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Autore: queenjane    11/04/2019    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Eravamo nel parco imperiale, nell’anno di grazia 1908, tra le splendide aiuole curate e le fontane, sorgeva intenso il profumo di rose, lillà, caprifoglio e gelsomino, osservai una farfalla che danzava davanti a noi.
Lo zarevic mi passò un braccio sul collo, incantato, gli feci cenno di zittirsi “Bella.. a cosa giochiamo? Al silenzio no, che poi mi addormento” ce lo potevo fregare quando era piccolo, rilevai, divertita, ORA no. “A guardare le nuvole e trovare le forme..” che potevano essere vascelli, aeroplani come cartine geografiche per trovare i tesori e buffi animali. Si lanciò in un elenco, salvo osservare, saggio, che un tesoro poteva essere una cosa bella, come un fiore, a proposito a me quale piaceva? Le rose bianche, gli baciai una guancia abbronzata, lo tenevo stretto contro lo sterno,profumo di rose e infanzia, baci e carezze, io non ero nessuno tranne me stessa e mi amava lo stesso, insieme ero possessiva verso di lui e per lui fino allo spasimo. Io e Olga, io e le loro sorelle, oltre a lui, dividevamo gesti, parole, una stanza, una frase, nessuno urtava nessuno, una magica, poliedrica armonia. Eri il più piccolo di noi, Alexei, il più prezioso e desiderato “Bene”
“Cosa? Lascia stare i boccioli, monello, sono più carini sulle piante” in verità ci mancava solo che si pungesse per regalarmi un fiore.
“E che pensi.. tieni” si cacciò una mano in tasca e mi porse un foglio ripiegato in quattro
“Guarda, Cat” aveva disegnato un mazzo di fiori, allegro e colorato, nel mezzo ecco una rosa bianca, e la data e Alexis. “Questo è in francese, Cat..” aveva da compiere quattro anni, rilevai, si districava tra russo, francese e inglese, un piccolo poliglotta in fieri, chiariamo, io e sua sorella parlavamo in francese e inglese, tra noi, a dritto, io leggevo e traducevo in quelle due lingue, oltre che in russo, allora principiavo con il latino, lo spagnolo, un poco di tedesco.. apprendevo, una dotata studentessa che non frequentava nessuna scuola, le lingue e la letteratura il mio talento, oltre alle letture.. A suonare il pianoforte, ricamare e cantare ero negata, nonostante gli sforzi, a Olga veniva meglio di me, ma avevo altri talenti, ovvero quelli, che sviluppavo. Oltre alle buone maniere, mia madre era abbastanza “illuminata” da consentirmi di studiare, assimilare e assorbire, la mia intelligenza un “dono” da non sprecare. Comunque, tornando al discorso di base, Alexei  era bravo a districarsi, nel coacervo linguistico di cui sopra, il piccoletto era sempre una sorpresa, in tutti gli ambiti.
“Grazie, sei una meraviglia”
 Lo conservo ancora, il foglio, riletto tra i tramonti di zucchero e ciliegia, fredde albe e dorati meriggi “Lo sappiamo” declinò, solenne.
“La modestia è sempre il vostro tratto peculiare, Altezza Imperiale” affermai, in tono serio e compassato, per celare l’ironia.  Alexei alzò le sopracciglia castane, perplesso, di figure retoriche certo non sapeva nulla, a quell’età, quindi scrollò la testa. “Andiamo a vedere le fontane..” lo misi giù, si fece prendere per mano e andammo, in processione, noi due e il marinaio-infermiera, una ragazzina, un bambino e un adulto, eravamo un poco incongrui. Già, sua madre aveva disposto che due mariani, Deverenko e Nagorny, fossero le ombre dello zarevic, balie, guardie del corpo e via così. Infermieri, e molto altro. Anna V., amica della zarina, nelle sue agiografiche, zuccherose  memorie scrisse che Deverenko faceva miracoli spesse volte nell’alleviare gli spasimi, la voce lamentosa di Alessio che chiedeva di essere preso in braccio, di stirargli la gamba o scaldargli le mani, mentre il marinaio si dava da fare per ore per dare requie agli arti doloranti. Come no.  Se ne occupavano le sue sorelle più grandi, specie Tatiana, giocava per ore con il suo piccolino, tanto Alix urlava e piangeva, in pratica Alexei era lasciato alla mercé di sorelle, balie e via così, oltre che me.
“Sei la mia mamma” affermava, convinto, fin da piccolo “Come Olga e Tata”  e la zarina sua madre, da venerare, proteggere, temere.
Ma tralasciava le bizze, i capricci e la petulanza di Alessio,  ci si potevano riempire volumi. Era  malato, viziato e arrogante, quando si metteva era uno sfacelo, e tanto era il centro dell’attenzione di tutti. E la sua rabbia e i capricci scaturivano dalla fragilità, inutile che materialmente avesse tutto se ogni urto era un potenziale messaggero di morte. La sua emofilia, il morbo, ci ho messo una vita a vedere che LUI non era la sua malattia.
Sua madre, quando crebbe, cercò di instilargli la censura di essere sempre attento, anche quando giocava, lo trattava da invalido, non da bambino.
Tranne che lo zar voleva che suo figlio stesse bene, tranquillo, mi adorava, (povera me!! Povero lui) e quando ero nei dintorni la vigilanza poteva scemare, gliele davano tutte vinte e il maggior capriccio, nel breve e lungo periodo, ero io, per lo zarevic. E lui il mio, gesti, comprensione, amore, chi osava toglierci, separarci o dividerci?  Un fait accompli, alla lunga ero la sola che sopportasse i capricci, le bizze e la rabbia di Alessio, senza essere pagata o per obblighi famigliari, un gradito intermezzo.
   
 
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