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Autore: masquerade930    17/06/2019    2 recensioni
E' il 1973. Due comunissime ragazze italiane - Cecilia e Rossella - riescono ad ottenere una borsa di studio per proseguire gli studi all'estero. Molto diverse tra loro ma amiche per la pelle, si ritrovano da un giorno all'altro catapultate a Londra, la patria della musica.
In che modo le loro vite si intrecceranno con quelle di Freddie Mercury, Brian May, Roger Taylor e John Deacon?
La storia è ambientata negli anni '70, poco dopo la pubblicazione del primo album dei Queen.
La fantasia si sovrappone alla realtà e, per esigenze letterarie, alcuni fatti realmente accaduti sono stati anticipati o posticipati di alcuni anni.
Spero vi piaccia, buona lettura!
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I giorni seguenti passarono abbastanza rapidamente per i quattro musicisti, che trascorsero moltissimo tempo in studio per preparare un concerto che avrebbe avuto luogo al Marquee Club, a Londra, il 20 ottobre prossimo, la stessa sera in cui Cecilia, sempre a Londra, si sarebbe esibita alla Royal Albert Hall.
- La solita sfiga - sbuffò deluso Brian nell’accorgersi che la data del loro concerto si sovrapponeva a quello della ragazza
- Non preoccuparti, vedrai che avremo modo di rifarci più avanti - rispose il biondo nel tentativo di rincuorare l’amico
- E poi domani si parte, non vorrai mica rovinare la sorpresa che ti ho preparato con tanto amore? - concluse il batterista con un sorriso a trentadue denti.
La mattina seguente, alle dieci in punto, i quattro ragazzi erano sotto casa di Rossella; John suonò il campanello e in pochi minuti la ragazza li raggiunse: indossava una camicetta bianca molto sottile, che lasciava intravedere il suo seno prosperoso, una giacca di panno nera, una gonna a pieghe grigia che le arrivava poco sotto il ginocchio e delle scarpe décolleté nere con il tacco basso; una collana dorata poi impreziosiva ulteriormente il completo. I lunghi capelli castani erano sciolti e, per tenerli più in ordine, la ragazza aveva deciso di indossare un cerchietto argentato, che richiamava la tonalità di grigio della gonna, che le incorniciava il viso.
- Ottima scelta darling! Questo look classico ma elegante ti dona molto - commentò Freddie
- Concordo; stai davvero bene - aggiunse John arrossendo in volto
- Hanno già detto tutto loro - proseguì Brian sorridendo alla ragazza e sollevando le spalle
- Esatto. Ma io aggiungerei che ti vedrei bene dietro una scrivania, come segretaria sexy - rispose un ammiccante Roger, facendo così arrossire la ragazza.
- Anche voi siete elegantissimi e originali - replicò poi timidamente Rossella.
Freddie era quello più estroso: indossava una casacca corta rosso vivo, la cui forma richiamava quella dei kimono giapponesi, abbinata ad una maglia nera con decorazioni arabescate sempre di colore rosso; i pantaloni, bianchissimi, contrastavano con i colori vivaci della giacca e una cintura, con una grande fibbia dorata, contribuiva a rendere il look più ricercato. Dai pantaloni, rigorosamente scampanati, spuntavano degli stivaletti bianchi e i suoi profondi occhi neri erano coperti da degli occhiali da sole color bronzo.
Anche Roger aveva optato per un completo che non passava certo inosservato. Il biondo indossava una giacca di velluto blu oltremare e dei pantaloni bianchi impreziositi, sui lati, da una striscia dello stesso colore della giacca. Una camicia beige e una cravatta color rame contribuivano a creare un look casual e al contempo elegante, che però contrastava con le scarpe da ginnastica argentate tempestate di paillettes.
