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Autore: AmeliaRose    28/06/2019    3 recensioni
È passato un anno esatto dalla sconfitta del branco di Alpha e dalla partenza silenziosa da parte di Derek.
Stiles non si sarebbe mai aspettata un cambiamento così radicale della sua vita, cambiamento fatto di addii amari e amicizie ricucite nel dolore. Ma una visita inaspettata da parte di una vecchia conoscenza travolgerà nuovamente la sua vita e di quella dei suoi amici.
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Tratto dal ventiquattresimo capitolo:
[...] «Possiamo vederla?», domandò John in lacrime. Finalmente, ora che aveva il quadro completo della situazione, poteva fare quella fatidica domanda. Sapeva che se lei lo avesse portato a vederla subito non avrebbe ascoltato una minima parola uscire dalla sua bocca, sarebbe stato troppo occupato a guardare sua figlia, ad abbracciarla e baciarle la fronte. [...] Esme prese la maniglia della porta e guardò John negli occhi. «È pronto?», domandò dolcemente. «Si.», rispose, non stando più nella pelle nel rivedere finalmente, dopo tanto tempo, la sua amata figlia. [...]
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Genere: Commedia, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Isaac Lahey, Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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"Teen Wolf e tutti i suoi personaggi non sono di mia proprietà, tutti i diritti sono dei legittimi proprietari a cui ho venduto l'anima, il mio è solo un divertimento"


22. Ventiduesimo Capitolo
 

Il grande orologio a pendolo posto nell'immenso salone principale suonò con un gran baccano le otto in punto del mattino.
La giovane ragazza volpe era già dove doveva essere, seduta al suo posto, e come ogni mattina ricordava quello che doveva fare ogni giorno.

Ogni giorno da quando era diventata 'proprietà' del vecchio sequestratore, era una routine prestabilità per lei.
Al mattino, alle otto in punto, doveva trovarsi in sala da pranzo seduta al suo posto con addosso un abito di cotone bianco e senza scarpe. Le era proibito toccare il cibo, la sua colazione consisteva in: una tazza di tea non zuccherato e qualche fetta biscottata integrale con spalmata sopra della marmellata di stagione, anche quella priva di zucchero.
Solo quando il vecchio aveva finito di mangiare il primo boccone della sua colazione poteva mangiare, non un attimo prima.
A Stiles questo comportamento ricordava molto quello del 'Padre-Padrone' dei vecchi film in bianco e nero, dove il maschio era definito la figura più importante della famiglia in cui moglie e figli dovevano obbedire ciecamente alle sue parole senza mai ribellarsi sennò erano cinghiate sulle mani e sulla schiena. 
La colazione veniva consumata rigorosamente in silenzio mentre lui sfogliava il giornale locale.
A Stiles era proibito leggere il giornale, ascoltare la radio e guardare la televisione; Per il vecchio lei era un animale e un animale, sempre a detta sua, non aveva bisogno di sapere cosa capitava all'infuori di quelle mura che lei avrebbe per sempre abitato fino a quando non avrebbe esalato il suo ultimo respiro.
Dopo colazione si spostavano nella biblioteca privata del Vecchio dove avrebbero passato il tempo in reciproca compagnia fino all'ora di pranzo.
L'uomo passava le sue ore seduto sulla sua comoda poltrona imbottita di velluto verde mentre Stiles, d'altro canto, rimaneva scalza e seduta sulle sue gambe sul grande tappeto rotondo posto davanti all'antico caminetto come se fosse un fedele cane da compagnia.
Di tanto in tanto l'anziano signore le permetteva di leggere qualche classico della letteratura inglese o americana; Ovviamente lui non le permetteva di toccare nulla in quel posto, era sempre lui che sceglieva e prendeva il libro che lei avrebbe letto quel giorno.
Quando non aveva nulla da leggere guardava gli enormi e voluminosi scaffali della libreria domandandosi quali libri lì sopra riposavano e attendevano che qualcuno li prendesse per leggerli, tutto ovviamente sempre in silenzio.
Oppure cercava di ricordare la sua vita precendente; I suoi ricordi si facevano sempre più sbiaditi, come se tra lei e quei ricordi ci fosse un velo bianco a separarli e che non le permetteva di ricordare con precisione volti, nomi e luoghi.
Però era sicura di ricordare che lei aveva passato molto tempo chiusa in una libreria dagli enormi scaffali, in compagnia di libri che sapevano di antico e poteva giurare che in una delle biblioteche che le piaceva di più possedeva delle enormi finestre con decorazioni a mosaico colorato.
A volte, durante la notte quando non riusciva a dormire a causa dell'insonnia, si domandava se i ricordi che possedeva erano un mero frutto della sua immaginazione creati per rendere quella situazione meno dolorosa possibile per lei.
In quelle ore passate in silenzio seduta sul rotondo tappeto pensava sempre ai suoi ricordi, per lei pensarci non era altro che una valvola di sfogo che poteva usare a suo piacimento nei momenti più brutti della sua permanenza forzata in quella villa.
Tutti questi ricordi si facevano più insistenti nel suo cervello nei giorni che antecedevano la luna piena.
Durante la sua trasformazione si legava più che poteva a quei ricordi, in qualche modo legarsi a loro le faceva sentire meno dolore.

