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Autore: Cecile Balandier    18/04/2019    14 recensioni
Questa è una storia inaspettata, nata di pancia, che parla del coraggio di affrontare i chiaroscuri della vita affidandosi alla voce del cuore e alla potenza di un gesto di puro amore. 
" Non mi stai ancora stringendo a te, mi stai accudendo... Mi stai respirando...".
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Se avessi tra le dita petali di rose, li spingerei tra le carezze del vento. Li seguirei lungo il cammino, dispersi come granelli di sabbia, come fragile nube...

Fragile e sottile... è così che si sente in questo momento. Fragile e dai contorni sfumati, come un ricordo diluito dal tempo. 
Inafferrabile, come le prime gocce d'acqua che colpiscono sempre più rapidamente il suo viso, la stoffa del mantello, i palmi delle mani rivolti verso l'alto.
Osserva le increspature sullo specchio irregolare delle pozzanghere, tra i chiaroscuri della notte. Dove le gocce cadono si propagano piccoli anelli che crescono e abbracciano tutto, sparendo poi oltre il confine con la terra. E quando il temporale incalza, si crea un tumulto costante e le increspature si confondono tra di loro come tutto ciò che la circonda, che si vela d'argento e di fumo. 
Chiude la porta del Palazzo, dopo una breve corsa dalle scuderie sotto la luce dei fulmini. Sembra che tutti stiano dormendo e il contrasto tra lo scrosciarle addosso della pioggia e il silenzio di piombo dell'androne, la fa sentire improvvisamente più leggera, al sicuro... anche se non riesce ad allontanare la sensazione di fragilità, di impotenza, come se fosse una foglia trasportata dal vento. 
Allenta il colletto dell'uniforme, mentre le lacrime bagnano ancora i suoi occhi. Le lascia andare, per sciogliere il nodo che stringe la sua gola, e subito si rincorrono emozioni e immagini che hanno lasciato nella sua anima cicatrici invisibili. Sono ferite che non potranno mai veramente guarire. 
Non è stato possibile cancellare dalla mente il volto sconvolto di Alain e di sua madre, i loro singhiozzi, il loro strazio. Ed è impossibile ora dimenticare quella voce melodiosa, quell'innocenza... e non prendere parte alla sofferenza della sua amica. Ha sfiorato quel dolce viso per l'ultima volta, temendo di non riconoscerlo, in questa notte bagnata dalla tristezza... 
Eppure, ciò che si fa sentire più forte di tutto il resto, è il desiderio pungente di continuare a respirare. Quello che le impedisce di lasciarsi sanguinare e che la costringe ad ascoltare ciò che ora vuole essere anche vissuto. 
Sfila i guanti bianchi dalle mani, tirandoli con calma dalla punta delle dita. Se fosse giorno controllerebbe il loro candore, con il timore di trovarli coperti da piccole macchie scarlatte. 
Inspira profondamente, in quell'oscurità muta vuole soltanto ritrovare il calore della speranza.  
Perché adesso che il suo corpo malato si sta assottigliando, il suo cuore invece trabocca. 

