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Autore: mido_ri    20/05/2019    1 recensioni
Allison Harvey, ereditiera di un'azienda di giocattoli di fama internazionale, conosce il ricco e affascinante Kim Seokjin, divenuto intimo collaboratore di suo padre in breve tempo.
Il Signor Kim, però, ha fin troppi riguardi per la giovane Allison, che si ritrova a dover fronteggiare situazioni al limite della sopportazione umana. Perché il Signor Kim la tratta in questo modo? Gode già dei favori del padre di Allison e presto, grazie alla collaborazione con lui, anche la sua azienda sarà all'apice della fama nel continente americano.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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skyscraper

 

Non avevo mai visto Taehyung così arrabbiato, forse perché non avevo mai assistito alla sua espressione mentre veniva assalito nel suo ufficio da una ragazza pazza. 

Inspirai e mi misi le mani sui fianchi, dovevo apparire il meno agitata possibile per poter riparare almeno in minima parte al danno precedente.

- Odio doverlo fare, ma è una questione di vita o di morte.

- Sì, la mia.

Non capii se stava cercando di essere ironico o cos'altro, ma continuai.

- Potresti... potresti darmi un secondo il tuo cellulare?

- Dare il cellulare al mio assalitore non mi sembra ragionevole.

- Hey, non ti ho assalito. Cioè... sì, ma non sono una cattiva persona.

Cercai di cacciar fuori un sorriso convincente, ma l'espressione di Taehyung non cambiò di un millimetro.

- Perché lo vuoi?

- So che suona strano, ma te lo chiedo per favore.

- Tu sei strana, Allison.

Il ragazzo stette in silenzio per un attimo, aveva ancora qualcosa da dire.

- Ma mi piaci. Perlomeno hai movimentato un po' questa serata noiosa.

Indicò dei fogli sparsi sulla sua scrivania. Nonostante i sospetti che nutrivo nei suoi confronti, non poté non dispiacermi il fatto che lavorasse fino a sera in un ufficio a una così giovane età.

Taehyung sospirò e si diresse verso la scrivania, ma una domanda mi piombò in testa e parlai prima che potessi rendermene conto.

- Perché non mi hai detto che tu e il Signor Kim siete fratelli?

L'altro continuò a voltarmi le spalle, ma aveva sicuramente sentito.

- Perché non è vero.

- Co-cosa? Non è possibile, l'ho sentito uscire dalla bocca di tuo padre.

- Sarà anche vero per lui, ma non per me.

Parlava con voce dura e il fatto che fosse ancora girato di spalle mi metteva più a disagio del dovuto.

- Non capisco...

- Cosa c'è da capire? Non voglio considerarmi fratello di quell'idiota né figlio di quell'altro idiota.

Finalmente si voltò verso di me, ma avrei preferito che non lo facesse. Aveva il volto contorto dalla rabbia e nei suoi occhi lampeggiava quella luce sinistra che avevo notato al nostro primo incontro.

- Oh... scusami, io... io non volevo costringerti a parlare di un argomento che non... che non...

Tremavo come una foglia. Il mio corpo era tutto un misto di sensi di colpa e paura. Prima che potessi assistere a una sua qualsiasi reazione, mi fiondai contro la porta rischiando di sbatterci contro, ma non riuscii ad aprirla per la troppa agitazione.

- Hey, Allison. Aspetta...

Mi ritrovai la mano fredda di Taehyung sulla mia. Sembrava essersi del tutto calmato e ora aveva la sua solita espressione rilassata. 

- Mi dispiace se ti ho spaventato, non scappare.

- No, no... non è per quello. È che non sapevo che...

- Tranquilla, non potevi saperlo.

Annuii, ma non osai guardarlo in faccia. Avevo gli occhi inchiodati al pavimento.

- Scusa se... se sono piombata nel tuo ufficio così, è che ultimamente sono un po' confusa... 

- Lo capisco.

- Lo... capisci?

Alzai la testa e guardai Taehyung titubante, ma lui sorrise e mi strinse la mano.

- So come ci sente a subire le torture di quello psicopatico. Non sei l'unica che ci è passata.

Rimasi interdetta.

- C-credo di non aver capito. Lui...

Il ragazzo si morse il labbro inferiore, come a voler trattenere delle parole che stavano per uscire fuori con impeto. Sembrava tormentato, ma non disse nulla e si limitò a sorridere.

