Nota autore
Di nuovo, un enorme grazie a chi legge, recensisce e apprezza la mia storia. Ecco il penultimo capitolo. L'ultimo conterrà una piccola sorpresa...gioite, fan della coppia Maylor!
Ore 3:15
“Ti
prego, non ridere!” pregò il
bassista, più che imbarazzato.
“Oh
beh, lo prenderò come un
complimento. Di nuovo” rise V., tamponandosi il ventre con un
asciugamano per
eliminare le prove del piacere che avevano condiviso.
“Sono
un disastro. È che sei
così…perfetta!” mormorò
John, nascondendo il viso tra le mani. “Non riesco a
resistere”.
La bionda
gliele scostò,
dolcemente. “Smettila di dire così!”.
John non
riusciva ancora a
capacitarsene: avevano fatto l’amore. E non assomigliava a
nulla di ciò che
aveva immaginato, visto o ascoltato. L’atto stesso non era
durato che pochi
minuti ma l’intimità che lo aveva accompagnato,
insieme alle scie di baci
bagnati e alle carezze delicate, lo avevano reso un infinito attimo di
tenerezza. Certo la sua performance non era stata delle migliori ma V.
era
stata paziente e lo aveva guidato alla scoperta del proprio corpo,
permettendogli di esplorarlo e conquistarlo. Persino quando il bassista
era
stato travolto dal piacere troppo presto, per la seconda volta, quella
notte,
la giovane non ne aveva fatto un dramma.
“Non sei un
disastro, J.! Al contrario, un
paio di iniziative che hai avuto mi fanno pensare che tu abbia fantasie
molto
più piccanti di quanto si possa credere. Devi solo farci
l’abitudine…è un po’
come imparare ad andare in bicicletta!” gli
assicurò, mettendosi a sedere sul
letto a gambe incrociate. Mostrava il proprio corpo con sicurezza e
sembrava
che niente potesse metterla in imbarazzo. Il diciottenne non aveva mai
conosciuto nessuno che si trovasse così a suo agio con il
proprio aspetto o con
il sesso opposto. A parte Roger, forse.
Scosse la
testa, allontanando
l’amico dalla mente: non era certo il momento di pensarlo!
“Come
andare in bicicletta, eh?”
sorrise.
“Esatto!”.
V. ricambiò il sorriso,
premiandolo con un casto bacio sulle labbra.
Ore 4:00
“Prima
di dormire, ti va di
rispondere alla mia domanda?” biascicò la ragazza,
stringendosi maggiormente al
corpo del bassista.
“Quale
domanda, V.?” domandò
quest’ultimo, già ad occhi chiusi.
“Perché
ti sei nascosto qui?”.
Seguì
una lunga pausa di silenzio.
Ore dopo, con una buona dose di rum in corpo ed una nuova esperienza
alle
spalle, quella domanda non sembrava più tanto spaventosa.
“Scappavo
dalla gente. O, meglio,
dalle ansie e dalle insicurezze che mi assalgono quando sto in mezzo
alla
gente” sospirò il diciottenne. “E
tu?”
Avevano
evitato di porsi domande
personali per tutta la notte, lasciando insicurezze, paure e problemi
fuori dalla
stanza che li aveva accolti e nascosti. Adesso, tuttavia, la festa era
finita,
i rumori cessati e il mattino imminente, il che significava che presto
avrebbero dovuto tornare ad essere John e Veronica, lasciando per
sempre J. e
V. in quel rifugio. La magia di quell’incontro proibito stava
svanendo
lentamente e la realtà si apprestava a calare su di loro.
“Anche
io scappavo dalle persone”
“Da
chi?”. Si era lasciato
ammaliare dalla grinta della giovane, ora era curioso di conoscere la
sua parte
più fragile.
“Da
quelle che non hanno un
animo buono come il tuo, J.”
“Ti
va di spiegarmi?” chiese John,
stringendola. In risposta ebbe solo un borbottio privo di senso e un
respiro
pesante.
