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Autore: ineedofthem    20/02/2019    4 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 46

RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 46

Luca prende a muoversi per il corridoio, tenendomi per mano. E, mentre ci facciamo strada verso una meta a me ancora sconosciuta, sento alcuni sguardi posarsi su di noi, ma al momento non mi importa cosa pensino o cosa si sussurrino. Incredibilmente, accanto a Luca, sento che potrei sopportare qualsiasi fandonia.
Luca rinforza la presa sulla mia mano, quando anche lui si rende conto che stiamo riscontrando una certa attenzione. Ma, mentre il suo viso si indurisce, facendogli serrare le labbra in una linea sottile, capisco che vorrei riuscire a dedicare loro la stessa indifferenza.
Ma, ahimè, non ne sono capace. Perché io tra i due sono l'anello debole e non riesco a farmi scivolare addosso queste accuse così gratuite, soprattutto quando mi danno della raccomandata. Ma, d'altronde, è facile per loro dedurre che io lo sia solo perché sono una giovane donna che si fa strada da sola, no?
Poi, però, il suo sguardo ricade di me, e lui si dimostra essere attento alle mie condizioni, osservandomi preoccupato che possa cedere da un momento all'altro.
Luca velocizza il passo, e capisco che mi sia quasi difficile stargli dietro, poi spalanca la porta del suo studio, con una certa fretta, permettendomi di entrare. Ma mi rendo conto presto che non abbia intenzione di rimanere qui, quando raggiunge l'attaccapanni posto accanto alla scrivania per prelevare il suo cappotto e appoggiarlo su un braccio. In ogni suo più piccolo gesto, osservo esserci dell'urgenza.
Cerco di capire quale siano le sue intenzioni, ma mi affido a lui, quando cominciamo a farci strada di nuovo. D'altronde gli ho chiesto io di portarmi via. Prendiamo l'ascensore e l'ambiente è avvolto dal silenzio. Nessuno di noi due ha intenzione di proferire parola ma è meglio così, e il nostro non è affatto un silenzio pesante, tutt'altro.
Comprendo ben presto dove Luca abbia intenzione di portarmi, quando raggiungiamo il quarto piano che dà sul terrazzo dell'ospedale.
Mi stringo nelle spalle, voltandomi a scrutare Luca al mio fianco, che accenna un piccolo sorriso.
La porta produce uno scricchiolio profondo e rumoroso mentre Luca la richiude dietro di sé.
Gli do, allora, le spalle, rabbrividendo per una folata di vento e portandomi a strofinare le mani sugli avambracci per riscaldarli. Nonostante il sole batta forte sulla nostra città, non è in grado di spazzare via il freddo che l'avvolge. Improvvisamente sento invadermi dai ricordi; qui, molte sere fa, ho trovato Luca chiuso nel suo dolore e, nonostante quel giorno sia ormai così lontano, riesco a ricordare ogni attimo trascorso insieme, da come sia stato diffidente in un primo momento a come si sia lasciato andare poi, permettendomi di avere una sua visione senza barriere.
Luca mi raggiunge, fermandosi a pochi passi da me. Poi, facendosi sempre più vicino, appoggia il suo cappotto sulle mie spalle, facendolo aderire al mio corpo, esercitando delle carezze sulle mie braccia.  A quel punto si stringe a me, adagiando il capo sulla mia spalla come a cercare un calore ristoratore dalla nostra stretta.
Avverto ogni fibra del mio corpo tendersi alla sua presa su di me per poi sciogliersi, inevitabilmente. Allora mi volto nella sua direzione, accennando  un sorriso per ringraziarlo della sua gentilezza.
Luca rimane dietro di me, e lo avverto soffocare un suo sospiro sulla pelle scoperta del mio collo.
La sua vicinanza, qualsiasi suo gesto, adesso, stanno mettendo a dura prova la mia voglia di mantenere una certa integrità.
Non so se Luca si renda conto di cosa sia capace di suscitare in me o forse ne è cosciente e sta solo esercitando il potere del suo fascino su di me?
In ogni caso, ruoto leggermente il volto verso di lui, in modo tale da incrociare i suoi occhi, trovandoli già fissi su di me.
"Perché siamo qui?" gli faccio notare, lanciando un'occhiata eloquente al posto che ci circonda.
Luca ricambia il mio sguardo, arricciando le labbra in una smorfia divertita."Mi hai detto tu di portarti via e, dato che uscire dall'ospedale non ci è possibile, dovremmo accontentarci di questo posto per stare soli...io e te" mi fa presente come se fosse ovvio, portando poi lo sguardo fisso davanti a sé.
"Io e te..." ripeto in un sussurro, abbassando poi gli occhi per nascondere il sorriso affiorato sulle mie labbra.
Così Luca, approfittando della mia distrazione, posa le sue mani sulle mie spalle, all'altezza del collo, solleticando la mia nuca con le dita.
Riconosco in ogni suo gesto la sua voglia di distogliere la mia mente dai brutti pensieri.
Io e te...solo io e te
"Qui puoi fare tutto quello che vuoi, Anita. Puoi piangere, urlare, sfogarti su di me, se proprio vuoi, ma liberati da qualsiasi cosa ti porti dentro. Lasciati andare..." ammette con un tono di voce basso e roco.
Le sue carezze si vestono di quella premura dedita ad accentuare le sue parole, così, quando lui comincia a percorrere un percorso dal mio collo alle mie scapole, tracciando con le dita, delicato e dolce, rilascio un sospiro strozzato.
Luca sopprime una risata, nascondendo il viso contro la mia spalla, facendo vibrare il mio corpo sotto il suo tocco.
"Puoi fare di meglio, Anita".
Così, fingendomi infastidita dal suo commento, stringo i pugni lungo i fianchi, faccio un passo in avanti, e urlo. Dapprima il mio tono esce fioco, affaticato, ma quando mi rendo conto che ci stia prendendo gusto, dalla mia bocca si propaga un urlo forte e dirompente, liberatorio.
E urlo di più, sempre di più.
"Vai, Anita, avanti... così, brava!" Luca alle mie spalle mi incita, spingendomi ad arrivare al limite.
Urlo fino a sentirmi il sangue affluirmi alle guance e il respiro farsi affaticato. Urlo, osservando la città che si staglia davanti ai miei occhi, avvertendo in un attimo la sensazione di trovarmi così in alto.
