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Autore: SusyCherry    13/06/2019    6 recensioni
«Devi assolutamente imparare a nuotare, è assurdo che un ragazzo della tua età non sia in grado di farlo.»
Così era iniziato tutto, con sua madre che lo ossessionava per convincerlo a iscriversi in piscina e Sherlock che l’aveva ignorata fino a che non era sopraggiunto Mycroft.
[...]
Ed ecco perché si trovava lì, in accappatoio e ciabatte, sul bordo di una piscina invasa da bambini urlanti, con cuffia e occhialini in una mano e nessunissima intenzione di entrare in acqua.
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Storia già terminata.
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[Storia scritta per l’evento "Merry Christmas!" del gruppo facebook "Johnlock is the way... and Freebatch of course!"]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo so che questa volta è passato più del solito e mi merito tutti gli improperi che avete pensato. Ma credetemi è un periodaccio, non ho davvero tempo per far nulla. Ciò nonostante, avendo realizzato il tempo trascorso mi sono convinta che tre ore di sonno tutto sommato sono più che sufficienti e quindi mi sono messa a correggere questo capitolo per poterlo finalmente postare. Mi dispiace per come è andata, sicuramente non ho gestito la cosa delle pubblicazioni al meglio, però si impara dai propri errori e sicuramente non posterò più storie prima di averle rilette e controllate le mie consuete 354736 volte, perché mi ero cullata del fatto che la storia fosse conclusa, senza pensare al tempo che porta via rileggerla più e più volte (sono leggerissimamente fissata con i refusi. Ma è un disturbo molto, molto leggero. Sui livelli del military kink di Sherlock più o meno. Anzi come al solito se notate errori fatemelo sapere!).

Ma bando alle ciance passiamo alle cose importanti. Siamo arrivati al penultimo capitolo, spero di farmi perdonare un po'. La storia si potrebbe benissimo considerare conclusa con questo e come vi ho accennato in precedenza (o l'ho fatto su Facebook? Non ricordo) sono stata a lungo indecisa se pubblicare il prossimo capitolo a parte o come conclusione della storia. Per il momento, salvo ripensamenti, sarà pubblicato assieme a questi, il che significa che la storia passerà al rating rosso. Se c'è qualcuno che la sta seguendo senza possedere un account quindi si affrettasse a leggerla, perché dopo non sarà più possibile farlo. Per tutti gli altri metterò degli avvisi direttamente nel prossimo capitolo, in modo che possiate decidere se continuare la lettura o meno (non sono stati trattati argomenti scabrosi o altro, è un normalissimo capitolo a rating rosso, ma visto che la storia era nata come un rating verde non vorrei che qualcuno si sentisse disturbato da questo).
 
Infine vorrei ringraziare quelle sante ragazze che ancora non mi hanno mandato a quel paese, che continuano a leggermi e ogni tanto mi mandano dei gentili reminder. Grazie davvero ragazze, mi riempie di gioia sapere che c'è qualcuno che attende la mia storia e che continua ad apprezzarla. Vi ringrazio per ogni singola recensione che mi lasciate, mi spronate a pubblicare le cose che scrivo e a non tenerle chiuse nel cassetto. Risponderò a tutte singolarmente, ma nell'attesa volevo farvi un enorme ringraziamento qua. Grazie anche a chi ha inserito la storia in una categoria, crescete sempre più e mi riempite d'orgoglio. 

Dopo questa interminabile sproloquio vi lascio al capitolo, spero davvero possa piacervi. A presto!






Sherlock disertò la piscina per le due settimane successive. Sapeva di aver esagerato e che aveva attribuito a John colpe inesistenti, John non lo aveva tradito e non aveva mai fatto nulla per ferirlo, tutt’altro, eppure dentro di sé si sentiva davvero come se fosse stato preso in giro. Forse era stata l’abbagliante consapevolezza che John non avrebbe mai provato nulla per lui, che avrebbe sempre preferito baciare una Jeanette piuttosto che le sue labbra. E se in precedenza aveva pensato che avere John nella sua vita come amico era meglio di niente adesso non ne era più così tanto sicuro. Se vederlo con Jeanette gli aveva dato così tanto fastidio, e John non aveva davvero fatto nulla per incoraggiare le avances di lei, cosa sarebbe successo quando l’amico gli avrebbe presentato una fidanzata? Quando gli avrebbe confessato di amare qualcun altro, quando si sarebbero baciati davanti a lui, quando un giorno si sarebbe sposato? Forse era meglio cercare adesso di salvare il salvabile tra i cocci del suo cuore, sperando che non fosse troppo tardi.