“Buonanotte
V.”. Sorrise,
posandole un bacio tra i capelli. Avrebbe dovuto attendere se
desiderava
sapere.
Poco prima
che si addormentasse,
un senso di inquietudine lo pervase: chiunque fosse V., gli aveva
sfiorato il
cuore, e l’idea di lasciarla andare la mattina seguente
sembrava intollerabile.
Ore 10:00
Il
telefono squillò, rompendo il
silenzio in cui era immersa la residenza May. Il suono
riecheggiò nel salotto e
destò i pochi invitati che, incapaci di rincasare la notte,
erano caduti
addormentati sul pavimento o, se erano stati fortunati, sul costoso
tappeto
persiano che dominava la stanza. Alcuni
si stropicciarono gli occhi e, alzatisi in piedi, straniti, si
dileguarono nel
giro di pochi minuti. Altri non diedero segno di volersi muovere.
Roger,
riverso sul divano, aprì
gli occhi solamente al terzo squillo, imprecando contro Brian.
“Perché
quel cazzone non
risponde?!” rantolò, sollevando il capo per dare
un’occhiata alla stanza.
Subito, venne travolto dai postumi della sera prima. Innervosito,
afferrò i
suoi jeans, frugando nelle tasche. Ne estrasse un pacchetto di
sigarette, se lo
avvicinò alla bocca e ne afferrò una con le
labbra, accendendosela poco dopo.
Nel frattempo, il telefono aveva smesso di squillare.
Il
batterista si alzò in piedi e
sorrise soddisfatto alla vista delle due ragazze nude che giacevano sui
cuscini
accanto a lui. Era stata una nottata piuttosto divertente. Senza
curarsi di coprirsi,
si diresse verso la cucina, lasciando una scia di cenere sul pavimento.
Giunto a
destinazione, trovò un
Freddie riposato e raggiante che chiacchierava amabilmente al telefono
con la
signora May, inventando una bugia dopo l’altra per spiegare
la sua presenza in
quella casa e per rassicurare la donna sullo stato del figlio. Brian
gli stava
accanto, pallido e con l’espressione allucinata di chi ha
dormito a malapena.
“Certo
signora, a presto!” esclamò
il cantante, riagganciando. “Mi devi un favore, tesoro! Oh,
buongiorno
bell’addormentato! Le vestaglie sono passate di
moda?”. Freddie ridacchiò,
squadrando il batterista, poi riempì una tazza di
thè bollente e la posò di
fronte a Brian.
Roger
aspirò un po’ di fumo,
appoggiandosi al tavolo. “Divertente.
Com’è che non sei messo male come noi?”
“Diciamo
che ho trovato altre
distrazioni e l’alcol è passato in secondo piano.
A giudicare dal vostro stato,
ho preso la decisione migliore. Il povero riccio, qui, ha passato le
ultime due
ore in bagno a rimettere!”. Il cantante passò una
mano tra i capelli
dell’amico, cercando di sistemarli. Si arrese poco dopo.
Nel
frattempo, questi aveva
borbottato qualcosa.
“Che?”
chiese il biondo, confuso.
“Ho
detto: butta subito quella
cosa. Lo sai che non puoi fumare in casa!” ripeté
l’altro, con voce sofferente.
Roger
spense la sigaretta in un
bicchiere abbandonato sul tavolo, lasciando che il mozzicone
galleggiasse in un
liquido non ben precisato.
“Non
sei messo poi così male, dopo
tutto: ancora mi rimproveri!” lo punzecchiò,
alzando gli occhi al cielo. “Vado
a prendere un paio di boxer, poi ci facciamo una passeggiata in
giardino, eh
Bri? Devi prendere un po’ d’aria!”
Il
chitarrista annuì, appoggiando
la fronte sul tavolo.
