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Autore: V4l3    16/05/2019    1 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Volevo ancora una volta ringraziare chi sta leggendo, in particolare Gaudia per la recensione che mi ha lasciato.
 
8.
 
Il giorno seguente, Liz venne accompagnata da Mike per le 9.00 e aiutò Alex a lavarsi, a sistemarsi e inoltre riordinò i vestiti che Jason aveva praticamente lanciato da tutte le parti quando l’aveva aiutata a scaldarsi; tornarono spesso a parlare dell’accaduto e Alex non smetteva di pensare a quanto era stata stupida a farsi trovare in quelle condizioni: a terra, coperta solo da un asciugamano e con lacrime che uscivano a fontana, non tanto per il dolore della caduta, quanto piuttosto perché nell’attimo in cui aveva realizzato di aver perso l’equilibrio, avrebbe subito l’ira di Jason; Liz le aveva ribadito più volte di non darsi tanta pena per quello che diceva lui visto il suo modo da Neandertaliano che aveva con tutti e grazie a lei Alex si ritrovò a ridere e scherzare come non le accadeva da tempo. Rimasero insieme finchè Jason non fece ritorno assieme a Mike che l’aveva accompagnato a comprare del materiale appena fuori città –Bene, allora ci vediamo domani- le disse Liz alzandosi dal letto quando sentì quei due parlottare in cucina, Alex le sorrise grata guardando l’orario–Vado a ricordargli che hai il controllo, quei due riuscirebbero a scordarsi anche i loro nomi!- aggiunse la moretta sarcastica facendo ridere Alex –Tu meriti una punizione- disse Mike seguito da Jason appena saliti, Liz incrociò le braccia al petto –Non penso proprio- ribattè e il fratello imitò la sua posizione  –Pensi che non mi ricorda che la sera dell’incidente di Alex, tu non hai fatto praticamente nulla al pub?- le chiese ironico facendole sgranare gli occhi –Vedi? Ancora non sono così rimbambito!-  ghignò e Liz sbuffò salutando Alex e uscendo dalla stanza, anche Mike la salutò con un occhiolino e seguì la sorella che borbottava giù per le scale; solo quando sentì che i due se ne erano andati, Alex girò lo sguardo verso Jason rimasto in piedi davanti alla porta –Dovremmo andare all’ospedale- disse vedendolo annuire, così si mise con le gambe a ciondoloni sul letto, voleva almeno alzarsi, ma lui fu più rapido prendendola in braccio
 –Vediamo di non fare altri danni- la rimproverò con un’occhiataccia mentre lei si ritrovò così vicino al viso dell’uomo che arrossì all’istante. Lentamente uscirono dalla camera, lui fece attenzione ad ogni movimento e Alex quasi non respirava per l’imbarazzo che provava: il giorno prima era stato già abbastanza quando l’aveva sollevata da terra o quando le aveva asciugato i capelli; ora invece sentiva il suo corpo aderire a quello dell’uomo, il suo petto e le sue braccia che la sorreggevano sotto le gambe e dietro la schiena, le facevano uno strano effetto, poteva percepire la tensione di ogni muscolo di Jason mentre scendeva le scale; era strano per lei avere un uomo accanto, sentire il calore che emanava, il profumo che aveva, non avendo mai avuto un ragazzo la cosa era per lei destabilizzante, anche se non poteva non percepire anche un qualcosa sottopelle che non riuscì a decifrare. Deglutì e ricominciò a respirare solo quando lui la fece sedere sul pick-up –Tutto bene?- le chiese e lei riuscì solo ad accennare un sorriso tirato che evidentemente bastò perché richiuse lo sportello e si accomodò al posto di guida. Ci vollero appena dieci minuti per giungere in ospedale, non parlarono e Alex cercò di calmarsi, sentiva una certa ansia nel dover rimettere i piedi in un posto come quello: odiava gli ospedali, le ricordavano ogni giorno passato lì, la malattia della madre che la logorava giorno dopo giorno e il dolore che si era instillato in lei nel percorrere quei corridoi, nel vedere persone con il camice, nel non poter fare nulla. Una volta arrivati Jason la fece sedere su una sedia a rotelle per poterla trasportare fin dentro alla sala d’aspetto dove un’infermiera sui trent’anni capelli castani raccolti in uno chignon e bellissimi occhi celesti gli sorrise salutandoli –Buona sera- disse  –Salve- rispose Alex a mezza bocca mentre la donna si rivolse verso l’uomo –Ehi Jason, come mai da queste parti?