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Autore: Ariadne Taylor    16/02/2019    1 recensioni
Nella distopica realtà del Regno di Bordeaux domina la dittatura del Sommo Imperatore, Marcel De La Roche Martin, spregevole tiranno che non si cura affatto delle terribili condizioni del suo popolo, verso cui è immotivatamente ingrato, se non quando gli si presenta una buona occasione per peggiorarle. Fuori dalle solide mura del palazzo, in cui vive isolata la famiglia reale, l'insoddisfazione di un popolo consumato dalla povertà e dai soprusi rende inconcepibili le possibilità di un futuro migliore e della libertà. Ma la fiamma della speranza non si è ancora del tutto spenta, e vuole tornare a bruciare più viva che mai per mano di coloro che si danno il nome di Rebelles.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte era tornata su Bordeaux e, mentre tutti dormivano, i Ribelli pensavano ad infiniti piani, si arrovellavano per trovare la chiave che avrebbe garantito loro l’accesso alla libertà.
Avevano indetto un’altra riunione e si erano radunati di nuovo nel Quartier Generale.
Sembrava che Michael e Jeremy avessero un piano.
“Quindi è questa la vostra idea? Siete coscienti che è una cosa molto pericolosa da attuare? Potreste rimetterci la vita.” Hazel era molto saggia e sveglia, diceva sempre le cose come stavano, ma con una diplomazia impeccabile.
“Ne sono perfettamente consapevole, ma preferisco morire lottando per qualcosa in cui credo che morire di fame sotto un’oppressione. E poi tutti noi sappiamo che qualcuno di noi non ce la farà, ma il nostro sacrificio non sarà inutile, se il Paese sarà libero.”
Nello sguardo di Jeremy si poteva percepire tutta la sua volontà, la voglia di cambiare e il coraggio. Lo stesso che lo aveva spinto ad andare contro tutto e tutti, ad unirsi ai Rebelles e sostenere la rivolta. In quegli occhi azzurri c’era uno strano luccichio, che aveva convinto venti persone a seguire quella sua rischiosa idea.
Tutti i presenti lo guardarono in un muto assenso, erano pronti.
L’idea di Michael e Jeremy consisteva nel difendere attivamente i cittadini in modo da guadagnarsi la loro fiducia e il loro appoggio. Spesso i soldati, incaricati di “proteggere”  la popolazione approfittavano soltanto del loro ruolo: quasi ogni giorno si sentiva parlare di violenze e abusi. Il Sommo Imperatore non aveva mai fatto niente per fermare ciò: i soldati, nella gerarchia sociale, erano superiori ai comuni cittadini e andavano rispettati, avevano il libero arbitrio su coloro che erano reputati inferiori.
Il loro piano consisteva nel tentativo, ove fosse possibile, di bloccare i soldati ogni volta che assistevano a qualche abuso o ingiustizia. Sarebbero diventati una specie di protettori del popolo.
Ovviamente non potevano farsi riconoscere, come minimo il Sommo Imperatore ne avrebbe ordinato il sequestro e li avrebbe condannati a morte. Avrebbero nascosto il loro volto con delle maschere veneziane. Così, avrebbero potuto mantenere l’anonimato e insieme garantire la propria incolumità nei momenti in cui non operavano; allo stesso tempo avrebbero attirato l’attenzione del popolo e, almeno speravano, avrebbero smosso qualcosa.  Arthur, che lavorava nel negozio di abbigliamento della madre, avrebbe procurato tutto il necessario.
La vera Rivolta stava per cominciare.
 
Annalise era appoggiata all’umida parete dei sotterranei, le braccia conserte e gli occhi chiusi. Quel posto le era sempre piaciuto, era silenzioso e le sembrava essere avvolta da un alone di mistero.
