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Autore: Selena Rose    02/05/2019    0 recensioni
[Spin-off della storia "Il Leone e la Fenice"]
Hogwarts, secolo XIX.
Nella scuola di Magia e Stregoneria più famosa del mondo tutti sono a conoscenza dell'interesse di Nathaniel Greengrass per Lucille Nott, ma cosa succederebbe se, proprio quando Lucille sembrerebbe disposta a ricambiare i suoi sentimenti, si facesse avanti una ragazza di Corvonero dagli occhi di ghiaccio?
La storia di Nathaniel e Lucille, dal loro primo incontro da bambini alla prima volta in cui, nel bel mezzo della Sala Grande, Nathaniel urlò "Lucille tesoro!"
E' necessaria la lettura della storia principale al fine di comprendere meglio le dinamiche qui narrate.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Lion and the Phoenix'
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Capitolo 5

Fratelli

Avrebbe dovuto aspettarselo, pensò Michael quando il pugno di Nathaniel si abbatté sul suo zigomo, rammentandogli così che suo fratello era indubbiamente diventato un uomo. Barcollò all’indietro e tentò di riacquistare l’equilibrio nonché di tranquillizzare sua moglie Aislinn, il cui urlo avrebbe potuto spaventare la piccola Grace rimasta in casa.

Anche Nathaniel sembrò sorpreso dal proprio gesto e arretrò rapidamente, guadandosi la mano come a volersi sincerare che fosse effettivamente la sua. Fissò infine il fratello a occhi sgrananti, intento a massaggiarsi lo zigomo arrossato e udendo appena le proteste di quella che, realizzò d’un tratto, doveva essere sua cognata.

«Un comportamento assolutamente indecoroso…».

«Aislinn, va tutto bene».

«Mi dispiace» balbettò Nathaniel che tutto si sarebbe aspettato tranne che di reagire a quel modo.

«È il minimo!» sbottò Aislinn lanciandogli l’ennesima occhiataccia e controllando con premura il volto del marito, sul quale Nathaniel sperò vivamente di non veder spuntare un livido.

Aveva agito d’istinto sentendo quella sciocca frase con cui Michael l’aveva salutato dopo tutti quegli anni di lontananza, infastidito dalla lieve ironia che vi aveva percepito e furioso per quell’abbandono lungo quasi quattro anni. Anni che erano passati senza che un segno giungesse da Michael, nemmeno un piccolo segnale di speranza che avrebbe riportato la gioia nella loro famiglia. In quel pugno c’erano la rabbia di un ragazzino che si era improvvisamente ritrovato figlio unico e che aveva visto i propri genitori crollare sotto il peso di un dolore troppo grande.

«Perché non vedi cosa sta facendo Grace?» mormorò Michael con un sorriso stiracchiato. «Io ti raggiungo subito».

I due fratelli ristettero in silenzio per un paio di minuti, ritti uno di fronte all’altro, cercando di conciliare le rispettive immagini adulte con quelle più giovani che albergavano nei loro ricordi. Michael fu il primo a fare un passo avanti e tese un braccio in direzione di Nathaniel, che però si limitò a stringergli la mano senza considerare la possibilità di riabbracciarlo.

«Speravo che quella frase avrebbe allontanato la tensione» spiegò il maggiore dei Greengrass con un sorriso teso. «Ti chiamavo così, ricordi?»

«Sono cresciuto in questi anni» ribatté Nathaniel.

«Sì, lo vedo» disse Michael con un sospiro. «Giacché sei qui, che ne diresti di entrare in casa? Siamo piuttosto isolati ma è meglio che io non passi troppo tempo all’aperto».

«Questo è tutto quello che hai da dire?» sibilò Nathaniel sentendo rianimarsi la rabbia. «Ti trovo qui dopo quattro anni dalla tua scomparsa e tu mi proponi di entrare in casa tua come se nulla fosse?»

«Vuoi forse discuterne qua fuori?» replicò Michael con la voce che si faceva più dura e alta. «Vengo da una giornata di lavoro, fratellino, perciò vorrei potermi sedere e stare con mia moglie e mia figlia. Inoltre non posso parlare di certe cose dove chiunque potrebbe sentirci».

Aprì la porta con un gesto rigido e si volse, aspettando che Nathaniel varcasse finalmente la soglia e si accomodasse nella piccola cucina in legno, vuota e ordinata.

«Ad ogni modo la casa non è mia» disse sedendosi attorno al lungo tavolo che troneggiava nel mezzo della stanza e invitando Nathaniel a fare altrettanto. «È dei genitori di Aislinn, ma ce l’hanno lasciata poco prima della nascita di Grace».

A Nathaniel parve di percepire dell’imbarazzo nelle parole del fratello, quasi provasse vergogna per non essere riuscito a provvedere da solo alle necessità della famiglia. Aveva anche detto che lavorava e per un attimo Nathaniel sperò con tutto sé stesso che qualunque lavoro facesse fosse legale e non connesso con la banda di malfattori mascherati, benché gli sembrava strano immaginare Michael che si aggirava con tranquillità all’interno del Ministero della Magia senza che nessuno lo riconoscesse.

«Ero convinto che mi avresti posto qualche domanda».

«Non è facile capire con quale iniziare» disse Nathaniel arrossendo leggermente e schiarendosi la gola nel tentativo di mettere ordine fra i suoi pensieri confusi. «Grace è tua figlia, vero?»

«Sì» disse Michael mentre una luce di pura gioia gli illuminava il volto. «Compirà due anni la settimana prossima».

«Per la barba di Merlino!» esclamò Nathaniel alzandosi e rischiando nuovamente di perdere le staffe. «Come hai potuto tenerci all’oscuro di tutto questo? Hai messo su famiglia, ti sei sposato e non ci hai mai detto nulla. Pensavamo che fossi morto, lo capisci?»

«Sono andato via per proteggervi» rispose Michael senza alterarsi e aspettando che il fratello si sedesse prima di proseguire. «Non era nei miei piani fermarmi e sposarmi, volevo solo andare il più lontano possibile; eppure il destino la vedeva diversamente. Non è stato facile nemmeno per me, Nathaniel».

«Hai appena detto che tua figlia ha due anni, ma ad ottobre saranno quattro anni che manchi da casa» precisò Nathaniel e gli ci volle un po’ prima di arrivare ad intuire il resto. «Grace non è la vostra unica figlia?»

«Quando sono andato via, mi sono fermato a Hogsmeade per vedere te, Amelia e Vincent; sapevo che sareste venuti al villaggio quel fine settimana e volevo portare con me un ultimo ricordo» disse Michael congiungendo le mani sul tavolo. «Aislinn e io ci consideravamo fidanzati, nonostante non avessimo ancora comunicato la notizia alle nostre famiglie, e avevamo intenzione di sposarci; volevo salutare lei per ultima ma quando sono arrivato qui mi ha confidato di essere in dolce attesa».

«Per l’amor del cielo!» sbottò nuovamente Nathaniel, sconvolto da quel comportamento che non riusciva ad associare al fratello che ricordava. «Avresti lasciato la donna con la quale… insomma, hai detto che eravate fidanzati…».

«Nathaniel, credevo che sarei morto» disse Michael con fare lapidario. «Non avrei potuto certo portarla con me esponendola così al mio stesso destino».

«Quindi ho un altro nipote?»

«No» disse Michael con voce bassa, alzandosi e girando attorno al tavolo così da dare le spalle a Nathaniel. «Abbiamo parlato con i genitori di Aislinn e loro si sono offerti di aiutarci, nonostante non fossero felici nel saperci futuri genitori. Sono potuto restare, benché nascosto, e ho potuto sposare Aislinn. Purtroppo ha perso il bambino un mese dopo le nozze».

Nathaniel rimase interdetto per un istante, sopraffatto da quelle parole e dall’eco di dolore che parve risuonare nuovamente fra le mura della cucina. Non poteva nemmeno immaginare quanto Michael e la moglie dovessero aver sofferto per quella perdita e all’improvviso la maggior parte della rabbia e del rancore che aveva provato fino ad allora si ridusse, lasciando che ad affiorare fossero la compassione e l’affetto fraterno.

Si alzò e si diresse verso Michael, che si asciugò in fretta gli occhi e gli rivolse quello che voleva essere un sorriso ma si rivelò invece una smorfia.

«Mi dispiace davvero, Michael» sussurrò Nathaniel sentendosi impacciato e di nessun aiuto.

Quel pomeriggio aveva avuto la conferma di essere uno zio, ma la consapevolezza di aver perso un nipote e di non poter essere stato accanto a suo fratello lo rabbuiò ulteriormente. Posò una mano sulla spalla di Michael in un gesto di silenzioso conforto e l’attimo dopo i due fratelli si ritrovarono stretti in un abbraccio che colmò parte della distanza che si era venuta a creare in quegli anni.

*

«Il padre di Aislinn possiede una libreria a Diagon Alley ed è lì che lavoro» disse Michael accomodandosi nuovamente al grande tavolo in legno. «Ovviamente passo la maggior parte del mio tempo nel retrobottega per evitare di essere visto».

«Non è Il Ghirigoro, vero?»

