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Autore: Enchalott    08/07/2019    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il momento di decidere
 
Eudiya contemplò per la centesima volta il cielo di quella mattina, che non esibiva l’abituale tinta turchina limpida, ma era venato di graffiature nere e grigiastre che parevano listarlo a lutto.
Forse, anche quello era un modo della Profezia per annunciarsi, per far comprendere a chi attendeva con trepidazione che niente era ancora cambiato, che l’abissale nulla annunciato da millenni aspettava lo scattare inesorabile dell’ultimo secondo concesso ai mortali dagli dei, per inghiottire l’universo intero.
Il dì precedente era giunta a Erinna la notizia del crollo di Tasautia e la regina aveva inviato al ponte alcuni messi al fine di verificare l’informazione, che pareva tuttavia già corrispondere a verità.
Lo scrupolo principale era ovviamente quello di accertare che nessuno degli uomini in viaggio per il Nord fosse rimasto coinvolto nel crollo, che comunque sarebbe risultato una complicazione aggiuntiva, qualora la spedizione non fosse riuscita a passare per tempo. Perché l’unica strada alternativa sarebbe stata quella del Pelopi, dei suoi gorghi marini, delle sue onde indocili e delle sue paurose leggende. Sospirò con angoscia pressante.
Azhulio, voliamo sulle tue ali…
Il pensiero volteggiò allo strik dagli occhi d’argento, che si era accomiatato da lei in spregio alla vita, per non farle abbandonare la speranza.
Non c’era stato un solo giorno, da quando si erano incontrati tra i dossi fatti di granelli fini, in cui lei e l’animale erano rimasti lontani, eccezion fatta per i periodi delle ambascerie, che lui aveva compiuto con assidua fedeltà.
Le aveva ricordato il momento in cui si era accorta di essere in attesa del suo primogenito e la sua forte reazione emotiva, seguita a quella inaspettata consapevolezza. Azhulio era al suo fianco e, anche allora, aveva spalancato le ali immense e aveva portato il suo cuore lontano, in vece sua, verso chi amava, con la speranza posata sulle penne nero-blu.
 
Eudiya aveva realizzato di essere incinta senza alcuna ombra di dubbio. Alle prime avvisaglie aveva mescolato le radici adatte, come le aveva insegnato la madre, e il responso era giunto privo di qualsiasi possibilità d’equivoco.
Dopo la notte trascorsa con Stelio nel podere disabitato ne erano seguite altre, tutte consumate con la stessa passione, nell’abbandono reciproco guidato dal bruciante desiderio che provavano l’uno per l’altra.
Il reggente aveva fatto del suo meglio per controllarsi durante i loro incontri privati, ma era stata lei la prima a farsi travolgere dai sentimenti che provava per lui, lei a volerlo a tutti i costi, a dispetto del tempo che lui sarebbe stato disposto ad aspettare per chiederle di diventare ufficialmente sua moglie.
Le donne Thaisa, così come tutte le figlie del deserto, erano libere di scegliere il proprio uomo e di amarlo in anima e corpo anche senza la celebrazione di un rito formale; ma per sposarsi al di sotto di una certa età, a loro tutela, necessitavano comunque del consenso della famiglia.
Lei aveva sedici anni e avrebbe potuto decidere in autonomia solo a diciotto, fatto che avrebbe comportato il dover mettere al corrente Zheule della sua condizione; era certa che il padre non l’avrebbe presa molto bene, sia perché Eudiya era decisamente troppo giovane sia perché Stelio era il principe di Elestorya, dunque era tenuto a rispettare un preciso cerimoniale e sulle sue spalle gravavano ben altre responsabilità.
Per non parlare dell’estremo senso dell’onore del bailye, che si sarebbe vergognato a vita a causa del suo ennesimo colpo di testa.
Il reggente del Sud, a sua volta, non era obbligatoriamente destinato a un matrimonio combinato, ma sicuramente ci sarebbero state molte obiezioni, qualora avesse annunciato di voler unire la propria stirpe a quella dei Thaisa, anche se Eudiya faceva parte di una discendenza di sangue aristocratico e antico.
