappo” il motivo per cui ha avuto quest'illuminazione improvvisa è al di là di quella porta, entrambi lo sappiamo, ma nessuno sente l'esigenza di puntualizzarlo.

“E ci hai messo tutto questo tempo?”

“Non sono mica arrivato adesso…”

“Da quanto tempo sei su quel cazzo di zerbino?” gli domando quando finalmente trovo le dannate chiavi e cerco di tirarle fuori.

“No beh, qui da un'oretta. Facciamo due”

“E perché?”

“Perché era troppo presto”

“Quindi ti sei fatto scaricare qui e poi ti sei accorto che era l'alba?”

“No, non mi sono fatto lasciare qui”

“E dove?”

“A Pike Place” risponde come se fosse la cosa più ovvia e io fossi un coglione a chiedere.

“A Pike Place” ripeto facendo sì con la testa, assecondandolo come si fa coi pazzi.

“Dovevo prendere delle cose” aggiunge afferrando il sacchetto di carta e appoggiandolo a terra alla sua sinistra.

“Ma non hai trovato chiuso?” chiedo scettico.

“Le panetterie aprono presto”

“Ah” assecondare sì, questa è la strategia migliore.

“Ho mangiato qualcosa, ho preso un caffè, ho comprato qualcosina per Angie e poi sono venuto qui”

“In autostop”

“Ahahah ma va, in tram!” ancora una volta mi risponde come se fossi io il coglione e forse non ha tutti i torti.

“Sono arrivato e quando stavo per suonare il campanello mi sono reso conto che erano tipo le cinque del mattino”

“Come recita un altro pezzo dei mitici Village People”

“Uhm sì, ma cosa c'entra?” domanda improvvisamente serissimo e io gli scoppio a ridere in faccia. Con Eddie non capisci mai se è serio o se ti prende per il culo ed è un aspetto che mi piace nelle persone. Di certo l'ha capito che anch'io non sono del tutto a posto, forse dalla prima volta che l'ho portato fuori a bere. O da quando mi sono materializzato al mini market e l'ho portato via a fine turno dicendogli che gli avrei fatto vedere come trascorrono i venerdì sera le rockstar locali. E abbiamo passato la nottata a bere e inseguire i miei cani, o meglio, i cani di Susan nel bosco.

“Ahah niente niente! Allora ti sei parcheggiato qui, giusto?”

“Sì…” risponde ancora scettico “In attesa di un orario più umano”

“Beh dai, le sette e mezza mi sembrano acceettabili” mi avvicino e faccio per suonare il campanello, ma Eddie mi blocca prendendomi per il polso.

“No!”

“Perché no?”

“Non ho sentito rumori, non si è ancora svegliata. Ormai aspetto che si svegli” faccio marcia indietro e mi immagino Eddie con l'orecchio incollato alla porta in attesa del rumore del cicalino del microonde o dello sciacquone del cesso e mi faccio un sacco di risate, internamente. Non voglio ferirlo!

“E la tua roba?”

“Che roba?”

“Le tue cose, i tuoi bagagli”

“Oh avevo solo uno zaino, è sul van. Jeff me lo porterà, credo”

“Credi?”

“Beh, penso di sì”

“Ma… hai detto agli altri che tornavi a casa, vero?”

“Mmm… aspetta… ah sì, l'ho detto a Mike” allora sì che stai in una botte di ferro, amico.

“Era lucido quando gliel'hai detto?”

“Sembrava di…” mentre Eddie inizia a descrivere lo stato apparente di Mike nel dopo concerto di ieri, ecco che la porta a cui era appoggiato si apre di scatto e lui cade giù all'indietro a peso morto, ma capisco che è ancora vivo quando termina la frase dal pavimento di casa di Angie “…sì”

“Che cazz… Eddie? Chris?” la ragazza ci guarda uno ad uno incredula, mentre lega la cinta della sua vestaglia rosa.

“Ciao dolcezza! L'ho trovato sul tuo zerbino. Non ha la medaglietta, però sembra ben nutrito” scherzo, mentre Eddie è ancora a terra.

“Ciao Angie!” esclama con un certo entusiasmo ammirandola dal basso in tutta la sua… confettosità? Esiste? Mah…

“Eddie! Che ci fai a terra, tirati su” Angie gli tende la mano e lui accetta l'offerta, si aiuta aggrappandosi alla maniglia e si alza.

“Sono caduto” ahah sì, che ci sei cascato con tutte le scarpe mi pare evidente.

“Fatto male?” chiede lei perplessa.

“Nah”

“E’ proprio così al naturale, fidati. Ehi Eddie, attento” lo avviso indicando il sacchetto di carta che sta quasi per calpestare.

“Oh cazzo, grazie Chris” recupera il sacchetto e lo stringe come se fosse un neonato da cullare.

“Cos'è?” chiede lei sempre più confusa, calcolando anche che si sarà appena svegliata e come prima attività della giornata le tocca avere a che fare con due deficienti.