Era perso tra le sue riflessioni, mentre se ne stava mollemente sdraiato sul letto, quando udì qualcuno bussare alla porta. Poco dopo fece il suo ingresso in camera Mycroft, nel suo solito portamento tronfio e l’espressione enigmatica.

«Che vuoi?»

«Controllavo le tue condizioni.»

«Sto bene, puoi andare. Ciao.»

«Oh lo vedo che stai bene» esclamò ambiguo «in effetti la tua caviglia è guarita del tutto. È ora di tornare in piscina, non credi?»

«No, non credo. Vuoi altro?»

«Sherlock» cominciò con voce supponente «lo sai meglio di me che non potrai nasconderti per sempre. Non è così che agisci di solito, non sei un codardo, perché vuoi iniziare proprio ora?»

Sherlock strinse i denti e i pugni, cercando di contenere la rabbia.

«Io lo so chi sei davvero, so che combatti per ciò in cui credi, per le cose per te importanti, perché vuoi improvvisamente smettere?»

«Perché magari non c’è nulla per cui combattere, Mycroft» esclamò con voce triste e rassegnata.

«E come fai a dirlo? Perché non ti concedi una possibilità, una vera questa volta?»

«I rischi…i rischi da correre sono inaccettabili.»

«Oh andiamo, sei sempre stato sprezzante del pericolo, non hai mai avuto la minima cura di te stesso e proprio ora sei diventato prudente?»

«Non c’entra Mycroft. In quel caso si parlava del mio corpo, non mi fa paura il dolore fisico. Ma non è questo il caso.»

«Sherlock…lo sai che nonostante tutto sei il mio fratellino. Io ti voglio bene. E so che sai anche che sono il più intelligente tra i due. Secondo te ti farei correre un rischio del genere se sapessi che non ci sono possibilità? Io vi ho visti, ho visto come ti guarda. Devi tentare Sherlock. Non posso darti la certezza che andrà bene, ma credimi il rimpianto di non averci mai nemmeno provato sarebbe molto peggio di qualsiasi cosa possa succedere.»

Sherlock ascoltò attentamente il discorso del fratello. Solo lui poteva inserire una dichiarazione d’affetto e subito dopo un insulto, ma forse aveva ragione. Forse doveva darsi finalmente una possibilità.

Si alzò di scatto iniziando a preparare il borsone, dando occhiate nervose all’orologio. Mycroft sorrise soddisfatto e si alzò dal letto dove si era seduto scuotendosi dai pantaloni degli invisibili granelli di polvere.

«Tra cinque minuti ti aspetto giù, ti do un passaggio in macchina.»

 
Sherlock si era preparato il più velocemente possibile e aveva guardato nervosamente fuori dal finestrino per tutto il tragitto verso la sua meta. Una volta giunto a destinazione si era fiondato fuori dalla macchina e si era preparato in tutta fretta, ma esitò nel momento di aprire la porta che l’avrebbe condotto in piscina. E se John fosse stato in compagnia di Jeanette? Come avrebbe reagito? Era una cosa a cui non aveva pensato e non era da lui tralasciare certe eventualità. John gli stava mandando in malora il cervello. Stava quasi per rinunciare e tornare indietro quando gli tornarono in mente le parole del fratello. Aveva mai lottato davvero per questa cosa? O si era comodamente rifugiato dietro mille scuse e pseudo ragionamenti logici? Strinse la maniglia con più forza e si fece coraggio, varcando quella porta.

