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Autore: Carmaux_95    13/05/2019    9 recensioni
[Maylor + accenni Freddie/Jim]
-Ti ricordi l'anno scorso quando abbiamo suonato per quella festa hawaiana? Abbiamo indossato degli assurdi gonnellini di paglia e dei finti orecchini!- e mentre parlava Freddie mimò una sorta di balletto ondeggiando i fianchi e le braccia. -Basterebbero due belle parrucche e un paio di quei seni finti che si gonfiano!-
Roger lo osservò senza dire una parola, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo indecifrabile, fino a quando fu John Reid, che non aveva ascoltato una parola ma aveva visto il pianista esibirsi in quella sottospecie di danza, a rompere il silenzio:
-Cos'ha il suo amico? Si sente male?-
-Lo spero.- rispose il biondo senza staccare gli occhi dal coinquilino.
-Ma Rog, sono tre settimane in Florida!-
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, Jim Hutton, John Deacon, Roger Taylor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO UNDICI

-Vi porto del caffè?-

John stava per rispondere al cameriere con un'affermazione, ma Brian lo precedette: -No, forse è meglio del tè, grazie...-

Il bassista guardò l'amico con un'espressione interrogativa e quest'ultimo si affrettò a spiegare: -Sembri molto su di giri... ma non in senso buono: non credo che ti serva del caffè... ti senti bene?-

Come sempre a Brian bastava uno sguardo per capire se qualcosa non andava. Da un certo punto di vista John si domandava come mai se ne stupisse ancora.

Scrollò le spalle: -Sono un po' agitato...-

L'amico non gli fece pressione, concedendogli tutto il tempo che voleva – di cui aveva bisogno – per sospirare e finalmente confessare cosa lo tormentava: -Oggi verrà qui il mio... datore di lavoro. Non era previsto che venisse... quindi... insomma, avrei dovuto svolgere questo lavoro da solo per tre settimane, ma forse ora...- accennò un sorriso che, però si spense subito, quando John affondò gli occhi nell'oscurità della tazza fumante che Jim gli aveva appena appoggiato davanti. -Non è che non mi trovi bene qui...- proseguì. -È solo che... questo non è il mio posto.-

Brian annuì silenziosamente ma si morse l'interno della guancia: non sapeva come aiutare il suo migliore amico...

-Però.- riprese John con un'improvvisa sfumatura vivace nella voce: -Questo potrebbe essere il mio ultimo lavoro! Potrei tornare a suonare a tempo pieno! Ho alcune idee per qualche nuova canzone!-

Brian annuì per la seconda volta e abbassò lo sguardo. Sapeva cosa stava facendo: spostava la conversazione su un argomento che coinvolgeva l'amico più da vicino per distrarsi – e distrarlo – dall'argomento che lo metteva a disagio. John, in questi casi, diventava sfuggevole, consapevole del fatto che non avrebbe saputo reggere il suo sguardo indagatore.

Non che Brian volesse risultare così inquisitore pur rimanendo in silenzio, ma era consapevole del fatto che i suoi occhi spesso sapessero essere penetranti anche senza che lui lo volesse.

L'unica cosa che voleva davvero era consolarlo... ma, riflettendo, capì che non era quello che John si aspettava da lui: non voleva la sua compassione, non voleva che lo soccorresse. Voleva solo e semplicemente la sua compagnia, sentirlo vicino.

-Alla fine ti sei deciso.- Brian sorrise, sedendosi più comodo sulla sedia.

-A fare cosa?-

-Quel passo in più con Veronica.-

-E tu come lo sai?-

-Non sono cieco.-

-Quando ci avresti visto?!- esclamò nascondendo un filo d'imbarazzo portando la tazza alle labbra e bevendo un lungo sorso.

