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Autore: blackjessamine    04/03/2019    5 recensioni
Non è facile avere quattordici anni ed essere il secondogenito della famiglia Weasley.
Ci si deve confrontare con un fratello Prefetto che sembra in grado di raggiungere qualsiasi traguardo, un fratellino deciso a diventare il miglior studente di tutta la scuola, il peso della responsabilità di una fama da straordinario Cercatore.
Per non parlare, poi, di quanto sia facile commettere egli errori banali ma fatali. Perché, sì, chiedere al professor Kettleburn di poter assistere dei cuccioli di Crup potrebbe sembrare un'idea fantastica, ma nasconde pericoli inaspettati.
Fra morsi e infezioni, lezioni di volo, bevande illegali e feste impreviste, Charlie scoprirà che la tenacia e la determinazione di certe Corvonero vanno ben oltre ogni sua previsione.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Charlie Weasley, Nuovo personaggio, Oliver Wood/Baston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pas de Deux '
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Capitolo 4
Memento audere semper





 

Alhena non rivolse la parola a Stacey per ben ventidue ore e dodici minuti.
Quando non la vide tornare al Dormitorio, Stacey ebbe l'ardire di sperare che il suo piano avesse superato ogni aspettativa, concludendosi con una notte di fuoco in qualche aula in disuso del castello. Weasley non le era sembrato così tanto sveglio, ma insomma, a volte nei camini più anonimi covano le braci più audaci, diceva sempre nonna O'Malley.
Non poteva immaginare, naturalmente, che il suo piano avesse funzionato talmente bene da ritorcersi contro di loro.
Non poteva immaginare che quel guizzo di audacia di Alhena, che aveva sfidato il suo terrore dell'altezza e del volo, si fosse concluso in uno svenimento in grande stile nell'esatto istante in cui Charles, raggiunto il castello, aveva smesso di sorreggerla. E Charles, da bravo Grifondoro che prendeva la cavalleria sul serio, se l'era caricata in spalla come un sacco di patate, e l'aveva trascinata in Infermeria.
Sì, insomma, in un certo senso Alhena e Weasley avevano trascorso la notte assieme, ma in due letti d'ospedale separati da due marmocchi del primo anno che avevano pensato bene di raccontare in giro che, quella notte, il Cercatore di Grifondoro aveva cercato di uccidere una ragazza.
Stacey era venuta a saperlo ascoltando Weasley-Nano rassicurare Penny Clearwater che, se anche quella voce fosse stata vera, doveva sicuramente essersi trattato di un incidente dalla spiegazione perfettamente razionale, perché suo fratello non avrebbe mai fatto male nemmeno ad una zanzara.