La piscina era deserta, escludendo un unico nuotatore che non fece molto caso alla sua presenza. Come al solito l’addetto alla sicurezza era latitante, impegnato con la sua nuova amante (in fin dei conti non era solo la sua fidanzata ad essere fedifraga), Sherlock davvero si chiedeva perché si sforzassero ad elargirgli uno stipendio, per quanto misero fosse. Fosse dipeso da quello scansafatiche lui sarebbe morto l’ultima volta che era stato lì. Si avvicinò alla piscina, liberandosi dell’accappatoio, gettando contemporaneamente un occhio al nuotatore solitario e riconoscendolo immediatamente come John. Non si era fermato nemmeno per un attimo e non aveva neppure sollevato la testa, anche se doveva essersi reso conto dell’arrivo di qualcuno. Che John fosse arrabbiato con lui? No, probabilmente non si era accorto che il nuovo arrivato era lui, evidentemente non riteneva possibile un suo ritorno in piscina.

Si immerse lentamente in acqua e si portò nella corsia adiacente alla sua, come era solito fare. Attese che John finisse le sue vasche e quando finalmente si fermò per riprendere fiato ne approfittò per salutarlo.

«Ciao John.»

Il ragazzo si girò di scatto, chiaramente sorpreso di vederlo.

«Sherlock!»

Il bruno accennò una sorta di piccolo sorriso, incerto su cosa dire, ma l’altro riprese parola traendolo d’impaccio.

«Non mi aspettavo di vederti qui. Anzi a dire il vero non credevo di rivederti mai più.»

«Beh sì, quello era il piano iniziale.»

«E cosa ti ha fatto cambiare idea?»

Sherlock si limitò ad un’alzata di spalle, distogliendo lo sguardo. L’espressione di John si fece più nervosa, a disagio.

«Io…non ho intenzione di chiederti scusa, sappilo. Non ho fatto niente, non sono io ad averti tenuto la testa sott’acqua. Non ho potere sulle azioni altrui, quindi come ho detto non ho intenzione di scusarmi» pronunciò improvvisamente più duro, ma con voce sofferente. Anche lui non aveva avuto il coraggio di guardarlo in faccia mentre pronunciava queste parole, preferendo focalizzare l’attenzione sull’acqua circostante.

«Non era mia intenzione chiederti di scusarti» rispose Sherlock sbalordito. Perché John pensava questa cosa?

«Non sei arrabbiato con me?» chiese trovando finalmente il coraggio per guardarlo negli occhi. Sherlock si limitò a un diniego con la testa.

«Ma non ti sei fatto vedere per due settimane! Sono state terribili. Tu non venivi ed io continuavo ad aspettarti, volevo mandarti un messaggio o chiamarti o venire a casa tua, ma tu mi avevi ordinato di non farlo e avevo paura di farti arrabbiare ancora di più» esclamò John tutto d’un fiato, il panico e lo sconforto ben chiari nella sua voce.

Sherlock aveva passato due settimane a piangersi addosso, rimuginando sul suo dolore, sull’umiliazione ricevuta, sull’angoscia e l’amarezza che gli attanagliavano il cuore, ma mai nemmeno per un momento aveva pensato alla sofferenza che stava infliggendo al suo amico. Ed ora era tutta lì, ben visibile sul suo volto.

«Hai ragione, ma non mi sentivo pronto a tornare. E poi la caviglia mi faceva ancora male.»

«Oh giusto. Come va ora?»

«Molto meglio. In fondo sono qui no?»

John annuì pensieroso, pensando a cosa dire, cercando le parole giuste.

«Mi dispiace per quello che è successo l’altra volta. Jeanette è una stupida.»

«Come hai detto non è colpa tua. Non pensarci. Oggi non viene?»

«Non credo verrà mai più. Almeno non durante i nostri turni» affermò con un sorrisetto.

I nostri turni. Quanto gli era mancato questo noi.

«Come mai?»

«Beh quella sera stessa mi sono premurato di far sapere ai suoi genitori quello che aveva fatto. Si sono profusi in mille scuse e credo abbia avuto una punizione esemplare. Non si farà vedere mai più credimi. Ora mi odia» concluse con una risata.

Sherlock lo guardò curioso. John aveva fatto tutto questo per lui? Col rischio di ripercussioni da parte di quella strega? Avrebbe dovuto ringraziarlo, ma non trovava le parole giuste. Sapeva che John non ci avrebbe fatto troppo caso se anche avesse soprasseduto.