- Perché mi stai fissando i piedi? Qualcosa non va nel mio aspetto? - domandò diretto il batterista dopo aver notato che lo sguardo della ragazza si era soffermato diversi secondi sulle sue scarpe
- No no, assolutamente nulla - rispose incerta Rossella
- Non sai mentire. Avanti, sputa il rospo - replicò divertito il biondo
- Ecco, diciamo che hai delle scarpe che si fanno notare e, forse, sono un po’ troppo stravaganti -
- E’ quello che gli ho detto anch’io - disse John intromettendosi nella discussione.
Lo sguardo di Rossella si posò quindi sul bassista, che aveva preferito qualcosa di più classico e meno appariscente rispetto ai compagni di gruppo. Il ragazzo indossava una giacca di panno nera, sotto la quale faceva capolino una camicia di tessuto lucido, probabilmente raso, dello stesso colore della giacca, decorata con piccoli pois bianchi e gialli che sembravano stelle, a cui erano stati abbinati dei jeans scuri e degli stivaletti neri.
Ma la sorpresa più grande per la giovane infermiera fu Brian: era la prima volta infatti, se si esclude l’incontro all’aeroporto, che Rossella vedeva il ragazzo non in pigiama ma con addosso degli abiti comuni. Al posto della casacca del pigiama il chitarrista indossava una giacca di velluto nero abbinata ad una maglia totalmente bianca con una scollatura molto ampia, quasi a barca, le cui maniche erano più lunghe di quelle della giacca, e il riccio, per ovviare a questo problema, era stato costretto a creare dei buffi risvolti fai da te. Per Brian non era facile trovare degli abiti di misura: il ragazzo era al contempo molto alto e molto magro e spesso gli indumenti avevano le maniche troppo corte oppure, se la lunghezza delle maniche era giusta, i vestiti risultavano essere poi troppo larghi per la sua corporatura. Dei pantaloni di velluto nero a zampa di elefante, perfettamente in tono con la giacca e da cui sbucavano degli stivaletti neri, contribuivano a slanciare ulteriormente il chitarrista, che probabilmente superava il metro e novanta. Per completare il look in maniera non banale e impreziosire il tutto, Brian aveva deciso di indossare una grande ed eccentrica collana girocollo dorata che gli illuminava il viso, sulla quale vi erano delle decorazioni che parevano orientaleggianti.
- Tutti a bordo, svelti! - sentenziò Roger ponendo fine alla sfilata di moda e sedendosi, naturalmente, alla guida della sua auto. Il batterista volle avere accanto a sé Brian, mentre fece accomodare Rossella nel sedile posteriore; affianco alla ragazza prese posto John, mentre Freddie si piazzò dietro al sedile del ricciolo.
- Allacciate le cinture, si parte! - urlò euforico il biondo mentre faceva sgommare le ruote dell’auto sul grigio asfalto londinese.

- 99, 100 e 101! - bisbigliò Cecilia. La ragazza era seduta sul letto della sua camera e aveva appena finito di contare a bassa voce i rintocchi della Tom Tower del Christ Church, uno dei numerosi collegi costituenti l’Università di Oxford.
La gigantesca campana suonava tutte le sere alle nove 101 rintocchi, lo stesso numero degli studenti del collegio, per segnalare a questi ultimi la chiusura di tutti i collegi facenti parte della cittadina.
Cecilia si trovava in una lussuosa e gigantesca stanza nella manica principale del Christ Church, il più importante e famoso college di Oxford; l’organizzazione aveva riservato a lei e agli altri quattro musicisti le camere migliori, quelle dove abitualmente venivano ospitati importanti professori emeriti chiamati, di tanto in tanto, a tenere seminari o approfondimenti su tematiche specifiche.
