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Autore: Ness by Moon    21/05/2019    2 recensioni
Si era innamorata di lei da quel giorno al Rabbit Hole, quando si era soffermata ad ascoltarla andando oltre ciò che la città le chiedeva di essere. Si era innamorata di lei per il modo in cui la faceva sentire, viva più che mai e immersa in un bagno di lava che le faceva bruciare il cuore. Si era innamorata dei suoi occhi, così maledetti scuri e sporchi, che la stendevano al tappeto al primo sguardo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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***Eccoci qui, alla fine sono arrivata alla fine. È stato un viaggio più complesso di quanto avrei mai potuto immaginare. Ci sono stati momenti in cui è stato particolarmente complicato portare avanti i capitoli, ma ecco l’ultimo. Il nostro percorso, mio, di Lex, Laya e vostro, si conclude in queste righe.
Spero che vi sia piaciuto e che lo ricordiate con affetto, magari anche con un filo di malinconia.
Grazie a chi è arrivato fino a qui, a chi ha letto in silenzio e a chi mi ha dedicato il proprio tempo. Grazie a chi mi ha lasciato due righe e grazie a chi ha sopportato i miei mostruosi ritardi.
Detto questo, ci vedremo forse in una prossima avventura.
Un bacio,
S.***
 
 
 
 
 
Il campanello di casa aveva suonato già due volte, ma non vi era stato nulla in grado di convincere Alexis ad alzarsi dal divano per andare ad aprire. Aveva promesso che non avrebbe messo il naso fuori di casa per i prossimi due giorni. Convincere Emma e Regina che fosse sincera era stato complesso, le due aveva costruito una gabbia d’orato nel quale tenerla al sicuro e aveva dovuto litigarci per mandarle a lavoro. Chiunque fosse stato, si sarebbe convinto che non era in casa o avrebbe lasciato perdere. Invece c’erano stati altri due trilli e al quinto fu costretta a lasciare telecomando e sofà, anche solo per mandare a quel paese chi la stava disturbando. Non si preoccupò di presentarsi in tuta e t-shirt, che avrebbe potuto avere la sua stessa età, l’importante era disfarsi di quel problema. Ciò che non sapeva ancora, era quanto fosse effettivamente grande. Aprì la porta e si ritrovò di fronte un sacchetto del Grenny’s e un paio di fatali occhi scuri a porgerlo.
-Le tue preferite- 
Si concesse appena qualche secondo di puro masochismo, si concesse di tornare ad affogare ancora una volta ben consapevole di non avere alcun tipo di ancora. 
-Non ho fame-
Provò a richiudere la porta, ma la mano di Laya fu più veloce e la bloccò in tempo. 
-Alexis, ho bisogno di parlarti-
-Credo ci siamo già dette abbastanza-
Laya aveva calcolato quel tipo di accoglienza, era certa che si sarebbe trovata di fronte una bomba ad orologeria pronta per esplodere. Era pronta al veleno che l’altra avrebbe buttato fuori e al gelo che aveva intorno. Dopotutto si erano tirate addosso di tutto solo il giorno prima. Ma non riuscì a programmare la sua reazione di fronte a quello sguardo duro e crepato. Ci aveva provato con ogni sua forza a prepararsi e a resistere, ma era impossibile. Aveva passato la notte a pensare a lei, a lei e a Kara e il dolore la divorava fino a farla impazzire.
-Per favore- il sono tono fu poco più di una supplica.
Alexis ridacchiò, un suono così distante dal suo normale modo di farlo. Allargò le braccia e spalancò la porta, un sorriso finto sul viso.
-Accomodati, tanto si fa sempre quello che vuoi tu. O magari mi minaccerai di nuovo? -
Non attese l’ingresso dell’altra, le diede le spalle e si recò nuovamente verso il divano gettandocisi sopra. Laya la seguì a passo lento, aveva bisogno di stare con lei anche solo per un attimo. Per questo aveva portato le ciambelle del Granny’s, sapeva quanto le piacessero e ricordava le scorpacciate che faceva ad ogni colazione lì. Poggiò il sacchetto sul tavolino di fronte il divano e si perse a guardarla; pesanti occhiaie le circondavano gli occhi, i capelli erano in disordine ed era abbastanza certa non avesse chiuso occhio da almeno tre giorni. Ma ciò che più la pugnalava al cuore, era quel suo essere tanto glaciale. Lei non era così, Alexis era un’eterna bambina allegra, anche quando litigavano o aveva paura. Alexis emanava gioia. 
-Come stai? -
Sapeva bene essere la domanda più idiota che potesse porgerle, ma non le era venuto in mente nulla di più sensato da dire per iniziare una conversazione.
-Benissimo- rispose lapidaria.
Provò ad allungare una mano verso di lei, ma saltò indietro come un gatto rivolgendole un‘occhiataccia.
-Lex- il suo tono fu una preghiera.
-Chiamami di nuovo così e ti faccio volare fuori dalla finestra, Agnés-
Era scattata in piedi, frapponendo tra loro il divano e ulteriori metri di precauzione. Respirò a fondo, cercando in qualche modo di raggruppare i pensieri. Si alzò e mosse un solo passo verso di lei, solo uno prima che l’altra si irrigidisse. Si guardò attorno, si sarebbe aspettata di vedersi piombare addosso un qualsiasi membro della sua famiglia pronto a dirle di star lontana.
-Sei sola? - domandò stupida.
-Strano, vero? Ormai vivo in una gabbia ancor più stretta di quanto non lo sia tutti i giorni. Ironico che l’unico momento nel quale riesco ad avere un po’ d’aria arrivi tu-
A quella conferma, Laya decise di tentare il tutto per tutto. Non aveva più tempo, il giorno dopo sarebbe andata via e non l’avrebbe mai più rivista. Mosse ancora qualche passo nella sua direzione.
-Non ti avvicinare, Laya- le intimò allungando le dita verso di lei.
-Voglio solo parlare con te- rispose l’altra a palmi alti.
-Puoi anche farlo restando seduta sul divano. O magari anche da fuori la porta- 
I toni di Alexis erano aghi che penetravano nella pelle. La maggiore non ci pensò nemmeno a contraddirla, tornò a sedersi. Avrebbe voluto dirle tante cose, ma non erano poi così lontane da quanto si erano già dette il giorno precedente. Non c’era ferita che ancora non si fossero inferte a vicenda. E le sue bruciavamo, bruciavano da morire. Lo sguardo della ragazza era come sale e limone assieme sui bordi infetti. 
-Ho raccontato di te a Esmeralda-
Non seppe dire perché tirò fuori proprio quell’argomento. Le parlò a capo chino, senza il coraggio di guardarla in faccia. Alexis restò in piedi, senza una singola emozione ad attraversarle il viso.
