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Autore: Stella cadente    02/07/2019    3 recensioni
Hogwarts, 2048: dopo la Seconda Guerra Magica e una lunga ricostruzione, la Scuola di Magia e Stregoneria è di nuovo un luogo sicuro, dove gli studenti sono alle prese con incantesimi, duelli con compagni particolarmente odiosi, le loro amicizie e i loro amori – come qualunque giovane mago o strega.
Ma Hogwarts cova ancora dei segreti tra le sue mura; qualcosa di nascosto incombe di nuovo sul mondo magico e sulla scuola, per far tornare un conto in sospeso rimasto sepolto da anni...
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«Che cosa gli è successo?»
Il Preside sospirò.
«Anni fa, Black era Preside, ma... ben presto fu chiaro a tutti quale fosse la sua reale intenzione. Non voleva fortificare Hogwarts, bensì renderla più intollerante. Tutti noi insegnanti abbiamo temuto, finora, che tornasse. Io l’ho sconfitto ed esiliato, ed io l’ho privato di quello che era il suo posto. Un posto ambito, e soprattutto influente.»
[...]
«Ascoltami, Elsa» riprese, con tono cupo. «Fa’ attenzione, soprattutto al tuo potere. C’è bellezza in esso, ma anche un grande pericolo.»
Pausa.
«Ricorda», aggiunse, «la paura sarà tua nemica.»
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Terza Parte
 
 
Magnum Opus
 






 
 
39.
 
 
Skià – Elsa
 
 
 
 
Il regno di Skià sorgeva al di là del passaggio, speculare ad Hogwarts, incorporeo ed informe. Quattro ragazze in fila oltrepassarono la porta della casa in legno, situata nell’esatto centro della Foresta proibita, a passi lenti, meccanici, scendendo i gradini che si presentavano loro davanti; gli occhi fissi nel vuoto. E quei gradini che scendevano sempre più in basso, fino a sconfinare sottoterra, dove l’atmosfera era più fredda e umida... dove c’era il buio, illuminato a malapena dalla sfera di luce prodotta da Black.
Scesero sotto la terra, e sparirono.
 
