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Autore: _Agrifoglio_    08/05/2019    16 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A primavera, arrivano le rondini
 
A primavera, la natura si risveglia e la vita rinasce. Il ghiaccio si scioglie e il vento, non più gelido, solletica i prati che si ricoprono di erba nuova, chiara e tenera. Gli animali escono dalle loro tane, affamati e sonnacchiosi e si sgranchiscono le zampe intorpidite dal letargo. Le chiome degli alberi e gli arbusti ossuti si riempiono di gemme e, nelle aiuole e nei vasi, fra i cespugli o vicino ai sassi, sbocciano i primi fiori. Le margherite e le primule punteggiano allegramente l’erba mentre gli iris e i narcisi si schiudono con naturale maestà, esplodendo dagli steli rigonfi.
A primavera, arrivano le rondini.
Il 21 marzo 1790, Oscar, di buon mattino, aprì la finestra della sua camera da letto per inspirare l’aria frizzante delle giovani ore, prima di mettersi in cammino verso la reggia, giacché la gravidanza inoltrata non l’aveva fermata. Aperti i vetri, fu raggiunta da un pigolio sottile e incessante, proveniente dal cornicione sovrastante la finestra. Lo sguardo della donna si fissò sul nido di fango e di sterpi che, da qualche anno, rigonfiava il muro e che, quella primavera, aveva accolto i suoi abituali occupanti con due settimane di anticipo. Dal nido, quella mattina, spuntavano cinque colli esili e allungati, culminanti in enormi becchi arancioni, spalancati e chiassosi, reclamanti cibo. Le uova si erano schiuse e, ora, i pulcini, col loro piumaggio scomposto e la voce squillante, si sporgevano all’esterno, richiamando i genitori. Non passarono che alcuni istanti e un adulto, con il dorso nero, il torace bianco e una lunga coda appuntita, arpionate le zampe al nido, infilò il becco in quello dei piccoli che, in fila, aspettavano il nutrimento.
Le labbra di Oscar si piegarono in un sorriso mentre gli occhi le brillarono di un’espressione intenerita. Dato un ultimo sguardo a quei nati, voltò le spalle alla finestra e si diresse verso la porta, quando un liquido le irrorò le gambe, annunciandole che un’altra vita si stava affacciando al mondo.
Le cameriere furono subito allertate e l’ostetrica convocata. La donna, al suo arrivo, non poté che constatare, con sgomento, che Oscar si rifiutava di coricarsi, perché preferiva la musica alle coltri.
Seduta davanti al clavicembalo, la gestante faceva scorrere le dita sulla tastiera, ora leggere, ora decise, sfiorando i tasti o affondando su di essi, a seconda dell’intensità delle contrazioni. Sudata e tesa, con gli occhi nervosi, Oscar accompagnava il picco delle doglie e il crescendo delle contrazioni, percuotendo i martelletti sulle corde dello strumento e, più acuto era il dolore, più alte erano le note. Ora ricurva sulla tastiera, ora a schiena ritta come se fosse stata sull’attenti, la donna trasformava ogni momento del suo stato in note musicali, a tratti lente, a tratti concitate. Lo scorrere delle mani sul clavicembalo si faceva, di minuto in minuto, sempre più veloce e deciso mentre il crescendo del ritmo e l’innalzamento del volume testimoniavano che il parto si stava avvicinando.
– Madame, è ora che Vi corichiate altrimenti il bambino lo farete a terra! – la esortò l’ostetrica, preoccupata e basita. Mai, infatti, le era capitata una situazione del genere.
– Non Vi preoccupate, Madame Bertrand – disse André, con voce che si sforzava di mantenere calma, ma che tradiva una forte emozione – Mia moglie ha una particolare predilezione per la musica. Smetterà quando lo vorrà.
Così diceva, ma, in cuor suo, sperava che, almeno per una volta, Oscar si sarebbe risolta a comportarsi da persona normale.
Quando le contrazioni divennero intense e ravvicinatissime, Oscar acconsentì a coricarsi e, dopo neanche un’ora dalla rottura delle acque, la stanza risuonò del vagito di un neonato.