-Non l'ho fatto: mi è bastato vedere te.- ridacchiò soddisfatto. -Certe cose te le si leggono in faccia.-

-Senti chi parla! Io almeno non te lo rinfaccio.-

Preso alla sprovvista, Brian tornò serio: -Cosa vuoi dire?-

-Oh, nulla... sono sicuro che ieri non hai passato il pomeriggio con un certo dentista biondo.-

-Come...-

John alzò le sopracciglia compiaciuto e alla fine anche Brian si ritrovò a sorridere, complimentandosi mentalmente con l'amico per come fosse riuscito a ribaltare la conversazione in meno di un secondo. Il bassista, infatti, rincarò la dose con un sorriso: -Allora?-


 


 

-Che cazzo ti aspettavi, scusa?! Dovevano scrivertelo sul foglietto illustrativo? “Istruzioni per idioti o per Roger: non mescolare alcool e farmaci che provocano sonnolenza! Attenzione! Tenere fuori dalla portata dei rincoglioniti”!-

Roger fece una smorfia, infastidito dalla voce di Freddie, troppo alta per i suoi gusti. Da un certo punto di vista doveva ringraziarlo: non gli aveva urlato addosso nel momento in cui era entrato in camera passando dalla finestra perché erano troppo in ritardo per l'ultimo spettacolo della serata... e una discussione in quel momento avrebbe solo peggiorato la situazione, con il rischio di farli scoprire nel caso John fosse venuto a controllare che Clare stesse abbastanza bene per suonare.

-Muoviti, imbecille!- aveva ringhiato, infilandogli un lembo della camicia nella gonna.

-Ho fatto più in fretta che ho potuto! Ho quasi investito John con la bicicletta per fare il più in fretta possibile!-

-Dove hai trovato una bicicletta!-

-L'ho rubata al molo: non era custodita...-

-Sì ma perché?-

-Perché dovevo arrivare a questo cazzo di albergo prima di Brian!-

-Va bene, idiota! Ne discutiamo dopo!-

E nel momento in cui Freddie richiuse la porta della camera dietro le proprie spalle, verso mezzanotte, decise che era arrivato il momento giusto per una sfuriata in piena regola e, in pochi secondi aveva riversato su Roger tutte le domande e gli insulti sui quali aveva avuto il tempo di meditare durante il pomeriggio.

-Ho bevuto solo mezzo bicchiere di vino...- sussurrò il più piccolo togliendosi la parrucca.

-Non avresti proprio dovuto bere! A che pensavi?! Queste te le requisisco, comunque!- concluse Freddie frugando nella giacca dell'amico e tirandone fuori le medicine.

Quando Roger uscì dal bagno con addosso solo i pantaloni del pigiama e in mano parrucca e i vestiti, si ritrovò davanti l'amico, lapidario mentre lo guardava severo con le braccia incrociate sul petto.

-Non ti aspettare un racconto dettagliato come il tuo.- dichiarò buttando i vestiti su una sedia. Stava per parlare di nuovo, per esternare – finalmente – le preoccupazioni che lo avevano attanagliato tutta la sera. Ma venne preceduto:

-Sei ingiusto!-

-Non te l'ho chiesto io di raccontarmi di Jim!-

-Te l'ho raccontato perché sei il mio migliore amico!-

-Fred, non farmela pesare! Sono stanco morto e vorrei solo andare a dormire...-

-Non hai già dormito abbastanza questo pomeriggio?-

Roger abbassò lo sguardo e, per sbaglio, gli sfuggì un sorriso ripensando al fatto che Brian al posto di svegliarlo lo avesse continuato ad accarezzare come aveva cominciato a fare quando era ancora sveglio.

-Oh mio dio!- sussurrò Freddie. -Stai sorridendo! Che ti ha fatto quest'uomo? Se prima mi sarebbe bastato un racconto approssimativo adesso voglio un dettagliato resoconto! Dettagliato! Mi sono spiegato?-

-Fred! Abbiamo cose più importanti a cui pensare!- e prima che l'amico potesse ribattere tirò fuori dalla giacca che aveva indossato durante il pomeriggio il foglio che aveva strappato dal giornale di Brian e, aprendolo, glielo porse. -Lo riconosci?- domandò alludendo alla foto che occupava gran parte della pagina.

