Oggettivamente
non c'era nulla di strano nel fatto che il Marchese e la sua famiglia
si
trovassero lì. Per loro non valeva la regola che obbligava
gli abitanti di
Piana Bianca a ripararsi nel Rifugio a cui erano stati assegnati: il
rango
nobiliare dava loro il diritto di sfruttare il Rifugio più
comodo e vicino.
Aneta
rimase comunque a osservarli per qualche istante, colta di sorpresa da
quell'incontro inaspettato. Anche se quelli che erano a tutti gli
effetti i
padroni del villaggio non sembravano dedicare la minima attenzione ai
popolani
raccolti ai loro piedi, la giovane non riusciva a fare a meno di
sentirsi a
disagio, al cospetto di quelle persone.
Lord
Gawel, il Marchese, non era mai stato un guerriero, ma la sua
intelligenza e il
suo carisma l'avevano portato in alto. Il suo fascino gli aveva
permesso di
ottenere l'ammirazione dei soldati della guardia, che ancora governava
con fermezza
nonostante fosse ormai entrato nella sesta decade della sua vita. Aneta
lo
temeva. Anche se non aveva mai avuto direttamente a che fare con lui,
ne era
intimorita per ragioni che nemmeno lei sapeva spiegarsi. Forse era per
via
dello sguardo gelido con cui era solito trapassare chi gli stava di
fronte,
forse il motivo era da ricercarsi nella ferocia composta che le pareva
di
intravedere nei suoi gesti: ad ogni modo, preferiva incrociare il suo
cammino
il più raramente possibile.
La
Marchesa non le pareva molto più rassicurante. Figlia di un
Conte delle
Scogliere Occidentali, Lady Nevena era solo di qualche anno
più giovane del
marito, ma mancava completamente del suo carisma. Gelida e distaccata,
la donna
sembrava aver fatto suo il rigore delle rocce nere della sua terra
natia: come
esse era infatti scura, dura e silenziosa. Stando a quanto raccontavano
le voci
che correvano per il villaggio, il suo temperamento, già
cupo per natura, era
stato ulteriormente inasprito dai numerosi tradimenti consumati dal
Marchese
nel corso degli anni.
Quello che
però le piaceva meno di tutti era Marek, l'unico figlio
maschio dei Marchesi e
il solo che il matrimonio non avesse portato lontano dal villaggio. Il
giovane
aveva ereditato l'aspetto piacente del padre e il suo amore per le
donne, ma
non era provvisto della stessa accortezza di cui era dotato il
genitore: era
una testa calda che seguiva i propri desideri con decisione e
arroganza, senza
preoccuparsi dell'effetto che le sue passioni avrebbero potuto avere
sul prossimo.
Con la
coda dell'occhio, Aneta guardò Lady Ylena, la giovane
nobildonna che Marek
aveva sposato l'anno prima. La poveretta non doveva avere una vita
facile.
Pallida e minuta, possedeva una bellezza rara, ma pareva del tutto
priva di una
volontà propria, sottomessa com'era al volere della famiglia
del marito. Era
bionda, cosa che non aveva mancato di far nascere un sorriso di scherno
sulle
labbra degli abitanti del villaggio che l'avevano vista per la prima
volta:
Marek aveva una lunga storia di conquiste dai capelli chiari, tant'era
vero che
a Piana Bianca c'erano molti bambini che assomigliavano a Lord Marek o
al
Marchese suo padre.
Inconsciamente,
Aneta si sfiorò con una mano la treccia pallida. Era
consapevole di avere un
corpo fin troppo asciutto e un viso piuttosto ordinario, ma sapeva
anche di non
aver alcun grosso difetto che potesse renderla indiscutibilmente brutta
agli
occhi di Marek: se non aveva ancora attirato la sua attenzione, era con
ogni
probabilità una questione di mera fortuna.
"Riesci
a vederli?"
La voce di
Bromyr la fece sussultare e Aneta si voltò di scatto verso
il padre. Di chi
stava parlando? Aveva forse notato che stava osservando un po' troppo
intensamente i Marchesi? Lo sguardo dell'uomo non era però
rivolto verso il
palchetto riservato ai nobili, ma era diretto verso il punto in cui la
folla
era più fitta. Scuotendo appena la testa per liberarla dai
pensieri che
l'avevano ingombrata fino a qualche istante prima, la giovane comprese
che il
padre stava cercando Marete, la maggiore delle sue figlie.