«Avevo paura non mettessi più piede in acqua» sussurrò il biondo.

«Come mai?»

«Beh è frequente rimanere traumatizzati dopo un’esperienza del genere.»

«Ci vuole ben altro per scalfirmi John, non dire idiozie!»

«Hai ragione. Sono felice che tu sia tornato.»

«Anche io.»

«Quindi le cose tra di noi sono a posto? Non ce l’hai con me?»

«No John. Va tutto bene.»

«Bene.»

John appoggiò la nuca a bordo piscina, guardando verso il soffitto pensieroso. Non aveva alcuna intenzione di ricominciare subito a nuotare. Sherlock si appoggiò anche lui sul bordo, incrociando le braccia e posandoci la fronte sopra, meditando su come introdurre l’argomento. C’era innanzitutto una cosa che voleva sapere, su cui si era arrovellato in quelle lunghe settimane.

«John posso chiederti una cosa?»

«Certo.»

«Jeanette era la tua ragazza?»

John scoppiò a ridere, pur senza smettere di fissare il punto su cui si era focalizzato.

«No, per l’amor del cielo, no.»

«Ma qualcosa tra di voi c’è stato.»

«Sì, ma si è trattato solo di qualche bacio, nulla di più.»

«Capisco.»

«Ed è stato prima che ci conoscessimo» aggiunse, apparentemente senza alcun motivo.

Sherlock si mordicchiò il labbro indeciso se chiedere o meno. Decise di buttarsi e diede via libera alla sua voce.

«John.»

«Sì Sherlock?»

«Com’è baciare qualcuno?»

Questa domanda riuscì a smuovere John dal suo stato di immobilità, facendogli puntare gli occhi dritti su di lui. Ma Sherlock evitò quello sguardo cercando di nascondere ancor di più il viso tra le sue stesse braccia.

«Non hai mai baciato nessuno?»

«No» sussurrò l’altro.

«Uhm, vediamo. È…morbido! Sì è morbido…e bello» rispose con una punta di divertimento.

«Morbido e bello.»

«Già. E anche bagnato.»

«Oh.»

Rimasero qualche altro secondo così, Sherlock era troppo imbarazzato per riuscire a dire altro e continuava diligentemente ad evitare il suo sguardo. John dovette intuire la cosa perché si affrettò a cambiare discorso.

«Senti so bene cosa ho detto prima, ma ammetto che un po’ in colpa mi ci sento. Cosa posso fare per farmi perdonare?»

«Non hai nulla da farti perdonare, John.»

«Dai lasciami fare.» 

«Come vuoi tu. Potresti…vediamo…mi piacerebbe molto imparare a tuffarmi di testa» confessò timido.

«Consideralo già fatto! Dai seguimi.» 

Lo prese per un braccio, colmo d’entusiasmo, trascinandolo fuori dall’acqua e iniziò a spiegargli la tecnica.

«Ti insegno un metodo facile, perché devi prima imparare a sbilanciarti, poi man mano che avrai preso confidenza lavoreremo su un’esecuzione più elegante, ma per il momento impara a farlo così. Innanzitutto posiziona il piede destro in avanti, leggermente fuori dal bordo, così, come se volessi aggrappartici con le dita» gli spiegò mettendosi lui stesso in posizione «ora tieni le braccia tese, rivolte verso l’alto e incrociale dietro la testa, petto in fuori e pancia in dentro. Bravo. Chinati e inizia a sbilanciarti leggermente verso l’avanti, quando senti che stai per cadere datti una forte spinta con la gamba destra. Forza!»

Sherlock voleva tuffarsi, gliel’aveva chiesto lui di insegnarglielo, ma forse le sue gambe non erano dello stesso avviso, perché rimasero ferme e immobili e non parevano volersi schiodare da lì. Questa insubordinazione del proprio corpo indispettì parecchio il ragazzo, che si riportò in stazione eretta.

«Rilassati, è normale aver paura all’inizio, per questo te lo sto insegnando così. Rimettiti in posizione.»

Sherlock obbedì e John gli poggiò delicatamente una mano sulla schiena.

