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Autore: Flaminia_Kennedy    26/07/2009    2 recensioni
Per la sesta volta in un giorno mi chiesi perché mi ero voluta trasferire a Forks, la zona più piovosa di tutto il continente americano.
Certo, non adoravo il sole di casa mia in Texas, ma nemmeno il perenne strato di nubi che nascondeva il cielo.
[...]
Ridacchiai, perché il volto di quel ragazzo dai capelli bruni e corti mi ispirava simpatia, un po’ come gli orsacchiotti che avevo nella mia vecchia camera a Dallas.
Quando l’auto, guidata da un ragazzo dai capelli ramati e sparati in aria, arrivò a pochi metri da me il ragazzone si infilò dentro la vettura, parlando concitatamente con il ragazzo vicino a lui.
Era un tipo dai capelli color miele e in quel momento il volto meraviglioso e pallido era contratto da una smorfia addolorata.
Genere: Azione, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jasper Hale, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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8.

Port Angeles

 

Il resto della lezione lo dovetti passare accanto a Mike Newton.

Mi scusai con lui per la mia reazione e lui si sciolse in un mare di giuggiole, assicurandomi che forse mi aveva stressato troppo.

Nonostante non mi avesse mai chiesto di andare al ballo con lui.

Io rimasi un tantino scioccata, ma non lo diedi a vedere; solo Jasper lo aveva notato e con il potere di cui mi aveva parlato durante il ritorno verso la classe tentò di tranquillizzarmi.

Io feci come quella volta in macchina, lo respinsi dolcemente e con uno sguardo gli feci capire che non ce n’era bisogno.

Raven, vicina al fratello, ridacchiò e guardò entrambi –prima me, poi il fratello– con una faccia tra l’intenerita e la maliziosa.

Non ero più sola, finalmente, lo potevo avvertire dal sorriso ora sempre presente, seppur invisibile, sulle labbra del biondo vampiro.

Notai con la coda dell’occhio che Jasper non stesse sbriciolando le foglie che il professore aveva consegnato assieme a una particolare soluzione salina, ma le stava letteralmente triturando.

Non stava guardando il suo lavoro, ma stava guardando me; i suoi occhi dorati erano incollati sul mio volto, o forse sul mio collo.

Ora che sapevo che lo attraevo sia fisicamente che sentimentalmente, molte cose che aveva fatto mi si erano spiegate.

Mi vergognai come una ladra, ripensando a quando era arrivato a salvarmi da Jacob, per così dire: doveva aver sentito ogni mio ago di dolore, doveva aver scandagliato minuziosamente quel nodo che sentivo in petto.

E doveva aver provato sulla propria pelle l’adrenalina che avevo avvertito io parecchie volte in sua presenza.

Finalmente la giornata finì e mentre mi andavo a sedere negli ultimi sedili dell’autobus, una mano fredda che avevo imparato a riconoscere subito mi si posò sulla spalla e mi spinse verso un gruppo di sedili sulla destra.

Mi sedetti vicino al finestrino, come sempre avevo adorato fare, e Jasper vicino a me.

Davanti avevamo Rosalie con Emmett e di fianco c’erano Edward e Raven.

Da quando avevo saputo che anche loro erano vampiri, mi sembrava di avere attorno quattro muri invisibili, pronti a proteggermi sia da pericoli esterni, sia da Jasper «non far caso a loro» mi sussurrò il vampiro all’orecchio, chinandosi leggermente verso di me «soprattutto a Edward. Quando sei con lui, non pensare a cose private» aggiunse e il fratello si voltò.

Forse si era sentito in chiamato in causa, forse anche lui aveva un potere simile a quello di Jasper. Il biondo ridacchiò e subito dopo Edward sbuffò contrariato «un giorno ti spiegherò un po’ più di cose. Per oggi non volevi andare a Port Angeles? » mi chiese e io mi voltai a guardarlo.

Dovevo abituarmi in fretta al suo viso perfetto e a quell’espressione solare che lo illuminava completamente «tu leggevi solo le emozioni o sbaglio? »

«ma tu parli nel sonno, cara».