- gli chiese sorridendo maliziosa–A dire il vero ho accompagnato lei per una visita di controllo- specificò l’uomo indicando Alex –Oh ma certo!Dimmi il tuo nome- e si rivolse verso Alex che però continuava a guardare a terra il pavimento verdino cercando di scacciare via ogni possibile ricordo delle sue esperienze passate  –Savelli- rispose Jason al suo posto lanciandole una lunga occhiata, l’infermiera fece scorrere una penna su un elenco –Si eccoti, il Dottor Ross finirà tra qualche minuto, vi chiamerà lui- disse guardando Alex, per poi rivolgere il suo sguardo verso Jason –Accomodateti- aggiunse indicando la stanza lì accanto e dileguandosi lungo il corridoio. Dovettero aspettare circa una quindicina di minuti, Jason aveva notato il cambio di umore della ragazza, ma non le aveva fatto domande, si era limitato a rimanere in piedi accanto a lei prima di poter entrare nello studio del Dottor Ross che li salutò cordiale –Ciao Alex, allora come ti senti?- chiese l’uomo sistemandosi gli occhiali che stava pulendo, Alex gli sorrise, mentre Jason si limitò a sedersi su una delle sedie, dopo aver stretto la mano al medico –Benino, mi fa ancora piuttosto male e ieri sono caduta- confessò in imbarazzo, il medico diventò subito serio inforcando gli occhiali –Davvero?Accidenti, speriamo che non hai compromesso niente, senti più dolore?-chiese mentre appuntava qualcosa –No mi sembra sempre uguale- rispose lei toccandosi la gamba –Bene, allora leviamoci il tutore e vediamo come sta il ginocchio- e Alex si ritrovò a doversi sedere sul lettino con l’aiuto del medico che le sfilò il tutore –Dobbiamo levare anche il pantalone- aggiunse il medico, ma Alex si bloccò e guardò in direzione di Jason che sbuffò alzando gli occhi al cielo –Escluso che me ne vada!Voglio sentire- disse burbero  e Alex avvertì un forte imbarazzo, immaginare che lui potesse vederla ora era un pensiero che le impediva di spogliarsi –Facciamo così- intervenne il medico bonariamente, spostando il separé bianco davanti a Jason –Così posso visitarti, ma anche lui potrà sentire- spiegò e poco dopo Alex si ritrovò in intimo sotto l’occhio attento del dottore per diversi minuti
 –Allora- le disse poi facendola rivestire e accomodare sulla sedia a rotelle –La caduta che hai avuto non ha riportato problemi seri, solo un bel livido sul fianco che possiamo curare con una crema, ma sinceramente preferirei una risonanza alla gamba, per esserne certo- aggiunse segnando il tutto sulla cartella per poi prendere il telefono e comporre un numero –Susy vieni per favore, ho bisogno di una risonanza- e riattaccando guardò verso Alex che si era avvicinata a Jason –Vediamo come va, ci vorrà qualche minuto, se è tutto apposto potrai andare a casa, continuare con l’antidolorifico e antinfiammatorio e ci rivediamo fra cinque giorni- disse sorridendo toccandosi i baffetti
–Ma quando si riprenderà completamente?- chiese Jason tenendo lo sguardo fisso in quello del medico, mentre Alex sentì un nodo salirle alla gola a quella domanda, Jason dava davvero l’impressione di volerla fuori da casa sua al più presto.
 –Beh, dipende un po’ da paziente a paziente e dall’entità della distorsione, vediamo come procede con il prossimo controllo- rispose il dottore alzandosi mentre entrò in stanza l’infermiera che si rivelò essere la donna di prima –Bene Alex, ti porto in sala risonanza-disse sorridendole –Ci vediamo tra poco- e lo disse a Jason che si spostò di nuovo in sala d’attesa.
