Capitolo 5
Fratelli
Avrebbe dovuto
aspettarselo, pensò Michael quando il pugno di Nathaniel si
abbatté sul suo zigomo, rammentandogli così che
suo fratello era indubbiamente diventato un uomo. Barcollò
all’indietro e tentò di riacquistare
l’equilibrio nonché di tranquillizzare sua moglie
Aislinn, il cui urlo avrebbe potuto spaventare la piccola Grace rimasta
in casa.
Anche Nathaniel
sembrò sorpreso dal proprio gesto e arretrò
rapidamente, guadandosi la mano come a volersi sincerare che fosse
effettivamente la sua. Fissò infine il fratello a occhi
sgrananti, intento a massaggiarsi lo zigomo arrossato e udendo appena
le proteste di quella che, realizzò d’un tratto,
doveva essere sua cognata.
«Un
comportamento assolutamente indecoroso…».
«Aislinn,
va tutto bene».
«Mi
dispiace» balbettò Nathaniel che tutto si sarebbe
aspettato tranne che di reagire a quel modo.
«È
il minimo!» sbottò Aislinn lanciandogli
l’ennesima occhiataccia e controllando con premura il volto
del marito, sul quale Nathaniel sperò vivamente di non veder
spuntare un livido.
Aveva agito
d’istinto sentendo quella sciocca frase con cui Michael
l’aveva salutato dopo tutti quegli anni di lontananza,
infastidito dalla lieve ironia che vi aveva percepito e furioso per
quell’abbandono lungo quasi quattro anni. Anni che erano
passati senza che un segno giungesse da Michael, nemmeno un piccolo
segnale di speranza che avrebbe riportato la gioia nella loro famiglia.
In quel pugno c’erano la rabbia di un ragazzino che si era
improvvisamente ritrovato figlio unico e che aveva visto i propri
genitori crollare sotto il peso di un dolore troppo grande.
«Perché
non vedi cosa sta facendo Grace?» mormorò Michael
con un sorriso stiracchiato. «Io ti raggiungo
subito».
I due fratelli
ristettero in silenzio per un paio di minuti, ritti uno di fronte
all’altro, cercando di conciliare le rispettive immagini
adulte con quelle più giovani che albergavano nei loro
ricordi. Michael fu il primo a fare un passo avanti e tese un braccio
in direzione di Nathaniel, che però si limitò a
stringergli la mano senza considerare la possibilità di
riabbracciarlo.
«Speravo
che quella frase avrebbe allontanato la tensione»
spiegò il maggiore dei Greengrass con un sorriso teso.
«Ti chiamavo così, ricordi?»
«Sono
cresciuto in questi anni» ribatté Nathaniel.
«Sì,
lo vedo» disse Michael con un sospiro.
«Giacché sei qui, che ne diresti di entrare in
casa? Siamo piuttosto isolati ma è meglio che io non passi
troppo tempo all’aperto».
«Questo
è tutto quello che hai da dire?» sibilò
Nathaniel sentendo rianimarsi la rabbia. «Ti trovo qui dopo
quattro anni dalla tua scomparsa e tu mi proponi di entrare in casa tua
come se nulla fosse?»
«Vuoi
forse discuterne qua fuori?» replicò Michael con
la voce che si faceva più dura e alta. «Vengo da
una giornata di lavoro, fratellino, perciò
vorrei potermi sedere e stare con mia moglie e mia figlia. Inoltre non
posso parlare di certe cose dove chiunque potrebbe sentirci».
Aprì la
porta con un gesto rigido e si volse, aspettando che Nathaniel varcasse
finalmente la soglia e si accomodasse nella piccola cucina in legno,
vuota e ordinata.
«Ad ogni
modo la casa non è mia» disse sedendosi attorno al
lungo tavolo che troneggiava nel mezzo della stanza e invitando
Nathaniel a fare altrettanto. «È dei genitori di
Aislinn, ma ce l’hanno lasciata poco prima della nascita di
Grace».
A Nathaniel parve di
percepire dell’imbarazzo nelle parole del fratello, quasi
provasse vergogna per non essere riuscito a provvedere da solo alle
necessità della famiglia. Aveva anche detto che lavorava e
per un attimo Nathaniel sperò con tutto sé stesso
che qualunque lavoro facesse fosse legale e non connesso con la banda
di malfattori mascherati, benché gli sembrava strano
immaginare Michael che si aggirava con tranquillità
all’interno del Ministero della Magia senza che nessuno lo
riconoscesse.
«Ero
convinto che mi avresti posto qualche domanda».
«Non
è facile capire con quale iniziare» disse
Nathaniel arrossendo leggermente e schiarendosi la gola nel tentativo
di mettere ordine fra i suoi pensieri confusi. «Grace
è tua figlia, vero?»
«Sì»
disse Michael mentre una luce di pura gioia gli illuminava il volto.
«Compirà due anni la settimana prossima».
«Per la
barba di Merlino!» esclamò Nathaniel alzandosi e
rischiando nuovamente di perdere le staffe. «Come hai potuto
tenerci all’oscuro di tutto questo? Hai messo su famiglia, ti
sei sposato e non ci hai mai detto nulla. Pensavamo che fossi morto, lo
capisci?»
«Sono
andato via per proteggervi» rispose Michael senza alterarsi e
aspettando che il fratello si sedesse prima di proseguire.
«Non era nei miei piani fermarmi e sposarmi, volevo solo
andare il più lontano possibile; eppure il destino la vedeva
diversamente. Non è stato facile nemmeno per me,
Nathaniel».
«Hai
appena detto che tua figlia ha due anni, ma ad ottobre saranno quattro
anni che manchi da casa» precisò Nathaniel e gli
ci volle un po’ prima di arrivare ad intuire il resto.
«Grace non è la vostra unica figlia?»
«Quando
sono andato via, mi sono fermato a Hogsmeade per vedere te, Amelia e
Vincent; sapevo che sareste venuti al villaggio quel fine settimana e
volevo portare con me un ultimo ricordo» disse Michael
congiungendo le mani sul tavolo. «Aislinn e io ci
consideravamo fidanzati, nonostante non avessimo ancora comunicato la
notizia alle nostre famiglie, e avevamo intenzione di sposarci; volevo
salutare lei per ultima ma quando sono arrivato qui mi ha confidato di
essere in dolce attesa».
«Per
l’amor del cielo!» sbottò nuovamente
Nathaniel, sconvolto da quel comportamento che non riusciva ad
associare al fratello che ricordava. «Avresti lasciato la
donna con la quale… insomma, hai detto che eravate
fidanzati…».
«Nathaniel,
credevo che sarei morto» disse Michael con fare lapidario.
«Non avrei potuto certo portarla con me esponendola
così al mio stesso destino».
«Quindi ho
un altro nipote?»
«No»
disse Michael con voce bassa, alzandosi e girando attorno al tavolo
così da dare le spalle a Nathaniel. «Abbiamo
parlato con i genitori di Aislinn e loro si sono offerti di aiutarci,
nonostante non fossero felici nel saperci futuri genitori. Sono potuto
restare, benché nascosto, e ho potuto sposare Aislinn.
Purtroppo ha perso il bambino un mese dopo le nozze».
Nathaniel rimase
interdetto per un istante, sopraffatto da quelle parole e
dall’eco di dolore che parve risuonare nuovamente fra le mura
della cucina. Non poteva nemmeno immaginare quanto Michael e la moglie
dovessero aver sofferto per quella perdita e all’improvviso
la maggior parte della rabbia e del rancore che aveva provato fino ad
allora si ridusse, lasciando che ad affiorare fossero la compassione e
l’affetto fraterno.
Si alzò e
si diresse verso Michael, che si asciugò in fretta gli occhi
e gli rivolse quello che voleva essere un sorriso ma si
rivelò invece una smorfia.
«Mi
dispiace davvero, Michael» sussurrò Nathaniel
sentendosi impacciato e di nessun aiuto.
Quel pomeriggio
aveva avuto la conferma di essere uno zio, ma la consapevolezza di aver
perso un nipote e di non poter essere stato accanto a suo fratello lo
rabbuiò ulteriormente. Posò una mano sulla spalla
di Michael in un gesto di silenzioso conforto e l’attimo dopo
i due fratelli si ritrovarono stretti in un abbraccio che
colmò parte della distanza che si era venuta a creare in
quegli anni.
*
«Il padre
di Aislinn possiede una libreria a Diagon Alley ed è
lì che lavoro» disse Michael accomodandosi
nuovamente al grande tavolo in legno. «Ovviamente passo la
maggior parte del mio tempo nel retrobottega per evitare di essere
visto».
«Non
è Il
Ghirigoro, vero?»
«No,
è una piccola libreria che fa’ angolo con una
traversa. Non è molto frequentata e buona parte dei profitti
vengono ricavati dagli ordini via gufo che riceviamo» ammise
Michael. «Abbiamo anche quei libri che al Ghirigoro non
troveresti mai perché avrebbero timore di non riuscire a
venderli, e molti sono dei clienti di vecchia data che conoscono mio
suocero da tempo».
«Non
stiamo parlando dei libri che cercano quei delinquenti, vero?»
«Certamente
no» precisò Michael scoccando
un’occhiata di rimprovero a Nathaniel. «Trattiamo
per lo più libri rari che si estendono a rami del sapere
diversi dalla negromanzia e dalla Magia Oscura».
«Quindi ti
occupi degli ordini» sospirò Nathaniel tentando di
mettere ordine fra i suoi pensieri. «E sei sempre stato qui
o…».