Lo guardai con le sopracciglia aggrottate, cercando di combattere i due sentimenti che mi stavano nascendo dentro: l’enorme imbarazzo positivo in quanto lui mi avesse chiamata cara, e il gigantesco imbarazzo negativo riguardo alla prima parte della sua frase «tu sei stato a guardarmi…la notte? » chiesi e lui annuì, senza eliminare quel sorriso ammaliatore «ma sei uno stalker! » esclamai.

Tutti i Cullen risero e io avrei voluto seppellirmi, ma la sua risata, argentina e rassicurante, mi tranquillizzò senza bisogno del suo potere.

Mi sarei abituata presto alla sua presenza.

 

Arrivati nel parcheggio salutai tutti e montai sul mio pick-up, convinta che lo avrei rivisto l’indomani mattina a scuola; o almeno fu così finché non lo vidi aprirmi la portiera del passeggero della mia macchina e indicarmi il sedile «e questo cosa vorrebbe dire? » domandai, nascondendo la mia sorpresa dietro una facciata arrabbiata «secondo te ti ho rivelato il più grande segreto della mia vita solo per lasciarti andare via con un semplice ciao? Ti accompagno a Port Angeles» disse, con mezzo sorriso e con il sopracciglio alzato a cui non avrei mai resistito nemmeno se ci avessi provato.

Salii dalla parte del passeggero e infilai le chiavi nel quadro, poi aspettai –non che ci volle molto– che Jasper salisse sulla Toyota «mmm, comoda» disse, una volta seduto.

Io soffocai una risata e guardai fuori dal finestrino la jeep scura e la spider rossa allontanarsi e sparire nella direzione opposta alla nostra.

Lui accese il motore e con non-chalance fece inversione per uscire dal parcheggio.

Per arrivare fino a Port Angeles non ci mettemmo molto e una volta arrivati feci posteggiare Jasper nel parcheggio del centro commerciale.

Lui mi guardò con un’espressione indecifrabile, forse perché si era reso conto che sicuramente sarei stata molto tempo a osservare le vetrine –e se mi riusciva avrei anche comprato qualcosa–.

Io risi e scesi dalla macchina «sei un vampiro indistruttibile no? Resisterai a qualche minuto di shopping insieme alla tua ragazza» dissi felice e Jasper scrollò la testa «io ho per caso detto che sei la mia ragazza? ».

Sperai che stesse scherzando, perché mi voltai con una faccia che era tutta un programma; ma sapevo che mi stava prendendo in giro e lui l’aveva letto nelle mie emozioni «sei la mia droga, te l’ho già detto. Di una ragazza posso farne anche a meno, della mia polverina bianca no» e si avvicinò abbracciandomi la vita per un braccio.

Doveva avere veramente un contegno eccezionale, se arrivava a starmi così vicino senza soccombere all’odore del mio sangue.

Rabbrividii per il contatto diretto con il suo corpo freddo, ma non mi staccai; iniziai a camminare verso il centro commerciale «almeno mi permetterai di pagarti una cena, dopo» mi disse lui «è un secolo che non ne ho bisogno, ma mi ricordo ancora che voi piccoli e fragili umani avete bisogno di mangiare» e detto questo mi scompigliò i capelli corti e scuri.

Io alzai le spalle «se proprio ci tieni possiamo fare un salto da McDonald e prendere qualcosa di veloce» «no, no. Io intendo una cena vera in un ristorante».

Rimasi colpita, ma lui non diede segni di cedimento. Volle a tutti i costi portarmi nel più lussuoso ristorante di Port Angeles.

Passammo –o meglio, passai– tutta la sera a scegliere un vestito che avrei poi indossato a quella specie di primo appuntamento e Jasper non fu molto d’aiuto: ad ogni abito che provavo –che fossero jeans e camicetta o un vestito di Christian Dior– lui mi assicurava che ero la bellezza fatta persona.

Alla fine non comprai nulla.

Se per lui andavo bene con maglione e pantaloni, mi avrebbe avuta così per il resto della serata.

Una arrivati nel ristorante il biondo vampiro pagò anticipatamente e mi guidò fino a un tavolo per due, in fondo alla sala e vicino alle finestre.

