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Autore: shira21    23/04/2019    1 recensioni
Due donne diverse ma entrambe impaurite dall'amore: Bianca, con un matrimonio fallito alle spalle, fa fatica a lasciarsi andare con gli uomini e Dalila nella sua breve vita ha collezionato più delusioni che gioie.
Complice un incontro casuale e una richiesta d'amicizia su Facebook, Bianca e Dalila si avvicinano sempre più fino a quando l'attrazione sboccia tra loro. Ma, per avere un futuro insieme, dovranno lasciarsi alle spalle le loro paure.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Sento vibrare il telefono e devo trattenermi dal lanciarmi sulla borsa per vedere la risposta di Dalila. Dal pranzo ci siamo sentite tutti i giorni, per ore, e dopo solo cinque giorni per me è diventata una cosa naturale, se non indispensabile. Era una cosa che non avevo provato prima, neanche con il mio ex marito; ogni notte Dalila mi scrive prima di andare a dormire e io leggo il messaggio appena sveglia: se devo essere sincera non ricordavo l'ultima volta che mi ero alzata con il sorriso. Lei invece mi fa sorridere sempre.
E anche arrossire quando ripenso alla sensazione delle sue labbra calde contro la mia pelle, alla sorpresa di voler allungare quel contatto e scoprire che sensazione avrebbe dato un bacio vero.
Guardo l'orologio con la stessa impazienza dei miei alluni «Avete ancora cinque minuti. Vi consiglio di rileggere le risposte»; dalle teste chinate sui fogli arrivano vari mormorii e anche una o due imprecazioni che lascio correre. Spero che questa simulazione d'esame vada meglio della scorsa o metà di loro me li ritroverò qui anche l'anno prossimo. Il suono del timer appoggiato sulla mia scrivania fa sussultare ben più di una schiena ma se non altro appoggiano tutti le biro sul foglio; un leggero chiacchiericcio si alza tra i banchi mentre la rappresentante di classe ritira tutti i compiti. Loredana mi rivolge un sorriso mentre mi porge i fogli, è un ottima studentessa ed è consapevole di esserlo, ma anche mentre ricambio mi rendo conto che metà del mio cervello sta pensando solo a Dalila.
Batto due volte le mani e quasi per miracolo ecco che scende il silenzio: capita una volta su cinque ma quando capita è sempre una gran bella soddisfazione.
«Fate dieci minuti di pausa: uscite a sgranchirvi le gambe e a mangiare qualcosa» dal rumore che fanno sembrano in trecento e non in venti eppure mi viene da sorridere a vederli precipitarsi fuori dall'aula. E quando anche l’ultimpo è uscito, finalmente prendo il telefono dalla borsa.
    Dalila: Sei libera questo sabato sera?
Mi mordo il labbro cercando di reprimere la sensazione di eccitazione che all'improvviso è esplosa nello stomaco.
    Bianca: Devo controllare la mia agenda ;)
    Dalila: Ti prego ti prego ti prego dimmi di sì

Leggo l'ultimo messaggio e rilascio di colpo tutto il respiro. Se chiudo gli occhi riesco quasi ad immaginarmela mentre fa gli occhi dolci per ottenere quello che vuole. Ho la sensazione però che non riuscirei a negarle mai nulla, occhi da gattina o meno.
    Bianca: Sì, sono libera... sei riuscita ad organizzare quello che volevi?
    Dalila: Anche di meglio ma non ti dirò di più: è una sorpresa

Le dita indugiano sulla tastiera, non voglio smettere di parlarle ma un nuovo messaggio mi fa ridere.
    Dalila: Torna dai tuoi studenti... noi possiamo parlare anche dopo :)
Dire che mi conosce è riduttivo, pare quasi che possa leggermi dentro.

    Bianca: Okay, almeno un indizio me lo devi dare o non so come vestirmi!
Mi siedo sul letto con il telefono in mano mentre osservo l'assoluto disastro che regna intorno a me: ho riversato l'intero contenuto del mio armadio su ogni superficie della stanza, ho provato ogni tipo possibile di outfit ma senza sapere dove dobbiamo andare mi è difficile, se non impossibile, fare una scelta.
