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Autore: Enchalott    04/07/2019    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sogni e verità
 
I matrimoni nel deserto avvenivano poco prima del tramonto, quando l’aria perdeva la vampa rovente di cui si era imbevuta nelle ore diurne e i raggi del sole allentavano il loro infierire bruciante sul suolo sfumato d’oro e di bruno.
A quel punto, nel momento in cui il cielo mutava colore ed esibiva uno sguardo benevolo e romantico, gli sposi pronunciavano le loro promesse difronte ad una sacerdotessa Kalah e accendevano il fuoco, il primo della loro vita insieme.
Poi, le fiamme illuminavano il crepuscolo, attizzandosi una dopo l’altra come stelle, di tenda in tenda, di duna in duna e tutta la tribù presenziava al banchetto gioioso, che perdurava fino allo spegnersi ammiccante degli astri.
Solo l’uomo e la donna che si erano liberamente congiunti in quel giorno si ritiravano al calare delle tenebre, affinché l’oscurità li occultasse e rendesse privata loro unione.
Così per gli Aethalas.
Così anche per lui.
Non avvenivano cerimonie durante il novilunio, poiché il sorriso di Amathira era considerato come la consacrazione del rito: su di loro quella notte, nel firmamento, splendeva addirittura un plenilunio di puro bianco.
Osservò con passione e desiderio la ragazza che amava perdutamente, fasciata nell’abito nuziale di seta rossa, che alternava elaborati ricami, cristalli carminio e sottili trasparenze; lei ricambiò lo sguardo, con gli stessi sentimenti negli occhi scuri e ardenti, messi in evidenza dalla sottile linea nera del trucco.
Gli si fece vicina e lo strinse, affondando le mani nella stoffa color avorio che celava il suo fisico snello di giovane uomo, passandogli le dita tra i folti riccioli castani.
“Non era necessario aspettare…” gli sussurrò all’orecchio, ridendo “Anche se io non sono una Aethalas, non ci sarebbe stato nessun affronto se fosse accaduto prima. Questa è stata solo una formalità rispetto a ciò che ci lega davvero…”.
“Lo so…” mormorò lui, accarezzandole la schiena con dolcezza e sciogliendole lentamente i lacci del lungo vestito “La sera in cui siamo giunti a Erinna e ci siamo salutati nel corridoio vuoto, dopo il convito, ho faticato a dominare le mie emozioni. Avrei voluto impedirti di raggiungere la tua stanza e portarti nella mia… ma ho preferito attendere che fossimo qui, nel deserto, dove il nostro sangue ha avuto origine, nell’argento straordinario di questa luna piena…”
“Ho pensato che avessi cambiato idea, una volta lontano dal pericolo che abbiamo condiviso… o che avresti preferito sposarmi con la luna crescente…”
Lui sorrise, inebriandosi del profumo di lei e lasciando che sua moglie gli sciogliesse la sciarpa chiara che portava tra i capelli. La sottile fascia dorata sulla sua fronte luccicò nell’intima penombra. Le sfiorò il collo con le labbra e fu ricambiato da un sospiro e dal fruscio dalla seta scarlatta che scivolava completamente a terra.
“No…” rispose, mentre i battiti del cuore divenivano vigorosi e il calore gli si riversava nelle vene come un fiume in piena “E’ stata solo la mia rispettosa, ottusa ostinazione… e poi, di Crescente c’è già questo…”
Le sue dita percorsero il contorno del tatuaggio nero sulla pelle abbronzata di lei. La sentì rabbrividire a quel tocco.
A sua volta, lei si insinuò timidamente sul suo petto muscoloso, slacciando con un tremito le chiusure che sigillavano la casacca che lui aveva indosso e allentando la stola di tinta eburnea che gli cingeva la vita.
“Hai… paura?” le domandò con dolcezza, afferrandole le mani e impedendole di andare oltre.
La ragazza fissò gli occhi in quelli del marito, perdendosi in quel nero infinito, fatto di mille volte amore. Il pendente tinta sangue al suo orecchio sinistro baluginò deciso.
