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Autore: Milandra    18/02/2019    3 recensioni
La nascita dell’amore tra Lily e James, i Malandrini, gli ultimi anni tra le mura accoglienti di Hogwarts prima della Guerra.
L’ultimo bacio, l’ultimo abbraccio, l’ultimo sorriso prima della fine.
E per qualcuno, l'ultima occasione di fare la scelta giusta prima di sprofondare in un baratro senza via d'uscita.
Perché quando la guerra arriva a sconvolgere ogni cosa, l’amore e l’amicizia non bastano più per sopravvivere.
O forse sì?
Perchè forse è solo allora che si conosce davvero l’amore, quello vero. Quello per cui si è disposti a sacrificare ogni cosa...anche la vita...
Prima di Harry Potter, prima della guerra, prima dell’Ordine della Fenice e dei Mangiamorte.
Prima che le scelte li dividessero, portando compagni di infanzia sui fronti opposti di una guerra.
Prima di tutto ciò però, ci furono solo dei semplici ragazzi...
E la storia di un amore che sconfisse la morte...
Solo ragazzi.
Molti di loro, oggi non ci sono più.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Quattordicesimo capitolo: Halloween Morning
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Niente faceva più presa ad Hogwarts di un festa con i controfiocchi, e i professori stessi lo sapevano bene.
I motivi erano i più svariati.
Travestimenti, musica, ballo ma soprattutto... alcool!
Il sacro Graal.
La verità era che la maggior parte di quella marmaglia di maghi adolescenti venerava una bottiglia di whiskey incendiario molto più del timore di una futura, quanto certa, cirrosi epatica. Un giorno avrebbero fatto la fortuna di medici e allietato serate agli Alcolisti Anonimi, per il momento però si attenevano allo sbronzarsi allegramente.
Vivi e sbrònzati, ecco il motto di Hogwarts dal Quarto anno in su.
In realtà solo agli studenti del Sesto e del Settimo anno era permesso bere alcolici in occasione delle feste, ma si sa, l’arguzia di un adolescente sta proprio nell’evitare tali inutili sottigliezze come il limite di età per l’alcool. James e Sirius insegnavano, visto che l’anno prima si erano ridotti ad allegramente sbronzi sotto il naso sospettoso della McGranitt, che continuava a chiedere loro perché si ostinassero a camminare a zig zag e a fare discorsi apocalittici sulla venuta dell’anticristo (leggersi Evan Rosier) a spargere il veleno nei bicchieri.
Solo le povere anime degli studenti dal Primo al Terzo anno non potevano partecipare, ma si sa, Hogwarts non è mai stata luogo di grande empatia... quindi cavoli loro, e più alcolici per tutti gli altri.
Tuttavia oltre l’alcool, sacro comandamento per tutti loro, c’erano anche altri motivi per cui poche minoranze veneravano le feste e ancor più Halloween.
Il motivo numero uno erano i pettegolezzi: c’erano sempre tante di quelle coppie che si sfasciavano e altre che nascevano da far luccicare gli occhi di ogni lingua lunga della scuola. Quante scenate erano state viste in quelle occasione, Merlino solo poteva saperlo.
E poi l’altro motivo: quello che in realtà faceva tremare un po’ tutti gli studenti maschi con un minimo di autoconservazione.
I travestimenti, e più generalmente i vestiti.
Orrore!
Se per Halloween ci stava il travestirsi, di sicuro però non ci stava il doversi subire per più di un mese gli strilli esagitati dell’intera popolazione femminile di Hogwarts perchè tizia aveva copiato il vestito di altra tizia, accapigliamenti per il copyright, occhioni imploranti per convincere i fidanzati a maratone nei negozi che finivano sempre con la classica temibile domanda: ‘questo vestito mi sta bene o mi ingrassa?’
E attenzione alle risposte, o l’alcool l’avrebbero visto in cartolina.
Riassumendo, anche quell’anno Hogwarts si trovava divisa come sempre in due schieramenti: gente che strillava esagitata davanti a un pezzo di stoffa, e altra gente che implorava per i propri timpani, resistendo solo per amore dell’alcool.
E se si contava che in tarda mattinata ci sarebbe stata la visita ad Hogsmade, con tutte quelle vetrine e, doppio orrore, vestiti!, apriti cielo. Che una voragine li inghiottisse.
In realtà, c’era anche un terzo schieramento, ossia quello di coloro che odiavano le feste, ma era talmente poco nutrito da non essere minimamente preso in considerazione. Tuttavia, la stragrande maggioranza di questi comunque rientrava nel primo, ovvero negli adoratori sfegatati di alcool.
Evan Rosier era uno di questi: odiava le feste, le aborriva nel senso più letterale del termine, ma adorava l’alcool.
Alle otto del mattino poi, Evan Rosier odiava punto e basta.
Perfino le sue altere compagne di casa erano state colpite dalla febbre di Halloween, e a nulla era valsa la sua camera singola superimboscata davanti a quei versi ocheggianti.
Avrebbe dovuto insonorizzarla la maledetta, perchè alla fine tra un sibilo e l’altro era stato costretto ad alzarsi... alle otto! Del fottuto sabato mattina!
“Alla gogna! Sono tutte da mettere alla gogna!” Max Zabini, seduto al suo fianco, si imbottiva di the come se non ci fosse un domani, scoccando occhiate disgustate alle compagne di casa e alla sorella.
Sì, proprio alla dannata sorella, sangue del suo sangue, evidentemente manchevole di qualcosa a livello cerebrale, perchè se no non si spiegava come fosse possibile che, alle otto di sabato mattina, avesse svegliato mezzo dormitorio insieme a quelle altre cretine che la seguivano manco fosse Salazar Slytherin in persona.
“Bisogna assolutamente tenere d’occhio la Benson! Voglio scoprire come si vestirà e...”
“Non mi interessa cosa sta architettando quell’invasata di tua sorella contro la Benson, ma vedi di farla smettere di strillare perchè è la volta buona che l’avveleno” ringhiò Evan a indirizzo di Max Zabini, suo compagno del settimo oltre che portiere e fratello di una perfetta spostata.
Max ingurgitò qualcosa come mezza tazza di the, forse nella speranza che fosse alcool, squadrando la sorella da lontano.
“Avvelenala pure.”
Se avesse continuato con quel tono di parecchi decibel sopra il consentito, specie se si considerava che erano le otto... le OTTO!!, Evan di sicuro non ci avrebbe pensato mezzo secondo a lanciarle un Avada Kedavra.
“Non venire poi a piangere da me quando sarà stecchita in una bara.” Disse quindi.
Max alzò le spalle, da perfetto fratello. “Più eredità per me.”
Evan annuì solenne, talmente solenne che Max per un attimo temette che il biondo Caposcuola stesse parlando sul serio, ma poi riflettendoci pensò che Evan non avrebbe mai scomodato la sua persona solo per cercare del veleno, quindi tornò a bersi il suo the in tutta calma.
“Si può sapere cos’hanno da strillare tanto?” Adrian Avery si lasciò cadere di malagrazia sulla panca, mentre Mulciber arrivava dietro di lui bestemmiando inferocito.
“Evan, devi fare qualcosa” attaccò Bastian Mulciber con occhi spiritati, “Non è possibile continuare così! Tutti gli anni la stessa storia, e anche quest’anno ci hanno buttato giù dal letto all’alba. Devi...”
“Bastian, se vuoi rompermi i coglioni pure tu, ci stai riuscendo” ringhiò poco elegantemente Evan, scolandosi il caffè.
