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Autore: Enchalott    08/06/2019    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Passaggio per il Nord.
 
Il rovescio battente non li stava risparmiando, mentre percorrevano l’ultimo tratto di strada che conduceva all’oceano, già visibile in lontananza.
Il paesaggio era mutato, le colline brulle avevano ceduto il posto ad una pianura in pieno vigore, caratterizzata da una vegetazione sovrabbondante. Gli alberi erano fradici e il verde brillante delle loro foglie riusciva quasi a ferire gli occhi, in un miscuglio di rigoglio umido e stillante.
Il gocciolio ritmico dall’acquazzone sulle fronde era un sottofondo musicale che metteva sonnolenza: era arduo stare in sella sotto quel tempaccio, con il dondolio dei cavalli al passo, con la monotonia smeraldina e lussureggiante a cullare la mente quasi assopita e vinta dalla spossatezza.
Dare Yoon montava con estrema fatica, conducendo il destriero con una mano sola e con il movimento dei talloni. Il braccio sinistro era ancora fasciato stretto, inutilizzabile, e la ferita provocata dal morso del kira accennava ad una guarigione piuttosto lenta. Il suo volto, incorniciato dalla chioma bruna e dalla barba, era smunto e sofferente. Gli occhi del colore della notte erano cerchiati e stanchi. Ma non c’era stato verso di farlo riposare: si era ostinatamente diretto verso il Pelopi, affermando che avrebbe dormito a sufficienza a bordo della nave che li avrebbe condotti al Nord.
Tutte le sere Narsas gli controllava e gli rinnovava la medicazione. Dalle labbra del soldato era uscito addirittura un ringhioso grazie, anche se nessuno era riuscito a convincerlo ad inghiottire un analgesico, anzi, un dannato intruglio Aethalas, così il dolore tornava ripetutamente a farsi sentire.
Adara scrutava da sotto il cappuccio della cerata quell’esplosione della natura, quasi ammaliata da uno scenario che non aveva mai sperimentato, diametralmente opposto alle tinte rossicce e sgargianti di Erinna.
“Tutta questa freschezza erbosa è quasi magnetica” commentò estasiata.
Al suo fianco, Narsas si sistemò i capelli scuri, zuppi di pioggia, dietro la fascia dorata che gli ornava la fronte e le sue labbra si piegarono in un sorriso.
“E’ un modo per dire che ti manca la polvere di casa?”
“Un po’ sì” ammise lei, riparando la treccia bagnata sotto il mantello impermeabile “A te non manca il deserto?”
Il giovane rivolse lo sguardo al cielo plumbeo e le gocce trasparenti presero a scorrergli sul viso, come se fossero lacrime di nostalgia.
“Certo…” sussurrò più a se stesso che a lei.
La principessa osservò la sua espressione, lievemente intessuta di tristezza, che aveva lo stesso fascino ammaliante del paesaggio intorno a loro.
“Io… forse non dovrei chiedertelo, ma…” disse, esitante.
L’arciere si riscosse dalle sue imperscrutabili riflessioni e spostò nuovamente l’attenzione su di lei.
“Puoi domandarmi ciò che vuoi senza timore di offendermi, lo sai”.
“Beh, dopo la gaffe sulle lezioni ti tiro con l’arco cerco di evitare altre figuracce…”
Lui rise di gusto e le sue iridi nere riguadagnarono la loro energia intensa e vibrante.
“Ecco…” continuò la ragazza “Tu credi che mio padre e tuo padre siano riusciti a mettersi d’accordo? Che siano arrivati ad un chiarimento?”
Narsas sospirò, scuotendo la testa.
“Sinceramente non lo so. Lo spero davvero. Ci sono circostanze molto complesse e, talvolta, è difficile districare la ragione dal torto per ambedue le parti”.
Adara meditò un istante sulla saggia asserzione, certa che le radici di quella congiuntura così critica affondassero più in profondità di quanto si potesse cogliere a una prima occhiata”.