-Dovrei sentirmi onorata per questo? E cosa le avresti detto, poi? Che in un’altra dimensione c’è una povera idiota che è stata innamorata persa di te, che ti ha aspettata e cercata per anni? Che è quasi impazzita nel vano tentativo di riportarti a casa? Che la sua nascita è stata frutto di una maledizione? -
Laya scattò in piedi e con pochi movimenti si ritrovò a pochi passi dall’altra. Nel tono dell’altra c’era stato un gelo ed una cattiveria che non le aveva mai sentito. Mai.
-Non ti azzardare a parlare così di mia figlia-
-Ho detto la verità. Il tuo matrimonio, la sua nascita, non l’hai voluta tu e nemmeno quel poveretto di tuo marito-
Alexis sentì il cuore sgretolarsi nel petto. Matrimonio, figlia, separazione, erano argomenti che ancora non poteva mandar giù, ma che sapeva avrebbero ferito Laya. E ormai, erano riuscite a comunicare solo ferendosi. Era una consapevolezza che avevano entrambe.
-Moderati, ragazzina-
-Altrimenti? -
Laya non avrebbe voluto discutere ancora, non avrebbe voluto litigare. Era suo desiderio trascorrere quell’ultimo giorno in sua compagnia. Ma entrambe avevano fatto passi in avanti, verso l’altra. Si ritrovarono a pochi centimetri di distanza. Avvertirono distintamente l’elettricità tra loro e i battiti accelerati l’una dell’altra. Laya aveva il fiatone, gli occhi di Alexis la stavano uccidendo, verdi e colmi di magia, e le sue labbra erano così vicine. Le mancavano da morire quelle labbra, il loro sapore, il modo di sospirare quando la baciava. Quella luce che le illuminava il volto ogni volta si staccava da lei e la guardava sognante. Non resistette oltre, le prese il volto tra le dita e raggiunse finalmente la sua meta. Riuscì appena a toccarle che un sonoro schiaffo le arrivò dritto su una guancia. Fu costretta a fare diversi passi indietro tenendosi la parte lesa. Alexis la guardava con una maschera indecifrabile sul volto, gli occhi brillavano di rabbia e lacrime.
-Vaffanculo, Laya! - strillò con le mani tra i capelli.
Ma lei non si mosse, non fece nulla. Attese che Alexis tornasse più vicina per poter risentire il suo odore e ridonare alle mani quel calore che solo la sua pelle sapeva infondere. 
-Vattene! Vattene immediatamente da casa mia! -
Le lacrime presero a bagnarle le guance rosse. Le labbra, incastrate nella morsa dei denti, la chiamavano a gran voce. Si avvicinò ancora una volta ma un muro invisibile le impedì di andare oltre così da far crescere anche la sua rabbia.
-Non usare la magia, Alexis-
-Tu non puoi più dirmi cosa devo o non devo fare, hai capito! E non puoi venire qui e fare come cazzo ti pare, non sono la tua puttanella! - i suoi singhiozzi si fecero più prepotenti, la mano tesa a supporto del muro.
-Liberami immediatamente-
Alexis non abbassò la mano, né il suo sguardo si addolcì.
-Lex, smettila di usare la magia. ORA! -
Di fronte quella tenacia, quello sguardo oscuro e profondo, al suo nome pronunciato con rabbia, non fu capace di sorreggere alcun tipo di muro. Il suono perfetto che avvolgeva il suo nome quando era lei a pronunciarlo, era eroina pura. Abbassò la mano, lasciandosi cadere sulle ginocchia trattenendo le lacrime. O quanto meno provandoci. Per qualche attimo tutto tacque, nessuna delle due ebbe il coraggio di muovere un solo muscolo. Poi Laya le si avvicinò tendendole la mano.
-Alzati, il pavimento non fa per te-
Nelle sue parole non vi era stata gentilezza o premura, i suoi toni furono rigidi e gelidi. Le dita tese in suo aiuto la tirarono ancora in piedi, il loro contatto non poté evitarle dei brividi lungo le schiena. Si guardarono e ancora Laya non riuscì a trattenersi di fronte a quegli smeraldi tanto carichi. Le prese nuovamente il viso tra le mani e la baciò. La baciò con furia e con rabbia, con bisogno e dovere, come se in quel bacio vi fosse racchiusa tutta la propria vita. Ed era così, aveva desiderato baciarla da quando l’aveva rivista la prima volta al suo ritorno. Aveva desiderato baciarla da quando erano riaffiorati i suoi ricordi mischiandosi con quelli di Hannah, da quanto lei l’aveva respinta.
Alexis provò ad opporre resistenza ma era troppo debole, quella passione non poteva fermarla. Poteva solo lasciarsi travolgere, come una conchiglia persa nella marea. Ritrovare la lingua di Laya fu tornare a respirare dopo anni di reclusione in una stanza senza finestre. Fu doloroso e stupendo al tempo stesso, sprigionando una forza tale da sgretolarle il cuore e farlo battere tanto forte da metterlo a rischio.  La maggiore la spinse contro il muro del salotto accanto al camino tenendole saldi i fianchi. Alexis gemette quando le spalle collisero con la parete, un suono perfetto per le orecchie di Laya. Un suono che arrivò diretto al suo centro scuotendolo. Dal suo risveglio aveva sognato così tante volte di fare ancora l’amore con lei e nella sua dimensione onirica i gemiti della minore non erano nulla rispetto alla realtà. Continuava a baciarla, a tenerla ben salda tra il suo corpo e la parete temendo di vederla scappare da un momento all’altro. Le mani viaggiavano lungo quel corpo che aveva scoperto per prima e che conosceva come le sue tasche, ogni centimetro era stato suo. E lo voleva di nuovo. Le dita della mano destra sfregarono sotto la maglia lungo i fianchi, trovandoli ancora più sottili di quanto non fossero mai stati, fino ad arrivare al lato del seno nudo. La sinistra la teneva salda alla base della schiena facendo combaciare i loro centri. Alexis era aggrappata alle sue spalle, i palmi bruciavano e fremevano al desiderio di tornare a scorrere su quella pelle abbronzata. Abbandonò le sue labbra solo per riprendere aria, dedicando la sua attenzione al collo. Passò più volte la lingua sulla giugulare, avvertendo un brivido quando toccò la cicatrice sulla parte sinistra. Laya gemette e i suoi slip si inumidirono. Le allontanò il capo tirando con forza verso il muro, la guardò dritta negli occhi e fu certa che il mondo sarebbe anche potuto finire in quel momento. Le labbra semiaperte e gonfie, le gote rosse, il petto che si alzava e abbassava frenetico, non le lasciavano scampo. Si concesse ancora qualche secondo per guardarla mentre le tirava su la t-shirt e la gettava sul pavimento, mostrando il seno già nudo. Si inginocchiò avanti a lei baciandole la pancia e delineando con la lingua il confine della tuta. La sentì fremere sotto di sé e gemere per i suoi tocchi. Le mani della minore si persero tra i capelli scuri mentre cercava in ogni modo possibile di avvicinarsi di più a lei. Laya risalì tutto il percorso del tronco con la punta della lingua, soffermandosi qualche attimo di più tra i seni e beandosi dei sospiri pesanti dell’altra. Dedicò particolare attenzione al collo, lasciandovi morsi e segni rossi. Stava per tornare a baciarla ma Alexis l’afferrò per la maglia e mosse appena il polso. In un attimo si ritrovarono nella sua camera, stese sul letto. Proprio come durante la loro prima volta.