“No…”
Lui la sollevò senza sforzo, abbandonando qualsiasi indugio, e la trasportò sui drappi colorati del loro talamo, nel riverbero fioco dei falò lontani.
“Ti amo…” le disse, spogliandosi di quel poco che l’avrebbe ostacolato, senza più remore o imbarazzo “Fatico a credere che tu non sia un miraggio tra le mie braccia, ma se anche tu lo fossi, non ti vorrei di meno… e non sai quanto desidero te e tutto ciò che sei. Adesso, vera, non solo nei miei sogni…”
Lei avvampò a quel contatto nudo e intenso tra i loro corpi, lo attirò a sé e lo sentì vibrare di passione incontenibile.
“Ti amo, Narsas…” sussurrò, interrotta solo dai suoi baci infuocati “…e mi sembra di non saper fare altro da quando ti ho incontrato. Di non volere altro che te, per sempre…”.
“Ti prego, dimmelo ancora…” ansimò lui, muovendosi in quell’abbraccio che li rendeva un’anima sola, dolce e forte, perso nella donna che era finalmente sua.
“Ti amo… Narsas…” ripeté lei in un soffio, quasi incapace di respirare per le sue carezze audaci, abbandonandosi e allacciandosi a lui, inarcandosi sotto la sua stretta tenace e sicura, perdendo il senso di tutto ciò che non era parte di loro due.
“Adara…”
La sua voce era come un alito di vento, mimetizzata dalle pulsazioni furibonde del cuore, ed era una sensazione che non aveva mai provato, era sciogliersi in un’altra vita e non bramare nient’altro che quella.
“Ti amo, Adara…”
Il buio circondava l’amplesso e loro splendevano come gemme e pensavano che fosse impossibile smettere di desiderarsi così tanto.
“Narsas…”
Un brivido in quelle poche lettere e il suo sospiro sempre più veloce sulla sua bocca, le mani artigliate alla stoffa dei teli sparsi per la tenda bianca e fresca, la luna a fare da guardiana a quell’amore infinito.
“Narsas!”
Il suo nome era un grido lontano, mentre tutto vorticava e lui perdeva la contezza di sé, cercava di stringerla per non lasciarla mai più. Mai più.
“Narsas! Ti prego, rispondi!”
Ma lui era lì, non altrove, intrecciato indissolubilmente alla donna che amava più della sua vita, in quell’oscurità rassicurante e silenziosa in cui finalmente era libero. Libero.
“Narsas! Narsas!”
L’angoscia nel suo nome pronunciato da lei lo mise in allerta. Recuperò la percezione di sé. Tutto si dissolse, come se le fiamme dei fuochi si fossero spente contemporaneamente. Tutto scemò, tranne amore e desiderio, che nulla mai avrebbe potuto annientare.
Sentì freddo e stanchezza, percepì qualcosa in movimento che nulla aveva a che vedere con la sabbia della sua terra. Erano onde, ma composte di acqua turchese e schiuma salata.
Il mare.
Una luminosità lieve gli ferì le pupille e tanto bastò per fargli recuperare i sensi.
Spalancò gli occhi, frastornato.
 
La principessa si chinò su di lui, appoggiando la fronte fresca alla sua bruciante, sfiorandogli il viso con le dita e con i lunghi capelli.
“Oh, stelle…” disse con la voce soffocata dall’affanno “Oh, per tutte le stelle… per un attimo ho pensato che tu non fossi più con noi… Non rispondevi e io…”
L’arciere l’allontanò gentilmente ma con decisione, ancora tremendamente stordito.
Una visione dettata dal suo stato. Aveva sognato di fare l’amore con lei. Arrossì violentemente quando le immagini di loro due gli ritornarono nitide alla mente e distolse lo sguardo, socchiudendo le palpebre.
“Sto bene…”
“Non si direbbe affatto” commentò seccamente Dare Yoon, in piedi a braccia conserte pochi passi più indietro. Un’insolita ruga di preoccupazione gli si incuneava tra le sopracciglia scure. “Stavi delirando, Aethalas, non riuscivamo a destarti dal torpore in alcun modo…”.