 
*
 
Quando Elsa si svegliò, la sensazione di confusione la fece sentire destabilizzata, come se fosse stata appena presa a botte.
«Elsa... come stai?» La voce che la raggiunse in quello stato di torpore le sembrò familiare, anche se a primo impatto non la riconobbe. Non era quella di Anna, né quella di una qualunque altra persona con cui avesse interagito ad Hogwarts.
Aprì gli occhi di scatto, trovandone un paio gialli come limoni, che la fissavano in un misto tra il distaccato e il curioso. «Pitch Black» sussurrò solo, istintivamente. Si guardò poi intorno: individuò, con una rapida occhiata, le tende di broccato che adornavano la stanza in cui si trovava – rosse, così come il lenzuolo del letto a baldacchino su cui era distesa. Un lampadario di cristallo pendeva dal soffitto, e nell’aria c’era odore di pergamena e incenso. Dalle vetrate si scorgeva un cielo buio; il paesaggio al di fuori di esse non ricordava affatto quello che, dalla Sala Comune di Corvonero, riusciva ad ammirare da Hogwarts. Non c’erano neanche le acque del Lago Nero ad abbracciare le finestre e a cullarla con il loro sciacquio sordo, come quando era stata smistata in Serpeverde. La ragazza si sentì smarrita, e pian piano una sensazione di panico iniziò a svegliarla in modo orribile. Si voltò di scatto verso Black, che la studiava attento. «Dov’è Hogwarts? Che cos’è questo posto?» chiese, allarmata.
«Shh» le posò entrambe le mani sulle spalle. Elsa si accorse che erano fredde, talmente gelide da sembrare quelle di un morto – o di uno spettro; ma le avvertì come si avverte una carezza, rilassandosi all’istante.
Perché mi fa questo effetto?
«Siamo nel Regno d’Ombra – Skià. Ho portato te e le tue compagne qui per farvi capire chi realmente siete e quale influenza potete avere sul Mondo Magico. Dovete sapere la verità, una volta per tutte.»
Elsa lo fissò. Era serio; il volto affilato aveva un certo fascino, mentre se ne stava con lo sguardo perso nel vuoto, immerso in chissà quali pensieri. La Serpeverde si ritrovò a constatare che era molto più giovane di come si ricordasse, e improvvisamente provò un forte desiderio di chiedergli qualcosa sulle sue origini, sul perché di quella diatriba con Merman che lo aveva portato fino a lei... e se realmente le volesse fare del male. Le sembrava strano che, proprio il mago da cui Merman tanto l’aveva messa in guardia, se ne stesse lì, con lei alla sua mercé, senza farle niente. Sembrava, a guardarlo, solo curioso. 
Si era improvvisamente ammutolita; non sapeva cosa dire. Avrebbe voluto fargli tante domande, ma erano troppe e non riusciva a trovar loro un ordine. «Alludi al Rituale?» gli chiese poi.
Il mago fece cenno di sì, e lacrime di rabbia corsero veloci sul suo volto di alabastro. «Il mio compito era salvare la scuola...» sussurrò, guardandosi istintivamente le mani. «Invece non ce l’ho fatta. Ho fallito» rifletté ad alta voce. «Merman mi aveva affidato questo incarico. Ma hai vinto tu». La sua voce si ruppe e le mani andarono a coprirle il volto. «Sei entrato nella mia testa» fece poi, passandosi una mano tra i capelli e rifiutandosi di guardarlo.
«Ti sei mai chiesta perché avesse affidato questa missione proprio a te?» la raggiunse la voce di Black. Quella frase restò sospesa nell’aria per un’interminabile manciata di secondi; secondi in cui Elsa si limitava a fissarlo con i suoi occhi grandi, mentre sentiva le sopracciglia aggrottarsi.
«Deduco di no» concluse lui.
«Io so solo che tu sei un phobos» replicò la ragazza, seria. «Uno spirito della paura.»
«È esatto» disse Black, senza contraddirla. «Ma non conosci l’intera versione della storia» si limitò a dire poi. «Sta a te decidere se scoprirla o no» concluse. «Non c’è niente di sbagliato in te, Elsa. Non sei un mostro da tenere a bada.»
Quell’ultima frase rimbombò dentro di lei come un eco melodioso; le diede un sollievo così improvviso che si alzò dal letto e, senza pensare, abbracciò il mago, che la ricambiò come se la stesse aspettando da molto tempo. Quel gesto sembrò così perfetto, e quell’incastro così armonioso, che quasi si mise a piangere.
È questa la felicità? Abbracciare le proprie paure?
«È la prima volta che qualcuno mi dice così» sussurrò, senza staccarsi da lui.
O no?
Qualcuno forse glielo aveva già detto, ma non riusciva a ricordarlo.
Pitch Black adesso aveva la forma di un mago in carne ed ossa; emanava un profumo intenso, acuto ma piacevole, come di menta. Quello che Elsa stava circondando con le braccia era carne, era sangue. Come poteva, allora, essere un fantasma, se era così facile avvertirlo sotto le mani?
Black si lasciò stringere, come se comprendesse il suo disperato bisogno di affetto. «Lo so» disse, con voce leggermente malinconica. «Vieni» disse poi, allontanandola con delicatezza. «Devo farti vedere una cosa.»
Elsa lo seguì, fidandosi come non si era mai fidata di nessuno, mentre lui la conduceva per i corridoi di quel castello sconosciuto. La Serpeverde notò che non somigliava affatto ad Hogwarts: era più simile ad una specie di cattedrale, con alti soffitti a volta e le finestre ad ogiva che si aprivano su un paesaggio sconosciuto, infittito di alberi che si stagliavano alti verso il cielo. Era ancora notte, evidentemente: la luna piena brillava nel cielo terso, in cui si vedevano a malapena le stelle. Le fiaccole, poste ai lati delle mura, lanciavano lingue di luce sull’ambiente circostante; la ragazza avvertì che non era il momento di fare domande, ma i suoi occhi erano vivi di curiosità. Stava finalmente per scoprire che cosa l’aveva portata fino a lì... dopo una vita passata a credere di essere “così e basta”. Il ghiaccio faceva parte di lei, era colpa sua, e l’unica cosa che poteva fare era nasconderlo. Aveva finito con il seguirlo, poi, e nascondere anche se stessa. Una fiamma di consapevolezza le divampò nel petto: era stata così stupida! Per quale motivo avrebbe dovuto nascondersi, controllarsi? Non aveva mai avuto alcun senso. Il fatto che lo facesse per proteggere Anna era sempre stata un’illusione, una sorta di maschera, una giustificazione. La verità era che si riteneva un pericolo per tutti, perfino per se stessa.
Pitch Black, intanto, l’aveva condotta lungo il corridoio che si stagliava di fronte a loro, con sicurezza, come se in quel castello lui ci avesse passato anni e anni. «Elsa» la riscosse la sua voce. «Hans è morto. Lo sai, vero?»
«Tutte le persone che mi stanno intorno muoiono» replicò lei, fredda come il ghiaccio dei suoi poteri. «Per questo ho sempre voluto stare lontana da Anna» aggiunse, gli occhi blu che diventavano lucidi.
«Ma non sei curiosa di capirne il perché?»
Quella domanda restò ad aleggiare, sospesa nel silenzio bloccato e teso della ragazza. Non sapeva che cosa dire: precedentemente avrebbe fatto l’impossibile per sapere come quella maledizione le fosse stata attaccata addosso – come arginarla, come controllarla. Ma adesso... non lo sapeva più. D’un tratto, si ritrovò ad avere timore di sapere la risposta alle sue domande. Ma era in trappola: incastrata nel gelido inverno delle sue doti, che ruggivano dentro di lei giorno dopo giorno, sempre più forte. Un potere tanto meraviglioso quanto distruttivo, ultraterreno persino nel Mondo Magico.
«Sì» disse poi. «Voglio saperlo.» La sua voce determinata che solcava l’aria, che assumeva una nuova tonalità, più dura – più... coraggiosa? – la sconvolse. Lei non era mai stata così: la paura era sempre stata ciò che la caratterizzava maggiormente, come se al di fuori di quella non avesse una personalità. Ma forse... forse, da adesso in poi, le cose sarebbero cambiate. Si accorse che stava leggermente tremando; fremeva per quello che Black stava per rivelarle.
«Guarda, allora» fece il mago; mosse le mani, in una danza di gesti che la ragazza trovò ipnotica, e come ad averli evocati, granelli di sabbia nera presero ad ondeggiargli tra le braccia. Formarono, poi, una sfera compatta di fronte ai suoi occhi, su cui comparve un’immagine.
Fu come se i suoi occhi ci si fossero tuffati dentro.
 