Uscirono da quell’ospedale solo dopo le 18:30 e Alex era davvero giù di morale dato che non erano riusciti ad ottenere delle stampelle –Purtroppo Signorina Savelli, l’ospedale non procura questo genere di necessità, dovrà preoccuparsene lei personalmente, magari mantenendo la fattura dopo l’acquisto potrà detrarle dalle tasse, le vendono nella farmacia, potrà prenderle domani- le aveva detto la segretaria all’uscita. Quell’accaduto seppur stupido, l’aveva riportata in quei giorni dove sedeva accanto alla madre per ore mentre lei faceva la chemioterapia, in quella saletta squallida, con altre persone che avevano lo stesso destino di sua madre;
 
-Signora Savelli, se non abbiamo l’assicurazione, non potremmo continuare con la chemioterapia e nel suo stato è evidente l’importanza che ha- l’uomo con il camice si era avvicinato ed Alex aveva smesso di leggere il libro alla madre, la quale aveva sospirato stanca; gli occhi della donna erano scivolati su di lei e le aveva rivolto un sorriso stanco –Dottore potremmo parlarne quando abbiamo finito? Ho bisogno di contattare il mio avvocato che segue anche tutta la mia pratica medica- aveva poi risposto, l’uomo aveva accennato un sorriso di circostanza –Ma certamente, la volevo solamente avvertire, potrà venire nel mio studio anche dopo- detto questo aveva controllato l’ago e la farfallina puntata sul braccio di Emma per poi dileguarsi
-Mamma vuol dire che non puoi continuare con la chemioterapia?- aveva chiesto Alex apprensiva e la madre le aveva fatto una carezza alla guancia guardandola con quell’amore che traspariva anche in quel volto scarno e debilitato –Non ti preoccupare Alex sono le solite cose burocratiche. Avanti sono curiosa di sapere come continua la storia- e Alex aveva ripreso a leggere. Solo grazie all’intervento dell’Associazione e dell’avvocato Emma riuscì a continuare ancora la cura e poco dopo il ricovero
 
Era così persa in quel ricordo che si sorprese nel costatare che Jason si fosse fermato davanti un minimarket –Ci vorranno pochi minuti, aspetta qui- le disse per poi uscire e avviarsi da solo all’interno del negozio e lei si ritrovò ad osservarlo mentre si muoveva dietro le vetrine, alla ricerca di ciò che aveva deciso di comprare; si ritrovò a pensare che la madre dovesse tenerci molto per aver deciso di mandarla da lui, si chiedeva davvero che tipo di rapporto avessero avuto, in fondo non le era mai stato detto niente se non pochissimi racconti, ma una frase le ripeteva sempre “Alex, io ho avuto la fortuna di conoscere una persona davvero speciale, quando troverai una persona così, non lasciartela scappare” Alex spesso si chiedeva cosa intendesse la madre, se fosse innamorata di Jason da ragazza e del perché avesse deciso lo stesso di allontanarsi da lui. I suoi pensieri vennero interrotti dal ritorno di Jason –Che hai comprato?- gli chiese Alex avendo intravisto poco e niente della spesa portata da Jason riposta ora sul sedile posteriore, lui sbuffò un po’ stranito –Niente di speciale, non è molto fornito il Signor McFirth- rispose per poi svoltare sulla strada di casa –Ti va se preparo io stasera?- gli chiese Alex nel momento in cui il pick-up si fermò nel vialetto laterale di casa, Jason spense il motore e si girò a guardarla –Sai farlo?- le chiese scettico e Alex aprì la bocca sorpresa per la poca fiducia che le stava mostrando –Certo!- ribattè stranita –Inoltre ti ricordo che sono italiana, è difficile che non sappiamo cucinare qualcosa!- aggiunse offesa, lui alzò un sopracciglio rimanendo comunque serio –E come pensi di fare se non riesci a stare in piedi?- le chiese lui sarcastico, Alex si sentì subito una sciocca per non averci pensato subito –Ah, già- si ritrovò a dire abbassando lo sguardo al tutore; Jason aprì lo sportello e scese per poi recuperare la spesa dietro –Aspetta un attimo ora ritorno- le disse avviandosi verso la cucina dove entrò accendendo la luce. Alex nel frattempo aveva aperto lo sportello ed era lentamente scesa dall’auto poggiandosi sulla gamba buona, si sentiva davvero in difetto, in fondo Jason la stava aiutando, pur non volendo e lei non riusciva neanche a ripagarlo con una cena. Quando si voltò per richiudere lo sportello, il piede scivolò sul terreno fangoso, creatosi dopo la pioggia del giorno prima e non riuscì a tenersi andando a sbattere contro qualcosa che attutì miracolosamente la caduta – “Aspetta qui”è un concetto troppo complicato per te?- la voce che le arrivò alle spalle le fece aprire gli occhi chiusi, alzò il viso per incontrare lo sguardo severo di Jason dietro di lei, aveva fatto appena in tempo a tenerla al volo