“Sì... solo... non si può andare avanti così” Mulciber abbassò il tono, smontato dall’aura nera del loro Caposcuola.
“Piuttosto” iniziò Adrian, puntando un punto ben preciso al tavolo dei Grifondoro, “Come mai loro non ci sono?”
Quattro paia di occhi si si piantarono con precisione chirurgica su un punto specifico della tavolata dei Grifondoro.
Quattro posti vuoti.
Evan ringhiò una maledizione, seppellito nel caffè.
“Come hanno fatto i bastardi a non essere svegliati da tutto il baccano?” masticò incazzato Avery, “Porca puttana, tutta la scuola è stata buttata giù dal letto, perfino Silente tra un po’, e loro no??”
“Bastardi” sibilò Max.
“Fortunati Grifondoro pennuti” gli fece eco Bastian.
Già, Evan incenerì l’intera tavolata di Grifondoro.
Fottuto bastardo fortunato.
Di sicuro Potter si era premunito.
Effettivamente sarebbe bastato un semplice incantesimo di insonorizzazione. Come aveva fatto a non pensarci prima? A quest’ora, invece che a sibilare maledizioni, sarebbe potuto restarsene ancora nel mondo dei sogni.
“Qualcuno uccida la Briscott” macinò invece furibondo, versandosi altro caffè.
Bernice Briscott effettivamente stava dando il meglio di sè. In piedi sulla panca dei Grifondoro, il portamento di un generale di fronte ai suoi commilitoni, stava strillando ordini alle sue protette rincoglionendo mezza Hogwarts oltre che i suoi poveri compagni di casa, che purtroppo erano investiti in pieno da quel tornado starnazzante.
Perfino Martina Zabini sembrava interessata da quello che stava dicendo la Briscott, a proposito di un’acconciatura definita assolutamente fuori moda sul Settimanale delle Streghe.
“Quella non starebbe zitta neanche da morta” bofonchiò lugubre Max.
“Potter bastardo!” ringhiò Mulciber, riacquistando tutta la sua verve, “Si è pure evitato la Briscott!”
“Oh, non potrà evitarla per sempre. Quella appena lo beccherà gli si attaccherà ai coglioni peggio di una cozza. Non fosse Potter, quasi avrei pietà di lui” ghignò Avery, credendo così di risollevare l’umore di Rosier.
Tutto il contrario.
Evan ne aveva piene le palle di tutti gli strilli, delle acconciature del Settimanale delle Streghe, della Lewis che lo fissava da mezz’ora mentre quell’oca della Zabini ocheggiava imperterrita, ma soprattutto del fortunato bastardo che si era evitato la sveglia all’alba e porca puttana anche la Briscott!!
Che andassero tutti a quel paese.
Ma fu quando un gufo decise di recapitargli una lettera attesa quanto un cappio al collo, che Evan diede fuori.
Mandò tutti al diavolo e se ne tornò furibondo a Slytherin, segregandosi nella sua camera privata, questa volta insonorizzata, con l’intenzione di uscirne solo per sera, quando avrebbe potuto attaccarsi in santa pace al collo di una bottiglia.
Incazzato nero, strappò il sigillo in cera rossa della lettera e diede una veloce lettura, scorrendo con occhi inespressivi sulla calligrafia elegante e lievemente svolazzante.
Fuori impassibile. Dentro, rabbia.
E la disperazione di chi si sente scivolare la vita tra le mani.
Un fottuto orologio, pochi mesi ancora.
Quelle righe vergate con pugno fermo e propositi invasati avrebbero sancito la fine.
Solo alla fine si permise di accartocciare la lettera di pregiata pergamena, seduto sul letto sfatto, le mani tra i crini biondi.
La resa dei conti stava arrivando, e chissà che Argenter non avesse avuto ragione un mese fa a voler fare di tutta Slytherin un fascio.
Erano marci, marci dentro.
Rise, rise senza entusiasmo.
Non gliene fregava niente a lui. A lui non importavano i buoni, i cattivi, le fottute guerre all’orizzonte.
Che si impiccassero tutti quanti.                     
Non gli fregava della morale, di chi moriva ammazzato o di chi combatteva. Effettivamente non gli importava neanche della sua stessa vita.
Si trascinava, apatico, giorno dopo giorno, per il tempo che gli rimaneva.
Eppure anche un condannato a morte trema davanti alla ghigliottina.
Anche uno come lui, senza speranza di redenzione, poteva tremare di fronte al futuro.
Un futuro che, per Evan Rosier, sarebbe stato inciso nel sangue e sulla pietra di una tomba.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-o-o-o-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Troppo scollato”
“Troppo serio”
“Insignificante”
“Santo cielo, ma non hai tette Lily cara”
Stava ufficialmente impazzendo.
Dopo la bellezza di due ore passate in un polveroso camerino, seppellita da talmente tanti vestiti che ormai muoversi in quello spazio di pochi metri quadri risultava un’impresa, Lily stava seriamente meditando di strozzarsi con lo strascico dell’ultimo vestito troppo luccicante.
Ormai non li degnava più neanche di un’occhiata. Si limitava a indossarli, presentarsi di fronte a sua maestà Marlene McKinnon, beccarsi qualche insulto gratuito, per poi rientrare in camerino e passare al prossimo.
Sbuffando si controllò accigliata la scollatura.
Che diavolo, la sua seconda di seno non era di certo paragonabile alla quarta di Marlene, ma da lì a dire che era piatta...
“Non è vero che non ho tette”
Marlene Mckinnon, comodamente seduta su una poltrona posizionata proprio davanti all’uscita del camerino, rialzò gli occhi dal Settimanale delle Streghe, rivolgendole un’occhiata derisoria in piena regola.
“Il minimo sindacabile è una terza tesoro...tu hai a malapena una seconda”
“È una seconda piena”
“È una seconda scarsa”
“È una seconda. Punto! E poi sono bassa. Starei male altrimenti”
La bionda rise melliflua, dedicandole uno sguardo compassionevole che Lily catalogò come l’ennesima stoccata al suo amor proprio. “Continua a ripetertelo.”
Inviperita socchiuse gli occhi, volgendo prima lo sguardo alla sua seconda, e alla sua compagna di shopping dopo. Se la sua intenzione era fulminare quest’ultima o il suo stesso decoltè, neanche a Lily era chiaro.
“Comunque hai ragione” Marlene girò l’ennesima pagina patinata, scoccandole uno sguardo critico, “Sei bassa. Quel vestito è troppo lungo per te”
Lily si sentì boccheggiare.
“Non sono bassa!”
La bionda rise, tornando con lo sguardo all’articolo del Settimanale. “Ma se l’hai detto tu!”
“Sono perfettamente proporzionata.”
Schiocco di lingua, occhiata indulgente, ennesima pagina girata. “Il che non esclude che tu sia bassa. Rassegnati Lily cara, e cambia vestito” ed ecco l’ennesimo pezzo di stoffa lanciatole addosso e a cui di sicuro la McKinnon avrebbe trovato qualche difetto.
Innervosita, e masticando qualche insulto che era troppo educata per esprimere ad alta voce, Lily rientrò in camerino, rischiando di sfracellarsi al suolo per colpa di uno strascico di velluto troppo scivoloso e troppo in mezzo ai piedi.
Al diavolo, tanto neanche quel vestito sarebbe andato bene, perchè continuare con quella tortura in piena regola?
Quella volta prima di uscire dal camerino si concesse un’occhiata.