Narsas si sollevò stentatamente sui gomiti, evitando di guardare la ragazza, seduta premurosamente accanto a lui sul lenzuolo candido. Avvertiva ancora il proprio sangue scorrere veloce e il fisico rispondere più all’erotismo del sogno che all’inclemenza della realtà contingente. Si impose di scacciare quella sensazione.
“E’… è passato” ribatté con tutta l’indifferenza che riuscì a produrre.
Adara strizzò il panno di lino nel piccolo bacile d’acqua dolce appoggiato sul vicino tavolo e gli asciugò i rivoli di sudore gelato che gli scorrevano sul petto, attraverso la camicia slacciata fino al cuore. Lui avvampò brutalmente e le bloccò il polso, impedendole di toccarlo.
“Sto bene!” ripeté con più energia.
“Per tutti i diavoli, Narsas!” esplose Dare Yoon, sbattendo il pugno sullo stipite ligneo della porta “Piantala con le idiozie! Il tuo non può essere semplice mal di mare! Non sono un dottore, ma neppure un imbecille! Si può sapere che ti prende?!”.
Il ragazzo lo guardò, accigliato.
“Niente di contagioso, se è ciò che vuoi sapere” replicò poi con una calma faticosa e venata di rabbia repressa “Penso di essermi indebolito e aver contratto una bella febbre a causa dell’umidità e del freddo, cui non sono abituato”.
Il soldato sbuffò, tutt’altro che convinto, masticando con stizza il termine “contagioso”.
La principessa esitò, sorpresa da quell’atteggiamento scontroso che non gli si addiceva. L’arciere stava evitando di incrociare il suo sguardo. Sentì una stretta al’anima, ma si impedì di mostrare ulteriormente la propria inquietudine.
“Posso fare qualcosa, Narsas?” gli domandò.
Il giovane si decise a sollevare gli occhi nei suoi. Le sue iridi scure ardevano come braci e portavano una malinconia quasi palpabile. Le sorrise lievemente, ma la tristezza che lo velava non si diradò affatto.
“Due cose” le rispose lui, dopo un lungo attimo di silenzio “Potresti passarmi la mia sacca per favore?”
“Pure…” ringhiò a bassa voce Dare Yoon, immusonito.
Adara si alzò prontamente e raccolse la bisaccia dalla sedia su cui era appoggiata, porgendogliela con gentilezza. Il giovane si mise a sedere con visibile difficoltà e scoperchiò cautamente la cassetta in cui erano contenute le ampolle di vetro colorato; ne scelse una verde, sigillata con un materiale vischioso, la aprì e ne assunse il contenuto, sotto lo sguardo disgustato di Dare Yoon. Poi ripose il vuoto ordinatamente accanto agli altri.
“Che cos’è quella roba?” sbottò il soldato.
“Erbe varie…”
“Non servono a un accidente!” rimbrottò l’uomo “Le hai bevute tutti i giorni da quando siamo sulla nave. Se il risultato è quello che vedo, sono utili solo a farti vaneggiare nel sonno! Inizio a pensare che abbia ragione la principessa, dovremmo chiedere a Dalian se hanno un medico a bordo o perlomeno se sono dotati di qualche rimedio più efficace. Magari hanno già imbarcato passeggeri con i tuoi sintomi”.
Narsas andò sulla difensiva all’affermazione, poi scosse la testa.
“Parla con Bicks, piuttosto” replicò sarcastico “Se glielo domanderai tu, ti farà sicuramente un sostanzioso sconto”.
“Cosa vorresti dire?!”
“Basta!” esclamò Adara, autorevole “Parlerò con il capitano, è deciso. Lo farò con molta circospezione, però, non vorrei finisse per sbarcarci su uno scoglio sperduto, per timore di un’epidemia a bordo. Detto questo…”
Si voltò verso l’arciere, che si reggeva a malapena, serrando tra i pugni la stoffa ruvida della coperta. Lui ricambiò lo sguardo, incerto.
“Qual è la seconda?” gli chiese.
Il giovane si rilassò sensibilmente, allentando la presa spasmodica sulle lenzuola e la sua posa inspiegabilmente aggressiva sembrò sfumare, facendolo riapparire quieto e riflessivo come sempre.
