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Autore: rainbowdasharp    22/02/2019    0 recensioni
Per ogni passo, piccolo o grande, compiuto, Haruka non è mai stato veramente solo.
Soprattutto in acqua.
[Rin/Haruka] [soulmate!AU]
La raccolta partecipa al contest "Un Fiume di Soulmate!AU" indetto da rhys89 sul Forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Rin Matsuoka
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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rinharu model

Nella corsia accanto, sempre




atto III: acqua, per cambiare

«Ehi, Haru. Non hai provato anche tu qualcosa, durante quella gara... ?»

Quanti cambiamenti avrebbe ancora dovuto affrontare, pur di non lasciare andare quella sensazione?

C'era voluto del tempo, affinché capisse. Rin Matsuoka aveva invaso la sua vita con la furia di un maremoto, lasciandolo irrimediabilmente diverso; il suo ricordo, le sue parole avevano eroso granello dopo granello tutto ciò che Haruka credeva di volere – anzi, addirittura di essere. E quel viaggio in Australia, improvvisato, ne era solo l'ennesima conferma. Quel letto che entrambi avevano accettato di condividere, per quella notte, una firma su un patto già stipulato anni prima.

Rin sapeva parlare con il tono calmo dello scorrere dei ruscelli di montagna; era un mormorio continuo, pieno della nuova vita che Haruka aveva cominciato inconsapevolmente a desiderare. Ma non era successo durante quell'episodio in particolare a cui Rin si riferiva, risalente a pochi mesi prima, no; da anni, Haruka non faceva altro che nuotare, sempre più veloce, sempre più spesso, per raggiungere l'unico traguardo che davvero contava. E quel traguardo era...

«Rin» lo interruppe, ad un certo punto, voltandosi lentamente sul fianco, verso di lui; quella distanza ormai quasi nulla, tra loro, venne definitivamente spazzata via quando la mano di Haruka sfiorò quella del rosso con cautela, ma con lo stesso disperato bisogno che aveva avvertito quella volta da bambini, in piscina, chissà quanti anni prima. Se per Rin rompere le barriere era facile, quasi naturale, per Haruka quel gesto era il risultato di mesi di pensieri, di ricordi, di speranze. «Hai mai visto l'Acqua?»

La domanda poteva sembrare illogica ed incomprensibile, persino a chi conosceva Haruka e il suo modo diretto (persino troppo, quasi da risultare stralunato) di esprimersi. Eppure, non era quello il caso – non stavolta: perché era certo che solo Rin potesse comprendere quello di cui stavano parlando e ne ebbe la conferma quando l'altro quasi sussultò per poi girarsi verso di lui ed incontrare il suo sguardo, evidentemente colto alla sprovvista.

Scintillarono negli occhi di entrambi le espressioni di quegli anni passati ad inseguire, disperatamente, quella che a tutti gli effetti si sarebbe potuta considerare una musa del nuoto: una figura sfuggente ma costantemente presente per guidarli, per spingerli ad andare più veloce, per costringerli a non mollare.

«... Che razza di—domanda è?» riuscì infine a soffiare Rin, sempre sulla difensiva quando si trattava di sentimenti; eppure, Haruka sentiva solo l'agitarsi lieve delle onde. «Vedo l'acqua tutti i giorni». Distolse lo sguardo, lo indirizzò verso le ventole sul soffitto, che a fatica davano un po' di refrigerio alla stanza e poi rimase in silenzio, quasi colpevole.

«Sai a cosa mi riferisco» insistette dunque il moro, testardo abbastanza da proseguire e stringere ancora la mano di Rin che, consapevole quanto poco convincenti suonassero i tentativi di fuggire dalla domanda, non riusciva a sottrarsi da quel contatto.

Il silenzio che ne seguì parve essere a malapena scalfito dagli sporadici suoni della notte di Sidney, i quali si potevano udire dalle strade attorno all'albergo dove soggiornavano: rumori di clacson, risate allegre, voci che parlavano in inglese.