All’udire quel pianto acuto e graffiante, André ebbe un tuffo al cuore, non riuscendo a credere che il sogno di tutta una vita, realizzatosi quasi un anno prima, stesse prendendo forme sempre più belle, delineate e complete. Si diresse, stordito, verso la loro stanza matrimoniale, guidato da quel suono sgraziato e melodioso al tempo stesso, procedendo trasognato, finché non vide Oscar, seduta sul letto, con in braccio il bambino che le era stato, da poco, portato. Era pallida e un po’ stanca, ma, tutto sommato, in salute. Era uscita vittoriosa anche da quell’ultima battaglia.
Vedendo arrivare il marito, la donna scostò un poco il lenzuolo dal volto del neonato per mostrarglielo.
– Trovo che ti somigli molto nei lineamenti del viso e anche nei pochi capelli scuri che già ha. Lui è te, lui è me, lui è noi.
 
********
 
Il figlio di Oscar e di André fu battezzato una settimana dopo la nascita, nella cappella di Palazzo Jarjayes, coi nomi di Honoré François Marie Augustin Louis Joseph. Il terzo nome gli fu dato in onore della Madonna, il quarto del nonno e gli ultimi due in memoria del Delfino scomparso, riguardo che la Regina apprezzò moltissimo. Relativamente al primo nome, nessuno si stupì che il figlio di una donna che aveva dedicato l’intera sua vita all’onore e al dovere fosse stato battezzato Honoré.
I padrini del bambino furono il Generale de Jarjayes e il vecchio Conte de Girodel e, in tal modo, la famiglia di Oscar ricambiò il favore, dato che il Generale era stato padrino del piccolo Grégoire Henri. Le madrine furono la Contessa de Jarjayes e, circostanza che accrebbe notevolmente il prestigio delle Casate de Jarjayes e de Lille, la stessa Regina, rappresentata da Madame Élisabeth. La Sovrana donò al suo figlioccio un servizio di argenteria e tutta la cerimonia si svolse all’insegna di una raffinata e sobria eleganza.
Negli ambienti di corte si sussurrava che la Contessa di Polignac avesse detto che il nuovo nato era un bambino ben strano, giacché non si sarebbe potuto stabilire con precisione chi, fra i genitori, era il padre e chi la madre. All’udire quella voce, André aveva pensato che era sicuramente meglio una madre con le vesti da uomo di una con l’animo da cortigiana.
Il Generale era al settimo cielo, perché, finalmente, dopo oltre sessant’anni, era nato un maschio nella sua famiglia e perché, per decreto reale, il bambino avrebbe portato il nome de Jarjayes et de Lille e, un giorno, sarebbe succeduto non soltanto al padre, ma anche alla madre che, sempre per concessione della Corona, tanti anni prima, era stata insignita della qualifica di erede del genitore.
Quasi contemporaneamente alla nascita del primogenito, André fu nominato da Robespierre viceministro. L’Avvocato di Arras nutriva molta stima per lui, a causa della precisione e dell’intelligenza dei discorsi che gli udiva fare e dei traguardi che aveva raggiunto a dispetto delle umili origini. André non ricambiava la stima né provava alcuna simpatia per il suo diretto superiore, perché ancora vivi erano in lui i ricordi della prigionia di Oscar e delle frasi udite dalle bocche di Robespierre, di Saint Just e di Théroigne de Méricourt e, tuttavia, spronato dalla moglie, da Girodel e da Mirabeau e anche per convinzione personale, non aveva esitato ad accettare l’incarico, nella speranza che un animo moderato sarebbe riuscito a contenere il fanatismo del rivoluzionario e a fare prevalere i lati buoni di lui.
La nuova prestigiosa funzione assegnata ad André portò al parossismo la rabbia del Duca d’Orléans che, contrariato dall’influenza pacificatrice e stabilizzante che l’uomo aveva sul Consiglio di Reggenza e sullo stesso Robespierre e indispettito dal fallimento del tentativo di fare vacillare il matrimonio fra lui e Oscar, si era rinforzato nei suoi propositi omicidi. Il Duca, come sempre, aveva deciso di non esporsi personalmente, ma di mandare avanti il suo poco intelligente alleato. Aveva, quindi, invitato al Palais Royal il Duca di Germain e lo aveva informato di quanto André stava diventando ricco grazie alle rendite della Contea di Lille. L’aristocratico era diventato paonazzo nell’apprendere che i proventi della Contea da lui tanto agognata stavano facendo la fortuna di quello zappaterra puzzolente nonché pidocchio rifatto e aveva assicurato che avrebbe ingaggiato, quanto prima, dei sicari.