“Potresti andare a controllare i cavalli?” disse placidamente.
Dare Yoon strabuzzò gli occhi, pensando di aver capito male.
Anche la principessa mostrò una certa sorpresa.
“Non voglio che tu stia qui a penare per me, Adara” spiegò il guerriero del deserto con gentilezza “Lo vedo che ti ho fatto preoccupare e me ne dispiaccio infinitamente. Perciò… ti chiedo di pensare ad altro, di prendere una boccata d’aria. Ti prego”.
“Solo se mi prometti di non uscire a cercarmi e di provare a mangiare qualcosa più tardi” restituì lei con un sospiro.
“Va bene” garantì lui.
La ragazza lo fissò per un attimo, indecisa. Poi staccò il mantello maschile color cenere dal gancio cui era appeso e lasciò la cabina, con un nodo alla gola.
L’ufficiale della Guardia abbrancò una sedia per la spalliera e la trascinò a pochi passi dalla cuccetta di Narsas, scavalcandola e sedendosi al contrario, con le braccia piantate sullo schienale. Lo puntò con disapprovazione.
“Che vuoi?” esalò l’arciere, piombando pesantemente all’indietro sui cuscini, sfinito.
“L’hai mandata via!” borbottò Dare Yoon, con il tono di chi ha appena visto il sole sorgere da ovest “E’ più grave di quanto penso, vero?”.
“Non so cosa pensi, ma no. Non riesco a mangiare e questo è il risultato”.
Avvertì nuovamente un insorgente senso di nausea. Cercò di trattenersi, per evitare di rigettare anche il preparato che aveva ingerito.
“Raccontalo a qualcun altro, Aethalas…”
“Vedo che usi il mio nome solo quando sei più irritato del solito…”
“Tsk!” schioccò l’uomo “Lo pronuncio quando so di doverti svegliare nell’immediato. Altrimenti, per me, sei solamente un membro della tribù che si è rivoltata contro il reggente, un messaggero di chi lo accusa di tradimento… Dunque, non mi fido di te”.
“Me l’hai già detto” replicò debolmente Narsas, tentando di tenere a bada lo stomaco “Non sarà certo la tua diffidenza a uccidermi… Me ne sono fatto una ragione”.
Dare Yoon colse una sfumatura di dolorosa certezza nell’ultima dichiarazione e non lasciò cadere l’argomento, buttato in campo quasi con casualità, ma evidentemente oltremodo ingombrante per l’impenetrabile guerriero del deserto.
“Neppure una stupida febbre marittima, credo…” asserì con sincero interessamento.
“No. Neppure quella…” concordò stancamente l’arciere.
 
Adara scese nella la stiva verso la sezione di prua e l’odore stantio delle sentine si insinuò più invadente nelle sue narici. Dovette coprirsi il naso con il mantello e attendere pazientemente di farci un po’ l’abitudine.
Colse il leggero profumo di Alyecc all’interno del fodero di pelliccia.
Il giorno precedente aveva bussato alla sua cabina per restituirgli il prestito, ma non aveva ottenuto risposta, così aveva interpellato Dalian per domandargli se l’avesse visto in giro per la nave.
Il simpatico capitano non era riuscito ad aiutarla, anzi, si era molto sorpreso quando lei aveva accennato al loro casuale incontro notturno. Aveva dichiarato che quell’ospite era estremamente riservato e che quindi, forse, aveva preferito non essere disturbato oppure stava semplicemente dormendo. Poi aveva affermato con galanteria che, comunque, quell’indumento stava molto meglio a lei e così si era preso un acidissimo rimprovero da Bicks.
La donna si era scusata per la faccia tosta del comandante, ma la sua apparente cortesia non aveva raggiunto gli occhi a mandorla, che erano rimasti algidi e acuti sotto l’elaborata acconciatura ornata di piume azzurre.
Bicks aveva spostato il discorso sui due accompagnatori della principessa, chiedendo in particolare un aggiornamento sulle condizioni di salute di Dare Yoon, definendolo “quell’attraente guardia del corpo con la spada”.