Effettivamente, qualcosa di nascosto c’era: un passaggio sotterraneo che Belle aveva scoperto qualche mese prima. Non lo aveva mai percorso, principalmente per paura, ma era quasi sicuro che portasse in città. Annalise aveva deciso di percorrerlo la mattina seguente: finalmente avrebbe visto Bordeaux.
“Scusa il ritardo, Anne, ci ho messo un po’ di tempo per evitare tutti i servitori che girano per il castello.”
Davanti a lei si presentò Belle, avvolta da una mantellina scarlatta come la sua. Il cappuccio, calato sulla testa, faceva intravedere gli occhi castani e quel ciuffo ondulato che aveva sempre davanti al viso. Lei, al contrario di sua sorella, non era molto entusiasta di quella trasgressione: si era lasciata convincere solo per amor suo e perché sapeva che Annalise, altrimenti, sarebbe fuggita anche da sola; ovviamente lei non avrebbe mai potuto lasciare che ciò accadesse, non avrebbe sopportato il pensiero della sorella minore da sola, in balia di una città di cui non conosceva nulla e che era potenzialmente una fonte di pericolo.
Belle aveva ribadito più volte che le regole erano state state fatte per proteggere le persone, e pertanto bisognava rispettarle; almeno, era quello che le ripeteva sempre suo padre. Di fronte ad Annalise, però, non era riuscita a rifiutare. Forse era colpa della sicurezza che mostrava: riusciva sempre a rigirare le cose a suo favore. Inoltre, Belle si fidava ciecamente di lei. Sapeva che lei e Annalise si sarebbero protette a vicenda, in qualsiasi circostanza.
Era da quasi mezz’ora che camminavano lungo quel tunnel stretto e buio; la torcia illuminava il terreno fangoso sul quale camminavano, stando ben attente a non inciampare.
“Ah, ma quanto manca alla fine? È da tantissimo tempo che camminiamo senza aver trovato nulla! Temo che rimarremo imprigionate qui per sempre.”
Annalise sbuffò all’ennesima lamentela della sorella, odiava quando si comportava come una bambina viziata, facendo esaurire la sua già scarsa pazienza.
“Sarà passato solo un quarto d’ora, smettila di frignare e continua a camminare, lamentarti non serve a nulla.”  Quasi ringhiò le ultime parole e lei la smise… per poi ricominciare dieci minuti dopo.
A fermare l’istinto omicida di Annalise fu un qualcosa di indistinto in fondo a quell’immenso corridoio. La ragazza lo illuminò con la torcia e sorrise, felice di constatare che si trattava di una porta. Ci fu un istante di assoluto silenzio, le due ragazze avevano addirittura smesso di respirare.
“Anne?”
“Sì?”
“Secondo te quella è…”
Sì.
Subito le fanciulle corsero emozionate verso quell’uscita, Annalise finalmente felice di aver trovato quel che cercava, Belle improvvisamente dimentica delle sue preoccupazioni e trepidante di curiosità verso quel passaggio che si apriva sul mondo.
 
Michael alzò lo sguardo dal giornale che stava leggendo quando sentì la porta del negozio aprirsi. Tra tutte le persone che potevano varcare quella soglia, lui era l’ultimo che si aspettava di vedere.
Occhi come la notte e pelle caramellata, Timothy si era seduto sul vecchio pavimento di legno – il negozio era privo di sedie o tavoli – e lo guardava aspettandosi la fatidica domanda.
“Cosa ci fai tu qui?” Appunto.
Il ragazzino mostrò un sorrisetto furbo e, allungando le gambe per stare più comodo, disse: “I ragazzi sono tutti impegnati, così ho deciso di venire qui, non sei contento di vedermi, Mickey?”