Anzi, a voler essere precisi, la discendenza del sovrano stava già crescendo dentro di lei da più di un mese e la ragazza non aveva ancora trovato il coraggio per informarlo.
L’unico a conoscere la verità era Azhulio.
Lo strik reale quel pomeriggio era planato sull’accampamento dei Thaisa ed Eudiya l’aveva accolto sul braccio, con il cuore in tumulto, poiché sapeva che la sua presenza lì poteva solo significare un agognato messaggio di Stelio per lei.
Le parole d’amore che aveva letto sul breve scritto in codice, vergate con mano ferma e sicura, le avevano fatto salire le lacrime agli occhi.
Aveva pianto, accarezzando le piume lucide del rapace, raccontandogli le proprie paure, a partire da quella di diventare madre così presto fino a quella di non voler costringere l’uomo che amava a sposarla per forza o per senso del dovere oppure per evitare uno scandalo a corte o presso la tribù.
Le sue incertezze l’avevano bloccata, non aveva neppure avuto la forza per chiedere consiglio alla madre, ben più indulgente e comprensiva di Zheule. L’insicurezza che, per la prima volta, le aveva occupato l’anima aveva preso il sopravvento: così, aveva evitato di replicare alla missiva piuttosto che misurarsi con delle scuse e aveva rispedito Azhulio ad Erinna senza una risposta.
Il maestoso uccello l’aveva squadrata, con il becco socchiuso e l’artiglio destro teso in avanti, attendendo inutilmente che lei gli legasse l’anello alla zampa robusta.
“Questa volta no, Azhulio. Vai! Torna da Stelio, ora! Vola!”.
Lo strik si era librato in aria ed era sparito in pochi istanti, fendendo il cielo lapislazzuli con i poderosi colpi d’ala e lasciandola sola con il proprio smarrimento.
 
La regina scese mestamente dal terrazzamento della torre dove riposavano tranquillamente Mandaree, Amarelo e Yerde. Il trespolo vuoto di Azhulio era troppo arduo da guardare.
No. Era scorretto affermare che il rapace l’avesse lasciata sola. Era solo partito per la sua missione, così come nel tramonto di ventisei anni prima, certo di quanto dovesse portare a termine.
 
Ciò che era seguito, Eudiya l’aveva appreso dall’allora futuro marito qualche ora dopo: Stelio si era presentato, inatteso, all’accampamento dei Thaisa il mattino seguente all’alba, con lo strik sul polso, e aveva esplicitamente chiesto di lei davanti a tutta la tribù inginocchiata a terra.
Zheule aveva colto una sfumatura angosciata e dura nell’aspetto del reggente e si era premurato di domandare con umiltà se la propria, insolentissima figlia l’avesse offeso in qualche modo o se avesse combinato qualcosa di inappropriato.
“Sono io che probabilmente ho offeso lei” aveva replicato Stelio con severità, senza scendere da cavallo “Pertanto, vi chiedo di condurla qui con urgenza, bailye”.
Il portavoce l’aveva fatta cercare ovunque con prontezza, ma senza risultati ed era tornato al cospetto del principe costernato e, a propria volta, altamente preoccupato.
Stelio era apparso ancora più turbato, ma non aveva fornito spiegazioni di sorta. Aveva semplicemente sollevato il braccio in alto, facendo levare lo strik nel cielo.
“Vai, Azhulio, trovala!” aveva ordinato con necessità imperante nella voce.
Poi si era lanciato al galoppo dietro l’uccello, in mezzo alle dune, seguito dagli sguardi esterrefatti dei Thaisa e dal pallore spettrale diffuso sul volto del povero Zheule.
Il grido acuto del rapace aveva annunciato la missione compiuta una mezz’ora dopo.
Stelio era balzato di sella e l’aveva raggiunta sulla riva di una minuscola oasi, sconosciuta ai più.