Adara aveva accennato ad una lieve febbre, senza specificare che era Narsas a stare male, e la vice aveva suggerito con prontezza un paio di rimedi naturali contro quei fastidiosi sintomi. Non aveva chiesto soldi e persino Dalian si era concesso un divertito sogghigno, ovviamente senza farsi scorgere dalla compagna.
La ragazza raggiunse il luogo in cui erano alloggiati i cavalli e appese la lanterna ad olio al gancio, aggiungendo un’altra fonte luminosa a quella più scarsa dell’ambiente.
Gli animali nitrirono lievemente quando il suo odore raggiunse le loro froge sensibili.
Se neppure gli espedienti consigliati da Bicks fossero stati utili a curare Narsas, davvero non avrebbe saputo dove sbattere la testa. Tra il punto del Pelopi in cui stava navigando l’Amara e il porto di Neirstrin non c’era altro che oceano. Se fosse peggiorato… No, non si sentiva di considerare quell’eventualità!
L’arciere le aveva chiesto di uscire per non darle ulteriori preoccupazioni, ma non sarebbe stata certo la lontananza a impedirle di pensare a lui. Non l’aveva mai visto così teso, neppure durante l’attacco dei lupi nella foresta o per la comparsa dell’orchya nell’accampamento. Il suo comportamento inconsueto, poi, la preoccupava ancor più della sua infermità.
Entrò nella scuderia improvvisata, aprendo la porta del compartimento dove era alloggiato il suo destriero. Il quadrupede le sfregò affettuosamente il muso sulla spalla e si lasciò grattare amabilmente le orecchie. Non si oppose e non scartò quando la ragazza spostò la fasciatura che gli stringeva la zampa destra, per verificare che il morso inflittogli dal kira non avesse fatto infezione. Era un’incisione lieve, ma lenta a rimarginarsi, come quella di Dare Yoon d'altronde. Evidentemente, le zanne di quelle belve erano più dannose dell’immaginabile.
Rabbrividì, riesaminando a posteriori l’episodio spaventoso cui erano miracolosamente e inspiegabilmente scampati.
Chiuse lo sportello di legno e prese a dedicarsi agli altri due cavalli, senza tuttavia riuscire a staccare l’attenzione da Narsas.
Nel vano dirimpetto al suo era ricoverato un magnifico stallone bianco, che nitrì acuto, raschiando nervosamente l’assito con lo zoccolo ferrato e azzardando un’impennata nello spazio per lui troppo angusto.
“E tu?” domandò affettuosamente Adara, avvicinandosi con prudenza “Non dirmi che l’oceano rende irritabile anche te? O sei una testa calda di natura?”.
Il corsiero levò il muso nella sua direzione e la fissò con i lucidi occhi neri, come se avesse compreso la questione. Le fiutò con interesse la mano tesa.
“La seconda che avete supposto” esordì una voce profonda dietro di lei.
La ragazza sobbalzò e si girò di scatto.
“Oh, Alyecc…” mormorò poi, rilassandosi alla vista dell’uomo.
Non l’aveva assolutamente sentito arrivare.
Indossava un lucido mantello di panno blu scuro, bordato di pelliccia nera e portava l’ampio cappuccio già abbassato sulle spalle. La luce aranciata delle lampade conferiva alle sue iridi un colore caldo di topazio e scaldava di riflessi dorati i capelli biondi che gli incorniciavano il viso ambrato. Era incredibilmente attraente.
“Lieto di incontrarvi in questa opulenta sala da ballo” disse sprezzante “I vostri compagni mandano voi a badare ai cavalli? Lo trovo un tantino scorretto”.
“No…” sorrise lei “Purtroppo, tra loro, sono sempre quella che sta meglio e poi non mi dispiace la compagnia di questi fedeli quadrupedi. Piuttosto, è vostro questo splendore?” aggiunse indicando l’imponente esemplare dal manto candido.
“Sì, è mio” affermò lui, avvicinandosi “Ma se fossi in voi non gli darei troppa confidenza. È addestrato alla difesa, potrebbe mordervi anche se è legato”.
“Davvero? Prima mi ha annusata lasciandomi tutte le dita intere…” ammise lei, un po’ turbata dalla notizia.