Rosso fuoco, la gonna aderente lunga fino a mezza coscia e il corpetto decorato.
Un vestito esattamente identico a tutti gli altri... tranne che non centrava un folletto secco con il suo travestimento!
Inviperita, scostò la tenda per poi fulminare la bionda in poltrona.
“Si può sapere cosa centra un vestito come questo con le streghe condannate a morte dall’Inquisizione? Guarda che non andavano a ballare le Sorelle Stravagarie quando andavano al rogo!”
“Tu dici?”
“Ah smettila” sibilò infuriata, “Perchè mi fai provare tutti questi vestiti inutili?”
La bionda si atteggiò a una smorfia risentita. “E chi ti dice che dovessero andare al rogo vestite da straccione?!”
Inutile. Era tutto inutile.
“Ah, ma cosa ci parlo a fare con te” sbuffò esasperata, “avrei dovuto dare ascolto a Mel e restarmene tranquilla e beata a dormire invece che accompagnare te a fare shopping. Dovevo immaginarlo che sarebbe stato un viaggio di sola andata per l’inferno.”
“Ti faccio notare che quella che sta provando vestiti sei tu, e non io...” cinguettò Marlene, sbattendole gli occhioni azzurri in faccia.
“Solo perchè tu hai deciso di comprarli tutti, ossia mezzo negozio. E comunque, questo, anzi questi, non vanno bene.”
Marlene sbuffò, scuotendo il capo. “Sei troppo critica”
Lily bloccò la mano sulla tenda, a mezz’aria, rivoltandosi verso l’amica.
“Stai scherzando, vero?” boccheggiò allibita. Ma prima che potesse aggiungere davvero qualche insulto, Marlene decise che fosse una buona cosa spingerla dentro quel poco spazio che rimaneva del camerino con la grazia di un ippogrifo in un negozio di pozioni, per poi entrare anche lei, spiaccicare Lily al muro nel tentativo di starci entrambe e di non morire soffocate dai vestiti, e infine chiudere la tenda polverosa sollevando una nube di acari che ebbe il potere di procurare alla rossa una mezza crisi asmatica.
“Fai silenzio Lily” osò pure riprenderla la bionda, spiando dalla fessura tra tenda e camerino, del tutto indifferente alla sorte dell’amica.
“T-tu...tu sei davvero fuori di testa” biascicò tra un colpo di tosse e l’altro.
“Come vuoi. Ma fai silenzio”
Niente, non l’ascoltava neanche.
Stava per chiederle perchè si ritrovavano in meno di mezzo metro quadrato ad ammirare la tenda del camerino come davanti a un Picasso, quando accostandosi a Marlene vide l’ultima persona che si sarebbe mai immaginata di poter spiare.
“Stiamo davvero abbarbicate a una tenda a spiare Mattew Harold?” chiese incredula, occhieggiando una Marlene McKinnon farsi piccola piccola al suo fianco e... oddio, non ci credeva!
“Sei arrossita” balbettò, incapacitandosi del tenue rossore sulle pelle candida dell’amica.
“Che sciocchezze vai dicendo?” blaterò Marlene, voltandosi verso di lei ancora più rossa se possibile, “Sono stata io a lasciarlo, ricordi?”
“Già... così hai detto”
“Perchè dovrei arrossire quindi?”
“Resta il fatto che sei arrossita...”
“Sei daltonica?”
“..e che lo stiamo spiando peggio di uno spioscopio” celiò ironica, prima di rivolgere alla bionda un sorriso fintissimo, in pieno stile Vance, “Aspetta...sai cosa significa ‘daltonica’?”
L’espressione che la McKinnon le concedette in risposta significava solo una cosa: morte immediata, con tanto di decapitazione e ghigliottina. Tuttavia, per una volta fu qualcuno di davvero insospettabile a salvarla dall’imminente catastrofe. Il modo in cui lo fece fu davvero d’effetto, come modestamente ogni cosa che lo riguardava, esattamente come d’effetto fu ciò che avvenne dopo.
Sì, Sirius Black si riteneva a tutti gli effetti una persona di grande effetto, e scostare senza un minimo di delicatezza la tenda di una boutique per sole donne strillando in faccia alla McKinnon il nome di James, e venendo tra le altre cose mezzo investito dalla cascata di vestiti che gli crollò in testa, quello sì, fu decisamente d’effetto. Ma mai quanto la faccia di Marlene McKinnon, che in rapida sequenza divenne color porpora, strattonò malamente Black all’interno del camerino buttandolo addosso all’amica, per poi richiudere in tutta fretta la tenda con conseguente seconda crisi asmatica di tutti e tre. Il tutto nel giro di due secondi netti, e di infinite bestemmie a seguire del moro.
“Ma sei fuori di testa McKinnon?” sbraitò Sirius davvero poco elegantemente. Il fatto che Lily praticamente lo strattonasse via da sè con tutte le sue forze, non fece assolutamente intendere al moro che forse non era ben gradito. Anzi, tempo di accorgersi che fosse mezza nuda e sfoderò un ghigno che Lily interpretò solo come la conferma che davvero la sfiga la voleva morta.
“Bè Evans, davvero niente male” Sirius Black prese quasi a ridere come un pazzo nel vedere la faccia di Lily farsi più rossa di quella della McKinnon, mentre gli ingiungeva senza mezzi termini di levarsi di mezzo. Ah, ci fosse stato James...
Ed ecco che Sirius Black, uomo dai grandi effetti, riuscì a peggiorare una situazione di per sè già piuttosto tragica. Perchè sbracciarsi dalla tenda strillando il nome di James Potter, che per inciso lo maledì in tutte le lingue del mondo visto che lui in quella fottuta boutique si era nascosto per scampare a quell’anatema ambulante di Bernice Briscott, quello sì che ebbe davvero un grande effetto, specie su Lily.
Ma mai quanto su James, che scostata la tenda per uccidere personalmente il suo migliore amico, rimase leggermente basito davanti allo spettacolo che gli si presentò davanti.
E alla Evans in tubino rosso...
A James parve quasi di sentire come se qualcuno gli risucchiasse l’aria, stringendogli la stomaco in una morsa dolorosa che gli artigliava le viscere, tuttavia non ebbe il tempo materiale per prendere atto di ciò, visto che come Black venne strattonato senza un minimo di decenza all’interno del camerino.
E trovarsi addosso al corpo minuto e scattante di Lily fu insolito. Lasciarsi avvolgere da quei capelli rossi che sapevano di estate fu corroborante, sentire quelle mani piccole posarsi sul suo petto fu una stilettata nelle viscere, e quel profumo...
Se lo ricordava, l’unica volta che lei gli si era avvicinata abbastanza da poter cogliere quell’essenza era stato il giorno dello sputtanamento in banca. Eppure, dovette ammettere di essersi sbagliato.
Lily sapeva di fiori, vero, ma non di fiori qualsiasi... era profumo di gigli quello.
Gigli, come il suo nome.
Chiari, candidi, puliti.
Un pungolo nel cuore e nelle viscere.
Si discostò adagio, con la flemma dell’indifferenza, e gli occhi di un condannato a morte, gli occhi di qualcuno che sente le sue certezze crollare come foglie al vento.
E davvero preferì non pensare a quelle mani su di sè, a quei fari verdi puntati su di lui...
A quel profumo...
Gigli
“Giuro che ti uccido.”
Sirius Black non potè fare altro che sogghignare biecamente, con quella soddisfazione che i suoi geni Black provavano nel torturare, metaforicamente e non, le persone.