 
«Il figlio dei Frollo è riuscito nel suo intento?»
Una donna dai capelli rossi guardava suo figlio altera, inchiodandolo con gli occhi azzurri.
Hans Westergård era rigidamente seduto sul divano in velluto nero che troneggiava nella grande stanza, in una simulata posizione disinvolta. «Esatto, madre» rispose, formale. Per la prima volta, Elsa lo vide essere incerto, come se la figura materna gli mettesse soggezione. Com’era possibile? Non aveva mai conosciuto bene Hans, ma tutto sembrava tranne una persona timorosa. Anche quando si erano ritrovati vicini, con quel potere che avevano condiviso, non avevano mai parlato molto, perché non avevano nulla da dirsi. Elsa era troppo spaventata, troppo chiusa in se stessa per farlo; non riusciva ad interagire normalmente con le persone da anni, ormai. Hans, per contro, le era sembrato inquietante nella freddezza con cui le parlava, come se niente potesse scalfirlo.
«Adesso è importante che ogni tassello vada al suo posto; il sentiero circolare si dovrà concludere con la tua morte, Hans.» Gli occhi della donna erano crudeli, senza nessun’emozione ad abitarli; la ragazza non poté fare a meno di notare che Hans li avesse presi da lei.
«Lo so» il ragazzo rispose con la stessa impassibilità, lo stesso cipiglio da statua stampato sul volto.  «È fondamentale che succeda, per aprire il passaggio alle quattro iniziate. Non ho paura di questo.»
«Direi che non potevo sperare in meglio» irruppe un’altra voce che si inserì nella conversazione.
Pitch Black era apparso sulla soglia della stanza; Hans e sua madre si voltarono nello stesso istante.
«Ho osservato Jehan Frollo a lungo; si è allontanato lentamente dalla sua ragazza. Merida Dunbroch è piuttosto sveglia, e avrebbe potuto capire qualcosa di ciò che sto progettando. Se il programma fosse compromesso... non so cosa potrebbe accadere. Merman sì, però» fece, con un ghigno ironico. «Dunque, onde evitare cataclismi nel mondo magico, ho preferito agire in silenzio.»
«È stata la scelta più saggia, a mio parere» disse la madre di Hans, con un tono vagamente reverenziale.
«E pensi bene, Karen» le rispose Black, cordialmente. «A breve Merman dovrebbe comunicare ad una studentessa molto particolare quello che sto facendo» continuò. «E tu» si rivolse ad Hans, «dovrai aiutarla.»
«In che modo?»
«Assumerai i suoi stessi poteri. Lo scacchiere si sta preparando, un pezzo dopo l’altro. So già che succederà.» Black iniziò a passeggiare lungo la grande stanza della residenza dei Westergård, muovendo lenti passi sul tappeto persiano che ricopriva parte del salone. «Merman preparerà la scuola ad affrontarmi, perché ha già messo in conto che potrebbe perdere. Del resto, la promessa che mi ha fatto quattrocento anni fa era piuttosto rischiosa. Lo sapete bene.»
 