L'espressione di Freddie era inevitabilmente tornata seria, ogni sprazzo di divertimento morto nell'istante in cui aveva preso in mano quel foglio di carta: -Se lo riconosco? Questo stronzo ci ha quasi arrestato tre volte. Senza contare l'ultima retata dopo la quale siamo scappati qui...-

-Hai letto almeno le prime righe? Viene qui. A Miami. Domani. Non so per quale cazzo di motivo, ma viene qui.-

-Non può sapere che siamo qui.-

-Non lo so...- sussurrò Roger, finendo di indossare il pigiama e, rifugiandosi sotto le coperte, lanciò uno sguardo preoccupato a Freddie, che stava ancora finendo di leggere l'articolo.

-Forse non sta cercando noi. Avrebbero diramato un mandato di cattura immagino... non facciamoci prendere dal panico.- disse quest'ultimo cercando di essere convincente e, da un certo punto di vista, la sua voce rincuorò Roger che sistemò meglio il cuscino sotto la propria testa.

-Quattro volte?- domandò dopo qualche istante di silenzio. -Ci ha quasi arrestato quattro volte? Contando quel locale dietro l'impresa di pompe funebri?-

-Beh, si... e quella volta al Rainbow ci sarebbe anche riuscito per davvero! Ti ricordi? È stato un miracolo...-

Roger se lo ricordava bene: non aveva chiuso occhio pensandoci... le immagini erano ancora così vivide nella sua mente. Non era successo niente di diverso da solito, in realtà: quando la polizia era improvvisamente entrata nel locale suscitando grida di sorpresa e di paura, lui e Freddie avevano recuperato i loro strumenti ed erano scappati passando dall'uscita secondaria.
Era pieno inverno e la pioggia che era caduta durante la serata aveva lasciato sul marciapiede uno strato umido che si era rapidamente trasformato in ghiaccio: i due musicisti erano scivolati un paio di volte, aggrappandosi l'uno all'altro per non cadere. Era stata l'ennesima perdita di equilibrio a salvarli: Freddie si era fermato per sorreggere il più piccolo prima che rovinasse in terra mentre stava per voltare l'angolo, dietro al quale sarebbero andati a sbattere contro uno degli uomini che controllava la strada proprio nel caso in cui qualcuno tentasse una rocambolesca fuga. Era alto e, fortunatamente, in quel momento dava loro la schiena: così come erano arrivati fino a lì si erano girati e si erano allontanati nella direzione opposta il più velocemente possibile, compatibilmente con la difficoltà del rimanere in equilibrio sul ghiaccio. Avevano appena girato l'angolo opposto quando, sporgendosi appena per controllare, videro quell'uomo imboccare la strada a grandi falcate. A quella vista avevano deciso di tagliare definitivamente la corda.

Non era la situazione peggiore nella quale si erano trovati – ormai niente avrebbe scalzato il massacro in quel garage dal podio – ma pochi momenti lo avevano fatto preoccupare come quello.

Era tutto il giorno che ci pensava. E anche Freddie: glielo leggeva negli occhi. L'idea che il poliziotto contro il quale erano quasi andati a sbattere, che quasi li aveva arrestati in quella gelida notte invernale, li avesse raggiunti anche lì, nella afosa Miami li tormentava, nonostante stessero cercando di mantenere la calma: perché, riflettendo a mente fredda, che tracce avevano lasciato che avrebbero potuto condurlo a loro? Per quanto avessero cercato di convincersi del fatto che doveva trattarsi di un caso, che quell'uomo non era venuto fino in Florida per arrestarli, non erano riusciti a trascorrere la giornata serenamente come nei giorni precedenti.

Avevano persino perso l'appetito: avevano mangiato qualcosa a colazione, ma a pranzo e a cena avevano praticamente digiunato. E questo aveva comportato, involontariamente, una situazione che non aveva fatto altro che peggiorare l'umore di Roger: vedendolo così abbattuto e inappetente, Dave Mallet si era avvicinato e aveva dato voce alla sua preoccupazione nei confronti di Clare.