“Che cosa significa, Eudiya!? Perché non mi hai risposto… perché sei fuggita?!”
Lei era rimasta impietrita nello scorgere il reggente in quel luogo, fuori di sé, con il viso affascinante contratto dall’angoscia. Non aveva fatto in tempo a rispondere, perché lui aveva preso a riversarle addosso un torrente concitato di parole, che avevano rivelato la sua profonda pena ed erano esulate dalla sua consueta pacatezza di temperamento.
“Ieri Azhulio è tornato senza anello!” aveva sbottato il giovane, afferrandola per le spalle “Ho pensato che ti fosse accaduto qualcosa, si è rifiutato di ritirarsi nella torre e ha continuato a tempestarmi di beccate! Non ha mai fatto così!”.
La ragazza aveva ammirato in silenzio gli occhi verdi del reggente, lucidi di ansia e di collera, e aveva sentito le sue mani forti tremarle addosso.
“Ho compreso che voleva che lo seguissi! Io non lo intendo, Eudiya, non ho le tue doti, non parlo il suo linguaggio e Azhulio non sapeva come fare per trascinarmi fuori dal palazzo! Ti rendi conto? Sono uscito con le stelle alte nel cielo, mi avranno preso per un dissennato! E poi… poi non eri neppure al campo dei tuoi e ti trovo qui tranquilla, mentre io… io stavo impazzendo per la tua assenza!”.
Lei si era ritratta, senza decidersi a rivelare che cosa l’avesse spinta ad allontanarsi.
Stelio non le aveva dato tregua, spinto dai suoi forti sentimenti.
“Eudiya… ti prego, fammi capire! Ti ho scritto che ti amo e che ti avrei aspettata, perché so che sei troppo orgogliosa per abbassarti a chiedere il consenso di sposarmi a tuo padre. Anche se io sono il principe di Elestorya e potrei infischiarmene delle regole dei Thaisa! Ti ho scritto che senza di te io non vivo e che avrei domandato a Zheule di farti venire a corte, per averti vicina… Per tutte le dannate stelle! Ho messo il mio cuore nelle tue mani e tu… tu non mi hai risposto!”.
Lei aveva sollevato il viso, gli aveva passato le dita tra i riccioli castani e non era riuscita a fare altro che a permettere alle lacrime di parlare in sua vece.
Il giovane aveva sgranato gli occhi, sempre più stupefatto, e l’aveva stretta a sé pur senza capire, lasciando che piangesse sulla sua spalla e che la propria ira trascolorasse in quell’abbraccio.
“Perdonami, Stelio…” aveva finalmente sussurrato lei “Io ti amo più di ogni altra cosa. Ma temo che questo non sia sufficiente, adesso…”.
“Che cosa vuoi dire?”
“Io… io sono incinta…”.
Il reggente l’aveva fissata senza fiato, incapace di trovare nell’immediato una frase che enunciasse il suo stato d’animo, dopo che la verità era esplosa in quel silenzio.
Poi si era chinato su di lei e l’aveva baciata con trasporto, cingendola delicatamente e attendendo che lei ricambiasse con la medesima intensità. Le loro labbra si erano cercate e trovate, così le loro mani si erano avviluppate e insinuate sotto i loro abiti, per sentire pelle e calore, per far evaporare il timore e dimostrare che l’amore che sentivano era radicato in entrambi e aveva solo preso una forma umana.
“Ho paura di fare male a te e a…” aveva mormorato nella sua stretta, sciogliendole la treccia, steso sulla sabbia al limitare dell’acqua smeraldina dell’oasi.
“Non accadrà…” aveva risposto lei, attirandolo a sé e lasciando che la travolgesse, che la amasse, che la volesse come la prima volta.
“Sposami, Eudiya… non perché attendi mio figlio, ma perché ci è impossibile pensare il futuro l’uno senza l’altro… Questo lo sai anche tu…”.