 
********
 
Una mattina di fine aprile del 1790, quando il loro figlio aveva già compiuto il primo mese di vita, Oscar e André si apprestarono a ricevere una delegazione di soldati della Guardia Metropolitana parigina, composta dal Colonnello d’Agout, dal Tenente Beauregard, da Alain, Lasalle e da altri quattro soldati semplici, venuti a fare visita al nuovo nato.
Li accolsero in un salottino verde di Palazzo Jarjayes, elegante e confortevole, ma, al contempo, più piccolo e familiare del salone principale e, soprattutto, soleggiato e facilmente riscaldabile, come tale più adatto a ospitare un neonato.
Oscar aveva ripreso servizio una settimana dopo la nascita del piccolo. Il parto non l’aveva affatto scalfita, rendendola, anzi, più combattiva e determinata di prima. Era una madre attenta, intelligente, protettiva, profondamente possessiva e gelosa, ma anche pragmatica e poco incline al sentimentalismo e alle moine. Col passare del tempo, sarebbe sicuramente diventata severa ed esigente anche se giusta. Chi conosceva bene quella famiglia non aveva potuto fare a meno di notare che l’atteggiamento di Oscar nei confronti del figlio rispecchiava quello del Generale verso di lei e che l’approccio mentale con cui la donna si relazionava alla maternità era simile a quello di un genitore di sesso maschile. André, invece, era più incline all’indulgenza e alla dolcezza tipiche delle madri. Come era in uso nell’aristocrazia, Oscar non allattava il figlio né si prendeva personalmente cura di lui, ma sovrintendeva a tutto ciò che lo riguardava, facendo attenzione a che l’infante fosse sempre ben nutrito, lindo e profumato e non esposto al freddo, all’umido e agli spifferi. André, da parte sua, vigilava e si beava della sua nuova condizione di padre.
Per ricevere i soldati, Oscar aveva indossato la sua uniforme mentre André aveva optato per un abito elegante, ma di foggia semplice, omettendo di adornare il jabot con una spilla, per non fare pesare ai suoi ex commilitoni il proprio mutamento di status.
Appena gli ospiti si furono accomodati, alcuni valletti servirono frutta e dolciumi, sui quali i soldati semplici si tuffarono avidamente, mascherando quasi per nulla una voracità figlia dell’indigenza e orba di tutti gli altri parenti, primi fra tutti il contegno e il galateo.
Circa un quarto d’ora dopo l’arrivo dei soldati, una cameriera portò il bambino nel salotto. Le osservazioni della madre immediatamente successive alla nascita erano state confermate, perché il piccolo era il ritratto del padre sia nei lineamenti del volto sia nei capelli neri e anche gli occhi, sebbene conservassero ancora il colore indefinibile dei neonati, diventavano, di giorno in giorno, sempre più verdi. Era un bambino calmo e sorridente che piangeva poco, dormiva molto, mangiava senza fare storie e faceva avvertire la sua presenza soltanto per le cose piacevoli.
Gli ospiti, ad eccezione del Colonnello d’Agout e del Tenente Beauregard che erano più compiti, si lasciarono andare a sinceri e chiassosi complimenti che culminarono in una battuta di Alain:
– Ehi, André, sei stato un bell’egoista! Glielo potevi pure lasciare al Comandante uno spazietto nel viso di questo marmocchio!
All’udire quella frase, i commilitoni scoppiarono a ridere fragorosamente.
Dopo qualche minuto, l’oggetto di tanta attenzione fu riportato nella nursery a riposare e la conversazione riprese da dove era stata interrotta. Oscar chiese come stessero andando le cose a Parigi, ricevendo, per tutta risposta, dei volti rabbuiati.
– I giacobini – spiegò il Colonnello d’Agout – come sono, ora, chiamati i seguaci di Robespierre e di Saint Just, non hanno preso bene lo smantellamento di molti dei loro clubs e imputano la responsabilità di ciò a Robespierre che avrebbe trascurato la sua rete per fare il Ministro o che, addirittura, li avrebbe venduti in cambio del Ministero. Nelle piazze, si ode di nuovo qualcuno che borbotta e sembra che a capo degli scontenti ci sia lo stesso Saint Just. E, fin qui, poco male, che si scannassero fra di loro…. La cosa brutta è che….
L’Ufficiale non ebbe il coraggio di andare avanti.