“Se gli dei mi permetteranno di tornare” replicò “Lo racconterò. Riferirò al reggente che hai giurato di difendermi a costo della vita. La tua parola d’onore ha più valore di qualsiasi altro evento”.
Narsas abbassò lo sguardo, faticando a contenere l’effetto devastante di quella promessa nel profondo del suo cuore.
“Per completezza dovresti anche riportare che ho giurato di ucciderti, qualora tu risultassi essere il traditore che mira alla rovina dei due Regni” mormorò.
“No. Scriverò che sono io che ti ho chiesto di farlo”.
Lui spalancò gli occhi e non riuscì a trovare una risposta.
 
“Laggiù!” esclamò Dare Yoon, indicando con il braccio sano l’agglomerato di case variopinte, ammiccanti in mezzo alla salsedine fluttuante, che venivano lambite dalle onde color cobalto del mare.
L’oceano immenso era comparso al termine del sentiero, strappando via tutti i discorsi e attirando prepotentemente a sé tutti i pensieri dei tre viaggiatori.
Il blu abissale della distesa salata aveva calamitato sguardi e cuori, in uno scintillio quasi magico di flutti crestati, in uno spettacolo sublime e inesorabile che nessuno di loro aveva mai sperimentato.
Erano rimasti tanto rapiti da non accorgersi che la pioggia era cessata e che i raggi del sole calante avevano lacerato la coltre di nubi e stavano accarezzando, in una serie di pennellate d’arancio intenso, la superficie inquieta dell’acqua.
Affrettarono il passo verso il villaggio marinaro di Vaneta, che si pavoneggiava riflesso sulla tremula superficie della riva.
Il vento spirava prepotentemente da mare a terra e tutte le imbarcazioni erano attraccate ai moli, incollate le une alle altre nello spazio asfittico del minuscolo porto. Qualcuna, più distante, era ancorata nella rada e beccheggiava al ritmo dei frangenti.
“A prima vista, non c’è che l’imbarazzo della scelta” dichiarò Adara, ammirando le navi più imponenti, agganciate alle bitte da spesse e cigolanti funi di corda e dotate a prua di meravigliose creature marine scolpite.
“Bisogna scoprire se ce n’è qualcuna diretta a Neirstrin” fece Dare Yoon, risoluto.
Narsas esaminò attentamente l’orizzonte ondulato e nudo del mare e la direzione in cui le bandiere, sventolanti sui pennoni, si tendevano alle folate.
“Mi chiedo perché siano tutte ferme quaggiù” notò “Non c’è nessuno che sta veleggiando al largo. Non vorrei che si fossero riparate tutte per tempo, magari in previsione dell’arrivo di una burrasca”.
“In effetti è strano” concordò il soldato, grattandosi il mento non rasato, che gli prudeva incredibilmente “Non ci resta che domandare e sperare in un passaggio nelle prossime ore”.
 
La via principale del paese era grossolanamente lastricata, ma le traverse erano ridotte a un pantano fangoso a causa del tempo instabile dei giorni precedenti e le persone si concentravano sulla strada maestra, per evitare di inzaccherarsi fino alla punta dei capelli.
Considerando il numero di galeoni e mercantili schierati nell’insenatura, il traffico era relativamente ridotto, segno che gli equipaggi avevano preferito rimanere a bordo, rimandando la baldoria a momenti migliori della giornata oppure fiaccati dalle smodate bevute della sera precedente.
Molti si voltarono, incuriositi dal passaggio dei tre forestieri straordinariamente giunti lì via terra. Qualcuno indicò, stupito, agli astanti l’insolita presenza di un Aethalas su quello che era il confine meridionale di Iomhar.
Dare Yoon aveva avuto cura di suggerire ai compagni di indossare abiti dimessi, che non attirassero troppo l’attenzione e così era stato fatto; tuttavia l’arco e la faretra sulle spalle di Narsas e i suoi tratti leggermente esotici erano stati impossibili da celare, anche se il giovane aveva sollevato il cappuccio del manto color ocra per sfuggire agli sguardi più indiscreti.