Mi lascio cadere all'indietro, i capelli appena lavati e che profumano di cocco mi si spargono come un areola tutt'intorno, mentre stringo il telefono contro l'accappatoio bianco che ancora indosso. Chiudo gli occhi e mi costringo a fare di respiri profondi: mi devo calmare!
Cosa che però non riuscirò a fare a breve visto che appena mi arriva la notifica di risposta il mio cuore inizia a correre. Non capisco e sono confusa, non ho mai provato questo misto di ansia e pura gioia neanche ai primi appuntamenti con Giorgio. Felice sì ma con una sorta di placida calma e serenità. Un po' come confrontare lo stagno sotto casa con un oceano in tempesta!
Sblocco il cellulare con le dita che mi tremano.
    Dalila: Niente di troppo chic o pretenzioso. Elegante, se vuoi, ma comoda
Non mi ha detto molto ma alla fine decido per dei pantaloni neri a sigaretta anche se devo saltare un po' per riuscire a metterli e un top senza maniche rosso a pois bianco, tanto morbido che lo sento frusciare sulla pelle ogni volta che mi muovo. Infilo gli stivaletti con il tacco e decido di lasciare i capelli sciolti. Quando mi guardo allo specchio resto sorpresa che un semplice cambio di stile possa aver cambiato tutta la mia immagine: non sembrerò di certo una ragazzina come Dalila ma non dimostro neanche trentanove anni.
Sorrido perché era parecchio che non mi sentivo così spensierata.
    Bianca: Dove?
Anche perché abbiamo deciso di incontrarci direttamente sul luogo, una sua regola per gli appuntamenti in modo tale che nessuno risulti dipendente dall'altro; non è una pessima idea perché se l'appuntamento dovesse essere disastroso almeno non c'è bisogno di affrontare anche un intero tragitto in macchina.
    Dalila: il parco con il labirinto
Mi mordo il labbro ma non riesco a mettere di sorridere.
    Bianca: Perfetto, parto ora allora
Risponde con un pollice alzato e mi ritrovo a scendere le scale a due a due, il cuore pieno in modo scandaloso di aspettativa e gioia; forse dovrei smettere di analizzare mille volte quello che sento e semplicemente viverlo.

Il tragitto da casa mia al parco diventa un ricordo nebuloso, come avessi guidato con il pilota automatico, ma la mia mentre torna lucida appena la vedo: è stupenda. Non ha nulla addosso  i particolare o sgargiante, dei semplici leggings neri e una lunga maglia grigio chiaro, eppure ciò che attira l'attenzione è quella sua vivacità, un energia che le scorre sotto pelle come se dovesse mettersi a saltellare da un momento all'altro o a fare le giravolte. E quando anche lei mi vede s'illumina letteralmente dall'interno: si alza in punta di piedi e mi saluta con un sorriso tutto fossette.
«Wow, stai benissimo» sento il suo sguardo scivolarmi addosso e... ed piacevole! «Beh, non mi avevi dato molte indicazioni», Dalila scoppia a ridere e mi prende sottobraccio, come se l'avesse già fatto un centinaio di volte, e dopo l'irrigidimento iniziale mi lascio trascinare.
«Bianca, devi iniziare ad accettare i complimenti. Regola numero... a che numero siamo arrivate?»
«Sei o sette, credo».
«Credi?» Lo dice con un tono talmente esagerato che mi scappa una risatina «Male male, deve studiare di più!» Fa l'espressione severa che però si scioglie subito in un altro sorriso. «Va bene, quindi regola otto: accetta sempre i complimenti».
«Sai che hai un sacco di regole?» Ma stavolta mi becco davvero un occhiataccia da sotto a sopra e subito faccio marcia indietro «Allora, grazie».
Il suo sorriso ora è, se possibile, ancora più ampio e mi chiedo come si faccia a sorridere in questo modo: non solo con le labbra ma con ogni singolo muscolo del volto, forse persino con le orecchie.