«No, è una piccola libreria che fa’ angolo con una traversa. Non è molto frequentata e buona parte dei profitti vengono ricavati dagli ordini via gufo che riceviamo» ammise Michael. «Abbiamo anche quei libri che al Ghirigoro non troveresti mai perché avrebbero timore di non riuscire a venderli, e molti sono dei clienti di vecchia data che conoscono mio suocero da tempo».

«Non stiamo parlando dei libri che cercano quei delinquenti, vero?»

«Certamente no» precisò Michael scoccando un’occhiata di rimprovero a Nathaniel. «Trattiamo per lo più libri rari che si estendono a rami del sapere diversi dalla negromanzia e dalla Magia Oscura».

«Quindi ti occupi degli ordini» sospirò Nathaniel tentando di mettere ordine fra i suoi pensieri. «E sei sempre stato qui o…».

«No, all’inizio Aislinn ed io abitavamo nel piccolo appartamento sopra la libreria, ma i miei suoceri si sono trasferiti lì quando abbiamo scoperto di aspettare Grace. Qui ha una stanza tutta per lei e c’è anche il cortile dove può giocare».

La loro conversazione fu interrotta proprio dall’arrivo di una ancora assonnata Grace in braccio alla mamma e che tese subito le braccia verso il padre non appena lo vide. Michael si alzò assecondando la muta richiesta della figlia e Nathaniel lo imitò.

«Credo sia giunto il momento di fare delle presentazioni ufficiali» disse Michael fiero, circondando la vita sottile della donna con un braccio. «Mia moglie, Aislinn Greengrass».

«Mi dispiace avervi trattato male, Nathaniel…».

«Vi devo delle scuse per entrambe le volte in cui ci siamo visti…».

Sorrisero spontaneamente al ricordo dei loro precedenti incontri e Aislinn lo accolse come cognato stringendolo in un breve abbracciò, poi li invitò ad accomodarsi mentre si dava da fare per preparare del tè.

«Questa invece è tua nipote Grace» sorrise Michael accarezzando con tenerezza la testa dorata della bambina, che per tutto quel tempo non aveva smesso di fissare Nathaniel dal sicuro rifugio offerto dalle braccia paterne.

«Ehm… ciao» balbettò Nathaniel, ancora stupito nel vedere gli occhi dei Rosier sul volto paffuto e serio della bambina.

«La prima volta che Grace vi ha visto, ha creduto che foste suo padre con un diverso taglio di capelli» spiegò Aislinn portando il tè su un vassoio e iniziando a versarlo nelle tazze del fine servizio di porcellana, così raffinate da stonare nel semplice ambiente domestico di quella dimora. «Naturalmente sapevo che Michael non poteva essere lì e quando mi sono voltata per controllare vi ho riconosciuto subito, ma sapevo anche che non eravate a conoscenza della nostra esistenza né della vita che avevamo qui».

«No, avete ragione» disse subito Nathaniel, cronicamente incapace di restare arrabbiato con una donna per più di cinque minuti. «Capisco perfettamente».

Dall’altro capo del tavolo, Grace pigolò qualcosa e Michael chinò il capo per ascoltare la domanda della figlia.

«Questo è lo zio Nathaniel, Grace» disse con voce chiara alla bambina che lo ascoltava con un’attenzione incredibile per la sua giovane età. «Ti ricordi che ti ho parlato di lui e dei nonni?»

«Gli hai detto di noi?»

«Certo» affermò Michael, seppur con un’esitazione che insospettì Nathaniel. «Lei crede che viviate molto lontano da qui e per questo non vi ha mai visti».

La rabbia che Nathaniel credeva essere sopita riaffiorò in lui, portando con sé anche una buona dose di indignazione per quella menzogna. Non solo Michael li aveva esclusi dalla sua vita, ma aveva dipinto i loro genitori come dei pessimi nonni e lui come un terribile zio, troppo lontani e disinteressati per essere partecipi della crescita di Grace.

«È stata la spiegazione migliore che potevamo darle» intervenne Aislinn quando si accorse dei sentimenti che affioravano sul suo volto mentre Michael lo osservava in silenzio, conscio della reazione che avrebbe avuto.

Nathaniel era sempre stato più pacato e tranquillo rispetto a lui e a Vincent, che invece erano indubbiamente gli elementi più turbolenti di quel piccolo gruppo di cugini. Sorrideva sempre e non si arrabbiava mai, tranne le rare volte in cui qualcosa che giudicava come profondamente offensivo colpiva il suo giovane orgoglio, e a quel punto si rabbuiava talmente tanto da rendere noto a tutti la fonte del suo malumore.

«La spiegazione migliore per voi» disse Nathaniel mantenendo un tono di voce basso ma rifiutandosi di essere gentile come prima. «Non è giusto tenerla lontana dai nostri genitori; hai una vaga idea di quanto abbiano sofferto, di quanto la mamma sia stata male?»

«Posso immaginarlo» replicò Michael con freddezza. «Tuttavia la mia priorità era proteggervi e magare riuscire anche a salvare me stesso. Adesso ho anche Aislinn e Grace a cui pensare e credo tu sappia cosa succederebbe se ci trovassero. Nessun Greengrass sarebbe al sicuro, perciò fintantoché questi signori sono liberi di andare in giro per il paese, io devo restare nascosto».

«Ma perché?» sbottò Nathaniel perdendo definitivamente le staffe. «Si può sapere qual è il motivo che li spinge a volerti morto? Come li hai conosciuti? Collaboravi con loro oppure…».

«Zio Nate?» intervenne Grace con una vocetta acuta che colse il giovane impreparato.

«Ricordo che non ti piaceva essere chiamato così, ma per lei è più facile da pronunciare rispetto al tuo nome intero» mormorò Michael e Nathaniel annuì stancamente, perché preoccuparsi del modo nel quale veniva apostrofato da una bimba di due anni era l’ultimo dei suoi pensieri.

«Giù» ordinò Grace non appena si avvide del cenno di assenso dello zio e del sorriso stentato che le rivolse.

La sua richiesta fu accolta prontamente dal padre e, non appena posò stabilmente i piedini sul pavimento, la piccola corse a braccia aperte verso Nathaniel, strillando con entusiasmo il suo nome. Nathaniel poggiò in fretta la tazza di tè mezza piena e tese automaticamente le braccia vedendo quella nuvola bianca e dorata lanciarsi verso di lui, sollevandola e stringendola al proprio petto.

«Zio Nate è andato a trovare Grace!» biascicò la bambina con entusiasmo, passandogli le mani sulla faccia e aggrappandosi saldamente a una ciocca dei suoi capelli.

«Zio Nate è venuto a trovarti, tesoro» la corresse subito Aislinn con un sorriso.

«Dov’è nonna Grace e nonno ‘Tander?» chiese la piccola con la massima serietà e, se non si fosse trattato proprio di quella domanda, probabilmente Nathaniel avrebbe faticato molto a rimanere serio davanti all’improbabile soprannome dato al signor Greengrass.

«Non sono potuti venire questa volta, non è vero?» intervenne Michael fissando con attenzione il fratello, che collaborò e confermò la sua storia.

«Giochiamo» stabilì a quel punto Grace, segnalando a Nathaniel di voler scendere. «Vieni, zio».

«Lascia discutere lo zio con papà» disse Aislinn alzandosi e prendendo Grace. «Mamma giocherà un po’ con te e dopo torneremo a salutare lo zio».

Michael aspettò di sentire la porta del piano superiore chiudersi e tacitare le proteste della bambina prima di parlare, ponderando con attenzione ogni frase e consapevole di dover dare qualche spiegazione soddisfacente al suo testardo fratello.

«Ricordi Theodore Flitt, il mio compagno di dormitorio?»

«Il fratello di Augustus Flitt?» chiese Nathaniel colto di sorpresa. «Quello sciocco imbevuto di idee puriste?»

«Suppongo siano parenti, perché anche Theodore aveva una precisa opinione di Mezzosangue e Nati Babbani» disse Michael scollando le spalle e riprendendo il suo racconto. «Lui è stato il primo ad avvicinarmi e inizialmente non menzionò né attacchi né alcuna fra le violenze che si sono susseguite nell’ultimo anno. Portò alla mia attenzione diverse teorie che a Hogwarts non sono oggetto di studio e ammetto che alcune mi avevano affascinato, perlomeno prima di conoscerne gli effetti o le azioni necessarie per rendere possibili determinati incantesimi. Così all’inizio, preso dall’entusiasmo per le nuove scoperte e ignorandone gli aspetti peggiori, decisi di aiutarli in una parte del loro piano che credevo innocua».

«Li hai aiutati a progettare l’assassinio di Benjamin Abbott?» lo interrogò Nathaniel spezzando il silenzio carico di tensione che si era creato.

«No, ti ho già detto che non sapevo nulla degli omicidi e all’epoca non se ne verificò nessuno» ribadì Michael. «Si vociferava che nella biblioteca di Hogwarts, probabilmente nel Reparto Proibito, ci fossero dei libri che contenevano informazioni su questi incantesimi e finii col convincermi che sarebbe stato un peccato lasciarli lì. Flitt mi prospettò i suoi superiori come un tranquillo gruppo di stregoni dediti alla conoscenza, facendo leva su una delle cose che da sempre mi appassionava».

Nathaniel ricordò con chiarezza quello che Lydia Turpin aveva confidato a Cornelia e che lei aveva raccontato al loro gruppo ovvero di come quei malfattori avessero ‘soldi, possibilità, risorse e infiltrati praticamente in ogni ufficio del Ministero. Qualunque cosa stiano tramando, qualunque piano vogliano mettere in atto, è il frutto di un’attenta preparazione iniziata molto tempo fa’.