Alhena non si era vista a colazione, ed era ricomparsa solamente a lezione, arrivando all'ultimo e sedendosi lontano da Stacey.
Per tutto il giorno le due amiche avevano giocato a rincorrersi: Alhena sfuggiva, mostrando solo ogni tanto un'espressione di pietra, e Stacey la inseguiva, cercando di sventolarle sotto il naso la bandiera bianca della resa.
Quando ormai Stacey stava per rassegnarsi all'idea di una lunga lotta con Alhena – e del resto, non era giusto! D'accordo, forse Stacey avrebbe anche potuto parlare apertamente del suo piano, ma alla fine aveva fatto quello che aveva fatto cercando di agire per il meglio, cercando di aiutare! – quando la ragazza fece irruzione in Sala Comune.
Le due amiche si lanciarono un lungo sguardo in cagnesco, finché Alhena, con un sospiro, si avvicinò all'ampio divanetto su cui riposava Stacey.
"Posso sedermi?"
Per tutta risposta, Stacey le afferrò una mano, trascinandola di peso accanto a lei.
Bastò un solo sguardo, il grigio slavato degli occhi di Alhena nel fiordaliso intenso dello sguardo di Stacey, e le due ragazze si ritrovarono abbracciate, le teste vicine e fiumi di parole da scambiare.
Stacey adorava essere amica di Alhena, perché la sua rabbia era tanto intensa quanto passeggera.
"Oh, tesoro, mi dispiace tanto! Non volevo che le cose andassero così! Ho sentito che hai passato la notte in Infermeria... stai bene, ora?"
Alhena annuì, e raccontò di essersi svegliata nel cuore della notte in Infermeria. Madama Chips aveva curato il naso di Charlie con un rapidissimo colpo di bacchetta, ma dal momento che la situazione appariva piuttosto sospetta – una studentessa svenuta e uno studente col naso distrutto facevano sorgere qualche domanda anche a Madama Chips – aveva insistito perché anche il ragazzo passasse la notte lì.
Alhena aveva finto di dormire, troppo imbarazzata per parlare, e la mattina successiva se n'era andata senza quasi rivolgere la parola a Charlie.
Insomma, Alhena aveva totalmente gettato alle ortiche il poco di buono che sarebbe potuto emergere dal piano di Stacey.
Perché, sì, decisamente non era quello a cui Stacey aveva puntato, però qualcosa di buono, da quella notte, sarebbe anche potuto venir fuori.
Charlie aveva fatto volare Alhena.
E avevano passato la notte insieme.
Insomma, se Alhena si fosse mostrata una contrita e solerte infermiera... andiamo, Stacey non era una sprovveduta, e per curiosità aveva sfogliato anche lei alcune pagine di Les Heures. Non c'era alcuna possibilità che un ragazzo sopra i dodici anni fosse sopravvissuto alla vita cameratesca dei dormitori di Hogwarts senza aver gettato almeno uno sguardo a quel giornaletto. E non c'era alcuna possibilità che un ragazzo eterosessuale avesse gettato uno sguardo a quelle immorali fotografie senza rischiare di ritrovarsi con una carenza di sangue al cervello, pensando a ciò che una bella fanciulla poteva combinare nei panni di un'infermiera.
Oh, be', poco male: perdere una battaglia non significava perdere la guerra.
E da una battaglia persa si possono imparare così tante cose...
Stacey prese Alhena sottobraccio, trascinandola verso il loro Dormitorio.
La sua amica non doveva preoccuparsi: Stacey aveva capito che giocare sulle debolezze poteva essere controproducente.
Un'idea geniale stava prendendo forma nella mente della giovane Corvonero.
Un piano pressoché perfetto.
Preparati a sventolare bandiera bianca, Weasley.