In breve riusciamo a trovare un perfetto equilibrio: parliamo e camminiamo in perfetta sincronia, e se mai avessi avuto paura che la nostra intesa fosse solo telefonica mi sarei dovuta ricrede; è talmente facile parlare e scherzare con Dalila che non faccio neanche caso alla strada che stiamo facendo, dimentico persino che mi sta tenendo a braccetto, una mano sulla mia pelle e l'altra che svolazza mentre racconta -è una ragazza che gesticola parecchio-, e del fatto che qualcuno ci possa vedere. In questo momento non me ne potrebbe importare di meno di quello che pensano gli altri, vedo solo Dalila con gli occhi brillanti di emozione, le guance arrossate e la risata cristallina.
«Eccoci arrivate» Mi guarda attraverso le lunghe ciglia scure, improvvisamente timida, studiando la mia reazione. Guardo l'edificio, sembra una piccola arena, e la guardo perplessa. Dalila però deve fraintendere la mia espressione perché si spegne di colpo, come una candela esposta al vento, «Non ti piace».
Non penso neanche a quello che sto facendo, le prendo il viso tra le mani e lo alzo verso di me «Mi hai sentito dire che non mi piace? No. Anche perché non ho idea neanche di che cosa sia» e proprio come speravo sarebbe successo la vedo rianimarsi anche solo solo un pochino.
«Ti ricordi che ti avevo detto che facevo pattinaggio» Aspetta che io annuisca prima di continuare «Io facevo pattinaggio artistico sul ghiaccio, questo invece è una pista di pattinaggio a rotelle».
Mi guarda speranzosa ed io non riesco a trattenere un sorriso «È un idea magnifica!» Tanto basta per riaccendersi del tutto e solo a questo punto mi rendo conto che la sto ancora tenendo il volto e che sostanzialmente siamo vicinissime. Mi schiarisco la gola e faccio un passo indietro, lasciandola andare. «Non vado sui pattini da quando ero una ragazzina» poi mi cade l'occhio sul foglio degli orari e sento un sussulto: non voglio rovinarle la sorpresa ma «È chiuso».
Dalila ride e scuote la testa «Non che non lo è».
«Sì, invece. Chiude alle cinque e mezza» e le indico il foglio. Ma invece di rattristarsi mi fa l'occhiolino «Donna, abbi un po' di fiducia» e con una mossa di prestigiatrice mi fa dondolare davanti un mazzo di chiavi.
«Potevi anche dirmelo subito, ora mi sento un idiota» faccio il broncio mentre fa scattare la serratura. Mi apre la porta con un gesto plateale, ridendo, «Ma non avrebbe avuto lo stesso effetto». Ed ha ragione.
Man mano che entriamo dentro accende le luci e da come si muove capisco che il posto le è abbastanza familiare da muovercisi anche al buio. «Vieni qui spesso» la mia è un affermazione ma lei annuisce comunque «Quando ho dovuto smettere di pattinare pensavo che quella parte della mia vita fosse conclusa ed in un certo senso è anche vero ma in un altro» si scrolla le spalle e mi fa entrare nella sala principale «come dire? Non sarà mai la stessa cosa ma è ciò che si avvicina di più».
È la seconda volta che mi parla del suo passato da pattinatrice ed entrambe le volte l'ha fatto con tanta passione da farmi venire voglia di provare anche a me.
«Perché hai smesso?»
Il suo sguardo si adombra subito e cerco di correggere il tiro, anche se in ritardo «Non sei obbligata a dirmelo» ma lei mi rivolge un altro sorriso anche se più triste «Tranquilla, non è niente che non potresti trovare anche su internet: mentre facevo un salto la caviglia mi ha ceduto e addio carriera agonistica». Lo dice come se nulla fosse ma riesco a vedere quanto dolore ci sia dietro e, anche se vorrei farle altre domande, decido di non insistere. Invece indico la pista «Allora, come funziona?»
Sento letteralmente la tensione abbandonarla mentre mi guida verso le panche «Ora ti trovo dei pattini della misura giusta e poi vediamo come te la cavi in pista. Numero?»