Flitt doveva aver saputo dell’interesse che Michael aveva, della sua sete di conoscenza, così come chiunque sapeva nella loro famiglia e fra i suoi amici. Sebbene più vivace e avventuroso di Nathaniel, Michael non aveva mai trascurato la cultura ed era solito aggirarsi per la casa o per i corridoi della scuola con un libro fra le mani. Stuzzicarlo con argomenti proibiti a Hogwarts e che gli sarebbero rimasti preclusi era stata un’idea eccellente.

«Quindi ti sei introdotto nel Reparto Proibito e preso quei libri? Noi pensavamo che la biblioteca fosse diventata oggetto di interesse da quando custodisce i volumi appartenuti al signor Abbott».

«È possibile che ci fosse già qualche libro del genere, sebbene non tanti quanti adesso; tuttavia non volevano che fossi io a prenderli e sapendo ora il loro contenuto non fatico a capire il perché» ironizzò Michael con un sorriso amaro. «Theodore mi disse che sarebbero stati i nostri superiori ad occuparsene, ma avevano bisogno di un passaggio segreto sicuro di cui nessuno fosse a conoscenza, così da poter entrare indisturbati nella scuola».

«Non sarà il passaggio che hanno usato ad ottobre?»

«Ritengo di sì, ma non ne sono certo» rispose Michael dopo un lungo momento, alzando subito una mano per prevenire le proteste dell’altro. «Mi ci è voluta la maggior parte del mio settimo anno per trovare qualche informazione e ho dovuto setacciare l’intera biblioteca nel tentativo di scovare un libriccino nel quale mi ero imbattuto durante il mio primo anno. Inizialmente suggerii loro – anche per guadagnare del tempo – gli unici due passaggi segreti che conoscevo, ma Flitt mi fece sapere che li avevano giudicati come troppo noti a studenti e insegnanti».

«Quali erano?» intervenne Nathaniel con urgenza. «Anche noi ne conosciamo diversi».

«Non avevo dubbi che tu e Vincent avreste finito con lo scoprirne più d’uno» disse Michael concedendosi una breve risata. «Sono certo che quello sotto la gobba Strega Orba al terzo piano e quello dietro la statua di Gregory il Viscido ti siano familiari».

Nathaniel annuì in fretta e replicò: «Perciò gli hai mostrato il passaggio nei Sotterranei?»

«Nel frattempo divenni un po’ più sospettoso riguardo le intenzioni di questi signori perché, oramai certi della mia lealtà e ritenendomi un valido elemento, avevano concesso a Theodore di rendermi gradualmente più partecipe dei loro progetti» continuò Michael preferendo riprendere il racconto da dove l’aveva interrotto. «Indagai per mio conto e inorridii quando mi resi di conto di ciò a cui aspiravano, ma quel punto cominciarono le intimidazioni. Mi avevano visto in compagnia di una ragazza bionda di cui però ignoravano l’identità, tuttavia mi assicurarono che avrebbero indagato se avessi smesso di collaborare con loro».

«Era Aislinn la ragazza di cui parli?»

«Naturalmente» confermò Michael. «Continuammo a vederci di nascosto ma più raramente, ignorandoci durante le lezioni o nei corridoi. All’epoca lei sapeva solo una parte della storia, perché non volevo rischiare di coinvolgerla oltre il punto di non ritorno.».

«Prima hai menzionato un libro» ricordò Nathaniel dopo qualche minuto di silenzio durante il quale si udirono solo le risate di Grace provenire dal piano superiore e che ebbero l’effetto di un benefico balsamo nell’animo di Nathaniel, mantenendolo calmo e lucido.

«Gliel’hai consegnato per proteggere te ed Aislinn?»

«No, non fui io a trovarlo» spiegò il fratello rimuovendo dal tavolo le tazze di tè ormai vuote. «Avevo parlato a Theodore di questo opuscolo nel quale mi ero imbattuto al primo anno e che conteneva delle curiosità sulla scuola e faceva menzione di alcuni passaggi segreti. Non ricordavo però il titolo e questo complicò la mia ricerca. Fu Flitt a rintracciarlo prima di me e a informare i suoi superiori».

«Come ha fatto a venirne in possesso prima di te?»

«Non ricordavo il titolo, Nathaniel» sospirò Michael con impazienza, innervosito dalla sua mancanza di fiducia. «Non vedevo quel libro da sei anni né rammentavo tutto ciò che c’era scritto. Era un libretto che aveva attirato la mia attenzione di bambino, non certo un volume che mi metterei a leggere ora».

«Quindi non conosci la posizione esatta del passaggio segreto?»

«No».

«Allora…» mormorò Nathaniel, confuso. «Allora perché sei scappato? Non potevi più nuocergli, non senza delle informazioni precise perché nessuno ti avrebbe creduto. Conoscevi forse l’identità di queste persone?»

«No, li ho incontrati solo due volte e in entrambe le occasioni avevano il volto coperto dalle maschere» ammise Michael. «Dimentichi però che oramai ero a conoscenza dei loro piani e delle loro peggiori intenzioni. Provai a trarmi indietro quando Theodore trovò il libro, spiegando che a quel punto non gli sarei stato più d’aiuto; ovviamente non erano d’accordo e minacciarono di far del male alla nostra famiglia piuttosto che accanirsi su una misteriosa ragazza senza nome».

«Avremmo potuto nasconderti noi!» esplose allora Nathaniel, incapace di trattenersi. «Avremmo pensato ad una soluzione insieme e nessuno ne avrebbe saputo nulla!»

«Tu non hai idea di quanto sia estesa la loro influenza e quanti contatti abbiano!» ruggì Michael perdendo a sua volta la pazienza. «Dopo che sono scomparso ci saranno stati molti visitatori intenti a consolare i nostri genitori e ti assicuro che alcuni di loro avrebbero capito se si trattava di una finzione o meno. Hanno degli infiltrati finanche al Ministero e non è escluso che qualcuno di loro si sia occupato fin da subito della mia ricerca; magari vi hanno chiesto di visitare tutte le nostre proprietà, vero? Incluso il casale in Irlanda dove nessuno mette piede da circa duecento anni».

«Sì, hanno controllato ogni casa di nostra proprietà» fu costretto ad ammettere Nathaniel, sentendosi improvvisamente molto sciocco per non aver considerato quell’aspetto della situazione. «Hanno chiesto il permesso di ispezionare anche quelle dei Rosier e i nonni hanno acconsentito».

Michael allargò le braccia in un palese gesto di amaro compiacimento e mormorò: «Se non me ne fossi andato veramente e mi avessero scoperto, posso assicurarti che ci avrebbero ucciso tutti. Non è stato affatto facile abbandonarvi in quel modo Nathaniel, ma speravo di poter salvare almeno voi se non me stesso. E come vedi ho avuto ragione: si sono resi conto della vostra innocenza e non vi hanno colpiti».

«Non potevi esserne sicuro» ribatté Nathaniel.

«Hai ragione, ma ero certo dell’alternativa e questo mi bastava».

Nathaniel tacque e prese a osservare il fratello, ancora desideroso di scagliargli contro la sua rabbia e al tempo stesso deciso a scoprire la verità dopo tutti quegli anni di attesa. Seppur non perfette e a tratti lacunose, le spiegazioni di Michael sembravano avere un senso ed essere compatibili con le paure di un ragazzo poco più che maggiorenne che si era trovato invischiato in qualcosa di troppo grande per lui, da cui aveva deciso di fuggire senza tuttavia sapere come.

Era plausibile che, in seguito alle minacce rivolte alla sua famiglia e anche alla ragazza che amava, Michael avesse disperato di riuscire a trarsene fuori e avesse provato a salvare, se non sé stesso, quantomeno coloro che gli erano cari.

«Avevi detto che avevi provato ad abbandonare quel gruppo» borbottò Nathaniel ricomponendosi e determinato ad ascoltare l’ultima parte della storia. «Che cosa è successo dopo?»

«Finiti gli esami e ottenuti i M.A.G.O., finsi di aver cambiato idea e collaborai con loro per i mesi successivi ma qualcosa mi diceva che non avevo più molto tempo a disposizione» narrò Michael prendendo posto accanto al fratello. «Non mi lasciavano mai da solo e gli incarichi che mi assegnavano erano di gran lunga al di sotto delle mie capacità proprio perché avevo perso la loro fiducia. Per non insospettirli, passavo la maggior parte del tempo a casa e vedevo pochissimo anche Aislinn per paura che ci scoprissero. Iniziai ad elaborare un piano e decisi di metterlo in atto ad ottobre, nel fine settimana che sapevo coincidere col giorno della tua uscita qui a Hogsmeade».

«Perché proprio quel giorno?» chiese Nathaniel, perplesso.

«Perché volevo vederti un’ultima volta prima di partire. Scorsi anche Amelia che passeggiava con le sue amiche e infine vidi te e Vincent assieme ai vostri amici con dei dolci di Mielandia».

Un nodo improvviso strinse la gola di Nathaniel mentre la sua mente veniva invasa dai ricordi di quel pomeriggio e dall’orrore delle ore e dei mesi seguenti, e a quel punto abbassò il capo, incapace di proferire parola e limitandosi ad annuire.

