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Autore: Kodocha    24/04/2019    3 recensioni
Akito Hayama, ventiquattro anni; in seguito ad una dolorosa ferita amorosa, inflittagli dalla donna con cui avrebbe dovuto convalidare a nozze da lì a breve, decide di abbandonare Los Angeles e ritornare in Giappone, dalla sua famiglia.
Nonostante sia disposto ad avere tante donne a scaldargli il letto e nessuna a scaldargli il cuore e convinto di non poter provare più alcun tipo di sentimento per il gentil sesso, gli toccherà fare i conti con lei, Sana Kurata, una furia dai capelli ramati, nonché la nuova governante assunta da Natsumi.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Akito/Fuka, Naozumi/Sana, Sana/Akito
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Allora sei proprio sicuro di non voler partecipare alla festa in piscina?»
«Sì»
«Sicuro, sicuro, sicuro? Ti voglio ricordare che ci saranno molte mie amiche» Natsumi sorrise in modo provocatorio e, muovendo eloquentemente le sopracciglia dall’alto verso il basso, aggiunse «In bikini»
«Ringraziando i Kami non ho bisogno di partecipare alla tua stupida festa per vedere delle donne mezze nude. Inoltre…» la guardò, sollevando un sopracciglio con disappunto «Ti vorrei far presente che hai ventisette anni suonati Nat, non sedici. Ti sembra maturo da parte tua approfittare del viaggio di lavoro di papà per organizzare un…»
«Risparmiami la predica, per favore» l’interruppe, puntandosi le mani sui fianchi «Non c’è nulla di male nel volersi divertire con i propri amici, così come non c’è nulla di male nello sfruttare la mega piscina che abbiamo in giardino per… »
«Okay, fa come vuoi» l’interruppe a sua volta, sbuffando come una locomotiva «Ma sappi che, semmai la tua combriccola d’amici dovesse causare qualche danno alla casa, non mi assumerò alcun tipo di responsabilità, sarai l’unica a doverne rispondere a papà quando tornerà»
«Nessuno causerà alcun tipo di danno, Akito, puoi stare tranquillo. D’altronde stiamo parlando di persone mature e responsabili, non di ragazzini stupidi e spericolati»
«Stando alle persone che frequenti avrei qualcosa da ridire, ma lasciamo perdere» sospirando, prese posto accanto alla scrivania della sua camera «Adesso devo lavorare, ho un progetto da consegnare a breve. Mi raccomando, non fate troppo rumore e soprattutto non permettere a nessuno di salire al piano superiore»
«Tranquillo, non ti accorgerai neppure della nostra presenza» gli strizzò l’occhio e, dandogli le spalle, concluse «Ti saluto, devo ancora scegliere quale costume indossare. Se cambi idea sai dove trovarci»
Akito si limitò a salutarla con un gesto annoiato della mano, sfilò dalla valigetta il foglio con su illustrato il progetto architettonico a cui stava lavorando e lo appoggiò sulla scrivania, sperando che almeno quel giorno sarebbe riuscito a superare quel blocco che da diversi giorni non gli consentiva di andare avanti con planimetria, un blocco tale che lo stava mandando letteralmente fuori di testa; era conscio e fiero delle sue capacità lavorative, sapeva di avere talento, dunque odiava quella mancanza d’ispirazione, il non riuscire a dare il massimo di sé ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a superarlo.
Era a corto di idee, ogni sacrosanta volta che posava gli occhi su quel foglio la sua mente sembrava andare in totale blackout ed era la prima volta, da quando aveva intrapreso quel mestiere, che gli capitava una situazione del genere.
Sbuffando, provò a disegnare delle linee a caso, cancellandole subito dopo, con così tanta stizza e nervosismo da rischiare di dividere la gomma a metà.
Lanciò la matita dall’altra parte della scrivania e, imprecando come se non ci fosse un domani, si lasciò andare sullo schienale della sedia, portandosi entrambe le mani sul volto; non ne poteva più, tutto ciò era davvero destabilizzante.
Circa un'ora dopo, esasperato come non mai, lasciò vagare lo sguardo sul soffitto, come se fosse in attesa di una sorta d’illuminazione e, nel mentre, sentì un rumore di passi provenire dal corridoio.
Si voltò, incuriosito, guardando oltre la porta lasciata semi aperta , giusto il tempo di intravedere Sana passare con un sottospecie di gonnellino turchese e la schiena… nuda. Nuda?! Hayama spalancò le palpebre e, prima di rendersene conto, si ritrovò a balzare dalla sedia, spalancare la porta e sgattaiolare fuori al corridoio, trovandola lì, vicino alla rampa di scale «Kurata»
Quest’ultima si voltò, mostrandosi con solo un misero bikini bianco a triangolo a coprirle il seno e un pareo che Akito, non capendoci molto, aveva scambiato per un gonnellino. Era splendida e lui ne rimase estasiato «Sì?»
