8.
Port
Angeles
Il
resto
della lezione lo dovetti passare accanto a Mike Newton.
Mi
scusai con
lui per la mia reazione e lui si sciolse in un mare di giuggiole,
assicurandomi
che forse mi aveva stressato troppo.
Nonostante
non mi avesse mai chiesto di andare al ballo con lui.
Io
rimasi un
tantino scioccata, ma non lo diedi a vedere; solo Jasper lo aveva
notato e con
il potere di cui mi aveva parlato durante il ritorno verso la classe
tentò di
tranquillizzarmi.
Io
feci come
quella volta in macchina, lo respinsi dolcemente e con uno sguardo gli
feci
capire che non ce n’era bisogno.
Raven,
vicina
al fratello, ridacchiò e guardò entrambi
–prima me, poi il fratello– con una
faccia tra l’intenerita e la maliziosa.
Non
ero più sola, finalmente, lo
potevo avvertire dal sorriso ora sempre presente, seppur invisibile,
sulle
labbra del biondo vampiro.
Notai
con la coda dell’occhio che
Jasper non stesse sbriciolando le foglie che il professore aveva
consegnato
assieme a una particolare soluzione salina, ma le stava letteralmente
triturando.
Non
stava guardando il suo
lavoro, ma stava guardando me; i suoi occhi dorati erano incollati sul
mio
volto, o forse sul mio collo.
Ora
che sapevo che lo attraevo
sia fisicamente che sentimentalmente, molte cose che aveva fatto mi si
erano
spiegate.
Mi
vergognai come una ladra,
ripensando a quando era arrivato a salvarmi da Jacob, per
così dire: doveva
aver sentito ogni mio ago di dolore, doveva aver scandagliato
minuziosamente
quel nodo che sentivo in petto.
E
doveva aver provato sulla
propria pelle l’adrenalina che avevo avvertito io parecchie
volte in sua
presenza.
Finalmente
la giornata finì e
mentre mi andavo a sedere negli ultimi sedili dell’autobus,
una mano fredda che
avevo imparato a riconoscere subito mi si posò sulla spalla
e mi spinse verso
un gruppo di sedili sulla destra.
Mi
sedetti vicino al finestrino,
come sempre avevo adorato fare, e Jasper vicino a me.
Davanti
avevamo Rosalie con
Emmett e di fianco c’erano Edward e Raven.
Da
quando avevo saputo che anche
loro erano vampiri, mi sembrava di avere attorno quattro muri
invisibili,
pronti a proteggermi sia da pericoli esterni, sia da Jasper «non
far caso a loro»
mi sussurrò il vampiro all’orecchio,
chinandosi leggermente verso di me «soprattutto
a Edward. Quando sei con lui, non pensare a cose private»
aggiunse e il fratello si voltò.
Forse
si era sentito in chiamato
in causa, forse anche lui aveva un potere simile a quello di Jasper. Il
biondo
ridacchiò e subito dopo Edward sbuffò contrariato
«un
giorno ti spiegherò un po’ più
di cose. Per oggi non volevi andare a Port Angeles? »
mi chiese e io mi voltai a
guardarlo.
Dovevo
abituarmi in fretta al suo
viso perfetto e a quell’espressione solare che lo illuminava
completamente «tu
leggevi solo le emozioni o
sbaglio? »
«ma
tu parli nel sonno, cara».
Lo
guardai con le sopracciglia aggrottate,
cercando di combattere i due sentimenti che mi stavano nascendo dentro:
l’enorme
imbarazzo positivo in quanto lui mi avesse chiamata cara, e il
gigantesco
imbarazzo negativo riguardo alla prima parte della sua frase «tu
sei stato a guardarmi…la
notte? »
chiesi e lui annuì, senza eliminare quel sorriso
ammaliatore «ma
sei uno stalker! »
esclamai.
Tutti
i Cullen risero e io avrei
voluto seppellirmi, ma la sua risata, argentina e rassicurante, mi
tranquillizzò senza bisogno del suo potere.
Mi
sarei abituata presto alla sua
presenza.