–Scusa- disse semplicemente, mentre lui la prese in braccio con un gesto fluido fissando i suoi occhi nei suoi –Smettila di chiedere scusa e fai ciò che ti dico- le disse duro, dirigendosi verso casa. Una volta dentro la cucina, la fece sedere sulla sedia e richiuse la porta levandosi la giacca pesante che posò su una sedia
–Vado ad attizzare il fuoco, vedi di non combinare danni- ed uscì senza guardarla, Alex si sentì profondamente ferita dal modo di comportarsi dell’uomo, lei voleva solo cercare di fare il minimo che le fosse consentito in quella condizione, ma anche quel minimo sembrava non riuscirle bene, facendo ogni volta innervosire Jason. Si accorse di sentire gli occhi umidi e velocemente ricacciò indietro le lacrime quando  Jason rientrò con il viso leggermente arrossato per essere stato esposto al fuoco; lo vide avvicinarsi alla busta della spesa da dove tirò fuori dell’insalata, del latte, del pane, delle uova, una confezione di fettine e dei biscotti –Va bene la carne?- le chiese mentre prese dal pensile una padella –Si certo- rispose Alex continuando a fissare la schiena ampia dell’uomo fasciata in un maglione scuro 
–Apparecchia- le ordinò passandole le posate e due tovagliette, Alex fece come richiesto mentre Jason iniziò a preparare la carne, poi lo vide dare una lavata all’insalata –Tieni condiscila- le disse porgendole la verdura e ciò che serviva, Alex cercò di non pensare al fatto di sentirsi profondamente a disagio in questa situazione, non potendo muoversi, si sentiva ancora di più un penso nei confronti di quest’uomo che alla fine della fiera, volente o nolente, la stava aiutando davvero. Se quello che il Dottor Ross le aveva detto si fosse avverato, nel giro di una decina di giorni sarebbe stata di nuovo in grado di stare sulle sue gambe e quindi di poter andarsene da casa di Jason. Cosa avrebbe fatto al quel punto? Sarebbe tornata in Italia? Sospirò finendo di condire l’insalata –Cosa c’è?- le chiese Jason sentendola e girandosi verso di lei osservando il suo sguardo triste e perso in chissà quale pensiero, era così simile ad Emma, che ogni volta lo coglieva alla sprovvista, lei lo guardò un po’ sorpresa –Niente- mentì ritornando a mescolare la verdura, lui si avvicinò ai fornelli in silenzio finendo di preparare i piatti e sedendosi di fronte a lei porgendole la sua cena–Grazie- gli disse la ragazza iniziando a mangiare piano.
Jason rimase ad osservarla di sottecchi mentre masticava quel boccone di carne  –Anche tua madre assumeva quell’espressione quando la sua mente era persa in qualche pensiero- le disse con quel suo tono basso, Alex alzò il viso dal piatto per incrociare quegli occhi così magnetici che la destabilizzavano ogni volta –E come lei non hai intenzione di parlarne, immagino- ipotizzò lui bevendo dalla lattina di birra, Alex si strinse nelle spalle –Mi chiedevo solo come potrò ripagarti il disturbo- disse arrossendo leggermente, lui la osservò bevendo ancora un po’ di birra –E’un favore che mi sono ritrovato costretto a fare nei confronti di tua madre- la durezza con cui parlò la lasciò basita, i suoi occhi erano densi e la sua espressione severa