“La colazione!” risponde Vedder tutto soddisfatto di sé.

“Oh… grazie… beh, facciamo colazione allora” Angie indica l'interno del suo appartamento e io capisco che si è fatta una certa ed è ora di levare le tende, visto e considerato che ho pure recuperato le mie cazzo di chiavi di casa.

“Ottima idea” Eddie le lancia uno sguardo sornione, ulteriore segnale che è arrivato il momento di levarsi dal cazzo.

“Beh, allora io vado eh?”

“Non fai colazione con noi?” mi chiede lei in maniera apparentemente innocente. L'occhiata di Eddie mi basta per trovare la risposta.

“No, grazie, dolcezza, ma ho troppo sonno. E alla sola idea di ingerire ancora qualcosa di solido o liquido sento le mie budella chiedere pietà”

“Mmh ok, ci vediamo allora”

“Ciao Chris!” Eddie mi saluta e sparisce nell'appartamento.

“Buona notte ragazzi… Cioè, buongiorno… Insomma, avete capito”

“Notte Chris”

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“Che ci facevate qui fuori a chiacchierare? Ho sentito dei rumori e-” richiudo dopo essermi accertata che Chris cammini dritto a sufficienza per arrivare al suo appartamento e non appena mi giro vengo travolta da Eddie che mi inchioda alla porta abbracciandomi.

“Scusa se ti abbiamo svegliata”

“N-no, ma no! Ero… ero già sveglia”

“Mi sei mancata”

“Oh, ehm, anche tu” rispondo e spero tanto che il colluttorio che ho usato ieri sera sia davvero ad azione prolungata come sostenuto in etichetta perché Eddie sta praticamente respirando sulle mie labbra strofinando il naso contro il mio.

“Da morire…” è sempre più vicino e io non so dove guardare, se guardare, se chiudere gli occhi, se baciarlo, se aspettare che lo faccia lui, se stare zitta e godermi il momento.

Ma io sono zitta…

Beh zitta nella tua testa, cretina che non sei altro!

Ma è impossibile non pensare, anche il pensiero di non pensare è qualcosa che pensi in fondo, no?

Ma perché pensi a queste cazzo di cose mentre Eddie ti sta torturando in questa maniera? E le mani? Dove cazzo le hai messe le mani?

Aspetta, ce le ho… sospese, a mezz'aria, praticamente lo sto abbracciando coi gomiti.

Coi gomiti? Che cazzo sei un meccanico con le mani sporche di grasso?! Sembri il pastore del presepe della nonna, quello che si stupisce, con le mani alzate al cielo.

Riesco a smettere di litigare con me stessa per un attimo e ad appoggiare le mani sulle spalle di Eddie, che deve percepire il gesto come un segnale di via libera e mi bacia.

Dave Gahan non si vede né si sente, idem per i suoi compagni di band, lo zio Tom Jones non si fa vivo, di Sonny e Cher neanche l'ombra. Per un attimo mi sento quasi un'adulta, almeno finché non sento partire le nacchere e Phil Spector butta letteralmente il trio delle Crystals sul palco senza tante cerimonie.

He kissed me in a way that I’ve never been kissed before

He kissed me in a way that I wanna be kissed forever more

Il concerto non finisce neanche quando Eddie si stacca dalla mia bocca per un secondo e mi guarda negli occhi, come se cercasse qualcosa. Forse sta cercando di capire se in questo momento sono su questo pianeta o no e sa già che chiedermelo direttamente non servirebbe a molto. Quello che trova deve piacergli perché sorride mostrando bene le sue cazzo di fossette… come se avessi bisogno di altri stimoli! E mi bacia di nuovo. Stavolta sono piccoli baci che piano piano si spostano dalle labbra alla guancia, per poi indirizzarsi giù verso il collo. Una delle sue mani invece risale dai fianchi, mi sfiora forse sì, forse no, forse l'ho sognato, il seno, mi solletica, qui sì, sono sicura, le braccia anche attraverso uno strato non indifferente di pile, mi accarezza la guancia e si infila tra i miei capelli, mentre sul collo decide di affondarci anche i denti.

Devo fare qualcosa.

Ma non voglio!

Ma devi, non vedi che ti stai impanicando? Vuoi aspettare di avere la testa che giri, vedere i puntini e cascare giù lunga tirata per terra?

E’ così piacevole però…

E se gli viene in mente di fare qualcosa di più piacevole?

Magari…

Angie, cazzo, torna in te!

“Cosa c'è nel sacchetto?” riesco a chiedere dopo un po’.

“Uhm?” mormora Eddie senza staccarsi dal mio collo.

“Nel sacchetto, che hai portato…”

“Te l'ho detto… prima… la colazione” risponde seguendo il percorso di prima all'inverso, tra un bacio e l'altro.

“Ovvero?”

“Brioches” rivela prima di stamparmi un bacio sul naso.