«Tuttavia non potevo non salutare Aislinn, non potevo lasciarla senza nemmeno una spiegazione o una parola d’addio» continuò Michael posando una mano sulla spalla del fratello e stringendola affettuosamente. «Mi sentivo malissimo al pensiero di abbandonarla dopo le promesse che ci eravamo scambiati e la fiducia che lei mi aveva concesso, ma non credevo che sarei riuscito a fuggire per sempre e non volevo condannarla a morte certa».

«Questo posso capirlo» si costrinse a dire Nathaniel, schiarendosi più volte la gola. «Probabilmente avrei agito in base alle medesime considerazioni».

«Mmm… pensi ancora a Lucille Nott o c’è una nuova fanciulla che ha attirato la tua attenzione?» lo punzecchiò Michael con un sorriso che era pura malizia e diabolicità. «Ricordo che eri innamorato di lei fin da bambino».

Nathaniel assunse un preoccupante colorito rossastro che lo fece assomigliare a un pomodoro maturo e borbottò delle frasi sconclusionate, allontanando la mano del fratello dalla spalla mentre quest’ultimo cercava di non ridere troppo forte.

«A cosa è dovuta quest’allegria?» domandò Aislinn tornando in cucina con Grace al seguito e un’espressione curiosa sul volto dai tratti delicati.

«Nathaniel mi stava per raccontare qualcosa sulla ragazza di…» attaccò Michael, ma fu prontamente interrotto da Nathaniel che, accortosi dell’ora, balzò in piedi e disse di dover tornare subito a casa.

«Mamma e papà si agitano se manco per troppo tempo e ovviamente non avevo detto loro dove ero diretto» spiegò Nathaniel a seguito della perplessità che vide affiorare sul volto del fratello e della cognata. «Sono cambiati molto da quando te ne sei andato e… insomma, penso che abbiano paura di perdere anche me».

«Mi dispiace, Nathaniel» disse Aislinn con sincero rammarico e il ragazzo non poté fare a meno di sorriderle per tranquillizzarla almeno un po’. «Ci farebbe però molto piacere rivedervi, vero Grace? Dì quella cosa allo zio».

Nathaniel, ancora stordito dal sentirsi chiamare zio nel volgere di un paio d’ore, si inginocchiò nuovamente mentre la nipotina trotterellava verso di lui, stringendo in mano un coniglio di pezza le cui orecchie si muovevano stancamente, segno evidente di come l’incantesimo che lo animava stesse svanendo.

«Zio Nate viene da Grace per la festa» disse la bambina con un sorriso enorme l’attimo prima di gettargli le braccia attorno al collo.

«La settimana prossima ci sarà il compleanno di Grace» spiegò Aislinn con un sorriso. «Festeggiamo sempre con pochissimi invitati, cosicché nessuno si accorga di Michael, ma saremmo felice di avervi con noi».

«Il prossimo giovedì?»

«Sì, potreste passare dopo pranzo».

Nathaniel scambiò uno sguardo col fratello che si limitò a sorridere e a guardare con tenerezza Grace, ora in trepidante attesa di una risposta dello zio.

«Va bene» cedette prevedibilmente Nathaniel. «Verrò e ti porterò un regalo».

La frase scatenò una serie di urletti di gioia e saltelli entusiasti da parte della bambina, che si alzò sulle punte per schioccare un bacio sulla guancia del ragazzo, e infine si rifugiò fra le braccia della madre, felicissima al pensiero di ricevere un regalo.

«Vieni, ti mostro dove potrai Materializzarti la prossima volta» disse Michael dopo che il fratello ebbe salutato la cognata e la bambina. «Solitamente mettiamo degli incantesimi a protezione della casa una volta che sono rientrato; è vero che non riceviamo quasi mai visite, ma la prudenza non è mai troppa. Gli incantesimi non dovrebbero essere attivi per quell’ora, ma tieni presente quella grande roccia accanto allo steccato: da lì è impossibile scorgerti per qualcuno che si trova sulla strada».

«Bene» annuì Nathaniel. «Allora suppongo sia il caso di salutarci».

Era strano e al tempo stesso inevitabile che fra loro ci fosse quell’imbarazzo, quasi che nessuno dei due fosse sicuro di cosa fosse appropriato dire o fare, non comprendendo ancora appieno quanto e come fosse cambiato l’altro negli anni che li avevano divisi.

Nathaniel era certo che suo fratello non gli avesse detto tutto, ma effettivamente non era facile riassumere quattro anni in un paio d’ore. Provava ancora del risentimento eppure in quel momento si chiese se ne valesse la pena: aveva visto i suoi genitori disperarsi per tutto quel tempo e lui stesso si era sentito soffocare al pensiero di averlo perso per sempre; adesso invece aveva la certezza che Michael fosse vivo e stesse bene, e per quanto avessero ancora molto di cui discutere, per il momento questo poteva bastargli.

La sua mente riandò ad una conversazione che aveva avuto con Johnny mesi prima, subito dopo aver incontrato Grace e sua madre in farmacia. Come al solito le supposizioni del giovane danese si erano dimostrate corrette e l’unica cosa che nessuno dei due aveva previsto era Aislinn o piuttosto il modo nel quale era entrata a far parte della vita di Michael, inducendolo a modificare i suoi piani. Johnny non aveva avvalorato le speranze di Nathaniel perché non riteneva che un fuggitivo avesse avuto modo e tempo per metter su famiglia, mentre Nathaniel non era a conoscenza della relazione del fratello che durava sin dagli anni a Hogwarts.

«Sono felice di averti rivisto» disse infine il ragazzo aprendosi in un sorriso. «È un sollievo sapere che sei sano e salvo e… mi ha fatto piacere conoscere la tua famiglia».

«Ti aspettiamo la prossima settimana» replicò Michael stringendolo in un abbraccio. «Sappi che ero sincero prima quando ti ho detto che non avevo intenzione di ferire tutti voi a quel modo e spero che Grace possa conoscere i nonni in futuro».

«Quando?» chiese Nathaniel, incapace di trattenersi. «Sai che mamma e papà manterrebbero il segreto».

«Ne sono sicuro, ma potrebbero apparire diversi e se c’è qualcuno che ancora li controlla lo noterebbe; inoltre potrebbero circolare delle voci. Devo essere certo che quelle persone non siano più un problema prima di uscire allo scoperto» spiegò Michael. «Non dire niente a nessuno, Nathaniel. Nemmeno a Vincent o agli amici».

«Hai la mia parola» promise Nathaniel con un sospiro di sconfitta. «Mi auguro però che riusciremo a fermarli presto; questo non è un segreto che puoi tenere nascosto per sempre».

Nathaniel scese in fretta e i gradini e sventolò la mano un’ultima volta in segno di saluto, scatenando le risate della piccola Grace, infine raggiunse la roccia e si Smaterializzò l’istante successivo, sentendosi straordinariamente più leggero rispetto a qualche ora prima.

 

«Gli hai detto tutto?» mormorò Aislinn lasciando che Grace giocasse liberamente in cucina e osservando il marito che si preparava a dotare la loro casa dei soliti incantesimi difensivi.

«Per esempio che Theodore mi mostrò quel libro prima di consegnarlo ai suoi superiori e che ne conosco il titolo?» ironizzò Michael con un sorriso che però non riuscì ad ingannare la moglie. «No, sarebbe stato troppo pericoloso; inoltre Flitt ha restituito il libro prima della fine dell’anno ed è fondamentale che loro non lo trovino. Più di una volta durante la nostra conversazione Nathaniel ha parlato al plurale e sono certo che lui e i suoi amici non esiterebbero un attimo a recarsi in quel passaggio, probabilmente senza nemmeno dirlo agli insegnanti».

«Be’, sono pur sempre dei Grifondoro».

«Per molto tempo ho pensato che non avrei mai riabbracciato mio fratello o i miei genitori, e spesso mi sono chiesto come Nathaniel avrebbe reagito se ci fossimo rivisti» confessò Michael a bassa voce, chiudendo la porta alle proprie spalle. «Hai notato quanto fosse arrabbiato oggi ed è un miracolo che non mi abbia posto ulteriori domande. È meglio lasciare le cose così; almeno eviterò di perderlo a causa della sua intraprendenza».

Il canticchiare allegro di Grace si levò a riempire la cucina e illuminò istantaneamente i volti dei suoi genitori, mentre un sorriso triste velò per un momento il viso di Aislinn.

«Avrei tanto voluto dare a Grace un fratello o una sorella» disse rifugiandosi nell’abbraccio del marito. «E dare a te un erede che potesse portare avanti il nome della tua famiglia».

«Tu e Grace siete tutto ciò di cui ho bisogno, Aislinn» mormorò Michael, sentendosi impotente di fronte a quel dolore ed ogni volta era come la prima quando, subito dopo la nascita di Grace, la premurosa Guaritrice che aveva assistito Aislinn le aveva detto che sarebbe stato molto difficile rimanere incinta una seconda volta.

Dopo aver perso già un bambino e con la gravidanza tutt’altro che facile che Aislinn aveva avuto, Michael aveva messo da parte il sogno di una famiglia numerosa – che comunque gli sarebbe stato difficile mantenere segreta in quelle condizioni – preferendo che la moglie rimanesse in salute e che Grace crescesse con una madre. Aislinn invece non si era mai riassegnata e a volte quel dolore tornava a tormentarla, assieme a quello della perdita del bambino che non avevano mai conosciuto.