 –Già- si limitò a rispondere sentendo ancora una volta la voglia di piangere. Non finì la carne e mangiò appena un po’ di verdura, il suo stomaco si era chiuso come una morsa, ogni volta che Jason le parlava in quel modo, sentiva tutto il peso del fatto di essere di troppo in quella casa, le ricordava che lui non la voleva e non l’avrebbe voluta, sbattendole in faccia che in fondo era sola, quella finta convivenza era temporanea. Quando sentì che non poteva più restare lì in quel silenzio assordante, si alzò dalla sedia stupendolo –Che fai?- le chiese, lei non gli rispose facendo qualche piccolo passo verso la porta –Ehi!- la richiamò lui alzandosi di scatto avvicinandosi –Aspetta!Rischi di cadere!- e le prese un braccio fermandola, ma stavolta Alex lo strattonò liberandosi e fissandolo dritto negli occhi –Non mi toccare!- sbottò infastidita riprendendo a muoversi per uscire dalla cucina aiutandosi con la vicina parete –Ehi!- la voce di Jason si fece più perentoria  –Che cazzo c’è adesso?- le chiese fermandola per una spalla –Hai deciso di romperti definitivamente la gamba?- era visibilmente arrabbiato, lo si vedeva dall'espressione dura che aveva mentre la fissava –Lasciami in pace- rispose Alex cercando di continuare, lui le si parò davanti –Che.Cosa.Credi.Di.Fare? -le scandì davanti la faccia, Alex serrò la mascella arrabbiata, le pizzicavano gli occhi –Vado in camera- rispose –fammi passare- lui non si mosse di un millimetro continuando a fissarla furioso –Si può sapere che cazzo ti è preso?- le chiese rabbioso e Alex dovette girare lo sguardo che sentiva farsi liquido –Niente, lasciami andare, ce la faccio- e lo urtò volutamente per farlo spostare, stinse i denti e fece appena un altro paio di mini passi percependo il dolore ogni volta che provava a fare leva sulla gamba ferita; di punto in bianco si sentì prendere come una bambola e si ritrovò a salire le scale tra le braccia di Jason –Lasciami!- disse cercando di divincolarsi, ma l’uomo strinse di più senza dire niente, nonostante lei cercasse di farsi lasciare e una volta entrato nella sua camera, la fece cadere sul letto in malo modo –Se hai qualcosa da dire, dimmela in faccia invece di comportarti come una bambina!- Alex lo guardò offesa da quella frase, sentì ogni parte del suo corpo fremere dalla rabbia –Io sarei la bambina?- chiese trattenendo a stento un urlo di frustrazione, lui la fissò incrociando le braccia –Il tuo comportamento dimostra questo- le disse lapidario –Potrei dire lo stesso di te, Jason-rispose fulminandolo con lo sguardo, era la seconda volta che lo chiamava per nome e lo fece con tutta la cattiveria che riuscì a far uscire,come se pronunciarlo fosse un’offesa –Da quando sono venuta qui, non hai fatto altro che sbattermi in faccia che non mi volevi!- stavolta il suo tono di voce uscì nettamente alto  –Ti do fastidio e non  vuoi avermi intorno e ti da così il voltastomaco che devi trattenerti!- disse ansimando dalla rabbia –Anche adesso, ogni volta mi guardi come se volessi cancellarmi, ti maledici per avermi permesso di rimanere questi giorni!- sbottò e una lacrima le uscì prepotente rigandole una guancia –Me ne voglio andare!Domani!- disse rabbiosa, mentre lui la continuava a guardare scuro in volto –Sono sempre stata sola con mia madre, non ho bisogno di te ora!Evidentemente si è sbagliata mandandomi qui!- il quel momento lo vide incattivirsi, la sua mascella si serrò e i suoi occhi si fecero più scuri incenerendola  –Non ho voluto io questa situazione!- disse deciso
–Non ho mai voluto questo!- disse avvicinandosi un po’ verso di lei, ogni parte del suo corpo trasudava rabbia –Non ho certo chiesto io di avere questo dannato compito di badare a te! Tua madre mi tagliò fuori dalla sua vita, anni fa!- disse ansimando anche lui per la rabbia –Non si è fatta più vedere, ma poi all'improvviso si è ricordata di conoscere un tipo che forse poteva fare al caso suo ed eccoti qui!- aprì le braccia in un gesto spazientito
 –Non si è preoccupata di come cazzo ci sarei rimasto! Non si è mai preoccupata un fottuto secondo di come mi sentissi io!- Alex si sforzò di fissare quel viso stravolto dal rancore, le fece paura –Non è certo colpa mia!- disse seria –Se è per questo neanche la mia!- ribatté lui con voce feroce serrando nuovamente la mascella, poi si girò e uscì dalla stanza sbattendo la porta. Alex lo sentì scendere velocemente le scale uscire di casa e andare via con il suo pick-up.
Sola. Era semplicemente sola.