Mi siedo sulla panca che mi ha indicato «38. E non aspettarti grandi cose». Dalila ridacchia, un suono che sta diventando uno dei mie preferiti, prima di andare in un altra saletta. Mi guardo intorno e devo dire che il posto non è niente male; come ho fatto a passarci davanti per anni senza mai vederlo?
Osservo la grande pista con il parquet lucidato da poco di forma ovale e con una ringhiera rossa tutt'intorno e mi sembra quasi di vedere una di quelle sfida di corsa sui pattini che ogni tanto mostrano in qualche trasmissione TV. A distogliermi dalle mie riflessioni è la musica che di colpo inizia a diffondersi dagli altoparlanti, i Pink Floyd se non vado errata.
Dalila torna tutta allegra e mi porge i miei roller, i classici a 4 ruote disposte a due a due, e si siede vicino a me per mettersi i suoi. Ed è decisamente più veloce di me visto che nel tempo in cui io ho a malapena capito come chiuderli lei ha già finito e si è messa ad osservarmi.
«Non sono pratica» ma lei si limita a scrollare le spalle «Non ci corre mica dietro nessuno. Però...» mi guarda intensamente, tanto che inizio a sentire il volto prendere fuoco, sensazione che aumenta quando allunga una mano e mi prende una ciocca tra le dita. Mi blocco mentre la vedo sfregarla tra i polpastrelli, con un espressione sovrappensiero, e delle piccole scosse elettrice mi partono dalla nuca fino alla spina dorsale.
«Dalila?» La voce mi esce leggermente roca e mi rendo conto di avere il respiro accelerato. Ha detto niente baci e non so come reagirei ad un bacio da parte di un altra donna però in questo momento sarei quasi tentata di scoprirlo. Lei invece pare risvegliarsi perché lascia andare i miei capelli di colpo come scottassero e addirittura si alza per allontanarsi di alcuni passi. «I capelli sciolti ti stanno molto bene ma forse saresti più comoda se te li legassi» e mi passa un elastico, senza avvicinarsi, tanto che mi devo alzare a metà per arrivarci. Metto l'altro pattino e inizio a farmi una coda alta.
«Grazie», Dalila pare ancora pensierosa ma è una cosa che dura pochi secondi e poi torna la solita allegra e pimpante. «E ora ci scateniamo» mi precede in pista e pare più a suo agio sui pattini che in qualsiasi altra situazione; anche un idiota capirebbe che è fatta per stare lì sopra.
Fa una mezza piroetta e si gira a guardarmi «Forza pigrona!»
Mi faccio forza e la raggiungo, anche se in un modo decisamente più traballante, tanto che dopo pochi passi devo aggrapparmi alla ringhiera per non cadere.
Alle mie spalle Dalila inizia a ridere.
«Non è divertente» ma mentre lo borbotto anche a me viene da ridere.
«Lo è, Bambi, lo è!» mi raggiunge in pochi e fluidi passi e, come fosse la cosa più naturale al mondo, mi prende la mano libera. Mi guarda per un secondo ed ora la sua espressione è molto più dolce «Forza, fidati di me». Sono solo i suoi occhi, solo quei due smeraldi luccicanti, dolci e affidabili, che mi danno la spinta per lasciare andare la sbarra di ferro. Dalila annuisce e inizia a camminare all'indietro, trascinandomi con sé. «Piega un po' le gambe, non stare rigida o cadremo in meno di due minuti» seguo le sue istruzioni man mano che ci muoviamo. Nulla di trascendentale, solo una serie di passi, eppure come da previsione poco dopo finiamo a terra. Mi rialzo subito, per non pesarle addosso, ma quando provo a scusarmi scuote la testa «Avrei dovuto darti delle protezioni. È che io non sono più abituata a metterle». Guardo le mani che si stanno già arrossando «No, va bene così. Hai attutito la parte peggiore». Ridiamo entrambe e ricominciamo daccapo. Inutile dire che cadiamo altre tre volte eppure non si lamenta mai, anzi ogni volta m'incoraggia e mi corregge man mano che sbaglio.
