Videogiochi > Danganronpa
Segui la storia  |       
Autore: ChrisAndreini    27/07/2019    1 recensioni
Misaki pensava che quello sarebbe stato l'inizio del più bel capitolo della sua vita, invece si trova catapultata in un incubo dal quale non vede via d'uscita.
Un hotel a 5 stelle isolato dal mondo, 16 studenti di enorme talento, un orso pazzo telecomandato da non si sa chi, tantissime regole che possono farti ammazzare e una sola che è davvero importante: Se vuoi uscire devi uccidere. E attento a non farti beccare.
Tra eventi con gli amici, freetime, omicidi, class-trial e moventi sempre più pericolosi, Misaki dovrà fare del suo meglio per restare in vita e proteggere le persone più care.
Ma attenzione, le apparenze raramente si rivelano realtà.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Monobear, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Danganronpa: Offsite

 

Prologue: The Curtain opens

 

La Hope’s Peak Academy. Un sogno che Misaki Ikeda non avrebbe mai creduto possibile.

Non che fosse priva di talento o lì solo per un colpo di fortuna, anzi, di talento ne aveva parecchio, ma essendo sorella di una ragazza dell’ultimo anno che rispondeva al nome di Ultimate Mentalist più di quanto rispondesse quando la chiamavano Ritsuko, ed era sempre stata considerata la più talentuosa della famiglia, Misaki aveva sempre pensato di non essere all’altezza di rientrare nella cerchia dei fortunati prescelti.

Eppure, eccola lì, membro ufficiale della classe 77-B, e già in lizza per uno scambio culturale con una delle succursali estere, sicuramente quella americana. Era sempre stata eccezionale nelle lingue, pur non essendo il suo talento principale, anche se forse sarebbe stato più dignitoso, per certi versi, rispetto a quello ufficiale.

Rimase a rimirare per qualche secondo, estasiata, il profilo sontuoso dell’edificio, e sobbalzò quando una ragazza più grande di lei le cinse il collo, prendendola di sorpresa.

-Sorellina, ti sei incantata? Guarda che se non ti sbrighi farai tardi alla cerimonia- la incoraggiò sua sorella, iniziando a trascinarla dentro l’edificio.

-Arrivo, arrivo. Mi stavo solo godendo il momento. Sembra troppo bello per essere vero- le sorrise Misaki, facendosi trascinare e continuando a fissare l’edificio con occhi a cuore.

Ritsuko ridacchiò.

-Mi fa davvero strano vederti così felice di andare a scuola. Guarda che alla fine non è niente di speciale. È solo una scuola come un altra, solo con gente parecchio strana- alzò le spalle, cercando di placare la sua, a suo parere esagerata, eccitazione.

-Ma lo sai che amo la gente particolare- Misaki si eccitò solo di più.

Ritsuko scosse la testa -Visto il tuo talento non me ne stupisco. Sono certa che ti farai degli ottimi ricordi e parecchi amici- commentò ottimista -Anche se un po’ mi dispiace che potresti trasferirti presto in America- aggiunse poi, un po’ incerta.

-Più amici da fare!- esclamò Misaki, che al contrario era ogni secondo più eccitata all’idea di tutto ciò che l’aspettava oltre quella porta.

-Ovviamente- Ritsuko alzò gli occhi al cielo. Conosceva bene la sorella, il suo entusiasmo esagerato non la stupiva più, ormai -Sbrigati che devo finire il mio an…- 

Ma Misaki non riuscì a recepire l’ultima parola.

Perché nel momento stesso in cui, trascinata dalla sorella maggiore, mise piede nell’edificio, il vuoto l’avvolse completamente, e poi il buio.

Quello che sarebbe dovuto essere l’inizio della più straordinaria esperienza della sua vita si trasformò presto nel peggiore dei suoi incubi.

 

Quando riaprì gli occhi, le sembrarono essere passati anni. Era intontita, la testa le pulsava terribilmente, e sentiva un pessimo sapore in bocca. Sollevò con difficoltà la mano destra e se la portò sulla fronte, cercando di alleviare il dolore e controllando che non avesse la febbre. Sembrava di no.

Lentamente cercò di ricordare cosa potesse essere successo, ma per quanto sforzasse la memoria, l’ultimo suo ricordo era di entrare alla Hope’s Peak Academy trascinata da sua sorella, niente di più e niente di meno. L’unico risultato che ottenne, quindi, fu di aumentare il mal di testa.