 
 
Hans aveva osservato Elsa che fuggiva dalla sua gemella, Anna, che letteralmente correva nella Foresta proibita, impulsiva, folle, senza una meta né un obiettivo preciso. Il cervello della ragazza correva impazzito insieme a lei, lo si poteva vedere chiaramente dalla sua espressione: gli occhi sbarrati, arrabbiati, i graffi sulle guance pallide che sanguinavano senza che se ne curasse minimamente. Ed il ghiaccio che, un momento dopo, schizzava disperato dalle sue mani, mentre perdeva il controllo.
Lui sapeva che cosa significasse.
Ci sarebbe stato un altro episodio come quello; non era che l’inizio.
 
 
 
«Hans» l’espressione di Anna era afflitta, le sopracciglia inconsciamente aggrottate, come faceva ogni volta che qualcosa la turbava; era incredibile come fosse facile leggerla. La Grifondoro era un libro aperto; era quasi sicuro che gli stesse per dire qualcosa su Elsa – e che non sospettasse minimamente che ci fosse lui dietro a tutto questo. Hans riusciva abilmente a nascondere qualunque cosa volesse dietro al suo sorriso e al suo atteggiamento affabile; lo leggeva nella faccia delle persone, che lo credevano solo un presuntuoso tutto sommato inoffensivo. Temevano di più Claude, o Melicent, perché era più facile avere paura di loro, così lugubri e vagamente minacciosi. Lui era solo un borioso arrogante, come lo aveva definito Elsa quella mattina, quando ci si era scontrato contro.
«Dimmi tutto, Anna» disse con dolcezza. Il tono che aveva usato suonò falso alle sue orecchie, ma non a quelle della ragazza, a quanto pareva, visto che lo guardò con quella che sembrava ammirazione.
«Non vorrei angosciarti con i miei problemi, ma...» dentro di sé il Serpeverde rise. Anna era così fragile da dargli la nausea. «Sono molto preoccupata per Elsa. Merman ci ha detto che potrebbe cambiare, diventando qualcosa che non è... e non capisco a che cosa si riferisca. Sembra che non voglia farcelo capire. Temo che nasconda qualcosa, e che» la voce le si ruppe, «non lo so...» disse poi, con un sospiro. «Ho seriamente paura che possa succedere qualcosa di brutto a mia sorella.»
Doveva immaginarlo che Anna glielo avrebbe detto. Si fidava di lui, ed era così buona e ingenua da non contemplare il pensiero che non fosse saggio in generale raccontare cose di questo tipo. Bastava pensare al fatto che, ad Hogwarts, tutti avevano iniziato a sospettare dei Serpeverde immediatamente... ma non lei.
Tipico di Anna, pensò Hans. Poi le disse: «Non saprei che dire» apparve insicuro, dubbioso, esattamente come sarebbe apparso un ragazzo qualunque che non ne sapeva nulla. «Se neanche Merman si è pronunciato in modo più preciso, il tutto assume le sembianze di un grande enigma, che al momento nessuno è capace di risolvere. Quanto ad Elsa...» e subito le immagini della ragazza dai capelli chiari che fuggiva nella foresta si materializzarono nella sua mente, «Credo che abbia bisogno del tuo aiuto, e di quello di tutti gli altri. Conosco quel mago: i miei genitori mi hanno parlato di mio nonno, che a suo tempo ha intrattenuto con lui loschi affari. Merman ha ragione a mettervi in guardia.»
La Grifondoro assunse un’espressione più cupa, ma del sospetto, sul suo volto infantile, neanche l’ombra. Eppure, le aveva indirettamente detto che la sua famiglia era connessa con Black.
«Perciò la tua famiglia conosce Black?» chiese, portando gli occhi celesti davanti a sé.
«Per sentito dire, diciamo» rispose lui, mentre si dirigevano verso l’aula di Difesa contro le Arti Oscure. «Dovremmo riunire tutta la scuola sotto il vostro obiettivo, Anna. Possiamo farcela» concluse, guardandola determinato. Doveva ammetterlo, era un bravissimo attore.
La ragazza, infatti, sorrise, seppur debolmente. «Grazie» disse. «Davvero.»
Gli posò un dolce bacio a fior di labbra, e lui chiuse gli occhi, gustandosi quel sapore d’innocenza che si fondeva a quello della crudeltà inespressa.
Anna, poi, si diresse verso il cortile, dove Merida Dunbroch, Megara Greek e Quentin Cloche la aspettavano. Lui entrò in aula, consapevole di quello che doveva fare.
Continuando su quella linea, presto ci sarebbe stato il primo omicidio, e lui sarebbe diventato il sacrificio dell’uroboro.
 