Arrivati
nel parcheggio salutai
tutti e montai sul mio pick-up, convinta che lo avrei rivisto
l’indomani
mattina a scuola; o almeno fu così finché non lo
vidi aprirmi la portiera del
passeggero della mia macchina e indicarmi il sedile «e
questo cosa vorrebbe dire? »
domandai, nascondendo la mia
sorpresa dietro una facciata arrabbiata «secondo
te ti ho rivelato il più grande segreto della
mia vita solo per lasciarti andare via con un semplice ciao? Ti
accompagno a
Port Angeles»
disse, con mezzo sorriso e con il sopracciglio alzato
a cui non avrei mai resistito nemmeno se ci avessi provato.
Salii
dalla parte del passeggero
e infilai le chiavi nel quadro, poi aspettai –non che ci
volle molto– che
Jasper salisse sulla Toyota «mmm,
comoda»
disse, una volta seduto.
Io
soffocai una risata e guardai
fuori dal finestrino la jeep scura e la spider rossa allontanarsi e
sparire
nella direzione opposta alla nostra.
Lui
accese il motore e con
non-chalance fece inversione per uscire dal parcheggio.
Per
arrivare fino a Port Angeles
non ci mettemmo molto e una volta arrivati feci posteggiare Jasper nel
parcheggio del centro commerciale.
Lui
mi guardò con un’espressione
indecifrabile, forse perché si era reso conto che
sicuramente sarei stata molto
tempo a osservare le vetrine –e se mi riusciva avrei anche
comprato qualcosa–.
Io
risi e scesi dalla macchina «sei
un vampiro indistruttibile
no? Resisterai a qualche minuto di shopping insieme alla tua ragazza»
dissi felice e Jasper scrollò la
testa «io
ho per caso detto che sei la mia ragazza? ».
Sperai
che stesse scherzando, perché
mi voltai con una faccia che era tutta un programma; ma sapevo che mi
stava
prendendo in giro e lui l’aveva letto nelle mie emozioni «sei
la mia droga, te l’ho già
detto. Di una ragazza posso farne anche a meno, della mia polverina
bianca no»
e si avvicinò abbracciandomi la
vita per un braccio.
Doveva
avere veramente un
contegno eccezionale, se arrivava a starmi così vicino senza
soccombere all’odore
del mio sangue.
Rabbrividii
per il contatto
diretto con il suo corpo freddo, ma non mi staccai; iniziai a camminare
verso
il centro commerciale «almeno
mi permetterai di pagarti una cena, dopo»
mi disse lui «è
un secolo che non ne ho
bisogno, ma mi ricordo ancora che voi piccoli e fragili umani avete
bisogno di
mangiare»
e detto questo mi scompigliò i capelli corti e scuri.
Io
alzai le spalle «se
proprio ci tieni possiamo fare
un salto da McDonald e prendere qualcosa di veloce»
«no,
no. Io intendo una cena vera in un ristorante».
Rimasi
colpita, ma lui non diede
segni di cedimento. Volle a tutti i costi portarmi nel più
lussuoso ristorante
di Port Angeles.
Passammo
–o meglio, passai– tutta
la sera a scegliere un vestito che avrei poi indossato a quella specie
di primo
appuntamento e Jasper non fu molto d’aiuto: ad ogni abito che
provavo –che fossero
jeans e camicetta o un vestito di Christian Dior– lui mi
assicurava che ero la
bellezza fatta persona.
Alla
fine non comprai nulla.
Se
per lui andavo bene con
maglione e pantaloni, mi avrebbe avuta così per il resto
della serata.
Una
arrivati nel ristorante il
biondo vampiro pagò anticipatamente e mi guidò
fino a un tavolo per due, in
fondo alla sala e vicino alle finestre.
Quella
specie di tavola calda per
ricchi era a pochi passi dal molo della città e attraverso
il vetro pulito
potei vedere il mare illuminato da una luna sempre velata dalle nuvole «spero
sia di tuo gradimento»
mi disse Jasper con un’espressione
soddisfatta.
Il
mio sguardo vagò sulle tende
di ottima fattura, dai tavoli di legno lucidato a specchio fino alle
sedie
dello stesso identico colore, con il tessuto copricuscino in
abbinamento al colore
predominante del locale.