«Ma… ma… » deglutì, boccheggiando con la stessa frequenza di un pesce rinchiuso all’interno di una boccia di cristallo, scendendo continuamente lo sguardo su quel corpo armonioso «Dove… dove stai andando? E perché sei conciata in quel modo?»
Sana scrollò le spalle, portandosi indietro i capelli «Nat mi ha invitato alla festa in piscina e, visto che è il mio giorno libero, ho deciso di accettare»
«Ah»
«Tu non vieni?»
«No… io…» si sentiva un completo idiota lì in piedi davanti a lei, senza ben sapere cosa dire o fare, eppure non poteva farci niente. Quel ventre piatto, la curva dolce del seno, quelle gambe lunghe ed affusolate, l’avevano letteralmente stregato «Dovrei lavorare, sai com’è, ho una consegna a breve» preferì, scompigliandosi nervosamente i capelli «Seppur non sia ancora riuscito a superare quel blocco di cui ti ho parlato»
«Un motivo in più per unirti a noi, allora»
«Dubito che una festa mi aiuterà a risolvere i problemi d’ispirazione»
«Scollegare per un po’ il cervello non potrà che farti bene, Hayama. Hai bisogno di prenderti una pausa o rischierai seriamente di dare di matto» constatò, prima di alzare una mano in segno di saluto e aggiungere «Adesso scusami ma devo proprio andare, devo aiutare Nat a preparare il tavolo del buffet. Semmai deciderai di venire sarai il benvenuto»
Akito annuì, osservandola scendere velocemente la rampa di scale, con quel maledetto pareo svolazzante, un po’ troppo coprente per i suoi gusti.
Sospirò. Cos’avrebbe dato per vederla senza quell’inutile pezzetto di stoffa.
Un pezzetto di stoffa che, molto probabilmente, avrebbe tolto per tuffarsi in piscina, o per prendere il sole, o… «Ma perché diavolo sono ancora qui?» borbottò tra sé e sé.
Si diresse a grandi falcate nella sua stanza, sentendosi anche piuttosto sfigato, come un adolescente in piena crisi ormonale che non aveva mai visto una donna mezza nuda e spalancò le ante dell’armadio, alla ricerca del costume da bagno che, tra le tante cose, aveva infilato in valigia prima di scappare via da Los Angeles «Maledizione, ma dov’è finito?» sbottò, lanciando i suoi abiti sul pavimento, riducendoli in ammassi di stoffa sgualciti e mal ridotti.
Era assolutamente consapevole di quanto fosse ridicolo il suo comportamento, così com’era consapevole che la cosa più giusta da fare era quella di rimettersi a lavoro e smetterla di fantasticare sulla sua governante, eppure non riusciva a darsi un contegno «Trovato!» esultò, sfilando dallo scatolone un costume da bagno blu leggermente sgualcito, molto somigliante ad un paio di boxer.
Si spogliò, lo indossò, si diede un veloce sguardo allo specchio, scese al piano inferiore ed uscì in giardino, trovando una dozzina di persone sparpagliate un po’  ovunque, tra tavoli, sdraio e palloni gonfiabili «Guarda guarda chi si è deciso ad onorarci della sua presenza» bonificò Natsumi, comparendogli davanti con un bikini dalle fantasie floreali, un paio d’occhiali da sole enormi sul naso e un cocktail tra le mani «Per quale motivo hai cambiato improvvisamente idea?»
«Nessun motivo in particolare, avevo solo bisogno di prendermi una pausa» mentì, scollando le spalle.
Non poteva certo confessarle che l’unico motivo per cui aveva deciso di prendere parte a quella stupida festicciola era poter ammirare Sana in tutto il suo splendore… non gli andava di essere etichettato come un maniaco disperato, anche se era proprio così che si sentiva.
Sentì Nat aggiungere qualcosa, ma non si curò neppure di ascoltarla, impegnato com’era a cercare una chioma rossa a lui ben nota e quando finalmente la trovò, distesa su una delle sdraio, non ci pensò due volte a liquidare la sorella e dirigersi nella sua direzione, fermandosi ad un passo da lei.