E mentre lo faccio, avverto il mio corpo e la mia mente spogliarsi di qualsiasi pensiero e preoccupazione, facendo spazio a una forte sensazione di rilassamento. Apro le mie mani che per tutto questo tempo ho tenuto serrate, lasciando che i miei muscoli si distendano e permetto al mio respiro di tornare normale. Una folata di vento mi scompiglia i capelli, facendoli finire ribelli sul mi volto, ma non me ne curo.
A quel punto, mi volto verso di Luca, ruotendo su me stessa e trovandolo a fissarmi con un sorriso soddisfatto in viso, nascosto dalle mani che sta cercando di riscaldare.
Poi, prima che possa rendermene conto, corro a rifugiarmi tra le sue braccia, desiderosa di colmare la distanza che ci ha diviso fino a poco fa.
Mentre lui mi stringe a sé più forte, dimostrandosi tanto protettivo nei miei confronti, mi rendo conto che abbia il bisogno di dimostrargli tutta la mia gratitudine. 
Così alzo lo sguardo per incrociare il suo e "grazie" proferisco, accennando un piccolo sorriso.
Luca appoggia una mano sulla mia guancia, scostando una ciocca di capelli che cerca di infilarsi con insistenza in un occhio e mi sorride in quel modo che è tutto suo. 
"Va meglio, adesso?" si assicura.
Annuisco, abbassando lo sguardo, per nascondere il viso sul suo petto. Respiro il suo profumo, sentendo il bisogno di avvertirlo sempre più vicino.
Luca è qui, e sembra capire sempre come stia e di cosa abbia bisogno. E io, a piccoli passi, imparerò a fidarmi di nuovo di te.
"Non pensavo che sarebbe stato così difficile" gli confido, però, lontana dal suo sguardo. Non è perché abbia paura di mascherare le mie debolezze, so che Luca non mi giudicherebbe mai.
"Nessuno ha detto che sarebbe stato facile, ma questo non significa sia impossibile" replica lui, rimproverandomi bonariamente.
"Sì, lo so..."ritento, a mezza voce, "ma non mi aspettavo tutto questo. Tutto questo odio che sembra circolarmi intorno...è dura..."
"Ehi" Luca appoggia l'indice e il pollice sotto il mio mento, inducendomi a rialzare lo sguardo.
"Via questi brutti pensieri, ok? Devi imparare a lasciarti scivolare addosso queste offese gratuite. La loro è solo invidia, Anita: tu sei una giovane donna che sta costruendo una brillante carriera, per le loro menti bacate è difficile pensare che ti sia guadagnata tutto questo da sola, capisci?" ci tiene a precisare. Devo reprimere uno sguardo ammirato nei suoi confronti, attratta dalla sua capacità di sapere cosa dire.
"Anche Giorgio?" domando, allora, flebilmente, osservandolo dal basso della mia posizione.
Luca, a quel punto, serra la mascella, facendo indurire la sua espressione. Il suo cambiamento repentino di umore mi fa dedurre che anche lui come me teme affrontare questo argomento.
"No, lui non è solo invidioso" replica con voce sottile e assottigliando lo sguardo,
come se fosse pensieroso.
Appoggio una mano sul suo braccio, per incrociare i suoi occhi e non riesco a nascondere un tono allarmato.
"Pensi...pensi sia pericoloso?" gli chiedo, mordendomi il labbro inferiore. Questo pensiero rischia di mettere a repentaglio ogni tentativo di riuscire a stare bene e io ho bisogno, ora più che mai, di rassicurazione.
Luca intuisce che questa situazione possa incrinare il mio stato e addolcisce lo sguardo, aumentando la sua presa su di me. Mi rendo conto che il modo in cui le sue dita scivolino su di me, adesso, non sia affatto casuale.
Rilascio un sospiro.
"No, lui non l'ho ancora inquadrato bene. Ma per il momento cerca di non rimanere sola con lui. Ok?" mi fa presente.
Ma mi rendo conto che non lo stia davvero ascoltando, troppo impegnata a osservare come i nostri corpi in questa stretta sembrano aderire bene. Non so cosa mi stia succedendo, ma il mio sguardo si posa sulle labbra di Luca, che adesso sembra scrutarmi confuso, e immagino come sia averle di nuovo sulle mie. Il cuore impazzisce nel mio petto, facendomi reclamare, stordita, un bacio da parte sua.
Così mi alzo sulle punte, con lo scopo di assolvere il mio desidero ma la presa di Luca sulle mie spalle, mi riporta con i piedi a terra.
Arrossisco come se fossi stata colta in flagrante. Cosa stavo per fare?!
Luca incrocia il mio sguardo, osservandomi con un sorriso malizioso ad arricciargli quelle maledette labbra.
"Anita, hai capito cosa ti ho detto?" mi fa notare, senza nascondere un certo divertimento nella sua voce.
"Sì sì..."annuisco, passandomi una mano sul viso, imbarazzata.
Perché io ho capito cosa mi ha detto, vero?! Oh, mamma, ma cosa mi sta prendendo? Sono consapevole dei miei sentimenti nei suoi confronti, lo sono sempre stata, e perché adesso sembra che io me ne senta sopraffatta senza riuscire a gestirli?.
"E sentiamo" aggiunge lui, lasciando la presa su di me, per portarsi le braccia al petto, scrutandomi con fare superiore e provocatorio. "Cosa stavo dicendo?"
Distolgo lo sguardo dal suo, puntandolo su qualsiasi cosa non riguardi lui.
"Parlavamo di Giorgio, sì parlavamo di lui" affermo, voltandomi nella sua direzione, per sfoderare uno sguardo vittorioso. Sguardo che sono costretta a sopprimere, quando lo noto osservarmi con un cipiglio curioso.
"Sì...ma ricordo di aver detto qualcosa a riguardo...non lo sai o devo pensare che tu non stia prendendo questa cosa seriamente?".
"Forse dovremmo rientrare, credo siamo stati via troppo tempo" ribatto evasiva, accennando a un sorriso ingenuo per mascherare la mia volontà di andare via.
"Anita" mi richiama lui, appoggiando una mano sul mio braccio, con un tono fermo.
"Sono serio quando ti dico che tu debba stare lontano da lui. Vi ho visti l'altro giorno mentre discutevate e, fidati, non è qualcosa che devi sottovalutare".
"Va bene" ammetto, di getto, "starò attenta".
Luca rimane con lo sguardo su di me, come a volersi assicurarsi che io stia dicendo la verità, poi annuisce.
Ma nonostante nemmeno io stia sottovalutando la situazione, saperlo dalla mia parte, rende tutto questo meno preoccupante di quanto sia.
"Andiamo?" mi domanda allora, porgendomi la sua mano.
"Andiamo".
Non ho intenzione di intercorrere nell'ira funesta di Visconti, ancora.