– La cosa brutta – proseguì Alain che di peli sulla lingua ne aveva ben pochi – è che qualcuno ha messo in giro la voce che molto del frumento proveniente dalle elargizioni dei proprietari terrieri a favore dei poveri è stato sottratto e destinato al mercato nero da persone prive di scrupoli. Si dice che, dietro tutto ciò, ci sia Robespierre…. e che ci sia anche tu, André…. Dicono che Robespierre ti abbia voluto al Ministero per condurre meglio questi loschi traffici insieme a te…. Questa voce proviene da una fonte reputata autorevolissima e quell’uomo con cui ho parlato l’anno scorso, quel tizio col bastone di scopa conficcato nel…. quel tale Bernard Châtelet ha il dente avvelenato…. Mi dispiace….
– Tutto ciò è assurdo!!!! – sbottò, furente, Oscar – Ma se è stato proprio André, col suo esempio, a dare il via alle elargizioni benefiche!! Ho visto io stessa i funzionari governativi distribuire grano e viveri ai bisognosi, in base a degli elenchi stilati dalle Parrocchie e dall’Amministrazione Statale!! Siamo noi due a sovrintendere all’intera operazione!! Robespierre, poi, è l’incorruttibilità fatta persona!!!! Tutto si può dire di lui, tranne che non sia un uomo che dell’onestà ha fatto un vessillo!! Chi può avercela così tanto con André?!
– Mi dispiace, Comandante – disse Alain, massaggiandosi la testa – Queste sono le voci che girano da circa una settimana, ma noi soldati ci attiveremo al più presto con la nostra rete per mettere in giro la versione contraria! E, poi, vediamo chi la spunta!
Quando la visita ebbe termine e i due neogenitori si accinsero ad accompagnare gli ospiti alla porta, Alain si avvicinò ad André e gli bisbigliò:
– Ehi, André, che sai dirmi di quella faccenda di mia sorella? Io non me la bevo che sia stata portata nelle vostre stanze soltanto per allontanarla dagli appartamenti di quella Duchessa e per lasciare campo libero ai ladri! Se davvero fosse stato così, che bisogno ci sarebbe stato di portarla proprio negli alloggi tuoi e del Comandante e di conciarla da…. poco di buono?!
– Credo anch’io che questa storia sia molto strana, ma, purtroppo, quella cameriera nessuno l’ha mai vista e conosciuta, la classica apparizione emersa dal nulla e nel nulla ritornata…. A Versailles, è facile intrufolarsi, con tutte le centinaia di cortigiani, di servitori e di visitatori che, quotidianamente, l’affollano…. Quando si tratta di portare alla luce un intrigo, poi, la reggia è peggio di una palude….
La riposta di André fu molto diplomatica e contenuta entro i limiti di ciò che effettivamente si era riusciti a scoprire, ma, se anche l’uomo avesse saputo di più, si sarebbe ben guardato dall’informarne l’amico, così come non lo volle mettere a parte dei suoi sospetti, nel timore che facesse qualche stupidaggine.
– Quella Duchessa non mi convince affatto e non mi piace per niente! – proseguì Alain – E’ spuntata fuori all’improvviso ed è diventata, in quattro e quattr’otto, un’amica inseparabile di Diane! Ma cosa ci trovava una gran dama del genere nella mia sorellina?! Sarebbe come pretendere che il proprietario di una rinomata cantina possa giudicare buona la birra che beviamo noi in taverna o che il cuoco della Regina si lecchi i baffi nel degustare la sbobba che ci passano in caserma!! No, un attimo, Diane è un fiore di ragazza e non è certo una birra scadente o una sbobba, ma tu mi hai capito, vero?
– Perfettamente – rispose André, in evidente disagio.
– Ma io ti giuro che, quando scoprirò il colpevole, se la dovrà vedere con me, chiunque egli sia!! Lo strozzerò con le mie mani!!
– Alain!!
Alain guardò l’amico con gli occhi carichi di collera, lo salutò con un cenno del capo e si accomiatò.
 
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André si strinse l’ampio mantello intorno al collo, affondandovi dentro il volto fino al naso mentre procedeva, circospetto, per le vie di Parigi. Le mattine di fine aprile erano tiepide, ma le sere erano ancora fredde, soprattutto se, come quel giorno, l’aria era battuta dal vento.