-Lo sai che odio la magia- sospirò Laya.
In risposta la minore fece schioccare le dita facendo sparire gli indumenti di entrambe, lasciandole nude l’una sull’altra. Inghiottì un groppo di saliva quando si ritrovò di fronte il corpo nudo di Laya e tutta la mancanza di quegli anni la investì. Sui fianchi e sulla pancia i segni della gravidanza erano appena visibili, ma le fecero comunque male. Tornò a guardarla, il suo sopracciglio alzato lasciava presagire che attendeva ancora una risposta alla sua frase di poco prima. 
-Non puoi più dirmi cosa fare-
La sua risposta fu veloce, il suo unico desidero era tornare ad occuparsi di lei. Laya stava per replicare ma i denti dell’altra intorno ad uno dei suoi capezzoli la misero a tacere. Gettò la testa all’indietro, le mani accarezzarono la schiena di Alexis. La lasciò fare, senza nemmeno pensare a cosa le stesse effettivamente facendo. L’unica cosa importante era sentirla a cavalcioni su di sé e ascoltare i brividi che le solcavano ogni centimetro di pelle. Chiuse gli occhi, concentrandosi solo sulla lingua dell’altra appena sotto l’ombelico e sul calore che si propagava tra le sue gambe. Continuava a scendere e solo quando l’avvertì al suo interno si concesse di sgranare gli occhi e lasciarsi andare a gemiti liberatori. Strinse tra le mani le lenzuola sotto di sé beandosi di quella sensazione che solo Alexis era mai stata in grado di farle provare e che le era mancate come l’aria. Non esisteva termine di paragone con i ricordi che Hannah aveva di Jonas, nulla in confronto al modo in cui continuava a galleggiare dentro di lei e a farla impazzire. I sui movimenti circolari, il modo in cui le teneva le cosce e i capelli che le solleticavano la pelle, erano un perfetto connubio. Abbassò per un solo istante lo sguardo verso la ragazza e la trovò intenta a guardarla con quelle sue grandi gemme verdi. E tanto le bastò per urlare forte e lasciar risuonare la sua liberazione in tutta la casa. L’altra le fu di nuovo addosso baciandola con foga e mischiando i loro sapori. Avrebbe desiderato un attimo per riprendere fiato, ma la necessità che Alexis le stava richiedendo era più impellente. Cercò di capovolgere la situazione portandosi su di lei, ma non glielo permise bloccandole i polsi sulla testa e annullando ancora una volta le distanze tra loro. Voleva farla sua, voleva tornare a viaggiare in lei e ad ascoltare i suoi gemiti di piacere. Tentò di liberarsi ma la presa dell’altra era solida e stretta.
-Lex, lasciami- supplicò.
Alexis poggiò la fronte contro la sua chiudendo gli occhi, ma Laya capì che stava solo evitando di non far vedere le proprie lacrime. 
-Non posso credere che tu abbia fatto tutto questo con un’altra persona. Non posso credere tu l’abbia fatto mentre io mi dannavo per ritrovarti-
Le sue parole vennero fuori in un bisbiglio doloroso, roche e pesanti. Laya attese che riaprisse gli occhi prima di parlare a sua volta, aveva bisogno di morire nel suo verde. 
-Conosco la sensazione, credimi-
Nella sua mente era ancora nitida la confessione di esser andata a letto con quella ragazza. Aveva sentito una stretta allo stomaco che l’aveva fatta quasi correre a vomitare.
-Non è minimamente paragonabile, Laya-
Ma la bruna non aveva alcuna voglia di parlare, quel corpo le era mancato per troppo tempo. Strattonò ancora la sua presa e questa volta riuscì a liberarsi mettendosi seduta, ma sempre tenendo l’altra ben salda su di sé. Alexis intrecciò le dita tra i suoi capelli e le gambe alla schiena andando a perdersi nei suoi occhi scuri. Laya la baciò, ma senza rancore. Un bacio colmo d’amore e di scuse. Fece scivolare le dita lungo il ventre candido dell’altra fino ad arrivare alla sua meta, intrappolando ogni ansito. La sentì tremare sotto i polpastrelli e chiederle di andare oltre spingendo tutto il corpo verso di essi. Non ebbe alcun problema a proseguire oltre, lasciò scivolare nel corpo di Alexis due dita e si crogiolò nel suo calore e in tutto ciò che ne susseguì. Ammirò le iridi allargarsi all’inverosimile e la bocca spalancarsi per lasciar uscire i suoi gemiti. La minore si era aggrappata alle sue spalle con salda presa, ma Laya le cingeva comunque la schiena con una mano mentre con l’altra affondava in lei. I gemiti diventarono ben presto urla, suoni perfetti per le sue orecchie. Non le staccò per un solo istante gli occhi di dosso, imprimendo nella mente il meraviglioso modo in cui assecondava i suoi movimenti e i suoi occhi carichi cercavano i suoi per perdercisi. Non le chiese come era solita fare di tornare sulla Terra, di tornare da lei, voleva che restasse nella sua oscurità il più a lungo possibile. Voleva continuare ad ammirarla su di sé, contemplare i suoi movimenti alla ricerca del piacere. Le dita si intrecciarono tra i capelli della maggiore, trascinando il capo sul suo petto implorando attenzioni. Intorno alle dita il suo corpo prese a tremare preannunciando il quasi imminente orgasmo.
-Ti odio, Laya. Ti odio con tutta me stessa- ansimò.
-Ti amo anch’io, Lex-
Alexis si lasciò andare ad un grido liberatorio, poi distese i muscoli lasciandosi cadere sul corpo dell’altra con respiro affannoso e sfinita. Laya tornò a stendersi tenendola stretta e lasciando che restasse su di sé, facendo suo ogni minimo fiato. La strinse forte, come aveva fatto troppe poche volte durante la loro relazione. Non aveva mai temuto di vederla sparire da un giorno all’altro, non si era mai preoccupata di godere di ogni secondo in sua compagnia. Da quando era entrata nella sua vita c’era sempre stata e anche nei momenti più complicati, aveva sempre avuto in lei la certezza di ritrovarla il giorno dopo. In quel momento si rese conto di cosa significasse realmente quella ragazza nella sua vita. Lei era stata ogni cosa, poi era dovuta scendere a compromessi con Hannah. E Hannah, non aveva lasciato nulla. Hannah aveva distrutto la sua vita e tutto ciò che aveva faticosamente costruito con Alexis. Respirò forte l’odore dei suoi capelli, l’odore del sesso e di casa. Il peso della ragazza addosso, era ciò che aveva sognato infinite volte durante la sua permanenza nell’altra dimensione. Ascoltò i suoi respiri regolarizzarsi, fino a quando il fiatone non sparì del tutto. La minore tentò di lasciarsi cadere sul letto accanto all’altra, ma Laya la pregò di restare ancora sul suo petto stringendole ancora più forte le braccia attorno al suo corpo, sentendola rabbrividire.
