Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Recchan8    04/05/2019    5 recensioni
"Quando sei una studentessa universitaria sull'orlo di una crisi di nervi e rimasta quasi al verde, sei disposta a tutto pur di salvarti quello che viene volgarmente chiamato culo”.
Delia, studentessa universitaria, per motivi economici decide di prestare il suo appartamento all'home sharing. Un click su di un pulsante sbagliato segnerà l'inizio di una settimana che Delia e il suo ospite non potranno dimenticare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era trascorso un mese da quando Yoongi aveva deciso di uscire dalla mia vita.
Animata da rabbia e orgoglio ferito, avevo reso l'appartamento non disponibile per tutta la stagione estiva, decidendo di sfruttare il periodo di pausa per mettermi in pari con gli esami e tentare il tutto per laurearmi entro novembre. Mia madre, da brava donna in carriera qual è, aveva tentato di dissuadermi.
-”Come pensi di vivere senza le entrate dell'home sharing?”-.
-”Morirò, che ti devo dire?”-.
Azzurra, dopo avermi consolata ed essermi stata accanto come solo una migliore amica sa fare, aveva più volte cercato di farmi sputare il rospo e di farmi parlare del “misterioso stronzo coreano”, ma la mia bocca era cucita, saldata con la fiamma ossidrica. Il solo pensare alle lettere che compongono il nome di Yoongi mi dava il voltastomaco e provocava l'apertura di una disastrosa voragine nel mio petto.
Trascorrevo le giornate chiusa in casa o in aula studio, focalizzandomi sui libri e sul futuro della mia carriera universitaria. Erano rare le volte in cui Azzurra, l'unica che conosceva a grandi linee la ragione della mia sofferenza e della mia chiusura, riusciva a trascinarmi fuori casa per un aperitivo o un semplice pomeriggio di svago. Il malumore mi accompagnava ovunque io andassi, come una triste e perseverante ombra. Le radio e i telegiornali, poi, non mi aiutavano: da quel che avevo capito, il gruppo preferito di Azzurra, i BTS, si erano esibiti ai Billboard Music Awards e avevano persino vinto un premio, segnando così il loro ingresso ufficiale nelle classifiche occidentali. Stavano iniziando a spopolare e la title del loro ultimo album, “Fake Love”, sembrava la personificazione dei miei sentimenti per Yoongi.
Non passava giorno in cui io non maledicessi Yoongi per aver causato la rottura del mio pulsante anti-emozioni. Nonostante ciò, i suoi orecchini pendevano costantemente dai miei lobi.


 