La trovò con gli occhi chiusi, un braccio portato sulla fronte, la gamba destra piegata e priva di quell’insulso pareo a coprirla… peccato solo che, essendo distesa di schiena, quel lato b che tanto desiderava poter ammirare non era visibile ai suoi occhi.
“Che sfiga” pensò tra sé e sé, ignorando quella fastidiosa vocina nella testa che, imperterrita, continuava a rinfacciargli di quanto fosse stupido e patetico il suo atteggiamento.
Si schiarì la voce con un finto colpetto di tosse, giusto per attirare la sua attenzione e Sana aprì lentamente gli occhi, lo guardò e sorrise «E così alla fine hai deciso di venire»
«Eh già»
«Come mai hai cambiato idea?»
«Ho semplicemente seguito il tuo consiglio, Kurata» le rispose distrattamente, perdendosi nuovamente ad ammirarla; osservò quelle ciglia che sembravano finte tanto era lunghe, quelle iridi color cioccolato che, al sole, parevano un po’ più chiare del solito, le piccole lentiggini sul naso, le labbra carnose, i lunghi capelli ramati che le ricadevano fino a metà schiena, scese su quella piccola parte di seno scoperta, sul ventre, sul laccetto del bikini legato sul fianco, sulle quelle gambe sinuose e domandarsi come fosse possibile che un semplice essere umano potesse possedere una tale bellezza fu inevitabile.
Con la gola secca e gli ormoni che quasi lo imploravano anche solo di sfiorare quella pelle bianca e liscia come la seta, Akito deglutì a fatica, risalendo lo sguardo per incontrare il suo e quando la trovò intenta ad ammirarlo a sua volta, soffermandosi più del dovuto sull’addome scolpito, non poté far a meno di ghignare «Visto qualcosa d’interessante?» ammiccò.
La vide trasalire, come una bambina colta con le mani nel sacco, ed arrossire così tanto da raggiungere quasi lo stesso colorito dell’asciugamano sulla quale era distesa «Che?! No, è solo che…» si voltò velocemente dall’altra parte, arrotolandosi una ciocca di capelli intorno all’indice «Non.. non sapevo che fare l’architetto scolpisse tanto il fisico»
«Dovresti sapere che presto molta attenzione all’attività fisica»
«Mh, già, è vero» imbarazzata, evitò accuratamente di incrociare quegli occhi ambrati, spostando lo sguardo su qualsiasi cosa che rientrasse nel suo campo visivo, vivente o non, per poi concentrarsi sul batuffolino nero ch’aveva adottato circa due settime prima, beatamente accoccolato tra le braccia di una ragazza dal caschetto corvino «A quanto pare Aki ha fatto colpo» costatò, un tantino infastidita, come se le desse noia vedere quel cucciolo farsi coccolare da un’altra.
 «Kurata» la chiamò l’altro, visibilmente seccato «Ti avrò ripetuto almeno un centinaio di volte di non chiamare quella palla di pelo con il diminutivo del mio nome»
«Ed io ti avrò ripetuto altrettante volte che quel nome mi piace, quindi piantala di fare storie» sbuffò.
«Ma non potevi sceglierne uno più normale? Ad esempio Rex, Rocky, Billi, Hachiko, Ro…»
«Che banalità!» l’interruppe, storcendo appena il naso.
«Ah, certo, perché Aki invece è originale»
«Altroché se lo è! Inoltre…» lo guardò, corrucciando la fronte «Ti faccio presente che un’altra persona, al tuo posto, avrebbe apprezzato la mia scelta di…»
«Non una persona sana di mente, Kurata, poco ma sicuro» la zittì, intuendo dove volesse andare a parare «Quindi provvedi a cambiarglielo, o lo farò personalmente»
«Ma non puoi, ormai si è già abituato!» obiettò, tirandosi su a sedere «Ogni volta che sente pronunciare il nome Aki, drizza le orecchie e scodinzola. Si sentirebbe spaesato se iniziassimo a chiamarlo diversamente»
«Non è un problema mio»
«Sei un insensibile!»
«Pensala come ti pare, fatto sta che devi cambiarglielo»
«Non se ne parla» affermò decisa, incrociando le braccia sotto al seno «Continuerà a chiamarsi in quel modo, che ti piaccia o meno»
«Kurata» si piegò su di lei, assumendo un’aria minacciosa «Sappi che se non farai come ti dico, finirai col pentirtene»
«E’ una minaccia?»
«Forse»
«Credi davvero di farmi paura, Hayama?» gli chiese, sollevando un sopracciglio.