Ma, quando ritorniamo in reparto, fermandoci sulla soglia della stanza dalla quale siamo andati via, avverto tutti i miei presagi palesarsi nella figura del dottor Visconti accanto al letto dove si trova il ragazzino di prima, Mattia.

Il mio superiore ci dà le spalle, impegnato in una curiosa conversazione con il ragazzo.
"...e stavo dì, no? Che c'era sta dottoressa qua, pure carina, oh, vicino a me, ma sembrava in un mondo tutto suo, era bianca bianca, pensavo se stesse a senti' male t' o giuro. Infatti me stavo a preoccupa', poi però è arrivato un tipo alto, tutto impostato che se l'è portata via..."
Tristemente mi rendo conto che i protagonisti, di questo insolito monologo, siamo proprio noi, e questo non fa che rendere le cose ancora peggio di quanto non appaiono.
Anche Luca, al mio fianco, storce il naso davanti a questa situazione.
"Ah, eccoli qua!" esclama Mattia animato, sporgendosi verso di noi, per indicarci sulla soglia.
Il dottor Visconti, allora, si volta nella nostra direzione, facendomi rimpiangere di essere voluta tornare qua.
Lui incrocia i miei occhi, assottigliando lo sguardo, e facendolo alternare prima su di me e poi su Luca al mio fianco, ripetutamente.
Sulle sue labbra si insinua un sorriso sardonico.
"Oh, eccovi qui. Mattia mi stava appunto dando una dettagliatissima descrizione di voi due, dispersi chissà dove" non riesco a fare meno di notare la nota derisoria che assume la sua voce.
Sento che vorrei dire qualcosa per distendere questo clima così ostile che la nostra situazione equivocabile ha creato, ma sono a conoscenza di quanto io possa peggiorare solo la mia situazione.
Così rimango in silenzio, portandomi le braccia dietro la schiena e accettando l'occhiata di rimprovero che sento Visconti stia posando su di me.
"Alfredo, che piacere" ammette Luca, fingendosi terribilmente cordiale nei suoi confronti, ma non posso fare a meno di notare una scintilla di sfida insinuarsi nei suoi occhi.
"È lui il ragazzino per cui mi hai fatto chiamare, giusto?"
Visconti annuisce, guardandolo di sbieco, confuso dal suo aver evitato la sua provocazione.
Così, dopo il suo consenso, Luca riprende a parlare, assottigliando il tono di voce, senza più nascondere una certa irritazione.
"Bene, mi hai chiesto un consulto, no? E io sono qua per svolgere il mio lavoro, quindi, se non ti dispiace..." accompagna le sue parole con un gesto eloquente, indicando la porta dietro di sé.
Mi ritrovo a guardare Luca, in silenzio, trovando il suo modo di asfaltare Visconti così...ammirevole. Composto e impeccabile, come sempre.
Visconti incassa il colpo, incrociando le braccia dietro le spalle, il suo volto adesso lascia trapelare indifferenza, come se non volesse far notare quanto, invece, sia innervosito dall'affronto di Luca. Scommetto non si aspettasse un tale comportamento, eppure vorrei solo poter sorridere vittoriosa, ma non lo faccio.
"Buon lavoro" sputa fuori, con un tono di voce sottile, poi, girando i tacchi, lo sorpassa.
"Dottoressa" mormora nei miei confronti, con un cenno del capo, poi esce, frettolosamente, dalla stanza.
Luca 1- Visconti 0

Non appena il mio tutor va via, sento il clima di astio, creatosi, svanire completamente. E io sono decisa a non permettere che qualcuno o qualcosa, oggi, si intercorra tra me e la serenità che sto cercando di ritrovare.