Quel giorno Azzurra era venuta a studiare a casa mia. Stanca di sapermi sola come un cane e accompagnata da un pesante miasma, si era presentata sotto casa intorno alle dieci di mattina proclamando che non se ne sarebbe andata per nessuna ragione al mondo.
-”Studiamo!”- quasi gridò quando mi vide affacciarmi dal terrazzo con un sopracciglio alzato. Mi mostrò lo zaino sulle sue spalle, tutta orgogliosa.
-”Me lo giuri?”- le domandai scettica. Sapevo che il suo era, tra le tante cose, un tentativo di scoprire qualcosa di più sul “culone coreano”.
-”Non sei l'unica che si deve laureare, cosa credi?”-.
La feci entrare con un misto di contentezza e paura, apprezzando il suo gesto altruista ma temendo un interrogatorio in piena regola. Azzurra si precipitò nell'appartamento come un uragano gioioso, regalandomi un abbraccio non richiesto e lamentandosi subito per il caldo. Attraversò il salotto con noncuranza e si diresse in cucina, dove lasciò cadere lo zaino pesante per terra. Si mise le mani sui fianchi e inspirò a pieni polmoni l'aria non tanto fresca che entrava dalla portafinestra che avevo lasciato aperta.
-”Mi stupisco sempre di quanto casa tua sia così pulita”-.
-”Wow, grazie”- borbottai aprendo il frigorifero e piazzando sul tavolo una bottiglia d'acqua naturale. -”Non so cosa ci sia per pranzo”- la avvisai subito. -”Non faccio la spesa da un po'”-.
-”Lo immaginavo”- rispose Azzurra con un sorriso furbo sulle labbra. Si chinò sullo zaino, lo aprì e ne estrasse un barattolo di ragù, un pacco di pasta e una confezione di plastica contenente due donuts al cioccolato.
-”Mi hai salvato il culo, lo devo ammettere”- ridacchiai ringraziandola.
-”Che ci vuoi fare? Mamma mi ha fatta premurosa”-.
Spostai libri, quaderno e astuccio in cucina. Purtroppo la scrivania in camera era troppo piccola per poter offrire il giusto supporto a due universitarie in crisi come me e Azzurra.
-”Posso fumare in casa o preferisci che esca in terrazzo?”- mi chiese dopo aver disposto sul tavolo l'astuccio rosa holo.
Lanciai una veloce occhiata al mio posacenere pulito. Quello stupido oggetto di plastica verde non vedeva della cenere da un mese.
Ho mantenuto la mia promessa, non come te”, pensai rivolgendomi a Yoongi.
Gli angoli della mia bocca si incurvarono verso il basso mentre porgevo ad Azzurra il posacenere con un gesto stizzito.
-”Se non vuoi vado fuori”- disse guardandomi con gli occhi pieni di colpa.
-”No, non ce l'ho con te”- mormorai sedendomi sulla sedia con poca eleganza.
-”Ce l'hai col tuo amico”- annuì accendendosi una sigaretta. -”E' comprensibile”-.
-”E' ovvio”- la corressi. -”Come è ovvio il fatto che io abbia ragione”-.
-”Vuoi parlarne?”-.
Scossi la testa tenendo lo sguardo sul quaderno chiuso.
-”Puoi almeno dirmi come si chiama? Non posso continuare a chiamarlo “Stronzo Coreano”, “Maledetto Coreano”, “Teseo Coreano”...!”-.
-”E' carino l'ultimo soprannome”- sorrisi debolmente, ironizzando sulla mia condizione.
Azzurra, orgogliosa della sua nomenclatura acculturata, impiegò i successivi minuti, il tempo di terminare la sigaretta, a pavoneggiarsi e a lanciare qualche insulto al mio vecchio ospite (giusto per farmi capire che sarebbe per sempre stata al mio fianco).
-”A volte penso che lui, in realtà, non abbia colpa”- dissi piano.
-”Stronzate”- sentenziò Azzurra legandosi i capelli in una coda alta. -”Cosa te lo fa credere?”-.
-”Magari sono stata io a fraintendere tutto”- bisbigliai tormentandomi le mani. -”Ho visto la sua gentilezza, l'ho interpretata male e ho iniziato a viaggiare con la fantasia...”-.
-”Delia”- mi chiamò Azzurra con voce ferma. -”Ha rotto il tuo pulsante. Hai perso la testa per quel nano asiatico e ti sei ridotta a uno straccio di preoccupazioni e debolezze. Ti ha manipolata per bene!”-.
Le parole della mia migliore amica riflettevano perfettamente i pensieri che avevano affollato la mia testa nelle ultime settimane. Tendevo a dare la colpa a Yoongi, arrabbiandomi con lui fino allo sfinimento e sognando i modi più atroci per vendicarmi del torto subìto; ma le note della sua canzone, “First Love”, risuonavano nelle mie orecchie come una dolce ninnananna, riuscendo ogni volta a farmi addormentare con un debole e nostalgico sorriso sulle labbra.
Sospirai rumorosamente e annuii tra me e me. Aprii libro e quaderno, mi armai di penna ed evidenziatori e mi misi sotto con lo studio, bacchettando Azzurra ogni volta che la vedevo allungare una mano verso il proprio cellulare.
-”Sono una Twitter-dipendente, lasciami in pace!”-.
Per pranzo sfruttammo la pasta e il sugo che Azzurra aveva portato, concludendo il pasto con una tazzina di caffè e un donut al cioccolato. Riprendemmo subito a studiare e tirammo dritto fino a che non sentii Azzurra buttare per aria il quaderno e imprecare ad alta voce.
-”Porca puttana! Perché non mi è arrivata la notifica?!”- esclamò schiacciandosi contro lo schienale della sedia e avvicinando il cellulare agli occhi. La guardai stralunata mentre scorreva il monitor del telefono a una velocità sorprendente.
-”Che succede?”- le chiesi allarmata.
-”Come cazzo si permette?!”- squittì chinandosi a rufolare nello zaino. -”Da solo, poi!”-.
-”Ma chi?!”-.
-”Suga! Ha pubblicato una canzone, un solo!”-.
-”Ah, wow”- commentai con scarsissimo entusiasmo.
Scossi la testa e sospirai, domandandomi per quanto tempo ancora Azzurra sarebbe rimasta intrappolata in quell'inferno chiamato K-Pop e, in particolare, BTS. Li aveva scoperti da dicembre e da allora non aveva fatto altro che parlare di loro, della loro musica, della loro bravura e del loro talento; tutte informazioni che, regolarmente, mi entravano da un orecchio e mi uscivano dall'altro. Fissai la mia amica mentre, armata di cellulare e auricolari rosa, ascoltava la canzone e, dati i movimenti dei suoi occhi, dedussi che stesse anche leggendo la traduzione.
-”Sono... confusa”- disse dopo qualche minuto. Aggrottò le sopracciglia e si morse il labbro inferiore. -”E' un testo strano”-.
-”Non sta scritto da nessuna parte che i testi delle canzoni debbano essere chiarissimi”- dissi con un'alzata di spalle.
-”Certo, lo so”- rispose alzando gli occhi al cielo. -”E' che... Non pensavo che uno come lui potesse scrivere una canzone del genere. Vuoi ascoltarla?”-.
-”Oh, no, ti ringrazio”- risposi agitando una mano. -”Non ho nemmeno ascoltato “Fake Love”, ricordi?”-.
-”Leggerò il testo come se fosse una poesia”- mi scimmiottò rievocando il momento in cui aveva provato a farmi ascoltare una canzone dei BTS dopo la loro (a detta sua) brillante esibizione ai Billboard. -”Allora vuoi leggere il testo?”- insistette. -”Dai, mi serve un parere esterno al fandom!”-.
Abbassai lo sguardo sulle dispense di Letteratura Inglese, aspettandomi di veder comparire Keats armato fino ai denti e disposto a tutto per salvarmi dalle grinfie di quella pazza di Azzurra. Keats non arrivò e la mia migliore amica ebbe la meglio. Fece scivolare il cellulare verso di me e posò i gomiti sul tavolo, attendendo pazientemente la mia reazione.
Dieci minuti dopo avevo il cuore in gola e il corpo scosso da brividi gelati.
-”E' strano, vero?”- disse Azzurra riprendendosi il cellulare e, fortunatamente, non notando il mio sbigottimento.
Il testo poteva risultare strano per chiunque, ma non per me. Ero riuscita a cogliere ogni riferimento e ogni citazione perché avevo capito chi la misteriosa figura citata nella canzone, “la nativa di Delo che aveva tenuto fede al suo nome”, rappresentava; una ragazza che, stando a quanto era scritto nel testo, aveva preso l'autore per mano e gli aveva mostrato quanta bellezza ci fosse nel mondo. Una strofa in particolare si era andata a incidere con forza nella mia testa:

 

Anche io sono una creatura del mondo,

Eppure non mi hai mai guardato con gli stessi occhi

con cui guardavi la tua stella.

Guardami, ti prego, guardami

Guardami come se fossi Dante Alighieri”

 

Non è possibile”, continuavo a ripetermi.
-”E il titolo, scusa? Tra l'altro riprende un verso della canzone”- continuò Azzurra.
-”Q-Qual è il titolo? Non l'ho visto”- le chiesi a un passo dallo svenimento.
-”Guardami come se fossi Dante Alighieri”- lesse Azzurra con cipiglio confuso. -”Non sembra proprio una canzone nello stile di Yoongi”-.
Temetti di lasciare il mondo da un momento all'altro. Mi ero ridotta a un ammasso informe accartocciato sulla sedia, con un volto cereo su cui spiccavano i miei occhi spalancati.
Avevo sentito bene?
Azzurra aveva davvero pronunciato quel nome?
-”C-Come, scusa?”- gracchiai tentando di darmi un contegno e di apparire un essere umano e non una spugna.
-”Cosa?”-.
-”L'ultimo nome che hai detto”-.
-”Hai ragione, scusa”- sorrise lei. -”Solitamente li chiamo coi loro stage name e non coi loro veri nomi. Mi ci devo ancora abituare! E' Suga”-.
-”Chi?”- la incalzai.
-”Yoongi”-.
-”Yoongi...?”-.
-”Min Yoongi. E' un membro dei BTS”-.










ANGOLO AUTRICE
Ebbene sì: il momento tanto atteso è finalmente arrivato! Delia ha scoperto che il suo ospite altri non è che Suga dei BTS! Ve l'avevo detto che Azzurra non aveva ancora esaurito il suo compito >:)
Qualche verso in più della canzone e qualche parafrasi e spiegazioni del testo verranno inseriti nel prossimo capitolo, quando vedremo come reagirà il sospettoso Namjoon all'uscita di questa stramba canzone.
Grazie a tutti per il sostegno e la pazienza <3
Ci vediamo al prossimo capitolo! ^^

 

   
 
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