«Quando ti sentirai pronto ti darò una piccola spinta, preferisco avvisarti e non farlo d’improvviso cosicché tu possa non spaventarti. Appena ti sentirai cadere ricordati si spingere con la gamba, come se vorresti arrivare il più lontano possibile.»

Questo primo tentativo non andò malaccio e John fu abbastanza soddisfatto dell’esecuzione. Riprovarono più e più volte, Sherlock trovò anche il coraggio di sbilanciarsi da solo, con risultati più o meno validi, qualche panciata non potette evitarsela nemmeno lui.

Erano all’ennesimo tentativo e il moro se la cavava piuttosto bene, ma c’era ancora qualcosa di imperfetto, quindi John gli disse di osservare il modo in cui si tuffava lui per capire bene il movimento. Si mise in posizione e con un movimento fluido ed elegante scivolò in acqua, producendo pochissimi schizzi, tanto precisamente aveva rotto il pelo dell’acqua.

Riemerse poco lontano e si sfilò occhialini e cuffia, gettandoli vicino a Sherlock.

«Verrai rimproverato» lo ammonì il moro.

«Io non vedo nessuno qui attorno.»

«Solo perché chi di dovere non sta facendo il suo lavoro.»

«Come al solito. Muoviti dai, voglio un tuffo perfetto! Devi cercare di arrivare qui dove sono io.»

«Ma sei lontanissimo!»

«Ce la puoi fare. Io so che puoi farlo.»

Rinvigorito dalla fiducia che l’amico riponeva nei suoi confronti Sherlock si posizionò sul ciglio della piscina, ripensò al movimento che gli aveva appena visto fare, calcolò attentamente i tempi affinché il risultato finale fosse quanto più fluido possibile. Si concentrò sull’obiettivo e nel momento in cui si sentì cadere verso il basso spinse quanto più forte possibile con la gamba. Mentre sentiva l’acqua avvolgerlo completamente rise, perché seppe di non aver tradito le aspettative di John. Ce l’aveva fatta.

Stava già riemergendo quando sentì due braccia forti tirarlo su e stringerlo a sé, in un gesto familiare, come quando mesi prima gli aveva insegnato a tuffarsi in maniera molto più raffazzonata ma ugualmente divertente. Le stesse mani che lo avevano salvato quando era ormai sicuro che sarebbe annegato, mani amate e ricercate. Sherlock si sfilò gli occhialini e la cuffia e si avvinghiò istintivamente con le gambe all’amico, facendosi sorreggere completamente da lui.

«Hai visto? Io te lo dicevo che sei un talento naturale! Sei stato perfetto.»

Entrambi ridevano, scioccamente felici per una cosa così insignificante, ma che sembrava tutto. Si erano ritrovati, riappacificati quando ormai sembrava che tutto fosse finito e ora si trovavano lì, in perfetta sintonia. Fu in quell’istante che Sherlock capì di volere di più, sentì che era giunto finalmente il momento giusto. Lo guardò languidamente, il respiro appena accelerato, un pizzico di paura per quello che ne sarebbe seguito, ma questa volta non aveva intenzione di farsi paralizzare da essa.

John sembrò quasi intuire le intenzioni dell’amico perché rimase fermo, in attesa, ricambiando il suo sguardo. Si osservarono fino all’ultimo istante, chiudendo gli occhi solo quando le labbra di Sherlock impattarono delicatamente contro quelle di John, in un contatto tanto casto quanto emozionante. Stava baciando John, il ragazzo che sentiva di amare, sul quale aveva fantasticato tante notti. Aveva cercato di immaginare più e più volte come sarebbe stato toccare le sue labbra, accarezzarle con le proprie, ma la realtà stava di certo superando ogni sua aspettativa, per quanto quel dolce contatto fosse un qualcosa di talmente effimero da essere quasi impalpabile.

Si staccarono entrambi con un piccolo schiocco e Sherlock riaprì gli occhi impaurito di cosa avrebbe visto sul volto dell’amico: confusione, panico, disgusto, imbarazzo, disagio, perplessità, turbamento, sdegno? E se John gli avesse chiesto spiegazioni, cosa avrebbe risposto? Avrebbe vuotato il sacco parlandogli dei suoi sentimenti o avrebbe cercato una scappatoia, magari menzionando fantomatici esperimenti?