«No,
all’inizio Aislinn ed io abitavamo nel piccolo appartamento
sopra la libreria, ma i miei suoceri si sono trasferiti lì
quando abbiamo scoperto di aspettare Grace. Qui ha una stanza tutta per
lei e c’è anche il cortile dove può
giocare».
La loro
conversazione fu interrotta proprio dall’arrivo di una ancora
assonnata Grace in braccio alla mamma e che tese subito le braccia
verso il padre non appena lo vide. Michael si alzò
assecondando la muta richiesta della figlia e Nathaniel lo
imitò.
«Credo sia
giunto il momento di fare delle presentazioni ufficiali»
disse Michael fiero, circondando la vita sottile della donna con un
braccio. «Mia moglie, Aislinn Greengrass».
«Mi
dispiace avervi trattato male, Nathaniel…».
«Vi devo
delle scuse per entrambe le volte in cui ci siamo
visti…».
Sorrisero
spontaneamente al ricordo dei loro precedenti incontri e Aislinn lo
accolse come cognato stringendolo in un breve abbracciò, poi
li invitò ad accomodarsi mentre si dava da fare per
preparare del tè.
«Questa
invece è tua nipote Grace» sorrise Michael
accarezzando con tenerezza la testa dorata della bambina, che per tutto
quel tempo non aveva smesso di fissare Nathaniel dal sicuro rifugio
offerto dalle braccia paterne.
«Ehm…
ciao» balbettò Nathaniel, ancora stupito nel
vedere gli occhi dei Rosier sul volto paffuto e serio della bambina.
«La prima
volta che Grace vi ha visto, ha creduto che foste suo padre con un
diverso taglio di capelli» spiegò Aislinn portando
il tè su un vassoio e iniziando a versarlo nelle tazze del
fine servizio di porcellana, così raffinate da stonare nel
semplice ambiente domestico di quella dimora. «Naturalmente
sapevo che Michael non poteva essere lì e quando mi sono
voltata per controllare vi ho riconosciuto subito, ma sapevo anche che
non eravate a conoscenza della nostra esistenza né della
vita che avevamo qui».
«No, avete
ragione» disse subito Nathaniel, cronicamente incapace di
restare arrabbiato con una donna per più di cinque minuti.
«Capisco perfettamente».
Dall’altro
capo del tavolo, Grace pigolò qualcosa e Michael
chinò il capo per ascoltare la domanda della figlia.
«Questo
è lo zio Nathaniel, Grace» disse con voce chiara
alla bambina che lo ascoltava con un’attenzione incredibile
per la sua giovane età. «Ti ricordi che ti ho
parlato di lui e dei nonni?»
«Gli hai
detto di noi?»
«Certo»
affermò Michael, seppur con un’esitazione che
insospettì Nathaniel. «Lei crede che viviate molto
lontano da qui e per questo non vi ha mai visti».
La rabbia che
Nathaniel credeva essere sopita riaffiorò in lui, portando
con sé anche una buona dose di indignazione per quella
menzogna. Non solo Michael li aveva esclusi dalla sua vita, ma aveva
dipinto i loro genitori come dei pessimi nonni e lui come un terribile
zio, troppo lontani e disinteressati per essere partecipi della
crescita di Grace.
«È
stata la spiegazione migliore che potevamo darle» intervenne
Aislinn quando si accorse dei sentimenti che affioravano sul suo volto
mentre Michael lo osservava in silenzio, conscio della reazione che
avrebbe avuto.
Nathaniel era sempre
stato più pacato e tranquillo rispetto a lui e a Vincent,
che invece erano indubbiamente gli elementi più turbolenti
di quel piccolo gruppo di cugini. Sorrideva sempre e non si arrabbiava
mai, tranne le rare volte in cui qualcosa che giudicava come
profondamente offensivo colpiva il suo giovane orgoglio, e a quel punto
si rabbuiava talmente tanto da rendere noto a tutti la fonte del suo
malumore.
«La
spiegazione migliore per voi» disse Nathaniel mantenendo un
tono di voce basso ma rifiutandosi di essere gentile come prima.
«Non è giusto tenerla lontana dai nostri genitori;
hai una vaga idea di quanto abbiano sofferto, di quanto la mamma sia
stata male?»
«Posso
immaginarlo» replicò Michael con freddezza.
«Tuttavia la mia priorità era proteggervi e magare
riuscire anche a salvare me stesso. Adesso ho anche Aislinn e Grace a
cui pensare e credo tu sappia cosa succederebbe se ci trovassero.
Nessun Greengrass sarebbe al sicuro, perciò
fintantoché questi signori sono liberi di andare in giro per
il paese, io devo
restare
nascosto».
«Ma
perché?» sbottò Nathaniel perdendo
definitivamente le staffe. «Si può sapere qual
è il motivo che li spinge a volerti morto? Come li hai
conosciuti? Collaboravi con loro oppure…».
«Zio
Nate?» intervenne Grace con una vocetta acuta che colse il
giovane impreparato.
«Ricordo
che non ti piaceva essere chiamato così, ma per lei
è più facile da pronunciare rispetto al tuo nome
intero» mormorò Michael e Nathaniel
annuì stancamente, perché preoccuparsi del modo
nel quale veniva apostrofato da una bimba di due anni era
l’ultimo dei suoi pensieri.
«Giù»
ordinò Grace non appena si avvide del cenno di assenso dello
zio e del sorriso stentato che le rivolse.
La sua richiesta fu
accolta prontamente dal padre e, non appena posò stabilmente
i piedini sul pavimento, la piccola corse a braccia aperte verso
Nathaniel, strillando con entusiasmo il suo nome. Nathaniel
poggiò in fretta la tazza di tè mezza piena e
tese automaticamente le braccia vedendo quella nuvola bianca e dorata
lanciarsi verso di lui, sollevandola e stringendola al proprio petto.
«Zio Nate
è andato a trovare Grace!» biascicò la
bambina con entusiasmo, passandogli le mani sulla faccia e
aggrappandosi saldamente a una ciocca dei suoi capelli.
«Zio Nate
è venuto a
trovarti, tesoro» la corresse subito Aislinn con un sorriso.
«Dov’è
nonna Grace e nonno ‘Tander?» chiese la piccola con
la massima serietà e, se non si fosse trattato proprio di
quella domanda, probabilmente Nathaniel avrebbe faticato molto a
rimanere serio davanti all’improbabile soprannome dato al
signor Greengrass.
«Non sono
potuti venire questa volta, non è vero?»
intervenne Michael fissando con attenzione il fratello, che
collaborò e confermò la sua storia.
«Giochiamo»
stabilì a quel punto Grace, segnalando a Nathaniel di voler
scendere. «Vieni, zio».
«Lascia
discutere lo zio con papà» disse Aislinn alzandosi
e prendendo Grace. «Mamma giocherà un
po’ con te e dopo torneremo a salutare lo zio».
Michael
aspettò di sentire la porta del piano superiore chiudersi e
tacitare le proteste della bambina prima di parlare, ponderando con
attenzione ogni frase e consapevole di dover dare qualche spiegazione
soddisfacente al suo testardo fratello.
«Ricordi
Theodore Flitt, il mio compagno di dormitorio?»
«Il
fratello di Augustus Flitt?» chiese Nathaniel colto di
sorpresa. «Quello sciocco imbevuto di idee puriste?»
«Suppongo
siano parenti, perché anche Theodore aveva una precisa
opinione di Mezzosangue e Nati Babbani» disse Michael
scollando le spalle e riprendendo il suo racconto. «Lui
è stato il primo ad avvicinarmi e inizialmente non
menzionò né attacchi né alcuna fra le
violenze che si sono susseguite nell’ultimo anno.
Portò alla mia attenzione diverse teorie che a Hogwarts non
sono oggetto di studio e ammetto che alcune mi avevano affascinato,
perlomeno prima di conoscerne gli effetti o le azioni necessarie per
rendere possibili determinati incantesimi. Così
all’inizio, preso dall’entusiasmo per le nuove
scoperte e ignorandone gli aspetti peggiori, decisi di aiutarli in una
parte del loro piano che credevo innocua».
«Li hai
aiutati a progettare l’assassinio di Benjamin
Abbott?» lo interrogò Nathaniel spezzando il
silenzio carico di tensione che si era creato.
«No, ti ho
già detto che non sapevo nulla degli omicidi e
all’epoca non se ne verificò nessuno»
ribadì Michael. «Si vociferava che nella
biblioteca di Hogwarts, probabilmente nel Reparto Proibito, ci fossero
dei libri che contenevano informazioni su questi incantesimi e finii
col convincermi che sarebbe stato un peccato lasciarli lì.
Flitt mi prospettò i suoi superiori come un tranquillo
gruppo di stregoni dediti alla conoscenza, facendo leva su una delle
cose che da sempre mi appassionava».
Nathaniel
ricordò con chiarezza quello che Lydia Turpin aveva
confidato a Cornelia e che lei aveva raccontato al loro gruppo ovvero
di come quei malfattori avessero ‘soldi,
possibilità, risorse e infiltrati praticamente in ogni
ufficio del Ministero. Qualunque cosa stiano tramando, qualunque piano
vogliano mettere in atto, è il frutto di
un’attenta preparazione iniziata molto tempo fa’.
Flitt doveva aver
saputo dell’interesse che Michael aveva, della sua sete di
conoscenza, così come chiunque sapeva nella loro famiglia e
fra i suoi amici. Sebbene più vivace e avventuroso di
Nathaniel, Michael non aveva mai trascurato la cultura ed era solito
aggirarsi per la casa o per i corridoi della scuola con un libro fra le
mani. Stuzzicarlo con argomenti proibiti a Hogwarts e che gli sarebbero
rimasti preclusi era stata un’idea eccellente.