 
 
 
Eris Goddess gli lanciò uno sguardo consapevole, prima che il getto di ghiaccio la investisse, ponendo fine alla sua giovane vita. Senza che se ne fosse resa conto, era stata contaminata dalla Magia Oscura, quando lei pensava non fosse che un gioco. Il ghiaccio si arrampicò, diramandosi sulle sue braccia, producendo uno scoppio crepitante all’altezza del cuore e gelando anche tutti gli altri organi vitali. Gli occhi della ragazza si fecero immobili, la sua espressione rimase pietrificata in un ritratto della paura più pura.
Quel ghiaccio era venato di nero, e quando gli esplose vicino seppe che, da allora, le cose sarebbero cambiate. Il pezzo di ghiaccio che sua madre gli aveva inviato, durante le vacanze di Natale – il ghiaccio maledetto, quello che Black aveva progettato apposta – aveva funzionato, attecchendo sulla ragazza, Elsa... che, adesso, era diventata esattamente quello che Black voleva che fosse. Una Regina di ghiaccio e buio, che avrebbe portato il suo progetto a compimento senza neanche volerlo.
Da quell’istante in poi, Elsa Arendelle avrebbe trascinato inconsciamente tutta Hogwarts con sé, e nessuno avrebbe potuto farci niente.
 
