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Autore: Corydona    14/07/2019    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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Il sole illuminava Zichi con i primi raggi che facevano capolino, quando Nuvola e Claudio uscirono insieme dal tempio, diretti al castello dei sovrani Estate. Una volta raggiunta la periferia della capitale, la sacerdotessa aveva mostrato all’altro l’esistenza di una via pavimentata che circondava la capitale e che conduceva al Castello di Scoglio.

Il giovane di Nilerusa trotterellava lentamente, guardandosi attorno, ammirando la frescura sotto gli alberi bassi che costeggiavano la via, ascoltando il cinguettio melodioso di qualche uccello sconosciuto. A un occhio esterno poteva sembrare un atteggiamento fanciullesco, quasi infantile, ma la verità era che recarsi al castello degli Estate sapendo che lì si trovava Tancredi Inverno lo agitava molto e cercava di scacciare dal suo animo quel sentimento di paura che poco prima, quando la decisione di inviare lui era stata presa, gli aveva attanagliato le viscere.

Tuttavia non aveva avuto alternativa: sacerdoti e sacerdotesse del Sole non uscivano mai senza un compagno dal tempio e Nuvola preferiva non rivelare chi ospitava nella propria stanza; che fossero Arturo o Flora a scortare la giovane era fuori da ogni logica, perché entrambi rischiavano di essere riconosciuti. Dunque Claudio era stato abbigliato degli stessi panni scuri ricamati in oro che avvolgevano la fanciulla senza potersi opporre, con l’unica speranza che il re di Defi non si ricordasse di lui; il fatto che lo avesse visto un’unica volta e da lontano poteva giovargli.

Davanti ai due sfrecciò una farfalla variopinta, che si fermò sulla corteccia di uno degli alberi piantati ai lati della pavimentazione. Il contadino ne fu affascinato: quelle che aveva sempre visto nel Defi erano di colori anonimi, o bianche o marroncine; e quella macchia accesa che gli era svolazzata davanti era per lui un’assoluta novità.

- Aspetta un attimo - disse a Nuvola. Si avvicinò lentamente a quell’albero dai rami verdeggianti in modo da non spaventare l’insetto, che mosse appena le ali di un rosso intenso. Claudio le guardò con attenzione, ammaliato dal disegno che recavano: quattro occhi ornavano tutte le parti di cui quelle erano composte. L’iride degli occhi in basso era di un azzurro scuro, come di un cielo in autunno, quando nel pomeriggio si sta per riversare la pioggia, circondate da una striscia nera, chiusa a sua volta da un alone cremoso. Quelli superiori avevano ancora più sfumature, da un giallo chiaro, come quello dell’astro che illumina il giorno, tanto sgargiante da poter accecare, all’indaco che si intravede tra i mille colori del tramonto.

Claudio ne rimase affascinato.

- Non avete farfalle così, nel nord? - gli chiese la sacerdotessa, con gentilezza.

- No - rispose lui, con un sorriso.

- Si chiama Alandra - gli spiegò Nuvola. - È di una specie particolare: si narra che un tempo le Alandre fossero fanciulle che vivevano nei boschi, trasformate così dal Sole per sfuggire a dei cacciatori che le inseguivano.

La farfalla volò via, allontanandosi dai due che la seguirono con lo sguardo; poi il giovane defico si riscosse e disse: - Andiamo, non perdiamo troppo tempo, altrimenti Arturo stavolta mi uccide davvero!

- Aspetta - lo fermò lei. Lui era avanzato già di qualche passo al pensiero dell’amico, ma tornò indietro. La fascia scura che gli ricopriva la fronte si era allentata e rischiava di cadere a terra, così la sacerdotessa gliela tolse e la sistemò di nuovo, nascondendogli i disordinati capelli scuri.

- Hai mai pensato di tagliarli? - domandò Nuvola. - Non deve essere molto agevole lavorare i campi con i capelli lunghi…

- Non lo sono così tanto, mi arrivano giusto alla spalla - spiegò Claudio, continuando a sorriderle.

- E poi piacciono alle ragazze!

Nuvola trattenne una risata. - Dipende dalle ragazze!

Continuarono a chiacchierare, instaurando un rapporto di complicità sempre più stretto passo dopo passo. Camminarono lungo la strada pavimentata, circondando la capitale che già si svegliava e da cui iniziavano a provenire i primi suoni del giorno.

Giunsero al lato opposto del golfo su cui affacciava Zichi dopo quasi un’ora. Un alto promontorio si ergeva, come uno scoglio in terraferma.