- Forse è meglio se torni a casa, Allison. Vuoi che chiami una limousine per te? 

- Io... S-sì, forse è meglio così.

Mi sforzai di ricambiare il suo sorriso, ma non ero sicura di esserci riuscita.

Taehyung mi accompagnò fino all'uscita. Mi fermai sulla soglia, non avevo la minima idea di come avrei dovuto salutarlo dopo tutto quello che era successo nel suo ufficio.

- A-allora io vado...

Sussultai quando mi ritrovai le sue braccia intorno ai fianchi e il suo viso sulla mia spalla. 

- Tae...

- Mi dispiace...

- Per cosa? Sono stata io a piombare nel tuo ufficio così.

- Per averti spaventato... e per il modo in cui mi sono comportato.

Strinsi le mani e le sollevai a mezz'aria, ma non fui capace di ricambiare il suo abbraccio. Gli accarezzai la schiena per tranquillizzarlo, sembrava davvero scosso ed ero quasi sicura che stesse piangendo.

- No, non hai fatto nulla di male.

- Sì, invece. Se sospetti di me vuol dire che non mi sono comportato bene... Mi dispiace, ero... ero soltanto geloso di Jin. 

- Ah...

Percepii un leggero calore diffondersi in tutto il mio corpo, fino alla testa. Come avrei dovuto rispondere a un'affermazione del genere? Insomma, fino a quel momento avevo pensato che l'avvicinamento di Taehyung fosse dovuto a un interesse passeggero, un flirt per passare il tempo, ma così... sembrava una cosa piuttosto seria. Possibile che fosse davvero interessato a una come me?

- Ti ha detto qualcosa, non è vero?

Pensandoci bene il Signor Kim non mi aveva detto proprio niente, anzi, non appena avevo manifestato i miei sospetti nei confronti di Taehyung, lui aveva cercato di difenderlo.

- No, lui...

- Non ascoltarlo. È un bugiardo, lo sai. Fa sempre così.

Così come?

- Prima si guadagna la fiducia delle persone e poi le distrugge. Io sono il suo capolavoro.

Il ragazzo si allontanò da me e si voltò dall'altro lato per non farsi guardare in faccia. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e mi invitò a proseguire appoggiandomi il braccio sulla schiena. 

Mi allontanai con le idee ancora più confuse di prima, mentre in realtà ero andata lì con l'intenzione di smascherare Taehyung e mettere fine a quella storia. A chi avrei dovuto credere? Soltanto il giorno precedente il Signor Kim mi aveva provato di essere innocente e di essere anche una persona niente male; ma dall'altra parte suo fratello, che tra l'altro non voleva essere definito tale, mi aveva dichiarato fra le lacrime di aver subito anche lui le torture del Signor Kim. Scossi la testa mentre camminavo a passo svelto sul marciapiede umido. Avrei voluto parlare immediatamente con il Signor Kim e chiedere ulteriori spiegazioni, ma non avevo modo di contattarlo dopo che avevo scoperto che l'account su Instagram non era gestito da lui. Avevo fretta, ma questa volta non riuscivo neanche a essere arrabbiata, insomma, non sapevo neanche chi fra i due fosse la vittima. Io lo ero sicuramente.

--- 

Varcai a grandi passi l'atrio della scuola stringendo i libri fra le braccia. Mi voltai verso le solite persone appostate lì proprio per parlare di chiunque passasse loro davanti. Indubbiamente era il loro hobby preferito. Ma, diversamente dalle altre volte, non me la presi affatto perché ripensai alle parole del Signor Kim: la loro era tutta invidia. Sorrisi e continuai ad avanzare verso la prima classe in cui si sarebbero svolte le lezioni, ma la mia espressione soddisfatta si vaporizzò non appena vidi Felix entrare nell'aula poco prima di me. Non avevamo ancora parlato di quello che era successo, neanche per messaggio, ma comprendevo il motivo del suo disappunto, soprattutto dopo la sera precedente: ero un'ipocrita e avevo così bisogno di appoggiarmi a qualcuno che non riuscivo ad allontanarmene neanche se continuavo a ricevere delusioni. Quella volta aveva avuto ragione, la cosa semplice sarebbe stata lasciar perdere entrambi e concentrarmi sulla mia vita, ma avevo un disperato bisogno di stabilire dei rapporti con altre persone.

Sospirai ed entrai, non potevo di certo saltare la mia adorata lezione di chimica. 