Per tutta la settimana, Stacey finse che l'increscioso incidente al campo da Quidditch non fosse mai successo: non voleva ricordare ad Alhena il fallimento, perché conosceva troppo bene la sua amica. Sotto quella maschera d'indifferenza e di gelo, covavano le braci di un fuocherello insicuro e spaventato.
Alhena non voleva soffrire. Chiaro e semplice, punto e basta.
Il che era comprensibile: nessuna persona sana di mente voleva soffrire.
Ma Alhena aveva la spiacevole abitudine di soppesare le sofferenze, e il più delle volte sceglieva di infliggersi da sola un piccolo dolore per evitare qualsiasi rischio che fossero gli altri a farla soffrire maggiormente.
Il che era saggio, da un certo punto di vista, ma anche un po' frustrante.
Stacey ricordava ancora con stizza i suoi primi giorni a Hogwarts, quando la bimbetta viziata e abituata ad avere il mondo ai suoi piedi che era stata si era ritrovata a fare i conti con la dura realtà: nessuno, in quella scuola, la guardava con ammirazione. Nessuno aveva l'innato desiderio di colmare ogni suo bisogno. La Stacey quindicenne sapeva che quello era stato un bagno di umiltà necessario, ma niente avrebbe potuto cancellare il dolore di quei primi giorni in cui la sua vita agiata e privilegiata si era infranta contro la realtà della scuola. Si era resa ridicola, con quei suoi atteggiamenti da principessa indignata, e nel giro di pochi giorni si era alienata ogni simpatia dei suoi compagni di Casa. Orgogliosa e intransigente come solo una bambina viziata poteva essere, si era rinchiusa in una torre di stizza, prendendosela con tutti i compagni, maltrattando chiunque, e ritrovandosi, giorno dopo giorno, sempre più sola.
Eppure, Stacey non era mai stata sola come quella bimba minuscola che dormiva nel letto accanto al suo: Alhena Macnair era arrivata a Hogwarts portandosi sulle spalle il peso di un nome che non si era scelta. Era arrivata a Hogwarts magra come un filo d'erba, con gli occhi vuoti e le unghie delle mani così tormentate da mostrare la carne viva. Era arrivata a Hogwarts, e il Cappello Parlante l'aveva smistata a Corvonero, e un ragazzino alto e pallido si era alzato dal tavolo dei Serpeverde insistendo perché qualcuno intervenisse a sistemare l'errore: la sorella di Orpheus Macnair doveva sedere al tavolo ornato di verde, o ci sarebbero state terribili conseguenze... Stacey, turbata da quella sceneggiata, ricordava bene l'espressione piena di odio con cui Alhena si era voltata a fronteggiare il fratello maggiore e la freddezza così inappropriata nella sua voce di bambina, quando aveva sibilato quel vaffanculo, stronzo che aveva fatto perdere i primi punti dell'anno alla Casa della saggia Priscilla.
E poi c'era stata la diffidenza dei loro nuovi compagni di Casa, che la guerra aveva reso crudeli anzitempo: alcuni dei ragazzi più grandi l'avevano costretta con la forza a mostrare il suo avambraccio bianco – come se davvero il Signore Oscuro avrebbe accettato una bambina fra i suoi seguaci! – e quella gattamorta di Lucy Howard aveva addirittura chiesto a Vitious di spostare Alhena di Casa, perché sicuramente sarebbe stata più felice accanto a suo fratello.
Stacey non comprendeva quella paura: suo padre aveva insistito affinché la famiglia lasciasse l'Inghilterra quando le prime avvisaglie dell'ascesa di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato avevano gettato delle ombre sul Paese, e aveva accettato che la sua preziosa figlia lasciasse Amburgo solo perché era certo che Hogwarts era ancora un posto sicuro, nonché un istituto insostituibile. E così Stacey era cresciuta nella bambagia, ascoltando solo i racconti più edulcorati della guerra, senza sapere che cosa significasse perdere qualcuno di amato, senza sapere quale fosse il cieco terrore che accompagnava alcuni nomi.
Lei e Alhena si erano ritrovate sedute vicine, a tavola e a lezione, un po' per caso: erano le uniche due a non essersi integrate con i compagni, erano quelle che, quando si doveva lavorare in coppia, venivano evitate da tutti. Diventarono amiche per necessità, più che per scelta, e impararono a farsi forti di quei primi mesi burrascosi. Stacey imparò che c'erano delle ombre nel passato di Alhena – la recentissima perdita di suo fratello Hector, l'ombra della pazzia che si allungava su Orpheus e la loro madre – la famiglia di Alhena era un argomento tabù, da non sfiorare mai, per nessun motivo, e Alhena si erse a giudice sincero e implacabile di tutti i comportamenti esagerati di Stacey. Stacey imparò a mettere da parte i suoi modi da principessa viziata, e costrinse Alhena a chiedere aiuto a Madama Chips per risolvere le insonnie che le rendevano impossibile essere abbastanza lucida per controllare la sua magia.
Insieme, impararono ad aprirsi ai compagni di scuola, a mettere da parte certe barriere. E poi la guerra finì, e tante tensioni, lentamente, sembrarono semplicemente sparire.
A nessuno importava più che Alhena si chiamasse Macnair, e nessuno aveva più voglia di tenere il broncio a Stacey.
Stacey aveva imparato a stringere amicizia come una ragazzina normale, e Alhena, seppur titubante, l'aveva seguita.
Ma non si era mai aperta davvero con qualcuno.
Non lo aveva fatto del tutto nemmeno con Stacey, ma del resto, quando qualcuno ti tiene la mano durante gli incubi peggiori, non serve parlare apertamente.
Ed ora Alhena scherzava, rideva, chiacchierava con molti compagni, ma non permetteva mai a nessuno di avvicinarsi troppo. E quando si rendeva conto che questo stava per accadere, e che avrebbe potuto soffrire, con un sorriso gelido tagliava ogni ponte.