Vedendolo avvicinarsi al tavolo, Fred aveva velocemente allungato una mano per spostare le lunghe e finte ciocche bionde della parrucca di Roger perché andassero a coprire un livido sul collo, altrimenti, abbastanza evidente. Roger lo scansò con una manata ma quando Freddie, senza aprire bocca, gli fece capire il motivo del suo gesto, corrugò la fronte e sgranò gli occhi subito dopo: con tutto quello che aveva per la testa non si era nemmeno reso conto che in quel momento stava andando in giro senza preoccuparsi di nascondere i segni lasciatigli sul collo delle labbra e dei denti di Brian.


 


 

Sbarazzarsi di Mallet fortunatamente era stato più semplice del previsto, soprattutto per via del fatto che di lì a qualche minuto sarebbero dovute andare a esibirsi per il primo spettacolo serale. Freddie si era, tuttavia, stupito della tranquillità con cui Roger aveva risposto alle domande di Dave: o nelle ultime ventiquattro ore aveva imparato a nascondere le proprie emozioni o era talmente sconvolto dalla piega che stavano prendendo gli eventi che non aveva avuto nemmeno la forza di arrabbiarsi.

Persino durante l'esibizione Roger gli era sembrato privo di quell'entusiasmo che solitamente lo caratterizzava. Fred non poteva biasimarlo: quegli ultimi giorni erano stati un continuo otto volante di emozioni. In particolar modo per il più piccolo che era stato investito anche da quell'inaspettata infatuazione nei confronti di Brian, trascinandolo in una situazione nuova per lui.

Aveva alzato la testa dai tasti del pianoforte per guardarsi intorno: dopo aver controllato il biondo dietro la batteria, che aveva ricambiato con un mezzo sorriso, aveva osservato la sala gremita di gente.

Fino a quando non lo aveva visto.

Per la sorpresa aveva persino sbagliato una nota.

Aveva abbassato di nuovo la testa, fingendo che non fosse successo nulla, ma avrebbe giurato di sentire addosso gli occhi di Roger, che sicuramente si era accorto dell'errore. Questa volta non aveva ricambiato il suo sguardo, rimanendo invece fisso sulla tastiera, contando ogni secondo fino alla fine dell'esibizione.

Seduto al bancone del ristorante si morse il labbro inferiore, riflettendo: forse non avrebbe dovuto dirlo a Roger...

Al termine dello spettacolo, il biondino lo aveva raggiunto, appoggiandogli una mano sulla spalla:

-Cos'è successo? Non avevi mai sbagliato prima.-

Fred era rimasto silenzioso per un momento, ma alla fine si era deciso: -Guarda dietro di me... a sinistra.-

Roger aveva corrugato la fronte, correndo con lo sguardo nel pubblico alle spalle dell'amico: -Cosa dovrei vedere?-

-Ho detto a sinistra, Rog!-

-Sto guardando a sinistra, idiota!-

-Alla mia sinistra!-

-E allora specificalo subito!-

Ma quando finalmente i suoi occhi avevano individuato la sagoma del poliziotto dal quale si stavano nascondendo, aveva spalancato la bocca e a Freddie era quasi sembrato di vedere l'ossigeno venire strappato dai suoi polmoni. Lo aveva fermato prima ancora che riuscisse a mettere insieme due parole: -No! Non dare di matto!- l'ultima cosa di cui avevano bisogno era di dare nell'occhio.

-E che cazzo dovrei fare?!- lo aveva guardato solo per un secondo, per poi tornare a concentrarsi sul poliziotto. Aveva corrugato nuovamente la fronte per poi alzare le sopracciglia. Freddie aveva seguito il suo sguardo sorpreso e sotto i suoi occhi si era svolta una scena che davvero non avrebbe mai immaginato di vedere: il poliziotto si era alzato dal suo posto e si era avvicinato a qualcuno che Fred e Roger conoscevano bene. Titubante, o forse intimidito, John gli aveva stretto la mano consegnandogli, subito dopo, un pesante fascicolo. In quel momento Fred non aveva potuto impedire alla propria mente di pensare che dentro quella cartellina ci fossero fotografie e documenti che avrebbero potuto incriminarli.

Ma per quale motivo un semplice amministratore di un'orchestra femminile avrebbe dovuto consegnare un fascicolo ad un poliziotto?