«Sposta i piedi più a V ma non buttare tutto il peso su un lato» correggo immediatamente la postura e, qualche canzone dopo, mi rendo conto che non mi sta più trascinando, anzi mi sta a malapena tenendo. «Ce l'ho fatta» lo dico con la stessa gioia di una bambina e Dalila scoppia a ridere, allontanandosi di qualche altro passo. Sento immediatamente la mancanza del suo tocco ed è un qualcosa che mi spinge a raggiungerla. Continua a pattinare all'indietro, rallentando e accelerando, ma restando sempre fuori portata.
«Migliori in fretta» e, al contrario mio, non ha neanche un accenno di fiatone. «Ora capisco perché mi hai scritto di mettermi vestiti comodi anche se non devo essere un granché sexy, scarmigliata e sudata» cerco di buttarla sull'autoironia visto che lei, invece, ha solo alcuni ciuffetti che sono sfuggiti dalla treccia ad incorniciarle il volto e le guance rosse, ma quando parla quasi finisco di nuovo a terra. «Non ti definirei sexy ma erotica».
«Co-cosa?» Incespico e lei accorcia automaticamente le distanze per allontanarsi nuovamente dopo essersi accerta che non sto per volare giù.
«Ho detto che sembri una visione erotica: pare che tu abbia appena finito di fare sesso» mi fa l'occhiolino mentre io credo di essere arrostita persino sul collo e sulla punta delle orecchie. È difficile sentirsi più vecchia di lei quando mi sento una tale imbranata al confronto!
Decido di non ribattere e invece mi impegno a pattinare nel modo più fluido, o decente almeno, possibile fino a quando non inizio a sentirmi affaticata. Mi ha mostrato qualche altra mossa, un po' più complessa, ma per ora da sola non sono ancora riuscita a farle. Non mi lamento, mi piace la sensazione delle sue dita fresche sulla mie pelle accaldata.
«Sono esausta» mi avvicino alla ringhiera e mi rendo conto che ho tanta, tanta sete. Dalila alza lo sguardo sull'orologio e sgrana gli occhi «E ci credo anche: stiamo pattinando da quasi due ore». Alzo anche io lo sguardo e rimango basita, non pensavo fossimo lì neanche da un una.
«Vola il tempo quando ci si diverte» e lei annuisce.
«Vuoi fermarti?»
«Voglio bere qualcosa come un intera bottiglia d'acqua tutta d'un fiato ma vorrei anche...» mi fermo prima di finire la frase. Dalila si avvicina e mi scosta da davanti una ciocca dispettosa «Sono qui per esaudire ogni vostro desiderio, milady» esegue anche un perfetto inchino, ammiccando con una risata negli occhi.
«Sentiti libera di dirmi di no ma vorrei vederti andare davvero sui roller. Cioè, senza io che ti faccio da zavorra».
«Punto primo, non sei stata per nulla una zavorra. Punto secondo, non vedo perché no» indietreggia fino al centro della pista, con una sicurezza che non ho mai visto in nessuno, derivata dall'assoluta fiducia nelle sue capacità, mentre io invece mi sposto dall'altro della ringhiera. La canzone attuale sfuma e quando la successiva inizia, High Hopes, Dalila si trasforma: non è solo brava, ha passione e talento: due cose difficili da trovare nella stessa persona.
Si muove fluida, fa delle piroette impeccabili e alla curva incrocia la gambe dandosi ancora più spinta; canticchia allegra ed è impossibile staccarle gli occhi di dosso. Mi rendo vagamente conto che l'unica cosa che non fa sono i salti, forse per la storia che mi ha raccontato prima, ma tra il ritmo incalzante e lei che pattina come se fosse nata solo per quello me ne dimentico in fretta.
La canzone finisce, anche se mi pare troppo presto, e lei viene da me; ora anche lei è sudata e tutta scombinata e capisco il suo commento di prima: definirla sexy sarebbe riduttivo.
«Ti è piaciuto?»
«Non ho mai visto niente del genere!» Quasi ci manca che mi metta a saltellare e battere le mani ma sono appena diventata una sua fan. «Sei bravissima... incredibile!»