Il pranzo, invece, veniva consumato nella stessa modalità della colazione, in silenzio e toccando il cibo solo quando lui mandava giù il primo boccone.
Per la 'gioia' di Stiles il cibo era diverso ogni giorno, raramente le era permesso di consumare della carne, le era permesso solo i giorni seguenti la sua trasformazione per rimettersi in forma il più presto possibile. Il cibo che le propinavano quasi sempre era per lo più vegetariano, anche se a volte alternavano il menù della settimana con quello vegano.

Il resto delle ore fino all'ora di cena lei lo poteva passare come voleva il suo tempo.
Il vecchio dopo pranzo, ogni giorno, si rinchiudeva nel suo ufficio a parlare d'affari e ci rimaneva fino a notte inoltrata.
Stiles ogni tanto cercava di origliare quello che faceva da solo nel suo ufficio ma il suo udito non le permetteva sempre di poter sentire da lunghe distanze, non riusciva a capire come mai, era come se il suo 'interrutore' uditivo fosse difettoso e sembrava funzionare solo quando voleva lui, o quando voleva la sua volpe.
Il vecchio, per sua concessione, faceva chiudere tutte le stanze della Villa fatta eccezione per la sua camera da letto e la porta che portava alla serra permettendo così alla giovane volpe di potersi muovere come voleva e non obbligandola a rimanere chiusa in camera per tutto il pomeriggio.
Stiles ogni tanto passava il suo tempo nella serra, le piacevano i colori dei fiori e delle piante che abitavano quel piccolo angolo di pace e dove a volte si sentiva al sicuro.
Lei era certa di non averli mai visti prima in vita sua, non aveva mai sentito un odore così gradevole prima d'ora ed era convinta che un profumo così buono non si poteva dimenticare.
Per quanto riguarda la cena e il resto della serata, invece, lo passava sempre da sola nella più piccola delle sale da pranzo fatta eccezione per la Domenica.
Le giornate monotone di Stiles erano così, le uniche cose che cambiavano erano il cibo, i libri che le permetteva di leggere e come passare i suoi pomeriggi fino all'ora di cena.
E più passavano i giorni e più Stiles si sentiva in gabbia, si sentiva soffocare dalle pareti di quella Villa, chiedendosi per quanto tempo ancora sarà la sua prigione.
A volte sospettava che ci sarebbe morta in quel posto.
Più passava il tempo e più quella convizione si faceva strada nella sua mente.
Quel giorno, però, la routine si spezzò.
Quel giorno il Vecchio aveva altri piani per Stiles.