«Quindi ti
sei introdotto nel Reparto Proibito e preso quei libri? Noi pensavamo
che la biblioteca fosse diventata oggetto di interesse da quando
custodisce i volumi appartenuti al signor Abbott».
«È
possibile che ci fosse già qualche libro del genere, sebbene
non tanti quanti adesso; tuttavia non volevano che fossi io a prenderli
e sapendo ora il loro contenuto non fatico a capire il
perché» ironizzò Michael con un sorriso
amaro. «Theodore mi disse che sarebbero stati i nostri
superiori ad occuparsene, ma avevano bisogno di un passaggio segreto
sicuro di cui nessuno fosse a conoscenza, così da poter
entrare indisturbati nella scuola».
«Non
sarà il passaggio che hanno usato ad ottobre?»
«Ritengo
di sì, ma non ne sono certo» rispose Michael dopo
un lungo momento, alzando subito una mano per prevenire le proteste
dell’altro. «Mi ci è voluta la maggior
parte del mio settimo anno per trovare qualche informazione e ho dovuto
setacciare l’intera biblioteca nel tentativo di scovare un
libriccino nel quale mi ero imbattuto durante il mio primo anno.
Inizialmente suggerii loro – anche per guadagnare del tempo
– gli unici due passaggi segreti che conoscevo, ma Flitt mi
fece sapere che li avevano giudicati come troppo noti a studenti e
insegnanti».
«Quali
erano?» intervenne Nathaniel con urgenza. «Anche
noi ne conosciamo diversi».
«Non avevo
dubbi che tu e Vincent avreste finito con lo scoprirne più
d’uno» disse Michael concedendosi una breve risata.
«Sono certo che quello sotto la gobba Strega Orba al terzo
piano e quello dietro la statua di Gregory il Viscido ti siano
familiari».
Nathaniel
annuì in fretta e replicò:
«Perciò gli hai mostrato il passaggio nei
Sotterranei?»
«Nel
frattempo divenni un po’ più sospettoso riguardo
le intenzioni di questi signori perché, oramai certi della
mia lealtà e ritenendomi un valido elemento, avevano
concesso a Theodore di rendermi gradualmente più partecipe
dei loro progetti» continuò Michael preferendo
riprendere il racconto da dove l’aveva interrotto.
«Indagai per mio conto e inorridii quando mi resi di conto di
ciò a cui aspiravano, ma quel punto cominciarono le
intimidazioni. Mi avevano visto in compagnia di una ragazza bionda di
cui però ignoravano l’identità,
tuttavia mi assicurarono che avrebbero indagato se avessi smesso di
collaborare con loro».
«Era
Aislinn la ragazza di cui parli?»
«Naturalmente»
confermò Michael. «Continuammo a vederci di
nascosto ma più raramente, ignorandoci durante le lezioni o
nei corridoi. All’epoca lei sapeva solo una parte della
storia, perché non volevo rischiare di coinvolgerla oltre il
punto di non ritorno.».
«Prima hai
menzionato un libro» ricordò Nathaniel dopo
qualche minuto di silenzio durante il quale si udirono solo le risate
di Grace provenire dal piano superiore e che ebbero l’effetto
di un benefico balsamo nell’animo di Nathaniel, mantenendolo
calmo e lucido.
«Gliel’hai
consegnato per proteggere te ed Aislinn?»
«No, non
fui io a trovarlo» spiegò il fratello rimuovendo
dal tavolo le tazze di tè ormai vuote. «Avevo
parlato a Theodore di questo opuscolo nel quale mi ero imbattuto al
primo anno e che conteneva delle curiosità sulla scuola e
faceva menzione di alcuni passaggi segreti. Non ricordavo
però il titolo e questo complicò la mia ricerca.
Fu Flitt a rintracciarlo prima di me e a informare i suoi
superiori».
«Come ha
fatto a venirne in possesso prima di te?»
«Non
ricordavo il titolo, Nathaniel» sospirò Michael
con impazienza, innervosito dalla sua mancanza di fiducia.
«Non vedevo quel libro da sei anni né rammentavo
tutto ciò che c’era scritto. Era un libretto che
aveva attirato la mia attenzione di bambino, non certo un volume che mi
metterei a leggere ora».
«Quindi
non conosci la posizione esatta del passaggio segreto?»
«No».
«Allora…»
mormorò Nathaniel, confuso. «Allora perché sei
scappato? Non potevi più nuocergli, non senza delle
informazioni precise perché nessuno ti avrebbe creduto.
Conoscevi forse l’identità di queste
persone?»
«No, li ho
incontrati solo due volte e in entrambe le occasioni avevano il volto
coperto dalle maschere» ammise Michael. «Dimentichi
però che oramai ero a conoscenza dei loro piani e delle loro
peggiori intenzioni. Provai a trarmi indietro quando Theodore
trovò il libro, spiegando che a quel punto non gli sarei
stato più d’aiuto; ovviamente non erano
d’accordo e minacciarono di far del male alla nostra famiglia
piuttosto che accanirsi su una misteriosa ragazza senza nome».
«Avremmo
potuto nasconderti noi!» esplose allora Nathaniel, incapace
di trattenersi. «Avremmo pensato ad una soluzione insieme e
nessuno ne avrebbe saputo nulla!»
«Tu non
hai idea di quanto sia estesa la loro influenza e quanti contatti
abbiano!» ruggì Michael perdendo a sua volta la
pazienza. «Dopo che sono scomparso ci saranno stati molti
visitatori intenti a consolare i nostri genitori e ti assicuro che
alcuni di loro avrebbero capito se si trattava di una finzione o meno.
Hanno degli infiltrati finanche al Ministero e non è escluso
che qualcuno di loro si sia occupato fin da subito della mia ricerca;
magari vi hanno chiesto di visitare tutte le nostre
proprietà, vero? Incluso il casale in Irlanda dove nessuno
mette piede da circa duecento anni».
«Sì,
hanno controllato ogni casa di nostra proprietà»
fu costretto ad ammettere Nathaniel, sentendosi improvvisamente molto
sciocco per non aver considerato quell’aspetto della
situazione. «Hanno chiesto il permesso di ispezionare anche
quelle dei Rosier e i nonni hanno acconsentito».
Michael
allargò le braccia in un palese gesto di amaro compiacimento
e mormorò: «Se non me ne fossi andato veramente e
mi avessero scoperto, posso assicurarti che ci avrebbero ucciso tutti.
Non è stato affatto facile abbandonarvi in quel modo
Nathaniel, ma speravo di poter salvare almeno voi se non me stesso. E
come vedi ho avuto ragione: si sono resi conto della vostra innocenza e
non vi hanno colpiti».
«Non
potevi esserne sicuro» ribatté Nathaniel.
«Hai
ragione, ma ero certo dell’alternativa e questo mi
bastava».
Nathaniel tacque e
prese a osservare il fratello, ancora desideroso di scagliargli contro
la sua rabbia e al tempo stesso deciso a scoprire la verità
dopo tutti quegli anni di attesa. Seppur non perfette e a tratti
lacunose, le spiegazioni di Michael sembravano avere un senso ed essere
compatibili con le paure di un ragazzo poco più che
maggiorenne che si era trovato invischiato in qualcosa di troppo grande
per lui, da cui aveva deciso di fuggire senza tuttavia sapere come.
Era plausibile che,
in seguito alle minacce rivolte alla sua famiglia e anche alla ragazza
che amava, Michael avesse disperato di riuscire a trarsene fuori e
avesse provato a salvare, se non sé stesso, quantomeno
coloro che gli erano cari.
«Avevi
detto che avevi provato ad abbandonare quel gruppo»
borbottò Nathaniel ricomponendosi e determinato ad ascoltare
l’ultima parte della storia. «Che cosa è
successo dopo?»
«Finiti
gli esami e ottenuti i M.A.G.O., finsi di aver cambiato idea e
collaborai con loro per i mesi successivi ma qualcosa mi diceva che non
avevo più molto tempo a disposizione»
narrò Michael prendendo posto accanto al fratello.
«Non mi lasciavano mai da solo e gli incarichi che mi
assegnavano erano di gran lunga al di sotto delle mie
capacità proprio perché avevo perso la loro
fiducia. Per non insospettirli, passavo la maggior parte del tempo a
casa e vedevo pochissimo anche Aislinn per paura che ci scoprissero.
Iniziai ad elaborare un piano e decisi di metterlo in atto ad ottobre,
nel fine settimana che sapevo coincidere col giorno della tua uscita
qui a Hogsmeade».
«Perché
proprio quel giorno?» chiese Nathaniel, perplesso.
«Perché
volevo vederti un’ultima volta prima di partire. Scorsi anche
Amelia che passeggiava con le sue amiche e infine vidi te e Vincent
assieme ai vostri amici con dei dolci di Mielandia».
Un nodo improvviso
strinse la gola di Nathaniel mentre la sua mente veniva invasa dai
ricordi di quel pomeriggio e dall’orrore delle ore e dei mesi
seguenti, e a quel punto abbassò il capo, incapace di
proferire parola e limitandosi ad annuire.
«Tuttavia
non potevo non salutare Aislinn, non potevo lasciarla senza nemmeno una
spiegazione o una parola d’addio»
continuò Michael posando una mano sulla spalla del fratello
e stringendola affettuosamente. «Mi sentivo malissimo al
pensiero di abbandonarla dopo le promesse che ci eravamo scambiati e la
fiducia che lei mi aveva concesso, ma non credevo che sarei riuscito a
fuggire per sempre e non volevo condannarla a morte certa».