Adara non portava né gioielli né preziosi, ma si era comunque premurata di occultare il contenitore metallico in cui era conservata la Profezia agganciandolo ad un anonimo legaccio di cuoio, che aveva lasciato scendere nella scollatura.
Quanto all’ufficiale della Guardia, aveva eliminato dall’abbigliamento qualsiasi particolare che potesse fornire anche il più remoto indizio sul suo grado militare, colori dell’uniforme compresi, mantenendo però ben in vista la spada per scoraggiare eventuali tentativi furfanteschi.
“Mi sento osservata” commentò la principessa, realizzando di essere circondata da una maggioranza schiacciante di presenze maschili.
“Ignorateli” consigliò Dare Yoon, guardando in cagnesco chiunque ritenesse troppo attiguo al suo cammino “Appena identificherò una faccia che non sia indubbiamente da galera, chiederò informazioni per reperire cibo, alloggio e il nome di una nave che non appartenga ad un pirata”.
“Sarà difficile…” congetturò Narsas, esaminando la varia e colorita umanità intorno a loro “Ti toccherà cercare un pirata che non sia troppo disonesto, piuttosto”.
Il soldato sbuffò e strinse i denti, ignorando una nuova fitta lancinante alla spalla.
 
Percorsero la strada sinuosa che si incuneava tra le casette di legno, sforzandosi di trascurare il tanfo di pesce marcio e acqua stagnante che giungeva a zaffate dai vicoli laterali, prospicenti al mare.
Adara smontò di sella e condusse il cavallo per le redini, guardandosi intorno con vivo interesse e ascoltando i rumori sinistri prodotti dalle assi schiodate dei moli.
La via si schiudeva in una modesta piazza, che sembrava il centro del paese ed era ostruita in parte da un tarchiato pozzo di mattoni, scolorito dal salino.
Una vecchia, con un foulard sdrucito annodato sui capelli grigi, stava attingendo faticosamente l’acqua da un secchio vetusto e traballante.
La ragazza si avvicinò con cautela, offrendole il proprio aiuto, prima che Dare Yoon facesse in tempo a proibirle perentoriamente qualsiasi tipo di contatto con gli indigeni locali.
“Fa sempre di testa sua…” borbottò seccato, osservando la scena con la mano già pronta sull’elsa dell’arma.
Narsas contenne il proprio divertimento per non creargli ulteriore ulcera gastrica.
La donna squadrò Adara con iniziale diffidenza, ma poi lasciò che le portasse il secchio colmo fino alla porta di casa e si trattenne a parlare con lei ancora per qualche minuto. Infine, accennò un ringraziamento e sparì dietro l’uscio.
“Vuoi scommettere che ha colto più informazioni lei in pochi secondi che tu con il tuo piano perfettamente studiato?” disse l’arciere, balzando a terra.
Il soldato alzò gli occhi al cielo, rassegnato al loro continuo due contro uno.
 
“C’è una locanda alla fine della strada” spiegò la principessa “Il suo nome è Aerandir ed è anche l’unica rimasta al villaggio, perciò dovremo farcela andare bene in ogni caso. La proprietaria si chiama Sirsha e qui pare molto apprezzata sia per la sua cucina sia per la sua onestà. L’anziana di prima mi ha anche raccontato che questo vento teso impedisce alle imbarcazioni di salpare in sicurezza da ormai più di una settimana e che, a memoria, non è mai successa una cosa simile!”
Dare Yoon evitò di incrociare lo sguardo pungente di Narsas e annuì.
“Speriamo che abbia anche una stalla asciutta, allora” asserì “Il vostro cavallo zoppica da quando siamo usciti da quella dannata foresta e non vorrei peggiorasse”.
