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Autore: queenjane    15/04/2019    1 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Era il 1909, di novembre, in Crimea, dopo il soggiorno in Spagna, dove avevo capito per la prima volta che avevi e avevo recuperato il coraggio.
“Io non lo capisco, ti voleva e poi quando arrivi ti saluta appena e ti gira al largo, pare arrabbiato e..” eravamo a Livadia, girando sulla spiaggia sottobraccio, osservando da lontano la costruzione del nuovo palazzo imperiale, lo avrebbero chiamato White Palace e i lavori sarebbero terminati, salvo nuove nei primi mesi del 1911.
Di candida pietra, avrebbe contato 60 stanze, balconi, colonne e loggiati e logge, insomma una mirabile e articolata struttura, con molti cortili, rievocando lo stile italiano.
“E’ arrabbiato.. Olga ”rilevai. Ce l’avevi con me perché non c’ero, nonostante le reiterate suppliche, e quindi.. fine, tanto valeva ignorarmi. Ed io  ero impacciata, quello che aveva detto Marianna sul morbo inglese e i presunti frammenti mi rendevano nervosa e rigida, avevo paura di farti male e  giravo al largo a mia volta, per quanto possibile, rimanendo per lo più con Olga e socie (così si definivano, tra l’altro, le imperiali sorelle. Ero ferma, immobile per timore, di mandare tutto per aria, come se maneggiassi una bomba a mano. 
“Ma come ragiona..”
“Ha cinque anni, Olga. E ..” come ero io a quell’età? Chiusa, testarda, murata nei miei silenzi, la ribellione stretta nei pugni, fingevo di non avere paura e ne ero divorata. 
“Tu invece che rimugini? Spara, Catherine, anche tu hai qualcosa, te lo leggo in faccia, anche se fai la gnorri, sei preoccupata ..” una pausa “Resta tra te e me, come al solito”
“Io.. non vorrei .. sarebbe una mancanza di rispetto..” mi scrutò basita.
“Tu vuoi sapere qualcosa e hai paura a chiedere”decodificò rapida, a volte era sommamente irritante che mi leggesse dentro come un libro aperto, altre un conforto.
“E’ su tuo fratello. Ha l’emofilia?” sul suo orecchio, per non farmi sentire da nessuno.
Se il silenzio producesse rumore avrebbe avuto un effetto come quello che seguì, il viso di Olga diventò color cenere, fumo e ghiaccio nonostante l’abbronzatura.
Il suo silenzio la conferma, lei e Tatiana, essendo le più grandi, sapevano e avevano giurato il segreto sopra la Bibbia, di non rivelare nulla a nessuno, quella verità era nota a un ristretto gruppo di familiari, medici e servitù. “A volte preferirei che fossi meno sveglia o curiosa” sospirando, le labbra le tremarono leggermente. “Questo è ..”
“Una cosa riservata, da non dire.”
“Mi fido di te come di me stessa.. solo che non potevo”
“Immagino, alcune cose sono davvero un segreto” e alludevo a me e al tormento che mi aveva eroso, ovvero avere il principe Raulov come padre, violenza e la rabbia.
“Hai ragione, ti ha fatto bene la Spagna” cercando lo scherzo “Olga, non volevo farti piangere..”
“Macché, è la polvere di questo cantiere arriva fino a qui.. e guardati per te. Tornando al nostro imperatore dei viziati, che giustamente lo chiami così, se ha buonsenso la rabbia gli passerà, sennò peggio per lui”
Formulai un paio di battute, nascose la risata dentro il fazzoletto, ci ricomponemmo, in fondo eravamo abituate a lasciar trapelare le emozioni tra noi.
E fu per il temporale. A fine estate ogni tanto scoppiavano, violenti, estenuanti, con un corteo di tuoni e lampi, da annerire il cielo, toccava accendere le luci  e a me avevano sempre dato sui nervi, mi incupivano senza rimedio, come quello che principiò mentre ero fuori dalla stanza di Olga, quel giorno non era scesa in spiaggia per “emicrania” e io le avevo fatto compagnia, quindi mi aveva spedito fuori senza che azzardassi domande.
“Principessa?” una volta ero Catherine o Cat, annotai, era meno formale tanto era meglio se giravo al largo, se ti toccavo e prendevi un urto..
“Sì, zarevic..” mi girai, arretrando di un mezzo passo, sorridendo che tenevi in mano un aeroplanino, ti piacevano come i trenini elettrici e gli aquiloni. 
“I temporali ti danno sempre fastidio? “
“Un poco ..”annotai che mettevi il broncio, le labbra strette “Parecchio, anzi”  era una scusa per avvicinarti senza perdere la faccia, l’orgoglio, che eri suscettibile come pochi.
L’ennesimo tuono.
Il rombo dei fulmini.
L’impianto elettrico saltò e rimanemmo al buio. Ero più vicina io di Deverenko, e avevo visto una miriade di giochi sparsi.. Se scivola e si fa male.. Gli vuoi meno bene dato che è malato..  No.
“Zarevic.. rimanete fermo, per favore” desta o sinistra, dove eri..mi misi carponi e .. “Vieni Catherine, dai”
“Fermo per favore.. che giochi inventate con quell’aeroplano..”un tono basso, le urla ti avrebbero innervosito.
“Di tutto un poco. E…” ti raggiunsi in tre secondi, ti serrai addosso. Movimenti istintivi, automatici.   
“Aleksej .. tesoro”profumavi di fieno e camomilla, ti dovevano avere lavato con quelle essenze, e sudore infantile, annotai  l’usuale rigonfio del pannolino sui fianchi, ti strinsi delicata, possessiva. 
“Hai paura?” divertito, tu.
“Sì” ti riferivi ai tuoni, io a che ti facessi male, percepii le tue braccia sul collo, ti serrai in grembo, massaggiandoti la schiena, così era più facile, o forse no, in prescienza lo avevi intuito prima di me. 
“Io no.. fifona” con ironia “Io non ho paura di nulla”
“Hai ragione..”  quanto tempo era passato da quando ti avevo tenuto stretto. 
Una vita. Un attimo, una lunga eternità.  “Sono una fifona..”
“Chiudi gli occhi.. Dimmi che ti tocco” mi sfiorasti il naso, la fronte, le guance, e sbagliavo, dicendo una parte per un’altra, a bella posta, ridesti.  Mi misi seduta, per terra, con sempre te in braccio, nemmeno brontolai quando mi tirasti i capelli, atto che in genere vedevo come il fumo negli occhi, una scocciatura e un dispetto.
“Sei sempre arrabbiata con me”
 “No .. Aleksej..” addolorata, senza fiato, ti avevo dato un dispiacere per la mia cecità, il mio egoismo “ Pensavo che..” tacqui, che  dovevo dire, che ero una cretina, un’idiota di prima categoria, appunto, che si fasciava la testa prima di essersela rotta.
“Non mi lasci più..”avevo voglia di dire di sì, e ti avrei preso solo in giro, non eri uno stupido od un ingenuo. Potevi essere piccolo come età anagrafica ed eri intelligente, svelto, difetti a parte,  più crescevi e più capivi.
“Cercherò di fare il meglio possibile..”
“Non è una grande risposta..” e di  migliori non potevo offrirne.
 Ero  goffa, di legno, di pietra, tu mi stavi aiutando a ricomporre i pezzi, sancendo poi, anni dopo, che ti tenevo al sicuro, ti facevo sentire protetto ed era vero il contrario.
   
 
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