Michael stentava a credere che il ragazzino che stava guardando in quel momento fosse lo stesso trovato due anni prima sotto un ponte insieme alla sorellina di sei anni. Non aveva mai capito per quale assurdo motivo li avesse accolti in casa sua, forse gli ricordavano lui durante la sua infanzia. Aveva dato loro vitto e alloggio a una condizione: non dovevano mai disturbarlo durante il lavoro e, ovviamente, Timothy non la rispettava. Era un ragazzo ribelle, il cui unico desiderio era essere libero. E sapeva che Michael non li avrebbe mai abbandonati di nuovo per la strada: in fondo, provava affetto per loro.
I Ribelli erano nati per i giovani come lui, con sogni nella testa e un futuro ancora da scrivere.
“Tu non puoi stare qui. E non chiamarmi Mickey: mi irrita, detto da te.”
Il tono che aveva usato poteva spaventare chiunque per la freddezza e l’irritazione, ma Timothy non era “chiunque”.
Il moro infatti, come se non avesse sentito, si avvicinò al bancone e sporse il busto in avanti, per vedere cosa stava leggendo l’altro. Ormai era abituato alla sua freddezza.
“Quello è il giornale di Noah, giusto?”
Il diciannovenne si limitò ad annuire leggermente.
A Bordeaux, come probabilmente in tutta la Francia, venivano venduti due giornali: uno era quello approvato dal Sommo Imperatore, che conteneva articoli falsi, dove si parlava del sovrano quasi fosse una divinità, sempre gentile e generosa; l’altro era venduto al mercato nero, costava un po’ di più dell’altro, ma dava informazioni vere sulla vita delle persone, sulle continue violenze che venivano perpetrate sui giovani e, da qualche tempo, trattava anche delle rivolte di Lormon, paese in cui, tra l’altro, erano nati Timothy e la piccola Eloise, e da cui erano fuggiti dopo la morte dei genitori per mano del governo.
La madre di Timothy era una straniera, e quando furono scoperti l'Imperatore aveva ritenuto inconcepibile un mescolamento della razza pura del Regno di Bordeaux con quella di un altro paese qualunque, e per questo la famiglia era stata perseguitata. I genitori erano stati trovati e uccisi, ma non prima di essere riusciti a mettere in salvo i figli, camuffandoli e nascondendoli su un carro che portava a Bordeaux. Lì, anche se in condizioni terribili, avrebbero potuto vivere come due dei tanti orfanelli della città, e forse avrebbero avuto un'opportunità in più di vivere una vita migliore. L'Imperatore diede la caccia ai due bambini per un po' di tempo, ma poi se ne dimenticò, preso da questioni di più rilevante importanza. I due bambini erano scesi dal carro di soppiatto dopo aver realizzato di essere a Bordeaux, aveva cominciato a piovere e avevano trovato riparo sotto ad un ponte. Fu lì che Michael li trovò, infreddoliti e spaventati, stretti l'uno all'altra. Non pensò neanche per un secondo di lasciarli lì, e li prese con se.
I giornali si potevano trovare in luoghi sconosciuti ai soldati, ed erano scritti da autori anonimi; il suo, Michael l’aveva preso da Noah, amico di Timothy, nonché figlio adottivo di Georgia e Zack, che li vendeva in una vecchia casa abbandonata un po’ fuori dal centro della città.
“Quando hai finito me lo fai leggere?”
Il diciannovenne sbuffò per l’ennesima domanda del ragazzino.
“Timothy, sta’ zitto o ti mando fuori a calci.”
 
Belle non si sarebbe mai immaginata Bordeaux  in quello stato. Certo, sapeva che il popolo era meno ricco della sua famiglia, ma lì si parlava di povertà vera e propria. Molte case e condomini avevano l’intonaco scrostato, i piccoli giardini sembravano incolti e non curati da anni, e in alcune case al posto di alcune finestre o porte d’entrata c’erano dei buchi rettangolari, da dove i ladri potevano entrare facilmente. La cosa che l’aveva lasciata davvero senza parole erano i volti delle persone che camminavano sulle strade rovinate: erano tristi e rassegnate, sembrava che non conoscessero alcuna forma di felicità.