All'improvviso, Rin si sollevò a sedere, la canottiera nera stropicciata a causa dello stare disteso; Haruka lo vide portarsi la mano libera sul volto, di fronte agli occhi e, persino nel semi-buio della stanza, ebbe la sensazione che fosse rosso in volto.

«Non so se è la stessa cosa» ammise, infine, ancora incapace di guardarlo. «Mi è capitato di... vedere qualcosa mentre nuotavo. Qualche volta».

«Qualcosa» gli fece eco Haruka, così da costringerlo a continuare, sollecitandolo a lasciarsi andare. Rin, che da bambino non riusciva mai a tenere la bocca chiusa, adesso sembrava avere difficoltà nell'aprirsi, nel confessare un segreto che, in realtà, Haruka conosceva già.

«Quando abbiamo gareggiato la prima volta» mormorò il rosso, a voce bassa e con fretta, quasi volesse evitare che l'altro capisse. «Sapevo che c'era un altro bambino come me nella corsia accanto, eppure... ho avuto la sensazione che fosse diverso. Che tu fossi diverso».

Stavolta fu il turno di Haruka mettersi seduto, la mano ancora stretta in quella dell'altro come se tutto ad un tratto potesse scivolare via; si limitò in un primo momento a seguire con occhi curiosi e avidi le linee sinuose delle sue spalle, del suo collo, della mascella parzialmente nascosta dai capelli in disordine.

«Perché?» sussurrò poi, senza rendersene conto.

«Perché sembravi appartenere all'acqua. Come se tu—fossi l'Acqua».

Nonostante si pensasse preparato a simili affermazioni, Haruka avvertì un brivido attraversargli la schiena ed ebbe bisogno di qualche attimo per realizzare che, alla fine, quell'infinito nuotare in circolo lo aveva finalmente condotto alla sua meta: ciò che per anni aveva inseguito sotto la superficie dell'acqua adesso era lì, a pochi centimetri da lui, asciutto e caldo, reale e corporeo.

«Non me lo avevi mai detto» si limitò a replicare il moro, mascherando quanto in realtà il suo animo si stesse dibattendo dentro lui, come se volesse finalmente abbandonare il mare per provare a spiccare il volo – lontano, più lontano,come se avesse appena scoperto la superficie dopo che Rin gliel'aveva mostrata.

Capì solo in quel momento la natura di quello che, anni prima, aveva banalmente etichettato come “prurito” nello stomaco.

«Pensavo di essere pazzo» brontolò immediatamente l'altro.

«Io ho pensato che fosse la mia guida». Il corpo del moro scivolò in avanti, più vicino a quello di Rin, fin quando non si vide costretto a lasciare andare la mano del ragazzo per costringerlo a voltarsi verso di lui, così da poterlo guardare negli occhi: come aveva immaginato, persino nel bel mezzo della notte, il suo volto pareva di un bel colore rosso e, a giudicare da come la pelle scottava sotto le sue dita, non doveva essere solo un'impressione. «L'Acqua ci ha trovati».

Lo sentì trattenere il respiro, anche se non ne comprese subito la ragione; lo sguardo del rivale di sempre brillava quanto le luci della notte australiana, scintillava più della superficie di qualunque specchio d'acqua.

Era strano sentire così vicino il respiro di qualcuno, il calore del corpo di un altro; si chiese, anzi, se fosse possibile essere più vicini ancora, se fosse possibile cacciare quell'ultima sciocca distanza che li divideva dal traguardo.

Fu Rin a trovare per primo il coraggio di dare quell'ultima bracciata; un movimento minimo fu sufficiente a far sì che le loro labbra si raggiungessero dopo essersi inseguite tanto a lungo. Fu un bacio breve, impacciato, eppure in grado di mandare entrambi in apnea, di far battere i loro cuori con la stessa forza con cui tuonavano nei loro petti grazie all'adrenalina delle gare.