«Molte persone stanno bene anche con un solo figlio, Aislinn» la rassicurò Michael accarezzandole piano la testa. «Io sono più che felice della nostra Grace e non devi preoccuparti della mia famiglia: a portare avanti il nome potrà pensarci Nathaniel un domani. L’importante è che voi stiate bene e al sicuro».

Nonostante pronunciasse con ferma convinzione quelle parole, Michael pensò che aveva avuto molte difficoltà a sentirsi veramente al sicuro negli ultimi quattro anni.

*

Estate 1837, residenza della famiglia Nott

Lucille ristette sulla soglia della biblioteca per qualche minuto, intenta a osservare sua sorella Meryl e il modo assolutamente svogliato col quale fingeva di leggere il libro che aveva scelto la sera precedente. Lucille non aveva dimenticato quello che Meryl le aveva detto sulla banchina del binario nove e tre quarti poco prima che lei e gli altri fratelli Nott salissero sul treno, ma non c’era stato tempo per indagare ulteriormente e lei era quasi certa che non fosse il genere di argomento di cui si potesse discutere tramite lettera.

Benché fossero state smistate nella stessa Casa, Lucille e Meryl erano sempre state molto diverse dal punto di vista caratteriale: entrambe si mostravano piuttosto disposte a seguire le indicazione dei genitori e spesso anche ad assecondarli, ma se c’era da protestare su qualcosa Lucille lo faceva ad alta voce e con tono petulante mentre la sorella tendeva ad interiorizzare tutto, chiudendosi in sé stessa ed evitando di confessare ad altri i suoi pensieri.

Per i primi sei anni a Hogwarts, Meryl era stata un perfetto esempio di ragazza educata e studiosa, che riusciva sempre ad ottenere voti molto alti nella maggior parte delle materie e che al quinto anno era anche diventata Prefetto. Qualcosa era cambiato con l’inizio dell’ultimo anno e l’ansia degli esami finali l’aveva spinta a studiare e concentrarsi ulteriormente, inducendola a trascorre sia le vacanze natalizie che quelle pasquali al castello di Hogwarts, con gran disappunto dei suoi genitori.

Quando Lucille le aveva candidamente fatto notare che non era necessario ottenere un ‘Eccezionale’ in tutte le discipline dacché i signori Nott preferivano che nessuna delle loro figlie lavorasse, Meryl si era risentita particolarmente, redarguendo la sorella in un modo che non aveva precedenti nel loro rapporto, fatto solo di risate e complicità.

«Studio per me stessa perché desidero una cultura e tu dovresti fare lo stesso» aveva detto Meryl con forza. «Quanto al lavoro, sarò io a scegliere che tipo di vita avrò».

Lucille aveva anche provato a chiedere alla mamma se conoscesse la causa del malessere che affliggeva la sorella, ma lei si era limitata a sorridere e a dirle che Meryl aveva solo bisogno di adattarsi alla sua nuova vita fuori da Hogwarts. Lucille era abbastanza sveglia da sapere quando arrivava il momento di non fare più domande, tuttavia non aveva creduto interamente alla spiegazione della mamma ed era determinata ad andare a fondo in quella faccenda.

Sospirò silenziosamente prima di fare il suo ingresso nella biblioteca, assicurandosi di sorridere come se fosse la mattina di Natale.

«Buongiorno Meryl!» trillò con una vocetta talmente acuta da far sobbalzare la sorella, chiaramente persa nei suoi pensieri, e facendole scivolare il libro dalle mani.

«Lucille, non potevi almeno bussare? Mi hai spaventata!»

«Credevo mi avessi sentita» mentì Lucille accomodandosi accanto a lei sul divanetto e lisciando con grazia delle inesistenti pieghe sulla gonna. «Volevo chiederti di accompagnarmi dalla sarta a Diagon Alley questo pomeriggio; devo ritirare il vestito per il ballo e sceglierne uno che sia adatto alla festa che darò per il mio compleanno. Ho bisogno del tuo aiuto e non puoi lasciarmi sola in un momento come questo».

Meryl posò il libro sul tavolinetto e ascoltò con pazienza il monologo della sorella, infine produsse un piccolo sorriso e accettò di accompagnarla.

«Magari la mamma ci lascerà andare da sole» disse Lucille in un moto di speranza. «Ormai ho quasi raggiunto la maggiore età e insieme saremmo in grado di badare alle altre».

Quando si trattava di scegliere un vestito o semplicemente di fare una passeggiata per la Londra magica, le sorelle Nott erano sempre state molto unite, insistendo affinché anche le più giovani venissero con loro e partecipassero al divertimento delle maggiori, riuscendo spesso a fare anche qualche piccolo acquisto per sé.

Meryl però scosse subito la testa e affermò con sicurezza: «Non andremo da nessuna parte se non saremo accompagnate dalla mamma, lo sai bene. Da quando il Mondo Magico è sotto attacco, i nostri genitori sono più preoccupati del solito e non credo che potremo andare tutte insieme. Forse Pervinca e Madeline avranno il permesso, specialmente ora che hanno compiuto quindici anni, ma temo che Kathleen resterà a casa con la nonna».

Lucille annuì con un morbido cenno del capo e sistemò una ciocca ribelle di capelli che era scivolata dall’acconciatura, approfittando dell’occasione per studiare con attenzione il viso della sorella. Come tutti i Nott, Meryl aveva i capelli neri e gli occhi verde scuro, nonché dei lineamenti delicati che le conferivano una certa grazia naturale che a volte Lucille le invidiava. Eppure l’evidente tristezza che trapelava dalla sua espressione confermava le supposizioni di Lucille, facendole intuire che c’era qualcosa di veramente importante che minacciava la serenità della sorella.

«Non siamo riuscite a parlare molto durante le vacanze di Pasqua, specialmente perché mamma e papà hanno finto di essere ancora arrabbiati con me per non essere tornata a casa per Natale, perciò ho dovuto dedicarmi di più a loro» attaccò Lucille con tono petulante, decisa a scoprire cosa non andasse in Meryl. «Non mi hai detto quasi nulla di quello che ti è successo quest’anno; immagino che dovrai sentirti sola ora che tutti noi siamo a Hogwarts e forse ti mancheranno anche le tue amiche, non vedendole più tutti i giorni».

Col sorriso sornione di chi conosceva benissimo ogni singola strategia che Lucille sarebbe stata in grado di adottare, Meryl si limitò a concedere una semplice risposta affermativa senza così soddisfare l’interesse della sorella.

«Se c’è qualcosa che non va, puoi parlarne con me» pigolò Lucille stringendo le mani di Meryl in una morsa delicata. «Riguarda il lavoro? Hai sempre voluto lavorare, lo ricordo bene, e credo che le posizioni dei nostri genitori su questo argomento ti facciano soffrire molto».

«È normale che io desideri lavorare, Lucille» sospirò Meryl, concedendosi qualche momento per riordinare i propri pensieri. «Il pensiero di passare tutta la vita tra una casa e l’altra, occupandomi solo della sua gestione e di crescere dei bambini, mi sembra una prospettiva terribile. Voglio fare qualcosa di più, qualcosa di diverso. Delle volte mi sento come una Babbana, esclusa dal mondo degli uomini e del lavoro perché non ritenuta abbastanza capace».

«Non siamo stati cresciuti come dei Babbani!» esclamò Lucille con indignazione. «Probabilmente mamma e papà pensano che ci stancheremmo troppo lavorando».

«Non che sarebbe meglio che una donna stia a casa?»

«Non puoi aspettare di sposarti?» sussurrò Lucille, ricordando una conversazione simile che aveva avuto con Cornelia e Catherine il primo giorno di scuola di quell’anno, durante la quale le sue amiche avevano provato a rassicurarla asserendo che non tutti gli uomini erano di quell’avviso. «Protesti trovare uno sposo a cui interessino davvero i tuoi desideri e che ti aiuti a scegliere il lavoro che fa’ per te. Non tutti gli uomini sono uguali e sono a conoscenza di almeno un paio di ragazzi che vorrebbero avere il permesso di corteggiarti».

«Te l’ha detto la nonna o la mamma?» mormorò Meryl, momentaneamente sconfitta.

Lucille mise su il tipico sorrisetto di chi pregusta già la propria vittoria, solo lievemente sconcertata al pensiero che la sorella potesse credere di riuscire a tenerle nascosto un segreto come quello.

«La nonna» confermò infine la ragazza, tirando su con il nasino. «Devo tuttavia informarti che sono rimasta molto delusa scoprendo che tu non hai ritenuto opportuno confessarti con me che sono la tua sorella più cara nonché più vicina a te per età».

«Non è il genere di informazione che può essere accluso in una lettera» la redarguì Meryl alzandosi e passeggiando fino ad una delle grandi finestre che spalancò per consentire alla brezza estiva di rinfrescare l’ambiente. «Non sarebbe stato piacevole se tu avessi perso la lettera o se qualcuno te l’avesse sottratta. Se non ricordo male le gemelle Thompson sono al tuo stesso anno e no ho mai conosciuto due ragazze più impiccione di loro».