“Sono più preoccupata per la tua ferita, in verità” confessò lei, avviandosi nella direzione indicata dall’autoctona “Si nota che ti causa dolore”.
“Perché fa sempre di testa sua…” ripeté l’arciere con aria innocente.
L’ufficiale lo fulminò con lo sguardo, ma non rispose alla provocazione.
 
La taverna era una vera bettola, anche se le pareti giallo limone erano state rinfrescate da poco e l’aia antistante si presentava ordinata e meno sporca del resto del villaggio.
Lasciarono i cavalli nel piccolo ricovero adiacente ed entrarono spediti.
L’interno era piuttosto buio e le lampade ad olio accese non bastavano a rischiarare l’ambiente, occupato quasi totalmente da panche e tavolacci di varia misura.
Il vociare sguaiato degli avventori calò bruscamente d’intensità all’ingresso dei nuovi arrivati, segno che avevano destato l’interesse dei presenti, e si esaurì quasi del tutto quando Narsas abbassò il cappuccio sulle spalle. Poi riprese come prima, ma tutti gli occhi rimasero puntati su di loro.
La donna dietro al bancone sgranò gli occhi verdi e fissò imbambolata l’Aethalas, prima di sfoderare un sorriso cordiale e collaudato. Si asciugò le mani sul grembiule e diede una frettolosa straccionata al legno graffiato e macchiato.
“Benvenuti!” esclamò allegra, sovrastando il brusio “Cosa posso servirvi?”
“Il vostro bjorr andrà benissimo” rispose Dare Yoon.
“Anche per me” aggiunse Adara, che non l’aveva mai assaggiato.
“Io preferisco del chae, signora” disse educatamente l’arciere.
“Signora?” ripeté l’ostessa, sorpresa e altrettanto lusingata “Qui mi chiamano tutti Sirsha, bando alle formalità! Accomodatevi piuttosto!”
Mentre i tre prendevano posto sugli alti e instabili sgabelli, lei riempì velocemente due boccali d’alcolico color caramello e mise a scaldare l’acqua per immergervi la miscela di erbe aromatiche che componeva l’ultima bevanda richiesta.
“Il mio chae è diverso da quello che avete al Sud” spiegò “Cambiano le spezie qui, spero che sia comunque di tuo gradimento”.
“Onorato di assaggiarlo” rispose Narsas.
La locandiera piantò i pugni sui fianchi generosi e squadrò con ammirazione il giovane forestiero.
“Di’ un po’… Sono tutti fascinosi e gentili come te nel deserto? Perché se è così, potrei anche meditare di trasferirmi laggiù…”.
L’arciere abbassò lo sguardo, imbarazzato dal complimento.
“E dai, Sirsha!” latrò un omone seduto poco più in là “Non essere sfacciata! Non sono tutti abituati alla tua esuberanza… poi lo straniero potrebbe essere tuo figlio!”.
“Sei un grandissimo zotico, Conn!” sbraitò lei al suo indirizzo “Non sono ancora così decrepita! Lo sembro perché per campare sono costretta a marcire qui, servendo da bere agli ubriaconi cronici come te! Fatti gli affari tuoi, idiota!”
Lungi dall’offendersi, l’individuo sghignazzò divertito, dando di gomito al vicino e suscitando dall’altra parte un ulteriore torrente di improperi.
Dare Yoon trangugiò un lungo sorso tiepido e poi tranciò la querelle, facendo prevalere il suo spirito pratico.
“Stiamo cercando un posto per la notte, Sirsha” disse “Avete una camera libera?”
Lei smise di apostrofare l’audace cliente e si voltò, riacquistando la modalità cordiale.
“Mi dispiace, tesoro” enunciò rammaricata “Sono tutte prese. Hai visto com’è stipato il porto… nessuno riesce a salpare ormai da giorni e Vaneta è più affollata del solito. Suppongo che voi siate arrivati via terra, per non esserne al corrente…”.