Mattia, a quel punto, che ha assistito con una certa curiosità allo scambio di battute, si esibisce in un rumoroso fischio di approvazione.
"Ah però, s'è incazzato forte!" esclama concitatamente, aprendosi successivamente in una grossa risata.
Sono costretta a nascondere quanto sia divertita dalla sua affermazione, ritrovando una certa compostezza. Ma chi è questo insolito ragazzino capitato qua? Luca mantiene una certa serietà e mi ritrovo a chiedermi se sia ancora infastidito per il commento di Visconti.
"Allora, Mattia, giusto?" gli domando, inarcando un sopracciglio.
"Esatto" replica lui, lanciandomi un sorriso brillante, facendo così mostra di un apparecchio colorato. "Mattia, per gli amici Matt, ma tu, dottoressa carina, puoi chiamarmi come vuoi".
Accenno un sorriso, osservando questo strano ragazzino biondo e mingherlino. Mattia non dimostra avere più di 14 anni: l'assenza di barba sul suo viso gli dona ancora un'aria acerba, da bambino. Il suo volto esprime un'assolutà vivacità e, improvvisamente, mi ritrovo a chiedermi perché sia qui. Se Visconti ha chiesto aiuto a Luca vuol dire che potrebbe avere anche lui una qualche malfunzione cardiaca? Non voglio nemmeno pensarci, Mattia è così giovane. 
"Mattia andrà benissimo" è la voce di Luca a riportarmi alla realtà. Il suo tono ha assunto un'inclinazione seria, mentre lo osservo rivolgere al ragazzo un'occhiata indagatoria.
Come sei serioso, Luca, non c'è bisogno di essere così scortesi...
"Allora, Mattia, perché sei qua?" torno a rivolgermi al ragazzo, ignorando il commento dell'uomo al mio fianco, utilizzando un tono cordiale, dolce. Mattia si è conquistato la mia simpatia con la sua parlantina frizzante e il marcato accento romano.
Lui torna a rivolgere la sua attenzione su di me, dopo aver fatto una linguaccia a Luca e gonfia il petto, fiero, senza però nascondere una smorfia di dolore.
Cosa gli sarà successo? Forse ha avuto un incidente, eppure il suo viso non ne presenta tracce.
"Ma niente, na rissa a scuola" ammette, sfoderando una certa nonchalance all'argomento "ovviamente le ho date, sia chiaro, quello là non se le scorderà facilmente e botte mie. Solo che però, quando ero distratto, e stavo di spalle, no? M'ha colto a sorpresa e mi ha spintonato a terra. Na cosa da niente, però, lo sapete, no? A scuola se so messi a chiama' l'ambulanza. E quindi, eccomi qua! Per lo meno non so andato da a Preside. Sai che rogna!"
Ascolto la sua confessione con attenzione, rendendomi conto che faccia acqua
da tutte le parti. Mattia ne parla come se fosse esterno alla situazione, quando invece sono sicura che sia più coinvolto di quanto ci faccia pensare.
Poi, deve rendersi conto che abbia dei dubbi a riguardo perché si porta una mano al petto con fare offeso.
"Doc...guarda che questa è tutta apparenza" ammette, tastandosi i muscoli delle braccia gracili e poco allenate. "Ma picchio forte io, eh!" aggiunge, serrando le mani per sferrare dei pugni nell'aria.
Questa volta sia io che Luca ci apriamo in una breve e leggera risata, facendogli abbassare lo sguardo, imbronciato.
"Avanti campione, alza quella maglietta, che ti visito" gli fa presente Luca, sistemandosi lo stetoscopio attorno al collo, con fare professionale.
"Non può farlo la dottoressa?" replica lui, sorridendo beffardamente nella mia direzione.
Luca rotea gli occhi al cielo, in disappunto, e basta questo per fargli intendere che non accetti repliche.
"Mattia, alza questa maglietta, su"
"Ok..."annuisce lui, alla fine, con riluttanza.
Mi rendo conto che abbia, però, bisogno di aiuto e, quindi, mi premuro di dargli una mano, alzando la sua maglietta all'altezza delle spalle, in modo tale che Luca possa visitarlo. Mattia si ritrova a gongolare soddisfatto in direzione del mio collega.
La questione però assume presto una sfumatura tutt'altro che divertente quando, alzando la sua maglia, ci accorgiamo che la sua schiena e non solo siano ricoperti da lividi.
Sussulto lievemente alla loro vista, senza riuscire a nascondere una certa preoccupazione.
"Luca..." gli sussurro, voltandomi nella sua direzione, scoprendolo a fissare alcuni lividi che sembrano in fase di guarigione. Il suo viso è contratto in uno sguardo accorato e attento.
Troppe domande cominciano ad affollarsi nella mia mente: cosa subisce questo ragazzino? Cosa gli è successo? Non oso nemmeno immaginare cosa sia costretto a sopportare. E poi, soprattutto, chi gli ha procurato quelle ferite che sembrano ricoprire il suo corpo, ha avuto "l'accortezza" di colpire in posti nascosti, in modo tale che nessuno se ne accorga...
"Mattia..." lo richiama Luca, rivolgendosi a lui, con un tono di voce calmo e confidenziale, "come te li sei fatti questi?"
"Ve l'ho detto!" sbuffa lui, risentito, sfuggendo al tocco di Luca. "Na rissa! Le ho date, sì, ma ovviamente le ho anche prese"
Ma mi rendo conto, mentre ispeziono la gravità dei lividi, che alcuni siano già in fase di guarigione per essere recenti come dice.
Cosa ci nascondi, Mattia?
Lui a quel punto geme di dolore, quando per sbaglio tocco un punto estremamente dolente, contorcendosi sotto le mie mani.
"Da quando tempo le prendi, Mattia?" indaga Luca, fissandolo, adesso, in modo serioso. "Perché ho motivo di pensare che questa rissa, come la chiami tu, non sia un caso isolato".
"Scusa..."ammetto, a bassa voce, "non volevo farti del male".
Mattia, allora, ignora completamente la domanda posta da Luca e torna a rivolgersi a me, mettendo su un'espressione da vero latin lover.
"Tranquilla, doc, tu puoi toccarmi quanto e dove vuoi..." proferisce in un'occhiolino sfacciato. Che sbruffone...
"Seh..."borbotta Luca a mezza voce, avvicinandosi per appoggiare lo stetoscopio al suo petto. Geloso, Luchino?
"Che c'è, sei geloso?"replica il piccoletto in tono di sfida, inarcando un sopracciglio, "non è mica la ragazza tua!"
Luca lo guarda di sbieco, assottigliando lo sguardo e serrando le labbra in una linea dura. "O sì?" ritenta Mattia, facendosi, allora, piccolo, piccolo, sotto la sua occhiata indagatoria.
"Okok" sbuffo, cercando di riportare la calma e l'attenzione sul vero problema del momento. "Non so tra i due chi sia il più bambino, adesso".
"Allora, Mattia, vuoi dirci cosa ti è successo?"
Lui, però, ancora una volta si dimostra essere reticente nel rispondermi. Nel frattempo, Luca prende a visitarlo, scrupolosamente, ascoltando i battiti del suo cuore; assottiglia lo sguardo, corrucciando la fronte; gli chiede poi di fare un respiro profondo, e Mattia segue alla lettera qualsiasi sua istruzione.
"Non sei di qua, vero, Matt?" gli domando allora, facendomi spazio accanto al suo letto. Se riuscissi a instaurare con lui una certa confidenza, forse questo lo farà sentire sicuro di parlare.
"Si sente tanto, eh? So romano de Roma, io...a Magica Roma" ammette lui con un sorriso orgoglioso ad arricciargli le labbra sottili.
Ricambio il suo sorriso, accarezzandogli con premura il capo e scompigliandogli i capelli.
"Non ci avrei scommesso" gli faccio presente, divertita. "È da molto che sei qui o ti sei trasferito da poco?"
Mattia assottiglia lo sguardo, osservandomi con fare sospettoso. Sta cercando di capire quale sia il mio intento.
"Qualche mese, il lavoro di mio padre" ammette in un borbottio sommesso.
"Ecco fatto" proferisce Luca, risoluto, riabbassandogli la maglietta e aiutandolo ad appoggiarsi allo schienale del letto.
"Sto bene?"gli domanda allora lui, abbassando lo sguardo.
"Certo, sei in ottima salute" replica Luca, appoggiando una mano sulla sua spalla. Solo quando Mattia rialza lo sguardo, si premura di accennare un sorriso nella sua direzione. Forse si è reso conto che sia stato troppo duro nei suoi confronti. D'altronde è solo un ragazzino.
"Perfetto" ribatto, "questo vuol dire che presto tornerai a casa!"
Al contrario di quello che pensavo, però, Mattia  non ne sembra molto entusiasta perché storce la bocca in una smorfia.
"Che felicità..."
"Non sei contento?" indago, dubbiosa "non ti sei ambientato bene per caso?"
Luca appoggia una mano sul mio braccio, intuendo quale sia il mio scopo e la sua azione sembra stare lì a dirmi che le domande possano bastare, al momento. Eppure avverto un forte senso di sapere cosa stia succedendo.
"Calma, calma doc, quante domande, manco mi padre durante gli interrogatori sua..." replica Mattia, ridendo divertito.
Interrogatori? Che sia un poliziotto?
Accenno a un sorriso, desolata, e aspetto che sia Luca a prendere parola, lasciando a lui il compito di gestire questa questione. Lui mantiene la calma, come sempre, dimostrandosi attento e scrupoloso, ma allo stesso tempo, non invadente.
"Noi adesso andiamo via, ci hanno detto che i tuoi stanno per arrivare. Ci parlerò io...ma non gli dirò niente di quello che ho visto. A patto che sia tu a farlo"
"Perché i tuoi non sanno di tutto questo, giusto?"mi intrometto, non resistendo, però, alla mia curiosità. "Non sanno che sei vittima di atti di bullismo, giusto? Perché è di questo che si tratta, no?"
"Anita..."
"NO!" ribatte, allora, Mattia, incrociando le braccia al petto, infastidito. Il suo negare è esso stesso la risposta ai miei dubbi.
"Andiamo" ripete Luca, portandomi via dalla stanza, con una certa urgenza. Non mi sfugge però, prima che io esca, come Mattia abbassi lo sguardo, dispiaciuto.