Aveva appena finito di asciugarsi i capelli quando sentì bussare alla porta con una certa urgenza, così diede una carezza a Zoe per farla tranquillizzare sentendola abbaiare avviandosi alla porta. Una volta aperta rimase sorpresa di trovarsi davanti un Jason visibilmente scosso, non le disse nulla, si limitò semplicemente a buttarsi su di lei, a cercare avidamente le sue labbra e appropriarsi di un bacio da levarle come al solito il respiro. Jane si ritrovò senza neanche capire, sdraiata sul suo letto, con il peso dell’uomo addosso, la baciava con bramosia, la saggiava come faceva sempre, facendola ansimare e desiderare sempre di più. Ogni volta che lui non era al suo fianco dopo una notte di sesso, si riprometteva che fosse l’ultima, ma  come sempre accadeva, veniva meno a quel principio. Era sesso e lei lo sapeva, era solo e unicamente piacere per entrambi, niente di più, Jason non poteva altro. I primi tempi aveva provato a capire, a ragionare, sperando di poter un giorno guardarlo negli occhi e dirgli “ti amo”, aveva pregato che qualcosa cambiasse, ma a parte gli anni che passavano, niente del loro rapporto era mutato. Sesso. Solo questo lui le chiedeva e solo questo lui voleva. Jane aveva provato a staccarsi da questo rapporto sbagliato, monco, come una strada interrotta, ma più volte si era ritrovata ad elemosinare quei baci e quella passione che solo Jason le sapeva trasmettere e tirar fuori. Si malediceva, perché era come se fosse un’altra la persona che Jason cercasse ogni volta che finiva tra le sue gambe, ma alla fine, il tempo le aveva permesso di accettare questo suo ruolo da eterna seconda. Non conosceva e non voleva sapere il perché. Aveva capito com'era Jason, era certa che se lei avesse tentato di forzare un po’ di più tra di loro per aprire uno spiraglio nella vita di lui, avrebbe ricevuto una porta chiusa, invalicabile, certa che sarebbe svanito anche il poco che le concedeva. Si guardava spesso allo specchio chiedendosi se davvero era questa la vita che voleva, se davvero per lei esistesse solo questo, se non poteva vivere un amore con la “A”maiuscola, ma poi guardava in faccia la realtà, sentiva il suo cuore rifiutarsi di accettare qualcun altro con la speranza di coronare quel sogno che evidentemente doveva rimanere tale.

Il sole era come al solito coperto da una leggera coltre di nubi a tratti più scure che correvano veloci, sospinte dal vento freddo che anche quella mattina infrangeva l’aria. Alex aveva pianto e quando si ritrovò davanti Liz si vergognò di mostrarle quel viso arrossato e gli occhi gonfi. La ragazza entrò con il solito sorriso sbarazzino, per poi lasciarselo morire sulle labbra alla vista di Alex; non le disse nulla avvicinandosi lentamente al letto e le si sedette accanto osservando quegli occhi, un misto di blu e verde, velati da una patina di tristezza da rendere il suo viso una maschera di puro sconforto. Alex la guardò cercando di abbozzare un sorriso, ma ciò che ricevette fu qualcosa che non si sarebbe mai aspettata:Liz l’abbracciò forte. Rimase qualche attimo sorpresa da quel gesto, ma poi anche lei strinse la ragazza e lasciò che le lacrime di nuovo uscissero e la scuotessero. Solo dopo alcuni minuti Alex si allontanò da Liz –Scusami- le disse con voce distorta dal pianto, mentre la ragazza le passava un pacchetto di fazzoletti –Dimmi che non centra quel deficiente di Jason, altrimenti è la volta buona che lo scuoio vivo!- sbottò la mora arrabbiata, Alex non trattenne un sorriso da quell'espressione dell’amica –Ora sto meglio, scusami- le disse cercando di chiudere lì il discorso, Liz la guardò ancora qualche istante, per poi fare un profondo respiro e rilassare la posizione  –Dai andiamoci a dare una sistemata- le disse aiutandola ad alzarsi, ma in quel momento il brontolio dello stomaco di Alex si fece sentire, facendola vergognare –Ma hai fatto colazione?- le chiese Liz osservando la camera priva del solito vassoio, Alex arrossì leggermente mentre con l’aiuto della ragazza andava verso il bagno –Ancora no- ammise sedendosi sul bordo della vasca –Ma dov’è quell’idiota?- le chiese Liz furente –Non mi dire che non è in casa?- Alex rispose abbassando la testa come se fosse lei la colpevole
–Da quanto è uscito?- chiese Liz arrabbiata  –Da ieri sera- rispose flebilmente, Liz aprì la bocca basita –Ma io davvero lo ammazzo!- sbottò –Ma si può sapere che diavolo ha in testa quel cretino? Ora lo chiamo!- la moretta aveva davvero un diavolo per capello e quando stava per uscire dal bagno, Alex la fermò per una mano –No, Liz- le disse stupendola –ieri sera abbiamo discusso, entrambi soffriamo per questa situazione, ma credo che lui stia peggio- Liz si girò verso di lei e si abbassò sulle ginocchia –Scusa Alex, ma quella ad aver perso la madre sei tu- le disse schietta, Alex sospirò prima di continuare –Si, ma lui si è trovato invischiato in questa situazione che non avrebbe mai immaginato e credo che abbia ragione a reagire così, mia madre è sparita con lui anni fa e ora si ritrova con la figlia di questa sua amica fra le scatole- Alex tirò su con il naso, non voleva piangere ancora, ma era difficile, stava diventando tutto davvero tanto difficile;
Liz sbuffò e le accarezzò una mano –Non sono d’accordo sul fatto che in qualche modo lo giustifichi, anche perché tu stai così combinata, ma prometto che cercherò di tenermi- le disse più calma per poi alzarsi
–Mentre ti fai la doccia ti preparo qualcosa da mangiare – così dicendo l’aiutò a svestirsi e ad entrare nella vasca.