“Sì” tagliò corto il soldato “Purtroppo, ci date due pessime notizie in una sola volta. Staremmo anche cercando un passaggio urgente per Neirstrin, in verità”.
La donna scosse la testa e gli versò altro bjorr, ingegnandosi.
“Beh, potreste dormire a bordo di una delle navi mercantili” suggerì “Se qualche capitano accetta di trasportarvi, non vi negherà certo una cabina anche prima di partire, pagando il giusto!”
“E’ un’ottima soluzione” ammise Dare Yoon, illuminandosi “Suppongo sia difficile azzardare una previsione del tempo…”.
“Già. Mai vista una roba del genere…” borbottò la taverniera, ripulendo con cura un bicchiere di vetro e porgendolo a Narsas “Però, se consentite, posso raccomandarvi al comandante Yonnik. Di solito percorre quella tratta, non è particolarmente esoso nelle richieste e il suo vascello è tra i più veloci. Lo manderò ad avvisare…”.
“Tempo sprecato!” abbaiò Conn tra un goccio e l’altro, prima che l’ufficiale in incognito potesse accettare la proposta.
Anche l’uomo appollaiato accanto a lui annuì desolatamente, accompagnato da alcuni commenti scoraggianti ed amminitori, provenienti dagli altri tavoli.
“Oh, ancora con quella stupida storia!” sbuffò Sirsha, infastidita.
“Che storia?” fece Adara, incuriosita.
Alcuni si girarono, interessati, verso la voce femminile che si era appena udita, per sbirciare se la proprietaria fosse degna di nota.
“La Xiomar… la nave maledetta…” borbottò la taverniera “Qualcuno ha riportato di averla avvistata non lontano da qui e ora stanno tutti a cuccia come cagnolini davanti a un lupo, timorosi di affrontare il mare. Che vergogna!”
“Ma cosa vuoi saperne, tu, donna!” gracchiò un marinaio, sollevando il faccione rubizzo dalle carte che aveva in mano “Magari questo vento traverso ce lo sta mandando Manawydan per proteggerci da Tsambika e dalla sua funesta ciurma!”.
“Certo, certo…” sghignazzò lei “E magari il dio del mare ti trova pure la fidanzata!”
Lo spilungone ricacciò il naso nella partita in corso, sentitamente offeso, ma anche gli altri clienti rumoreggiarono, evidentemente propensi a dare più credito alla faccenda del galeone leggendario e del suo spietato comandante.
“Come vedete, è fiato sprecato” commentò acida Sirsha “Per scrupolo mi rivolgerò a Yonnik, ma temo che non otterrò una risposta differente. Manica di pusillanimi…”.
“Grazie” bofonchiò Dare Yoon, frustrato.
 
“Questa non ci voleva!” sospirò Adara con le mani strette sul boccale caldo “Possibile che non ci sia un’altra soluzione?”
“Nessuna che non comporti un viaggio di settimane in mezzo ad un ghiacciato nulla” chiarì Narsas “Per il quale non siamo assolutamente equipaggiati. Proverei ad attendere qualche giorno, affinché si plachino tutte le tempeste, vere o presunte. Inoltre, Dare Yoon deve assolutamente riposare. Non può continuare a viaggiare in quelle condizioni”.
“Io sto benissimo, se è per questo!” saettò bruscamente l’interpellato “Però sono d’accordo, ora come ora non c’è altra scelta. Parlerò personalmente con il tizio che ci è stato raccomandato dall’ostessa e si vedrà”.
“E se rifiuterà?” ipotizzò la principessa.
Prima che il soldato potesse formulare una risposta, alle loro spalle risuonò una voce maschile, garbata e ferma.
“Permettete?”
Si girarono all’unisono.
L’uomo era sulla cinquantina e aveva un viso abbronzato e amichevole, contornato da una corta barba brizzolata. Indossava un’aderente casacca di cuoio bordeaux con quattro alamari, sganciati ad esibire il petto, e una fascia di raso nero damascato, che lasciava intravedere un prezioso stiletto ornato di smeraldi. Al collo, portava una grossa pietra dello stesso vistoso colore.