-Hai freddo? – le sussurrò all’orecchio.
Alexis annuì e Laya si mosse per poterla coprire fino al mento e stringendola ancora. Dopo poco tempo la sentì rilassarsi e strofinare il naso sul suo collo. Nuovi brividi nacquero sul suo corpo. Lo faceva spesso dopo aver fatto l’amore, una ricerca incondizionata di essere amata. Le baciò i capelli e prese ad accarezzarle la schiena sfiorando appena la pelle con i polpastrelli. La sentì muoversi appena su di sé in risposta al suo tocco. Lasciò viaggiare le dita sulle sue cosce, sorridendo quando un mugolio venne fuori dalle labbra dell’altra. Le cercò ancora, pronta per trovare nuovamente piacere in lei, ma Alexis la fermò tirandosi indietro. Laya si sentì ferita da quel rifiuto, non era mai accaduto, di solito era lei a doverla fermare. La minore scivolò via dal suo corpo, lasciando un enorme gelo al suo posto. Si posizionò su un lato, rannicchiandosi accanto a lei. Laya conosceva quell’atteggiamento, si comportava a quel modo ogni volta che c’era qualcosa che non andava; aveva bisogno di sentirla accanto ma al tempo stesso si prendeva un po’ del suo spazio. Ruotò sul fianco anche lei, cercando di imprimere negli occhi quanto più poteva.
-Che c’è? – le chiese.
Alexis non alzò lo sguardo verso di lei, preferendo restare nel conforto della sua coperta.
-Cosa succederà adesso? – attese qualche secondo una risposta da Laya che non arrivò. Dunque continuò –Te ne andrai via come se questo non fosse mai accaduto? Come se non fossi importante per te? -
Sussurrò solo l’ultima frase, il dolore era troppo forte. L’aver riavuto Laya solo per qualche frammento di vita, non bastava e non serviva.
-Io ti amo, Lex, ma … -
Laya tentò di avvicinarsi a lei, ma la minore saltò fuori dal letto e iniziò a rivestirsi velocemente. Restò a guardarla sentendo il cuore lacerarsi poco a poco sempre più. La imitò, limitandosi ad indossare la maglia e gli slip.
-Ehi, fermati un secondo. Guardami, Lex-
Le prese il viso tra le mani, ma le sfuggì troppo velocemente.
-No, Lay! Diciamo di amarci, ma tu domani andrai via per sempre ed io dovrò fare i conti con tutto questo. Di nuovo-
-Sto male anch’io, cosa credi! Vorrei poter restare qui e riprendermi la mia vita, ma ho delle responsabilità. Non posso sparire come se nulla fosse, non posso abbandonare mia figlia per seguire il cuore. Io non sono mia madre, Alexis-
Ne seguirono attimi di silenzio. Istanti in cui entrambe tentavano di restare salde ai propri posti piuttosto che riprendere a darsi contro senza alcun tipo di freno.
-Abbiamo sbagliato, Laya. Non dovevamo permettere che accadesse –indicò con una mano il proprio letto-Ci siamo lasciate trasportare come due adolescenti-
Laya la guardò sconvolta. Non avrebbe mai creduto che Alexis potesse pensare qualcosa del genere, che definisse uno sbaglio fare l’amore. Ricordava così nitidamente quanto avessero discusso prima di farlo la prima volta. Non riusciva a comprendere, nel suo sguardo affranto non ritrovava la ragazza che amava profondamente da anni. Lì, dove una volta c’era quell’adorabile ragazzina esuberante, viveva una donna di ventiquattro anni segnata dalla vita.
Poi comprese.
Il problema non era solo la sua imminente partenza, ma quella Kara di cui le aveva parlato. Sentì lo stomaco contorcersi, avvinghiarsi su sé stesso e stringersi in un nodo. Per un attimo, capì cosa avesse dovuto provare Alexis nel vederla con Jonas.
-Non è solo per me, vero? –
Sul suo viso apparve un sorriso triste, nel petto batteva la consapevolezza di averla persa. Fu un dolore tremendo, ma ciò che lo rendeva ancor più forte fu che anche Alexis lo avesse provato. Per così tanto tempo.
-No, Laya, non è solo per te. Kara non merita questo-
Tentò con ogni sua forza di restare calma e lucida, di non perdere il controllo come la prima volta che le aveva parlato di lei. Tentò di prenderla con maturità e restare razionale, ma non poteva accettarlo. Alexis, la sua Alexis, non poteva provare qualcosa per un’altra persona. Lei era sua.
-Ne sei innamorata? – chiese con voce tremante.
La minore deglutì a fatica, non era riuscita a rispondere a quella domanda nemmeno con sé stessa. Più e più volte se lo era domandato, ma era sempre stata incapace di darsi un’effettiva risposta. Kara la faceva star bene, era riuscita a farla tornare alla luce dopo troppi anni di ombre e lei non poteva dimenticarlo. Non poteva semplicemente cancellare tutto ciò che aveva fatto per lei e come fosse stata in grado di ricordarle che c’era un mondo oltre Laya, un mondo in cui valeva la pena vivere con Kara accanto. Un sorriso le increspò le labbra pensando a quella sua risata infantile e al modo in cui si sistemava gli occhiali sulla faccia. E quel sorriso non sfuggì a Laya.
-Penso di sì -
Non si era nemmeno resa conto di averle risposto. Le parole erano arrivate alle sue orecchie come se pronunciate da una terza persona nella stanza. Alzò lo sguardo su Laya, sgranando gli occhi nel vedere delle lacrime scorrere sulle sue guance. Nei quattro anni in cui erano state insieme, non l’aveva mai vista piangere. Non aveva mai visto quell’espressione tanto addolorata e triste sul suo volto. Le si avvicinò, prendendole le mani. Si mosse con estrema calma, temendo che Laya potesse scattare da un momento all’altro.
-Mi dispiace, io… -
-Ti sei innamorata di un’altra, Lex! Non posso crederci, non ci riesco. Ne abbiamo passate così tante tu ed io e adesso stai mandando tutto a puttane! –
Si districò dalla presa dell’altra, allontanandosi per poter essere libera di muoversi. Si coprì il volto con le mani, tentando di nascondere la vergogna ed il dolore che provava.
-Mi dispiace, Laya! Te l’ho già detto, non riuscivo più a vivere. La mia vita era diventata un continuo infliggermi dolore nel vano tentativo di trovarti-
Le andò incontro, provando ancora ad avere un contatto con lei. Le circondò il volto con le mani, impedendole di poter scappare via.