Freddie,
seduto accanto a
quest’ultimo, accavallò le gambe e si morse un
labbro, pensieroso. Si chiese
come avrebbe dovuto comportarsi con Deaky quando lo avesse incontrato.
Ormai,
era questione di ore. Fingere indifferenza? Funzionale, ma sciocco.
Parlargli?
Sì, ma per dirgli cosa, esattamente? John, mi piace il cazzo. Oh,
le prove di
domani sono fissate per le 15:00! Si
maledisse mentalmente per essersi cacciato in una situazione
così scomoda, per
aver tergiversato così a lungo, per non essere stato onesto
fin dall’inizio,
per essere chi era. In un secondo, gli occhi gli si velarono di lacrime
e quasi
non si accorse di Roger che rientrava in cucina per condurre Brian in
giardino.
“Tutto
bene?” domandò il
batterista.
“Certo,
caro”. La risposta giunse
tanto affrettata quanto forzata.
“Uhm,
d’accordo. Porto Bri a fare
un giro… poi potrai raccontarmi cosa ti turba, Freddie
Mercury” chiarì il
biondo, che ormai lo conosceva bene.
Freddie
cercò di opporsi ma
l’altro non sentì ragioni, trascinando il
chitarrista verso la porta a vetri
della cucina.
Proprio in
quel momento, una voce
timida e impastata dal sonno lo chiamò. Sulla soglia della
stanza, con indosso
un paio di slip neri e una maglia di Mickey Mouse presa in prestito da
Brian, era
apparso John.
“Buongiorno”
mormorò, sorridendo.
Il
frontman lo fissò, cercando di
ricacciare indietro le lacrime che gli offuscavano la vista. Prima che
riuscisse a fermarle, una gli bagnò la guancia.
“Oh…”
fu la reazione sorpresa del
bassista.
Il
cantante si affrettò a spazzare
via la traditrice, sfoggiando un sorriso. “Non far caso a me,
caro. Credo di
aver bevuto troppo, ieri sera. Tu come stai? Mal di testa?”.
“Un
po’”
“Vieni,
su, siedi qui accanto a
me. Beviamo una tazza di thè”.
John lo
accontentò, incerto sul da
farsi. La tensione era palpabile e Fred stava chiaramente cercando di
riempire
ogni momento di silenzio. Vedere
l’amico
in quello stato lo intristiva ma non riusciva a decidersi a parlare per
paura
di forzarlo con domande inopportune.
“Non
mi piace il thè” sussurrò
poi, prima che il cantante riempisse la tazza davanti a lui. D’un tratto,
un’idea sciocca quanto efficace
per un timido del suo calibro gli balenò in mente.
“Certo,
certo, tesoro! Che stupido”
si scusò l’altro, scuotendo il capo e rimettendo
la teiera al suo posto.
“Allora, so che non è bene parlare di lavoro di
prima mattina ma per le prove
di domani pensavo-“
“In
effetti, preferisco il caffè…”
continuò John, interrompendo l’amico che, in un
secondo, si zittì e, irrigiditosi,
sfuggì al suo sguardo.
“Questo
non significa che uno di noi sia sbagliato. O che non possiamo essere
amici…”
concluse il bassista, in un soffio. Con
ritrovata sicurezza, posò le dita magre e callose sulla mano
del cantante, che
aveva preso a tremare impercettibilmente. “Io…ti
voglio bene. Sul serio!”.
Ci fu una
lunga pausa di silenzio.
Poi, prima che potesse accorgersene, si ritrovò stretto in
un abbraccio, le
braccia del cantante al collo, lacrime calde che gli bagnavano una
spalla.
“Oh,
Deaky! Volevo dirtelo ma non
ne sono ancora del tutto certo. Capisci, caro? Insomma, sto cercando
chi sono! Ho
conosciuto questa ragazza, Mary, è carina e forse
potrei…ma non lo so. Magari
serve solo la donna giusta. Però quando vedo un ragazzo
io…” cercò di spiegare
Freddie, singhiozzando una frase sconnessa dopo l’altra.