Sempre che John fosse davvero un amministratore...

Quel dubbio aveva cominciato a farsi strada nel suo cervello: le coincidenze erano troppe... il poliziotto al quale erano sfuggiti a Chicago che improvvisamente era a Miami... e per di più che a quanto pare era amico dell'uomo nella cui orchestra si erano nascosti. Non poteva essere un caso...

Il batterista aveva dato voce ai suoi pensieri: -È un cazzo di sbirro! Non ci credo... porca puttana, mi stava anche simpatico!-

E con quelle parole si era alzato per andare a nascondersi in camera. Era la cosa migliore da fare fino a quando non avessero capito cosa stesse succedendo per davvero...

A dire il vero non pensava di aver fatto male ad avvertire Roger della situazione: era giusto che lo sapesse. Semplicemente gli dispiaceva vederlo preoccupato e spaventato. Gli aveva fatto cenno di andare avanti e che lo avrebbe raggiunto in qualche minuto.

Cambiando strada, svicolando rapidamente perché John né il suo amico poliziotto lo vedessero, si era voltato verso le cucine.

Un paio di cuochi lo osservarono con sguardi fugaci e incuriositi quando entrò; uno dei camerieri si affrettò a rimproverarlo:

-Mi scusi, signorina: non può stare qui.-

-Sto cercando Jim...-

Sorpassò il cameriere, che gli camminò dietro continuando a ripetere che quella rimaneva comunque una zona riservata al personale, e si guardò intorno fino a quando non fu Jim a trovarlo e, venendogli incontro, a fare cenno al collega di non preoccuparsi.

Prima che Freddie potesse parlare, Jim lo prese per mano e lo trascinò con sé verso la dispensa e solo quando richiuse la porta e furono finalmente lontano da orecchie e occhi indiscreti gli rivolse la parola. Con un dito sistemò una ciocca della parrucca che, nella fretta, era sfuggita dall'acconciatura ed era scivolata davanti agli occhi scuri di Fred. Gli sorrise: -Cosa succede?-

Fred si tormentò di nuovo le labbra: -Posso chiederti un favore?-

-Dipende.-

-Da cosa?-

Sul suo volto si disegnò un ghigno che Fred aveva già visto, un paio di sere prima.


 


 

Per tornare all'albergo dal teatro avevano fatto una strada diversa, più lunga rispetto all'andata. Jim aveva osservato Freddie non riuscire a contenere la contentezza per quella serata appena trascorsa e aveva continuato a sorridere, annuendo con uno sguardo tutte le volte che il pianista si girava verso di lui cercando sostegno. Avevano camminato per quasi venti minuti e il giovane musicista non aveva taciuto nemmeno per un secondo. Ma a Jim non dispiaceva, al contrario: apprezzava la passione che le sue parole trasudavano.

Freddie camminava più velocemente rispetto a lui, continuando a fare avanti e indietro e a girare su sé stesso mentre parlava e parlava di ogni secondo di quella serata, di ogni singolo dettaglio che gli era rimasto impresso.

Jim si fermò, inclinando appena la testa mentre Freddie si allontanava per poi tornare sui suoi passi per l'ennesima volta. Ad essere onesti non aveva ascoltato una parola di quell'ultima parte del discorso, distratto dal suo sorriso, ma capì comunque il senso della semplice domanda quasi puerile: a te cos'è piaciuto?

Alzò un angolo della bocca, in un ghigno malizioso, e gli sfiorò una guancia con la mano, facendola scivolare sulla nuca per tirare il giovane verso di sé e lasciargli un lungo bacio sulle labbra.

Si sollevò, senza dire una parola, e riprese a camminare.

Ma questa volta fu Fred a rallentarlo: si spostò tornandogli di fronte, sbarrandogli la strada.

-Io credo che tu debba ancora farti perdonare.-

-Perdonare?-

Il pianista annuì: -Sei stato un po' infame a teatro...-

-Infame? Io? Come ti permetti...- sussurrò continuando a sogghignare e allontanandosi di un altro passo, sapendo che Freddie gli si sarebbe avvicinato di nuovo.