Era un luogo surreale, e la ragazza era affascinata soprattutto dai maestosi ed imponenti complessi architettonici; la Tom Tower, in particolare, era un magnifico e suggestivo esempio della maestria dell’architetto britannico Christopher Wren, e fungeva da cancello al gigantesco complesso architettonico seicentesco in cui i giovani musicisti alloggiavano. Cecilia amava l’architettura, era una disciplina che l’aveva stregata fin da piccola; e Oxford era un piccolo gioiello architettonico. Fu proprio questa cittadina a dare i primi due incarichi importanti all’allora giovanissimo Christopher Wren. Il futuro architetto della Cattedrale di Saint Paul a Londra era all’epoca professore di astronomia a Oxford, e progettò, oltre alla Tom Tower, lo Sheldonian Theatre, ad imitazione di un teatro classico romano. Questa struttura si trovava poco distante da Christ Church, ed è qui che i magnifici cinque, così erano stati soprannominati i giovani musicisti, si sarebbero esibiti la sera seguente.
C’era però un altro aspetto che contribuiva a rendere il luogo surreale: Christ Church era un ambiente elitario, riservato all’aristocrazia, a cui avevano accesso solamente i ragazzi; le donne, infatti, non erano ammesse. Cecilia era sbalordita e al contempo irritata da questo fatto; in Italia le università erano pubbliche e chiunque poteva accedervi. Perché qui in Inghilterra le migliori università dovevano essere riservate ai soli uomini? Era una cosa profondamente ingiusta: la cultura, infatti, doveva essere un diritto di tutti. La ragazza era molto sensibile a questa tematica in quanto, qualche anno prima, nel Sessantotto, militava in gruppi studenteschi e camminava nelle prime file dei cortei per criticare la connotazione classista del sistema dell’istruzione e denunciare l'autoritarismo accademico. Si trattava di manifestazioni pacifiche che puntavano il dito tanto contro il sistema capitalistico quanto contro le organizzazioni della sinistra, poiché avevano rinunciato a qualsiasi ipotesi di trasformazione radicale dell'esistente.
Avrebbe voluto sfogarsi e parlarne con qualcuno, magari con Brian, che dei quattro ragazzi le sembrava il più profondo e razionale, oppure con Rossella, anche se quest’ultima era più disillusa e meno agguerrita rispetto a lei.
Cecilia si alzò dal letto, scostò le pesanti tende di velluto color ottanio, e guardò fuori dalla gigantesca portafinestra che si affacciava sul cortile interno del college. Il panorama fiabesco che la circondava la rendeva malinconica e i suoi pensieri si spostarono su questioni più personali. La ragazza non riusciva a credere che tra pochi giorni, tre per l’esattezza, sarebbe rientrata a Londra; certo all’inizio non era stato facile abituarsi ai ritmi serrati dei concerti e delle prove ma, dopo i primi giorni, aveva incominciato a prenderci gusto, e l’ansia e l’agitazione che l’avevano pervasa durante i primi concerti erano poco a poco svaniti lasciando invece spazio a grinta, entusiasmo e grande complicità.
In queste due settimane, soprattutto durante gli spostamenti da una città all’altra, la ragazza aveva anche avuto modo di riflettere sulla sua vita più intima; aveva pensato a lungo ai quattro ragazzi incontrati all’aeroporto, a Rossella, e ad altri amici dell’Accademia; tutti gli erano in qualche modo mancati ma uno di loro continuava a ritornare con assiduità e costanza nella sua mente; non passava giorno che non pensasse a lui.
La ragazza era assorta nei suoi pensieri quando sentì bussare alla porta.
- Ceci, sono Elizabeth. Ci sei?
- Arrivo! - rispose la ragazza precipitandosi alla porta
Con Liz si era creata una grande complicità e amicizia e le due ragazze si erano confidate diversi segreti.
Quando Cecilia uscì dalla camera, trovò anche gli altri musicisti ad aspettarla
- Allora, l’arrangiamento è pronto? - chiese affannato Stu
- L’ho finito una mezz’oretta fa - rispose sorridente Cecilia e aggiunse
- Il tuo invece? -
- Non sono pienamente soddisfatto ma l’ho terminato. E tu Daniel? -
- Appena concluso! - rispose felice il ragazzo
Stuart, Daniel e Cecilia oltre ad essere dei musicisti straordinari avevano in comune il fatto di essere anche compositori: i ragazzi, infatti, scrivevano musica e producevano trascrizioni e arrangiamenti.