John lo
strinse, sollevato che la
situazione si fosse sbloccata. Sorrise, rassicurato. “No, no.
Non voglio
sentire spiegazioni o giustificazioni…non servono!
È questo che cercavo di
dirti, okay? Ti voglio bene, Fred, e spero che tu possa far chiarezza
dentro di
te il prima possibile ma per me non fa alcuna differenza”.
Due occhi
scuri incontrarono i
suoi. “Grazie. Solo…grazie, caro, va bene? Non ne
parliamo più”
“Parliamone
tutte le volte che
vuoi, invece. Tanto quanto parliamo delle mille conquiste di Rog o
degli
appuntamenti di Brian” obbiettò il diciottenne.
Lo sguardo
di Freddie si
rasserenò, emanando calore e gratitudine. Annuì,
si asciugò le lacrime e, in un
attimo, tornò ad essere gioviale come sempre. Ecco
l’attore che indossa nuovamente la maschera e si prepara per
tornare in scena. Ecco il grande commediante.
“Siediti! Ti
preparo una tazza di caffè,
allora!” sentenziò, mettendosi ai fornelli.
“Credo
si averne bisogno, sì. Ti
ringrazio” sorrise John.
L’equilibrio,
almeno per ora,
sembrava essersi ristabilito.
Ore 11:00
“Quindi
chi era il tipo di ieri
sera?” domandò il diciottenne, sorseggiando il suo
caffè.
“Uhm,
non lo so caro. A dire il
vero, è un po’ strano parlarne…ma
è piacevole smettere di fingere che le mie
conquiste abbiamo le tette” rise l’altro.
“Suppongo
di sì”. Il bassista si
strinse nelle spalle, la mente impegnata a ricordare la nottata
trascorsa.
“Quanto
a te...devi dirmi
qualcosa?” ammiccò il cantante.
“Ho
conosciuto una ragazza. Una
tipa piuttosto interessante, a dire il vero. Sai, ti cercavo ma non
riuscivo a
trovarti da nessuna parte. Così, sono salito al piano di
sopra e lei era lì”
spiegò, insolitamente in vena di confidenze.
“Oh,
tesoro! Hai passato la notte
con lei, vero?” sospirò Freddie,
un’espressione a metà tra il divertito e il
preoccupato dipinta in volto.
Il
bassista arrossì, imbarazzato.
“Beh, sì. So che sembra strano. Lei è
bellissima e io inve-“
“No,
Deaky. Non si tratta di questo.
Tu sei uno splendore. È che… hai almeno una vaga
idea di chi sia quella ragazza?”
domandò il frontman, trattenendo le risate.
John si
passò una mano tra i
capelli, confuso. In effetti, V. gli aveva detto di conoscere bene sia
Freddie
che Brian, la sera precedente. Che fosse la fidanzata di qualche loro
conoscente o, peggio, l’ex fiamma di un membro della band?
“Oh,
mio Dio! È una delle ragazze
di Roger, vero?! O forse una vecchia cotta di Brian? Ti prego, dimmi
che non è
una tua ex!” si preoccupò il bassista, spostandosi
un ciuffo dagli occhi con
uno scatto nervoso.
“Temo
sia qualcosa di peggio,
caro. Ecco, non so come dirtelo…” rise il cantante.
Le risa
cessarono non appena una
ragazza bionda fece capolino in cucina, scherzando allegramente con
Roger e
Brian che, nel frattempo, aveva riacquistato un colorito sano.
Eccola,
pensò John. La giovane che
aveva lasciato ancora dormiente nel letto del chitarrista si era fatta
una
doccia, apparentemente. Il trucco sbavato della notte prima era svanito
per
lasciare il posto a gote rosee e ciglia lunghe e i capelli spettinati
erano
stati sostituiti da onde ordinate che le ricadevano sulle spalle. Il
sorriso
era lo stesso, le sensazioni che suscitava a John le medesime.