“Che c’è Prongs? Poi ero io quello che evitava di affrontare i problemi..”
E la faccia di James Potter non dava adito a dubbi: strillava al massacro da lì a duemila miglia, tanto che Sirius ebbe la decenza di ghignare meno biecamente di quanto di sicuro desiderasse fare in quel momento, ricordandosi di certi geni Black da parte di madre che aleggiavano nella discendenza di casa Potter. Insomma, meglio non rischiare.
“Non so di cosa tu stia parlando” ringhiò James indispettito, del tutto indifferente alle preghiere della McKinnon, che li implorava di stare in silenzio, perchè si sa, lo stalking è un’arte sottile.
Fosse stato facile, James stentava già a riuscire a comportarsi normalmente con la Evans a una spanna di distanza.
Doveva uscire da quel fottuto camerino!
Ma non prima di averla fatta pagare a quell’idiota del suo migliore amico.
“Dopo questa ti garantisco che, Remus o non Remus, quella cazzo di lettera sarà aperta entro stasera” e fu subdolamente felice di vederlo sbiancare.
“Sei davvero senza cuore Prongs” Sirius si levò un abito verde dalla faccia, inquadrando James e lo spazio che lo separava dalla Evans, per poi ghignare diabolico. “O forse l’hai dimenticato da qualche parte... tipo in un camer..”
Ci fu una collutazione. Ci sono sempre collutazioni quando si parla di certe cose, specialmente se di certe cose non se ne deve parlare.
Lily stentava a credere di come si fosse ficcata in una situazione come quella. Aveva ragione Mel: era tutta colpa di Marlene McKinnon. Perchè non si spiegava se no come fosse rimasta invischiata in una mezza rissa tra maschi per certe verità e certe lettere di cui non poteva fregarle di meno. E quando Marlene le fece segno di aiutarla nel calmare i due idioti,che avevano cominciato a tirarsi dietro vestiti e ... per tutti i folletti, era un tacco quello in mano a Potter?, si vide costretta a fare ciò che mai avrebbe pensato di fare. Mentre Marlene usava un abito a mò di cappio sul primogenito di casa Black, Lily si parò davanti a James, arpionandosi al suo braccio e sentendo il peso del moro Grifondoro che le gravava addosso. Esattamente come i suoi occhi, che si piantarono impietosi e furibondi su di lei.
Almeno era riuscita ad avere la sua attenzione!
“Levati di mezzo Evans” le sibilò il moro a una spanna dal volto.
Lily scosse il capo esasperata. Possibile che James Potter dovesse essere così...James Potter? “Siamo in un camerino Potter. Il mio camerino per inciso...” ci tenne a specificare.
James arcuò un sopracciglio, intimamente divertito, ricordando una conversione in piena Diagon Alley. “Lo sai che anche i camerini non ti appartengono, Evans?”
“...un camerino anche molto stretto...”
“Stai forse giustificando il fatto che mi stai praticamente abbarbicata addosso?” e quella volta il sorriso malandrino James non seppe trattenerlo.
Lei lo ignorò. “E poi, per Godric, che ci fate in una boutique per sole donne?” gli chiese ignorandolo, e rimarcando quel ‘per sole donne’, prima di spingerlo via da sè al colmo della sopportazione.
Già, che ci facevano in un fottuto camerino di una fottuta boutique per sole donne?
James masticò qualche maledizione, di umore tetro. Sirius ghignò divertito.
“Bernice Briscott vuole che James le faccia da accompagnatore per la festa di stasera” ridacchiò alla faccia oltraggiata dell’amico.
“Ma non si è ancora rassegnata?” allibì Marlene, mentre intanto gettava un occhio fuori dal camerino. Bene, Harold era ancora lì...e non si era accorto di nulla.
Effettivamente quella era una boutique per sole donne, come aveva detto Lily. Che diavolo ci faceva lì Mattew??
“Ti pare che se si fosse rassegnata mi avrebbe inseguito per mezza Hogsmade con una fottuta rivista in mano dicendomi come staremmo bene vestiti da sposi?” si sdegnò James, piantando su una faccia da funerale.
Lily rise. “Ma non è un travestimento da Halloween.”
“Se tu non ti fossi attardato in quel bar con Charlotte, la Briscott non ti avrebbe visto e noi non avremmo dovuto darci alla macchia” gli fece notare Sirius, maledicendo la sveltina dell’amico, “Tra i vestiti per altro.” Aggiunse offeso a morte.
“Che palle, scopa un po’ di più Sirius, sei acido” gli scoccò velenoso James, deliziato dall’espressione sempre più oltraggiata dell’altro.
“Io scopo regolarmente” s’inalberò Black, cercando di tirargli dietro un appendiabiti mentre prendeva a blaterare di dettagli forse un po’ troppo intimi.
Lily si tappò le orecchie, depressa. “Ah non voglio sentire”
“Interessante” commentò invece ironica Marlene, allietata dalla piega, o dalle misure, prese dalle conversazione, “comunque anche io scopo regolarmente” bofonchiò, facendo spallucce in risposta all’espressione sempre meno tollerante della rossa.
“Volete smetterla?” li riprese già al limite dell’esaurimento nervoso Lily, totalmente ignorata dai due mentecatti mentre Marlene implorava di abbassare la voce, tornando ad abbarbicarsi alla tenda polverosa del camerino a cui nessuno sano di mente avrebbe avuto il coraggio di incollarsi.
“Potter metti giù quel tacco per la miseria! E Black! Black, l’appendiabiti, maledizione!!” Lily si voltò esasperata verso Marlene, in piena modalità stalker, “E si può sapere che stai facendo Mar invece di darmi una mano?”
Altre due paia di occhi si piantarono in sincrono sulla schiena di Marlene McKinnon, decidendo di comune accordo che la rissa poteva essere rimandata in favore del farsi bellamente i fatti altrui, mentre la bionda si volse sfoderando il miglior sorriso angelico del suo repertorio.
“Guardo se c’è la Briscott” asserì giuliva, mentre James, nero come un corvo, sibilava un qualche insulto non ben identificato che rassomigliava vagamente a una maledizione senza perdono.
“Quella se fosse stata nei paraggi l’avresti sentita starnazzare a metri di distanza” bofonchiò invece Sirius.
Lily scosse il capo. “No, tu stavi spiando Mattew Harold” disse, mentre la McKinnon le faceva segno di tacere, senza che Lily per altro ne capisse il motivo.
James si volse verso la bionda stupito. “Mattew Harold il mio portiere, alias numero uno di settembre?”
Ma fu la risposta di Sirius la più strana, che se ne uscì con un semplice quanto neanche sorpreso ‘ah’.
E da lì ad avere puntati addosso tre paia d’occhi, chi stralunato e chi a volerlo ardere vivo, il passo fu rapido.
Ma l’esempio di deficienza del Black in questione ovviamente non si fermò lì, e sotto la sguardo a raggi laser della McKinnon, fece un rapido quanto inosservato dietro front, che davvero ebbe il potere di illuminare oltre alle menti più tarde anche la cassiera a kilometri di distanza di lì a momenti.
“Forse non dovevo dirlo” Sirius Black abbozzò un lieve sorriso di scusa, bruciato vivo come neve al sole dallo sguardo fulminante della McKinnon.