«Ti converrebbe averla»
Sana scoppiò a ridere di gusto, per nulla intimorita, smettendo solo quando sentì una mano di Akito posarsi sotto le sue gambe e l’altra sulla schiena; si sentì rabbrividire, ma non sapeva se ciò era causato dal lieve piacere scaturito da quel contatto, o dalla consapevolezza di quanto sarebbe accaduto da lì a breve «Ma… ma che diavolo fai?» balbettò, ma lui non se ne curò affatto, la sollevo, si avvicinò velocemente al bordo piscina e fece per gettarla in acqua, ma all’ultimo qualcosa andò storto; le braccia di Sana si avvinghiarono con forza intorno al suo collo, trascinandolo con lei.
Finirono entrambi in quell’enorme piscina, riemergendo una frazione di secondo di distanza l’uno dall’altra.
Infreddoliti e bagnati fradici, si guardarono dapprima in cagnesco e poi, come se nulla fosse, scoppiarono a ridere a pieni polmoni, sotto gli sguardi sconcertati del resto degli invitati, in particolar quello di Natsumi che mai aveva visto suo fratello divertirsi in quel modo.
«Sei proprio un idiota!» urlò lei, gettandogli a raffica degli schizzi d’acqua ghiacciata, ma Akito non si lasciò sopraffare; l’afferrò per un braccio, l’attirò a sé, la sollevò e la gettò di nuovo sott’acqua, ghignando con fare soddisfatto.
La vide riemergere, spostarsi i capelli dalla faccia ed assumere un’aria di sfida «Eh no, questa me la paghi» gli si avvicinò velocemente, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, Akito la fermò, cingendole la vita con le mani. «Cosa credi di fare, Kurata?»
«Affogarti, mi sembra ovvio» proferì, agitandosi e scalciando come una forsennata «Un affronto simile non può restare impunito»
E Akito rise di nuovo, una risata fragorosa, una di quelle risate che ti fanno dimenticare tutto il resto e ti fanno diventare i piedi leggeri e solo con Sana gli capitava di ridere in quel modo, con lei e nessun altro.
«Guarda che dovresti tremare dalla paura, non sghignazzare» borbottò, sopprimendo un sorriso e, approfittando della temporanea distrazione del biondino, sgusciò dalla sua presa, con le mani gli fece pressione sulla testa e lo spinse sott’acqua.
Come se avesse appena compiuto la vendetta del secolo, fu così presa dall’esultare che non si rese neppure conto che Hayama era riemerso alle sue spalle, o almeno finché non sentì due braccia avvolgerla da dietro. E furono brividi intensi quelli che avvertì nel sentire il torace di Akito premergli contro la schiena, e il suo respiro solleticarle il collo «Stai giocando col fuoco, Kurata, t’avverto»
«Semmai…» deglutì, con la gola improvvisamente secca «Semmai sei tu a star giocando con il fuoco, Hayama»
Quest’ultimo la fece voltare, senza eliminare quella minuscola distanza che separava i loro corpi, ma non disse nulla, non obiettò, si limitò ad assumere un’espressione seria e a osservarla, seguendo la scia di goccioline che le scendevano lentamente lungo il viso, il collo, sulla curva del seno, e poi risalì pian piano, fino a soffermarsi su quelle labbra rosse ed invitanti come le ciliegie.
Cos’avrebbe dato per poterle assaporare, anche solo una volta.
Sospirò appena, incatenò gli occhi nei suoi e per un attimo ebbe l’impressione di leggerci dentro un desiderio gemello al suo, ma fu costretto a ricredersi quando Sana, appoggiandogli i palmi aperti delle mani sul petto, lo allontanò da lei.
Gli diede velocemente le spalle, forse per non far notare le gote arrossate e, schiarendosi la voce, mormorò «Inizio a sentire freddo, sarà meglio che rientri in casa» e, senza neppure dargli tempo di proferire parola, uscì dalla piscina, recuperò l’asciugamano appoggiata sulla sdraio, se l’avvolse intorno, infilò le infradito e, facendosi spazio tra la gente, rientrò in casa.
«Che stupida!» si rimproverò, tamponandosi i capelli accanto al tavolo delle bevande «Stupida, stupida, stupida!» continuò, aumentando d’impeto, domandandosi al contempo com’era possibile che si fosse ritrovata in una situazione del genere con Hayama.
Insomma, sapeva di provare una certa attrazione per lui, d’altronde era un uomo molto affascinante e lei restava pur sempre una donna provvista d’ormoni, ma fino a quel momento era sempre riuscita a mantenere una linea di confine tra loro e a rapportarsi come una governante/amica… eppure, poco prima, era davvero tentata di baciarlo.
Già.