“Non
ho idea di chi fosse ma era
così dolce ed impacciato che non ho saputo
resistere!” stava raccontando agli
altri due.
Roger fece
finta di coprirsi le
orecchie con le mani. “Smettila di raccontarmi le tue
scopate! Non ce la
faccio! Mi rifiuto di ascoltare!”.
Lei fece
una smorfia, lui la
ricambiò prontamente. Poi, entrambi scoppiarono a ridere.
Guardandoli, si potrebbe scambiarli per fratelli.
Gemelli, persino.
Stessi occhi, stessa bocca, stesso modo di arricciare il
naso…
Fu un
attimo. In un secondo, John
capì. Ma era già troppo tardi.
“J.!”
esclamò la bionda,
piacevolmente sorpresa. “Sono felice che tu sia qui. Ho
pensato che…te ne fossi
andato” mormorò, stringendosi nelle spalle.
“V.”
sussurrò John, più a se stesso che agli
altri. “Veronica, certo”.
Veronica, la sorella di Roger.
L’adorata
gemella dell’iperprotettivo Roger. Il bassista
ebbe la sensazione che la
situazione gli stesse per sfuggire di mano.
“Hai
scoperto il mio nome, alla
fine! Te lo ha detto Fred?” domandò la ragazza,
sedendosi al tavolo.
“Lo
sapeva già” intervenne il
fratello. “Io parlo sempre della mia disastrata sorellina. Mi
aiuta a sembrare quello
normale della famiglia!” scherzò, accomodandosi
sulla sedia accanto. “Comunque,
Ronnie, ti presento John, il nostro nuovo bassista. Anche se credo che
vi siate
già incrociati ieri sera!”
Brian e
Freddie notarono John
irrigidirsi e si scambiarono uno sguardo di intesa, il primo con
un’espressione
interrogativa, il secondo fin troppo consapevole.
Il
bassista, ormai un fascio di
nervi, guardò prima Roger e poi Veronica, pregando
silenziosamente che questa
non esplicitasse il modo in cui avevano trascorso la serata. Infine,
lanciò
un’occhiata allarmata a Fred. Questi, impossibilitato ad
aiutare l’amico, si
limitò a scrollare le spalle.
“Oh,
cazzo!” esclamò la bionda,
sgranando gli occhi.
“Fine
come sempre, Ronnie”
commentò Brian, divertito.
La giovane
non gli diede retta,
passandosi nervosamente una mano tra i capelli, l’attenzione
rivolta unicamente
al diciottenne. “Tu
sei il loro nuovo
bassista?! La festa
era la tua e l’hai
passata chiuso in una camera con me! Aspetta, quanti anni hai compiuto? Roger dice che sei un
ragazzino e…sei
maggiorenne, vero? Cavolo, non di nuovo il bassista!”
farneticò, dando voce ai
propri pensieri.
“Uhm,
sì, un minuto di silenzio in
ricordo del povero Dean” sospirò il frontman, con
fare scherzoso.
Uno sonoro
sbuffo giunse dal
chitarrista, insieme ad un rassegnato mormorio: “Ci
siamo…”.
“Certo
che sono maggiorenne! E sì,
ero io il festeggiato. Per questo non volevo dirti il mio nome, avevo
paura
che…” cercò di spiegare John, in quel
momento dimentico del batterista e preoccupato
solo di rassicurare Veronica.
“John,
cortesemente, potresti
spiegarmi che cosa hai fatto per tutta la notte con la mia
sorellina?” lo
interruppe la richiesta di Roger, tanto gentile da suonare inquietante.
Il
biondo stava evidentemente cercando di mantenere la calma e di
ricordare tutti
i consigli per la gestione della rabbia offertigli da Brian nel corso
degli
anni.
Il diretto
interessato avvampò,
torturandosi le mani. “Noi..., voglio dire,
io…” tentò, senza successo.