«Questo
posso capirlo» si costrinse a dire Nathaniel, schiarendosi
più volte la gola. «Probabilmente avrei agito in
base alle medesime considerazioni».
«Mmm…
pensi ancora a Lucille Nott o c’è una nuova
fanciulla che ha attirato la tua attenzione?» lo
punzecchiò Michael con un sorriso che era pura malizia e
diabolicità. «Ricordo che eri innamorato di lei
fin da bambino».
Nathaniel assunse un
preoccupante colorito rossastro che lo fece assomigliare a un pomodoro
maturo e borbottò delle frasi sconclusionate, allontanando
la mano del fratello dalla spalla mentre quest’ultimo cercava
di non ridere troppo forte.
«A cosa
è dovuta quest’allegria?»
domandò Aislinn tornando in cucina con Grace al seguito e
un’espressione curiosa sul volto dai tratti delicati.
«Nathaniel
mi stava per raccontare qualcosa sulla ragazza
di…» attaccò Michael, ma fu prontamente
interrotto da Nathaniel che, accortosi dell’ora,
balzò in piedi e disse di dover tornare subito a casa.
«Mamma e
papà si agitano se manco per troppo tempo e ovviamente non
avevo detto loro dove ero diretto» spiegò
Nathaniel a seguito della perplessità che vide affiorare sul
volto del fratello e della cognata. «Sono cambiati molto da
quando te ne sei andato e… insomma, penso che abbiano paura
di perdere anche me».
«Mi
dispiace, Nathaniel» disse Aislinn con sincero rammarico e il
ragazzo non poté fare a meno di sorriderle per
tranquillizzarla almeno un po’. «Ci farebbe
però molto piacere rivedervi, vero Grace? Dì
quella cosa allo zio».
Nathaniel, ancora
stordito dal sentirsi chiamare zio nel volgere di un paio
d’ore, si inginocchiò nuovamente mentre la
nipotina trotterellava verso di lui, stringendo in mano un coniglio di
pezza le cui orecchie si muovevano stancamente, segno evidente di come
l’incantesimo che lo animava stesse svanendo.
«Zio Nate
viene da Grace per la festa» disse la bambina con un sorriso
enorme l’attimo prima di gettargli le braccia attorno al
collo.
«La
settimana prossima ci sarà il compleanno di Grace»
spiegò Aislinn con un sorriso. «Festeggiamo sempre
con pochissimi invitati, cosicché nessuno si accorga di
Michael, ma saremmo felice di avervi con noi».
«Il
prossimo giovedì?»
«Sì,
potreste passare dopo pranzo».
Nathaniel
scambiò uno sguardo col fratello che si limitò a
sorridere e a guardare con tenerezza Grace, ora in trepidante attesa di
una risposta dello zio.
«Va
bene» cedette prevedibilmente Nathaniel.
«Verrò e ti porterò un
regalo».
La frase
scatenò una serie di urletti di gioia e saltelli entusiasti
da parte della bambina, che si alzò sulle punte per
schioccare un bacio sulla guancia del ragazzo, e infine si
rifugiò fra le braccia della madre, felicissima al pensiero
di ricevere un regalo.
«Vieni, ti
mostro dove potrai Materializzarti la prossima volta» disse
Michael dopo che il fratello ebbe salutato la cognata e la bambina.
«Solitamente mettiamo degli incantesimi a protezione della
casa una volta che sono rientrato; è vero che non riceviamo
quasi mai visite, ma la prudenza non è mai troppa. Gli
incantesimi non dovrebbero essere attivi per quell’ora, ma
tieni presente quella grande roccia accanto allo steccato: da
lì è impossibile scorgerti per qualcuno che si
trova sulla strada».
«Bene»
annuì Nathaniel. «Allora suppongo sia il caso di
salutarci».
Era strano e al
tempo stesso inevitabile che fra loro ci fosse
quell’imbarazzo, quasi che nessuno dei due fosse sicuro di
cosa fosse appropriato dire o fare, non comprendendo ancora appieno
quanto e come fosse cambiato l’altro negli anni che li
avevano divisi.
Nathaniel era certo
che suo fratello non gli avesse detto tutto, ma effettivamente non era
facile riassumere quattro anni in un paio d’ore. Provava
ancora del risentimento eppure in quel momento si chiese se ne valesse
la pena: aveva visto i suoi genitori disperarsi per tutto quel tempo e
lui stesso si era sentito soffocare al pensiero di averlo perso per
sempre; adesso invece aveva la certezza che Michael fosse vivo e stesse
bene, e per quanto avessero ancora molto di cui discutere, per il
momento questo poteva bastargli.
La sua mente
riandò ad una conversazione che aveva avuto con Johnny mesi
prima, subito dopo aver incontrato Grace e sua madre in farmacia. Come
al solito le supposizioni del giovane danese si erano dimostrate
corrette e l’unica cosa che nessuno dei due aveva previsto
era Aislinn o piuttosto il modo nel quale era entrata a far parte della
vita di Michael, inducendolo a modificare i suoi piani. Johnny non
aveva avvalorato le speranze di Nathaniel perché non
riteneva che un fuggitivo avesse avuto modo e tempo per metter su
famiglia, mentre Nathaniel non era a conoscenza della relazione del
fratello che durava sin dagli anni a Hogwarts.
«Sono
felice di averti rivisto» disse infine il ragazzo aprendosi
in un sorriso. «È un sollievo sapere che sei sano
e salvo e… mi ha fatto piacere conoscere la tua
famiglia».
«Ti
aspettiamo la prossima settimana» replicò Michael
stringendolo in un abbraccio. «Sappi che ero sincero prima
quando ti ho detto che non avevo intenzione di ferire tutti voi a quel
modo e spero che Grace possa conoscere i nonni in futuro».
«Quando?»
chiese Nathaniel, incapace di trattenersi. «Sai che mamma e
papà manterrebbero il segreto».
«Ne sono
sicuro, ma potrebbero apparire diversi e se c’è
qualcuno che ancora li controlla lo noterebbe; inoltre potrebbero
circolare delle voci. Devo essere certo che quelle persone non siano
più un problema prima di uscire allo scoperto»
spiegò Michael. «Non dire niente a nessuno, Nathaniel. Nemmeno
a Vincent o agli amici».
«Hai la
mia parola» promise Nathaniel con un sospiro di sconfitta.
«Mi auguro però che riusciremo a fermarli presto;
questo non è un segreto che puoi tenere nascosto per
sempre».
Nathaniel scese in
fretta e i gradini e sventolò la mano un’ultima
volta in segno di saluto, scatenando le risate della piccola Grace,
infine raggiunse la roccia e si Smaterializzò
l’istante successivo, sentendosi straordinariamente
più leggero rispetto a qualche ora prima.
«Gli hai
detto tutto?» mormorò Aislinn lasciando che Grace
giocasse liberamente in cucina e osservando il marito che si preparava
a dotare la loro casa dei soliti incantesimi difensivi.
«Per
esempio che Theodore mi mostrò quel libro prima di
consegnarlo ai suoi superiori e che ne conosco il titolo?»
ironizzò Michael con un sorriso che però non
riuscì ad ingannare la moglie. «No, sarebbe stato
troppo pericoloso; inoltre Flitt ha restituito il libro prima della
fine dell’anno ed è fondamentale che loro non lo
trovino. Più di una volta durante la nostra conversazione
Nathaniel ha parlato al plurale e sono certo che lui e i suoi amici non
esiterebbero un attimo a recarsi in quel passaggio, probabilmente senza
nemmeno dirlo agli insegnanti».
«Be’,
sono pur sempre dei Grifondoro».
«Per molto
tempo ho pensato che non avrei mai riabbracciato mio fratello o i miei
genitori, e spesso mi sono chiesto come Nathaniel avrebbe reagito se ci
fossimo rivisti» confessò Michael a bassa voce,
chiudendo la porta alle proprie spalle. «Hai notato quanto
fosse arrabbiato oggi ed è un miracolo che non mi abbia
posto ulteriori domande. È meglio lasciare le cose
così; almeno eviterò di perderlo a causa della
sua intraprendenza».
Il canticchiare
allegro di Grace si levò a riempire la cucina e
illuminò istantaneamente i volti dei suoi genitori, mentre
un sorriso triste velò per un momento il viso di Aislinn.
«Avrei
tanto voluto dare a Grace un fratello o una sorella» disse
rifugiandosi nell’abbraccio del marito. «E dare a
te un erede che potesse portare avanti il nome della tua
famiglia».
«Tu e
Grace siete tutto ciò di cui ho bisogno, Aislinn»
mormorò Michael, sentendosi impotente di fronte a quel
dolore ed ogni volta era come la prima quando, subito dopo la nascita
di Grace, la premurosa Guaritrice che aveva assistito Aislinn le aveva
detto che sarebbe stato molto difficile rimanere incinta una seconda
volta.
Dopo aver perso
già un bambino e con la gravidanza tutt’altro che
facile che Aislinn aveva avuto, Michael aveva messo da parte il sogno
di una famiglia numerosa – che comunque gli sarebbe stato
difficile mantenere segreta in quelle condizioni – preferendo
che la moglie rimanesse in salute e che Grace crescesse con una madre.
Aislinn invece non si era mai riassegnata e a volte quel dolore tornava
a tormentarla, assieme a quello della perdita del bambino che non
avevano mai conosciuto.
«Molte
persone stanno bene anche con un solo figlio, Aislinn» la
rassicurò Michael accarezzandole piano la testa.
«Io sono più che felice della nostra Grace e non
devi preoccuparti della mia famiglia: a portare avanti il nome
potrà pensarci Nathaniel un domani. L’importante
è che voi stiate bene e al sicuro».