-Non ti sei ancora scusato.- disse, infatti, fronteggiandolo nuovamente.

Jim sorrise e lo baciò di nuovo, accarezzandogli i capelli e prendendogli il viso con entrambe le mani.

-Perdonato?- gli bisbigliò sulle labbra.

-Non ne sono ancora sicuro...-


 


 

Fred spinse indietro Jim con riluttanza: gli si era avvicinato e, prima di baciarlo, gli aveva passato sulle labbra il fazzoletto che teneva sempre piegato sull'avambraccio, pulendole del rossetto che completava il suo travestimento.

-Jim è una cosa importante.-

-Anche tu.- addolcì lo sguardo, accarezzandogli il collo, immergendosi nel luccichio che brillò nei suoi occhi. -Mi piace il tuo sorriso.-

-Non sfottermi...- biascicò, improvvisamente imbarazzato. Sapeva di avere dei denti particolarmente sporgenti e ogni tanto quel dettaglio lo metteva un po' a disagio. Una volta aveva addirittura pensato di affidarsi ad un dentista che glieli sistemasse: quando era arrivato persino a chiedere a Roger un consiglio a riguardo, il più giovane gli aveva risposto insultandolo e convincendolo dell'idiozia di quell'idea. Con il tempo aveva imparato a non pensarci: l'unico caso in cui tentava di nasconderli, ormai, era quando scoppiava fragorosamente a ridere.

-Non lo faccio.- lo assicurò spostando la carezza dal collo alle guance. -Come ti posso aiutare?-

-Oggi è arrivato un uomo, qui in albergo. Alto, capelli corti... baffi.-

-E...?-

-Ho bisogno di sapere in che camera alloggia.-

-Fred, io lavoro qui come cameriere.-

-Ne ho davvero bisogno...-

Jim sospirò e si umettò le labbra: -Posso provarci... ma è possibile che dovrò provare a sedurre qualcuno per ottenere queste informazioni. Non sarai geloso?-

Freddie ridusse gli occhi ad una fessura, ma sorrise provocante: -Nessuno mi potrà mai tenere testa, caro.-


 


 

Non gli piaceva. Non gli piaceva per niente.

Calarsi giù dal balcone di un paio di piani era stato facile – per quanto doverlo fare con la gonna non era certo stato confortevole – ma non gli piaceva sentirsi al sicuro mentre Freddie era in pericolo.

Beh, “al sicuro”... era una definizione che, in realtà, si allontanava parecchio dalla situazione nella quale si trovava, ma paragonandosi a Freddie sicuramente era molto meno esposto.

Il cantante era stato irremovibile nella sua decisione e una volta saputo da Jim il numero della stanza occupata dal poliziotto, aveva operato una suddivisione del lavoro che Roger non aveva per nulla apprezzato: il batterista sarebbe entrato in quella camera, passando dal balcone, e avrebbe cercato quel fascicolo che gli era stato consegnato da John – non avevano intenzione di rubarlo, ma semplicemente di consultarlo rapidamente per accertarsi che non contenesse informazioni compromettenti su di loro – mentre Fred avrebbe tenuto d'occhio il poliziotto in questione e, nel caso avesse deciso di tornare in camera prima del tempo, lo avrebbe avvicinato e trattenuto.

Non gli piaceva che Fred si esponesse in questo modo... ma sapeva anche che quello era lo stesso pensiero del suo migliore amico motivo per cui, facendo valere il fatto di essere il maggiore fra i due, lo aveva obbligato a calarsi dalla finestra.

Roger lanciò un ennesimo sguardo verso la porta: temeva che potesse aprirsi da un momento all'altro, cogliendolo mentre apriva e frugava nei cassetti. Con uno sbuffo si spostò una ciocca bionda dal viso. Era scomodo, ma considerando che dopo avrebbero dovuto esibirsi un'altra volta – sempre che la polizia non venisse ad arrestarli prima – aveva ritenuto fosse meglio rimanere in costume.

