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Autore: Seira Katsuto    16/03/2019    0 recensioni
In un piccolo villaggio nel Nuovo Mondo viveva una giovane ragazza dai capelli dorati e dagli splendidi occhi azzurri.
Ella ogni giorno uscì di casa per andare al bosco a raccogliere bacche e fiori per i suoi cari.
Una sera, mentre tornava dalla sua passeggiata, incontrò un ragazzo.
Quest'ultimo, che si era invaghito della sua bellezza, chiese alla giovane se poteva aiutarla a trasportare il cestino pieno di erbe.
La ragazza, imbarazzata e intimidita, non sapeva come rispondergli così chinò lo sguardo per poi guardare l'altro negli occhi.
In quel momento, i loro sguardi si incrociarono e dentro al petto sentirono un forte sentimento pervaderli.
Fu così che lei si prese coraggio e gli rispose:
< Certo che no, manco ti conosco! Fuori dai piedi feccia, mi intralci il passaggio >
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barba nera, Ciurma di Barbabianca, Nuovo personaggio, Satch, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Avviso: ho deciso di riscrivere gli ultimi due capitoli essendo che quando li scrissi, lo feci di fretta, senza pensare abbastanza a quanto potesse funzionare come storia. 
Spero che possa rendere meglio in questo modo.

< Mary, se hai sonno dovresti andare a letto > mentre tenevo la testa appoggiata sul suo grembo, ascoltavo la voce più dolce del mondo parlarmi e mi godevo della mano che, accarezzandomi il viso, non sembrava volesse veramente mandarmi via da lì.

< No, mi piace più questo posto > risposi stringendola più a me.

Il suono della sua risata mi accompagnò continuando con una dolce melodia che mi portò ad addormentarmi.

Per quanto tempo potesse passare continuavo a sognare il passato, quei giorni in cui c'era solo innocenza, in cui l'unica cosa a cui pensavo era l'istante che stavo vivendo, accanto alle persone che amavo.

Invece ora mi trovavo a scavare, scavare e scavare, non avevo provato nulla nel farlo, non sentivo la fatica, era come un'azione automatica, un qualcosa che doveva essere fatto e basta.

Non avevo ancora realmente appreso la realtà, pur avendo sentito il dolore, pur avendo odiato, pur avendo desiderato vendetta; in quel momento mi sono resa conto che una landa desolata avrebbe sempre lasciato dentro di me un briciolo di speranza sul fatto che, in fondo, si siano tutti salvati.

Ma in quel grande giardino che lei tanto amava, avvolto da primule rosse, adesso c'era una buca, il quale interno era tanto buio da apparire davvero inusuale per quel luogo.

Così l'ho fatto.

Ho sollevato il suo corpo, l'ho sentito inerme tra le mie braccia, freddo, tutta la dolcezza che l'aveva sempre caratterizzata prima di allora era scomparsa, non c'era niente lì, né vita né nient'altro.

Vedevo quella persona che tanto amavo, che esprimeva energia da tutti i pori, essere un semplice guscio vuoto.

Era reale. È reale.

Percepire il suo corpo immobile, vederlo davanti a me, poter sentire il suo odore divenire sempre più lieve; non c'era alcuna speranza in quello che avevo di fronte, solo la cruda verità.

< Mary, Mery, quante volte ti devo spiegare che non bisogna alzare le mani? Potresti dirmi cos'è successo stavolta? > il suo tono rimproverante fece crollare la mia corazza, odiavo causarle delusioni.

< Ma mamma! È stata colpa sua, ha detto che tu non sei la mia vera mamma e che mi hai preso con te solo perché nessun altro mi voleva... > Mi misi ad urlare singhiozzando < ...ha detto che se fosse stato per te nemmeno tu mi avresti tenuta >.

Lei si chinò fino alla mia altezza e mi accarezzò la testa < Mia piccola Mary, l'unica persona che può decidere chi sia tua madre sei tu, non il sangue e nemmeno io posso sceglierlo per te, l'unica cosa che posso dirti è che ciò che ho deciso io è che tu saresti stata mia figlia, a prescindere da ogni cosa, che sia il sangue o il parere della gente, tu per me sarai sempre la mia bambina >.

Scoppiai a piangere abbracciandola < per me tu sarai sempre la mia sola ed unica vera mamma >.

Mi strinse più a lei come se cercasse di darmi più affetto di quello che già mi stava dando < Però questo non significa che picchiare vada bene, devi imparare, anche quando sei molto nervosa, a dialogare e tentare di risolvere a parole >.

Proprio al centro del giardino era situato un enorme albero di ciliegio, lì sotto avevo deciso di mettere la sua tomba.

Finii di richiudere il fosso e lasciai il mio corpo cadere accanto al tronco dell'albero.

Non so quante volte avevo osservato quel panorama prima di allora, dove il sole faceva trapelare la sua luce tra le foglie creando a terra un gioco di ombre unico; come tutte le altre volte, rimasi meravigliata da quel bagliore, mentre intorno a me l'unica cosa che si poteva udire era il fruscio del vento.

Rimasi lì a lungo, senza piangere, urlare o nient'altro, l'unica cosa che giaceva dentro di me era un profondo vuoto.

Non c'erano lacrime che potessero esprimere il mio dolore.