Nuvola diede le ultime raccomandazioni al compagno. - Non abbassare mai lo sguardo: ricorda che i nobili ci tengono in grande considerazione, ponendoci sul loro stesso livello. Tieni le spalle larghe e sii sicuro di te. Non parlare mai. Se ti domandano qualcosa, di’ che sei con i sacerdoti appena giunti dal nord e che ti trovi qui per preparare i riti del Sole del prossimo mese.

- Me l’hai ripetuto cento volte, ho capito - annuì Claudio, memore delle raccomandazioni lungo il percorso. Si stiracchiò, cercando di farsi coraggio, guardando quella che gli sembrava una montagna troppo bassa e fuori posto, poiché troppo vicina alla costa. - Mi stai dicendo che questa cosetta qui è il castello degli Estate? - domandò, perplesso. Si aspettava qualcosa di più sfarzoso, qualcosa che colpisse l’occhio.

La sacerdotessa mosse la testa in segno di diniego, appena percettibilmente. - No, è dentro.

Pronunciò l’ultima parola con un tono particolare, come se lo stesse mettendo a parte di un gran segreto. Gli fece cenno di incamminarsi al suo fianco, poi riprese, entrando in quella che si presentava come una grotta. Si trovavano ormai a ridosso del mare, l’odore di salsedine si insinuava nelle loro nari, mentre l’acqua inumidiva la roccia scura sotto il loro passo.

La spelonca si faceva sempre più scura a ogni metro, ma questo non impediva alla sacerdotessa di percorrerla spedita, mentre Claudio sentiva l’umidità avvolgerlo, attraversare quella veste ricamata, fino a insinuarsi sotto la sua pelle, tra i muscoli, nelle ossa. Arrivarono a un punto in cui il tragitto curvava e, non appena ebbero svoltato, il giovane di Nilerusa strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca, incredulo.

Davanti ai due si mostrava uno spazio aperto, illuminato dal sole, riparato da un cancello e da due guardie che vi sostavano in allerta. Al di là dell’inferriata si scorgevano un cortile verde, lo zampillare di qualche fontana e, più in lontananza, quella che sembrava una reggia.

- Tutto questo non è possibile… mormorò Claudio.

- Nelle ultime ore hai visto molte cose; sei sicuro che ci sia qualcosa di impossibile? - gli domandò lei, con un dolce sorriso a incurvarle le labbra.

Avanzarono ancora, fino a giungere alle due guardie, che esibivano lo stemma degli Estate: un giglio bianco su uno sfondo azzurro. Si inchinarono entrambe quando videro arrivare i sacerdoti e, senza aggiungere alcuna parola, spalancarono il cancello.

Nuvola cedette il passo all’altro, che si incamminò lungo il viale acciottolato, guardandosi intorno pieno di meraviglia. L’odore aspro di salsedine giungeva sin lì, ma era amalgamato con un altro aroma che non riusciva a riconoscere: vide degli alberi strani, con dei frutti arancioni, alcuni grandi come un pugno, altri grossi il doppio. Forse erano quelle piante singolari ad attenuare il penetrante profumo del mare.

Vide alcuni giardinieri affrettarsi da una parte all’altra per portare ristoro alla natura verdeggiante, in un mattino tiepido che lasciava presagire una calda giornata.

Nuvola lo guidò fino all’ingresso spalancato della reggia. Lì li attendeva un servitore, che si inchinò quasi fino al pavimento alla vista dei due sacerdoti.

- Vorremmo vedere il re - disse Nuvola, con un sorriso.

Anche Claudio sorrise, ma con meno convinzione: l’ultima cosa che lui desiderava era vedere il sovrano; non che lo conoscesse, ma, con molta probabilità, si trovava in compagnia di Tancredi Inverno.

Il servitore, un giovane dalla schiena diritta e i cortissimi capelli mori, li scortò attraverso un breve corridoio, ma prima di immetterli nella sala davanti a cui si era fermato, vi entrò egli stesso.

Claudio scambiò uno sguardo di intesa con la sacerdotessa, che annuì appena, come per incoraggiarlo. Lui, tuttavia, non si sentiva tranquillo: al di là di quella porta si trovava davvero Tancredi Inverno? Lo avrebbe riconosciuto? Quel bizzarro camuffamento era stato utile o no?

Non ebbe il tempo per darsi una risposta, perché il giovane uscì dalla sala, senza richiudersi la porta alle spalle.

- Vi attende.

Nuvola gli sorrise in segno di ringraziamento e varcò la soglia, seguita immediatamente dall’altro. Non era una sala del trono, come denotava l’assenza stessa dei troni, ma lo spazio era ampio, come se lo fosse stata in un tempo passato. Dalle finestre, poste su un solo lato, filtrava la luce solare, che rischiarava l’ambiente, già reso chiaro dalla mobilia dai colori delicati.