Aveva fissato un appuntamento con Bernard Châtelet e lo aveva fatto alle nove pomeridiane di un giorno in cui sapeva che Oscar sarebbe stata impegnata con la Regina. Non voleva che venisse con lui, ora che era diventata madre da poco. Sapeva di non poterla tenere fuori dai guai per sempre, con la vita che faceva e col carattere che le era toccato in sorte, ma era ancora troppo presto per esporla al pericolo. Non voleva che venisse con lui perché, di notte, faceva freddo e perché, se si fosse accalorata e fosse esplosa, di fronte a Bernard, in una reazione simile a quella che aveva avuto all’udire le parole del Colonnello d’Agout, avrebbe potuto mandare all’aria degli equilibri delicati e difficilmente ricreabili.  Non voleva che venisse con lui perché, già da qualche settimana, gli pareva di essere spiato e che delle ombre si allungassero nei corridoi della reggia, quando lui li percorreva…. Le stesse ombre che si stavano allungando adesso, mentre si aggirava per i quartieri popolari di Parigi….
Giunse di fronte all’uscio che gli era stato segnalato e bussò tre volte e, dopo pochi istanti, altre due, così come era stato concordato. Gli aprì Bernard Châtelet che, dopo avere guardato a destra e a sinistra, per sincerarsi che André fosse solo, lo fece entrare e si richiuse la porta dietro le spalle.
– Conosci il motivo della mia visita, Bernard?
– No – rispose l’altro col volto torvo – ma posso immaginare.
– Non starò a tergiversare e verrò subito al dunque…. Tu mi conosci, Bernard…. Pensi davvero che io possa avere distratto i viveri destinati alla povera gente per arricchirmi? Pensi che io abbia fatto una cosa così abietta e che Robespierre sia mio complice in tutto ciò? Be’, se lo pensi, sei in grande errore, perché Robespierre è incorruttibile fino al midollo mentre io non speculerei mai sulla miseria dei disgraziati! Sono stato proprio io a effettuare la prima elargizione! Fra Robespierre e me, oltretutto, non c’è alcuna confidenza. Io, quando non sono preso dagli impegni di corte, sto in famiglia mentre Robespierre è un solitario. Andiamo formalmente d’accordo, ma nulla abbiamo in comune.
– Già, ma chi, meglio di voi, avrebbe potuto mettere le mani sul frumento?
– A me non risulta che ci siano stati degli ammanchi, Bernard. Il frumento e i viveri sono distribuiti in base a degli elenchi predisposti dall’Amministrazione del Regno e dalle Parrocchie e Oscar ed io, che siamo stati delegati dalla Regina a sovrintendere alle operazioni, riceviamo dei rendiconti periodici. Se vuoi, un giorno, potrai venire alla reggia e io ti mostrerò la documentazione.
André passò l’ora successiva a descrivere a Bernard i dettagli dell’operazione e a raccontargli di tutti i tentativi, posti in essere dal Duca d’Orléans, per destabilizzare il Consiglio di Reggenza, omettendo, però, la vicenda in cui era stata coinvolta Diane, per non compromettere l’onore della fanciulla e perché nulla di concreto ricollegava l’accaduto al Duca, alla Contessa e a chiunque altro.
Al termine di quella lunga dissertazione, Bernard Châtelet aveva, di nuovo, il volto disteso, gli occhi sereni e un tono di voce cordiale.
– Dimenticavo di farti gli auguri per la tua recente paternità! – esclamò l’uomo, in un impeto di ritrovata bonarietà – Sai, anche Rosalie è al secondo mese di gravidanza! Ne abbiamo avuto la conferma ieri l’altro!
– Oh, Bernard, ma è meraviglioso!
I due uomini si congedarono con una cordialità molto maggiore di quella dimostrata da Bernard al loro incontro.
André si rimise sulla via pubblica che erano quasi le undici, diretto verso la stalla dove aveva lasciato il suo cavallo. Il freddo e l’umido erano aumentati così come la sgradevole sensazione di essere seguito. Vedeva delle ombre allungarsi e ritrarsi ai lati della strada o nelle vie traverse e, ogni tanto, dei rumori sospetti gli giungevano alle orecchie. Spaventato, l’uomo accelerò il passo, ma anche gli individui invisibili che gli stavano alle calcagna lo fecero. Spiazzato e timoroso di finire in qualche trappola, in un quartiere che, oltretutto, non gli era affatto familiare, André si mise a correre e, quasi contemporaneamente, udì il selciato rimbombare dei passi concitati dei suoi inseguitori. Correva sempre più velocemente, col cuore che gli martellava nel petto, il fiato spezzato in gola e un sudore freddo che gli imperlava il volto, ma che non voleva colare giù. Guardava le vie snodarglisi rapidissimamente e confusamente davanti agli occhi e, come in un brutto sogno, cresceva in lui la percezione del pericolo e il timore di non potervisi sottrarre.