Ovvero
un delicato giallo ocra.
Io
lo guardai stupita che fosse
così tranquillo in posto di lusso come quello, ma poi mi
ricordai che aveva ben
più degli anni che dimostrava e che, probabilmente, posti
così ne aveva visti a
bizzeffe «è
meraviglioso…grazie»
borbottai, prendendo fuoco.
Lui
si chinò in avanti e mi fece
segno di avvicinarmi con un paio di dita.
Io
gli obbedii, come se avesse
collegato il mio viso alla sua mano con un filo invisibile, e mi portai
in
avanti sul tavolo «se
non la smetti di arrossire rischio veramente di
saltarti addosso, se non per morderti almeno per lasciarti un bacetto
sul collo»
mi sussurrò con il suo ormai
famoso sopracciglio alzato.
Io
mi tirai indietro di scatto,
guardandolo offesa, ma lui mi ridacchiò contro e si
appoggiò alla sedia con
galanteria.
Tutto
di lui mi aveva suggerito
che non era proprio contemporaneo e ora che sapevo la
verità, provai a
immaginarmelo in un luogo diverso, sia del tempo che dello spazio.
Sicuramente
nel sud degli Stati Uniti, a sentire dal suo accento meridionale.
La
serata passò piacevolmente,
con Jasper che un po’ rispondeva alle mie domande e un
po’ me ne faceva. Fu una
serata divertente da una parte, soprattutto quando lui mi chiese se mai
avessi
avuto paura di qualcosa «certo!
»
gli dissi «ho
paura delle altezze».
Lui
si era messo a ridere,
cincischiando su quanto fossi strana «non
hai paura di me, ma hai paura di fare un paio di
metri lontana dal terreno».
Gli
spiegai che non c’era niente
di spaventoso in lui e che avevo sofferto le pene
dell’inferno per giungere a
Forks in aereo.
Fu
una serata interessante dall’altra,
quando chiesi a Jasper perché mangiava se non ne aveva
bisogno «beh,
devo pur fingere di essere
vivo o no? »
mi rispose, afferrando una forchettata di spaghetti
all’amatriciana e divorandola in un secondo «visto?
»
mi disse, dopo aver ingoiato senza alcuna fatica «il
tuo corpo per funzionare ha
bisogno di vitamine e sali minerali, giusto? Non
c’è nessuna differenza se li
assumi attraverso un piatto di pasta o delle pasticche. Per noi le
pasticche
sono i tuoi piatti di pasta»
e detto ciò aveva divorato un’altra forchettata di
spaghetti.
Il
discorso sangue volò alto
sulla nostra conversazione, ma rimase sempre nelle nostre teste.
Alla
fine, quando ebbi la pancia
e la testa stracolmi, decisi che era meglio ritornare a casa, prima che
qualcuno
notasse la mia assenza «è
meglio che guidi io anche questa volta»
mi disse Jasper «mi
sembri troppo assonnata per
guidare».
In
effetti, con lo stomaco pieno
di lasagne, pasta, vini pregiati e torta paradiso avevo iniziato a
sentire una
leggera sonnolenza.
Jasper
salutò garbato il capo
cameriere, lasciandogli una bella mancia, e mi accompagnò
alla macchina.
L’aria
in strada era frizzante e
dall’odore premoniva pioggia; salii in auto con uno sbuffo
stanco «è
stata proprio una bella serata»
dissi tra me e me, mentre Jasper
sedeva al posto di guida.
Il
mio cuore aveva trovato
finalmente un po’ di pace da tutta la confusione che aveva
provato fino a quel
momento e inconsciamente ringraziai il vampiro accanto a me.
Se
non fosse mai esistito, io non
avrei potuto vivere.
Risposte
ai commenti:
Norine: Sarah
durante la
discussione lo chiama Jasper Cullen, così lui la riprende,
dicendole che si chiama
Jasper Hale, non Cullen.
Sa chan:
visto? Non ti ho delusa
anche stavolta XD Tempo record e capitolo lunghino e romantico. Il
primo di una
lunga serie si spera :3