Nonostante
pronunciasse con ferma convinzione quelle parole, Michael
pensò che aveva avuto molte difficoltà a sentirsi
veramente al sicuro negli ultimi quattro anni.
*
Estate
1837, residenza della famiglia Nott
Lucille ristette
sulla soglia della biblioteca per qualche minuto, intenta a osservare
sua sorella Meryl e il modo assolutamente svogliato col quale fingeva
di leggere il libro che aveva scelto la sera precedente. Lucille non
aveva dimenticato quello che Meryl le aveva detto sulla banchina del
binario nove e tre quarti poco prima che lei e gli altri fratelli Nott
salissero sul treno, ma non c’era stato tempo per indagare
ulteriormente e lei era quasi certa che non fosse il genere di
argomento di cui si potesse discutere tramite lettera.
Benché
fossero state smistate nella stessa Casa, Lucille e Meryl erano sempre
state molto diverse dal punto di vista caratteriale: entrambe si
mostravano piuttosto disposte a seguire le indicazione dei genitori e
spesso anche ad assecondarli, ma se c’era da protestare su
qualcosa Lucille lo faceva ad alta voce e con tono petulante mentre la
sorella tendeva ad interiorizzare tutto, chiudendosi in sé
stessa ed evitando di confessare ad altri i suoi pensieri.
Per i primi sei anni
a Hogwarts, Meryl era stata un perfetto esempio di ragazza educata e
studiosa, che riusciva sempre ad ottenere voti molto alti nella maggior
parte delle materie e che al quinto anno era anche diventata Prefetto.
Qualcosa era cambiato con l’inizio dell’ultimo anno
e l’ansia degli esami finali l’aveva spinta a
studiare e concentrarsi ulteriormente, inducendola a trascorre sia le
vacanze natalizie che quelle pasquali al castello di Hogwarts, con gran
disappunto dei suoi genitori.
Quando Lucille le
aveva candidamente fatto notare che non era necessario ottenere un
‘Eccezionale’ in tutte le discipline
dacché i signori Nott preferivano che nessuna delle loro
figlie lavorasse, Meryl si era risentita particolarmente, redarguendo
la sorella in un modo che non aveva precedenti nel loro rapporto, fatto
solo di risate e complicità.
«Studio
per me stessa perché desidero una cultura e tu dovresti fare
lo stesso» aveva detto Meryl con forza. «Quanto al
lavoro, sarò io a scegliere che tipo di vita
avrò».
Lucille aveva anche
provato a chiedere alla mamma se conoscesse la causa del malessere che
affliggeva la sorella, ma lei si era limitata a sorridere e a dirle che
Meryl aveva solo bisogno di adattarsi alla sua nuova vita fuori da
Hogwarts. Lucille era abbastanza sveglia da sapere quando arrivava il
momento di non fare più domande, tuttavia non aveva creduto
interamente alla spiegazione della mamma ed era determinata ad andare a
fondo in quella faccenda.
Sospirò
silenziosamente prima di fare il suo ingresso nella biblioteca,
assicurandosi di sorridere come se fosse la mattina di Natale.
«Buongiorno
Meryl!» trillò con una vocetta talmente acuta da
far sobbalzare la sorella, chiaramente persa nei suoi pensieri, e
facendole scivolare il libro dalle mani.
«Lucille,
non potevi almeno bussare? Mi hai spaventata!»
«Credevo
mi avessi sentita» mentì Lucille accomodandosi
accanto a lei sul divanetto e lisciando con grazia delle inesistenti
pieghe sulla gonna. «Volevo chiederti di accompagnarmi dalla
sarta a Diagon Alley questo pomeriggio; devo ritirare il vestito per il
ballo e sceglierne uno che sia adatto alla festa che darò
per il mio compleanno. Ho bisogno del tuo aiuto e non puoi lasciarmi
sola in un momento come questo».
Meryl
posò il libro sul tavolinetto e ascoltò con
pazienza il monologo della sorella, infine produsse un piccolo sorriso
e accettò di accompagnarla.
«Magari la
mamma ci lascerà andare da sole» disse Lucille in
un moto di speranza. «Ormai ho quasi raggiunto la maggiore
età e insieme saremmo in grado di badare alle
altre».
Quando si trattava
di scegliere un vestito o semplicemente di fare una passeggiata per la
Londra magica, le sorelle Nott erano sempre state molto unite,
insistendo affinché anche le più giovani
venissero con loro e partecipassero al divertimento delle maggiori,
riuscendo spesso a fare anche qualche piccolo acquisto per
sé.
Meryl
però scosse subito la testa e affermò con
sicurezza: «Non andremo da nessuna parte se non saremo
accompagnate dalla mamma, lo sai bene. Da quando il Mondo Magico
è sotto attacco, i nostri genitori sono più
preoccupati del solito e non credo che potremo andare tutte insieme.
Forse Pervinca e Madeline avranno il permesso, specialmente ora che
hanno compiuto quindici anni, ma temo che Kathleen resterà a
casa con la nonna».
Lucille
annuì con un morbido cenno del capo e sistemò una
ciocca ribelle di capelli che era scivolata
dall’acconciatura, approfittando dell’occasione per
studiare con attenzione il viso della sorella. Come tutti i Nott, Meryl
aveva i capelli neri e gli occhi verde scuro, nonché dei
lineamenti delicati che le conferivano una certa grazia naturale che a
volte Lucille le invidiava. Eppure l’evidente tristezza che
trapelava dalla sua espressione confermava le supposizioni di Lucille,
facendole intuire che c’era qualcosa di veramente importante
che minacciava la serenità della sorella.
«Non siamo
riuscite a parlare molto durante le vacanze di Pasqua, specialmente
perché mamma e papà hanno finto di essere ancora
arrabbiati con me per non essere tornata a casa per Natale,
perciò ho dovuto dedicarmi di più a
loro» attaccò Lucille con tono petulante, decisa a
scoprire cosa non andasse in Meryl. «Non mi hai detto quasi
nulla di quello che ti è successo quest’anno;
immagino che dovrai sentirti sola ora che tutti noi siamo a Hogwarts e
forse ti mancheranno anche le tue amiche, non vedendole più
tutti i giorni».
Col sorriso sornione
di chi conosceva benissimo ogni singola strategia che Lucille sarebbe
stata in grado di adottare, Meryl si limitò a concedere una
semplice risposta affermativa senza così soddisfare
l’interesse della sorella.
«Se
c’è qualcosa che non va, puoi parlarne con
me» pigolò Lucille stringendo le mani di Meryl in
una morsa delicata. «Riguarda il lavoro? Hai sempre voluto
lavorare, lo ricordo bene, e credo che le posizioni dei nostri genitori
su questo argomento ti facciano soffrire molto».
«È
normale che io desideri lavorare, Lucille» sospirò
Meryl, concedendosi qualche momento per riordinare i propri pensieri.
«Il pensiero di passare tutta la vita tra una casa e
l’altra, occupandomi solo della sua gestione e di crescere
dei bambini, mi sembra una prospettiva terribile. Voglio fare qualcosa
di più, qualcosa di diverso. Delle volte mi sento come una
Babbana, esclusa dal mondo degli uomini e del lavoro perché
non ritenuta abbastanza capace».
«Non siamo
stati cresciuti come dei Babbani!» esclamò Lucille
con indignazione. «Probabilmente mamma e papà
pensano che ci stancheremmo troppo lavorando».
«Non che
sarebbe meglio che una donna stia a casa?»
«Non puoi
aspettare di sposarti?» sussurrò Lucille,
ricordando una conversazione simile che aveva avuto con Cornelia e
Catherine il primo giorno di scuola di quell’anno, durante la
quale le sue amiche avevano provato a rassicurarla asserendo che non
tutti gli uomini erano di quell’avviso. «Protesti
trovare uno sposo a cui interessino davvero i tuoi desideri e che ti
aiuti a scegliere il lavoro che fa’ per te. Non tutti gli
uomini sono uguali e sono a conoscenza di almeno un paio di ragazzi che
vorrebbero avere il permesso di corteggiarti».
«Te
l’ha detto la nonna o la mamma?» mormorò
Meryl, momentaneamente sconfitta.
Lucille mise su il
tipico sorrisetto di chi pregusta già la propria vittoria,
solo lievemente sconcertata al pensiero che la sorella potesse credere
di riuscire a tenerle nascosto un segreto come quello.
«La
nonna» confermò infine la ragazza, tirando su con
il nasino. «Devo tuttavia informarti che sono rimasta molto
delusa scoprendo che tu non hai ritenuto opportuno confessarti con me
che sono la tua sorella più cara nonché
più vicina a te per età».
«Non
è il genere di informazione che può essere
accluso in una lettera» la redarguì Meryl
alzandosi e passeggiando fino ad una delle grandi finestre che
spalancò per consentire alla brezza estiva di rinfrescare
l’ambiente. «Non sarebbe stato piacevole se tu
avessi perso la lettera o se qualcuno te l’avesse sottratta.
Se non ricordo male le gemelle Thompson sono al tuo stesso anno e no ho
mai conosciuto due ragazze più impiccione di loro».
«Non posso
darti torto» affermò Lucille mestamente,
raggiungendo Meryl e soffermandosi a guardarla dritta negli occhi come
faceva quando era piccola e voleva ottenere qualcosa.
«Avresti però potuto parlarmene prima; sono a casa
da due settimane».
«Non mi
interessano Lucille, nessuno dei due».