--- 

Durante tutte le lezioni che avevamo avuto in comune io e Felix, lui non aveva fatto altro che voltare la faccia ogni volta che accennavo a salutarlo. Ne scaturì che alla fine mi avviai verso casa completamente frustrata. La mia unica speranza sarebbe stata inviargli un messaggio quella sera e ricevere una risposta. Di presentarmi a casa sua non se ne parlava proprio: avevo chiuso con quel genere di cose, altrimenti prima o poi qualcuno mi avrebbe denunciato sul serio. 

Il suono di un clacson mi fece sobbalzare mentre ero immersa nei miei pensieri. Sbuffai infastidita, odiavo quel suono. Ma chiunque ci fosse dentro quella macchina decise di premere di nuovo la sua maledetta mano sul volante, e questa volta lo sentii davvero nelle orecchie. Mi voltai di scatto soltanto per constatare che c'era una limousine che procedeva al mio stesso ritmo accanto a me. Mi fermai all'improvviso ed essa fece lo stesso. Strinsi le palpebre, ma non riuscivo a vedere chi ci fosse dentro perché i vetri erano oscurati. Qualche attimo dopo la vettura avanzò di poco e si fermò nuovamente. Un finestrino si abbassò lentamente e ne uscì il viso sorridente e perfetto del Signor Kim, che si sporse in fuori per salutarmi. 

- Ciao, Allison! Non hai riconosciuto la mia limousine? E pensare che ci sei stata. 

Mi morsi il labbro per trattenermi dal non gridargli in faccia di abbassare la voce, visto che c'erano i miei compagni di scuola lì intorno, ma qualcuno si era già voltato a guardare nella mia direzione con espressione scioccata. 

- Già, ma le limousine sono tutte uguali, sai com'è.

L'uomo rise e per un momento pensai che mi avrebbe accecato con i suoi denti perfettamente bianchi e allineati. 

- Non la mia. Ha il logo della mia azienda sul cofano anteriore. 

Sbuffai. Non me ne importava un fico secco della sua limousine, volevo soltanto che sparisse al più presto. 

- Non sembri molto contenta di vedermi.

- Già. 

Il Signor Kim mise su un finto broncio.

- Di' un po', ti dà fastidio che le tue compagne di scuola ti stiano squadrando da capo a piedi mentre parli con me? 

- Zitto. 

Sibilai fra i denti, diventando dura come una pietra. Speravo che nessuno avesse sentito. 

- Che vuoi? Sbrigati. 

- Sali. 

- Il sole ti ha dato alla testa? Strano, perché ci saranno al massimo venti gradi. 

L'uomo scosse la testa. 

- Dai, per una volta smettila di comportarti da ragazza che odia tutto e tutti e ascoltami. Sali, ti porto in un posto. 

Mi guardai di nuovo intorno, notando che molte persone erano lì a fissarmi con il respiro sospeso. L'invidia nei loro occhi era ben visibile. Esultai internamente. 

- D'accordo, ma sappi che porto sempre lo spray con me. 

- Anche a scuola? 

L'altro sembrò più divertito che turbato. Negli ultimi tempi mi stavo abituando troppo a vederlo sorridere e la cosa non mi dispiaceva affatto.

Feci per aprire lo sportello, ma il Signor Kim scese dalla limousine e lo aprì per me. Come al solito indossava un completo semplice, ma che metteva in risalto il suo fisico slanciato e i suoi capelli neri. Fece il giro della vettura ed entrò dall'altro lato, mi pregò di mettere la cintura e fece cenno all'autista di partire. 

- Allora, dove mi stai portando? 

- Dipende.

L'uomo unì pollice e indice di entrambe le mani per formare una specie di rettangolo e si portò le mani al viso. Fece finta di esaminare il mio volto, ma alzai gli occhi al cielo e lo costrinsi ad abbassare le mani. 

- Che intendi? 

- Mmh, sto cercando di inquadrare la tua personalità, visto che non vuoi proprio mostrarmi come sei davvero. 

- Sono così. 

- Vedremo. Ma per ora rispondi a questa domanda.

- Cosa? 

- Preferisci vivere un giorno da principessa o da comune ragazza di periferia? 

Aggrottai le sopracciglia. 

- Perché dovrei scegliere fra queste due cose? 

- Perché la tua vita di tutti i giorni è una via di mezzo e tu hai paura di entrambi gli estremi, quindi voglio che tu provi almeno una volta. 