Fortunatamente non ebbe bisogno di pensarci a lungo perché il volto di John mostrava solo un bellissimo e luminoso sorriso. Sherlock tirò letteralmente un sospiro di sollievo.

«Beh, come è stato?» si sentì chiedere. Dovette pensarci un attimo prima di rispondere, non avendo ancora avuto modo di riflettere su ciò che era appena successo.

«Avevi ragione, è morbido» mormorò pensieroso.

«E bello no?»

«Molto» annuì convinto, guadagnandosi un altro sorriso «posso rifarlo?»

«Tutte le volte che vuoi.»

Lo baciò ancora e ancora, tanti soffici contatti che si facevano man mano più decisi, degli ingenui sfioramenti impacciati, ma estremamente dolci.

«Però non è bagnato, a meno che tu non ti riferissi all’acqua qui intorno. Hai baciato anche Jeanette in una piscina?»

John rise del candore con cui quella domanda gli era stata posta. Col senno di poi Sherlock si sarebbe dato dell’idiota per un quesito tanto stupido, ma evidentemente in quel momento le endorfine gli appannavano le facoltà cerebrali. In ogni caso non se la sarebbe presa troppo per quella momentanea défaillance intellettiva perché John, in seguito, avrebbe definito quel momento perfetto e Sherlock e la sua ingenuità adorabili.

«No, non ho baciato nessun altro in una piscina, né in vicinanza di altre fonti d’acqua. Per avere un bacio bagnato devi usare la lingua.»

«Oh.»

«Vuoi provare?»

Sherlock annuì freneticamente, incapace di esprimersi a parole, imbarazzato e intrigato da quella nuova situazione. John si riavvicinò al suo volto, lentamente, osservando ogni sua più piccola reazione. Sherlock deglutì, sentendo il suo respiro caldo sulle labbra e fremendo nell’attesa. Voleva John, voleva sentirlo su di sé, voleva la sua bocca, il suo calore, il suo sapore. John poggiò delicatamente le sue labbra su quelle del moro, baciandolo lentamente, dolcemente. Intrappolò il suo labbro inferiore mordicchiandolo senza forza, non intenzionato a fargli male, ma solo per il gusto di seguire un capriccio, volendo giocare con quelle labbra così tanto carnose e invitanti. La stessa sorte toccò a quello superiore, se possibile ancora più ammaliante per quanto era pieno e soffice. Tutto di Sherlock era attraente e desiderabile per lui. Solo quando fu pago di quel desiderio a lungo represso smise di passare i denti su quella bocca, passando ad accarezzargliela con la lingua. Sherlock rimaneva immobile, ammaliato da quel contatto, in attesa di ciò che sarebbe seguito. Avrebbe voluto affrettare le cose, ma era anche curioso di vedere quale sarebbe stata la prossima mossa di John, il quale prese a baciarlo delicatamente. Sherlock si abbandonò totalmente tra le sue braccia, in completa balia dell’amico che iniziò a trasportarlo lentamente verso il bordo della vasca. Fu quando la sua schiena impattò sofficemente contro la parete della piscina che la lingua di John prese a intrufolarsi gentilmente tra le sue labbra, accarezzandogliele con reverenza. Era una sensazione strana, nuova, un contatto così intimo che fece rabbrividire il moro. John lo strinse più forte a sé, approfondendo il contatto, ma ogni singolo movimento esprimeva il grande rispetto che provava nei suoi confronti. Era bello, profondo, totalizzante, ma allo stesso tempo pregno della paura del biondo che temeva un ripensamento da parte dell’amico. La sua lingua esitante giocava timidamente con quella del moro, sfiorandogli di tanto in tanto, con un pizzico d’audacia, l’arcata dentale. Si scostò esitante, temendo di aver osato troppo, e l’espressione sperduta di Sherlock contribuì ad aumentare la sua insicurezza. Una cosa era certa: Sherlock, con quelle labbra lucide e piene che sporgevano tremanti e semichiuse, le guance arrossate e gli occhi acquosi che brillavano d’emozione, era lo spettacolo più bello che avesse mai visto.

«È stato bellissimo, John.»

«Davvero? Non ti ha fatto senso?»