“Alla crema?” domando improvvisamente davvero interessata all'argomento e non solo usandola come stupida scusa per spezzare questo momento piacevolissimo.

“E al cioccolato.” annuisce lui in maniera deliziosa, quasi infantile “Le ho prese stamattina prestissimo per te, appena sono arrivato a Seattle”

“A proposito, quando sei arrivato?”

“Presto” e mi racconta del suo viaggio in autostop e delle tappe che lo hanno portato fino a casa mia. In tutto questo io sono ancora tutt'uno con la porta. E con Eddie, che non ha la minima intenzione di mollarmi. Ha fatto tutto questo casino… per me? Per vedermi qualche ora prima del previsto?

Beh, è messo veramente male se fa l'autostop di notte per vederti con gli occhi incollati, la doccia ancora da fare e i denti da lavare, i capelli tirati su a caso col mollettone.

“Gli serve una scaldatina allora”

“Eh?”

“Dico, bisognerà scaldarle un pochino…”

“Che cosa?”

“Le brioches, saranno fredde adesso”

“Ah! Eheh beh, sì” perché arrossisce? Ma soprattutto quante mani ha? In teoria ne ha una ancora tra i miei capelli mezzi raccolti mezzi no e un'altra sul mio fianco sinistro, ma io mi sento accarezzare ovunque.

“Mangiamo adesso? Tra un'oretta scarsa devo essere a lezione” cerco di tornare alla ragione.

“Oh… devi proprio?” e tu devi proprio guardarmi così?

“Eh… sì, c'è il monografico su Renoir e oggi il prof spiega il passaggio al sonoro, che è una parte importantissima che c'è pure nell'esame, quindi…”

“Ok” molla la presa, ma mi prende la mano portandomi verso la cucina, dove il sacchetto ci aspetta sul tavolo. Mi stavo giusto chiedendo dove lo avesse messo.

No, non è vero, non te lo stavi chiedendo per un cazzo.

Allora?! La piantiamo di battibeccare qua dentro? Sto cercando di restare cosciente e non perdermi neanche un secondo di questa cosa. E poi adesso si mangia.

Le mani di Eddie sono sulle mie spalle mentre tiro fuori il l'incarto all'interno del sacchetto, lo apro velocemente e viene fuori che ha comprato una montagna di brioches allettanti.

“La colazione è per tutto il condominio?” gli chiedo sogghignando.

“No, solo per noi” la presa sulle spalle si fa più stretta e un bacio tanto veloce quanto rovente mi viene stampato sulla guancia.

“Facciamo che ne scaldo quattro, ok?”

Eddie non mi risponde e si limita a un altro bacio sull'altra guancia e io non so se ci arrivo a vedere La Chienne.

“Le scaldi nel microonde?” mi fa mentre sistemo il piattino con le brioches nel fornetto.

“Sì, ma per poco e a bassa potenza se no… ehm, se no diventano dure… come i sassi e immangiabili” e pensandoci sono un po’ come me, che a furia di baci e carezze e abbracci, come quello di adesso, stretto, da dietro, coi riccioli di Eddie che mi fanno il solletico sul collo, mi irrigidisco come un baccalà e divento completamente inutile.

“Mi fido di te” mi sussurra nell'orecchio.

Io invece no, non mi fido, perché mi vuoi chiaramente morta.

Quando sono pronte, estraggo il piatto fumante dal microonde e praticamente schizzo in sala, lo appoggio sul tavolino e mi siedo sul divano, pensando così di essere al sicuro. Al sicuro da cosa non si sa. Ma non faccio altro che cadere dalla padella nella brace perché Eddie mi raggiunge, si china su di me e mi bacia di nuovo, con una certa decisione, ancora prima di toccare il divano sedendosi accanto a me. La decisione si concretizza nello buttarmisi praticamente addosso e come previsto credo di essere entrata in modalità stoccafisso, perché Eddie si stacca da me quasi subito.

“Tutto ok?”

“Eh? Sì”

“Qualcosa non va?”

“No, perché?”

“Sicura? Sembri strana” continua con quei suoi occhi indagatori azzurro oceano che visti dal basso e da così vicino sembrano ancora più profondi.

“No, è che… beh, è tardi e-”

“Troppo?”

“Beh, non è proprio così tardi, ma…”

“No intendevo… io, troppo? Troppo veloce?”

“NO!” gli urlo praticamente in faccia e quasi lo spettino. Gli spunta un ghigno sulla faccia e a questo punto sono più che certa che sappia perfettamente l'effetto che ha su di me “Ehm, no, non è quello, è che… davvero, ho lezione e non posso…”

“Hai ragione, scusami.” Eddie mi da un bacio piccolo piccolo sulle labbra che mi lascia con la voglia di averne altri dieci mila subito e si risiede “E poi le brioches si raffreddano” aggiunge con un sorriso fossettato, mentre ne prende una alla crema.

Io no, non credo di correre questo pericolo invece.

  
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