Il vecchio, puntuale come un orologio svizzero, scese nella sala da pranzo.
Stiles lo guardò come ogni mattina, cercando mai di scordarsi ogni suo particolare: fisico scheletrico, viso e mani pallide scavate dalla vecchiaia, occhi grigi ma uno leggermente più chiaro dell'altro e una pronunciata calvizia sulla parte frontale del viso.
Il vecchio la guardò e poi si andò a sedere al suo posto e a metà colazione alzò gli occhi dal suo giornale e incrociò lo sguardo con quello della giovane volpe.
Per lei era una novità, di solito non la guardava mai durante il pasto mattiniero se non per vedere se lei era dove doveva essere e per accertarsi che il suo abbigliameno fosse quello che lui aveva scelto per lei.
«Oggi mia cara Daisy,», iniziò il vecchio senza distogliere lo sguardo dal suo, «Non passerò molto tempo in tua dolce compagnia. Ho urgenti affari che hanno bisogno della mia attenzione.», comunicò.
Stiles rimase in silenzio, sapeva che non poteva proferire parole, le era proibito senza l'esplicito consenso da parte sua.
Il vecchio sorrise davanti al suo silenzio, per lui era una gioia vedere che finalmente i suoi insegnamenti, seppur forzati, stavano dando i suoi frutti.
«Dal momento che ti stai sempre di più comportando come un bravo animaletto obbediente, ho deciso di farti un regalo che sono certo sarà gradito.», disse con un sorriso convinto. «È da settimane che non metti piede fuori casa e ho deciso, solo per oggi però, che potrai uscire e girovagare per tutti il terreno della proprietà.».
Stiles era scioccata, non si sarebbe mai aspettata una decisione simile da parte sua.
«Non ti preoccupare, il collare non ti darà problemi. Solo per oggi ho aumentato il raggio in cui ti potrai muovere. Se starai all'interno della proprietà il collare non ti darà nessuna scossa con il rischio di ritrovarti per terra piegata dal dolore.», aggiunse.
Stiles si toccò instintivamente il collare che aveva al collo ma il vecchio non diede importanza a quel gesto.
«Sono sicuro che il primo posto che andrai a visitare sarà la spiaggia.».
La ragazza alzò lo sguardo su di lui.
«Spiaggia?», si domandò confusa.
Dalla sua stanza e in quelle in cui le era permesso entrare non aveva mai visto dalla finestra tracce del mare e né si sentiva il rumore delle onde e tanto meno l'odore della salsedine tipica del luogo marittimo.
Stiles in quell'istante si chiese se per caso il vecchio la stesse prendendo in giro.
L'uomo sembrava che le avesse appena letto la mente.
«Nessuna presa in giro, nessuno inganno, è solo la pura verità. Dalla tua stanza, dalla sala dove consumiamo quotidianamente i deliziosi pasti e dalla serra non si può vedere nè sentire nulla.».
Si interruppe improvvisamente e prese dalla tasca dei suoi pantaloni firmati un orologio d'oro da tascino dall'aria antica. L'uomo lo guardò e lesse l'ora. Lo chiuse con fare delicato e riguardò la ragazza volpe.
Si alzò dal suo posto e si avvicinò per poi fermarsi a pochi passi da lei con uno sguardo poco promettente.
«Mi mancherete mia cara Daisy. Da quando ci siete voi le mie giornate sono più piacevoli da passare e di essere vissute.», disse avvicinandosi sempre di più alla ragazza.
Ora era così vicino a lei che bastava che si muovesse di un solo centimetro per poterla sfiorare appena.
Stiles rimase immobile ed a testa alta. Non voleva mostrare a lui nessun segno di cedimento alla paura o sottomissione.
«Vorrei solo ricordarti che qualsiasi cosa accadrà, non importa quanto tempo ci impiegherò, staremo di nuovo insieme. Voi siete mia, la volpe è mia e non permetterò a nessuno di mettersi in mezzo tra noi. Tu sei il mio trofeo più prezioso e nessuno, umano o creatura soprannaturale che sia, ti potrà prendere e portare via lontano da me.».
E con un ghigno malevolo la guardò un'ultima volta e poi si voltò per uscire dalla sala da pranzo e sparire dal campo visivo di Stiles.