Siccome il 17 ottobre ricorreva il decennale dell’esibizione dei Beatles proprio allo Sheldonian Theatre, gli organizzatori avevano chiesto a ciascuno dei tre compositori di scegliere un pezzo del quartetto di Liverpool e di produrne un arrangiamento per due violini, viola, violoncello e pianoforte, insomma, per la loro formazione.
Daniel aveva optato per l’allegra Penny Lane, Stuart per la più melodica ed introspettiva Eleanor Rigby, mentre Cecilia aveva scelto l’energica Help!.
Ma non solo; vista la particolare ricorrenza, la direzione dell’Università di Oxford aveva dapprima domandato con gentilezza e successivamente, vista la riluttanza dei ragazzi, imposto ai cinque musicisti di cantare ciascuno un brano dei Fab Four a loro scelta. Non doveva essere un semplice karaoke, ma una loro personale interpretazione di uno dei tanti capolavori del quartetto di Liverpool, e i giovani musicisti avrebbero dovuto servirsi esclusivamente delle loro voci, dei loro strumenti e di una chitarra acustica.
- Con le canzoni invece come va? Avete scelto cosa cantare? - chiese titubante Cecilia
- Io ho optato per Blackbird - rispose Daniel e proseguì - avrò bisogno esclusivamente di un sottofondo ritmico e armonico realizzato dalle vostre voci e nient’altro -
- Io vorrei provare a cantare Lei it be - rispose timidamente Mark - mi potresti accompagnare al pianoforte Ceci? -
- Certamente, con piacere! - replicò decisa la ragazza
- Io mi butto su I’ve just seen a face - disse Stu - ma avrò bisogno di una chitarra. Dan, ci pensi tu? -
- Ma certo caro. E voi ragazze? Avete già deciso in cosa cimentarvi? -
- Io pensavo a From me to you - bisbigliò Liz
- Io non ho ancora deciso; sono una schiappa a cantare - rispose invece demoralizzata Cecilia.
Daniel si avvicinò alla ragazza e le appoggiò una mano sulla spalla
- Non sei affatto un disastro a cantare e, se vuoi un consiglio, pensa a una canzone che in questo momento senti particolarmente vicina a te; la rottura con il tuo ex ragazzo, un addio, l’inizio di un nuovo amore, un viaggio…ci sono infinite situazioni. Trova quella che ora come ora ti appartiene di più, e lasciati andare, timidona! - concluse il ragazzo dandole un buffetto sulla guancia.
La ragazza sorrise di cuore all’amico e, poco dopo, i suoi occhi si illuminarono
- Vedi che non era così difficile? - disse Daniel facendole l’occhiolino
Cecilia lo guardò sorpresa
- E’ assurdo; non ho realmente avuto modo di pensarci eppure -
- Non tenerci sulle spine! - l’interruppe Liz
- Sono perfino curioso io - sghignazzò Stu e aggiunse - cos’ha partorito la tua brillante mente in una manciata di secondi? -
- Ecco… mi è venuta immediatamente in mente If I fell - disse tutto d’un fiato la ragazza
- Ma è una canzone sull’inizio di un nuovo amore! - esclamò Mark
- Non sarà mica per quel biondo capellone? - domandò Stu aggrottando la fronte
- Vedo che non sei aggiornato - replicò Daniel intromettendosi nella discussione e dando una pacca sulla spalla al ragazzo
- E’ per il migliore amico del biondo capellone… - disse sorridente Liz
- …che a quanto pare è ancora più capellone di lui - concluse Dan con una risata sincera
- Oh avanti, smettetela - rispose Cecilia, che nel frattempo era diventata rossa in viso
- E dimmi - domandò Stu alzando un sopracciglio - sarà presente in sala il fortunato? -
- Certo che no - replicò rapida Cecilia
- E per fortuna! - aggiunse - altrimenti sono sicura che non mi uscirebbe neanche un filo di voce - concluse preoccupata la ragazza toccandosi la gola
Scoppiarono tutti a ridere e poco dopo i cinque amici si salutarono, rientrando nelle rispettive camere; l’indomani li avrebbe attesi un’intensa mattinata di prove e una serata più lunga del solito.