«Non posso darti torto» affermò Lucille mestamente, raggiungendo Meryl e soffermandosi a guardarla dritta negli occhi come faceva quando era piccola e voleva ottenere qualcosa. «Avresti però potuto parlarmene prima; sono a casa da due settimane».

«Non mi interessano Lucille, nessuno dei due».

«Capisco che non ti interessi Theodore Flitt, in particolare se è brutale tanto quanto suo fratello Augustus» concordò Lucille, rammentando con un brivido la provocazione del ragazzo ai danni di Rosaline Smith. «Neville Burke sembra però un giovane molto distinto e inoltre ha la tua stessa età, lavora al Ministero della Magia ed è ovviamente un Purosangue».

«Conosco Neville da quando ero piccola, ciò non significa che debba necessariamente piacermi» spiegò Meryl con un moto d’insofferenza che fu come una piccola pugnalata per Lucille, sempre più confusa dal comportamento assolutamente inusuale della sorella. «Il nostro è un ambiente sempre più ristretto e soffocante, e non tutti riescono a trovarsi a loro agio al suo interno».

«Non ci sono altri ambienti» ribatté subito Lucille con voce innaturale. «Non per noi».

Meryl sospirò e disse: «Allora non sono stata fortunata come te che hai incontrato Nathaniel Greengrass quando non eri che una bambina».

«Cosa c’entra Greengrass adesso?» squittì Lucille, arrossendo suo malgrado. «Non si parlava di me né di lui».

«Cerca di decidere rapidamente cosa vuoi, Lucille» le disse Meryl accarezzandole una guancia con affetto e apprestandosi a lasciare la biblioteca. «Credo che quel ragazzo sia sinceramente interessato a te, ma non può passare tutta la vita ad aspettarti; non vorrei che tu lo perdessi per un capriccio perché ritengo che finiresti col pentirtene».

Era raro che Lucille si ritrovasse senza parole e che lasciasse il suo interlocutore uscire vincitore da uno scontro verbale, eppure quell’anno si era ritrovata più volte a riflettere su Nathaniel e sui propri sentimenti nei suoi confronti, preferendo non dar voce ai suoi pensieri e trovandosi spesso in conflitto con quelle che per molti anni avevano rappresentato per lei delle vere e proprie certezze.

Aveva intravisto e apprezzato il lato gentile e riservato di Nathaniel, quello che solitamente il ragazzo celava sotto la maschera della sua perenne allegria, tuttavia il pensiero di Lydia Turpin e la facilità con la quale aveva suscitato l’interesse di Nathaniel la rendevano guardinga.

Lucille era consapevole di come la bravura di Lydia fosse di gran lunga superiore alla sua, inoltre sapeva bene che la maggior parte della popolazione maschile di Hogwarts la riteneva una fra le ragazze più belle della scuola. In aggiunta a questo era anche un Prefetto – e a quel punto Lucille si ritrovò a sperare che quell’anno la spilla da Caposcuola non toccasse a lei – e una discreta Cacciatrice della squadra di Corvonero.

Al suo confronto Lucille si sentiva spesso sminuita e le sue insicurezze si acutizzavano quando Nathaniel sembrava incapace di cogliere una qualsivoglia occasione che consentisse loro di trascorrere del tempo assieme, seppur sotto gli occhi di tutti. Lucille avrebbe accettato di passeggiare con lui nel parco, come del resto molte studentesse facevano senza doversi impegnare, consapevoli che nessun genitore avrebbe protestato eccessivamente se anche ne fosse venuto a conoscenza, tuttavia Nathaniel non si era mai offerto di proporle nulla del genere, e a quel punto lei non poteva non concludere di non piacergli abbastanza.

L’altra questione che la tormentava riguardava il fatto che nessuno, escluso appunto Nathaniel, sembrasse interessarsi a lei, spingendola a chiedersi cosa ci fosse in lei di tanto sbagliato da non riuscire a destare la benché minima attenzione da parte di un altro giovane.

Ancora una volta quelle domande non trovarono risposta e Lucille abbandonò a sua volta la stanza, lasciandosi dietro anche l’allegria che l’aveva animata quella mattina.

*

19 luglio 1837, Hogsmeade

«Zio Nate!» strillò Grace quando vide Nathaniel sulla porta della cucina, intento a consegnare a suo fratello e a sua cognata tutti i pacchi che aveva fra le braccia.

«Ciao Grace» disse lui guardando con affetto la bambina che gli si era attaccata alla gamba. «Buon compleanno!»

Grace sorrise e aspettò che lo zio si liberasse prima di sollevarla, ancora troppo piccola per capire con esattezza cosa fosse un compleanno ma felice per tutte le attenzioni straordinarie che le venivano dedicate quel giorno.

«I miei genitori sono nel salotto» spiegò Aislinn mettendo da parte le formalità usate durante la sua prima visita. «Aspettavamo che arrivassi per aprire i regali e tagliare la torta».

«Non avresti dovuto prenderle tutta questa roba» disse Michael trasportando da solo i tre pacchetti più pesanti e lasciando che fosse Aislinn ad occuparsi degli altri due. «Un solo regalo sarebbe bastato».

«Non l’ho mai vista prima della scorsa settimana e non le ho mai potuto prendere nulla» ribatté Nathaniel con una punta di gelo. «È normale che voglia regalare qualcosa alla mia unica nipote per il suo compleanno».

La replica di Michael non fece in tempo ad abbandonare le sue labbra, fermata dalla mano di Aislinn che si limitò a scuotere piano la testa. Nonostante entrambi i fratelli fossero felici di rivedersi, accusavano ancora il peso di quelle questioni irrisolte che erano come un muro fra loro e che contribuivano ad aumentare la distanza che li separava.

I genitori di Aislinn erano persone per bene e socievoli o almeno lo era la madre; il signor Farland studiò a lungo e in silenzio Nathaniel, probabilmente nel tentativo di stabilire se fosse affidabile o meno, e ci volle un po’ prima che traesse delle conclusioni positive, aiutato in questo dall’affetto col quale trattava Grace e dalla gioia che illuminò la nipotina quando scartò i suoi cinque regali, incluso un nuovo coniglio di pezza che muoveva la coda e le orecchie ogniqualvolta veniva preso.

Nathaniel, ricordando che il cognome Farland era lo stesso della professoressa di Aritmanzia della quale Johnny e Cornelia si lamentavano sempre, fu tanto avventato da chiedergli se fossero parenti, rischiando così di far svanire quel poco di fiducia che gli era stata concessa. La risposta, del resto, fu un secco e definitivo ‘No’.

«Mi dispiace per mio padre» gli disse Aislinn poco dopo mentre i suoi genitori erano impegnati con Grace e il suo nuovo, piccolo cavallo alato di pezza che le svolazzava intorno. «Abbiamo passato gli ultimi quattro anni in completa solitudine e, sapendo i rischi che corriamo, è solo un po’ più sospettoso di quanto dovrebbe».

«Posso capirlo» affermò Nathaniel con sincerità. «Da quello che mi ha detto Michael ne avete tutte le ragioni e io per loro sono un estraneo».

«Non proprio» sorrise Aislinn. «Io sono figlia unica, il che fa’ di te l’unico zio di Grace. Sia io che Michael siamo felici al pensiero che tu possa far parte della sua vita».

«Ci sono anche i miei genitori» le ricordò Nathaniel che tuttavia trovava straordinariamente difficile arrabbiarsi con lei. «Anche loro dovrebbero far parte della sua vita».

«Quando non saremo più in pericolo» ribadì Aislinn stringendogli una mano. «Le minacce che vi sono state rivolte sono ancora valide e credo tu sappia quanto siano pericolose queste persone. Non voglio perdere né mia figlia né mio marito, Nathaniel, così come lui non vuole perdere nessuno di voi».

Nathaniel annuì con un sospiro di pura rassegnazione, infine si diresse verso il fratello e accettò la seconda fetta di dolce che gli venne porta.

«Non verrà nessun altro per il compleanno di Grace?»

«Questa mattina è passata a trovarci la signora Thornton che conosce Aislinn da quando era piccola» disse Michael con una smorfia scontenta. «Non credo di piacerle molto, ma del resto non ha mai visto il mio vero aspetto».

«E allora come…».

«Pozione Polisucco» ghignò Michael con un accenno di pura furbizia nello sguardo. «Aislinn è una pozionista incredibilmente dotata e spero che un giorno riesca a completare gli studi e ad abilitarsi regolarmente».

«E tu assumeresti le sembianze di chi, se posso chiederlo?»

«Di un Babbano di Edimburgo al quale ho tagliato la maggior parte dei capelli» confessò Michael con un’alzata di spalle. «L’ho trovato addormentato in un vicolo e a giudicare dall’odore dei suoi vestiti doveva aver bevuto parecchio».

«Immagino tu abbia una scorta sufficiente e che quel poveretto si sarà ritrovato pelato al momento del risveglio» commentò Nathaniel con le sopracciglia sollevate per l’incredulità. «Non credevo fossi così furbo».

«Come sei gentile, ma sappi che è stata un’idea di mia moglie» motteggiò Michael mettendosi una mano sul cuore. «Non preoccuparti nemmeno per le mie scorte giacché cambio il mio aspetto solo due volte l’anno: a Natale, quando la megera viene a farci gli auguri, e per il compleanno di Grace. Nelle altre occasioni fingo semplicemente di non esserci».