A un grande tavolo di legno chiaro sedevano due uomini dall’aspetto rispettabile, che sembravano essere stati interrotti nel mezzo di una conversazione urgente. A una prima occhiata si sarebbe potuto dire che si trattava di consanguinei, ma l’illusione era data dallo stesso mento squadrato, dalla bocca sottile e dalla barba che entrambi portavano molto corta.

Tuttavia, lo sguardo di uno dei due era severo, glaciale, come se non attendesse che una mossa falsa per biasimare l’altrui operato. La freddezza che si percepiva entrando nella sala lasciava intendere che fino a poco prima il tono del discorso fosse tutt’altro che pacifico.

Ma l’altro, quello a cui Tancredi Inverno si era rivolto con durezza fino all’annuncio dei sacerdoti, portava una corona di oro bianco sulla testa. Vittorio Estate posò gli occhi chiari sui due giovani e li invitò ad entrare con un solo gesto.

- Non vi attendevamo tanto presto - esordì. La sua voce era profonda, decisa; come se non fosse abituato a ricevere obiezioni.

- Non potevamo attendere - rispose Nuvola con tono gentile. - I preparativi sono molto lunghi e abbiamo bisogno dell’intera giornata per…

- Mia figlia è ancora nelle sue stanze - la interruppe re Vittorio. - Chiedete di essere accompagnati sin lì.

- Va bene - disse la fanciulla, con un sorriso lieve a ornarle le labbra. Si voltò verso Claudio e gli sussurrò di uscire fuori dalla sala. Non appena mossero il primo passo, vennero richiamati dalla voce del re Estate.

- Perdonatemi - si scusò. - Non voglio mancare di rispetto né al dio né ai suoi ministri. Ma ci sono affari urgenti di cui mi sto occupando.

- Non c’è stata nessuna offesa da parte vostra - gli sorrise ancora la sacerdotessa. - Un re ha sempre questioni importanti di cui occuparsi.

Il sovrano le rivolse l’ombra di un sorriso, prima di congedarli definitivamente con un altro gesto. I giovani uscirono dalla sala e il servitore, che li aveva attesi fuori, richiuse rapidamente l’uscio.

- Abbiamo il permesso del re per farci ricevere dalla principessa - disse Nuvola.

Claudio si sorprese nel sentire che il suo tono era lo stesso di quando aveva parlato poco prima, come se per lei avere a che fare con servi o re fosse la stessa cosa. La sua voce era dolce, armoniosa, celestiale, come se la devozione al Sole l’avesse resa simile a come una divinità dovrebbe essere.

Quello, senza proferire parola, si incamminò lungo il corridoio, che pareva illuminato dalla luce solare, nonostante l’assenza di finestre. La sacerdotessa lo seguì, mentre il giovane defico rimase alla porta della sala. Udì la voce del re Estate conferire con quella dell’Inverno, senza comprendere, in un primo momento, di cosa parlassero.

- Non posso permettermi di appoggiare una ragazzina che non ha idea come la situazione di quest’isola possa essere complicata! - esclamò re Vittorio.

- La Delle Foglie ha bisogno di noi - ribatté fermo Tancredi. - La corte potrebbe non accettarla, avere delle remore…
 

Chiara. Il pensiero di Claudio corse a lei, al suo viaggio verso il Pecama, dove ora si trovava anche lui. Era arrivata sana e salva? Franco era stato una buona guardia del corpo? Che cosa sarebbe successo tra lei e Gaetano, se fosse davvero diventata la regina delle Foglie Cadute?

- Potrebbe non essere la vera erede, potrebbe aver mentito!

- Chi mentirebbe al suo posto? Chi vorrebbe diventare regina di sudditi che potrebbero ucciderla?

Il cuore saltò un battito nell’udire l’ultima parola. Chi aveva interesse a uccidere Chiara? Non aveva avuto neanche il tempo di tornare al suo regno e già c’era qualcuno pronto a odiarla a tal punto? Sospirò cercando di calmarsi: c’era Franco con lei e lui era molto attento a qualsiasi cosa; di certo avrebbe saputo aiutarla in caso di pericolo.

- C’è un modo per essere certi che sia proprio lei?

L’Inverno indugiò, mentre Nuvola e il servitore sparirono dietro una svolta del corridoio. Claudio allora decise che era meglio lasciar perdere i due re e tornare dalla sacerdotessa. Non poteva rischiare di perdersi in un luogo che non conosceva e non sarebbe stata una buona idea farsi scoprire ad origliare dal padre di Flora.

Raggiunse il servitore e la fanciulla proprio quando si fermarono innanzi a un’altra porta chiusa. Nononostante l’apprensione per Chiara, non poteva negare di essere molto curioso di poter finalmente conoscere Stella Estate.

   
 
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