E se James dal suo canto se ne sbatteva altamente, più interessato a controllare ogni due per tre che il perimetro del negozio fosse privo di minacce starnazzanti, con tanto di tacco da usare come arma in caso di evenienza, chi invece non mangiò la foglia fu Lily Evans.
“Avevi detto che non ti importava più di lui” Lily ignorò il vestito che le era planato in faccia, James che le stava davvero troppo addosso, Black che ghignava all’indirizzo del moro capitano dei Grifondoro, e si rivolse alla bionda, che alternava occhiate fulminanti ad altre talmente zuccherose da dare il diabete.
“Ma infatti non mi importa” Marlene annuì, dando rilievo all’insostenibile, “è semplice curiosità di scoprire cosa sta facendo un mio ex. È come se tu vedessi Nathan e...”
Pessimo, pessimo esempio.
“Avevi detto che lo avevi lasciato” e se Black arcuò le sopracciglia in maniera vertiginosa, beccandosi un tacco deliziosamente ben infilzato nel piede destro da parte della compagna di squadra – tacco che era stato sottratto dalle mani di Potter, tra le proteste del Grifondoro, e per il bene di tutti in quel camerino-, Lily invece continuò imperterrita, mentre qualcosa nel suo cervello cominciava a fare disgraziatamente due più due.
“Sei strana da un mese a questa parte, i giorni dopo la rottura sembravi quasi triste, non hai risposto nemmeno alle frecciate di Mel...”
E la rivelazione avvenne.
E Lily non fu l’unica a intuire; anche James, che ascoltava con un orecchio solo, capì, uscendosene con uno sghignazzante ‘ma davvero?’, ma soprattutto lo capì anche Sirius Black, che ormai aveva intuito la necessità di cercarsi un bunker a prova di qualsiasi cosa avrebbe potuto tirargli dietro la McKinnon.
“Ti prego, Mar” la implorò Lily, socchiudendo gli occhi e sentendo le certezze di una vita crollare, “dimmi che non ti sei davvero innamorata di Mattew Harold”
Occhiata angelica della suddetta... e un tacco dodici che si schiantava per la seconda volta nel giro di una manciata di secondi verso la fonte di tutti i mali.
“Porca puttana McKinnon” berciò incazzato Black, saltellando nello spazio ristretto e rischiando di travolgere tutti.
“Ehi, quello era il mio tacco, Mar?” a James Potter della ferita a morte di Black ovviamente non poteva fregare di meno.
“Mar?” Lily inquadrò l’amica, incurante dei due idioti dietro di lei,“Perchè non ce l’hai detto?”
Marlene si sentì tremare davanti agli occhi limpidi di Lily.
Eppure avvenne che qualcuno salvò Marlene McKinnon dall’inevitabile confronto, un qualcuno di estremamente inaspettato. Il soggetto in questione era dotato di fisico minuto, capelli castani svolazzanti e un visetto carino che avrebbe messo terrore puro nel cuore di chiunque lì ad Hogwarts. Sempre tale soggetto era dotato di ciglia lunghe impregnate di una vagonata di mascara, una voce davvero troppo squillante, e forse troppa tenacia...
“Porca puttana” James Potter trasecolò visibilmente.
Era finito, spacciato, game over.
“Briscott” ringhiò Black, sporgendosi a sbirciare “E vaffanculo alle tue scopate Prongs!”
Ma Marlene ringraziò; la maledetta difatti sfoderò un ghigno che sarebbe stato bene solo in faccia a Emmeline Vance in persona, e agguantato Black in una morsa che sapeva tanto di prossimo strangolamento, si fiondò fuori dal camerino all’inseguimento di Mattew Harold, che proprio in quel momento stava uscendo dal negozio.
Due piccioni con una fava.
Lily dal suo canto sibilò qualche imprecazione, ma mai quanto James e Sirius che videro un loro non ben specificato piano andarsene beatamente a rotoli...
“Che giornata di merda, che giornata di merda” James avrebbe sbattuto volentieri e ripetutamente la testa contro il muro, se non fosse che così la Briscott sarebbe arrivata subito a lui.
Lily invece stava per uscire a riacciuffare Marlene, impedendole di svignarsela, che James la inquadrò terrorizzato e arpionandola per un braccio la riportò svelto nel camerino.
“Se la Briscott viene qui e mi trova, io sono spacciato” chiarì al sopracciglio inarcato della rossa.
E Lily sapeva cosa stava a significare quell’espressione.
Come osava chiederle una cosa simile dopo tutti quei giorni in cui l’aveva guardata dall’alto in basso?!
“Scordatelo” Lily negò vigorosamente, intuendo dove voleva arrivare il Grifondoro. Non avrebbe mentito per lui, se lo poteva scordare!
“Avanti Evans, devi solo tenerla alla larga, e magari lanciarle un tacco in testa se proprio ci tieni” sbuffò spazientito James, roteando gli occhi al cielo e facendole saltare ancora di più i nervi.
“Ti ho detto di no, non ti aiuterò Potter e ...”
Il rumore della tenda di un camerino che si apriva, per fortuna non del tutto, li riscosse, e Lily inquadrò la figura di Bernice Briscott, alias Giuliva del Campidoglio Capo, ispezionarla come un falco.
“Briscott” si costrinse a sorridere, fingendosi sorpresa, mentre Potter da dietro la tenda le faceva istericamente segno di coprirlo e di darle corda.
Una vera meraviglia.
Lily sospirò, e vedendo Potter sguainare la bacchetta armato di propositi ben poco civili, decise che forse l’implicazione in un omicidio non era qualcosa che avrebbe gradito tanto presto sulla sua fedina penale.
Rassegnandosi, sfoderò l’espressione più cordiale del suo repertorio: “Hai bisogno di qualcosa, Bernice?”
Quella arrossì lievemente, tentando ancora di scostare del tutto la tenda, bloccata dall’altro lato da Potter che la teneva ostinatamente ferma con una risolutezza che rasentava l’isterismo.
“Hai visto James?” si decise alla fine a chiedere la Grifondoro del Quarto anno, dato che la tenda sembrava inspiegabilmente decisa a non smuoversi di mezzo millimetro.
Lily rise nervosamente, fulminando il compagno di casa, palesemente sul piede di guerra. “Perchè avrei dovuto vedere Potter? E poi questo è un negozio che vende abiti femminili, Briscott” aggiunse, “E non penso che Potter, per quanto vanesio, rientri nella categoria” terminò soavemente, mentre un vestito decise autonomamente di planarle in faccia.
“C’è qualcuno?” chiese stranita la Briscott occhieggiando l’abito.
Lily abbozzò un sorriso forzato, “Purtroppo devo dirti di no” proferì a denti stretti, gettando con la coda dell’occhio uno sguardo fulminante al ragazzo che sembrava pronto a ficcare la bacchetta in un occhio alla Briscott da un momento all’altro.
Quantomeno avrebbe scongiurato un omicidio.
“Oh. Bhè, se lo vedi..”
“Te lo faccio sapere” finì per lei Lily, sentendo il sorriso in procinto di andarle in pezzi da un momento all’altro.
E grazie al cielo la giuliva del Campidoglio Capo decise una buona volta di levare le tende, facendo tirare un sospiro di sollievo a James.
Voltandosi verso Lily, stava per ringraziarla, quando si ricordò di una certa conversazione e di una certa dose di sostenuta incazzatura che gli fecero arricciare le labbra in una smorfia.
“Ah, ma io con te non ci parlo” frecciò il moro, come ricordatosi in quel momento.
Cinque secondi più tardi Lily si trovó da sola nel camerino.