 
Quando entrò nella stanzetta sopra il pub, era sicuro di trovare Mike dietro la scrivania con la faccia puntata nello schermo del suo pc e, così fu –Ehi amico!- lo salutò il rasato alzando la testa  sorridendogli
–Non mi aspettavo una tua visita- gli disse scherzoso per poi allungarsi verso il mini frigo dove prese una lattina di birra che gli lanciò, Jason la prese al volo sorridendo debolmente –Grazie- disse sedendosi stavolta sulla poltroncina in pelle davanti all’amico che bevve avidamente dalla sua lattina già aperta sulla scrivania –Allora come è andata la visita di Alex, ieri?- gli chiese Mike subito dopo, Jason si strinse nelle spalle –Bene, deve tenere il tutore e fare un altro controllo lunedì prossimo- spiegò, Mike osservò l’amico che sembrava non riuscisse a guardarlo negli occhi; si conoscevano da una vita e, nonostante la distanza quando Jason era in Italia, la loro amicizia non si era mai interrotta e Mike sapeva che se Jason aveva quel comportamento c’era sotto qualcosa, ma conoscendolo, non poteva chiederlo a brucia pelo così si stiracchiò sulla sedia e indicò lo schermo del pc –Ho la burocrazia che mi sta finendo i pochi neuroni rimasti- ammise –meno male che sei passato, almeno ho la scusa per mollare- disse facendo sorridere l’amico che ora fissava il trofeo di basket conquistato all’ultimo anno di scuola
 –Hai visto Liz? Stamattina è uscita un po’ prima- esordì Mike finendo di salvare il documento che aveva davanti, vedendo con la coda dell’occhio il suo amico irrigidirsi e bere un sorso di birra –No- lo sentì rispondere e a quel punto Mike si girò verso di lui sorpreso –Non è ancora venuta ad aiutare Alex?- chiese con una punta di preoccupazione, insomma non avevano questo rapporto idilliaco, ma era pur sempre la sorella e sapere che non era andata da Alex era piuttosto strano, visto come avessero stretto quelle due
–No, nel senso che non lo so- sputò a fatica Jason puntando lo sguardo sulla lattina argentata con la scritta rossa che teneva in mano; a quel punto Mike si allungò sulla schienale osservando l’amico e mettendo in pratica la sua tattica: la pressione psicologica nell’osservarlo in silenzio.
 –Cazzo Mike!Smettila di fissarmi!- sbottò Jason verso l’amico dopo qualche attimo, odiava quando faceva così –Mi chiedevo come facessi a non saperlo- disse allusivo Mike bevendo dalla sua birra, Jason sbuffò portandosi indietro i capelli che gli ricadevano sulla fronte con un gesto stizzito della mano –Non ero a casa!- sputò fuori e Mike dentro di sé gridò un bel “Bingo!” che però evitò di dire per non rischiare di ricevere un pugno in faccia –Ah, ok- si limitò a rispondere, mettendo in pratica la sua seconda tattica: far finta di niente e aspettare, così si mise a digitare qualche cosa sul suo pc, fino a quando non vide l’amico alzarsi di scatto dalla sedia –Cazzo Mike non ce la faccio!- sbottò esasperato iniziando a fare avanti e indietro in quella piccola stanza, Mike dovette trattenersi dal sorridere, altrimenti davvero avrebbe rischiato la vita –Jason, non mi dire che stai ancora al punto di partenza con la ragazza?- gli chiese e Jason di nuovo si portò indietro i capelli che gli ricadevano davanti, gesto che molte volte Mike aveva visto fare colpo sulle donne, ma ora era sola un gesto dettato dalla frustrazione –Ho dormito da Jane- confessò finalmente Jason guardandolo negli occhi –Abbiamo discusso- aggiunse poi con un misto di imbarazzo e tristezza –Non ce la faccio ad averla intorno- ammise infine spazientito –E’ un calvario, vederle fare le stesse espressioni di Emma, parlare in quel modo, arrabbiarsi addirittura come lei! Non ce la faccio!- sbottò. Seguirono attimi di silenzio, poi Mike sospirò e si alzò dalla sedia prendendo una spalla dell’amico e spingendolo a sedersi sul divano, sedendosi a sua volta accanto a lui –Che cazzo hai combinato stavolta?- gli chiese vedendolo sbuffare –Ma che ne so!