“Io sono Dalian, comandante dell’Amara” continuò affabilmente, presentandosi con un leggero inchino “Ho fortuitamente udito che state cercando una nave diretta a Neirstrin e si dà il caso che io debba intraprendere proprio quella rotta”.
Dare Yoon inarcò un sopracciglio, cercando di scorgere in lui qualche sintomo che lo identificasse come pirata o come semplice mercante. Vide che dallo stivale destro sporgeva l’elsa di un pugnale più letale del primo e che all’orecchio sinistro pendevano tre anelli dorati di diverse dimensioni. Nessun tatuaggio o segno identificativo, nessun altro tipo di arma.
“Capisco la vostra cautela” continuò Dalian, intercettando quello sguardo inquisitorio “In un posto come Vaneta non è difficile incontrare dei lestofanti mascherati da gentiluomini. Tuttavia, la mia seconda in grado ed io saremmo lieti di mostrarvi senza problemi il nostro galeone e di ospitarvi a bordo almeno per stanotte. Sarete poi voi a decidere se accettare la mia offerta. Ci accorderemo sul prezzo, naturalmente”.
I tre si voltarono nella direzione indicata dall’avventuriero.
Una donna dai nerissimi occhi a mandorla attendeva seduta al tavolo più prossimo, intrecciandosi i capelli, che avevano l’aspetto di una lucida stola di seta scura. Un corpetto color bronzo, ricamato e intessuto di perle nere, le stringeva la vita sottile, mettendo in risalto i fianchi esili e il corpo snello. La profonda scollatura della sua camicia rosa antico lasciava poco spazio all’immaginazione. Le sue labbra dipinte di rosso si piegarono in un sorriso felino, quando accennò ad un cortese ma silenzioso saluto. Anche lei era armata, come il collega. Armata e bellissima.
Persino l’inossidabile Dare Yoon rimase a fissarla, incantato.
“E’ un invito allettante” dichiarò Narsas, senza invece smuoversi più di tanto “E forse anche l’unico che ci verrà proposto. Perciò accetteremo di buon grado la visita alla vostra nave, almeno per stanotte. Abbiamo i cavalli al seguito, spero che per voi non sia un problema”.
“Assolutamente no” si schermì l’uomo “C’è già un passeggero a bordo, che viaggia per affari con il suo seguito. Una parte della stiva sta facendo da stalla per i suoi animali e credo non sia un problema aggiungerne altri tre”.
“Un mercante?” domandò Dare Yoon, riscuotendosi e riprendendo il proprio ruolo.
“Direi di sì. È un tipo molto riservato, non vi disturberà, se questo è il vostro timore”.
Il soldato assentì.
“Ma come?” obiettò Sirsha, che non si era persa una lettera dell’intero discorso “Proprio voi, che avete raccontato di aver incrociato la Xiomar da ragazzo, siete quello più propenso a salpare? Non avete paura?”
“Al contrario, mia cara” enunciò l’uomo, serafico “Il fulmine non cade mai due volte nello stesso luogo. E poi rischierei maggiormente a stare fermo. Le incombenze monetarie e i creditori mi atterriscono ben di più di Tsambika, a essere sincero”.
“Se lo dite voi…” borbottò la locandiera, girando lo stufato di pesce con un robusto cucchiaio di legno “Almeno non figurate codardo come gli altri …”
“L’avete davvero vista?” domandò Adara, spalancando gli occhi.
Dalian ammiccò e si posò la mano sul cuore, piegandosi lievemente verso di lei.
“Sul mio onore, incantevole fanciulla” rispose cavallerescamente “Mi auguro che ci sia data occasione per parlarne presto”.
“Perché vuoi spaventare questa ragazza con le tue vecchie smargiassate, Dalian?” intervenne la donna che era con lui, alzandosi in piedi.