Un tacco si era appena schiantato contro lo tenda.
Odiava James Potter... e al diavolo lei che l’aveva pure aiutato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Due ore più tardi, Lily poteva dire di avercela fatta. Aveva preso le prime cose che le erano capitate a tiro in realtà, badando solo che il vestito avesse un minimo di attinenza con il suo travestimento, e che le scarpe fossero calzabili, e non delle armi di distruzione di massa. Il che aveva richiesto in tutto meno di mezz’ora.
La verità era che la maggior parte del tempo l’aveva passata a giocare al gatto al topo con Marlene McKinnon, scomparsa improvvisamente dopo la famosa rivelazione, per altro senza trovarla.
Ma se si voleva proprio essere onesti, la realtà dei fatti era che Lily aveva percorso in lungo e in largo Hogsmade immaginando al posto dell’asfalto la testa di Potter, il che l’aveva leggermente distratta dalla ricerca di Marlene, casualmente infruttuosa.
Sempre casualmente poi, quando alla fine aveva desistito e si era riincamminata verso Hogwarts, la sua attenzione, prima non molto vigile, si era improvvisamente risvegliata, tanto da scorgere perfettamente James Potter nel tipo losco all’angolo della stradina.
Ora, Lily Evans normalmente non ci avrebbe dato molto peso, senza contare che immischiarsi nei piani machiavellici di Potter era risaputo che portava più danni che altro. Normalmente quindi avrebbe tirato dritto, pregando e implorando perchè Potter non la tirasse nelle sue faccende, ma il punto era che Potter aveva detto quella frase, il punto era che lei aveva cercato in quei giorni ogni modo di fare ammenda..
Ma il vero punto era che lei dopo l’exploit di Potter nel camerino era furibonda.
...E che Potter appariva effettivamente molto sospetto.
Avvicinandosi cauta ad una vetrina e fingendo di essere molto interessata alle figurine esposte dei giocatori dei Chudley Cannons, gettò a intermittenza qualche vaga occhiata in direzione del ragazzo, intento a parlare fitto fitto con uno del sesto di Grifondoro.
E fin qui tutto ok, Potter era losco già di suo, e casualmente si era imboscato lontano da sguardi indiscreti a parlare con questo tizio. Il punto era che il suddetto Potter parlava gettandosi occhiate intorno ogni due per tre, cosa decisamente non da Potter.
Normalmente era molto più discreto, insomma era in grado di organizzare lo svaligiamento di una banca con una faccia angelica che era tutta un programma, e ora lasciava trasparire i suoi piani machiavellici a chilometri di distanza?
Chiaramente c’era qualcosa che non andava, e chiaramente c’era sotto qualcosa di grosso.
Ancora più chiaramente Lily non aveva alcuna intenzione di passarci sopra, perciò, accostandosi ancora di più alla vetrina, spiò da lontano il ragazzo, che nel frattempo stava passando quello che sembrava un pezzo di pergamena al tizio di Grifondoro.
Poi, come se nulla fosse, Lily vide Potter riprendere la sua aria spavalda, guardarsi intorno con finta noncuranza, per fortuna senza vederla, per poi dirigersi fischiettando verso una stradina che portava nella parte est di Hogsmade.
E per volere delle circostanze, di una frase che proprio non le era andata giù, e che quello era Potter, Lily aveva preso a seguirlo, ovviamente a distanza e facendo vagare lo sguardo da una vetrina all’altra, ma riportandolo sempre puntualmente sulla schiena del moro, come a volerlo trapassare.
E così aveva passato una buona decina di minuti, a seguirlo, fino a che le strade si erano fatte sempre meno affollate, tanto che si era fermata un attimo a valutare se davvero ne valeva la pena. Sfortuna volle poi che proprio in quel momento stava passando Lumacorno, e da lì a essere caldamente invitata al prossimo Lumaclub per l’ennesima volta nel giro di due giorni, e di conseguenza a perdere di vista Potter, il passo fu breve.
Alla fine aveva quasi ponderato l’idea di lasciar perdere tutto e tornarsene al castello, quando uno schiocco di lingua l’aveva fatta voltare e...
“Beccata” James Potter le rivolse il più mefistotelico dei sorrisi, mentre la osservava, appoggiato pigramente alla parete di pietra dietro di lui.
E Lily avrebbe solo voluto sprofondare.
Ma poi si ricordò di una certa frase, e che fino a due secondi prima si immaginava la faccia di Potter al posto dell’asfalto.
“Cosa stavi facendo, Potter?” proferì indignata, cercando eventuali indizi nella sua figura che potessero suggerirle qualcosa dei suoi scopi. Purtroppo Potter sembrava essere tornato la perfetta maschera dell’innocenza.
“Chi? Io?” James la guardò con un finto sguardo scioccato, sotto il quale Lily colse perfettamente la sfumatura d’irriverenza che le iridi nocciola non riuscivano a celare.
“Ti ho visto che parlavi con quel ragazzo” rivelò assottigliando gli occhi, decisa a chiudere quella storia il prima possibile. Ovviamente non aveva preso in considerazione il Grifondoro...
“Ma come Evans, lo sai che seguire ossessivamente le persone è considerato stalker?” lo vide sorridere, ma non con un sorriso normale e amichevole, soltanto divertito, per poi fare la grande sparata: “So che sono bellissimo e che sei innamorata follemente di me” si profuse fintamente dispiaciuto, “ ma datti un contegno. Poi sono fidanzato, mi spiace Evans.”
Ok, era ufficiale, l’avrebbe ucciso, e stava proprio per annunciarglielo solennemente che lui semplicemente aveva sorriso, si era girato, e l’aveva ignorata, continuando a camminare per la sua strada come se niente fosse.
“Sto parlando con te Potter, smettila di fare il maleducato” gli proferì contro indignata, dopo che per riuscire a raggiungerlo aveva dovuto mettersi a correre, e nonostante tutto non riusciva a tenere il suo passo, tanto che doveva alternare una passeggiata veloce a mezze corsette del tutto ridicole, mentre chiaramente lui non sembrava per niente affaticato, anzi, era perfettamente a suo agio.
“Ma io ti sto ascoltando Evans” sbuffò roteando gli occhi al cielo, “Dimmi di cosa vuoi parlare e ne parleremo...”
“Di quello che stai combinando!”
“ ...magari del tempo, del Quidditch, degli adorabili capelli di Mocciosus, o del fatto che tu non riesca a tenere un’andatura normale neanche quando sai che io potrei star architettando qualcosa” la prese in giro, lanciandole un breve sguardo ironico ed estremamente irritante.
“Allora ammetti che stai architettando qualcosa” esultò Lily trionfante, ignorando l’irriverente sorrisetto molesto che si dipinse in risposta sulle labbra di Potter.
“Sai, sono davvero deluso da te Evans” se ne uscì teatrale il moro, “ Ti immaginavo più interessata alle sorti di tutte le povere anime ad Hogwarts che subiranno le conseguenze del mio machiavellico piano. E invece decidi, dopo aver chiaramente individuato il sospettato, di lasciarlo andare come se niente fosse, fingendo apposta di rimanere indietro” breve occhiata accusatoria e mano sul cuore, “sai, questa si chiama complicità in affari potenzialmente illeciti e pericolosi.”
“Oh, smettila di prendermi in giro” sbuffò esasperata, arpionandogli quasi il braccio nel tentativo di stare al passo, mentre il maledetto se la rideva platealmente e senza alcun ritegno, “Sei tu che stai cercando di seminarmi nel tentativo di poter sbrigare le tue losche faccende” si lamentò incenerendolo.