Quando recuperarono i propri spazi, però, quella distanza non aveva più il sapore di una sfida; era un traguardo ottenuto, che faceva ancora fremere i loro corpi ma che al tempo stesso sapevano di poter ottenere di nuovo, insieme, ancora e ancora.

«Mio padre» sussurrò Rin e a Haruka ricordò il rumore delle onde che si poteva ascoltare riecheggiare nelle conchiglie, anche quando il mare era lontano. «Lui... mi diceva sempre che ci sono persone destinate ad incontrarsi».

«A cambiarsi» lo corresse Haruka, ricordando ancora quella sensazione di buffo solletico nello stomaco, quella voglia di superare i propri limiti che gli incontri con Rin, anche quando brevi o disastrosi, avevano sempre accresciuto in lui.

«E a ritrovarsi. Sempre».

A quelle poche parole, seguì una carezza leggera e delicata, nonostante Rin avesse le mani grandi. Haruka si ritrovò quasi a socchiudere gli occhi, lasciando che l'immagine del ragazzo andasse lentamente a sovrapporsi a quella silhouette indefinita, compagna di sempre, che aveva sempre visto nuotare al suo fianco.

Era abituato a sentire la presenza di Rin in acqua, nella corsia accanto. Anche quando non c'era, da quando le loro strade si erano divise, a Haruka bastava chiudere per un attimo gli occhi per ricordare lo spettacolo a cui, grazie a lui, aveva assistito. Era abituato a lasciarsi trascinare dai ricordi di tutte le volte in cui Rin aveva invaso la sua vita; ogni volta l'aveva presa, ribaltata – una tempesta, che al suo passaggio spesso aveva lasciato distruzione ma anche nuove speranze, portando il sereno con sé.

Forse Rin era davvero lo spirito dell'Acqua.

Ma adesso poteva percepire la sua presenza anche lì, su quel letto. Sentiva lo stesso irrefrenabile bisogno di congiungere le loro mani, di stare al suo fianco, di continuare a correre ed era certo, ormai, che sarebbe stato in grado di avvertirlo anche quando sarebbero fuori dalla piscina oppure troppo lontani per incrociare i propri sguardi.

A quel lungo, pensieroso ma non scomodo silenzio, seguirono due sorrisi complici, che presto si tramutarono in risate sommesse e stupide – la sua più accennata, quella di Rin più brillante, fragorosa.

«Forse gli altri hanno ragione» mormorò Rin ad un certo punto e, quasi fosse incapace di stargli distante troppo a lungo, poggiò la propria fronte contro quella di Haruka.

«Su cosa?»

«Siamo davvero due maniaci dell'Acqua».



{parole: 1475}

note: Terza parte, conclusiva del punto di vista di Haruka!  La scena su cui mi sono basata è, secondo me, il luogo di arrivo di un rapporto che è sempre stato burrascoso, nel bene e nel male (motivo per cui la Rinharu secondo me possiede così tanta potenza): è finalmente un porto sicuro dove riposare, per entrambi, come se l'Australia fosse stato designato come luogo di rinascita per entrambi. Ecco, ho voluto riprendere questa scena  per ricucire al canon la questione "soulmate";  proprio perché è un traguardo per loro, perché questa è la prima scena in cui Rin riesce a parlare letteralmente con il cuore in mano a Haruka e lui ascolta, colpito, commosso, scosso.  La dinamica ha preso pieghe differenti, qui,  ma il concetto è sempre quello: sono uniti, un legame più forte che mai, indissolubile. E finalmente (spero?) si rivela il prompt da cui si è avviata la raccolta, quel linguaggio che appartiene solo a loro: una figura indefinita che rappresenta l'altro, in acqua, pronta a motivare, a spingerli a continuare a nuotare.  Non è un linguaggio molto ortodosso, me ne rendo conto, ma (anche parzialmente nel canon, considerando che si percepiscono a miglia e miglia di distanze) è il loro linguaggio.

 


   
 
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