Sicuramente suo padre non ne era al corrente, altrimenti avrebbe fatto qualcosa, doveva essere così.
Era talmente persa nei suoi pensieri da non accorgersi che si era allontanata da Annalise – ritrovarla in mezzo a tutta quella folla era impossibile. Subito fu in preda all’ansia, che cosa avrebbe fatto da sola in una città sconosciuta? Non sapeva dove andare o che cosa fare!
Anne gli aveva detto che se si fosse persa sarebbe dovuta andare davanti al passaggio segreto che le aveva condotte lì, solo che non ricordava più dove si trovava. Non aveva mai avuto un forte senso dell’orientamento, spesso si perdeva tra le numerose stanze della sua casa. Come biasimarla, però, sapendo che aveva trascorso tutta la sua vita rinchiusa in una reggia, prigioniera nella sua stessa dimora.
Stava per scoppiare a piangere in mezzo alla piazza, quando un negozio attirò la sua attenzione. Era piccolo, ma gli abiti esposti nella modesta vetrina erano davvero belli, nemmeno i sarti di corte ne avevano mai fatti di così raffinati. Si mosse quasi meccanicamente verso la porticina di legno, come se fosse sotto un incantesimo.
All’interno il locale sembrava ancora più piccolo, ma i pochi vestiti esposti erano bellissimi, in particolar modo un completo messo in mostra su un manichino al centro della stanza: giacca in pelle rossa, maglietta bianca e pantaloni di jeans scuri, un abbinamento semplice, che per questo a lei piaceva un sacco. Non aveva vestiti del genere, a palazzo; doveva sempre indossare vestiti o tailleur, non poteva “conciarsi come una comune cittadina”, riportando le parole del padre. Ne era talmente ipnotizzata che non si accorse degli scatoloni davanti a lei e vi inciampò, cadendo rovinosamente a terra e rovesciando tutto il loro contenuto sul pavimento polveroso.
“Ehi, ragazzina! Attenta a dove metti i piedi! Guarda che hai combinato!”
Davanti a sé comparve un ragazzo, probabilmente di due o tre anni più grande di lei, con i dei lunghi ricci biondo scuro e due occhi di un castano intenso. Lei scattò subito in piedi, mentre il giovane si inginocchiò e incominciò a raccattare i vestiti sparsi sul pavimento e rimetterli come capitava nelle scatole; in fondo ai clienti non importava granché che fossero spiegazzati, bastava avere qualcosa da mettere addosso. La fanciulla, nel frattempo, era rimasta immobile.
“Stavi guardando quel completo, giusto? Cosa ti interessa, la giacca, la maglia o i jeans?”  il commesso la ridestò dai suoi pensieri, aveva già finito di rimettere in ordine e lo stava scrutando, come per capire a cosa pensasse. Quegli occhi la mettevano in soggezione, sembravano trapassarle l’anima.
“Beh… in realtà tutto il completo.” rispose Belle con semplicità.
Tutto?”  ripeté l’altro, guardandola incredulo. “Hai idea di quanto costi?”
Si chinò ai piedi del manichino, raccogliendo un pezzo di carta rettangolare abbastanza grande; sopra c’erano scritti i prezzi dei singoli prodotti e il totale. Glielo porse indicandole il prezzo più alto. Nessuno a Bordeaux poteva permettersi l’intero completo, ma sua madre non poteva abbassare molto i prezzi, avevano delle tasse troppo alte da pagare. Arthur scrutò quel volto, aspettandosi di vederlo sorpreso; invece, la principessa non cambiò espressione, semplicemente prese i soldi dalla borsa a tracolla che aveva con se, e glieli porse. Non capiva che cosa ci fosse di tanto strano, non era una cifra così alta, credeva che fosse piuttosto nella media per il paese, da quel che sapeva delle condizioni economiche dei suoi sudditi.