«Capisco
che non ti interessi Theodore Flitt, in particolare se è
brutale tanto quanto suo fratello Augustus»
concordò Lucille, rammentando con un brivido la provocazione
del ragazzo ai danni di Rosaline Smith. «Neville Burke sembra
però un giovane molto distinto e inoltre ha la tua stessa
età, lavora al Ministero della Magia ed è
ovviamente un Purosangue».
«Conosco
Neville da quando ero piccola, ciò non significa che debba
necessariamente piacermi» spiegò Meryl con un moto
d’insofferenza che fu come una piccola pugnalata per Lucille,
sempre più confusa dal comportamento assolutamente inusuale
della sorella. «Il nostro è un ambiente sempre
più ristretto e soffocante, e non tutti riescono a trovarsi
a loro agio al suo interno».
«Non ci
sono altri ambienti» ribatté subito Lucille con
voce innaturale. «Non per noi».
Meryl
sospirò e disse: «Allora non sono stata fortunata
come te che hai incontrato Nathaniel Greengrass quando non eri che una
bambina».
«Cosa
c’entra Greengrass adesso?» squittì
Lucille, arrossendo suo malgrado. «Non si parlava di me
né di lui».
«Cerca di
decidere rapidamente cosa vuoi, Lucille» le disse Meryl
accarezzandole una guancia con affetto e apprestandosi a lasciare la
biblioteca. «Credo che quel ragazzo sia sinceramente
interessato a te, ma non può passare tutta la vita ad
aspettarti; non vorrei che tu lo perdessi per un capriccio
perché ritengo che finiresti col pentirtene».
Era raro che Lucille
si ritrovasse senza parole e che lasciasse il suo interlocutore uscire
vincitore da uno scontro verbale, eppure quell’anno si era
ritrovata più volte a riflettere su Nathaniel e sui propri
sentimenti nei suoi confronti, preferendo non dar voce ai suoi pensieri
e trovandosi spesso in conflitto con quelle che per molti anni avevano
rappresentato per lei delle vere e proprie certezze.
Aveva intravisto e
apprezzato il lato gentile e riservato di Nathaniel, quello che
solitamente il ragazzo celava sotto la maschera della sua perenne
allegria, tuttavia il pensiero di Lydia Turpin e la facilità
con la quale aveva suscitato l’interesse di Nathaniel la
rendevano guardinga.
Lucille era
consapevole di come la bravura di Lydia fosse di gran lunga superiore
alla sua, inoltre sapeva bene che la maggior parte della popolazione
maschile di Hogwarts la riteneva una fra le ragazze più
belle della scuola. In aggiunta a questo era anche un Prefetto
– e a quel punto Lucille si ritrovò a sperare che
quell’anno la spilla da Caposcuola non toccasse a lei
– e una discreta Cacciatrice della squadra di Corvonero.
Al suo confronto
Lucille si sentiva spesso sminuita e le sue insicurezze si acutizzavano
quando Nathaniel sembrava incapace di cogliere una qualsivoglia
occasione che consentisse loro di trascorrere del tempo assieme, seppur
sotto gli occhi di tutti. Lucille avrebbe accettato di passeggiare con
lui nel parco, come del resto molte studentesse facevano senza doversi
impegnare, consapevoli che nessun genitore avrebbe protestato
eccessivamente se anche ne fosse venuto a conoscenza, tuttavia
Nathaniel non si era mai offerto di proporle nulla del genere, e a quel
punto lei non poteva non concludere di non piacergli abbastanza.
L’altra
questione che la tormentava riguardava il fatto che nessuno, escluso
appunto Nathaniel, sembrasse interessarsi a lei, spingendola a
chiedersi cosa ci fosse in lei di tanto sbagliato da non riuscire a
destare la benché minima attenzione da parte di un altro
giovane.
Ancora una volta
quelle domande non trovarono risposta e Lucille abbandonò a
sua volta la stanza, lasciandosi dietro anche l’allegria che
l’aveva animata quella mattina.
*
19
luglio 1837, Hogsmeade
«Zio
Nate!» strillò Grace quando vide Nathaniel sulla
porta della cucina, intento a consegnare a suo fratello e a sua cognata
tutti i pacchi che aveva fra le braccia.
«Ciao
Grace» disse lui guardando con affetto la bambina che gli si
era attaccata alla gamba. «Buon compleanno!»
Grace sorrise e
aspettò che lo zio si liberasse prima di sollevarla, ancora
troppo piccola per capire con esattezza cosa fosse un compleanno ma
felice per tutte le attenzioni straordinarie che le venivano dedicate
quel giorno.
«I miei
genitori sono nel salotto» spiegò Aislinn mettendo
da parte le formalità usate durante la sua prima visita.
«Aspettavamo che arrivassi per aprire i regali e tagliare la
torta».
«Non
avresti dovuto prenderle tutta questa roba» disse Michael
trasportando da solo i tre pacchetti più pesanti e lasciando
che fosse Aislinn ad occuparsi degli altri due. «Un solo
regalo sarebbe bastato».
«Non
l’ho mai vista prima della scorsa settimana e non le ho mai
potuto prendere nulla» ribatté Nathaniel con una
punta di gelo. «È normale che voglia regalare
qualcosa alla mia unica nipote per il suo compleanno».
La replica di
Michael non fece in tempo ad abbandonare le sue labbra, fermata dalla
mano di Aislinn che si limitò a scuotere piano la testa.
Nonostante entrambi i fratelli fossero felici di rivedersi, accusavano
ancora il peso di quelle questioni irrisolte che erano come un muro fra
loro e che contribuivano ad aumentare la distanza che li separava.
I genitori di
Aislinn erano persone per bene e socievoli o almeno lo era la madre; il
signor Farland studiò a lungo e in silenzio Nathaniel,
probabilmente nel tentativo di stabilire se fosse affidabile o meno, e
ci volle un po’ prima che traesse delle conclusioni positive,
aiutato in questo dall’affetto col quale trattava Grace e
dalla gioia che illuminò la nipotina quando
scartò i suoi cinque regali, incluso un nuovo coniglio di
pezza che muoveva la coda e le orecchie ogniqualvolta veniva preso.
Nathaniel,
ricordando che il cognome Farland era lo stesso della professoressa di
Aritmanzia della quale Johnny e Cornelia si lamentavano sempre, fu
tanto avventato da chiedergli se fossero parenti, rischiando
così di far svanire quel poco di fiducia che gli era stata
concessa. La risposta, del resto, fu un secco e definitivo ‘No’.
«Mi
dispiace per mio padre» gli disse Aislinn poco dopo mentre i
suoi genitori erano impegnati con Grace e il suo nuovo, piccolo cavallo
alato di pezza che le svolazzava intorno. «Abbiamo passato
gli ultimi quattro anni in completa solitudine e, sapendo i rischi che
corriamo, è solo un po’ più sospettoso
di quanto dovrebbe».
«Posso
capirlo» affermò Nathaniel con
sincerità. «Da quello che mi ha detto Michael ne
avete tutte le ragioni e io per loro sono un estraneo».
«Non
proprio» sorrise Aislinn. «Io sono figlia unica, il
che fa’ di te l’unico zio di Grace. Sia io che
Michael siamo felici al pensiero che tu possa far parte della sua
vita».
«Ci sono
anche i miei genitori» le ricordò Nathaniel che
tuttavia trovava straordinariamente difficile arrabbiarsi con lei.
«Anche loro dovrebbero far parte della sua vita».
«Quando
non saremo più in pericolo» ribadì
Aislinn stringendogli una mano. «Le minacce che vi sono state
rivolte sono ancora valide e credo tu sappia quanto siano pericolose
queste persone. Non voglio perdere né mia figlia
né mio marito, Nathaniel, così come lui non vuole
perdere nessuno di voi».
Nathaniel
annuì con un sospiro di pura rassegnazione, infine si
diresse verso il fratello e accettò la seconda fetta di
dolce che gli venne porta.
«Non
verrà nessun altro per il compleanno di Grace?»
«Questa
mattina è passata a trovarci la signora Thornton che conosce
Aislinn da quando era piccola» disse Michael con una smorfia
scontenta. «Non credo di piacerle molto, ma del resto non ha
mai visto il mio vero aspetto».
«E allora
come…».
«Pozione
Polisucco» ghignò Michael con un accenno di pura
furbizia nello sguardo. «Aislinn è una pozionista
incredibilmente dotata e spero che un giorno riesca a completare gli
studi e ad abilitarsi regolarmente».
«E tu
assumeresti le sembianze di chi, se posso chiederlo?»
«Di un
Babbano di Edimburgo al quale ho tagliato la maggior parte dei
capelli» confessò Michael con un’alzata
di spalle. «L’ho trovato addormentato in un vicolo
e a giudicare dall’odore dei suoi vestiti doveva aver bevuto
parecchio».
«Immagino
tu abbia una scorta sufficiente e che quel poveretto si sarà
ritrovato pelato al momento del risveglio»
commentò Nathaniel con le sopracciglia sollevate per
l’incredulità. «Non credevo fossi
così furbo».
«Come sei
gentile, ma sappi che è stata un’idea di mia
moglie» motteggiò Michael mettendosi una mano sul
cuore. «Non preoccuparti nemmeno per le mie scorte
giacché cambio il mio aspetto solo due volte
l’anno: a Natale, quando la megera viene a farci gli auguri,
e per il compleanno di Grace. Nelle altre occasioni fingo semplicemente
di non esserci».
«Non
starai parlando dell’anziana signora con un gatto che ha una
casa sul sentiero principale a cinque minuti da qui?» chiese
Nathaniel ricordando perfettamente come l’ultima volta avesse
dovuto ricorrere all’Incantesimo di Disillusione per sfuggire
allo sguardo minaccioso della vecchia strega.