- E che ti importa di come vivo io? 

- Devo prendermi cura dell'unica figlia del CEO dell'azienda che mi ha aiutato ad arrivare fin qui. 

Lo guardai con disappunto, poi feci spallucce. 

- Visto che vuoi inquadrare la mia personalità, perché non decidi tu? Vediamo se riesci a capire cosa preferisco. 

- Audace. Mi piaci. 

Sussultai impercettibilmente, potevo già sentire la mia faccia scaldarsi in modo innaturale. 

- Uhm... okay. Tu no.

Il Signor Kim rise, poi si sporse in avanti per dire qualcosa all'autista senza che io potessi sentire. 

---

La limousine si fermò davanti a un edificio che non avevo mai visto, anche se in quel momento mi sembrò innaturale non esserne a conoscenza, vista la sua maestosità. Era un grattacielo interamente di vetro e mi chiesi come facessero le persone a vivere lì dentro con la consapevolezza che chiunque potesse spiarle. Il Signor Kim mi aprì lo sportello e mi invitò a scendere con un gesto della mano; in cambio gli rivolsi uno sguardo confuso e scesi dalla vettura. Non riuscivo a scollare gli occhi da quella costruzione enorme. 

- Hey, cosa diavolo è quella roba? La EnJINe di riserva? Sai, nel caso qualche pazza psicopatica desse fuoco alla sede principale. 

- Qualcosa mi dice che hai usato il femminile di proposito. 

- Sarà. 

Mi lasciai ricedere le braccia lungo i fianchi, non sapevo più cosa dire. L'altro se ne accorse e cominciò a camminare verso l'edificio. Per un attimo rimasi interdetta quando l'uomo tirò fuori da una tasca un mazzo di chiavi per aprire il portone d'ingresso. Insomma, con tutta quella maestosità in campo mi aspettavo il metodo della scansione della retina per poter entrare, o perlomeno degli apri-porta personali. 

- Allison, a cosa stai pensando? 

Mi resi conto che il Signor Kim mi stava aspettando nell'atrio con un'espressione impaziente e divertita in volto.

- Allora? Dove mi stai portando? 

- Questa è casa mia. 

- Oh... quindi presumo che vivrò un giorno da mondana. 

Gli rivolsi un finto sorriso, ma in realtà mi stavo soltanto concentrando sul mio sarcasmo per non dare di matto davanti a lui. Chi si sarebbe aspettato una cosa del genere? Quella era la sua casa. Casa. Sapevo fosse ricco, ma non fino a quel punto. 

- Non impressionarti troppo, principessa. Non è tutto mio. 

Emisi un sospiro di sollievo, per un attimo avevo davvero creduto che la sua ricchezza arrivasse alle stelle, anche se probabilmente mancava poco. 

- E perché mi stai portando a casa tua? 

- Certo che tu e la pazienza siete due cose distinte e separate. 

Feci un smorfia senza farmi scorgere e lo osservai mentre girava le chiavi nella serratura della porta di quello che doveva essere il suo appartamento. Per arrivare fin lassù mi era sembrato di aver passato una vita in ascensore. 

- Prego. 

Non appena misi piede in quello che sembrava essere il salotto non  potei fare a meno di nascondere un'espressione di sorpresa. Tutto era stato tirato a lucido al massimo un paio d'ore prima e ogni cosa pareva avere un suo spazio tutto suo, che era stato progettato prima ancora di iniziare a costruire l'intero edificio. La persona che puliva quel posto doveva essere ancora più maniaca delle pulizie rispetto a mia madre.  

Mi accomodai sul divano ad angolo sotto richiesta del Signor Kim, facendo attenzione a non spostare nulla con il mio portamento goffo. 

- Gradisci qualcosa da bere? 

- No, grazie. 

Deglutii. Tutto il sarcasmo che mi aveva animato poco fa era completamente svanito sotto la pressione di trovarmi in quel luogo. Ero nell'appartamento del Signor Kim. Da sola con lui. E per qualche assurdo motivo essere lì con lui mi metteva molto più a disagio di quando avevamo guardato un film insieme sul mio letto. 

- Sembri tesa. 

- Perché?

Cacciai fuori un'imbarazzante risatina nervosa mentre mi rigiravo i pollici ossessivamente. 

- Era un'impressione. Ma nel caso... sta' tranquilla. Fra poco lo sarai molto di più.

  
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