-Tu sarai sempre il mio vero amore, Laya. Nessuno potrà mai prendere il tuo posto, e tu lo sai, ma non puoi chiedermi di restare imprigionata in un ricordo. L’ho fatto per troppo tempo e mi ha quasi uccisa. Ti prego, cerca di capire-
Ma Laya non era più lucida, tutto ciò che riusciva ad elaborare era che l’amore della sua vita avesse scelto di rinunciare a lei. Non riusciva a rendersi conto di quanto fosse ipocrita ed opportunista, non riusciva a vedere quanto dolore stesse provando l’altra nel dover ammettere che le cose tra loro fossero mutate. Sentiva le lacrime morire sulle dita di Alexis, e tutto ciò che riusciva a desiderare era baciarle.
-Provi per lei ciò che hai provato per me? –
 Le sue parole vennero fuori come se fosse stata sua figlia a pronunciarle, cariche di ingenuità e infantilità. Rotte da lacrime pesanti.
-Dio, Lay, ti ho appena detto che è impossibile! Tu sei stata la mia prima volta in tutto e questo non potrò mai dimenticarlo. Ma non puoi chiedermi di restare legata al tuo fantasma-
-Allora vieni con me-
I suoi occhi brillarono come gemme, le pupille sgranate rendevano nera ogni cosa collidesse con loro. Si avvicinò quasi di corsa ad Alexis, prendendola per le spalle.
-Vieni con me, Lex. Potremmo stare insieme e … -
-Mi stai seriamente chiedendo di lasciare tutto il mio mondo per te, Laya? Di essere la tua amante? –
Una forte rabbia crebbe nella minore. Non riusciva a credere che la ragazza che aveva amato per così tanto tempo e con un’intensità indescrivibile, potesse arrivare a tanto. Non avrebbe mai creduto potesse essere così egoista.
-C’è la mia famiglia, qui! –
-E lì c’è la mia, Lex! Lì c’è mia figlia! – pose molta più enfasi sull’ultima parola.
-ERVAMO IO E TE LA NOSTRA FAMIGLIA! –
Alexis aveva urlato così forte da sentire la gola andare in fiamme. Aveva preso a piangere, in preda alla rabbia. Alcune finestre vibrarono, ma i suoi esercizi di autocontrollo avevano dato i propri risultati.
Rimasero a guardarsi per un tempo infinito, rimasero l’una nell’altra finché una delle due non ebbe il coraggio di rompete quell’utopia.
-Entrambe abbiamo degli obblighi, entrambe abbiamo una vita oltre noi-
Alexis sospirò, non riusciva a credere che dopo tanto tempo, dopo tanto dolore, stava ammettendo che separarsi da Laya era la cosa giusta. Si lasciò cadere sul letto, le mani tra i capelli. Laya la guardava, incapace di fare nulla se non lasciar scorrere le sue lacrime.
-Tu non immagini cosa ho passato in questi anni, Laya-
-Ne abbiamo già parl… -
-No, Lay. Non puoi saperlo perché non c’eri. Per quattro anni della mia vita, in cui ho fatto un buco nel fondo, tu non c’eri. So che è colpa mia, che non è dipeso da te e che non hai potuto farci nulla, ma non eri qui, Laya. Ho dovuto cavarmela da sola, nessuno poteva capire cosa stessi passando, cosa significasse dover fingere che tu fossi morta. Non voglio ripeterlo, non voglio farlo. Non voglio più provare quell’orribile sensazione di sentire il cuore spaccarsi e tentare in ogni modo di strapparlo via, perché credimi Laya, se mia madre non lo avesse protetto lo avrei fatto ancora e ancora-
La bruna la fissò come se la stesse vedendo per la prima volta, come se solo in quel momento le fosse chiaro quanto avesse patito. Ma non riusciva ad essere comprensiva, non quando si trattava di lei.
-Mi stai lasciando, Alexis? –
La minore sospirò, metterlo nero su bianco faceva incredibilmente più male.
-Non abbiamo scelta, Laya. Ed io merito di ritrovare un po’ di felicità-
-Con quella ragazza? Con una persona alla quale dovrai sempre nascondere una parte di te? –
Laya era scattata in piedi, tentando ormai di aggrapparsi ad ogni singola cosa pur di restare avvinghiata ad Alexis.
-Santo cielo, è così assurdo per te comprendere che Kara mi abbia resa felice? Che se non ci fosse stata lei, probabilmente non staremmo nemmeno qui a parlare, perché te lo giuro, Laya, ho visto la fine molto da vicino-
Di fronte allo sguardo vuoto della bruna, Alexis comprese che ormai non c’era più nulla da fare. Laya non avrebbe mai potuto comprendere cosa avesse vissuto in quegli anni, perché per lei non erano mai passati. Si voltò verso l’armadio aprendolo, tirò fuori un jeans ed una felpa a caso e li indossò alla svelta. Aveva bisogno di aria e di allontanarsi da Laya perché vederla ridotta in quello stato la distruggeva e avrebbe minato tutta la forza di volontà che si era imposta.
-Spero tu capisca, Laya-
Si avvicinò per baciarle una guancia, ma la ragazza si scansò in malo modo alzandosi e vestendosi. Le voltò le spalle con enorme sofferenza e uscì dalla propria camera lasciandola lì.
Non poteva sopportare ancora, si malediceva già abbastanza per aver ceduto alla tentazione del suo corpo. Aveva bisogno di stare il più lontana possibile da Laya, dal dolore che era capace di concederle. Camminò a passo spedito verso una meta non identificata, lasciò ai piedi la facoltà di scegliere dove l’avrebbero portata. La realtà era che non voleva vedere nessuno, non voleva parlare con nessuno di quella maledette città e non avrebbe tollerato l’ennesimo sguardo pietoso. Era anche per quello che aveva lasciato Storybrooke a favore del college, chiunque la incontrasse non faceva che vedere e rivedere la piccola principessina struggersi per il proprio amore perso. E lei ne aveva abbastanza, di tutto. Ne aveva abbastanza degli sguardi compassionevoli, delle pacche sulla spalle e delle mezze parole professate alle proprie spalle. Nei mesi in cui era stata lontana era rinata, aveva scoperto cosa significasse sentirsi liberi di poter esprimere ogni minima emozione. Aveva urlato nei momenti di rabbia, corso nel cortile del college quando era felice e fatto sesso con Kara senza preoccuparsi di cosa avrebbe potuto dire la sua stramaledettissima minuscola città. E fu così che si rese conto che ancora una volta la propria via di fuga convergeva nella persona di Kara. Quelle ragazza che era volata fin lì solo per starle accanto e che lei stava trattando come l’ultima ruota del carro.
Senza nemmeno rendersi conto di dove fosse, prese a correre verso il Granny’s per poter almeno parlare con lei. Tentare in qualche modo di ritrovare quella stabilità che aveva ritrovato con lei. Lo trovò così ironico, aveva pregato per anni che Laya tornasse a casa anche solo per un attimo e ora che lo aveva fatto stava scappando da Kara.