“Losche faccende?” il moro inarcò un sopracciglio, trattenendosi palesemente dallo scoppiare a riderle in faccia, “Comunque, se non ne vuoi parlare Evans, ti accontento, anche se” e le lanciò l’ennesimo sguardo divertito quanto profondamente irritante, “tutti i poveri innocenti che ne verranno presi in mezzo...”
Era irritante, ecco cos’era Potter. Urticante, come una di quelle erbe pungenti e spinose che appena ti sfioravano le caviglie ti lasciavano strisce rosse ovunque, e più grattavi e più quelle si divertivano a darti prurito.
Ecco, Potter era uguale.
“Sei insopportabile” gli sibilò contro, “E sei tu che non ne vuoi parlare, non io che chiaramente, a forza di starti dietro, sto perdendo l’uso dei polmoni”
“Solo perchè sei una mezza sega” la rimproverò, roteando gli occhi scocciato, e lasciandola a boccheggiare incredula.
“Cosa?! Ma come os...”
“Destra, Destra, Destra” la ignorò, strattonandola per la manica e facendole quasi perdere l’equilibrio con quel brusco cambio di direzione.
“Ho capito, DESTRA!!” sbuffò esasperata, riprendendosi la manica e guardandolo scocciata.
E in risposta all’ironico sopracciglio inarcato del moro lo fulminò furibonda.
“E poi non eri tu che non volevi parlare con me, Potter?” gli ricordò tagliente, fiera di averlo finalmente messo metaforicamente con le spalle al muro, “cos’è ora tutta questa loquacità? Se non ricordo male, e cito tue testuali parole, tu con me non ci parli” proferì sarcasticamente, notando per un momento un lampo di qualcosa di non ben definito attraversare i bei occhi nocciola di Potter.
Centro!
Ovviamente fu solo un attimo.
“Ma io non sto parlando con Lily” se ne uscì fuori, guardandola sbuffando dall’alto in basso, “Io sto parlando con Evie.”
Evie?” ripetè, intimamente terrorizzata da quello che suonava molto come un nomignolo che l’avrebbe accompagnata per il resto dei suoi giorni a mò di lettera scarlatta.
“Ma certo, proprio Evie” annuì ilare Potter, passandosi fintamente spensierato una mano tra i capelli neri, “Dai Evans, non ti piace? Ero indeciso con Evie-Evie. Non dire nulla,” l’anticipò, “so che sono bellissimi entrambi, potrei usarli tutti e due in effetti. Oggi per esempio mi sembra che tu abbia la faccia da Evie.”
“Potter” gli sibilò contrita, piantando i piedi nel bel mezzo della stradina e rifiutandosi di fare solo un altro passo insieme a quel concentrato di irritazione che era il Grifondoro. Stranamente venne assecondata dal ragazzo, che si voltò sbuffando scocciato.
“Si può sapere che diavolo stai facendo?” gli ringhiò dietro inviperita “Prima che perda quel poco di sanità mentale sopravvissuto a questa conversazione, vedi di vuotare il sacco!”
“Te l’ho detto” si lamentò seccato il moro, guardandola contrariato, “Sto parlando con Evie, la parte simpatica di Lily Evans”
“Io sono tutta simpatica” proferì indignata, mentre il Grifondoro la guardava inarcando le sopracciglia, palesemente divertito.
“Evie è più simpatica. Anzi è talmente simpatica che mi aiuterà.”
“Evie si suicida prima ancora di poterti negare il suo aiuto, se continui a chiamarla Evie” frecciò caustica.
Potter la ignorò totalmente: “Certo certo” la blandì senza neanche guardarla in faccia e sospingendola a camminare senza mezzi termini, “Vedi, ora Evie il prefetto verrà con me” blaterò, perfettamente noncurante e sempre più fastidiosamente divertito.
“Dannazione Potter!” si lamentò cominciando a strattonarlo per il cappotto. Magari sarebbe riuscita a strozzarlo... “si può sapere che diavolo vuoi da me!?”
Non riusciva a liberarsi e non riusciva a far smettere al Grifondoro di sospingerla in continuazione, con il risultato che si rivoltava come un’anguilla sotto lo sguardo sconcertato dei passanti e le occhiate scocciate di Potter.
“Che stress Evans” sbuffò esasperato, decidendosi finalmente a parlare, “Mi serve un prefetto, ok?”
“Remus?” gli chiese a metà tra l’accusatorio e l’interessato.
L’altro annuì, “Doveva essere Remus. Ma poi Sirius si è dato alla macchia per colpa di Marlene, senza aver svolto il compito che avrebbe dovuto svolgere e che quindi è toccato a Peter, mentre quello di Peter a Remus.”
Vedendo che stava cominciando a mettere insieme i pezzi - perchè Lily aveva un terribile sospetto, come di qualcosa di preorchestrato, - James ridacchiò divertito, velocizzando il passo, e di conseguenza anche quello di Lily.
“Ah, tu non ti preoccupare Evie, cammina, mancano più solo pochi metri”
“Ehi ma..”
“Cammina!”
E fu quello il momento in cui Lily finalmente capì, mentre Potter la sospingeva ogni due per tre, ridendole anche in faccia senza alcuna riserva.
Perchè quello era Potter, e Potter era chiaramente machiavellico e...
“Ti serviva un prefetto” mormorò, guardandolo a bocca aperta, troppo stupita per divincolarsi ancora.
Potter la squadrò ironico e perfettamente a suo agio: “Ma che genio Evie, penso che tu abbia un quoziente intellettivo degno di Silente in persona. Non te lo avessi detto io cinque secondi fa poi, penserei che il tuo QI superi anche quello di Silente in persona”
Urticante, insopportabile.
E lei aveva fatto solo il suo gioco.
Scosse il capo, sentendosi un’ingenua: “No, tu volevi un prefetto!”
Potter alzò un sopracciglio, a metà tra l’esasperato e il divertito.
“Tutta la faccenda con quel Grifondoro in strada, tu che gli passavi qualcosa di nascosto, tu che ti fai seguire da me... l’hai fatto apposta. Tu volevi apparire sospetto, volevi che ti sentissi e che ti seguissi,” e mentre lo diceva si sentiva sempre peggio, “Avevi pianificato tutto” mormorò sempre più flebile, guardandolo scioccata.
E questa volta il ghigno si stampò chiaro e limpido sulle labbra del ragazzo, mentre lei si sentiva sempre più stupida.
Ci era cascata, come aveva fatto a cascarci?
James schioccò la lingua, estremamente divertito, volgendole solo una breve occhiata. “Suvvia Evie, vorresti dire che ho un QI più alto del tuo?”
Però c’era ancora qualcosa che non tornava.
“Perchè tutto questo se hai detto chiaramente che con me non vuoi avere a che fare?” chiese Lily, alzando lo sguardo per poterlo guardare in volto.
E James tralasciò accuratamente il fatto che non era per niente vero che con lei non voleva avere che fare. Forse con lei voleva avere a che fare anche troppo per essere normale, considerò, lasciandosi scappare un sorriso amaro, e sperando vivamente che lei non lo notasse.
“Te l’ho detto, Remus era impegnato e mi serviva un prefetto” sbuffò tagliando corto, “Ed Evie il prefetto è molto contenta di aiutarmi”
“Scordatelo!” gli ingiunse perentoria, non facendo caso alla porta di un negozio che si apriva, e a Potter che molto stranamente le usava la gentilezza di farla entrare per prima... quando se ne accorse era ormai decisamente troppo tardi...