Quella specie di tavola calda per ricchi era a pochi passi dal molo della città e attraverso il vetro pulito potei vedere il mare illuminato da una luna sempre velata dalle nuvole «spero sia di tuo gradimento» mi disse Jasper con un’espressione soddisfatta.

Il mio sguardo vagò sulle tende di ottima fattura, dai tavoli di legno lucidato a specchio fino alle sedie dello stesso identico colore, con il tessuto copricuscino in abbinamento al colore predominante del locale.

Ovvero un delicato giallo ocra.

Io lo guardai stupita che fosse così tranquillo in posto di lusso come quello, ma poi mi ricordai che aveva ben più degli anni che dimostrava e che, probabilmente, posti così ne aveva visti a bizzeffe «è meraviglioso…grazie» borbottai, prendendo fuoco.

Lui si chinò in avanti e mi fece segno di avvicinarmi con un paio di dita.

Io gli obbedii, come se avesse collegato il mio viso alla sua mano con un filo invisibile, e mi portai in avanti sul tavolo «se non la smetti di arrossire rischio veramente di saltarti addosso, se non per morderti almeno per lasciarti un bacetto sul collo» mi sussurrò con il suo ormai famoso sopracciglio alzato.

Io mi tirai indietro di scatto, guardandolo offesa, ma lui mi ridacchiò contro e si appoggiò alla sedia con galanteria.

Tutto di lui mi aveva suggerito che non era proprio contemporaneo e ora che sapevo la verità, provai a immaginarmelo in un luogo diverso, sia del tempo che dello spazio. Sicuramente nel sud degli Stati Uniti, a sentire dal suo accento meridionale.

La serata passò piacevolmente, con Jasper che un po’ rispondeva alle mie domande e un po’ me ne faceva. Fu una serata divertente da una parte, soprattutto quando lui mi chiese se mai avessi avuto paura di qualcosa «certo! » gli dissi «ho paura delle altezze».

Lui si era messo a ridere, cincischiando su quanto fossi strana «non hai paura di me, ma hai paura di fare un paio di metri lontana dal terreno».

Gli spiegai che non c’era niente di spaventoso in lui e che avevo sofferto le pene dell’inferno per giungere a Forks in aereo.

Fu una serata interessante dall’altra, quando chiesi a Jasper perché mangiava se non ne aveva bisogno «beh, devo pur fingere di essere vivo o no? » mi rispose, afferrando una forchettata di spaghetti all’amatriciana e divorandola in un secondo «visto? » mi disse, dopo aver ingoiato senza alcuna fatica «il tuo corpo per funzionare ha bisogno di vitamine e sali minerali, giusto? Non c’è nessuna differenza se li assumi attraverso un piatto di pasta o delle pasticche. Per noi le pasticche sono i tuoi piatti di pasta» e detto ciò aveva divorato un’altra forchettata di spaghetti.

Il discorso sangue volò alto sulla nostra conversazione, ma rimase sempre nelle nostre teste.

Alla fine, quando ebbi la pancia e la testa stracolmi, decisi che era meglio ritornare a casa, prima che qualcuno notasse la mia assenza «è meglio che guidi io anche questa volta» mi disse Jasper «mi sembri troppo assonnata per guidare».

In effetti, con lo stomaco pieno di lasagne, pasta, vini pregiati e torta paradiso avevo iniziato a sentire una leggera sonnolenza.

Jasper salutò garbato il capo cameriere, lasciandogli una bella mancia, e mi accompagnò alla macchina.

L’aria in strada era frizzante e dall’odore premoniva pioggia; salii in auto con uno sbuffo stanco «è stata proprio una bella serata» dissi tra me e me, mentre Jasper sedeva al posto di guida.

Il mio cuore aveva trovato finalmente un po’ di pace da tutta la confusione che aveva provato fino a quel momento e inconsciamente ringraziai il vampiro accanto a me.

Se non fosse mai esistito, io non avrei potuto vivere.

 

 

Risposte ai commenti:

Norine: Sarah durante la discussione lo chiama Jasper Cullen, così lui la riprende, dicendole che si chiama Jasper Hale, non Cullen.

Sa chan: visto? Non ti ho delusa anche stavolta XD Tempo record e capitolo lunghino e romantico. Il primo di una lunga serie si spera :3

   
 
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