Voleva baciarlo.
Assurdo.
Ma cosa l’era saltato per l’anticamera del cervello?
Akito era un membro della famiglia per cui lavorava, non poteva rischiare di sconvolgere gli equilibri e creare spiacevoli tensioni ed imbarazzi sul posto di lavoro, inoltre, come se non bastasse, cercavano cose completamente diverse; lui, ancora stravolto dalla ferita amorosa inflittagli da Fuka, voleva esclusivamente delle avventure da una sola notte, mentre lei, l’eterna romantica, non si sarebbe mai accontentata di un uomo che le scaldava solo il letto, voleva molto di più… dunque che senso aveva desiderare un bacio che, già sapeva, non avrebbe portato a nulla di buono?
Sospirò platealmente e pochi istanti dopo sentì qualcosa di peloso solleticarle la caviglia.
Abbassò la testa e sorrise quando i suoi occhi si posarono sull’adorabile musetto nero di Aki «Ecco qui il piccolo traditore» lo sollevò e lo strinse delicatamente contro il petto «Ti sei deciso a smetterla di farti coccolare dalle altre?» borbottò, ricevendo in risposta una leccata sulla faccia che la fece ridacchiare «Sei proprio un ruffiano!»
«Quel cagnolino ha fatto una vera e propria strage di cuori, non c’è che dire»
Una voce alle sue spalle la fece voltare.
«Eh già» si limitò a rispondere, studiando con interesse il ragazzo a torso nudo che si era appena rivolto a lei; aveva dei lineamenti occidentali, iridi azzurre e una strana tonalità di capelli, leggermente tendenti al grigio, ma che a lui donavano particolarmente. Il fisico era asciutto, con spalle larghe e muscoli ben delineati, anche se non eccessivamente sviluppati.
Era talmente affascinate da sembrare un divo dello spettacolo, ragion per cui si sorprese di non averlo notato prima.
Lui le sorrise e, avvicinandosi, le chiese «Sai come si chiama?»
«Aki»
«Aki?!» ripeté, spalancando appena le palpebre «Non avevo mai sentito un cane chiamarsi così,  è un po’ insolito»
«A quanto pare a nessuno piace il nome che gli ho scelto» sbuffò, risentita.
«L’hai scelto tu? Eppure mi era sembrato di capire che fosse il cane di Natsumi»
«In parte è così. Diciamo che appartiene a tutti i membri di questa casa, me compresa, quindi è…»
«Abiti qui?» l’interruppe, sinceramente sorpreso e lei annuì.
«Mi sembra di capire che Nat non te l’abbia ancora riferito, ma io sono Sana Kurata, la nuova governante della famiglia Hayama»
«Beh no, in effetti si era dimenticata di dirmi ch’aveva assunto una governate così giovane e carina» ammiccò, facendola arrossire «Io, invece, sono Naozumi Kamura, un amico di vecchia data di Natsumi. Lieto di fare la tua conoscenza, Sana» allungò una mano per presentarsi, ritraendola non appena vide Aki ringhiare, digrignando i denti «Ma che gli prende?» borbottò, indietreggiando di un passo.
Sana tentò inutilmente di calmare quel batuffolo nero, accarezzandogli dolcemente la testa e rivolse un sorriso di scuse a Naozumi «Devi scusarlo. Ti assicuro che in genere è dolcissimo, solo che non va molto d’accordo con gli uomini, fatta eccezione per Hayama»
«Oh, capisco» mormorò, guardando con disappunto che quella piccola bestiolina che, imperterrita, continuava a mostrargli i denti «Adesso sarà meglio che vada, prima che gli altri mi diano per disperso» rialzò lo sguardo su di lei e, sorridendole, aggiunse «Spero di rivederti presto, non mi dispiacerebbe scambiare altre due chiacchiere con te. Magari la prossima volta senza rischiare di rimetterci una mano»
Sana ridacchiò, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio «Sono certa che non mancherà l’occasione»
«Me lo auguro» le strizzò l’occhio, alzò una mano in segno di saluto e se ne andò, uscendo in quell'ampio giardino addobbato a festa e lei restò lì a fissarlo, finché non sparì dal suo campo visivo, con una strana ma allo stesso tempo piacevole sensazione a stravolgerla.
«E’ un tipo davvero carino, non trovi?» chiese, rivolgendosi ad Aki che, come se l’avesse in qualche modo capita, tornò a ringhiare e ad arricciare il naso. Sospirò, alzando gli occhi al soffitto, tra il divertito e il seccato «Come non detto, a te piace solo Hayama!»



 
   
 
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