Alyecc parve meravigliato, ma non aggiunse nulla, limitandosi a sistemare la lunga criniera ondulata dell’animale.
“Come si chiama?”
“Che nome vi piacerebbe dargli?” rimandò il giovane, osservandola intensamente.
Adara rimase interdetta sia dal suo sguardo penetrante su di lei sia dal fatto che non avesse ancora assegnato un nome alla splendida bestia.
“Mi prendete in giro?”
Alyecc ridacchiò fra sé e non rispose neppure a quella richiesta. Si sfilò il guanto e passò la mano sul collo snello del cavallo.
I suoi occhi colorati dalle fiamme parvero ammantarsi di un’immane malinconia.
“Porta il nome di un luogo antico” specificò sottile “Che nessuno osa quasi pronunciare, un luogo irraggiungibile per gli uomini, che le leggende ribadiscono si possa solo sognare e nient’altro…”.
La ragazza ascoltò, rapita, quella breve spiegazione.
“Non ne ho mai sentito parlare…” ammise con lieve vergogna.
“Forse perché è un racconto di Iomhar e dalle vostre parti non è conosciuto”.
“Mi piacerebbe apprenderlo”.
Il giovane sogghignò e quell’aria rattristata sparì immediatamente.
“Sono certo che ne avrete modo” ribatté con altezzosa sicurezza “In qualsiasi taverna di Iomhar conoscono a menadito l’intera storia”.
“Ma… ma avete appena affermato che nessuno ha l’ardire di parlarne!”
Alyecc proruppe in una breve risata.
“E’ solo una leggenda!” asserì, alzando le spalle con distacco.
“Voi credete alle leggende?”
Lui ritirò la mano dal muso dello stallone e avanzò verso di lei di qualche passo, fissandola con conturbante interesse.
“No” rispose categorico.
Anche Adara trovò il coraggio per sollevare il viso e guardarlo con maggiore attenzione. Il Crescente iniziò a pizzicarle la pelle e le dita scattarono automaticamente in quel punto tanto sensibile del suo corpo.
“Allora siete molto intelligente” gli disse, tentando di sviare la sua attenzione da lei e dal segno ribelle che portava intorno all’ombelico.
L’uomo spalancò gli occhi, evidentemente colto alla sprovvista. Poi replicò il sorriso beffardo che aveva già mostrato in precedenza.
Si studiarono in silenzio per qualche secondo. La mezzaluna cessò di spedirle segnali d’allarme più o meno comprensibili.
“Il vostro cavallo, invece…” riprese lui “Noto che porta una benda. Si è ferito?”
“Sì” annuì la principessa, sentendo in lei la tensione allentarsi “E’ stato attaccato da un kira e non è ancora guarito”.
“Un kira?” ripeté Alyecc incredulo “Davvero strano. Sono lupi che vivono in branco al Nord, è bizzarro che ne abbiate incrociato uno solo e che vi abbia aggrediti”.
“Io credo…” mormorò lei, in cerca di parole che non la costringessero a mentire e che non rivelassero del tutto l’evento magico in cui era occorsa “Che questo mutamento in atto stia sconvolgendo tutto. Anche gli animali lo percepiscono…”.
Il giovane parve riflettere per un istante, soppesando la vaga motivazione fornita, ma non pose ulteriori quesiti.
“Permettete?” domandò invece con cortesia, indicando il destriero fasciato.
Adara gli consentì di aprire lo sportello del box e lo seguì all’interno, trattenendo l’animale per la cavezza affinché non si adombrasse. Il cavallo tuttavia rimase mansueto. Alyecc sciolse la garza ed esaminò con attenzione la lesione ancora evidente sul suo metacarpo.
“Non è grave” confermò “Ma è fastidiosa per lui. Se me lo consentite, posso usare un unguento che porto sempre con me. È un vero toccasana”.
“Siete molto gentile, non saprei come ripagarvi”.
“Non ve l’ho chiesto” tagliò corto lui “Mi piacciono i cavalli, è un peccato vederli languire” aggiunse poi, moderando la freddezza della risposta.