Mi accorgo che le guance le sono diventate ancora più rosse e ha un sorriso soddisfatto.
«Forza che ti porto a mangiare» e con naturalezza mi sfreccia accanto verso le panche. Quando la raggiungo noto la bottiglietta d'acqua e la apro avidamente «Bevila tutta», ed io non me lo faccio ripetere due volte.
Una volta che abbiamo di nuovo sistemato, spento e chiuso tutto accogliamo con gioia il venticello fresco che soffia fuori mentre ormai sta tramontando.
«Ti volevo portare in un ristorante ma...» mi metto a ridere «Siamo un po' troppo sudate per un ristorante».
Se dovessi definire il suo umore attuale direi che è imbarazzata «Non pensavo di rimanere così tanto».
Stavolta sono io a prenderla per mano, non so perché ma dopo le ultime due ore mi sembra naturale farlo, e le indico un chiosco. «Un panino?»
Ed è così che finiamo l'appuntamento: sedute spalla a spalla, vicino a un laghetto artificiale, a mangiare due panini al tonno e pomodoro, continuando a chiacchierare di tutto e di niente mentre la sera scende su di noi.
Mi si stringe contro mentre mi riaccompagna alla macchina, l'aria ora è molto più fredda e posso sentire la sua pelle d'oca. «Avresti dovuto portarti una giacchetta», Dalila però alza lo sguardo su di me e sorride «Una giacchetta? Non ho mica ottant'anni» e subito dopo fa un piccolo starnuto che pare uno squittio e non posso fare a meno di mettermi a ridere.
Mi appoggio con la schiena alla mia macchina «Hai bisogno di un passaggio?»
Voglio che mi dica di sì, che questa serata continui anche se solo per altri dieci o venti minuti. Invece Dalila scuote la testa e abbassa il capo guardandomi solo a tratti da sotto le ciglia. «Mi piacerebbe ma poi come recupero la mia di auto?»
«Giusto» e cerco di mascherare la delusione, anche se a giudicare dal modo in cui le si allarga il sorriso direi che non ho fatto un buon lavoro.
Non mi ero resa conto che le stavo ancora tenendo la mano nella mia finché non inizia a giocherellare con le mie dita, provocandomi una sensazione di calore e piacere.
«Posso presumere che l'appuntamento sia andato bene?»
Non resisto alla vocina dolce che mi sta facendo di colpo e l'abbraccio; respiro l'odore dei suoi capelli e sfrego la punta del naso sulla pelle vicina all'orecchio, in un punto in cui odora di vaniglia, zucchero e semplicemente Dalila.
«È stato fantastico... tu sei fantastica!»
Non so se è perché ci ho pensato per giorni, se è per il calore del suo corpo quando mentre intorno a noi fa freddo o se è  perché la gioia mi ha bloccato il cervello ma fatto sta che, senza rendermene conto, chino il viso verso il suo, le labbra che sfiorano le sue. Ma, prima che questo non-bacio possa diventarne uno vero, Dalila mi appoggia le dita sulle labbra.
«Mi piacerebbe da morire baciarti, Bianca, ma non sei tipo da baciare al primo appuntamento di solito e poi» mi guarda con una strana luce negli occhi e finisce la frase con la voce bassa «io sono solo il giro di prova, ricordi? È Daniele quello che vuoi». Il suo sorriso non mi è mai parso tanto finto ma m'impedisce di parlare. La guardo sospirare e ritrarsi; come l'altro giorno si alza sulle punte e mi da un bacio sulla guancia ma esita un istante di più prima di mormorare «È un uomo fortunato».
Di nuovo, faccio per parlare ma scuote ancora la testa, indietreggia e praticamente scappa via.
Stordita, apro la macchia e scivolo sul sedile. È stato il miglior appuntamento della mia vita e di colpo tutto ciò che sapevo su me stessa mi pare fasullo e sento le fondamenta stesse della mia vita scuotersi fino a far crollare ogni singola certezza. Perché la verità è che al momento di Daniele, o di chiunque altro, non m'importa nulla e l'unica che vorrei baciare è lei, solo lei.
   
 
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