Avanzò verso il bancone, seguita dagli sguardi sognanti e lascivi di tutti gli avventori.
“Io sono Bicks” aggiunse, tendendo la mano alla principessa “Lieta di fare la vostra conoscenza. È bello scorgere un volto femminile in mezzo a tante barbe incolte”.
Poi sbatté le lunghe ciglia in direzione dei due stranieri di sesso maschile.
Adara fece le dovute presentazioni. Avevano deciso di mantenere i loro nomi, che non fornivano alcun indizio sulla loro identità o sulla loro missione e di spacciarsi per comuni cittadini di Erinna in viaggio per affari urgenti al Nord. Fornire dati personali eccessivamente sparuti sarebbe stato sospetto, rivelarne troppi rischioso.
Bicks trattenne un istante più del dovuto nella sua la mano di Dare Yoon, che svicolò, alquanto impacciato.
Sirsha non li lasciò uscire prima che avessero assaggiato almeno una porzione della sua specialità di mare e della sua torta di bacche dolci. La sua fama di ottima cuoca era davvero meritata. Nonostante le insistenze, Narsas non toccò un goccio d’alcol, ma fece onore allo squisito chae locale.
La taverniera li salutò quasi con dispiacere, invitandoli a tornare al più presto ed affidandoli a Manawydan; poi li osservò uscire con un’aria malinconica.
 
“Fammi capire” disse critico Dare Yoon, sellando il destriero con un braccio solo “Non bevi bjorr, ma ogni giorno riesci a ingoiare senza problemi una di quelle schifose pozioni che ti porti dietro…”.
“Non sono abituato. Da noi non è usanza” ribatté Narsas con un pizzico di fastidio “Spero che la proprietaria dell’Aerandir non si sia troppo offesa…”
“Da come ti esaminava direi di no…” lo punzecchiò il soldato.
“Guarda che sei tu quello che ha chiamato “tesoro” …”
“E allora? Cosa vorresti dire? Anche mia nonna mi chiamava così!”
“Siete uno spettacolo fantastico” intervenne Adara, controllando il metacarpo lesionato del suo cavallo “Però preferirei sapere che cosa ne pensate dell’uomo che si è offerto di accompagnarci a Neirstrin. Vi fidate di lui?”
“Niente affatto” borbottò Dare Yoon, sistemando il morso in bocca alla bestia “Ma restare a Vaneta può essere altrettanto azzardato. Hai visto alla locanda, c’erano alcuni brutti ceffi che non ci staccavano le pupille di dosso”.
“Allora non era una mia impressione!” proruppe lei.
“Per niente” interloquì l’arciere, tirando il destriero per le redini “Farsi i fatti altrui deve essere lo sport nazionale, qui. Inoltre, quella donna, Bicks, mi pare ancora meno affidabile dell’amico. Ha uno sguardo freddo e la sua affettata gentilezza non è sufficiente a nascondere l’espressione da predatrice che si porta dietro”.
“Non sarebbe meglio rifiutare il passaggio, allora?”
“Sì” replicò Dare Yoon, avviandosi verso la porta della stalla “Ma non possiamo. Per di più, non saremmo certi di reperire a breve un’occasione migliore. Spero che si accontentino esclusivamente delle monete che sganceremo”.
“Allora, cosa faremo quando ci troveremo in mare aperto?” chiese Adara, pensierosa.
“Innanzitutto, vomiteremo l’anima…” replicò Narsas, montando in sella.
“Esattamente” concordò l’ufficiale, stringendo i talloni ai fianchi dell’animale “Staccare i piedi dalla terra ferma è qualcosa di impensabile per noi di Elestorya. Quindi, a meno che Narsas non conti anche qualche brodaglia conto il mal di mare nelle sue scorte, saremo inevitabilmente più vulnerabili”.
“Se anche l’avessi, tu non ne vorresti sapere” puntualizzò il guerriero del deserto.