“Sì…” aveva finalmente accettato lei, libera dall’angoscia, libera nell’indissolubilità del loro abbraccio, legata eternamente a lui come la metà di un solo essere.
“Mio padre mi ucciderà…” aveva aggiunto quasi con ilarità, mentre lui la sfiorava con gentilezza, impedendole di allontanarsi dall’intreccio dei loro corpi.
Stelio aveva riso leggero, facendo sciogliere l’ultimo nodo d’incertezza.
“Credi che io sia al sicuro da lui solo perché porto il Diadema?”.
“Sì” aveva confermato lei divertita “Ricordati di indossarlo quando gli domanderai la mia mano. E mettilo bene in mostra quando gli dirò che sta diventando nonno…”.
“Se io sento di poter essere padre a vent’anni, non credo che lui si tirerà indietro”.
“Vero. Però prima si farà sentire da capofamiglia con me, stanne certo. E non avrà torto… in fondo, sono io che ti ho convinto, tu avresti anche atteso…”.
“Non hai dovuto insistere molto, se ben ricordi…” commentò il principe, sagace, sollevandosi su un gomito, con le fronde dei radi alberi che gli disegnavano giochi di luce e ombra sulla schiena nuda. 
Il suo sguardo dolce scese su di lei e sul suo corpo sodo.
“Ci saranno delle obiezioni a Erinna, vero?” disse Eudiya, più seria.
“Può darsi” ammise lui alzando le spalle “Vorrei proprio ascoltarle…”.
La ragazza sorrise, sapendo che Stelio sarebbe stato capace di ribattere a qualsiasi contestazione e che, se fosse stato necessario, avrebbe addirittura interpretato la parte del maschio alfa costretto dal proprio senso dell’onore al matrimonio riparatore.
“Dobbiamo andare…” gli disse, osservandolo con la passione nello sguardo.
“Affatto. Lascia stare quei vestiti…”
 
Erano rientrati insieme all’accampamento dopo qualche ora, al passo, per evitare che i sobbalzi del galoppo le nuocessero.
Zheule le aveva piantato in faccia due occhi di fuoco sia per la fuga notturna sia perché si era nuovamente permessa di stare in sella con il reggente del Sud.
Quando le aveva domandato con rimbrotto che cosa mai avrebbe dovuto aspettarsi ancora da una figlia così spudorata, Eudiya aveva faticato a restare seria, ma il ricordo dell’angoscia che lei stessa aveva provato nello scoprirsi in attesa di un figlio e il senso del rispetto per quell’uomo severo ma amorevole l’avevano frenata.
Stelio era smontato e l’aveva aiutata a scendere. Poi aveva preso in mano la situazione e lei, ancora una volta, era rimasta incantata dai suoi modi virili e sicuri.
Aveva domandato di poter conferire in privato con il bailye e la sua famiglia, così si erano ritirati nella tenda principale, celandosi agli sguardi straniti dei Thaisa.
Il giovane reggente era andato dritto al punto: aveva palesato al portavoce della tribù di essere intenzionato a sposare Eudiya, subito, senza attendere oltre e che la stima nei riguardi dell’uomo lo aveva indotto a ottenere prima il suo consenso formale, secondo la tradizione nomade e data la giovane età della ragazza.
Zheule si era girato verso di lei, sconcertato, e Eudiya era avvampata, facendosi più vicina alla madre, che stava osservando la scena con evidente commozione.
“La vostra proposta ci onora grandemente” aveva poi ribattuto con estrema deferenza “E’ un riguardo inaspettato e insperato, mio signore. Se mia figlia ricambia i vostri sentimenti, non sarò certo io ad oppormi”.
Lei aveva assentito, più con un cenno emozionato che con le parole e il bailye aveva moderato lo sguardo critico, intenerendosi nel vederla così agitata.