- Roger, piantala di sterzare in questo modo, non sei su un circuito di formula uno! - così per l’ennesima volta il bassista si stava lamentando della guida dell’amico, che si divertiva a prendere le curve a tutta velocità, sballottando così i tre malcapitati che si trovavano nel sedile posteriore.
Lo scopo del batterista era quello di far finire John addosso Rossella, e in effetti il biondo era riuscito più volte nel suo intento.
- Non apprezzi il mio stile di guida, Deacy? - rispose divertito il biondo
- Nemmeno un po’ - replicò secco il ragazzo dai lunghi capelli castani
- Sei proprio antipatico -  sbuffò con finto tono offeso il batterista, pigiando ancora di più sull’acceleratore
- Sono come una stella cadente che sfreccia nel cielo! - aggiunse poi il biondo gridando euforico, mentre John continuava a lamentarsi.
Brian, approfittando della metafora astronomica, si intromise nel discorso per tentare, con il suo solito fare garbato e con la sua voce pacata, di placare gli animi parlando di stelle cadenti e desideri.
Erano passate da poco le 13.30 quando la mini verde oltrepassò un grande cartello blu su cui spiccava una scritta gialla che recitava “Benvenuti a Oxford”.
- Roggie, che ci facciamo a Oxford? - domandò stupito Freddie mentre il biondo parcheggiava la macchina in un maestoso viale, poco distante dal castello della cittadina
- Hai forse deciso di abbandonare il London Hospital Medical College per iscriverti a qualche nuovo indirizzo di studi qui? - chiese apprensivo il chitarrista mentre scendeva dalla macchina
- Tranquillo Bri, senza di te non vado da nessuna parte - rispose sorridente il biondo chiudendo la portiera dell’auto
- E quindi adesso che siamo arrivati a Oxford cosa facciamo? - domandò stizzito il bassista allargando teatralmente le braccia, ancora seccato per l’atteggiamento superficiale di Roger
- Puoi fare quello che ti pare, anche perché se continui ad essere cosi antipatico non so per quanto tempo riuscirò ancora a sopportarti - rispose innervosito il batterista
- Piantatela tutti e due! - strillò Freddie e proseguì
- Sbaglio o questa deve essere una giornata per festeggiare Brian? - il cantante sia fermò a prendere fiato
- Mi avete davvero stancato con i vostri battibecchi! - concluse con tono deciso il ragazzo dai capelli corvini.
John, rendendosi conto dell’atteggiamento infantile che aveva avuto poc'anzi, diventò rosso in viso mentre Roger abbassò lo sguardo prima di aggiungere
- Avevo pensato di andare a mangiare tutti assieme al The Eagle and Child, il pub che un tempo fu il luogo di ritrovo degli Inklings - disse il batterista a bassa a voce
- Scusate se mi intrometto, chi sarebbero gli Inklings? - chiese timidamente Rossella
- Si tratta di un gruppo letterario formato anche da personaggi di una certa importanza come Tolkien e Lewis. Si dice che proprio qui siano circolare le prime bozze di The Hobbit, del Signore degli Anelli e delle cronache di Narnia - rispose pacatamente il batterista
La ragazza rimase a bocca aperta.
- Roggie, non ho ancora capito perché proprio oggi tu abbia deciso di portarmi a Oxford, ma già il fatto che tu abbia scelto questo pub mi rende felice - disse un sorridente Brian mentre con un braccio stringeva a se il biondo
- E questo è solo l’inizio - replicò Roger con fare ammiccante.

  
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