Stiles aveva dimenticato la sensazione che si provava nel stare a piedi nudi sul prato; I ciuffi d'erba le solleticavano le piante dei piedi ad ogni suo passo e la ragazza poteva chiaramente sentire l'altra metà di lei, la volpe, emanare tranquillità e pace.
Stare all'aria aperta le piaceva, si sentiva come se si trovasse nel suo habitat naturale.
Una brezza di vento le scompigliò i capelli che le stavano pian piano crescendo e in quel momento capì che il vecchio non le aveva mentito: La delicata brezza aveva portato con sé il profumo della salsedine, da quelle parti doveva trovarsi il mare.
Si voltò indietro verso la casa, aveva fatto solo tre passi dalla porta sul retro che dava al boschetto e non vedere nessuno pronto a controllare ogni suo movimento le dava sollievo.
Guardò nuovamente in avanti e fece un nuovo passo non sentendo nessun rumore sospetto alle sue spalle.
Il suo cuore cominciò a pompare velocemente, più faceva passi in avanti e più si allontanava dalla sua prigione fatta di mattoni e porte di legno resistenti e più si convinceva che era davvero libera, per modo di dire, di poter visitare in solitudine ogni centimetro dell'esterno della tenuta.
Si aspettava guardie pronte a braccarla non appena metteva piede fuori casa, pensava che tutto quello fosse solo un malevolo scherzo del suo sequestratore.
Si riguardò nuovamente indietro e quando si accertò di essere sola e per niente controllata da parte di altre persone cominciò a correre con tutta la forza e il fiato che aveva in corpo.
Superò l'entrata del boschetto a grande velocità, sentiva la gonna del vestito bianco schiaffeggiarle le gambe nude da quanto andava veloce.
Sentiva il pulsare del suo cuore nelle orecchie, i rami caduti che le dolevano le piante dei piedi quando capitava di calpestarli, ogni tanto inciampava sulle radici degli alberi che fuoriuscivano dal terreno ma a lei non importava, non rallentava la sua corsa, non si fermava, non faceva altro che correre.
Correre la faceva stare bene in quel momento, come se fosse uno sfogo.
Più correva in mezzo agli alberi e più piccoli ricordi cominciavano a raffiorare nella sua mente: Una enorme villa di colore bianco, un certo Peter che l'allenava in un bosco proprio dietro a quella villa.
Si ricordò nuovamente di Derek, ma questa volta era diverso, non si stavano allenando o passando del tempo assieme a persone dalla faccia sfocata e dalla voce che non riusciva ad associare a qualcuno, questa volta erano soli e si stavano baciando.
Aveva il sospetto che ad iniziare il bacio fosse stata proprio lei.
Stiles si fermò e si piegò sulle ginocchia cercando di riprendere fiato.
Aveva gli occhi chiusi, la testa le girava a causa dell'attività fisica a cui non era più abituata.
Qualcosa di duro e freddo stava sotto ai suoi piedi e la ragazza aprì gli occhi: si trovava sopra a delle grosse pietre intagliate.
Con lo sguardò seguì il percorso e si raddrizzò in piedi; Le pietre erano perfettamente allineate tra di loro sia in lunghezza che in larghezza, non potevano essere opera della natura, erano per forza state create dalle mani dell'uomo.
Lentamente si incamminò per il percorso, superò enormi alberi e cespugli fino ad arrivare davanti ad un muro di rami e fogliame.
Stiles cercò di farsi strada con forza in quel labirinto naturale e appena riuscì, con grande difficoltà, a superarlo, una grande luce la accecò.
La ragazza si mise un braccio davanti agli occhi per proteggersi dall'eccessiva e improvvisa luce.
Fece un passo in avanti e sentì che non stava più calpestando il terriccio del bosco ma della sabbia.
E poi lo sentì, il rumore inconfondibile delle onde del mare.
Pian piano aprì gli occhi, dando loro la possibilità di abituarsi alla luce e una volta abituati al cambiamento si guardò attorno: La sabbia sotto di sé era bianca, perfetta e sprovvista di qualsiasi imperfezione come alghe o di rifiuti lasciati lì da incivili.
Il mare davanti a lei, invece, era cristallino, quasi trasparente.
Da lontano Stiles poteva vedere delle piccole boe galleggiare da una precisa distanza tra loro, forse quelle boe indicavano la fine della proprietà del vecchio.
La ragazza era sicura che se non ci fossero state quelle boe a rovinare il paesaggio nessuno sarebbe stato in grado di capire dove finiva il mare e dove invece iniziava il cielo.
Stiles si avvicinò a grandi passi alle onde del mare che si infrangevano sulla spiaggia fino a fare bagnare i suoi piedi dalle fresche onde.
Chiuse instintivamente gli occhi godendosi il fresco del mare e il piacevole rumore che provocava.
All'improvviso una domanda le balenò in testa:
"Ma perché non ho sentito il mare quando ero nel bosco?", si domandò.
Si voltò verso il muro fatto di rami e foglie e si accorse che quello era sparito.
"Come era possibile?", si chiese la ragazza. "Era reale o solo un frutto della mia mente?"
La testa cominciò a girarle fortissimo fino a prenderla tra le mani e fare dei passi in avanti, lontana dalle onde.
Cadde a terra sulle ginocchia e delle lacrime calde cominciarono a rigarle le guance.
I suoi respiri si fecero man mano sempre più brevi e irregolari, le orecchie cominciarono a fischiare sempre di più facendole aumentare il mal di testa cominciando poi a sentire il suo corpo farsi sempre più caldo.
Non riusciva a capire cosa le stava succedendo e poi, all'improvviso, tutto si fece buio.