 

[tre settimane dopo]

Era una giornata tranquilla, senza una nuvola in cielo, dopo aver dato sepoltura a coloro di cui almeno avevo il corpo, sono andata a vivere in una capanna vicino al posto dove solitamente mi allenavo, non me la sentivo di tornare al villaggio e ho preferito occupare il mio tempo a cacciare e allenarmi con la spada, in attesa che arrivasse qualcosa.

Ogni giorno passavo infatti per la spiaggia, sapevo sarebbe arrivato qualcuno.

Così quel giorno notai una barca vicino alla riva, ricordo che tra i tanti discorsi che mi aveva propinato il comandante della quarta flotta c'era quello che raccontava della personale caravella di Ace che, però, somigliava più ad una scialuppa che altro.

Mi misi vicino alla spiaggia in attesa che ritornasse il proprietario della barca, incominciando a riflettere sulle possibili ragioni per cui potesse essere da solo.

Lo vidi da lontano, ma anche col cappello che gli copriva il volto potei intravedere la sua espressione cupa.

Appena ci trovammo faccia a faccia scorsi un lieve sorriso nel suo volto < Mary... Sono felice di vederti >.

Abbassò subito dopo lo sguardo, quasi come non riuscisse a guardarmi negli occhi < Sono felice di vederti anch'io Ace, anche se avrei preferito in altre circostanze... > lo scrutai meglio e lo vidi alzare lo sguardo con un velo di rabbia misto a tristezza < ...in realtà mi aspettavo che tornasse la Moby Dick, c'è un motivo in particolare per cui ci sei solo tu? >.

Nel suo sguardo accentuò la rabbia che avevo scorto poco prima e incominciai a capire cosa potesse passare per la testa di quel ragazzo.

< Ho preceduto i miei compagni, loro dovrebbero arrivare qui fra circa tre giorni, sono venuto prima per cercare più informazioni sulla posizione di Teach perché e- >.

< "Perché essendo il suo comandante è compito mio fargliela pagare"? Non ti chiedo nemmeno se il tuo capitano sia d'accordo o meno su questa cosa... > sbuffai, non nascondendo la nota di sarcasmo dalle mie parole.

< Era un mio sottoposto, le conseguenze delle sue azioni sono una mia responsabilità ed è quindi mio dovere dargli ciò che merita, non serve coinvolgere nessun altro > ribattè il moro con più convinzione.

Chiusi gli occhi per un istante per poi riaprirli guardandolo dritto negli occhi con uno sguardo glaciale.

Lo presi per la collana avvicinandolo a me costringendolo a non distogliere l'attenzione.

< Ascoltami attentamente moccioso, penso tu non abbia realizzato ancora davanti a chi ti trovi, ho visto tutta la mia vita spazzata via in un istante e l'ho toccata con queste mani > con l'altra mano gli presi un braccio facendogli sentire il mio battito.

< Lo senti non è vero? Sappi che l'unica cosa per cui non ha ancora smesso di funzionare è il mio odio per quell'uomo, per questo ti dico di ascoltarmi molto bene: l'unico corpo che sono disposta a risentire morto tra le mie braccia è quello di Marshall D. Teach, per cui vedi di startene buono buono al tuo posto, perché non mi interessa se ti credi più forte, se pensi sia compito tuo o altre cazzate, ma l'unica persona che ha il diritto di uccidere quel bastardo sono io >.

Sentii il suo spirito combattivo cedere e così lasciai la presa, data la sua espressione potei intendere che avesse recepito il messaggio chiaro e tondo.

< Mary... > sussurrò senza guardarmi.

< Aspetteremo qui in attesa dell'arrivo degli altri, dopodiché chiederò di parlare con Barbabianca e vedremo di trovare un piano che ci permetta di catturarlo, senza ulteriori vittime > lo interruppi, per poi invitarlo a seguirmi verso il rifugio nel cuore del bosco, lasciando che l'unico suono che si potesse ancora udire fosse il fruscio delle piante.

Spazio della piccola Seira: Hey, da quanto tempo... Sì, lo so, forse un po' troppo tempo.
Non saprei che scuse inventarmi, ma per stavolta dirò solamente che ho avuto problemi in real life che mi hanno fatto distrarre dallo scrivere.
Nella scorsa versione non avevo davvero ragionato su come dovesse essere il personaggio di Mary Sue, infatti l'avevo trasformata nella solita piagnucolona, forse anche perché l'ho usata un po' come reinterpretazione di me stessa.
Nel caso stessi leggendo questa storia per la prima volta, sono felice per te perché quei capitoli erano davvero pessimi e spero ti piaccia com'è attualmente!
Comunque, non so se si comprende da subito, ma teoricamente Ace non avrebbe dovuto sapere se fosse o meno sopravvissuto qualcuno (anche se la notizia della strage era girata ovunque), ma girovagando per l'isola si è imbattuto nel "cimitero" di primule che aveva costruito Mary, per questa ragione non è totalmente sorpreso nel vederla viva e al contempo i sensi di colpa lo hanno reso molto titubante nei suoi confronti, ragion per cui non sapeva esattamente come fare di fronte a lei. 
Detto questo, ci si vede il più presto possibile, si spera.

 
   
 
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