Aprì entrambi i cassetti del comodino, quelli della scrivania e persino quelli del mobiletto del bagno, senza trovare niente. Spazientito era arrivato persino a chinarsi in terra per controllare sotto il letto e ad aprire l'armadio per controllare dentro le valigie. Quando ormai stava per abbandonare le speranze fece un ultimo tentativo sollevando il materasso.
Trovò più di quanto si sarebbe aspettato.
Riconobbe immediatamente la cartellina di John ma non riuscì a frenare la curiosità e, dopo aver recuperato quella, prese anche quella che trovò di fianco, verde e più spessa.

Aprì la prima trattenendo il respiro, ma dopo qualche istante corrugò la fronte. Sfogliò le numerose pagine che componevano il fascicolo, leggiucchiando qualche parola ogni tanto. C'erano anche delle foto, ma... erano fotografie dell'albergo. In nessuna comparivano né Roger né Freddie... a dire il vero non c'era anima viva in nessuna foto. Era solo l'albergo: l'ingresso, la sala dove si esibivano ogni giorno, alcuni corridoi... foto impersonali, asettiche.
Lesse con più attenzione le prime pagine, fitte della grafia di John, e annuì silenziosamente.

Chiuse la cartellina e la rimise al suo posto, tirando un sospiro di sollievo e senza quasi riuscire a trattenere una risata di sfogo: forse era davvero un caso... forse erano ancora al sicuro.

Gli occhi indugiarono sulla seconda cartellina.

Dopo un ultimo e inutile sguardo alla porta, aprì il fascicolo.

Come nel precedente, trovò una serie di fogli, questa volta scritti a macchina, seguiti da altre fotografie, il cui soggetto era ben diverso, e sotto tutto questo trovò persino una busta al cui interno c'era un registratore con tre o quattro cassette.

Ripeté gli stessi gesti: lesse qualche riga, giusto per capire di cosa si trattasse, ma arrivato alla fine della prima pagina, passò immediatamente a quella successiva e a quella dopo ancora, senza riuscire più a fermarsi. Gli occhi sempre più sgranati mentre gli occhi sfrecciavano da una riga all'altra, afferrò il lotto di fotografie, cominciando a sfogliare anche quelle.

Lo sguardo sorpreso mutò lentamente. Serrò le labbra con forza, scuotendo la testa. Le parole sfuggirono dalle sue labbra con un sibilo avvelenato:

-Figlio di puttana...-


 

 


 


 

Angolino autrice:

Buongiorno a tutti! ^^

Chiedo scusa: questo capitolo si è fatto attendere a lungo! L'avevo scritto, ma poi, non convinta, l'ho cancellato e riscritto da capo... e onestamente non ne sono ancora completamente soddisfatta...
Perché in questo capitolo succedono tante cose e ho come l'impressione di essere stata frettolosa... allo stesso tempo, però, non potevo dividerlo in due perché sarebbe stato scomodo per i prossimi capitoli (che anche loro mi stanno dando non pochi problemi).
Nel complesso, però, spero che vi sia piaciuto... almeno sul fronte Freddie/Jim XD

Mi sto allontanando un filo dalla trama del film in quanto abbiamo un personaggio in più (John), rispetto al trio originale di Joe-Jerry-Zucchero, al quale mi pareva giusto dare una sua importanza senza lasciarlo come macchietta sullo sfondo.
Ma ovviamente il filone principale della storia è sempre quello del film: e infatti è comparso anche un poliziotto (al momento non ricordo assolutamente come si chiamasse quello del film... '''^^), la cui identità non è ancora stata rivelata. Ma forse qualcuno con l'occhio di falco potrebbe aver colto un dettaglio a riguardo...

Che altro aggiungere?
Vi prego non insultatemi XD

Nel prossimo capitolo si chiariranno tante cose!

Vi mando un abbraccio e un bacione! <3
Alla prossima! ^^

Carmaux

 

P.S. Per quanto riguarda i denti sporgenti di Fred, avevo letto – millenni fa, quindi non ricordo né dove né si basasse su fatti veri o meno – che quest'ultimo avesse per davvero chiesto a Roger (in quanto ancora studente di odontoiatria) un consiglio e che fosse stato proprio lui a convincerlo a lasciar perdere l'idea.

  
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