Una forte esplosione svegliò di soprassalto la giovane volpe.
In fretta si guardò intorno per capire l'origine di quel frastuono e notò che si sta facendo buio, forse mancava poco all'ora di cena.
Guardò da dove era venuta e dietro alle folte chiome degli alberi notò una grande coltre di fumo.
"La casa sta andando in fiamme? È super controllata e hanno un sacco di protocolli di sicurezza per far si che non accada nulla, è super sicura!", pensò.
Pochissimi istanti dopo, però, udì dei spari accompagnati da urla miste tra terrore ed incitamento.
Stiles si bloccò sul colpo spaventata, incapace anche solo di pensare.
I spari e le urla si facevano sempre più vicine a lei e d'istinto indietreggiò fino ad immergere metà corpo nel mare.
In quel momento il collare che aveva al collo cominciò a vibrare, succedeva sempre pochi istanti prima dell'arrivo della scossa e la vibrazione era un avvertimento che stava per superare il perimetro da lei acconsentito.
Stiles si mosse in avanti immediatamente, l'unico modo per evitare la scossa era muoversi all'interno del perimentro nel meno tempo possibile e il collare smise di vibrare quando la ragazza aveva solo le caviglie e i piedi immersi nell'acqua salata.
Dal bosco vide arrivare due persone, un uomo e una donna, con delle maschere bianche che coprivano il volto.
Entrambi indossavano la stessa divisa mimetica di colore verde militare, ai piedi un paio di anfibi neri e con in mano, ricoperti dai guanti, dei mitra.
La donna notò la ragazza e velocemente si avvicinò, l'unica cosa che Stiles riuscì a notare di lei erano i suoi folti capelli ricci neri e i suoi occhi marrone chiaro, occhi che guardavano attentamente l'oggetto che portava al collo.
«È una di loro. Fortunatamente non era in casa al momento dell'esplosione.", urlò la donna al suo accompagnatore.
L'uomo si avvicinò e Stiles notò i suoi occhi verdi, era sicura di averli già visti prima da qualche parte.

«Nessuno ci aveva avvisato della sua presenza! Come hanno fatto a farsi scappare una cosa del genere? Abbiamo rischiato di ucciderla!", urlò quasi irritato.
«Come ti chiami tesoro?», le domandò con tono gentile la donna, «Che creatura sei?».
Stiles rimase immobile, pietrificata.
Non riusciva a capacitarsi di trovarsi in quella situazione.
Per mesi era rimasta sola in balia di un pazzo che la teneva rinchiusa in casa e la sfoggiava come un trofeo davanti ai suoi amici durante le notti di luna piena, con lui che le diceva che nessuno sarebbe stato in grado di trovarli e che la sua tenuta era praticamente inespugnabile e ora si ritrovava davanti a due possibili salvatori.
Ancora una volta si chiese se tutta quella situazione non fosse altro che un sogno o la conseguenza di aver sbattuto la testa quando poco fa aveva perso i sensi.
«Io so chi è lei!», disse all'improvviso l'uomo. «È la figlia dello sceriffo di Beacon Hills, la notizia è rimbalzata anche nel mio Stato per quanto è stato brutale e cruento il suo... Un momento, lei dovrebbe essere morta!».
«A quanto pare non è così.», disse la donna riguardando la giovane volpe.
«Perché non parla?», domandò l'uomo dubbioso.
«Guardale gli occhi, ha le pupille così dilatate da essere praticamente neri. Forse l'hanno drogata con qualcosa e non si rende conto appieno di quello che succede. Forse addirittura penso che noi non siamo reali ma solo un frutto della sua immaginazione.», constatò.
La donna si avvicinò di più a lei e le toccò gentilmente la spalla, pensava che forse sentendo del contatto umano avrebbe creduto che tutto fosse reale.
«Vieni con noi.», disse, «Ti riportiamo a casa, al sicuro.», le prese la mano e cercò di portarla via con sé.
Stiles d'altro canto non accennava a muoversi di un millimetro, non importava in quanti modi la donna ci provasse a muoverla, lei non voleva venire trascinata via da lei.

«Non posso.», disse debolmente Stiles, «Lui mi troverà, me lo ha detto oggi a colazione. Non importa dove mi porterete, lui mi troverà. E poi... Non posso andare per via del collare, quando si trova fuori dalla proprietà mi da un sacco di scosse fino a farmi svenire.».
La donna le accarezzò i capelli corti e le sorrise.
«Non ti devi preoccupare di lui, non avrà ancora per molto lunga vita. E per il collare devi sapere che abbiamo particolari strumenti che ci permetteranno di togliertelo in completa sicurezza. Non è la prima volta che ne togliamo uno.», disse cercando di usare un tono convincente. 
«Tu vuoi tornare a casa, vero?», le chiese allungando la mano verso di lei lasciandole però la decisione di cosa fare.
Stiles le prese la mano.
Voleva tornare a casa.
 

Angolo Autrice:
Eccoci di nuovi qui con il nuovo capitolo.
Come vi è sembrato?
Vi farò un piccolo spoiler: Nel prossimo capitolo Stiles tornerà a Beacon Hills!
Ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite, tutte le persone che hanno letto e recensito i capitoli di questa storia e, ovviamente, tutti i lettori silenziosi.
A presto, spero.
 

 
   
 
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