“JOHN!”
lo richiamò il batterista,
gli occhi chiari infiammati di rabbia.
“Roger
mi dispiace tanto, non
sapevo che fosse tua sorella!” confessò infine il
bassista, con un sospiro
nervoso.
“No,
non devi scusarti, J.” cercò
di intervenire Veronica.
“Non
ci posso credere!” gridò il
biondo, battendo un pugno sul tavolo. “Tre bassisti, tre
amici a cui do la mia
completa fiducia e che si rivelano tre cazzo di traditori! Ci sono dei
limiti,
d’accordo?! Dei fottuti limiti, John! Non tocchiamo le
sorelle degli altri!”
“Tesoro,
tu ci provi con la mia
ogni volta che ne hai modo!” gli ricordò il
cantante, con tono pacato.
“Questo
non c’entra, ora!” sbraitò
il batterista. “Come hai potuto?! Scommetto che lo hai fatto
apposta a
confonderci con quella tua finta aria da santarellino! Lo sapevo! Non
mi sei
mai stato simpatico”
Brian
alzò gli occhi al cielo, un
sorrisino ad incurvargli le labbra. “Due giorni fa parlava di
quanto ti
adorasse!”.
“Non
è quello che sto cercando di
dire, May! Ciò che intendo è che dovremmo tutti
diffidare di lui! È come Doug e
Dean, due bassisti decenti ma due persone di merda!”
“Le
esatte parole sono state: un
bassista fantastico ed una brava persona” proseguì
il chitarrista, ostentando
indifferenza.
“Siete
dalla sua parte! Bene! Beh
io invece credo che questa cosa non possa più funzionare.
Sapete che vi dico?!
John, sei fuori dalla band!” dichiarò Roger,
furibondo, afferrando un
frullatore da una delle mensole.
“Non
lo sei” gli sussurrò Freddie,
assaporando un sorso di thè.
“Posa
subito quel frullatore!” si
affrettò a dire Brian ma fu preceduto dal biondo che, in
preda ad uno scatto di
rabbia, scagliò l’elettrodomestico oltre il tavolo
e dall’altra parte della
cucina.
John aveva
assistito alla scena
senza emettere alcun suono, avendo optato per un silenzio sospeso tra
il
colpevole e l’esterrefatto. Apparentemente, tuttavia, era
stato l’unico ad
avere una simile reazione. I suoi compagni di band non sembravano
turbati dalla
sfuriata dell’amico e, anzi, si erano mostrati quasi
indifferenti, come se vi
fossero abituati. A tratti, gli erano parsi persino divertiti. Dall’altra parte
del tavolo, Veronica se ne
stava seduta con le braccia incrociate, anch’essa incurante
dell’atteggiamento
del fratello. Piuttosto, sembrava attendere pazientemente che le fosse
data la
parola.
Poco dopo,
il peggio sembrava
passato. Roger, le mani sui fianchi e lo sguardo basso, respirava
profondamente,
calmandosi ad ogni espirazione.
“Hai
finito?” domandò la gemella,
con una punta di acidità nella voce.
“Credo
di sì” mormorò Roger. “Ehm,
Bri, te lo ricompro quello”.
Il
chitarrista lo fulminò con uno
sguardo. “Che avevamo detto, Rog? Niente più lanci
di oggetti vari! Non sono
utili!”
“A
me sembra che lo facciano
calmare!” esclamò il frontman, guadagnandosi una
spinta non del tutto scherzosa
da parte del riccio. “Va meglio, caro?”
Il
batterista lanciò un’occhiata a
John che, sentendosi a disagio, si alzò dal tavolo.
“Ho fatto uno sbaglio, mi
dispiace. Se non mi volete più nella band lo capisco. Non
sarebbe nulla di
nuovo per me, davvero. Forse è meglio che vi lasci,
così potete parlare”.