Quando Elsa distolse gli occhi, si sentì stremata; per tutto quel tempo non era stata che una pedina, protagonista di giochi di potere tra Black e studenti che stavano dalla sua parte. Per tutto quel tempo – per tutto quel tempo – era stata uno strumento, un burattino tra le sue mani. La cosa che detestava di più era che non riusciva ad avere nessuna reazione; era rimasta immobile, le labbra serrate, le sopracciglia aggrottate... il suo volto diafano era accartocciato in una smorfia di silenziosa sofferenza. Aveva voglia di urlare, di gettargli addosso con rabbia quello stesso potere che lui le aveva dato, che lui aveva incrementato e plasmato a suo piacimento. E adesso... che cosa voleva?
«Che cosa vuoi da me?» chiese, la voce ridotta a poco più di un sussurro, una lacrima calda che le percorreva la guancia e lo shock che abitava il suo corpo irrigidito.
«Lo so... forse è stato troppo, per te, vedere queste cose tutte insieme» fece lui, appoggiandole una mano sopra la spalla con fare paterno. «Ma dovevi sapere. In ogni caso» fece una pausa, «il motivo per cui ti ho cercata – e ti ho trovata – è perché Merman ha cercato di compromettere l’andamento del Mondo Magico, esiliando gli Antichi e cercando di combattere me, l’unica connessione che c’era con loro.»
Silenzio.
«Vedi, Elsa, l’ordine e il caos sono due elementi indispensabili, per un corretto equilibrio. Merman, dopo la caduta di Voldemort, ha sempre visto in me una minaccia. Ma io, in quanto creatura diversa dai maghi o le streghe, sono del tutto imparziale. Il mio interesse è unicamente quello di far procedere il Mondo Magico così come è sempre andato: ordine e caos.» Si zittì di nuovo, attendendo qualche secondo, in modo tale che la ragazza di fronte a lui metabolizzasse ogni parola. «Quello di Merman è, be’... fare i suoi interessi personali» concluse, freddamente.
«Che genere di interessi?» chiese lei.
Pitch Black prese un sospiro; poi la guardò, come se fosse indeciso se continuare o meno con quelle rivelazioni.
«Merman ed io abbiamo avuto una diatriba, quattrocento anni fa, come hai potuto sentire personalmente» cominciò.
Qualcosa di troppo pesante – qualcosa di schiacciante – prese forma nella testa di Elsa.
«Merman non è chi dice di essere, vero?» snocciolò, con un coraggio che non sapeva di avere.
«Esatto» disse Black. «Come ho detto, sono qui per dirvi la verità. E ti prometto che anche le altre lo verranno a sapere presto. Ma voglio che tu sia informata del fatto che sei la prima, a parte Melicent, che sa tutto questo.» Vedendo lo sguardo impaziente della Serpeverde, Black aggiunse: «Non cercare di dirlo ad Anna, o a qualcun altro che sia fuori da qui. Non ti crederebbe.»
Silenzio.
«So che ti senti sola, adesso» concluse il mago. «Ma sei la sola che conosce la verità. Merman aveva ragione: dovevi saperla al momento opportuno. Ed io ti assicuro, Elsa, che non ti dirò mai bugie.»
«Non è tutto, quello che mi hai detto?»
«No» disse lui, dopo aver passato pochi secondi in silenzio. «Ma come ho detto, ogni cosa a suo tempo.»
Si allontanò da lei – forse per lasciarla sola a riflettere – ed Elsa si sentì letteralmente crollare.
 



 
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Ehiehi! Come state?
Questo è uno dei capitoli a cui tengo di più, perché siamo alla resa dei conti e tutti i nodi stanno venendo al pettine. Tengo molto a questa storia, a fare gli incastri giusti e a scrivere cose tutto sommato coerenti, come ben sapete, perciò sono un po’ emozionata nel postare adesso. Passando ai contenuti: Merman non è chi ha dato l’impressione di essere, e con una certa confusione Elsa nota che Black non è così malvagio come il Preside lo ha dipinto… dopotutto, le ha detto la verità su di lei, no? Attraverso gli occhi di Hans, la Serpeverde ha visto che il suo potere del ghiaccio – al livello così distruttivo, si intende – le è stato immesso da Black stesso... voi come la vedete questa cosa? E soprattutto: dopo questo capitolo che decisamente cambia le carte in tavola, come vedete Black? Forse non è totalmente IC, ma ho pensato che, poiché lui rappresenta la paura stessa, potesse avere un ruolo di creatura imparziale, in questa storia. Per quanto possa sembrare da psicopatici, quello che dice ha un senso, seppur sia privo di ogni empatia. Voi che ne pensate?
Alla prossima, e grazie per seguirmi <3
Stella cadente




need help? just ask! — ✞Natalie Dormer Gif Hunt

La cosa che detestava di più era che non riusciva ad avere nessuna reazione; era rimasta immobile, le labbra serrate, le sopracciglia aggrottate... il suo volto diafano era accartocciato in una smorfia di silenziosa sofferenza.
  
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