«Sì»
esclamò Michael sorpreso. «Come la
conosci?»
«Ero
venuto ad Hogsmeade altre volte prima della scorsa settimana»
ammise Nathaniel con un certo imbarazzo. «Avevo sentito dire
che le case alla fine del villaggio erano perfette per crescervi dei
bambini e per raggiungerle sono dovuto passare davanti alla sua. Mi ha
guardato talmente male da convincermi che sarebbe stato più
prudente rendermi invisibile in futuro».
«È
sicuramente la signora Thornton» annuì Michael con
un brivido di puro orrore. «Due mesi fa ha quasi fatto
arrestare il figlio che si era Materializzato nel suo salotto e solo
perché non aspettava una sua visita. È la persona
più sospettosa che abbia mai visto».
«Non
passerò più davanti alla sua casa»
assicurò Nathaniel.
«Sarebbe
meglio se tu ti Materializzassi direttamente qui come hai fatto
oggi» disse Michael a bassa voce affinché fosse
solo il fratello a sentire. «Potresti attirare
l’attenzione se improvvisamente iniziassi a vagabondare per
Hogsmeade e questa è l’ultima cosa di cui abbiamo
bisogno».
«Lo
so».
Nathaniel avrebbe
voluto aggiungere qualcosa e magari anche porre al fratello quelle
domande che l’avevano tormentato in quei giorni, quando si
era trovato a ripensare alla conversazione avuta trovandovi diversi
punti sui quali avrebbe gradito avere dei chiarimenti, ma naturalmente
non gli fu possibile. Grace lo richiamò al suo fianco e lo
invitò ad avvicinarsi con un cenno imperioso della manina,
esigendo che tornasse a giocare con lei.
Dopotutto quello era
il suo giorno e il primo compleanno che Nathaniel passava con lei e, da
quel poco che aveva capito, Grace non era una bambina da contrariare.
Fino a un paio
d’ore prima si era illuso addirittura di riuscire a passare
del tempo sia con lei che con Lucille, che Nathaniel sapeva essere
invitata a un tè pomeridiano dai Paciock, ma evidentemente
non era destino. Le aveva scritto come promesso e lei aveva risposto a
tutte le sue lettere, ma in nessuna di esse aveva manifestato un
maggiore interesse verso la sua persona né a lui era parso
di ravvisare un indizio, seppur minimo, che potesse indicare un
cambiamento nei sentimenti della ragazza.
Se proprio doveva
rassegnarsi ad essere nulla di più che un amico per Lucille,
allora era meglio passare il minor tempo possibile in sua compagnia.
*
Fine
luglio 1837, residenza della famiglia Nott
Lucille
osservò soddisfatta le sue amiche, approvando finalmente le
loro scelte sul vestiario più adatto per il ballo che
l’aveva vista avere la meglio anche sulle rimostranze di
Clarisse Prewett, chiaramente ignara di cosa potesse o meno indossare
con quei capelli di un caloroso rosso mogano. Rimpianse di non essere
riuscita a convincere Cornelia ad indossare una maschera variopinta e
decorata quanto la sua, anziché quella semplice e argentata
che aveva portato con sé dall’Italia, ma la
ragazza era stata irremovibile e Lucille era certa che fosse a causa di
John Christensen.
Con quella minuscola
maschera e i suoi classici e lunghissimi boccoli castani, Christensen
non avrebbe di certo faticato a riconoscerla, ma sapendo quello che le
era accaduto poco prima di partire Lucille non riuscì a
biasimarla per il suo bisogno di conforto da parte del ragazzo di cui
si era innamorata.
Furono proprio
Cornelia e Lucille le prime a distaccarsi dal loro gruppo quando
raggiunsero la scalinata principale, una intenta a cercare di capire se
Christensen fosse già arrivato e l’altra diretta
ad assolvere i suoi doveri di ospite.
«Hai
accettato l’invito» chiocciò Lucille
porgendo la mano guantata a Nathaniel Greengrass che si era precipitato
a salutarla nel momento esatto nel quale l’aveva scorta.
«Ti ho visto raramente quest’estate; sei stato in
Danimarca da Christensen?»
Lucille sapeva
benissimo che Nathaniel non si era messo in viaggio lo scorso mese,
come testimoniavano le lettere frequenti che le aveva inviato e gli
unici due eventi ai quali aveva presenziato, nonostante lei avesse
discretamente accennato molti altri ai quali avrebbe partecipato.
«No, sono
rimasto a casa» disse subito il ragazzo con un sorriso
sincero nel quale Lucille non trovò tracce di menzogna.
«Sono stato piuttosto impegnato e dovrei andare in Danimarca
il mese prossimo, se mi sarà possibile».
«Con cosa
sei stato impegnato?»
La
curiosità naturale di Lucille era stata incentivata dalla
distratta frase che Davies si era lasciato sfuggire poco prima, proprio
quando aveva visto Nathaniel fare il suo ingresso con la sua famiglia e
John Christensen; parlando con un suo compagno di Casa, Davies aveva
affermato di aver visto Nathaniel in giro per Hogsmeade svariate volte
quell’estate e subito Lucille si era arrovellata nel
tentativo di capire cosa lo avesse spinto a recarsi in quel piccolo
villaggio dove lei era certa non vivesse nessun membro della sua
famiglia.
«Oh, nulla
di importante» minimizzò Nathaniel con una
scrollata di spalle, un vizio che aveva fin da piccolo e che Lucille
non era mai riuscita a fargli passare, nonostante lo rimbrottasse ogni
volta. «Questioni di famiglia. Non so se ricordi mia cugina
Violet, la sorella di Vincent…».
«Certo che
la ricordo» lo interruppe Lucille con disarmante prontezza.
«Si è sposata la scorsa estate e ha avuto un
bambino appena prima dell’inizio delle vacanze di
Pasqua».
«Ehm…
sì» balbettò Nathaniel, preso alla
sprovvista. «Ecco, ho passato molto tempo in famiglia a causa
di tutte queste novità».
Gli occhi verdi di
Lucille si affilarono leggermente, percependo dell’altro nel
disagio del giovane ma consapevole di non poterlo trattenere oltre, non
con sua madre che attendeva che lei si liberasse e la raggiungesse.
«Essendo
venuto qui, vorrei cogliere l’occasione per chiederti una
cosa» esordì Nathaniel quando la vide dischiudere
le labbra, pronta a presentargli le sue scuse e ad allontanarsi.
«Potresti concedermi l’onore di aprire le danze con
me, Lucille tesoro?»
«Greengrass!»
sibilò Lucille sgranando gli occhi per il terrore e pregando
Merlino affinché nessuno l’avesse
sentito apostrofarla a quel modo.
«Mi
dispiace» scattò subito Nathaniel arretrando di un
passo. «Mi viene spontaneo chiamarti così e mi
sono dimenticato di…».
«Accetto»
sussurrò Lucille, ancora rossa in viso. «Tuttavia
adesso devo tornare da mia madre che mi sta aspettando; spero che la
serata sia divertente e avrò bisogno della tua opinione sui
rinfreschi. Sai che li ho scelti io?»
Il ballo,
considerò Lucille due giorni dopo, non era stato come lei se
lo era più volte immaginato, almeno non interamente. Quando
Nathaniel era venuto a reclamare il suo ballo, Lucille si era
allontanata al suo fianco con un sorriso raggiante e per tutta la
durata della danza non avevano fatto altro che parlare di argomenti
leggeri, fra i quali la straordinaria ed inaspettata comparsa di Sirius
Black che aveva messo in agitazione la maggior parte delle signorine
presenti.
Nathaniel non aveva
perso l’occasione di farle i complimenti per il vestito, e lo
aveva fatto con una tale eleganza e delicatezza che Lucille non era
riuscita a replicare con un ringraziamento adeguato.
Le sue aspettative
poi parevano addirittura essere state superate quando aveva visto
Cornelia aprire le danze proprio con Sirius Black e da allora in avanti
non aveva fatto altro che ruotare il collo nel tentativo di non
perdersi né il ballo né l’espressione
assolutamente furiosa con la quale Christensen osservava la coppia.
A quel punto,
Lucille aveva sorriso vittoriosa, certa di riuscire a realizzare i
propositi che aveva in mente per Cornelia e il suo rozzo danese entro
la fine dell’anno venturo.
Tutto era
precipitato qualche ora più tardi e con una tale
rapidità che lei a stento se ne accorse: lo schiocco sonoro
di un numero considerevole di Materializzazione aveva riempito la sala,
subito seguito da grida terrorizzate e dai primi incantesimi che
cominciarono a volare.
Lucille non aveva
fatto in tempo né a voltarsi né tantomeno ad
allontanarsi che subito aveva sentito un braccio robusto serrarsi
attorno alla sua vita, trascinandola velocemente verso il centro della
sala dove era rimasta per la successiva mezz’ora,
impossibilitata a muoversi anche per via della bacchetta puntata verso
la propria tempia.
Proprio come le era
accaduto con Josephine Sutherland, Lucille non riuscì a
reprimere la rabbia che la invase e sulle prime cercò di
lottare per liberarsi da quella presa ferrea. Mentre sua madre
piangeva, sorretta da Oliver e da Meryl, e suo padre cercava di
trattare il suo rilascio col capo di quella banda di manigoldi, Lucille
cercò disperatamente una figura familiare alla quale
aggrapparsi con lo sguardo e la trovò proprio in Nathaniel
Greengrass che, fermo al centro di quel tumulto, non distoglieva gli
occhi dalla sua figura e aveva un braccio proteso a mezz’aria
verso di lei, in un gesto istintivo che doveva aver compiuto quando era
stata catturata.