“Tornerò ad Erinna oggi stesso” aveva dichiarato il principe “E comunicherò la mia scelta al consiglio, che sarà ben lieto di disporre i preparativi necessari alla cerimonia. Mi scuso in anticipo, se richiederanno qualche settimana di tempo, ma essere il reggente di Elestorya comporta anche l’accettare alcuni aspetti formali per non scontentare troppo la corte”.
Il portavoce della tribù aveva immediatamente compreso che quel discorso elaborato era servito ad indicare che il reggente avrebbe dovuto prima placare le possibili riserve di chi avrebbe preferito che la futura moglie del sovrano appartenesse all’aristocrazia cittadina e non a quella nomade, perché esistevano ancora delle sacche di pregiudizio. Non nel popolo, ma in chi avrebbe dovuto governarlo.
“Non temete” aveva aggiunto Stelio con un sorriso, intercettando la sua espressione consapevole “Se avessi scelto di sposare Amathira in persona, qualcuno avrebbe comunque recriminato. Mia madre non ha mai avuto alcun titolo, eppure mio padre l’ha scelta tra mille e l’ha amata finché è vissuto. Io farò di più con vostra figlia. Lo farò anche dopo la mia morte”.
Eudiya aveva ascoltato la dichiarazione con trasporto, gli occhi scuri luccicanti di gioia e di fierezza immensa. Avrebbe voluto gettarsi al collo del giovane cui sarebbe appartenuta per sempre, ma si era dominata per riguardo al contesto.
“Vi ringrazio, mio sire” aveva ribattuto Zheule con un profondo inchino “Siete un uomo vero, ancor prima di essere il nostro reggente. Mia figlia non avrebbe potuto trovare un marito migliore di voi e non mi riferisco al vostro ruolo. Tuttavia, non posso consentire che Eudiya acceda a palazzo così priva di maniere formali e dell’educazione necessaria per tenere una condotta idonea al vostro fianco. Sarebbe sconveniente per voi. Dunque, permettetemi di prepararla adeguatamente, prima di celebrare definitivamente la vostra unione… pazientate ancora qualche mese”.
Un’ombra impercettibile era passata negli occhi verdissimi del principe, che tuttavia aveva mantenuto la sua fermezza.
 
E lei, anche ora che era sua moglie da ventisei anni e dopo tre figli, quanto amava il suo saper mantenere il sangue freddo, il suo essere risoluto, la sua capacità innata di conciliare anche l’impossibile!
Sapere che Stelio era al sicuro la rendeva meno irrequieta: Phylana e Kendeas l’avevano convinta, ma le mancava terribilmente tutto ciò che lui era, la metà di sé che gli aveva donato, ciò che aveva ricevuto in cambio. Quello era insostituibile.
 
Lei era impallidita alla notizia che forse avrebbe dovuto rimandare il matrimonio e aveva accennato a intervenire, ma il principe aveva sollevato una mano, facendole cenno di lasciarlo continuare.
“Se avessi voluto una sposa addestrata, sicuramente non sarei rimasto tanto affascinato da vostra figlia” aveva affermato con spirito “Pertanto, vi prego di non privarla di ciò che amo di lei e di lasciare che diventi mia moglie al più presto”.
Il portavoce dei Thaisa aveva sorriso, ma si era dichiarato irremovibile sulla necessità per lei di apprendere le regole della corte prima di qualsiasi altro passaggio.
La discussione avrebbe potuto continuare all’infinito. Eudiya conosceva il forte senso del dovere del padre, ma anche la sua ostinazione, sebbene in positivo.
Aveva visto il reggente in difficoltà, nonostante la sua determinazione, e aveva pensato di dovergli risparmiare l’umiliazione di confessare da ultimo il motivo per cui stesse provando in tutti i modi a persuadere Zheule che non c’erano ragioni per procrastinare. Stelio l’avrebbe sposata davanti a tutta la corte schierata anche con un pancione di nove mesi, ma non avrebbe permesso che fosse lei a pagare i pettegolezzi dei malpensanti. La stava tutelando a proprio discapito.