Non posso rimanere indifferente

Luca sbuffa un sorriso quando siamo in corridoio.

"Sei incredibile, lo sai?" ammette, voltandosi nella mia direzione. "Proprio non riesci a farne a meno"
Ricambio il suo sguardo di me, scrutandolo con una certa confusione e con un lieve broncio per avermi portato via dalla stanza.
"Di fare cosa?" gli domando, allora, inarcando un sopracciglio. Poi, colta come da un'illuminazione, porto le mani alte, davanti a me, facendo scemare qualsiasi risposta da parte sua.
"No! Non dirlo...non dirmi che non devo affezionarmi" gli faccio notare in disappunto.
Luca, dall'alto della sua posizione, trattiene un labbro tra i denti, cercando di frenare una risata alle mie parole, mentre scuote il capo.
Lo osservo a mia volta; lui composto, con le mani dietro la schiena e i suoi occhi che sembrano inchiodarmi sul posto.
"Anita..." cantilena, "intendevo che proprio non riesci a fare a meno di aiutare gli altri" aggiunge, divertito.
"Oh..." sussurro, abbassando lo sguardo, sentendomi improvvisamente sciocca per la mia affermazione. "E trovi sia un difetto?" domando, però, armandomi di una giusta dose di curiosità.
Luca rimane a lungo con lo sguardo su di me, sfoderando un sorriso che direi sia a dir poco tenero.
"No, penso sia il tuo miglior pregio" ammette, candidamente, avvicinandosi per darmi un buffetto scherzoso sulla guancia.
"Ahia!" mi imbroncio, portandomi una mano a massaggiarmi il viso, nonostante non mi faccia assolutamente male.
Ma Luca si è già allontanato da me, ridendo divertito, e lasciandomi a fare i conti con il cuore che mi batte troppo forte.
E io, a piccoli passi, imparerò a fidarmi di nuovo di te.

La prima ad arrivare è la madre di Mattia. Quando la vedo, mi rendo conto che da lei il ragazzo abbia preso i capelli biondi e la corporatura smilza. Suo padre, come avevo ipotizzato, è un commissario di polizia e si sono trasferiti qui esattamente tre mesi fa per la sua promozione. Immagino che non sia presente perché oberato di lavoro, ma la signora Donati ci spiega che arriverà il prima possibile. Sul suo volto sono evidenti forti tracce di preoccupazione; respira affannosamente mentre ci comunica che sia stata avvertita dalla scuola riguardo all'incidente che suo figlio sembra aver subito. Sembra, però, all'oscuro di quello che davvero sia successo e che accada continuamente. Luca è il primo a prendere parola, comunicandole di un soffio benigno al cuore, di cui però lei è a conoscenza, poi quando segue lui e Visconti nello studio di quest'ultimo, penso che questo sia il momento migliore per agire.