Spostò il mantello su una spalla e trasse dalla spessa cintura a fascia di damasco nero una piccola sacca di cuoio. I suoi abiti erano scuri, ma diversi da quelli che portava la sera precedente e gli calzavano a pennello sul corpo solido.
Adara sbirciò con curiosità l’operazione di pronto soccorso e lo vide aprire una sottile fiala trasparente, che sembrava contenere acqua. Si inginocchiò e ne fece cadere alcune gocce sulla ferita dell’animale, poi rimise a posto la bendatura.
“Ecco” disse, rialzandosi “Tenetela così per un paio di giorni. Dovrebbe bastare”.
“Vi sono debitrice, anche se non vi piace sentirvelo dire” ribadì la principessa “Sia per questo sia per l’altra notte… sono passata stamattina per riportarvi il mantello, ma non eravate nella vostra cabina, così desidero restituirvelo adesso. Non vorrei approfittarne ingiustamente”.
Aprì il nodo che le tratteneva l’indumento prezioso sulle spalle e lo sfilò, reggendolo delicatamente tra le braccia e tendendolo verso il legittimo proprietario.
Alyecc la guardò senza proferire verbo, soffermandosi sul suo viso e sui suoi abiti pesanti ma molto femminili.
“Tenetelo voi” dichiarò poi “Come vedete, io non ne ho bisogno. Usatelo quando avvertirete la necessità di prendere un po’ dell’aria pungente del Nord”.
“Ma io non…” protestò lei.
Il giovane colmò la distanza tra loro in un batter di ciglia e le tolse il capo invernale dalle mani. Lo fece roteare a mezz’aria e tornò a porglielo sulle spalle, fissandolo con il legaccio che le pendeva sul petto.
“Non sono avvezzo a sentirmi rispondere di no” mormorò fermo.
Il suo volto era incredibilmente serio. Evidentemente la sua affermazione corrispondeva a verità. Dalian le aveva raccontato con fare pettegolo che i servitori che accompagnavano il misterioso passeggero erano muti, allegando alla descrizione alcuni dettagli sentitamente raccapriccianti. L’uomo completò il nodo e ritirò le mani, ma rimase a una spanna da lei. Adara arrossì imbarazzata.
“Che vi prende?” sorrise ironico lui “Temete che vostro marito vi sorprenda con me come la scorsa notte? In effetti, potrebbe iniziare a insospettirsi…”.
“Mio…marito?” farfugliò la ragazza, presa in contropiede.
“Il giovane che è venuto a cercarvi con la lampada non è…?”.
“Oh… no… Narsas è un caro amico, io non sono sposata…”.
Alyecc rimase apparentemente impassibile alla notizia e continuò ad osservarla.
“Se non foste sparito come un fantasma, mi sarei occupata delle reciproche presentazioni” continuò la principessa con puntiglio.
“Ho pensato fosse meglio non mettervi in una situazione fraintendibile” spiegò lui, aggrottando la fronte in risposta all’osservazione aguzza “Ma mi sono sbagliato, se nessun uomo può accampare la sua gelosia su di voi”.
Le iridi dell’uomo erano dello stesso colore della sabbia del deserto a causa del riverbero zafferano della lanterna sopra di loro.
Adara si sentì in difetto per il rimprovero indiretto che gli aveva rivolto.
“Grazie” sussurrò con dolcezza, sollevando un lembo di stoffa color cenere “Anche per la vostra discrezione…”.
“Lasciate stare” obiettò lui, spostandosi in direzione dell’uscio di legno “Spero di rivedervi uno di questi giorni”.
“Aspettate!”
Alyecc si fermò con espressione interrogativa.
“Prima di ritirarvi, l’altra sera, mi stavate raccontando di Jarlath e del vostro reggente” disse esitante “Mi… mi piacerebbe davvero ascoltare la vostra opinione per intero, se non sono troppo inopportuna”.
Lui sorrise, estremamente divertito dalla richiesta e dal modo impacciato con cui lei l’aveva posta.
“Lo farò, se lo gradite” rispose con un lampo di luce negli occhi “Lo farò, se accetterete l’invito di cenare con me”.
   
 
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