Entrò alla tavola calda accennando un rapido saluto a Ruby e chiedendole quale fosse la stanza presa da Kara. Ricevuta la notizia, corse su per le scale e bussò con forza alla porta.
-Ehi, Straniera-
-Posso entrare? –
Kara aprì maggiormente la porta lasciandola entrare e le fu chiaro in un attimo che qualcosa fosse accaduto. Alexis era così nervosa da emanare vibrazioni in tutta la stanza. Ingoiò un groppo di saliva, dentro di sé quella minuscola speranza di poter dar torto a ciò che la ragione le stava urlando.
-Kara io… -
Si morse le labbra mentre camminava avanti e indietro per tutta la camera.
-Siete tornate insieme? – domandò con un filo di voce.
-N-No. Noi… -
Ci furono attimi di silenzio in cui Alexis non riusciva ad articolare le parole e Kara non voleva ascoltarle.  
-Siete andate a letto insieme-
La sue non era una domanda, la propria razionalità glielo stava urlando dal momento stesso con l’aveva visto uscire dalla tavola calda. La vide sgranare gli occhi e mettere in risalto tutto il verde che tanto le piaceva e non ci fu prova più palese di quella.
-Kara mi dispiace-
Provò a prenderle le mani, ma l’altra si ritrasse allontanandosi. Avrebbe voluto guardarla, studiare il suo viso come quando sbirciava i suoi lineamenti mentre studiavano assieme, ma proprio non ci riusciva. Tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi era il pavimento.
-Ti prego, non fare così- Riprovò Alexis tentando ancora di sfiorarla.
-Va bene, Straniera- rispose allontanandosi e tenendo i palmi alti- Io e te non stiamo insieme, sei libera di fare quello che ti pare, ma almeno non prendermi in giro-
Aveva bisogno di allontanarsi da lei, di non respirare il suo profumo. Mosse qualche passo per la camera senza sapere bene cosa fare, poi, come se non avesse più alcun tipo di controllo su sé stessa, presa la propria valigia e iniziò a riempirla.
Alexis non riuscì a dire una sola parola né a muoversi, semplicemente vedeva sfumare sotto gli occhi l’ultima possibilità di essere felice. Si aggrappò all’arpa più per abitudine che per altro, dandosi poi della stupida per tenere ancora addosso quel ciondolo. Guardava Kara infilare cose in valigia e non riusciva a trovare una singola parola che potesse in qualche modo fermarla, a dirle quello che sentiva. Avrebbe solo voluto abbracciarla e tornare a quando al college le bastava uno sguardo furtivo per ritrovare serenità.
-Kara, non… -
-Senti, Alexis- non la chiamava quasi mai per nome -Tra me e te c’è qualcosa, questo è innegabile. Non so che noma tu voglia dargli, ma io provo dei sentimenti per te e anche se era solo sesso potevo starci, andava bene ad entrambe. Questo però è troppo per me, mi dispiace. Quindi, risolvi i tuoi problemi e quando sarai certa di ciò che vuoi fammi uno squillo-
Chiuse la borsa e se la mise sulla spalla, pronta a lasciare Storybrooke.
-Kara, ti prego. Non andare via-
Non avrebbe mai creduto di ritrovarsela in lacrime nella propria camera d’albergo, non avrebbe mai creduta che sarebbe finita a provare dei reali sentimenti per lei. Ed era proprio questo che le faceva più rabbia di ogni altra cosa, Alexis non era stupida e sapeva perfettamente cosa provasse.
-Sei stata a letto con la tua ex ragazza e vuoi che io resti qui? Ti rendi conto che sono due concetti lontani anni luce? –
E Alexis lo sapeva perfettamente, solo che non riusciva a fare a meno di nessuna delle due. Amava Laya, quello non sarebbe mai cambiato, ma Kara le aveva dato così tanto che non poteva e non voleva perderla.
-Io non so cosa fare. Lo capisci? Ci ho messo anni ad abituarmi al fatto che lei fosse sparita e ora… -
Kara avrebbe voluto avvicinarsi, asciugarle le lacrime e dirle che sarebbe andato tutto bene. Che, qualora ne avesse avuto bisogno, avrebbe continuato ad avere la propria spalla su cui piangere. Ma non poteva permetterle di avere tutto questo potere.
-In questo non posso aiutarti, Straniera. Devi fare chiarezza con te stessa o rischi di farti male e farne a chi ti sta intorno. Prima di iniziare un altro qualsiasi tipo di relazione, devi chiudere con lei. Chiudere davvero-
Le voltò le spalle e mise una mano sulla maniglia chiudendo gli occhi e combattendo contro l’impulso di restare con lei, a chi importava con chi diavolo era stata a letto! Ma la ragione prevalse e le diede la forza di aprire quella porta e andar via senza voltarsi.
Alexis la vide sparire dal proprio campo visivo.
Aveva fatto esattamente ciò che si era ripromessa di evitare, aveva dato a Laya tutti i mezzi per stravolgerle ancora la vita.
 
Laya era tornata a casa con il cuore spezzato e gli occhi gonfi e rossi. Non aveva mai pianto tanto nella propria vita, tanto dal credere che potesse affogarci nelle proprie lacrime. Quando Alexis aveva lasciato la propria camera, aveva portato con sé ogni singola cosa le appartenesse, lasciandola da sola nella sua stanza a rimettere insieme i pezzi. Non c’era mai stato nulla che le avesse fatto tanto male, nulla che l’avesse ridotta in quello stato. Si era rintanata nella propria camera, senza la minima voglia di voler parlare con anima viva. Aveva lasciato che il cuscino assorbisse ancora altre lacrime e che i ricordi la tormentassero come demoni interiori. Si era impegnata con tutta sé stessa per impedir loro di avere la meglio, ma ogni volta che riapriva gli occhi qualcosa le parlava di Alexis: quella foto attaccata magicamente, i libri che le aveva regalato, i regali che si ostinava a comprarle, l’arpa che le batteva contro lo stomaco. La strinse tra le dita chiudendo gli occhi, ancora lo ricordava il sorriso immenso che le aveva rivolto quando le aveva comprate in quella boutique a Parigi. Alexis aveva insisto per tutta la loro permanenza a comprarle, affinché avessero qualcosa che le accomunasse. Solo poche ore prima di recarsi in aeroporto, Laya era tornata in quel negozio per acquistarle. Quando, tornata in hotel, le aveva consegnate ad Alexis, la ragazza era esplosa di gioia saltandole al collo e baciandola con enfasi.
Eppure…
Obbligò la propria mente a cercare riparo da quella pioggia di ricordi, di star lontana da Alexis in ogni sua forma. Ma sapeva che non poteva farlo finché sarebbe rimasta lì, non poteva. Si alzò dal letto di scatto, come improvvisamente bruciasse, e raggiunse suo padre e Fleur-de-Lys.