Perché un soldato non dovrebbe lasciarsi coinvolgere dai sentimenti... ma è pur sempre un essere umano, con un cuore che batte proprio come tutti gli altri. Un debole richiamo di luce a pochi passi dallo scalone, delicato quanto il ricordo di un profumo, attira la sua attenzione. La porta della biblioteca è socchiusa e da quello spicchio di spazio scivola fuori un sottile filo luminoso che la invita a farsi guidare dall'istinto. E lei crede di sapere, prima ancora di infilare lo sguardo all'interno della stanza, chi vi troverà a sfidare le ore più buie della notte per aspettare il suo ritorno.
Cammina stancamente, ma i suoi passi sono sempre leggeri e silenziosi. Si ferma sulla porta e dopo aver guardato in quello spiraglio di luce sente il cuore scaldarsi, anche se improvvisamente la investe un pensiero doloroso. La paura di vederlo annegare nel buio ancora una volta. 
Pensa che avrebbe il tempo, se lo volesse, di nascondersi alle sue spalle senza farsi udire, e attendere, per metterlo alla prova una volta per tutte.
Ma ha deciso di credergli... 
E in fondo io... non posso allontanarti da me.
È seduto su una poltrona accanto ad un candelabro acceso. Le luci rivelano soffusamente una parte del mobilio di pregio e dei volumi disposti in ordine sugli scaffali di legno. 
Con una mano copre gli occhi, immerso in se stesso, come se volesse impedire alla realtà di creare pensieri o di riflettere nel suo sguardo immagini che lo possano distrarre. L'altra mano accarezza la copertina nera di una bibbia che tiene chiusa e poggiata con cura su una gamba. 
Ha pensato costantemente a lei, provando a leggere un salmo. Ha rivisto dentro di sé l'angoscia che solo poche ore fa albergava nei suoi occhi azzurri e nelle parole lasciate a metà come una luna e la sua parte oscura. E ora si chiede se lo guarderà con occhi diversi, d'ora in avanti. 
- Quando.... quando smetterà di piovere, André? -
Si volta di scatto verso quel suono inatteso e conosciuto, facendo scivolare la bibbia sulla poltrona. La raccoglie e la posa su un tavolino, accanto al candelabro. Le fiamme delle candele danzano leggermente al suo passaggio, quando lui si affretta a raggiungerla, come fanno i vetri delle finestre al frastuono dei tuoni. 
Il suo sguardo si riempie di tenerezza quando solo un passo li divide, e poi si assottiglia, vagando sui suoi lineamenti stanchi, sui capelli biondi incollati ai lati del viso, gli occhi arrossati, lucidi e cristallini.
Odia vederla piangere... da sempre.
Avrebbe voglia di stringerla, di tenerla al sicuro da tutto, anche da ciò che a volte non riesce a vedere. 
- Sono rimasta solo per pochi attimi. Sono distrutti... -
La sua voce è rotta e la sua anima esausta. Eppure, solo lì vorrebbe essere... con il corpo indolenzito, una spalla accostata alla parete, a sgocciolare sul pavimento come un albero piegato dalla tempesta.
- ... ho pregato per lui. -
La guarda con comprensione mentre parla quasi sottovoce e lei ricambia il suo sguardo, il suo cercarla nel profondo, nell'essenza del suo dispiacere, per lenirlo, per farne parte.
Ha pianto, il suo André...
È abbastanza vicina da poterlo notare. Abbastanza vicina da poter prendere la sua mano senza pensarci troppo, per stringerla nella sua, senza muovere altro che le pieghe del suo mantello fradicio. 
Lui sposta lo sguardo sulle loro mani unite che cercano conforto, che cercano calore, vicinanza. Uno sguardo carico di domande e così acceso, come questo contatto... che dura troppo poco o troppo a lungo... perché quando lei lo lascia andare, la sua mano si chiude, sfiora il fianco, quasi che quel tocco gli abbia lasciato un'impronta che provoca dolore. 
Puoi toccarmi... Solo tu. Non l'hai ancora capito... Un punto... proprio all'altezza del petto, inizia a muoversi, quasi stesse vibrando come il centro da dove nascono le increspature. E tutto ciò che si espande e cresce da quel punto è talmente dolce e anche violento che non riesce e non vuole fermarlo. Vuole che avvolga, che copra e rivesta tutta se stessa, anima e corpo. - Sei molto pallida... - Non riesce più a nascondere la sua preoccupazione, ma lei non vuole parlare di questo. Non adesso. Non mi stai ancora stringendo a te, mi stai accudendo... Mi stai respirando... Il cuore continua a pulsare come un sole cocente. Si volta, slaccia il mantello e lo abbandona sulla sedia più vicina che trova. Gli offre le spalle, rimane immobile, ma non può più trattenere dentro tutto ciò che ormai sta straripando. - Ho bisogno di te... - Glielo confessa così, sperando che non sia troppo tardi. Senza guardarlo, senza indugiare, senza tremare. Senza quasi dirlo veramente, perché le sue labbra forse hanno solo mimato queste parole, più che pronunciarle. Avrebbe voluto usarne altre, capaci di descrivere un amore sconfinato quanto disperato. E quasi crede che non abbia compreso... ma lui trattiene il respiro e quando il suo tocco arriva di nuovo, arriva per primo, non cerca più risposte. Sfiora i suoi capelli umidi e poi la schiena, con una carezza tra le scapole, prima che il suo braccio arrivi a circondarla, perché lei possa posarvi sopra una guancia e aggrapparsi con le mani e tutta la forza che le rimane. Col desiderio bruciante di entrambi di promettersi tutto e di quel bacio che presto apparterrà al loro destino. Aspettami... Perché quando tornerà a splendere il sole, un bocciolo di rosa si schiuderà con la forza e il profumo della purezza. Inarrestabile e prezioso quanto la vita che ci rimane. Solo un abbraccio, stanotte... Solo lacrime sulle loro labbra, sulle guance umide come morbide foglie di giugno, nel silenzio rispettoso della notte che ha visto volare via il Delfino di Francia. Solo un abbraccio, per riuscire a vedere Louis Joseph correre felice in sella a un piccolo cavallo bianco, a sfidare il vento tra i fiori di campo addormentati e i grigi steli d'erba sotto la luce delle stelle. ______________________
Questa storia è nata ascoltando "The Scent of Love" di Michael Nyman (musica dal film "The piano"), da cui ho preso il titolo. Buona Pasqua e grazie di cuore a chi leggerà. Cecile
   
 
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