Decise di lasciar perdere, e iniziò a guardarsi intorno, sempre rimanendo sdraiata in quello che sembrava un comodo divano in una saletta con televisione, una telecamera poco discreta e un tavolino in un angolo. Il tutto condito con dettagli decisamente lussuosi tra cui due tende rosse accanto alla televisione e delle finestre… completamente sprangate.

Forse era svenuta e l’avevano portata lì, ma perché era sola? E perché non era in infermeria? Sembrava quasi il salottino privato di qualcuno, era parecchio strano. Ed ancora più strane erano quelle finestre coperte.

Misaki non si sentiva ancora in grado di alzarsi, perciò si osservò, sperando di non trovare niente fuori posto, ma era vestita esattamente come era entrata: camicia bianca a maniche corte, cravattino a fiocco e gonna blu, calze azzurre e delle scarpe stringate scure.

Anche il suo centinaio di bracciali dell’amicizia erano al loro posto sui suoi avambracci, e non sembrava mancarne nessuno.

Diede un’occhiata di troppo al bracciale di lacci con un ciondolo a cuore che teneva in un posto speciale più in alto sul braccio, poco sotto la spalla, ma non sembrò trovare assolutamente nulla fuori posto. Anche i capelli castani, sciolti con qualche treccina legata con ulteriori braccialetti dell’amicizia, erano normali.

Eppure, lei si sentiva strana, diversa da poche ore prima, e molto confusa.

Riuscì a trovare la forza per mettersi a sedere e guardarsi intorno, ma la tensione che provava da quando si era svegliata non fece che aumentare. C’era sicuramente qualcosa che non andava in lei, e in quel posto. Perché sua sorella non era con lei? Ritsuko era parecchio protettiva, non l’avrebbe lasciata sola se fosse svenuta senza motivo. Ma era davvero svenuta? Stava benissimo fino a poco prima. Ed era davvero all’accademia? Non sembrava come la sorella gliel’aveva descritta.

La telecamera e le finestre erano le cose che più la inquietavano, e le osservò preoccupata, torturandosi le mani e riflettendo su cosa fare.

Chiuse gli occhi per qualche secondo per riordinare le idee, ed elaborò un piano su come agire: doveva uscire da lì, esplorare con discrezione ed eventualmente chiedere aiuto.

Ma prima di poterlo mettere in pratica, un annuncio inaspettato proveniente dallo schermo della televisione e dagli altoparlanti ad essa collegata la fece sobbalzare di scatto.

-Ben svegliati, studenti, ben svegliati. Recatevi nella hall immediatamente per la cerimonia di accoglienza- la voce dell’annuncio era squillante e quasi fastidiosa ad udirsi, ma almeno le aveva dato qualche informazione.

Misaki si alzò, le gambe ancora tremanti e poco reattive, e lentamente iniziò a dirigersi fuori dalla stanza, anche se non aveva la minima idea di dove potesse essere la hall, ed era anche piuttosto confusa dall’uso del termine.

Fu solo raggiunta la porta che si rese conto di un fatto ancora più preoccupante, che non aveva idea di come potesse esserle sfuggito.

La voce aveva parlato in inglese, e lei non solo l’aveva capito alla perfezione, come se fosse la sua seconda lingua, ma non se n’era neanche del tutto accorta, come se ormai ci fosse abituata. Ma non era possibile. Era brava in inglese, ma non aveva mai nessuno con cui parlarci, a casa. E poi, teoricamente, doveva essere in Giappone, a casa sua, in quel momento. Perché all’improvviso alla Hope’s Peak Academy parlavano inglese?

Rimase con la mano sulla maniglia per almeno un minuto, cercando di capire cosa stesse succedendo, ma alla fine si arrese alla realtà dei fatti: non lo avrebbe scoperto stando lì, perciò si decise ad uscire, e raggiungere la hall, che, con sua grande fortuna, scoprì essere proprio oltre la porta, perciò almeno non doveva esplorare e non rischiava di perdersi. 

Purtroppo, capì anche perché la voce acuta degli altoparlanti l’aveva chiamata “hall”. E la sua confusione non fece che aumentare notando di non essere affatto nella sua scuola. Beh, in nessuna scuola.

Era chiaramente all’ingresso di quello che sembrava un hotel piuttosto lussuoso. 

E davanti a lei c’erano una decina di ragazzi di circa la sua età o poco più grandi, che si girarono a guardarla all’erta, e sembravano confusi e spaesati quanto lei.

Beh, quasi tutti.