-Andiamo via stasera. Preparate tutto ciò che vi serve-
I due si guardarono preoccupati, potevano comprendere quella decisione affrettata e infatti si erano già portati avanti con i preparativi.
-Sei sicura, Scoiattolina? Non si torna indietro da questa decisione-
-Lo sono. Non ha alcun senso continuare a stare qui-
Tornò in camera e prese a gettare alla rinfusa le proprie cose in una borsa, presa dalla foga di volersi allontanare il prima possibile da lei.
 
Alexis era ferma sul divano da diverse ore, con il televisore spento e lo sguardo perso nel vuoto.
-Dovremmo fare qualcosa, secondo te? – sussurrò Emma alla moglie osservando la figlia.
-Non ne ho idea, Emma. Vorrei poterla aiutare, ma non c’è nulla che possiamo fare-
Le donne si guardarono per un istante, incerte sul da farsi. Emma stava per rispondere qualcosa quando il campanello di casa suonò. Alexis sembrò non averlo sentito e Regina si avviò per aprire.
-Laya? –
Di fronte a lei, la ragazza e i suoi genitori con bagagli alla mano.
-È possibile aprire il portale adesso? Voglio tornare a cas… all’altra Storybrooke-
La bruna li fece accomodare, lanciando uno sguardo al punto dove poco prima sedeva sua figlia. La ragazza era poggiata allo stipite della porta del salotto, le mani affossate nelle tasche della felpa aperta e lo sguardo fisso a terra.
-C-certo. Ne sei sicura? –
Laya annuì con enfasi, senza degnare di un’occhiata l’altra ragazza.
-Come vuoi-
Regina si allontanò di qualche passo dai tre, tese le mani avanti a sé pronta per esercitare la propria magia.
-Aspetta, forse dovremmo lasciare qualche minuto alle ragazze- propose Fleur-de-Lys.
Guardò Laya, Regina guardò sua figlia preoccupata. Emma e Phoebus si scrutarono in cagnesco prima di essere invitati dalle rispettive mogli a cambiare stanza e lasciare sole Alexis e Laya.
Per diversi minuti, regnò unicamente silenzio tra le due. Un silenzio carico di non detti e rabbia.
-Quindi stai andando via- sussurrò Alexis senza guardarla.
Laya non rispose, troppo occupata a inseguire la rabbia che le scorreva nelle vene.
-Ti auguro di essere felice, Laya-
Alexis la guardò triste, non avrebbe mai voluto finisse a quel modo. Avrebbe voluto parlarle, dirle così tante cose, ma avrebbero finito per riprendere a litigare.
-Io no- sollevò lo sguardo solo in quel momento –Io spero che tu conviva con il dolore che sto provando io. Spero che tu non abbia mai più lieto un lieto fine, così come io non avrò il mio-
Alexis non aveva mai visto tanto dolore e tanta rabbia negli occhi di Laya, nemmeno quando aveva parlato di sua madre. Quella scintilla che le scuriva ancora di più le iridi, l’avrebbe perseguitata per il resto della propria vita.
-Lay, ti prego non far… -
La bruna sollevò una mano per zittirla.
-Tu mi hai rovinato la vita, Alexis, mi hai fatta prigioniera di un qualcosa che non ho mai voluto. Certo, amo Esmeralda più di qualsiasi altra cosa, ma non è la vita che avrei scelto per me. Quindi, ti auguro di non essere mai più felice-
Prese la borsa dal pavimento e fece per avviarsi, poi si voltò ancora e Alexis sperò con ogni fibra del proprio corpo che le rivolgesse uno dei suoi sorrisi da togliere il fiato. Ma Laya continuava a guardarla come fosse ciò che più odiava al mondo. Prese l’arpa tra le dita lasciando che la catena scivolasse lungo il collo fino a sfilarla. Degnò all’oggetto un ultimo sguardo prima di tirarlo verso Alexis con ira. Di fronte a quel gesto, la minore non riuscì a trattenere le lacrime. Non l’aveva solo persa, aveva mandato a puttane ogni singola cosa fosse mai esistita tra loro. Tenere tra le dita l’arpa di Laya, assistere al modo iracondo con cui l’aveva tolta, aveva riaperto ferite che aveva stupidamente creduto sanate. Provò a parlare, ad allungare una mano verso di lei, ma non le riuscì nessuna delle due cose.
Poté solo assistere in silenzio alla partenza definitiva della persona che aveva amato più di ogni altra cosa. Riuscì unicamente a stare a guardare Laya e la sua famiglia oltrepassare il portale e rifugiarsi tra le braccia di Emma. Cercò con tutta sé stessa di non piange, ma vederla andar via continuava a far male. Il suo corpo che spariva nel portale, era stato uno degli incubi ricorrenti di quegli ultimi anni.
Quando si richiuse, con un bagliore e una folata di vento, regnò silenzio per diversi minuti. Emma teneva stretta la figlia, Regina le carezzava una guancia mentre Alexis stringeva occhi e mascella tentando di essere abbastanza forte da poterlo sopportare.
-Tesoro, era la cosa giusta-
Alexis tirò su con il naso e si passò la manica della felpa sugli occhi, da lì sotto ne uscì un minuscolo e triste sorrise.
-Lo so, spero solo trovi la felicità. Dopotutto, sarà sempre in un angolo del Maine-
 
DUE ANNI DOPO
 
Laya attendeva fuori l’ospedale da diversi minuti, ormai. Albert non era un tipo ritardatario, quindi era abbastanza certa che Esmeralda avesse fatto dei capricci. Guardò l’orologio per la centesima volta e sbuffò, aveva freddo e voleva solo tornarsene a casa per fare un bagno caldo. Non aveva nessuna voglia di cucinare quella sera e per sua fortuna poteva sempre contare su Fleur-de-Lys. Guardò ancora alla sua sinistra e finalmente vide l’auto di Albert arrivare. Poteva già vedere al suo interno Esmeralda e Jasper che fremevano per uscire a salutarla. Non appena il marito accostò, la bambina corse fuori per saltarle in braccio accompagnata dal cane.
-Mamma! -
-Ciao amore mio-
Strinse la bambina a sé inalando il suo profumo buono e specchiandosi successivamente in quegli occhi meravigliosi. Alle spalle della bambina, Albert le si avvicinò con calma. Tra loro i rapporti non erano mai stati buoni, restavano assieme solo per l’amore che entrambi provavano per Esmeralda. Laya era ben decisa a regalare a quella bambina la miglior vita possibile.
-Come è andata? – chiese l’uomo.
-Bene- rispose lei lapidaria.
Il suo sguardo mutava in un secondo quando saltava dal marito alla figlia, amore e odio che viaggiavano nelle sue iridi scure.
-Come sta il mio fratellino, mamma? –
Laya le sorrise tenendosi la pancia.
-Alex sta benissimo, amore-
Sul volto della bambina comparve un enorme sorrise, gli occhi verdi presero a brillarle come se avesse ricevuto il miglior regalo di tutti i tempi. All’inizio era stato difficile guardarci dentro, troppi ricordi, ma poi Esmeralda la fissava in quel modo tanto dolce e a Laya non restava altro che ricambiare.