«Non starai parlando dell’anziana signora con un gatto che ha una casa sul sentiero principale a cinque minuti da qui?» chiese Nathaniel ricordando perfettamente come l’ultima volta avesse dovuto ricorrere all’Incantesimo di Disillusione per sfuggire allo sguardo minaccioso della vecchia strega.

«Sì» esclamò Michael sorpreso. «Come la conosci?»

«Ero venuto ad Hogsmeade altre volte prima della scorsa settimana» ammise Nathaniel con un certo imbarazzo. «Avevo sentito dire che le case alla fine del villaggio erano perfette per crescervi dei bambini e per raggiungerle sono dovuto passare davanti alla sua. Mi ha guardato talmente male da convincermi che sarebbe stato più prudente rendermi invisibile in futuro».

«È sicuramente la signora Thornton» annuì Michael con un brivido di puro orrore. «Due mesi fa ha quasi fatto arrestare il figlio che si era Materializzato nel suo salotto e solo perché non aspettava una sua visita. È la persona più sospettosa che abbia mai visto».

«Non passerò più davanti alla sua casa» assicurò Nathaniel.

«Sarebbe meglio se tu ti Materializzassi direttamente qui come hai fatto oggi» disse Michael a bassa voce affinché fosse solo il fratello a sentire. «Potresti attirare l’attenzione se improvvisamente iniziassi a vagabondare per Hogsmeade e questa è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno».

«Lo so».

Nathaniel avrebbe voluto aggiungere qualcosa e magari anche porre al fratello quelle domande che l’avevano tormentato in quei giorni, quando si era trovato a ripensare alla conversazione avuta trovandovi diversi punti sui quali avrebbe gradito avere dei chiarimenti, ma naturalmente non gli fu possibile. Grace lo richiamò al suo fianco e lo invitò ad avvicinarsi con un cenno imperioso della manina, esigendo che tornasse a giocare con lei.

Dopotutto quello era il suo giorno e il primo compleanno che Nathaniel passava con lei e, da quel poco che aveva capito, Grace non era una bambina da contrariare.

Fino a un paio d’ore prima si era illuso addirittura di riuscire a passare del tempo sia con lei che con Lucille, che Nathaniel sapeva essere invitata a un tè pomeridiano dai Paciock, ma evidentemente non era destino. Le aveva scritto come promesso e lei aveva risposto a tutte le sue lettere, ma in nessuna di esse aveva manifestato un maggiore interesse verso la sua persona né a lui era parso di ravvisare un indizio, seppur minimo, che potesse indicare un cambiamento nei sentimenti della ragazza.

Se proprio doveva rassegnarsi ad essere nulla di più che un amico per Lucille, allora era meglio passare il minor tempo possibile in sua compagnia.

*

Fine luglio 1837, residenza della famiglia Nott

Lucille osservò soddisfatta le sue amiche, approvando finalmente le loro scelte sul vestiario più adatto per il ballo che l’aveva vista avere la meglio anche sulle rimostranze di Clarisse Prewett, chiaramente ignara di cosa potesse o meno indossare con quei capelli di un caloroso rosso mogano. Rimpianse di non essere riuscita a convincere Cornelia ad indossare una maschera variopinta e decorata quanto la sua, anziché quella semplice e argentata che aveva portato con sé dall’Italia, ma la ragazza era stata irremovibile e Lucille era certa che fosse a causa di John Christensen.

Con quella minuscola maschera e i suoi classici e lunghissimi boccoli castani, Christensen non avrebbe di certo faticato a riconoscerla, ma sapendo quello che le era accaduto poco prima di partire Lucille non riuscì a biasimarla per il suo bisogno di conforto da parte del ragazzo di cui si era innamorata.

Furono proprio Cornelia e Lucille le prime a distaccarsi dal loro gruppo quando raggiunsero la scalinata principale, una intenta a cercare di capire se Christensen fosse già arrivato e l’altra diretta ad assolvere i suoi doveri di ospite.

«Hai accettato l’invito» chiocciò Lucille porgendo la mano guantata a Nathaniel Greengrass che si era precipitato a salutarla nel momento esatto nel quale l’aveva scorta. «Ti ho visto raramente quest’estate; sei stato in Danimarca da Christensen?»

Lucille sapeva benissimo che Nathaniel non si era messo in viaggio lo scorso mese, come testimoniavano le lettere frequenti che le aveva inviato e gli unici due eventi ai quali aveva presenziato, nonostante lei avesse discretamente accennato molti altri ai quali avrebbe partecipato.

«No, sono rimasto a casa» disse subito il ragazzo con un sorriso sincero nel quale Lucille non trovò tracce di menzogna. «Sono stato piuttosto impegnato e dovrei andare in Danimarca il mese prossimo, se mi sarà possibile».

«Con cosa sei stato impegnato?»

La curiosità naturale di Lucille era stata incentivata dalla distratta frase che Davies si era lasciato sfuggire poco prima, proprio quando aveva visto Nathaniel fare il suo ingresso con la sua famiglia e John Christensen; parlando con un suo compagno di Casa, Davies aveva affermato di aver visto Nathaniel in giro per Hogsmeade svariate volte quell’estate e subito Lucille si era arrovellata nel tentativo di capire cosa lo avesse spinto a recarsi in quel piccolo villaggio dove lei era certa non vivesse nessun membro della sua famiglia.

«Oh, nulla di importante» minimizzò Nathaniel con una scrollata di spalle, un vizio che aveva fin da piccolo e che Lucille non era mai riuscita a fargli passare, nonostante lo rimbrottasse ogni volta. «Questioni di famiglia. Non so se ricordi mia cugina Violet, la sorella di Vincent…».

«Certo che la ricordo» lo interruppe Lucille con disarmante prontezza. «Si è sposata la scorsa estate e ha avuto un bambino appena prima dell’inizio delle vacanze di Pasqua».

«Ehm… sì» balbettò Nathaniel, preso alla sprovvista. «Ecco, ho passato molto tempo in famiglia a causa di tutte queste novità».

Gli occhi verdi di Lucille si affilarono leggermente, percependo dell’altro nel disagio del giovane ma consapevole di non poterlo trattenere oltre, non con sua madre che attendeva che lei si liberasse e la raggiungesse.

«Essendo venuto qui, vorrei cogliere l’occasione per chiederti una cosa» esordì Nathaniel quando la vide dischiudere le labbra, pronta a presentargli le sue scuse e ad allontanarsi. «Potresti concedermi l’onore di aprire le danze con me, Lucille tesoro?»

«Greengrass!» sibilò Lucille sgranando gli occhi per il terrore e pregando Merlino affinché nessuno l’avesse sentito apostrofarla a quel modo.

«Mi dispiace» scattò subito Nathaniel arretrando di un passo. «Mi viene spontaneo chiamarti così e mi sono dimenticato di…».

«Accetto» sussurrò Lucille, ancora rossa in viso. «Tuttavia adesso devo tornare da mia madre che mi sta aspettando; spero che la serata sia divertente e avrò bisogno della tua opinione sui rinfreschi. Sai che li ho scelti io?»

 

Il ballo, considerò Lucille due giorni dopo, non era stato come lei se lo era più volte immaginato, almeno non interamente. Quando Nathaniel era venuto a reclamare il suo ballo, Lucille si era allontanata al suo fianco con un sorriso raggiante e per tutta la durata della danza non avevano fatto altro che parlare di argomenti leggeri, fra i quali la straordinaria ed inaspettata comparsa di Sirius Black che aveva messo in agitazione la maggior parte delle signorine presenti.

Nathaniel non aveva perso l’occasione di farle i complimenti per il vestito, e lo aveva fatto con una tale eleganza e delicatezza che Lucille non era riuscita a replicare con un ringraziamento adeguato.

Le sue aspettative poi parevano addirittura essere state superate quando aveva visto Cornelia aprire le danze proprio con Sirius Black e da allora in avanti non aveva fatto altro che ruotare il collo nel tentativo di non perdersi né il ballo né l’espressione assolutamente furiosa con la quale Christensen osservava la coppia.

A quel punto, Lucille aveva sorriso vittoriosa, certa di riuscire a realizzare i propositi che aveva in mente per Cornelia e il suo rozzo danese entro la fine dell’anno venturo.

Tutto era precipitato qualche ora più tardi e con una tale rapidità che lei a stento se ne accorse: lo schiocco sonoro di un numero considerevole di Materializzazione aveva riempito la sala, subito seguito da grida terrorizzate e dai primi incantesimi che cominciarono a volare.

Lucille non aveva fatto in tempo né a voltarsi né tantomeno ad allontanarsi che subito aveva sentito un braccio robusto serrarsi attorno alla sua vita, trascinandola velocemente verso il centro della sala dove era rimasta per la successiva mezz’ora, impossibilitata a muoversi anche per via della bacchetta puntata verso la propria tempia.

Proprio come le era accaduto con Josephine Sutherland, Lucille non riuscì a reprimere la rabbia che la invase e sulle prime cercò di lottare per liberarsi da quella presa ferrea. Mentre sua madre piangeva, sorretta da Oliver e da Meryl, e suo padre cercava di trattare il suo rilascio col capo di quella banda di manigoldi, Lucille cercò disperatamente una figura familiare alla quale aggrapparsi con lo sguardo e la trovò proprio in Nathaniel Greengrass che, fermo al centro di quel tumulto, non distoglieva gli occhi dalla sua figura e aveva un braccio proteso a mezz’aria verso di lei, in un gesto istintivo che doveva aver compiuto quando era stata catturata.