Stacey non voleva che, per colpa dei risvolti non esattamente calcolati del suo piano, anche Charlie Weasley si trasformasse in un ponte reciso.
Per questo aveva lasciato in pace Alhena, non le aveva fatto domande, non l'aveva punzecchiata, l'aveva distratta quando si erano ritrovate nello stesso corridoio di Weasley – che, dal canto suo, l'aveva salutata con lo stesso sorriso aperto di sempre, come se fra loro non fosse mai successo niente.
Per un paio di giorni, Alhena era sembrata più taciturna del solito, nervosa e sempre sulle spine, ma poi le cose erano cambiate. Si era tranquillizzata, ed era tornata ad essere la solita cara vecchia Alhena.
Quella che era capace di restare impassibile, senza muovere nemmeno un muscolo, davanti alle sfuriate di Piton, fissandolo negli occhi con aria annoiata, salvo poi esibirsi in un sonoro sbadiglio non appena lui le voltava le spalle.
Quella che sbagliava a tradurre il verbo reggente della versione di Antiche Rune, ma riusciva comunque a dare un perfetto senso logico alla sua traduzione, e faceva perdere un'intera lezione alla Babbling, cavillando per ore e ore, senza mai ammettere il suo errore.
Quella che, uscendo in cortile per andare a lezione di Erbologia, strillava di gioia trovando il prato coperto da un uniforme manto di neve, e si divertiva a incidere nella neve enormi e accorate dichiarazioni d'amore tratte dalle tragedie di Shakespeare proprio sotto la finestra dell'ufficio di Vitious - e ne ricavava sempre qualche punto per Corvonero.
Quella che, il sabato della prima partita di campionato, se ne restava sdraiata a letto, salutando stizzita le sue compagne che correvano entusiaste verso lo stadio.
Grifondoro contro Serpeverde, come da tradizione: pur non essendo una grande appassionata, Stacey non aveva il minimo dubbio sull'esito della partita. La squadra di Grifondoro guidata da Ulmus - un Ulums estremamente in forma e di ottima compagnia, aveva scoperto Stacey negli ultimi giorni - era una spanna sopra le altre, era affiatata e piena di giovani talenti. E Avery, il Cercatore di Serpeverde, era il più grosso idiota che Stacey avesse mai visto camminare per i corridoi di quella scuola. Se Weasley non fosse riuscito a soffiargli il boccino da sotto il naso, allora sarebbe stata Stacey in persona a sabotare il suo piano: Alhena non meritava di perdere tempo dietro a un inetto tale da perdere contro Avery.

