Adam dorme, il suo petto si alza e si abbassa e tu stai ferma a fissarlo finché i primi raggi del sole non iniziano a filtrare dalle tapparelle chiuse.
Ti sollevi e sei troppo leggera per fare rumore e svegliarlo. Nel silenzio ti rivesti, copri quelle dannate cicatrici e scivoli via dalla camera da letto.
Le pareti della casa hanno l’intonaco scrostato e c’è un leggero tanfo di muffa e degrado. Ti fermi a fissare le fotografie appese e tiri giù la tua. La giri, ci scribacchi un numero di telefono sopra e la lasci sul tavolo. Se ti vuole sarà lui a cercarti e lo sai.
Non dovresti farlo perché ti senti dannatamente in colpa per aver pensato di fargli vivere quel gioco malato, ma non riesci a evitare di pensare che potreste essere una coppia come tante altre. Per sicurezza, sotto al numero di telefono scrivi “Amanda”, perché la notte precedente eri ubriaca e non sai se gli hai detto il tuo nome. Non sai nemmeno se lui ti ha detto il suo, ma quello è ovvio che te lo ricordi. Sei entrata nella sua vita con l’intento di farlo ammazzare dalle sue stesse mani, dalla sua stessa psiche.
Sai che ancora il gioco non è finito e sai che ancora John è sul pavimento, con una finta ferita sul cranio, ad aspettare che il dottor Gordon spari a quello che dovrebbe essere Adam, ma che non è. Sai che sta giocando anche Zep. Sai che quella trappola non è perfetta, perché il ruolo che avrebbe avuto Adam era infame e marginale. Adam non aveva nessuno per cui lottare, se non se stesso, e non sarebbe arrivato a tagliarsi via un piede prima del dottor Gordon. Lo sai bene, Amanda, e non potevi lasciarlo morire come il povero stronzo che è.
Probabilmente hai mandato tutto a fanculo. John si arrabbierà e un uomo qualunque, un uomo che ha peccato ma non a sufficienza da farsi ammazzare, sta sul pavimento del bagno e aspetta che la sua sorte venga decisa dal fato.
Tiri un respiro profondo e ti intossichi i polmoni stringendo una sigaretta fra le labbra. Non fumi più da tempo, ormai, ma quella l’hai rubata ad Adam perché a quell’ora del mattino hai il gelo nel cuore e, forse, il fumo può scaldarti un po’ dentro.
Cammini nel freddo e nella nebbia e ti fermi ad aspettare. Aspetti una chiamata, aspetti che il gioco finisca, aspetti le conseguenze.
Passano le ore, lente, e affoghi nei rimorsi.
Arriva una chiamata e non riconosci il numero.
Diamine, non pensavi sarebbe stato così veloce. Premi l’indice sulla cornetta rossa. Non è il momento, non sai come andrà a finire quel casino e non puoi dargli false speranze. Non avrebbe alcun senso.
La porta del bagno viene sigillata per sempre.
“Game over”, sono le ultime parole di John, che però si rende conto che non ha alcun senso lasciar morire là quel tizio di cui non conosce nemmeno il nome e i peccati. In ogni caso, non è riuscito a sopravvivere, quindi che muoia e marcisca in quel bagno sporco.
In seguito, sono solo urla incazzate contro di te e giustificazioni che non si reggono in piedi.
“Adam non era a casa”, menti, “era troppo tardi, l’ho fatto solo per evitare che la trappola saltasse…”.
Non sono credibili e non lo saranno mai.
Hai deluso John tanto che ti ha cacciata via da lì.
Hai pianto perché senza di lui non sei più niente.
Ne valeva la pena? Non lo sai.
Bene bene, sto aggiornando parecchio in fretta, eh? Avendo i capitoli già pronti cerco di non farvi aspettare :P
Qui ho cercato di ricostruire un po' i fatti senza Adam, ipotizzando ci fosse un tizio randomico a giocare la trappola. Il risultato, tenendo conto che la cassetta e il ruolo era lo stesso di Adam, non è cambiato. Anche qui il dottor Gordon vince e se ne va fiero - e senza una gamba. lol
Bene, spero vi sia piaciuto questo brevissimo capitolo <3
Se non capite qualcosa chiedete pure :)
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