«Assolutamente no!» negò col capo.

John sorrise rincuorato.

«Fallo di nuovo» sussurrò il moro, avvicinando la sua bocca a quella dell’amico.

John, non se lo fece ripetere e serrò le sue labbra su quelle dell’altro, più sicuro delle proprie azioni. Questa volta il contatto fu meno delicato e Sherlock percepì tutta la passione che aveva sempre immaginato, nelle notti passate a fantasticare su quello che all’epoca sembrava un evento impossibile da realizzarsi. Mugolò di piacere avvertendo la lingua di John che si spingeva con decisione contro la sua, accogliendola con entusiasmo nella sua bocca. Ora era il suo turno di darsi da fare e cominciò a rispondere ai movimenti dell’amico, ruotando la testa per incastrare bene le loro labbra, in modo che fossero quanto più vicine possibile. Si strinse ancor di più contro il ragazzo che tanto amava, muovendo la sua lingua in sincronia con quella dell’altro e succhiando le sue labbra. Quando si staccarono fu il turno di Sherlock di ammirare le labbra rosso acceso dell’altro, il respiro lievemente affannato e l’espressione accaldata. Entrambi ne volevano di più e poco dopo Sherlock tornò a baciarlo con veemenza, forse non sarebbe mai stato sazio di questo e sperò con tutto se stesso che John non gli avrebbe negato tanto presto un simile paradiso. Non sapeva dire per quanto ancora glielo avrebbe concesso, quindi si impegnò anima e corpo nel baciare quelle labbra a lungo desiderate, nella speranza di imprimersi a fuoco nella mente le sensazioni che stava provando in quel momento.

Non seppero dire per quanto tempo rimasero lì, a scambiarsi baci e saliva, nascosti dalla scaletta che celava la loro vista a eventuali occhi indiscreti, ma in un momento non ben precisato John si separò, seppur in maniera sofferta, dalle labbra di miele dell’altro.

«Io…credo di aver bisogno di fare una bella nuotata. Sì. Per schiarirmi le idee» ridacchiò, portando la testa leggermente sott’acqua. Una doccia fredda forse sarebbe stata più appropriata.

«Già, credo ti seguirò, ho il tuo stesso problema. Devo schiarirmi le idee anch’io» rispose divertito l’altro.

«Non so cosa tu mi abbia fatto Sherlock Holmes» pronunciò questa volta portandosi completamente sotto il pelo dell’acqua.

Sherlock aspettò che l’altro riemergesse per avvicinarsi nuovamente a lui e lasciare un innocente bacio sulle sue labbra. John lo accettò con molto piacere.

«Su, rimettiamoci a lavoro, potrebbe sempre tornare il bagnino in qualsiasi momento.»

«Quello scansafatiche? Figuriamoci.»

«In ogni caso sta buono. Ho bisogno di calmarmi e tu non sei d’aiuto, piccolo tentatore.»

«Non è colpa mia se sei così bello. Non ti rendi conto dell’effetto che mi fai? Non sei l’unico in difficoltà qui.»

John sollevò l’angolo delle labbra, lusingato.

«Sbrighiamoci a finire il nostro programma, ne ho uno molto più interessante per dopo.» sussurrò al suo orecchio «Include un'unica cabina doccia e labbra, mani, pelle…»

Sherlock gemette sofferente, immergendo i suoi ricci sott’acqua.

«Ora spiegami come dovrei calmarmi dopo che mi hai detto questa cosa. No davvero. Sei crudele John Watson.»

«Il mio era solo un incoraggiamento, così sarai motivato a finire in fretta.»

«Non riuscirò nemmeno a nuotare in queste condizioni!»

«L’esercizio fisico aiuta, fidati. Datti una mossa bella addormentata.»

«L’importante è che dopo mi sveglierai con un bacio.»

«Ti darò tutti i baci che vuoi. Sicuro che ne vorrai altri, vero?»

«Sempre. Dai inizia a nuotare, ti seguo.»

«Sarà l’allenamento più breve di sempre.»

John riprese a muoversi stringendo la mano dell’altro, tirandolo con sé. Non voleva più lasciargliela e forse non l’avrebbe fatto.
 
 





 
   
 
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