 
***

“Ahia! Brucia, cazzo!”
Stacey allontanò la bacchetta dalla testa di Alhena, osservando con un moto di crescente frustrazione i capelli della sua amica: sottili come le ali di una farfalla, quelle ciocche chiarissime sembravano avere il potere di sgusciare in ogni dove. Stacey si asciugò la fronte imperlata di sudore: ormai da quaranta minuti la ragazza stava impiegando tutti i suoi sforzi nel tentativo di arricciare quella massa di spaghetti mosci. L'unica cosa che aveva ottenuto, però, era stata una vescica dolorosa sul pollice e un paio di imprecazioni di Alhena quando aveva avvicinato troppo la punta della bacchetta alla sua cute. Per il resto, i capelli di Alhena erano rimasti ostinatamente lisci.
D'accordo, se per i capelli non si poteva fare niente, si poteva comunque fare qualcosa per la sua faccia.
Infilandosi pensierosa la bacchetta dietro l'orecchio, Stacey estrasse dal suo baule il cofanetto di legno di rosa che conteneva i suoi belletti: sua madre diceva che era inutile portarsi dietro tutta quella roba, perché a scuola non avrebbe mai avuto l'occasione di usarla. Ah, povera cara, ingenua mamma... i tempi erano cambiati!
Stacey afferrò il mento di Alhena, voltandole il viso verso la luce fosca della finestra: qualcuno doveva fare qualcosa, in quel bagno: possibile che davvero si aspettassero che delle ragazze riuscissero a sistemarsi la faccia alla luce delle candele?
Be', la base su cui lavorare non era malvagia: Alhena aveva un viso regolare e dei lineamenti accettabili. Forse il mento era un po' troppo affilato, e certo delle labbra più piene l'avrebbero resa più sensuale e meno infantile, ma era una ragazza carina. La sua pelle era liscia e candida, non c'erano segni di acne, era compatta e luminosa, ma irrimediabilmente bianca. Era talmente chiara che, avvicinandosi, si poteva scorgere il reticolo di vene bluastre in trasparenza. Gli occhi di Alhena, di un grigio pallido e slavato, erano grandi e luminosi. Erano belli, in un certo senso. Peccato per quelle lunghe ciglia tanto chiare da sembrare trasparenti: senza un mascara scuro, il suo sguardo faceva un po' impressione.
Insomma, Stacey avrebbe rimediato a ogni cosa.
Adocchiando sospettosa il cofanetto di legno di rosa, Alhena domandò che cosa avesse intenzione di fare.
“Renderti irresistibile, tesoro.”
Alhena, che stupida non era, incrociò le braccia al petto: era sospetto che Stacey avesse deciso di non andare a vedere la partita – anche se questo le dava un'ottima scusa per non dover vedere quella piovra di Jackson; era sospetto che avesse costretto Alhena a indossare il suo vestito migliore, quello color lavanda che le fasciava la vita e lasciava scoperti fin troppi centimetri di cosce; era sospetto che avesse cercato di acconciarle i capelli. Era sospetto che, per tutto questo darsi da fare, non ci fosse alcuna spiegazione.
“Stacey...”
“Non rompere! Dovresti curarti di più, lo sai! Ormai sei una signorina grande, e le signorine grandi, quando c'è la partita, si fanno belle!"
Stacey osservò sconsolata boccette e vasetti di polveri colorate: nonostante lei per prima non fosse esattamente una bellezza mediterranea, con la sua pelle rosea e la spruzzata di lentiggini sul naso, non possedeva niente di abbastanza chiaro per il viso di Alhena.
Oh, be', avrebbero rinunciato al fondotinta.
“Stacey, che cosa hai in mente?”
Alhena stava fissando inquieta il pennello in setole di crine d'unicorno che Stacey aveva delicatamente intinto in un vasetto di polvere color ciclamino.
“Tu non ti preoccupare e fidati di me. Sono o non sono la ragazza che ha ricevuto più biglietti di San Valentino, lo scorso anno?”
Alhena sbuffò, ma vedendo la luce maniacale che stava iniziando ad illuminare gli occhi di Stacey, rimase immobile sotto i tocchi delicati del pennello dell'amica.
Oh, be', quei due pomelli rosati erano più intensi di quanto Stacey aveva preventivato: sembrava che Alhena avesse appena finito di correre attorno al lago.
Pazienza, ai ragazzi piaceva credere di aver fatto arrossire una ragazza.
Pensare agli occhi fu più difficile del previsto: i colori caldi che tanto donavano a Stacey facevano a pugni con la freddezza dell'incarnato di Alhena, e il nero era decisamente troppo forte per lei. Alla fine, Stacey si limitò a bagnarle le palpebre con una polvere iridescente e impalpabile, e allungò e scurì le ciglia dell'amica con una pasta vecchia e ormai un po' sbiadita.
Per le labbra, invece, Stacey non aveva dubbi: un color vino intenso, audace, esagerato.
Quando Alhena si guardò allo specchio, la ragazza si limitò a sollevare un sopracciglio, scettica.
“Be'? Non dici niente?”
“Dico che se questa roba mi finisce sui denti potrei andare a fare compagnia al Barone”; Alhena si passò la lingua sulle labbra, e con una smorfia, aggiunse: “e ha un sapore pessimo.”
Stacey, guardando con aria soddisfatta il risultato dei suoi sforzi, si limitò a bisbigliare:
“Non sei tu quella che si deve preoccupare del sapore di quel rossetto...”

 
***

“Parola d'Ordine?”
La pasciuta protagonista del ritratto gettò un'occhiata estremamente sospettosa ad Alhena e Stacey.
Insomma, Stacey non sapeva come funzionasse la memoria di un ritratto, ma supponeva che la Signora Grassa dovesse ormai aver imparato a riconoscere almeno i suoi studenti più anziani.
Memento audere semper” rispose, sicura, Stacey.
Per un attimo, temette che la Signora Grassa avrebbe fatto qualche obiezione. Invece, dopo aver agitato i suoi elaborati boccoli a destra e a sinistra, con un sospiro rassegnato la donna si spostò in avanti, rivelando il buco nascosto dietro il suo ritratto.
Stacey non poté fare a meno di lanciare un'occhiata trionfante ad Alhena: non era stato facile convincere Ulmus a rivelarle la Parola d'Ordine per la Sala Comune di Grifondoro, ma Stacey sapeva essere piuttosto persuasiva, quando voleva. E dopo la loro ultima chiacchierata, Stacey era convinta che sarebbe riuscita a convincere Ulmus a fare qualsiasi cosa.
“Ricordami di nuovo per quale motivo siamo qui?” domandò Alhena, alzando gli occhi al cielo, ma non riuscendo a nascondere un sorrisetto soddisfatto.
“Perché i Sperverde ci stanno sulle Pluffe, quindi siamo grate a chiunque riesca a far abbassare loro la cresta. E perché è da Halloween che non andiamo ad una festa degna di questo nome, e i Grifondoro restano pur sempre i migliori, quando si tratta di feste.”
E perché il tuo Principe Rosso, alla fine di questa serata, sarà così pieno di euforia ed entusiasmo che, forse, finalmente dimenticherà le buone maniere.