E mentre Lily si guardava intorno cercando di capire dove fosse capitata – l’ambiente era abbastanza tetro, e pieno di boccette, alambicchi... poteva essere un negozio di pozioni? – James Potter, perfettamente a suo agio, tirò dritto verso il tipo al bancone. Lo sentì confabulare fitto fitto mentre non vista dava una sbirciata agli articoli, e... erano pozioni curative??
Insomma ,si sarebbe aspettata di tutto, da veleni a bambole voodoo, ma pozioni curative proprio no. Era per caso un malato terminale all’ultimo stadio?
Più speranzosa, si avvicinò all’uomo di mezza età e a Potter che, appena la vide, la indicò sorridendo soddisfatto.
“Vede, lei è un prefetto” faccia da perfetto bravo ragazzo e voce modulata, “Lei garantisce” James Potter annuì solenne, mentre l’uomo, con lo sguardo fisso sulla spilla da prefetto di Lily, sembrava soddisfatto della risposta del ragazzo.
Fu come svegliarsi da un brutto sogno per trovarsi in uno ancora più brutto.
“Io garantisco??” trasecolò Lily, palesemente ignorata da Potter.
“...quindi devo solo consegnarla ai Tre Manici di Scopa?” chiese l’uomo apparentemente più tranquillo, “Attenzione comunque a non mescolarlo con l’alcool: fa interazione e provoca...
Potter lo interruppe, “Non si preoccupi e poi Madama Chips ha già calcolato le giuste dosi, lasciandole dette a Madama Rosmerta.”
L’uomo si grattò il pizzetto, annuendo sovrappensiero.
Lily si avvicinò velocemente, richiamando l’attenzione del proprietario: “Io non garantisco un bel niente, non so cosa le ha detto ma... dannazione Potter” boccheggiò, sentendo il peso del ragazzo spostarsi senza il minimo tatto sul suo piede destro.
L’uomo dietro al bancone corrucciò la fronte, non capendo. “Cosa hai detto, ragazza?”
Potter ostentò un sorriso rassicurante quanto assolutamente falso, tanto che Lily si stupì nel riuscire a notare la differenza.
Non che l’avesse mai visto sorridere sinceramente, quanto meno non con lei, ma Lily sapeva con assoluta certezza che quel sorriso era finto, a differenza del negoziante che chiaramente non aveva capito nulla del ragazzo.
“Ma niente” stava blaterando Potter nel frattempo, mentre Lily sentiva la sua pazienza esaurirsi come acqua in pieno deserto, “Evie voleva solo assicurarsi che io vi avessi riferito tutto” continuò il ragazzo, per poi guardarla divertito, “Quindi non preoccuparti Evie cara, ok?”
Morale della favola:
Il commerciante annuì.
Potter annuì.
Lei venne ignorata.
A nulla valsero le sue parole, primo perchè Potter trovava il modo di farla tacere o di parlarle sopra ogni stramaledetta volta, e secondo perchè il il proprietario del negozio sembrava chiaramente maschilista; alla fine, dieci minuti più tardi furono fuori, con la promessa che la preziosa polverina sarebbe stata consegnata nelle mani di un certo Robin, garzone di Madama Rosmerta.
A nulla valse anche cercare di estrapolare la verità a Potter, che semplicemente le rise in faccia senza darle la minima.
Insopportabile.
“Ti odio Potter” gli sibilò irata una volta fuori dal negozio, “Ah, e Evie è davvero orribile. Guai a te se lo usi anc...”
“Ma certo Evie
Asfalto. Faccia di Potter. Calpestare ripetutamente.
“Se volevi vendicarti ci stai riuscendo in pieno” pigolò esasperata.
Era estenuante, avere a che fare con James Potter era estenuante, logorante, e le aveva fatto venire un tremendo principio di emicrania.
“Evie! Così mi ferisci” imitò in un perfetto tono drammatico il moro.
Lily alzò il bavero del cappotto, per ripararsi dal freddo. Se Potter amava fare il drammatico poteva farlo anche lei, e magari...
“Sai, quasi quasi preferirei Evie-Evie” sospirò drammaticamente, sperando che il ragazzo ci cascasse. Si sentiva una perfetta stupida ovviamente, ma se Potter era un idiota gasato come pensava che fosse, la sua recita almeno avrebbe avuto uno scopo. “Amo Evie-Evie” aggiunse già che c’era, sfarfallando gli occhi in stile Bernice Briscott, e godendo intimamente nel vederlo inorridire.
Infine Potter sorrise. Era fatta.
“So cosa stai cercando di fare” frecciò invece acido il moro, e Lily tornò a guardarlo malissimo, “Sai perfettamente che se mi chiedessi di non chiamarti Evie-Evie io di sicuro farei l’opposto.”
Lily abbozzò un sorriso tirato. “Sono sicura che Evie, la parte simpatica di Lily, non concepirebbe mai una cosa simile.”
“Oh ma Lily sì.” sorrise ironico il moro, “Quindi è stato un piacere avere a che fare con Evie. Diglielo quando la vedi... e ci si vede Evie-Evie
Odioso.
Odioso!
Odioso!!
“Potteeer!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO DI UN’AUTRICE NON PROPRIAMENTE CONVINTA DI CIÒ CHE HA SCRITTO:
 
Di buono c’è solamente che per una volta sono stata puntuale con l’aggiornamento, perchè il capitolo che ne è uscito non mi convince per niente. Il problema è che, o lo scrivevo da capo e vi facevo aspettare anni, o pubblicavo... quindi ho pubblicato, ma non ne sono convinta.
Purtroppo ci sono quei capitoli che ti escono di getto quando li scrivi e sembra quasi che tu non riesca a star dietro alle parole, e quelli che ti fanno penare dieci camicie, procedendo a spezzoni. Questo è un po’ il secondo, quindi spero di non aver combinato un totale disastro.
 
Ho già iniziato a scrivere il capitolo di Halloween (questo è Halloween mattina, quindi non fa testo), e penso che lo dividerò in due parti dato che sta diventando davvero molto lungo.
 
Per il resto, come vedete, James, Sirius and co stanno tramando qualcosa per Halloween, Rosier sta iniziando a venire a patti con la realtà, e Lily sta cominciando a intuire che Marlene ha propinato a tutte loro una balla grande quanto il castello di Hogwarts. Marlene è innamorata gente, o almeno così parrebbe, ma naturalmente non poteva dire che è stato Harold a lasciarla... mica mostrare di avere un cuore e di starci male, no? Quindi perchè non rigirare la frittata e dire che l’ha mollato lei? Non vi ricorda qualcuno?
 
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, conto di pubblicare tra due settimane (cercherò in generale di pubblicare ogni due settimane, in modo da essere più regolare).
 
Ci tengo infine a ringraziare coloro che hanno recensito lo scorso capitolo: un grazie speciale a Kiki Potter, Inzaghina, mikyintheclouds, la_magia_degli_dei.
Ci tengo a ringraziarvi tantissimo, insieme a tutti coloro che leggono, perchè mi aiutate a migliorare, perchè siete ciò che fa andare avanti questa storia, specialmente in capitoli come questi, quando chiaramente non sono soddisfatta del mio lavoro.
 
Quindi a tra due settimane (promesso, saranno due settimane XD)
 
Un bacio e un abbraccio
 
Mila
   
 
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