- rispose l’altro adirato –Eravamo tornati dal controllo, dove tra l’altro non c’hanno dato le stampelle e questo l’ha incupita, ma era strana anche prima- specificò prima di proseguire sempre più arrabbiato –e ci siamo messi a mangiare, ma lei ha toccato poco o niente- disse portando la testa indietro e guardando il soffitto –Non so che cavolo gli è preso- ammise e Mike puntò i suoi occhi alla finestra dove le luci della sera stavano diventando sempre più nitide –Cosa ti aspettavi dalla figlia di Emma, eh Jason?- gli chiese stupendolo, sentì gli occhi dell’amico puntati verso di lui –E’ ovvio che le somigli e te la ricordi in tutto, ma credo che non sia questo il motivo che vi ha portato a discutere- specificò Mike girando lo sguardo verso l’amico –So solo che c’è rimasta male perché voleva cucinare per sdebitarsi e io gli ho fatto notare che in quelle condizioni era impensabile-spiegò un Jason avvilito spostando il busto in avanti e poggiando le mani alle gambe, con la testa rivolta verso il basso –Immagino la delicatezza che hai usato- fece allusivo Mike facendolo sbuffare per l’ennesima volta  -Ma dai Mike! Come cavolo gli è venuto in mente? E poi sdebitarsi?- Jason si alzò di nuovo –Non l’ho certo voluta io questa situazione e neanche lei!- disse con un gesto delle braccia che fece poi ricadere lungo i fianchi , Mike lo guardò per alcuni istanti poi sospirò scuotendo la testa –Sei un coglione, Jason, lo sai vero?- fece retorico puntando i suoi occhi scuri su quelli di un Jason interdetto e indispettito –Non fare quella faccia, Jason, lo sei- ribadì l’amico trovando una posizione più comoda sul divanetto –Alex avrebbe voluto fare qualcosa di “carino”- e mimò con le dita le virgolette- visto che ti ritrovi in una situazione che hai rifiutato sin da subito - disse serio –sentirsi dire che quello non era certo un modo per sdebitarsi di una cosa del genere, dove mi gioco le palle, le hai anche fatto pesare che tu in tutto questo non c’entri nulla, immagino possa aver scatenato una lite- spiegò Mike osservando lo sguardo prima cupo e poi imbarazzato di Jason –E che avrei dovuto fare? Cazzo Mike! Mettiti nei miei panni!- esordì Jason guardandolo negli occhi per cercare un appoggio, Mike sospirò –Che le hai detto?- chiese invece e Jason abbassò di nuovo la testa raccontandogli di come lei si fosse alzata da sola, rifiutando il suo aiuto, per poi urlarsi addosso che entrambi odiavano quella situazione. Quando finì il breve racconto Mike sorrise all'amico –Te l’ho detto sei un coglione- ribadì ancora facendolo sospirare sconfortato –Tra i due ti stai comportando come un ragazzino, Jason- disse Mike serio –cazzo, prova a pensare a come si deve sentire lei in tutto questo! Ma possibile che non riesci a mettere da parte il rancore per Emma e guardare ad Alex per quello che realmente è?!- Jason incrociò lo sguardo dell’amico che continuò dopo un sospiro –Sta passando un momento tremendo della sua vita, te ne rendi conto? E’dovuta andar via dal suo paese, venire qui e stare con un tipo che non ha mai visto né sentito che oltretutto non aspetta altro che dirle ogni volta ciò che pensa di questa storia, per non parlare del fatto Jason, che lei ha perso la madre- Mike si alzò fronteggiando l’amico profondamente frustrato –Jason, datti una svegliata e comportati da uomo, è solo una ragazza di 20 anni che ha bisogno di aiuto e non una da punire o a cui far pagare i tuoi problemi con Emma - gli disse poggiandogli una mano sulla spalla. Il moro a quel punto respirò a fondo –Ok, messaggio ricevuto- disse andando verso la porta –Ehi?- lo richiamò Mike
–Lo sai vero che le stampelle si possono fare anche in legno?- gli chiese con un sorriso beffardo beandosi del lampo che attraversò lo sguardo di Jason che abbozzò un sorriso e fece per uscire, ma di nuovo Mike lo fermò richiamandolo –Che altro vuoi?- chiese scontroso –Smettila di andare a curare le tue ferite con Jane, Jason- gli disse serio e i due si scambiarono un’occhiata lunga e intensa, poi Jason girò la schiena e sparì dietro la porta.
  
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