-Evviva! Evviva! –
Prese a saltare e a correrle attorno mentre Jasper abbaiava scodinzolando e tenendola d’occhio. Laya concesse al cane una carezza sul capo, poi tornò a dedicarsi alla figlia prendendola in braccio e avviandosi verso la macchina. Passò accanto ad Albert senza degnarlo di uno sguardo, facendolo sentire, come ogni giorno della propria vita, indesiderato spettatore della propria famiglia. Per di più, da quando era tornata da quel viaggio, Laya non gli aveva più concesso niente al di fuori di qualche notte di sesso. Sesso che serviva a lei per tentare di dimenticare Alexis e nient’altro.
La vide giocare con la loro bambina e per il momento poteva anche stargli bene.
Dopotutto, convenivano entrambi che l’unica cosa importante era la famiglia.
 
Alexis sbuffò quando il cellulare squillò per la quinta volta in quel pomeriggio. Non si affannò a rispondere, sapeva già chi fosse e non aveva alcuna voglia di sorbirsi l’ennesima ramanzina di sua madre per la mancata risposta. Entrò in camera lasciando cadere lo zaino accanto al letto e tirando fuori il telefono dalla tasca posteriore dei jeans. Stava per cancellare le cinque chiamate perse quando ne arrivò una sesta.
-Mamma! – rispose innervosita.
-Non si rivolga a me in quel modo, Signorina Swan-Mills! -
Alexis fece roteare gli occhi e salutò con un cenno del capo la ragazza che era appena entrata in camera.
-Posso sapere per quale ragione non hai risposto per tutto il pomeriggio? –
-Sono stata incasinata, mamma, sai che sono indietrissimo con gli esami-
Si alzò dal letto svogliatamente per recuperare uno dei libri sul quale avrebbe dovuto lavorare per tutto il pomeriggio.
-Non mi sembra una buona ragione per non rispondere a tua madre. Comunque, tralasciando questo. Posso contarvi per Natale? –
Alexis si grattò la testa agitata.
-In realtà non ne ho ancora parlato con Kara, mamma-
La ragazza, sentendosi nominare, si voltò per comprendere di cosa parlassero. Chiese sottovoce con quale madre stesse parlando e in tutta risposta Alexis inserì il vivavoce.
-Tesoro, te l’ho chiesto giorni fa! Qualcosa non va tra voi? –
Gli occhi di Kara brillarono nel sentire la voce di Regina, si catapultò addosso all’altra strappandole il telefono di mano e sedendosi poi accanto a lei.
-Regina! Che bello sentirti! –
-Oh ciao Kara, come stai? –
Parlarono amabilmente del più e del meno per diversi minuti, sua madre si interessò degli ultimi esami che la ragazza aveva da dare e l’altra circa il lavoro d’ufficio della donna. Tra Regina e Kara era nato un rapporto quasi idilliaco, la donna apprezzava tantissimo la giovane aiutata in gran parte dal grosso lavoro che aveva fatto con sua figlia.
-Allora? Ci serate? –
-Certo che ci saremo! Sono giorni che dico ad Alexis di confermare-
La bionda sgranò gli occhi, non ne avevano nemmeno parlato, ma sapeva fin troppo bene che Kara avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di compiacere Regina.
-Oh non ne dubito. Mia figlia più cresce e più assomiglia ad Emma-
Alexis si alzò dal letto spalancando le braccia, sconvolta dalla complicità che manifestavano le due.
-Non mancherei mai ad una cena preparata da te, Regina-
Kara ammiccò nella direzione di Alexis, sorridendole beffarda. Se non facessero coppia fissa da quasi un anno ormai, avrebbe potuto dire che Kara ci stesse spudoratamente provando con sua madre.
-Allora vi aspetto! –
-Certo, abbiamo anche un pensiero per te ed Emma-
Alexis la guardò con un sopracciglio alzato, ma Kara le fece segno di tacere agitando una mano.
-Ci vediamo settimana prossima, Kara. Salutami Alexis-
-Consideralo fatto, Regina-
Quando chiuse la telefonata, si trovò un paio di occhi verdi puntati addosso tutt’altro che felici.
-Che c’è? – le chiese.
-Esattamente quando abbiamo comprato un regalo per le mie madri? –
Kara agitò ancora la mano in segno di superficialità.
-Lo facciamo oggi- rispose alzando le spalle.
Alexis si massaggiò gli occhi, Kara poteva essere più impegnativa di tutti e tre i gemelli di Ruby messi insieme.
-Punto primo, devo studiare. Punto secondo, non avevi finito tutti i tuoi risparmi per sistemare il tuo catorcio per la millesima volta? –
Kara sapeva esattamente che Alexis avesse ragione, ma sapeva anche come ottenere ciò che voleva. Era sempre stato così tra loro, anche quando avevano ricominciato tutto da capo. Era lei a gestire i tempi, lei a decidere cosa e quando farlo. Avevano ricominciato ad uscire insieme poco meno di un anno prima e questa volta erano state abbastanza caute da rispettare l’una i tempi dell’altra. Si alzò dunque dal letto per andarle incontro.
-Puoi farmi un prestito- sussurrò a pochi centimetri dall’orecchio dell’altra.
-Questa volta non riuscirai a comprarmi, Kara-
-Ne sei proprio sicura, Straniera? –
La baciò con dolcezza, ma inserendo in quel bacio tutta la passionalità di cui era dotata. Non lasciò le labbra di Alexis fino a quando non la sentì fremere sotto le mani. Solo in quel momento si staccò da lei.
-Sei la peggior fidanzata del mondo, lo sai? – le sussurrò la bionda.
Kara sorrise allegra, poi annuì. Si allontanò da lei recuperando la propria giacca e fece per uscire dalla camera.
-Allora, ti muovi? Questo regalo non si comprerà da solo e io devo assolutamente fare bella figura con tua madre! –
Alexis scoppiò a ridere mentre infilava il cappotto e recuperava il portafogli dallo zaino. Scosse il capo di fronte al volto felice di Kara e rise per il modo in cui si sistemò gli occhiali sul naso.
-Andiamo, psicopatica-
Si incamminarono verso il centro ridendo e Alexis si prese un secondo per analizzarla e per ricordare quanto Kara si fosse impegnata per ricucire ogni sua ferita. Per poterle finalmente concedere quella felicità che aveva a lungo ricercato e che le aveva dato la forza di chiudere per sempre con il proprio passato. Le strinse la mano intrecciando le dita le une alle altre e sentì tutta la forza che solo lei era in grado di darle. La stessa che le aveva permesso di sfilare finalmente l’arpa dal collo e lasciarla in un cassetto della propria camera.
Kara l’aveva salvata ed era diventata parte integrante della sua vita.
Parte integrande della sua assurda, stramba, pazzesca famiglia.
 
 
Fine.
  
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