Non ora che sono felice….
Gemeva l’uomo.
Non ora che sono padre….
E innalzò al Cielo una disperata e affannosa preghiera.
L’inseguimento continuò per alcuni interminabili minuti, durante i quali André non si sentiva più le gambe e anche la percezione che aveva di sé era piuttosto confusa. Racimolò le ultime forze che aveva e le concentrò in un punto della mente e, poi, chiamò a raccolta ogni suo muscolo, per quanto stanco e dolorante fosse, affidandogli la salvezza della sua vita, finché non si trovò, con sgomento, davanti a un muro invalicabile…. Si era immesso in un vicolo cieco!
Niente altro potendo fare, l’uomo sguainò la spada e si avventò contro quello degli inseguitori che sopraggiunse per primo. I due uomini incrociarono le lame per alcuni frenetici istanti, finché André, dopo una serie di parate e di affondi, mise a segno una stoccata decisiva e colpì a morte l’avversario. Un secondo sicario, ugualmente agguerrito, gli piombò addosso mentre un terzo, spuntatogli di fianco, lo fece scivolare. L’uomo si rimise in piedi, facendo leva sul pavimento con la mano sinistra e, mentre si rialzava, levò, col braccio destro, un fulmineo montante che costrinse l’altro a indietreggiare. Il balordo parava alla meno peggio gli assalti di André che, contemporaneamente, tirava calci e gomitate al terzo uomo che tentava proditoriamente di inserirsi nel combattimento. A un certo punto, il terzo sicario tirò fuori una pistola, ma André fu rapido nell’interpretarne i gesti e, non appena l’arma fu sfoderata, un fulmineo calcio dell’aggredito la separò dalla mano del proprietario, facendola finire in un tombino. Approfittando del fattore sorpresa, André si slanciò in avanti a testa bassa, ferì con un coupé il fianco dell’avversario e, apertosi un varco, cercò la salvezza nella fuga. Il terzo malvivente, allora, raccolse un pietrone da terra e, presa bene la mira, lo scagliò, colpendo André sulla nuca. L’uomo avvertì una forte botta, una sensazione di calore e, subito dopo, un grande dolore alla base del cranio. Ebbe, comunque, la prontezza di spirito di svoltare a destra e di immettersi, quasi incespicando, in una scalinata. Con le ultime forze che gli rimanevano, iniziò a salire, ormai barcollante, le scale che, dinanzi a lui, ondeggiavano. Sentì, dietro di sé, rimbombanti e deformate, due voci che urlavano: “Eccolo! Eccolo!” e, poi, la vista si appannò e i sensi lo abbandonarono.
Due coniugi, attirati dal trambusto e affacciatisi alla finestra di casa, videro l’epilogo dell’agguato. La moglie, distinto il volto di André grazie a una lanterna, esclamò:
– Ma è lui! – e bisbigliò alcune parole all’orecchio del marito.
L’uomo scese in strada e, facendo alcuni rumori, mise in fuga i due assassini.
 
********
 
André si risvegliò alla mezza del giorno seguente, molto stanco e con la testa che gli doleva.
Accortisi che si era riavuto, i due coniugi che lo avevano soccorso e ospitato entrarono nella stanza dove l’uomo era adagiato e lo salutarono.
– Dove sono? Chi siete voi? – domandò André, incerto sulla sua condizione di libero o di prigioniero.
– Non temete, Signore, siete al sicuro qui – mormorò la donna, con un filo di voce, temendo di disturbare l’infermo – Il Medico che Vi ha visitato ha detto che la ferita non è grave. Si tratta di un graffio superficiale, ma la stanchezza e l’agitazione Vi hanno fatto ugualmente perdere i sensi. Avete perso un po’ di sangue, ma non c’è stato bisogno di mettere i punti. Il Medico Vi suggerisce di applicarci questo unguento per una settimana – e gli porse una ricetta, con fare timido.
– Vi ringrazio, Madame. Ditemi quanto avete speso e io Vi rifonderò.