“Sì,
meglio” non riuscì a
trattenersi Roger, pentendosi subito dopo.
Il
diciottenne annuì, frastornato
e rattristito, e si dileguò nel giro di pochi secondi,
liberandosi dalla presa
di Freddie che lo incitava, inutilmente, a rimanere.
“Oh,
ma bravo!” sbottò Veronica.
“Ronnie,
per favore, non essere
arrabbiata. Lo sai che...”
“No.
Hai già detto troppo. Ora
tocca a me parlare. Premesso che non è affar tuo, o vostro,
con chi vado a
letto, mi dispiace se il mio frequentare Doug e Dean ha portato a delle
tensioni all’interno della band. Ma ormai è
passato e non posso più farci
niente. In quanto a John, non sapevo chi fosse e lui non sapeva chi
fossi io.
Abbiamo lasciato entrambi la festa, ci siamo incontrati casualmente
nella
stanza di Brian e, Dio, sarà anche l’antitesi
degli uomini che mi attraggono di
solito ma mi ha fatto passare una notte meravigliosa”
spiegò Veronica con un
tono deciso, che non ammetteva repliche o interruzioni.
Il
batterista fece una smorfia
alle parole notte e meravigliosa.
“No”
la sorella scosse la testa.
“No, non sto parlando di una scopata fantastica. Diamine,
quello no!”
Brian si
lasciò scappare una
risata, ricomponendosi immediatamente.
La ragazza
proseguì: “Mi riferisco alla
sintonia che si è creata tra noi. Nemmeno ricordo
l’ultima volta che un ragazzo
mi ha trattata con tanta dolcezza, toccata con tanto rispetto, guardata
con
tanta tenerezza…”
Roger
sospirò, scuotendo la testa.
Come aveva potuto dimenticare la differenza tra John e Doug o Dean?
Probabilmente il bassista era l’unico ragazzo per bene che la
sorella avesse
mai lasciato avvicinare. Non meritava quella reazione.
“Vieni
qui” sussurrò, stringendola
a sé. “Sì, lo so. È un buon
amico e suppongo che potrebbe essere un bravo
fidanzato o qualunque cosa vogliate l’uno
dall’altra. Mi dispiace, Ronnie.”
“Sei
il solito stupido” lo
rimproverò lei, stretta tra le sue braccia. “E so
che ti preoccupi per me ma
sono una tipa tosta, Rog. So badare a me stessa” lo
rassicurò, poi.
Il biondo
annuì. “Mi scuserò. Hai
ragione, ogni tanto lo dimentico…”
“Beh,
non farlo!” rise Ronnie,
sferrandogli un pugno sul braccio.
“Ahia!
Hey! E questo per cos’era?”
chiese il batterista, massaggiandosi il punto colpito.
“Per
aver fatto scappare l’unico
ragazzo ben dotato e dolce al contempo che io abbia mai
conosciuto!” rispose
Veronica, con ovvietà. “Sono combinazioni che
capitano raramente, sapete?
Dunque ora, se volete scusarmi, credo che andrò a
riprendermelo.”
“Ci
sono cose di cui preferisco
non essere a conoscenza, Ronnie” si lamentò Roger,
massaggiandosi le tempie.
“Dio, ho bisogno di una birra!”
La bionda
rise, abbandonando la
cucina.
“Birra…”
rantolò Brian, mentre i
crampi della nausea tornavano a farsi sentire.
“Va
tutto bene, Bri. Niente più
alcol per te. E nemmeno per te, Rog, finché non ti sarai
scusato con Deaky”
sentenziò Fred.
“Cos’è,
il tuo pupillo?!” domandò
il batterista, scocciato.
“Oserei
dire il mio prediletto. Troppo
puro per questo mondo!” sospirò il frontman,
sorridendo. Poi, per istigare il
biondo, aggiunse: “O forse no, dopo
tutto…”.
“FREDDIE!”.
La risposta esasperata
del diretto interessato non si fece attendere.