“Papà!” si era intromessa quindi con decisione “Con la sua insistenza, il principe sta solo cercando di proteggermi… e io voglio fare altrettanto con lui!”.
Il bailye si era voltato, sorpreso dalla sua affermazione categorica.
“Ma… Eudiya! Devi capire che…” aveva borbottato, seccato dall’interruzione.
“No, papà! Sei tu che non comprendi. Stelio non può rimandare e io neppure!”.
Zheule aveva strabuzzato gli occhi, avendola udita chiamare il reggente per nome e si era portato una mano alla fronte, desolato.
“Io vorrei davvero sapere perché tu devi sempre…” aveva sospirato.
“Perché sono incinta!”.
La notizia era deflagrata nell’aria con una potenza immane.
L’uomo era sbiancato brutalmente e lei per un attimo aveva pensato che stesse per avere un infarto. Persino sua madre l’aveva fissata, pietrificata.
Il principe, invece, si era limitato a guardarla con lieve, rassegnato rimprovero.
“La responsabilità è mia!” aveva rincarato lei “Non posso lasciare che l’uomo che amo mi faccia da scudo, quando sono io che l’ho voluto!”.
Il portavoce dei Thaisa aveva boccheggiato ancora per qualche istante, sconvolto. Poi, stranamente non si era messo a inveirle contro come si era aspettata.
“Quindi…” aveva farfugliato scombussolato “Oh, per le sacre sabbie… È un matrimonio riparatore quello che state per celebrare…”.
“Non lo è!” aveva esclamato lei, quasi con rabbia “Ciò che proviamo è reale. Ma il principe non desidera che, a causa mia, i Thaisa e la nostra famiglia vengano additati con maldicenza. E io non voglio che tutti pensino che l’ho incastrato in una situazione senza vie di fuga e che lui si sta prendendo una moglie che non ama!”.
“Eudiya, ti rendi conto…!?” aveva finalmente sbottato il capo tribù, sommamente adirato “So che ormai sei una donna e che puoi compiere le tue scelte personali, ma questo… questo…!!!”.
“Questo è solo amore, bailye” aveva mormorato Stelio con tenacia “Anche se, effettivamente, qualcosa a cui io devo porre rimedio ci sarebbe…”.
Lei aveva spalancato gli occhi e tutti si erano girati, senza comprendere, verso il giovane, che appariva calmo e sereno, nonostante il lieve rossore sul volto.
“Avrei dovuto chiedere la mano di vostra figlia il primo giorno che l’ho incontrata” aveva affermato lui, sorridendo “Ho sbagliato a non farlo allora, quindi sto ovviando ora. Perdonate la mia decisione tardiva e quanto ciò ha comportato”.
“Voi non dovete rammaricarvi, mio signore” aveva risposto l’uomo “Sono io che ho evidentemente mancato negli insegnamenti a mia figlia”.
“Adesso esageri, Zheule!” aveva esclamato la moglie del capo tribù, solenne “Dimentichi forse che, presso le nostre tende, uomini e donne sono uguali? Parleresti così se Eudiya fosse un maschio? Hai impartito le medesime regole sia a lei sia a Neyla e stai istruendo allo stesso modo anche il nostro piccolo Ilyon… Non sto dicendo che lei abbia agito con piena cognizione di causa, ma se il destino ha voluto che incontrasse così presto l’uomo della sua vita, tu dovresti rallegrartene!”.
“Tabetha…” aveva mormorato lui, placandosi.
“E tu, Eudiya…” aveva proseguito la donna “Devi imparare a pensare alle conseguenze delle tue azioni, soprattutto quando coinvolgono anche le altre persone. In particolare, ora che stai per diventare madre!”.
“Mamma…” aveva sussurrato lei, buttandosi grata tra le sue braccia.
“Voi, Zheule” aveva aggiunto Stelio con dolcezza “Avete fatto un ottimo lavoro con vostra figlia. E su questo non sono disposto a tollerare obiezioni”.