Amara, vero?” grugnì Dare Yoon, cambiando subito discorso.
“Sì, al molo grande” spiegò la principessa “Ci aspettano prima che cali la notte”.
 
Il vessillo rosso con la rosa bianca garriva sul pennone dell’Amara, poche spanne sopra il cassero, schioccando in modo familiare alle orecchie dei suoi marinai.
Bicks si calò in testa il cappello a falde larghe, fissandolo al mento con un nastro vermiglio, per non farlo trascinare via dal vento.
“Ebbene?” domandò Dalian, stiracchiandosi soddisfatto e inspirando l’aria carica di iodio del crepuscolo “Impressioni sui nostri futuri ospiti?”
Lei sorrise scaltra, incrociando le braccia sul parapetto e controllando gli uomini che stavano effettuando delle riparazioni al fasciame di babordo.
“Il più carino dei due è abituato a maneggiare la spada con una certa frequenza. Si vede dai calli sulle mani che ha una discreta esperienza. Mi pare uno tosto”.
“Carino? Ma chi, l’Aethalas?”
“Oh, figuriamoci! Quello è poco più che un ragazzino! Parlo di Dare Yoon, naturalmente. Non è affatto male, mi piace…”.
“Stai cercando di rifarti dello smacco subito con il tizio agghiacciante dell’altro giorno o cosa?” sghignazzò Dalian “Sarà la guardia del corpo della ragazza, ma è ferito a quanto ho constatato. Roba recente, non si muove bene, deve fargli ancora male”.
Bicks si imbronciò, rimembrando la cafonesca indifferenza dell’uomo con il mantello grigio, che non si era più fatto vedere da quando di era sistemato nella sua cabina. Gli uomini del suo seguito erano sbarcati un paio di volte per comprare i beni di prima necessità, ma lui pareva essersi dissolto. Non faceva neppure rumore. Metteva i brividi persino a lei.
“Dico solo che Dare Yoon mi sembra il più pericoloso dei tre” ribatté a naso in su “L’arciere ha lasciato intendere poco, mi pare molto introverso. Un osservatore, magari è il fidanzato della giovane. Comunque, credo che non abbia mai visto il mare in vita sua e questo va a nostro vantaggio”.
“Non sarebbe strano” ammise Dalian “La piccola, invece, mi sembra una fanciulla di buona famiglia. Avrà sicuramente con sé qualcosa di interessante. Vedremo quanto sono disposti a pagare per arrivare a Neirstrin e trarremo le nostre conclusioni”.
“Hai visto i cavalli?”
“No, ma lo farò adesso. Guarda, stanno arrivando”.
 
Narsas smontò di sella e condusse al passo il suo destriero, seguito dalla principessa e dall’ufficiale della Guardia. Gettò un’occhiata al ponte principale e scorse il capitano e la vice, che parlavano tra loro con tranquillità. Rispose al loro cenno di saluto, ma non abbassò la guardia, lanciando uno sguardo inquieto alla terraferma.
Percorsero la passerella di legno, che rimbombò al passaggio degli zoccoli ferrati, e seguirono il mozzo nella stiva.
Dare Yoon memorizzò tutti i particolari del veliero, ripromettendosi di fare mente locale in seguito ed iniziò subito ad avvertire il fastidioso rollio della nave. Si domandò se fosse il caso di mettere da parte l’orgoglio ed accettare il farmaco che l’arciere cercava di propinargli tutte le sere. Almeno avrebbe riposato qualche ora.
Adara osservò affascinata la stupenda rosa bianca sbocciata in campo vermiglio sulla bandiera, che sventolava superba alle violente raffiche.
Poi, improvvisamente, il vessillo si afflosciò come privo di energia. Il vento cessò di colpo, come se avesse risposto ad un ordine perentorio e inevitabile. Si sollevò una piacevole brezza, che spirava da terra a mare.
L’Amara poteva salpare.
   
 
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