"Io..."
Aneta fu sul punto di negare, poi i suoi occhi scorsero la testa scura
di
Stefek, suo cognato. "Sì! Eccoli là, sotto la
seconda feritoia."
Bromyr si
illuminò e si incamminò immediatamente verso la
coppia, facendo segno alla
figlia minore di seguirlo. Pochi istanti più tardi stava
abbracciando Marete,
allargando le braccia per superare l'ostacolo del suo ventre gonfio a
causa
della gravidanza ormai avanzata. "State bene?" chiese, facendo
danzare gli occhi tra la figlia e il genero.
L'uomo più
giovane annuì. "Sì. Fortunatamente eravamo in
bottega e non abbiamo dovuto
fare troppa strada per venire qui. Marete inizia a fare fatica a
camminare...
anche se non lo ammetterebbe mai."
A conferma
di quelle parole, Marete colpì il marito con il dorso della
mano. "Oh, ma
finiscila! Mi tratti come se fossi malata, quando, in
realtà, io sto
benissimo!"
Stefek
sorrise e i suoi occhi neri si accesero di una luce gentile, chiaro
segnale
dell'amore che provava per la moglie. Aneta lo guardò di
sottecchi, mentre un
briciolo di gelosia le pungeva lo stomaco. Anche a lei sarebbe piaciuto
avere
qualcuno che la guardasse in quel modo, eppure, sebbene avesse
già vent'anni -
solo uno e mezzo meno di Marete - non aveva ancora incontrato un
ragazzo in
grado di attirare la sua attenzione e il suo affetto. Era una cosa
insolita, da
quelle parti. Se nei giorni in cui era di buon umore si diceva che non
era che
una questione di tempo, quando si sentiva più pessimista non
poteva fare a meno
di pensare che le sfortunate circostanze della sua nascita avessero
qualcosa a
che fare con il fatto che gli uomini in età da matrimonio
parevano girarle bene
al largo. Sua madre era morta di parto. Sebbene suo padre le avesse
raccontato
che la moglie era morta quando Aneta aveva pochi giorni, c'era chi
sussurrava
una verità differente, messa in giro, si diceva, dalla
levatrice che l'aveva
aiutata a nascere. C'era chi sosteneva che la donna fosse morta prima
di dare
alla luce la figlia e che la levatrice avesse strappato la neonata dal
corpo
già senza vita della madre.
Nata dalla
morte. Aneta nemmeno se lo ricordava, quand'era stata la prima volta
che aveva
sentito qualcuno riferirsi a lei in quei termini. Nessuno ne parlava
più,
oramai, ma quell'ipotesi era stata formulata da labbra sconosciute, in
passato,
e aveva messo radici nell'opinione comune. Non era un reato, non era un
crimine, ma era comunque un'ombra scura che aleggiava sulla giovane.
Era un
segno di sventura; una superstizione, certo, ma era sufficiente a dare
ad Aneta
l'impressione di essere guardata con sospetto.
Ignaro dei
pensieri che stavano attraversando la mente della sua figlia minore,
Bromyr
strinse affettuosamente il braccio di Marete e fece per dire qualcosa,
ma un
movimento proveniente dalla panca d'onore lo indusse a tacere e a
voltarsi.
Il Marchese,
che fino a pochi attimi prima si era limitato a restare seduto
guardando nel
vuoto con aria annoiata, si era improvvisamente alzato in piedi. Quella
semplice azione era stata sufficiente a far sfumare le conversazioni
sussurrate
che riempivano il Rifugio, mentre i cittadini tacevano e attendevano
che
prendesse la parola.
"Quello
di oggi è il quarto attacco degli Skald nel giro di due
mesi" annunciò.
Una delle caratteristiche di Lord Gawel era quella di non avere mai
bisogno di
urlare per farsi sentire e ascoltare: gli bastava parlare con la sua
voce
limpida e sicura perché chi gli stava di fronte pendesse
dalle sue labbra.
"Così non possiamo andare avanti: dobbiamo prendere
provvedimenti."
Per
qualche motivo, nell'udire quelle parole Aneta sentì la
propria pelle contrarsi
in preda a un presentimento oscuro.