L’uomo aveva annuito, esprimendo la propria riconoscenza al sovrano.
 
Eudiya ricordò il volto raggiante del suo futuro marito, mentre rimontava in sella e le annodava al polso il laccio di cuoio ocra che portava tra i capelli, scusandosi per non avere altro da lasciarle. Lei, invece, gli aveva donato uno dei suoi bracciali con la pietra focaia, lo stesso che Stelio portava sempre con sé.
Azhulio li aveva fatti incontrare, Azhulio aveva impedito che si perdessero, Azhulio aveva gridato forte la propria felicità, volteggiando in cerchio sul cavallo del principe, che si allontanava al trotto con il giuramento che avrebbe mantenuto.
Era assolutamente certa che lo strik dagli occhi di metallo avrebbe fatto qualcosa di immenso anche per la sua Adara.
 
 
Aveva iniziato a piovere da qualche ora. Un’acqua gelida, che non riusciva a condensarsi in neve e ruscellava vischiosa e gelida sul ponte di coperta.
L’Amara avanzava sul Pelopi come un ariete, schierando a prua il suo rostro armato di creature marine, sfidando le onde crestate di bianco e il vento impetuoso.
Il galeone era costretto ad alambardare ripetutamente per mantenere la rotta stabilita e Dalian si era recato personalmente al timone, infagottato in una spessa cerata rossa. Da lì abbaiava di continuo ordini ai marinai, il primo dei quali era stato quello di assicurare il carico in vista di un eventuale peggioramento delle condizioni meteo.
Bicks appariva più ottimista riguardo alla burrasca che stavano attraversando, ma parimenti si aggrappava alle sartie e si sporgeva dalle alette per verificare eventuali problemi di navigazione. Anche sotto quello scroscio ghiacciato riusciva ad essere elegante e composta, come se nelle sue vene scorresse acqua di mare o appartenesse più all’oceano che alla terra.
Adara si trovava nella cabina dei suoi compagni e stava ascoltando i loro punti di vista, ovviamente discordanti, sull’opportunità di accettare l’invito rivoltole da Alyecc.
“Continuo a pensare che sia una pessima risoluzione!” brontolò Dare Yoon, appoggiato alla parete lignea di fondo, gettando un’occhiata veloce al mare vorticante dietro l’oblò “E se tu non sei d’accordo con me, Aethalas, significa che hai perso definitivamente il senno!”.
“Non ti sto dando torto” fece eco Narsas, seduto sul bordo della cuccetta “Penso solo che sia un’occasione da non sottovalutare, se adeguatamente sfruttata. Noi non sappiamo nulla del principe Anthos, neppure che aspetto abbia, mentre questo Alyecc forse lo conosce addirittura di persona e potrebbe fornirci alcuni dettagli utili”.
“E poi non mi ha invitata in camera sua, ma nel quadrato di poppa accanto agli alloggi degli ufficiali… sicuramente non saremo soli”.
“Secondo me vuole fare il cascamorto e basta! Ha capito che vi interessa l’argomento ed è pronto a propinarvi una batteria di fandonie, pur di catturare la vostra attenzione!  Non mi piace per niente!”
“Sei ingiusto, Dare Yoon, Alyecc è stato molto gentile con me. Nella stiva eravamo solo lui ed io e si è comportato da gentiluomo, oltre ad avermi aiutato con il mio cavallo ferito”.
“Certo! Si prendono più insetti con il miele che con le esche!” sentenziò il soldato.
Adara alzò gli occhi al cielo, sedendosi accanto a Narsas. Lui prese fiato, affaticato.
“Al di là dei proverbi” rispose serio “Condivido i timori di Dare Yoon, ma non in una misura tale da proibirti l’incontro. Penso che tu sia in grado di intuire una situazione a rischio e se ritieni che la cena non rientri nel genere, mi fido del tuo sesto senso”.
“Bravo!” ringhiò il soldato, piantandogli in faccia uno sguardo adirato “Il fatto che il Crescente si sia risvegliato per ben due volte in sua presenza non ti dice nulla?”.