Mi appoggio allo stipite della porta, incrociando le braccia al petto, rendendomi spettatrice di questo momento di solitudine di Mattia. Io lo osservo, con lo sguardo assorto e perso, diretto alla finestra, e mi sembra di rivederci Lucia. La mia piccola Lucia.
"Ciao..." proferisco, entrando nella sua stanza, di nuovo. Approfitterò di questo momento da sola con lui per fare due chiacchiere. 
Ho assolutamente bisogno di vederci chiaro sulla questione, ma devo farlo a piccoli passi, facendo in modo che Mattia impari a fidarsi di me.
Perché io prima di essere un medico, sono una persona; una persona che ama prodigarsi per gli altri e che si sente profondamente in pace con se stessa quando nel suo piccolo cerca di aiutare chi sia in difficoltà.
"Ehi, doc" replica lui, accennando un sorriso impertinente, voltandosi nella mia direzione. Ha ritrovato ogni stralcio di vitalità. "Proprio non me sai sta lontana, eh?"
Mi porto una mano alle labbra, per nascondere l'accenno di sorriso che vuole affiorare alle sue parole.
"Non sei un po' troppo piccolo per farmi la corte?" gli faccio notare, poi, incarcando un sopracciglio.
Mattia incrocia le braccia al petto, mettendo su un'espressione altera. "Chi l'ha detto?"
Ridacchio, prendendo posto al suo fianco. "Se avessi almeno una ventina di anni in più..." aggiungo con una linguaccia.
Mattia abbassa, allora, lo sguardo, portandosi una mano a massaggiarsi la nuca, improvvisamente rattristato.
"Ho capito" ammette, a mezza bocca, arricciando le labbra in una smorfia, subito dopo. "Non ti interesso perché stai con il dottorino".
Accenno a un sorriso, intenerita davanti alle sue parole. "Nono, non è il mio fidanzato..."replico, abbassando lo sguardo alle mie mani.
"Ah-ah!" esclama lui,"però ti piace! E a vede' come te sta sotto, piaci pure tu a lui!" insinua, improvvisamente animato da una certa curiosità.
"Ma smettila" gli faccio presente, rimproverandolo bonariamente e colpendolo su un ginocchio.
"Ahia, doc!" si lamenta, aprendosi in una linguaccia. "Non essere manesca...ho fatto solo una constatazione".
"Se, se, tu la sai lunga..."sbuffo in un sorriso.
Poi mi rendo conto che la nostra conversazione stia per prendere una piega più seria quando Mattia incrocia il mio sguardo, e sembra indugiare sul volermi dire o chiedere qualcosa.
Fino all'ultimo momento spero che stia per confessarmi cosa lo preoccupi, e lo incoraggio con lo sguardo a parlarmi.
Ma lui rotea gli occhi al cielo, reprimendo un sbuffo, come se si sentisse tormentato da un brutto pensiero, poi prende a parlare.
"Senti, doc, ma che c'avevi prima...sembrava che stessi male..." mi chiede.
La sua domanda, improvvisa e quasi sussurrata, mi coglie alla sprovvista. Non mi aspettavo che la nostra conversazione potesse ricadere su qualcosa che riguardasse me, soprattutto quando ero venuta qui con l'intenzione di farlo sfogare.
Ma decido di essere sincera, mettermi alla pari con lui.
"Vedi..."ammetto, arricciando le labbra in un sorriso triste, "questa stanza, fino a qualche settimana fa, era di una bambina che mi stava molto a cuore. Lei stava proprio qui, in questo letto dove sei ora tu".
Mattia sussulta lievemente, senza nascondere un guizzo di preoccupazione. "E adesso dov'è?" domanda frettolosamente.
Accarezzo alcune pieghe del lenzuolo, continuando a parlare; ho bisogno di concentrarmi su qualcosa pur di non vacillare.
"È uscita dall'ospedale, è guarita, finalmente..."ammetto, atona.
Mattia inarca un sopracciglio, senza ben capire perché ci stia così male.
"Senti, doc, ma se lei sta bene, tu perché sei così triste?" domanda, infatti.
Prendo un respiro profondo prima di continuare,mentre  Mattia sembra osservarmi, in attesa di una risposta.
"Vedi, Matt, sento di non essere riuscita ad aiutarla come meritava, e lei adesso non è più qui, ma forse io posso aiutare qualcun'altro..."
Nel frattempo, mi sono sporta verso di lui, cercando di infondere a questo ragazzino la giusta dose di vicinanza.
"Mattia..."gli sussurro, accarezzandogli con premura un braccio. "Se tu me lo permetti, io posso aiutarti..."
Lui si ritrae sotto il mio tocco, dimostrandomi il suo rifiuto. Quando pensavo sarebbe stato più facile, mi sbagliavo. La verità è che sono sempre stata abituata a relazionarmi con Lucia, lei non ha mai opposto resistenza nei miei confronti, bensì si è fidata di me.
Ma Mattia non è Lucia...
Poi, abbassando lo sguardo, lui prende a torturarsi le mani, giocherellando con le dita e, senza che me ne renda conto, comincia a parlare.
"Io non ce volevo manco veni' qua: abbiamo dovuto lascia' tutto per il lavoro di papà, e quando m'hanno detto saremmo partiti, mi sono chiesto se non fosse uno scherzo. Poi mamma è venuta da me, m'ha promesso che sarebbe andato tutto bene e io ci ho creduto. Che cazzata!" ammette, senza nascondere un velo di risentimento nella sua voce. Osservo i suoi pugni chiudersi alle sue parole, come se stesse cercando di trattenere il turbinio di emozioni di cui avverto pervaderlo. Tristezza, rabbia, frustrazione....
"Quando ho iniziato la scuola, so cominciati i problemi miei. Non m'hanno mai accettato, e io mi sono chiesto sempre il perché. Non gli avevo fatto niente, ma sembrava che loro c'avessero tanti motivi per odiarmi, poi ho capito che fosse cattiveria gratuita...." aggiunge, fiocamente.
"Mattia" lo richiamo, allora, ferma nelle mie convinzioni "tu devi parlare, devi dirlo ai tuoi, devono sapere cosa ti succede, loro possono aiutarti..."
Lui assottiglia lo sguardo, indurendo la sua espressione: "Tu non capisci, doc. Se io parlo, quelli mi renderanno la vita un inferno, più di quanto facciano. Non cambierebbe niente...nemmeno i professori riescono a debellarli, figuriamoci..."
E mentre lui me ne parla, mi viene da pensare che sia davvero bravo a nascondere cosa si porti dentro se i suoi genitori non si sono accorti mai di niente. Sono molto sensibile all'argomento e se c'è una cosa che davvero mi fa arrabbiare è che qualcuno se la prende con cui è debole e indifeso. Lui pensa che io non possa capire, ma si sbaglia di grosso. Nonostante durante il mio percorso scolastisco non sia stata vittima di atti di bullismo, alle medie sono stata testimone di quanto i ragazzini  possano essere subdoli e cattivi. Fare gruppo contro qualcuno che non è capace di ribellarsi è quanto di più meschino ci sia. La malcapitata in quel caso era stata una mia compagna di classe; una ragazzina dalla corporatura smilza, piccola e indifesa. Nonostante non si fossero mai spinti a farle male fisico, erano arrivati ad annientarla psicologicamente. Qualsiasi cosa lei dicesse o facesse, era per loro pretesto di offesa, così come i suoi difetti fisici, diventavano un motivo per schernirla. E così la insultavano per i suoi piedi piatti, i denti accavallati, il lieve strabismo di cui lei soffriva...
L'avevo vista entrare a scuola come se fosse ogni volta una condannata a morte, l'avevo vista piangere disperata e stanca, l'avevo consolata, stringendola tra le mie braccia, e non ci avevo pensato nemmeno un minuto a schierarmi dalla sua parte. Mi ero sempre messa dalla parte dei deboli e continuo a farlo tutt'ora. Così, in un contesto in cui sembrava che i nostri professori fossero sordi alla situazione, l'avevo difesa da quelle discrimanti parole e a quel punto anche noi, la parte sana della classe, avevamo fatto gruppo, vestendoci di una saggia motivazione e schermandola da qualsiasi cosa volessero farle. A poco, poco,  le offese nei suoi confronti erano scemate, fino a cessare, definitivamente.

"No, Mattia, ti sbagli. La tua famiglia deve sapere cosa sei costretto a subire, nessuno deve sopportare tutto ciò. Tu non sei solo, Mattia, ci sono tanti ragazzini che, come te, ogni giorno combattono contro qualcosa di troppo grande da affrontare. Se tu parlassi, aiuteresti non solo te stesso, ma qualsiasi altra persona sia vittima di bullismo. Tu devi farlo, Matt, hai capito? E poi, tuo padre è un commissario, sono sicuro che lui..."
Mattia mi interrompe bruscamente, arricciando le sue labbra in un sorriso irrisorio."Mio padre? Tu non lo conosci, mio padre. Lui è tanto e sensibile e bravo ad aiutare gli altri nel suo lavoro, ma quando si tratta di aiutare me..."
"Matt..."ritento, richiamandolo con un tono dolce di voce.
Lui incrocia il mio sguardo, contraendo il viso in una smorfia, triste. "No, dottoressa, lascia parlare me. Non c'è niente che tu possa fare, nessuno può fare niente. Ma va bene così, alla fine ci si rassegna a tutto; ti rassegni a sta' in silenzio e sopporti, ti rassegni pure a torna' un giorno sì e l'altro pure a torna' a casa pieno di botte..."
La rassegnazione di cui lui parla riesco a sentirla nella sua voce, adesso fioca e spoglia di qualsiasi tono, nei suoi gesti, con le spalle curve, lo sguardo basso. La rassegnazione è qualcosa che non avevo messo in conto, così come che lui fosse così sordo ad accettare e chiedere aiuto, e io sento ad ogni sua parola, il mio cuore stringersi in una morsa.
Non può finire così.
Un infermiere, però, arriva nella stanza, spingendo una sedia a rotelle e Mattia rialza lo sguardo, scrutandolo dubbioso.
"Buongiorno" esordisce l'uomo, arrivando accanto al suo letto. "Avanti, piccoletto, salta su che ti porto a fare un giro..." ammette, ridacchiando.
"Oh!" esclama lui, spalancando le braccia. "Finalmente uno che mi porti fuori di qui".
Poi, con un balzo, prende posto sulla sedia a rotelle, ostentando un certo sguardo fiero.
Questa volta non riesco a farmi coinvolgere nella sua ilarità, arriccio le labbra in disappunto.
"Allora, dove mi porti?" domanda, rivolgendogli un sorriso cheto.
L'infermiere sbuffa una risata, afferrando i manici della sedia per spingerla.
"Andiamo va, che ti porto a fare una tac" replica, sghignazzando.
"Ma nooo" sbuffa lui, imbronciandosi e incrociando le braccia al petto.
"Mattia" lo richiamo, quando ormai sono sulla soglia della porta.
Sia lui che l'infermiere si voltano nella mia direzione, incitandomi con lo sguardo a parlare.
"Pensaci, ok?" gli faccio presente, prima che lascino la stanza.
Lui abbassa lo sguardo, borbottando un ok sommesso, ma che mi fa ancora sperare possa seguire il mio consiglio.
Ma io non mi arrenderò, perché, oggi, ho riscoperto più che mai perché avessi deciso di intraprendere questo lavoro e, forse mi dico, aiutare Mattia sarà una buona motivazione per andare avanti.