Tutto sembrava proseguire per il verso più adatto: la Sala Comune di Grifondoro era così piena che sembrava sul punto di scoppiare, e nessuno sembrava fare caso a quelle due Corvonero fuori posto.
Qualcuno aveva rimediato un vecchio grammofono, e l'aria era piena di musica gracchiante, risate e voci alterate dall'euforia. Le poltrone erano state ammonticchiate in un angolo, e i tavolini erano tutti sul lato opposto della stanza, stracolmi di cibo rubato dalle cucine e bevande che probabilmente non sarebbero mai dovute arrivare nelle mani di ragazzini minorenni.
Nello spazio vuoto che si era creato al centro della Sala Comune, qualcuno ballava con mosse sgraziate e senza prestare attenzione al tempo, cosa che fece storcere il naso ad Alhena.
Stacey, dal canto suo, era a dir poco raggiante: lei e Alhena si erano confuse fra la folla in festa, avevano arraffato un paio di bicchieri quella che si era rivelata birra babbana, e ora erano a pochi passi dai membri della squadra di Quidditch.
“Sei venuta davvero, alla fine!”
Una mano grande e calda si posò sul fianco di Stacey, mentre qualcuno sussurrava con tono suadente al suo orecchio. Voltandosi, si trovò di fronte ad un Ulmus Brown dallo sguardo leggermente fuori fuoco.
“Certo che sono venuta, per chi mi hai presa?”
Con un movimento impacciato che non aveva nulla a che fare con i riflessi dell'ottimo Cacciatore che sapeva essere, Ulmus biascicò:
“Credevo che uscissi con Jackson.”
A quanto pareva, i Grifondoro avevano costretto la loro squadra a qualche brindisi di troppo. I due battitori stavano ballando – o meglio, barcollando – abbracciati, mentre la ragazzina che giocava nel ruolo di Portiere si era acciambellata su una poltrona, e russava della grossa.
Weasley, le guance rosse come i suoi capelli, rideva a voce fin troppo alta assieme al suo inseparabile gruppetto di amici, gesticolando con ampi movimenti sgraziati e non del tutto controllati.
Ottimo.
Stacey tornò a guardare Ulmus, che non le aveva mai tolto gli occhi di dosso. Be', con quei suoi denti candidi e quegli occhi scuri e caldissimi, il fondoschiena marmoreo di Jackson sembrava improvvisamente un ricordo lontano.
“Nah, non era niente di serio.”
“Quindi non lo vedi più?”
“Lui non lo sa ancora, ma credo che potrei non volerlo vedere più.”
Ulmus, con un secondo di esitazione di troppo, si aprì in un ampio sorriso.
“Ci vieni a ballare con me, O'Malley?”
Stacey finse di pensarci solo per un secondo: Alhena, accanto a lei, sorseggiava la sua birra con aria annoiata.
“D'accordo. Solo se però trovi qualcosa di più interessante da bere per me e la mia amica.”
Ciondolando goffamente, Ulmus agguantò una bottiglia di Whiskey Incendiario, e riempì abbondantemente due bicchieri di carta.
“Tesoro, se non ti sbrighi a fare qualcosa, finirai per passare la serata a guardare il tuo bello dormire.”
Weasley, infatti, aveva lo sguardo di chi non era più certo di sapere dove si trovasse, ma continuava a stringere fra le mani un bicchiere mezzo vuoto.
Mica male, per essere il fratellino quattordicenne di un Prefetto.
Quando Ulmus tornò da loro e quasi rovesciò metà del suo bicchiere addosso ad Alhena, Stacey si lasciò circondare la vita dal Capitano, pregustando una serata piuttosto interessante.
Prima di gettarsi nella selva di ballerini scoordinati assieme a Ulmus, Stacey lanciò un'occhiata significativa ad Alhena.