“Abbassa la voce!” rimandò l’arciere, cauto “Sì, è vero. Conto anche su quello, infatti. Se l’Imis’eli dovesse farsi sentire, tu dovrai smarcarti immediatamente con una qualunque scusa. Promettimelo, Adara”.
“Su questo posso garantire” affermò la principessa, pensierosa.
Non capiva la reazione della mezzaluna. Non era stato né il dolore lancinante che l’aveva salvata dal crollo di Tasautia né quello vivido e più contenuto che aveva preceduto l’attacco dei kira. Era risultato più simile a un formicolio, un pizzicore fastidioso, che poi si era stranamente placato.
“Quindi a te sta bene che lei accetti un romantico tête-à-tête con un uomo misterioso che, palesemente, la corteggia?” riassunse Dare Yoon, caustico “Non ti capisco, Narsas!”.
“Alyecc non mi ha mai lasciato intendere un suo interessamento!” esclamò la ragazza, avvampando nel cogliere il senso della domanda.
“Ma andiamo…” ruminò l’ufficiale, serrando le braccia sul petto.
L’arciere lo guardò con durezza, serrando i pugni in grembo.
“Spiegati meglio, Dare Yoon. Su che cosa dovrei non essere d’accordo a parte l’eventuale azzardo, su cui mi sono già espresso?”.
Il soldato lo squadrò, soffermandosi sulla sua espressione sofferente ma illeggibile.
“Lasciamo perdere…” sbuffò rassegnato.
“L’ambiente riservato ai pasti non è privato” continuò Adara, ansiosa di diradare l’imbarazzante silenzio caduto dopo le parole terribilmente franche dell’ufficiale “Se proprio sei così in ansia, potresti salire anche tu in coperta per il desinare, Dare Yoon. Dopotutto, non hai più avuto problemi con il mal di mare”.
“Buona idea. Anzi!” contrattaccò Narsas con ironia “Potresti invitare Bicks per non startene lì a fissarli tutta la sera in cagnesco ed evitare di dare nell’occhio!”.
Il soldato spalancò gli occhi blu mezzanotte, perdendo buona parte della carica aggressiva a favore di un energico disagio.
Adara pensò che stesse cercando gli improperi adatti da scaricare sull’impudente guerriero del deserto, che comunque aveva risposto a tono alla sua chiara provocazione di poco prima. Si sentì responsabile dell’ambiguità del rapporto che si era instaurato tra lei e Narsas e che Dare Yoon aveva sottolineato più di una volta.
Non riusciva a chiarirsi con se stessa, figurarsi con il giovane arciere, che comunque si era dimostrato altrettanto riservato e non aveva mai palesato i propri pensieri. Non era ancora giunta a identificare i propri sentimenti per lui. Ciò che provava restava incomprensibile: non era una semplice amicizia, ma neppure si riteneva innamorata di lui. Se Narsas avesse compiuto il primo passo, forse…
“Perché no…” ribatté invece l’ufficiale, sfregandosi il mento, con aria ispirata.
Gli altri due si guardarono vicendevolmente, allibiti.
“Non fraintendetemi” precisò lui con enfasi “Quella donna non mi attira, ma mi sta tartassando da quando sono salito a bordo. Potrei cogliere due piccioni con una fava in questo modo…”.
“Non ti facevo così stratega” considerò Narsas, ancora sorpreso.
“E poi non mi sembra corretto prenderla in giro…” rimarcò la principessa.
Dare Yoon sghignazzò apertamente.
“Figuratevi, mia signora! Non credo che Bicks sia tipo da cuore infranto! Dovessi scommettere, direi che ha più esperienza di noi tre messi insieme! Sarò io quello in pericolo, dunque… forse anche più di voi!”.
“Lo credo anch’io” confermò l’arciere con un sorriso furtivo.
“Allora è deciso” concluse Adara.
   
 
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