I suoi occhi scuri si spalancarono meravigliati, con tutto quel denaro forse sarebbe riuscito ad arrivare a fine mese con meno problemi del solito.
Chi diamine era quella ragazza?
Ora che ci pensava, non l’aveva mai vista a Bordeaux e non sembrava appartenerci. Lo si poteva notare anche fisicamente: era bella, non che gli abitanti della sua città non lo fossero, anzi; ma la sua era un bellezza diversa. Il suo viso, le sue espressioni, non erano segnate dalla sofferenza e dal dolore, come quelle di tutte le persone che lo circondavano: erano pure, come quelle di un bambino o di un angelo. Le sue piccole mani non erano come quelle delle altre donne, piene di solchi e di sporcizia dovuti al duro lavoro, ma erano lisce e rosee.
Sì, sembrava decisamente un piccolo angelo delicato.  E poi aveva molti soldi, che nessuna persona normale possedeva. Forse in qualcuna delle province c’erano più soldi? Anche se era un’idea poco plausibile, date le condizioni critiche in cui versava tutto lo stato, Arthur giunse alla conclusione che quella giovane misteriosa fosse la figlia o una parente di qualche capo d’azienda; ma non gli importava più di tanto alla fine, se aveva soldi da spendere: grazie ai Ribelli, non ci sarebbero più state quelle differenze, nessuno avrebbe più patito la fame mentre solo poche persone avevano il privilegio di avere qualcosa di più sostanzioso sulla propria tavola.
Non ci sarebbero più state ingiustizie.
“Va bene, ecco a te, puoi provare i vestiti lì” le disse, indicandole un angolo del negozio.
“Grazie” rispose Belle.
Arthur rimase incantato quando vide la giovane uscire dal camerino, che consisteva sostanzialmente un vecchio ripostiglio con una tenda per garantire la privacy.
La giacca rossa si sposava perfettamente con il suo incarnato roseo, mentre i jeans aderenti le fasciavano elegantemente le gambe. Se l’avesse vista per strada, quasi sicuramente ci avrebbe provato.
“Penso che lo comprerò, mi piace come mi sta!”  esclamò lei prima di sparire di nuovo nel camerino. Tornò poco dopo, con indosso il suo abito blu scuro e la mantellina rossa, e gli porse i soldi con una mano, mentre con l’altra teneva i nuovi acquisti.
“Ecco a te. Hai per caso un sacchetto per metterci i vestiti?”
Arthur rise amaramente alla domanda della sua cliente rispondendogli: “Vorrei dirti di sì, ma i soldi scarseggiano quindi abbiamo tagliato alcune cose superflue, tra cui le buste.”
Lei rimase molto sorpresa all’affermazione del commesso, la situazione doveva essere ben più grave di quel che credeva.
Perché mio padre permette tutto questo?
Quella domanda apparve improvvisamente  nella sua mente e ci mise un po’ per farla sparire. C’era una spiegazione assolutamente logica per tutta quella povertà, doveva esserci.
“Ah, perdonami, non fa niente. Spero di ritornare qui molto presto, buona giornata.”
Lo disse con una nota di amarezza nella voce, perché sapeva di non poter tornare, era meglio non contravvenire troppe volte alle regole del padre.
Belle si diresse così verso l’uscita del negozio, con l’intenzione di ritrovare Annalise, che sicuramente era molto preoccupata per lei. Riuscì a far entrare i vestiti nella sua borsa, e mentre con la mano afferrava la maniglia della porta, sentì la voce del giovane chiamarla. “Ehi, aspetta! Perdonami la domanda indiscreta, ma non ti ho mai vista qui in giro, e io conosco praticamente tutti qui. Volevo semplicemente sapere, come ti chiami?”
“Belle... Noel. Tu?” Adoperò un cognome falso, non voleva che qualcuno scoprisse la sua vera identità.
“Arthur,  Arthur Woods.”
   
 
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