Alhena, allora, fissò Weasley con decisione. Sollevò il capo, raddrizzò la schiena e assunse quella che, Stacey lo sapeva, era la sua espressione da guerra. Alhena aveva appena preso una decisione, e Stacey non aveva intenzione di perdersi la scena per niente al mondo.
Fortuna che lei e Ulmus erano alti uguali, così poté lasciarsi abbracciare, e, dondolando lentamente a tempo di musica, gli posò il capo su una spalla, osservando con attenzione Alhena bere d'un fiato il contenuto del suo bicchiere, prima di partire all'attacco.
Perché di un attacco si trattava, erano pochi i dubbi.
Alhena piombò in mezzo ai Grifondoro del quarto anno senza degnarli di uno sguardo, gli occhi fissi su Weasley, che le sorrise, stupito. Si scambiarono poche parole, e poi Alhena – pazza, pazza Alhena – si alzò in punta di piedi, afferrò il viso di Weasley fra le mani con un gesto fin troppo deciso, e posò le sue labbra sulle sue.
Per un attimo, un solo, glorioso attimo, Stacey si concesse di esultare.
Vide il bicchiere di Weasley cadergli dalle mani, e vide le sue robuste braccia sollevarsi... le sue mani si posarono sulle spalle di Alhena, ma non la strinse a sé. No, Charles Weasley, Colui-Che-Verrà-Per-Sempre-Affatturato, allontanò da sé Alhena con un gesto brusco. La allontanò da sé, le rivolse uno sguardo incredulo, aprì la bocca... e vomitò.
Fu come se il mondo si fosse fermato.
Oh, per tutte le doppiepunte di Priscilla.
Gli amici di Weasley fissavano la scena allibiti; Alhena era immobile, atterrita e pallida come un cencio, e Weasley continuava ad essere scosso da disgustosi conati.
Stacey, inorridita, si divincolò dall'abbraccio di Ulmus, e corse accanto ad Alhena.
“Scusami...” riuscì a biascicare Weasley.
Alhena, dopo un attimo di esitazione, aveva indossato di nuovo la sua maschera da regina di ghiaccio. Il viso atteggiato in un'espressione annoiata, si gettò dietro le spalle i suoi lunghi capelli. Un'ottima interpretazione, ma non avrebbe mai ingannato Stacey. Perché Stacey le aveva viste, quelle lacrime che le rendevano gli occhi luminosi.
“Figurati. Non è colpa tua se sei un po' troppo piccolo per le feste dei grandi.”
Il disprezzo nella voce di Alhena, Stacey lo sapeva, era del tutto simulato.
Del resto, Alhena era così.
Colpisci prima che ti colpisca qualcun altro, e se qualcuno riesce a colpirti, tu fallo più forte, e mira dove fa più male.
Weasley la guardò, confuso, ma quando cercò di replicare, fu scosso da un nuovo conato di vomito.
Fu in quel momento che Stacey decise di afferrare la mano di Alhena, e di accompagnarla fuori da lì.
Maledetto Weasley.
Maledetto, maledetto Weasley-di-Mezzo.
Ma l'avrebbe pagata, oh, sì, se l'avrebbe pagata.




 
***





Note:
Pochissime parole, giuro: chi conosce già Alhena, si sarà probabilmente annoiato a leggere di nuovo il riassunto dei suoi primi mesi a Hogwarts, ma era necessario smorzare un po' i toni troppo comici. Perché non sono capace, io, di gestire tanta comicità. 
L'epilogo (che arriverà prestissimo, giuro) ha toni un po' troppo amari, ma ahimé, non ho trovato alternative che ambientarlo nel luglio del 1997, e i tempi erano quel che erano. 
Insomma, una storia comica senza idillio finale. 
Non uccidetemi, vi prego.
Del resto, la Rowling ha esaurito la scorta dei personaggi che possono plausibilmente trovare l'amore della propria vita sui banchi di scuola. A tutti gli altri non resta che penare e collezionare figure di caccabomba. E che cavolo, mica possiamo passare un'adolescenza vergognosa solo noi babbani, eh?
   
 
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