I loro sguardi si
incrociarono e Lucille fissò con insistenza gli occhi
azzurri del ragazzo, intento a trasmetterle quanta più calma
e sicurezza possibili. La completa attenzione che le dedicava le infuse
una certa forza, così come i piccoli sorrisi di
incoraggiamento che di tanto in tanto solcavano il suo volto altrimenti
teso e lei si concentrò esclusivamente su di essi,
ripiombando nel terrore solo quando udì il capo della banda
accennare a quello che avrebbero potuto farle qualora suo padre si
fosse rifiutato di collaborare.
Aveva visto
Nathaniel impallidire e aveva sentito i propri occhi inumidirsi,
così come la bassa risata oscena del suo carceriere,
chiaramente rallegrato da quella prospettiva. Egli mosse appena un
braccio strusciandolo contro il seno di Lucille che si
dimenò con forza, disgustata e impaurita da
quell’affronto.
Il pronto assenso di
Maximilian Nott contribuì a rilassare l’atmosfera
e rimise al suo posto l’omone che tratteneva Lucille, ma la
ragazza dovette lottare contro le lacrime di umiliazione e indignazione
che minacciavano di sopraffarla.
E poi, nel giro di
pochi minuti, si ritrovò ad osservare John Christensen che
camminava disarmato al centro della stanza e cercò di
individuare le sue amiche scrutando il punto dal quale si era mosso il
giovane, ma riuscì a scorgere solamente Marcus Potter e
Vincent Baston.
Le urla provocate
dalla Maledizione Cruciatus turbarono i presenti più di ogni
altra cosa, e fu talmente strano vedere un ragazzo
all’apparenza così forte e sano crollare a terra
come una marionetta alla quale avessero tagliato i fili.
Infine ci fu la
paura per l’audacia di Cornelia quando spuntò da
chissà dove e attraversò di corsa la sala per
inginocchiarsi al fianco di Christensen. Con quel vaporoso vestito
acquamarina che si allargava attorno a lei, sembrava quasi una strana
creatura marina intenta a soccorrere uno sventurato umano in procinto
di naufragare.
Quando finalmente i
criminali ebbero i loro libri e quella terribile avventura giunse al
termine, Lucille si ritirò nella propria stanza con la sola
compagnia della mamma con la quale riuscì a confidarsi,
seppur dopo svariati tentativi interrotti da quelle capricciose lacrime
che ora pretendevano di poter scorrere in piena libertà.
«Cerca di
stare tranquilla» mormorò la mamma per la quinta
volta, rimboccandole le coperte come se fosse ancora una bimba piccola
e baciandola sulla fronte. «Papà ed io vi terremo
al sicuro e ci accerteremo che nessun libro compromettente resti nella
nostra biblioteca, così da non avere più visite
sgradevoli».
Lucille produsse un
minuscolo sorriso e annuì, ancora troppo inquieta per poter
parlare.
«Non tutti
gli uomini sono così, Lucille» proseguì
la mamma intuendo la ragione del suo turbamento. «Quello a
cui accennavano quelle persone era orribile e spregevole, ma la maggior
parte degli uomini non ha simili intenzioni e non mancherebbe mai di
rispetto ad una signora. Con un po’ di tempo dimenticherai
questo incidente e ti prometto che non permetterò mai che tu
sposi un uomo la cui vera natura è disonesta, a prescindere
dal modo in cui appaia. Tua nonna ha verificato in ogni modo se tuo
padre fosse un uomo rispettabile e io non sarò da meno con
le mie figlie».
Due giorni dopo, nel
pomeriggio del suo compleanno, Lucille ancora si attardava con la mente
a quanto accaduto, ma badava a mantenere un’espressione
allegra e a concentrarsi il più possibile sullo svolgimento
della festa, distraendosi così da quei lugubri pensieri.
Fortunatamente tutto
stava andando per il meglio e l’unico che sembrava nutrire
qualche perplessità circa il tipo di evento al quale si
trovava era John Christensen. Almeno tre delle cugine di Lucille vicine
a lei per età le avevano chiesto qualche informazione sul
suo conto e avevano ammesso di trovarlo ancora più
interessante dopo averlo visto sopportare la Maledizione Cruciatus con
tanto stoicismo.
Chiedendosi
allarmata come potesse essere imparentata con delle ragazze talmente
sciocche, Lucille si era affrettata ad affermare di non sapere nulla
sul giovane danese, che manteneva sempre il massimo riserbo sulla sua
vita. Lanciò anche una rapida occhiata a Cornelia che,
essendo seduta al tavolino accanto, aveva certamente udito quello
scambio e che solo recentemente, a seguito di un colloquio con
Georgiana Malfoy, sembrava essere venuta a conoscenza di come
Christensen attirasse su di sé una buona parte delle
attenzioni femminili di Hogwarts.
Gli occhi bruni di
Cornelia incrociarono i suoi e il lieve movimento col quale scosse il
capo bastò a rassicurare Lucille, e infine il sorriso
birichino dell’amica la indusse a voltarsi per scoprire
Nathaniel Greengrass che sostava accanto al suo tavolino con in mano un
piattino colmo di dolci e le sorrideva con un tale affetto nello
sguardo che Lucille si sentì arrossire.
«Accomodati
pure» concesse con la voce solo un poco più acuta
del normale.
«Se non
sbaglio ci siamo conosciuti in un pomeriggio d’estate ad
un’occasione mondana piuttosto simile a questa»
disse Nathaniel scostando la sedia e sedendo al suo fianco.
«Sì»
trillò Lucille, felice che se ne ricordasse. «E da
allora, tu non hai perso la passione per i dolci».
«Noterai
però che ho smesso di sporcarmi la giacca»
replicò Nathaniel, prolungando lo scherzo.
«Hai anche
iniziato ad usufruire dei piattini».
Si scambiarono uno
sguardo complice, memori di un episodio che nessuno, eccetto loro,
conosceva.
Il pomeriggio era
così tranquillo e piacevole che Lucille aveva timore di
comprometterlo, ma erano ormai passati due giorni da quando si era
accorta che qualcosa non le era chiaro riguardo il discorso che aveva
avuto con Nathaniel prima del ballo, quando lui le aveva spiegato di
essere stato impegnato con la famiglia e di non aver partecipato per
questo motivo a molti eventi mondani. Tuttavia lei sapeva delle sue
visite ad Hogsmeade ed era anche consapevole di come nessun membro
della famiglia Greengrass né di quella Rosier abitasse
lì.
«Sai che
due sere fa ho sentito Davies dire di averti visto più volte
a Hogsmeade, lo scorso mese?»
«Ma
davvero?»
«Sì»
confermò Lucille sporgendosi inconsapevolmente in avanti per
la concitazione. «Ha detto di averti visto camminare per il
villaggio in diverse occasioni».
«C’è
qualcosa che vorresti chiedermi, Lucille?» la
interrogò Nathaniel alzando infine lo sguardo dal piattino e
inchiodandola al suo posto.
«Oh
no!» esclamò Lucille sorbendo un sorso di
tè ormai freddo per mascherare la sua reazione confusa.
«Stavo solo conversando».
Nathaniel
sospirò e Lucille pensò di averlo indispettito
con quell’indagine condotta malamente, cosa di per
sé straordinaria perché di solito era molto
precisa, e rimpianse di non essersi fidata di Cornelia e delle sue
rassicurazioni circa il comportamento del giovane; lui però
tirò fuori una piccola scatola dalla tasca interna della
giacca e la spinse verso di lei, ritrovando il sorriso e il buonumore.
«Il tuo
regalo» spiegò davanti alla perplessità
di Lucille. «L’ho preso a Hogsmeade».
«Oh».
Lucille
arrossì violentemente e si sentì incredibilmente
sciocca mentre la vergogna le impediva di far altro che non fosse
lanciare un timido sguardo di scuse al ragazzo.
«Buon
compleanno, Lucille tesoro».
Note
dell’autrice.
Ecco finalmente il
quinto capitolo che riprende da dove il quarto si era interrotto, con
Nathaniel e Michael che finalmente si incontrano e si scontrano. Ho
cercato di inserire più spiegazioni possibili da parte di
Michael e spero che, nonostante ci siano ancora dei punti oscuri, il
racconto sembri abbastanza coerente. Non mi è sembrato
credibile lasciar porre troppe domande a Nathaniel, immaginando che lo
shock e anche la felicità di rivedere il fratello abbiano
prevalso, assieme a una buona dose di confusione.
Michael del resto ha
tenuto per sé qualche segreto, il che mi è
sembrato plausibile considerando la lunga assenza che li ha divisi e il
modo nel quale entrambi sono cambiati in quei quattro anni. Ci
vorrà un po’ prima di ritrovare del tutto la
complicità che avevano, così come la fiducia che
li univa.
Ho voluto esporre i
sentimenti sia di Lucille che di Nathaniel, che sono uno più
impacciato dell’altra quando si tratta di certe questioni e,
considerando che nessuno dei due si sbilancia, arrivano quasi a pensare
che all’altro non importi nulla.
Infine, ammetto che
la descrizione del ballo possa sembrare strana, ma ho voluto
ripercorrerla con gli occhi di Lucille, immaginando che in simili
momenti si colgano solo certi avvenimenti con maggiore chiarezza, e che
a volte tutto scorra molto velocemente nella speranza di una fine.
Mi auguro che il
capitolo vi sia piaciuto e ringrazio chi in questo lasso di tempo ha
aggiunto la storia alle preferite e alle seguite.
A presto,
Selena