– Non Vi preoccupate, si tratta di un Medico di buon cuore che visita gratuitamente la povera gente….
La donna arrossì e, con molta titubanza, si rivolse di nuovo ad André:
– Vi ricordate di me, Monsieur?
– Oh, Madame, no…. Mi dispiace…. Dovrei?
– Sono Susanne…. La taverna…. Due anni fa…. Voi mi donaste del denaro che cambiò la mia vita….
André tentò di ripescare dalla memoria il volto della donna che lo aveva accolto in casa sua e, dopo un po’ di tentativi, vi riconobbe i lineamenti della giovanissima prostituta che aveva provato ad adescarlo due anni prima, quando, affranto, mezzo cieco e congedato dall’esercito, era andato a ubriacarsi nella più infima delle taverne, a piangere sui frammenti della sua vita spezzata.
– Quel denaro e le parole che mi avete detto…. L’invito ad avere più rispetto di me e a cambiare vita mi hanno dato il coraggio di fare ciò che, da tempo, avrei voluto, ma che non mi decidevo mai a realizzare…. Sapete, non sono nata prostituta…. ovviamente…. – e accompagnò queste ultime parole a un sorriso tirato e triste – ma mio padre morì che avevo otto anni e il mio patrigno…. o meglio…. l’uomo che venne a vivere con mia madre…. be’…. beveva, mi picchiava e si approfittava di me…. Fuggii di casa a dodici anni e cercai lavoro come domestica, ma anche i miei padroni…. i tre che cambiai in sei mesi…. si approfittarono di me…. Stanca di essere violata dai mariti e bastonata dalle loro mogli gelose, decisi di darmi alla vita, così avrei fatto le stesse cose, ma, almeno, avrei guadagnato di più e sgobbato di meno che come serva….
Si coprì il volto con le mani e scoppiò a piangere mentre il marito le appoggiava delicatamente un braccio intorno alle spalle.
– Feci vita di strada per quattro anni, finché non approdai in quella taverna…. – proseguì la donna – Non cerco facili giustificazioni, ma la convinzione di non valere niente e la disperazione che nulla di buono mai succederà possono uccidere più di un mucchio di botte…. E, poi, conobbi Voi…. Nessuno mi aveva mai trattata con tanto rispetto e con tanta gentilezza…. Come se valessi qualcosa…. Come se fossi una creatura di Dio…. Nessuno fino ad allora era stato così buono con me…. La mattina dopo, lasciai la taverna, inseguita dalle imprecazioni del proprietario che mi urlava che ero soltanto una puttana ignorante e stupida e che nient’altro avrei potuto fare a parte…. Bussai alle porte di un convento…. Le suore mi accolsero, mi rifocillarono e, dopo alcuni giorni, mi procurarono un lavoro da sguattera…. Sentendomi meglio, chiesi di potere fare anch’io qualcosa per gli altri e, insieme alle suore, iniziai a fare visita ai bambini del brefotrofio, ai poveri ricoverati negli ospitali e ai carcerati…. Fu in carcere che conobbi Charles….
– Anch’io ebbi un patrigno e anch’io subii umiliazioni e percosse – si inserì il marito – Finché decisi di scappare di casa e di vivere per strada, di espedienti. Rubavo, per lo più, finché non fui preso…. In ragione della giovane età, non fui appeso a una corda né marchiato, ma, dopo la fustigazione, fui condannato a sei anni di carcere duro…. E, lì, conobbi Susanne…. un angelo biondo e bellissimo che veniva a consolarmi e a darmi conforto e speranza, dicendomi che la mia vita non era finita e che tutto poteva ancora accadere…. Tante persone portate dalla Chiesa erano venute a parlarmi e a confortarmi, ma nessuna era come lei…. lei era speciale….
– E, così, un giorno, sentii bussare alla porta di casa, andai ad aprire e me lo trovai davanti – intervenne, di nuovo, la moglie con un sorriso che, questa volta, era dolce e gioioso – con in mano un mazzolino di fiori che aveva raccolto per me strada facendo…..
– Le dissi di non temere, perché non ero evaso, ma avevo semplicemente finito di scontare la pena. Le dissi che mi era mancata moltissimo, dopo che le suore l’avevano destinata alla visita di altri istituti e che avevo capito di non potere più fare a meno di lei. Le dissi che volevo sposarla….
– Sono stata una prostituita, balbettai io….