La mia giornata, poi, trascorre senza troppi intoppi; tutto procede nella più totale tranquillità, ma non posso ugualmente permettermi di abbassare la guardia.

Prima di lasciare l'ospedale, però, avverto il bisogno di mandare un messaggio a Nicola: da quel giorno a casa mia, non ho più avuto sue notizie e sento che devo chiarire con lui. Abbiamo da poco recuperato il nostro rapporto e non voglio che qualcosa lo comprometta; così gli scrivo di vederci a casa mia, nella speranza che mi risponda.
Mi infilo, così, tra le porte dell'ascensore, lasciandomi questa ennesima giornata alle spalle e con lo sguardo concentrato al cellulare, controllando che il mio amico abbia risposto.
Sono completamente distratta, mentre apro e chiudo la nostra conversazione, infatti, quando Luca mi posa una mano sulle spalle, sussulto spaventata.
"Caspita, adesso ti faccio anche paura" ammette lui, ridacchiando, e appoggiandosi alla parete dietro di sé. Le porte davanti a noi si chiudono, producendo un sonoro bip.

Lancio allora uno sguardo confuso al cellulare; Nic ha visualizzato ma non risposto, e poi a lui, sospirando.

"Oh...nono, ero solo distratta" ammetto, accennando a un sorriso e portandomi una mano dietro la nuca. Luca incrocia il mio sguardo, abbassandolo poi all'apparecchio tra le mie mani, scrutandolo con fare interrogativo.
Sùbito dopo il telefono finisce sotterrato nella borsa e rivolgo tutta la mia attenzione a lui. Lo osservo piggiare il tasto del piano terra dietro di lui e tornare a voltarsi nella mia direzione.
"Ho saputo che sei stata da quel ragazzino, di nuovo..."proferisce con uno sguardo indagatore.
"Sì" ammetto, ostentando una certa sicurezza, "non potevo starmene con le mani in mano..."
Sicurezza che rischia, però, di vacillare quando mi accorgo che Luca non abbia distolto lo sguardo da me neanche un attimo. I suoi occhi sembrano volermi scavare anche l'anima. È un attimo prima che me lo ritrovi vicino, fin troppo. Avverto il suo respiro planarmi addosso.
"Bene..."mi sussurra.
"Bene?" gli domando, osservandolo dal basso della mia posizione, confusa. 
Luca sbuffa una risata, bassa e roca, poggiando una mano dietro la mia schiena per avvicinarmi a sé. Per la sorpresa del suo gesto, la borsa scivola a terra e la osservo cadere, preoccupata che il contenuto si possa rovesciare, ma non succede.
Così, quando avverto la sua presa di entrambi le mani di Luca sui miei fianchi, mi impongo di alzare lo sguardo. Cosa sta per succedere?
Non riesco a fare a meno di pensare che lui sia così vicino a me e che se solo io mi avvicinassi, potrei quasi baciarlo...
Luca incrocia il mio sguardo e sembra quasi sorpreso dalla mia reticenza, così ci pensa lui a sporgersi verso di me.
"Se non fosse un ragazzino, potrei seriamente essere geloso di lui" proferisce a mezza bocca, arricciando le labbra in un sorriso divertito.
"Luca..." lo ammonisco, bonariamente, colpendolo a una spalla.
Così, lui, fingendosi infastidito dal mio gesto, si avvicina ancora di più, fino a fare in modo che per sfuggirli, tocchi la parete dietro di me. Non ho modo di rendermi conto di cosa succeda dopo, perché è tutto così veloce e ne prendo consapevolezza solo in un secondo momento. Luca appoggia una mano sulla mia guancia destra, disegnando su di essa cerchi immaginari con il pollice. Sembra tracciare un percorso che scenda verso le mie labbra che lui lascia sfiorare brevemente con le sue. Lasciandomi, così, con l'insoddisfazione di un bacio mancato.
"A domani..."mi sussurra, quando ormai le porte dell'ascensore, dietro di noi, si sono riaperte.
"A-a domani" replico, cercando di regolarizzare il mio battito. La sua frase ha il sapore di una promessa.
E io, a piccoli passi, imparerò a fidarmi di nuovo di te.