I loro sguardi si incrociarono e Lucille fissò con insistenza gli occhi azzurri del ragazzo, intento a trasmetterle quanta più calma e sicurezza possibili. La completa attenzione che le dedicava le infuse una certa forza, così come i piccoli sorrisi di incoraggiamento che di tanto in tanto solcavano il suo volto altrimenti teso e lei si concentrò esclusivamente su di essi, ripiombando nel terrore solo quando udì il capo della banda accennare a quello che avrebbero potuto farle qualora suo padre si fosse rifiutato di collaborare.

Aveva visto Nathaniel impallidire e aveva sentito i propri occhi inumidirsi, così come la bassa risata oscena del suo carceriere, chiaramente rallegrato da quella prospettiva. Egli mosse appena un braccio strusciandolo contro il seno di Lucille che si dimenò con forza, disgustata e impaurita da quell’affronto.

Il pronto assenso di Maximilian Nott contribuì a rilassare l’atmosfera e rimise al suo posto l’omone che tratteneva Lucille, ma la ragazza dovette lottare contro le lacrime di umiliazione e indignazione che minacciavano di sopraffarla.

E poi, nel giro di pochi minuti, si ritrovò ad osservare John Christensen che camminava disarmato al centro della stanza e cercò di individuare le sue amiche scrutando il punto dal quale si era mosso il giovane, ma riuscì a scorgere solamente Marcus Potter e Vincent Baston.

Le urla provocate dalla Maledizione Cruciatus turbarono i presenti più di ogni altra cosa, e fu talmente strano vedere un ragazzo all’apparenza così forte e sano crollare a terra come una marionetta alla quale avessero tagliato i fili.

Infine ci fu la paura per l’audacia di Cornelia quando spuntò da chissà dove e attraversò di corsa la sala per inginocchiarsi al fianco di Christensen. Con quel vaporoso vestito acquamarina che si allargava attorno a lei, sembrava quasi una strana creatura marina intenta a soccorrere uno sventurato umano in procinto di naufragare.

Quando finalmente i criminali ebbero i loro libri e quella terribile avventura giunse al termine, Lucille si ritirò nella propria stanza con la sola compagnia della mamma con la quale riuscì a confidarsi, seppur dopo svariati tentativi interrotti da quelle capricciose lacrime che ora pretendevano di poter scorrere in piena libertà.

«Cerca di stare tranquilla» mormorò la mamma per la quinta volta, rimboccandole le coperte come se fosse ancora una bimba piccola e baciandola sulla fronte. «Papà ed io vi terremo al sicuro e ci accerteremo che nessun libro compromettente resti nella nostra biblioteca, così da non avere più visite sgradevoli».

Lucille produsse un minuscolo sorriso e annuì, ancora troppo inquieta per poter parlare.

«Non tutti gli uomini sono così, Lucille» proseguì la mamma intuendo la ragione del suo turbamento. «Quello a cui accennavano quelle persone era orribile e spregevole, ma la maggior parte degli uomini non ha simili intenzioni e non mancherebbe mai di rispetto ad una signora. Con un po’ di tempo dimenticherai questo incidente e ti prometto che non permetterò mai che tu sposi un uomo la cui vera natura è disonesta, a prescindere dal modo in cui appaia. Tua nonna ha verificato in ogni modo se tuo padre fosse un uomo rispettabile e io non sarò da meno con le mie figlie».

Due giorni dopo, nel pomeriggio del suo compleanno, Lucille ancora si attardava con la mente a quanto accaduto, ma badava a mantenere un’espressione allegra e a concentrarsi il più possibile sullo svolgimento della festa, distraendosi così da quei lugubri pensieri.

Fortunatamente tutto stava andando per il meglio e l’unico che sembrava nutrire qualche perplessità circa il tipo di evento al quale si trovava era John Christensen. Almeno tre delle cugine di Lucille vicine a lei per età le avevano chiesto qualche informazione sul suo conto e avevano ammesso di trovarlo ancora più interessante dopo averlo visto sopportare la Maledizione Cruciatus con tanto stoicismo.

Chiedendosi allarmata come potesse essere imparentata con delle ragazze talmente sciocche, Lucille si era affrettata ad affermare di non sapere nulla sul giovane danese, che manteneva sempre il massimo riserbo sulla sua vita. Lanciò anche una rapida occhiata a Cornelia che, essendo seduta al tavolino accanto, aveva certamente udito quello scambio e che solo recentemente, a seguito di un colloquio con Georgiana Malfoy, sembrava essere venuta a conoscenza di come Christensen attirasse su di sé una buona parte delle attenzioni femminili di Hogwarts.

Gli occhi bruni di Cornelia incrociarono i suoi e il lieve movimento col quale scosse il capo bastò a rassicurare Lucille, e infine il sorriso birichino dell’amica la indusse a voltarsi per scoprire Nathaniel Greengrass che sostava accanto al suo tavolino con in mano un piattino colmo di dolci e le sorrideva con un tale affetto nello sguardo che Lucille si sentì arrossire.

«Accomodati pure» concesse con la voce solo un poco più acuta del normale.

«Se non sbaglio ci siamo conosciuti in un pomeriggio d’estate ad un’occasione mondana piuttosto simile a questa» disse Nathaniel scostando la sedia e sedendo al suo fianco.

«Sì» trillò Lucille, felice che se ne ricordasse. «E da allora, tu non hai perso la passione per i dolci».

«Noterai però che ho smesso di sporcarmi la giacca» replicò Nathaniel, prolungando lo scherzo.

«Hai anche iniziato ad usufruire dei piattini».

Si scambiarono uno sguardo complice, memori di un episodio che nessuno, eccetto loro, conosceva.

Il pomeriggio era così tranquillo e piacevole che Lucille aveva timore di comprometterlo, ma erano ormai passati due giorni da quando si era accorta che qualcosa non le era chiaro riguardo il discorso che aveva avuto con Nathaniel prima del ballo, quando lui le aveva spiegato di essere stato impegnato con la famiglia e di non aver partecipato per questo motivo a molti eventi mondani. Tuttavia lei sapeva delle sue visite ad Hogsmeade ed era anche consapevole di come nessun membro della famiglia Greengrass né di quella Rosier abitasse lì.

«Sai che due sere fa ho sentito Davies dire di averti visto più volte a Hogsmeade, lo scorso mese?»

«Ma davvero?»

«Sì» confermò Lucille sporgendosi inconsapevolmente in avanti per la concitazione. «Ha detto di averti visto camminare per il villaggio in diverse occasioni».

«C’è qualcosa che vorresti chiedermi, Lucille?» la interrogò Nathaniel alzando infine lo sguardo dal piattino e inchiodandola al suo posto.

«Oh no!» esclamò Lucille sorbendo un sorso di tè ormai freddo per mascherare la sua reazione confusa. «Stavo solo conversando».

Nathaniel sospirò e Lucille pensò di averlo indispettito con quell’indagine condotta malamente, cosa di per sé straordinaria perché di solito era molto precisa, e rimpianse di non essersi fidata di Cornelia e delle sue rassicurazioni circa il comportamento del giovane; lui però tirò fuori una piccola scatola dalla tasca interna della giacca e la spinse verso di lei, ritrovando il sorriso e il buonumore.

«Il tuo regalo» spiegò davanti alla perplessità di Lucille. «L’ho preso a Hogsmeade».

«Oh».

Lucille arrossì violentemente e si sentì incredibilmente sciocca mentre la vergogna le impediva di far altro che non fosse lanciare un timido sguardo di scuse al ragazzo.

«Buon compleanno, Lucille tesoro».

 

 

 

 

Note dell’autrice.

Ecco finalmente il quinto capitolo che riprende da dove il quarto si era interrotto, con Nathaniel e Michael che finalmente si incontrano e si scontrano. Ho cercato di inserire più spiegazioni possibili da parte di Michael e spero che, nonostante ci siano ancora dei punti oscuri, il racconto sembri abbastanza coerente. Non mi è sembrato credibile lasciar porre troppe domande a Nathaniel, immaginando che lo shock e anche la felicità di rivedere il fratello abbiano prevalso, assieme a una buona dose di confusione.

Michael del resto ha tenuto per sé qualche segreto, il che mi è sembrato plausibile considerando la lunga assenza che li ha divisi e il modo nel quale entrambi sono cambiati in quei quattro anni. Ci vorrà un po’ prima di ritrovare del tutto la complicità che avevano, così come la fiducia che li univa.

Ho voluto esporre i sentimenti sia di Lucille che di Nathaniel, che sono uno più impacciato dell’altra quando si tratta di certe questioni e, considerando che nessuno dei due si sbilancia, arrivano quasi a pensare che all’altro non importi nulla.

Infine, ammetto che la descrizione del ballo possa sembrare strana, ma ho voluto ripercorrerla con gli occhi di Lucille, immaginando che in simili momenti si colgano solo certi avvenimenti con maggiore chiarezza, e che a volte tutto scorra molto velocemente nella speranza di una fine.

Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio chi in questo lasso di tempo ha aggiunto la storia alle preferite e alle seguite.

A presto,

Selena

   
 
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