– Sono stato un ladro, le risposi io prontamente….
– Ci abbracciammo stretti stretti e, da allora, non ci siamo più lasciati….
– Un Sacerdote ha trovato a me un lavoro come uomo di fatica mentre Susanne, ogni tanto, pulisce i pavimenti in qualche negozio o nei magazzini. Ci arrangiamo, ma siamo felici….
– E, sei mesi fa, è nato il nostro primogenito! – esclamò la moglie, correndo nella stanza accanto a tornandone, subito dopo, con un fagottino lindo e morbido da cui emergeva il visetto paffuto di un lattante – Benoît è un bambino molto amato! Non sarà mai maltrattato, non conoscerà il bastone e la verga, ma soltanto l’amore di un padre e di una madre!
– Il Vostro racconto è splendido! Sapete, anch’io sono padre da un mese! E anche per me quella sera in taverna fu decisiva. Anch’io decisi di cambiare vita e di riscuotermi proprio a partire da quella notte.
I tre si guardarono felici e sereni.
 
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Il pomeriggio stesso, André, sentendosi molto meglio, prese congedo dai suoi salvatori e fece ritorno a Palazzo Jarjayes. Non avendo trovato, nella stalla pubblica, il suo cavallo, noleggiò una vettura di piazza e, con questa, tornò a casa.
Oscar si era molto preoccupata per l’assenza del marito e, investendo letteralmente il segretario di lui di una pioggia di domande incalzanti, aveva scoperto che André si era recato a Parigi, a fare visita a Bernard Châtelet. Aveva, quindi, mandato un messaggero alla caserma della Guardia Metropolitana, dalla quale le avevano risposto che, nella notte, era stata segnalata un’aggressione ai danni di uno sconosciuto e che i soldati, giunti sul posto, avevano trovato soltanto il cadavere di un certo Paul Vermont, un balordo che viveva di espedienti e di crimini, specialmente di omicidi a pagamento. Proseguendo le indagini, avevano trovato e sequestrato, in una stalla pubblica, il cavallo di André, ma dell’uomo non vi era alcuna traccia.
Oscar si era, quindi, diretta a Parigi e, dopo avere fatto un’inutile visita a Bernard, che nulla seppe dirle sulle sorti di André, aveva iniziato a perlustrare le vie vicine al luogo dove i due uomini si erano incontrati, con una foga e una determinazione tanto grandi quanto infruttuose.
Delusa e stremata, la donna era tornata a casa, al tramonto, col cuore gonfio e il morale a pezzi e, salita al piano nobile, era andata a cercare conforto davanti alla culla di Honoré che dormiva tranquillo e inconsapevole.
Passati alcuni minuti, udì un tramestio provenire dalle stanze vicine e le esclamazioni di gioia di alcuni servitori. Precipitatasi nei suoi appartamenti, vide il marito sano e salvo, in piedi davanti a lei e gli si gettò fra le braccia.
– Ho temuto che ti avessero fatto qualcosa….
– Ho temuto che non ti avrei rivista….
– Giurami che non lo farai più! Giurami che mai più andrai incontro al pericolo senza di me!
Smisero di parlare e si persero l’una fra le braccia dell’altro.







Ebbene sì, il pargolo è nato ed è un maschietto! I primi tre nomi li ho decisi da sola mentre, per il quarto, ho seguito il parere di Lucciola67 e, per il quinto e il sesto, quello di Fenice64.
Per la serie, quando la realtà supera la fantasia, la partoriente che, anziché starsene a letto, suonava il pianoforte (non il clavicembalo) per sottolineare l’intensità delle doglie è esistita veramente. Era una donna della mia famiglia, vissuta nell’800.
Robespierre, a differenza di Danton, non è mai stato Ministro di Giustizia e nessuna elargizione di frumento, purtroppo, ci fu.
Susanne è la giovane comparsa nel corso del quarto capitolo, intitolato: “Sere nere”.
Cosa faranno, adesso, Oscar e André? Cosa farà quest’ultimo in un ruolo che, oggi, definiremmo di Sottosegretario alla Giustizia?
Posso soltanto anticiparvi che uno dei personaggi non uscirà vivo dal prossimo capitolo. Vogliamo lanciare il toto – morto? Scatenatevi nelle recensioni!
Come sempre, grazie a tutti coloro che mi seguono e buona lettura!
   
 
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