Arrivo a casa, frastornata e ancora trasognante. Non sono sicura che sia normale io reagisca così a quello che è stato un solo sfiorarsi. Ma ho detto che avrei voluto vivermi le cose così come veniva, giusto? Giusto.
Così, con la testa ancora altrove, mai mi aspetto che Nicola abbia potuto rispondere al mio messaggio. Ritrovarlo fuori casa mia, quindi, è una sorpresa, piacevole sì, ma una sorpresa.
"Nic..."gli sussurro, avvicinandomi per abbracciarlo, ma mai mi sarei aspettata che lui mi respingesse. Avevo previsto che potesse essere arrabbiato, ma questo, adesso? Mi sento così confusa, come se fossimo di nuovo punto e capo. Nicola è qua, accanto a me, ma avverto che sia lontano anni luce.
"Nicola, che succede?" gli domando, facendo un passo indietro e inarcando un sopracciglio. Poi, alzo una mano nella sua direzione, puntandogli un dito contro, insospettita.
"No, non dirlo. Sei arrabbiato!".
Nicola mi fissa dal basso, portando le mani nelle tasche del suo cappotto, poi, improvvisamente, rilascia un sospiro, con gli occhi tristi.
"No, Anita. Anche se penso dovrei esserlo dopo quello che è successo. Non credi?" mi fa presente, con un tono stanco.
E io lo guardo e mi rendo conto che per questo tempo abbia pensato a me, senza accorgermi di quanto il mio comportamento potesse fare del male
a chi mi sta intorno.
"Quindi non lo sei, arrabbiato dico?"gli domando, sporgendomi nella sua direzione, speranzosa.
Nicola, allora, rialza lo sguardo, inchiodandomi sul posto.
"Sono dovuto andare da Luca per sapere cosa ti stesse succedendo" proferisce, scuotendo il capo, confuso.
E, mentre lo osservo, un brutto presentimento comincia a farsi spazio nella mia mente.
No, no, no, no...
"Nicola, non sarai mica geloso, perché io te l'ho detto...
"No!" mi interrompe lui, guardandomi allibito, quasi offeso dalla mia insinuazione. Ma dopo le sue parole, è giusto che mi si venga concesso il beneficio del dubbio. "Io non sono geloso di te, Anita" il suo tono assume una sfumatura aspra.
"Okok" borbotto in segno di resa, cercando di trattenere un certo sollievo "ma allora dimmi, cosa c'è? Io avrò sbagliato a tenermi tutto dentro, ma avevo bisogno di assimilare questa cosa. Lo capisci? E per questo non credo di meritarmi la tua indifferenza"
Nicola lascia dondolare i talloni, arricciando la bocca in una smorfia. Poi sulle sue labbra si insinua un sorriso amaro e triste.
"Anita, tu sei cambiata. È vero, siamo stati lontani molto mesi, ma quando sono tornato mai mi aspettavo di trovarti così. Questa non sei più tu, Anita, almeno non quella che conoscevo io. Ti tieni tutto dentro, fai finta che non sia successo niente, eviti i problemi, chiudendoti in questa tua bolla, non dici niente a nessuno. Sono cambiate tante cose, è vero, ma noi non ci siamo mai nascosti nulla, e io non sono sicuro che potrà essere più lo stesso tra noi..."
Sul mio viso, alle sue parole, si susseguono molteplici emozioni, dalla confusione allo sbigottimento, dalla tristezza al risentimento.
"Nicola" ribatto, animata da una certa incomprensione. "Sei stato tu ad andartene e tu a tornare, io non capisco davvero cosa tu stia cercando di dirmi."
Nicola sbuffa, scuotendo il capo.
"Guarda, Anita, lascia stare, forse non sarei nemmeno dovuto venire. È meglio che vada, non voglio litigare con te..."
È insicurezza quella che leggo nei suoi occhi e lasciando trapelare le sue parole? Improvvisamente capisco: si sente escluso?
"Nic..." lo richiamo, allora, addolcendo il mio tono di voce. Lui si volta verso di me, dandomi la possibilità di avvicinarmi a lui. Gli appoggio una mano sul braccio, come a volermi aggrappare alla possibilità di non vederlo andare via.
"Nicola, io sono sempre la stessa, ehi, mi vedi. Guardami!" mi prendo un momento per indicarmi e fargli una smorfia che lo fa aprire in una breve risata. "Sono sempre io, Anita, la tua migliore amica, quella pesantona, piena di complessi, un po' pazzarella ma terribilmente dolce..."
"E che va ancora indietro a quel pallone gonfiato di Luca" termina lui per me, ridacchiando e scimmiottando la mia voce.

"Giusto" ribatto, colpendolo con un buffetto al petto. Nicola si finge addolorato aprendosi in una smorfia melodrammatica. "E tu devi continuare a prendermi in giro per questo e a farmi notare che sia proprio una tonta se gli sto ancora dietro. Ok?".
Lui annuisce anche se sul suo viso è affiorata un'espressione malinconica. Così, quando insinua una mano tra i miei capelli, mi stringo a lui a dimostrargli la mia vicinanza.
"Credo che sia cambiato anche questo, sai?" ammette in un sussurro, stringendomi di più a sé, come se ne avesse bisogno. "Non posso manco prenderlo in giro più quello str..., quel simpaticone di Luca, perché penso proprio che tu non gli sia indifferente a quello lì!".
Rialzo lo sguardo, per puntarlo nel suo, accennando un sorriso.
"Ok, ma tu puoi continuare a prendermi in giro per tante cose. Perché tu sei il mio migliore amico e tra noi è sempre stato così. Va bene?" gli chiedo come a conferma.
Nicola sembra tentennare, poi il suo sguardo ritorna su di me e sbuffa, arrendendosi. "Va bene" ammette.
E io mi sento improvvisamente felice.

Stasera ho compreso una cosa: non ho più intenzione di tenermi tutto dentro, perché io, da adesso, voglio ricominciare.

ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno e ben trovati! 
Ci ho messo un po' a scrivere questo capitolo, pardon, ma capitemi, la sessione invernale ha assorbito qualsiasi  mio stralcio di tempo. Ma com'è che si dice? Prima il dovere e poi il piacere😉😊 quindi, libera da esami, ho trovato il tempo di apportare la parola fine a questo capitolo. Mi auguro non risulti troppo lungo e pesante da leggere, ma non mi è sembrato giusto dividerlo. È un capitolo importante perché segna un grande passaggio nella vita di Anita. Da oggi lei sente che le cose cambieranno.
Poi, per quanto riguarda la storia di Mattia. Ci ho tenuto particolarmente a inserire un tema così attuale e ahimè, difficile da debellare quale è il bullismo. Un tema a cui sono molto sensibile. Se ne sente parlare sempre di più, i casi aumentano e sappiamo tutti a cosa ci si può andare incontro se non si è aiutati, no?L'annientamento fisico e psicologico è secondo me la cosa più brutta che qualcuno sia costretto a sopportare. Purtroppo, l'esperienza a cui Anita ha fatto riferimento è verissima. La ragazzina di cui lei parla era una mia compagna di classe con cui ho instaurato un bellissimo rapporto di amicizia che continua tutt'ora e io mi sono sempre prodigata per aiutarla. Mi sono dovuta sorbire le offese di quei bulletti lì solo perché ero dalla sua parte. Ma io non potevo rimanere indifferente, nessuno dovrebbe! Nel suo caso, per fortuna, lei ha potuto contare sul nostro aiuto e quello della sua famiglia, ma non è facile, lo so benissimo. E non dico questo per vanto, ma perché sono sicura che, come è successo a noi tutti, se si è uniti, per una buona causa, si può davvero fare la differenza.
Bene, chiusa parentesi, il personaggio di Mattia, è stato introdotto anche per un altro motivo, abbastanza importante ai fini della storia: ho messo in contrapposizione la sua figura con quella di Lucia e come avete potuto leggere, Anita sembra aver trovato in lui una buona motivazione per andare avanti.
E, detto questo, prima che le note possano diventare più lunghe del capitolo stesso, vi saluto. Ringrazio voi tutti per tutto il supporto che continuate a dimostrarmi e vi do appuntamento alla prossima.
Ricordo per chi non l'avesse ancora fatto e sia curioso di leggere. Sul mio profilo trovate una one-shot incentrata su Carlotta e Federico. Qui il link, nel caso voleste dare uno sguardo:Una scommessa d'amore
Un abbraccio❤





  
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