Sentendo tutti quegli sguardi addosso, Misaki si fece piccola piccola, ma accennò un sorriso. Dopotutto, il suo talento l’aiutava parecchio in quel genere di situazioni, con tante facce sconosciute. Salutò con un cenno tutti quanti, ma non sapeva bene che lingua usare, ad essere sincera.

-Un’altra studentessa della Hope’s Peak Academy?- indagò incuriosita una ragazza con i capelli verdi legati in una treccia, occhi blu e occhiali tondi alla Harry Potter. Era vestita con un maglione color tanno che le lasciava scoperte le spalle, una gonna marrone  con scarpe in tinta e delle lunghe collant nere. Portava inoltre una borsa a tracolla e una matita dietro l’orecchio.

Alla sua domanda, Misaki sembrò riavere speranza, e annuì.

Certo, la ragazza aveva parlato inglese, e quello non si spiegava, ma aveva anche nominato la Hope’s Peak, e quindi Misaki non era l’unica che teoricamente avrebbe dovuto essere lì.

-Sì, mi chiamo Misaki Ikeda… ma… ecco… dovrei essere in Giappone… al momento- confessò, stupendosi della sua perfetta pronuncia e dalla naturalezza con cui stava parlando, almeno la lingua.

Una ragazzina mingherlina dai capelli biondi legati in una coda alta e tenuti fermi da un fiocco rosso e oro, occhi verde acqua, anch’essi circondati da occhiali larghi molto più alla moda, vestita come una studentessa di Hogwarts di Grifondoro con numerose spille di altre strane opere sul petto alzò di scatto la testa da alcuni depliant su un tavolo che stava analizzando e si rivolse a Misaki, entusiasta.

-Sei giapponese? Ti piacciono gli anime? Io ne ho visti a bizzeffe! Anche se i miei preferiti sono i film dello studio Ghibli e Sun Witch Esper Ito!- iniziò a fangirlare. Tra tutti sembrava quella meno toccata dalla confusa situazione.

Misaki cercò di adattarsi e le rispose con sincerità, riflettendo sulla domanda.

-Sì, sono giapponese. Non sono una grande esperta di anime, ma adoro quelli dello studio Ghibli e in generale i film piuttosto delle serie. Tipo Your Name- ammise, trovando il discorso davvero utile per distrarsi.

-Ottimi gusti, sorella! Mi chiamo Sophie Wilkinson, Ultimate Fangirl- si complimentò e presentò la bionda, con un occhiolino e stringendole con vigore la mano.

-Vi pare davvero il momento di pensare a stupidi cartoni animati? Per caso tu hai idea del perché siamo qui? Anzi, neanche te lo chiedo. Pensi persino di stare in Giappone- le interruppe un ragazzo dai capelli biondo scuro sistemati in un ciuffo, occhi ambrati, occhiali rigidi e giacca elegante. Indossava una sciarpa di seta. Sembrava uno snob ricco figlio di papà con la puzza sotto al naso, e squadrò Misaki con sguardo critico e di superiorità.

-In effetti non ne ho idea. Questa dovrebbe essere la succursale americana?- chiese Misaki, rivolgendosi un po’ a tutti.

-Teoricamente, ma non credo lo sia. A me sembra quasi più un hotel- commentò un po’ incerta una ragazza un po’ in carne che era spaparanzata su un divanetto. Aveva i capelli viola legati a ciuffo d’ananas in alto sulla testa, gli occhi verde oliva e una spruzzata i lentiggini sul volto. Indossava una maglietta alla marinara gialla a maniche corte, due polsini rispettivamente verde e rosa acceso, dei pantaloni a mezza gamba blu e scarpe da ginnastica dai lacci di colore diverso e che si abbinavano ai polsini. Uno stile eccentrico per una ragazza dalla personalità eccentrica.

-Complimenti Sherlock, sono certo che sei la Ultimate Detective- la prese in giro in tono sarcastico il biondino con gli occhiali.

-A dire il vero sono la Ultimate Comedian, ma grazie del complimento- rispose, ironica, la ragazza, e lui alzò gli occhi al cielo.

-Che talento stupendo!- si complimentò Misaki. -Come ti chiami?- chiese poi, rendendosi conto di non averlo chiesto a nessuno.

-Cheyenne Chapman. Puoi chiamarmi Chap, lo fanno un po’ tutti, oppure Chey-Chap, che è il mio nome d’arte- rispose lei, con entusiasmo.

-Arte…- la sfotté il biondino, mimando le virgolette con le dita.

-E fammi indovinare, tu sei l’Ultimate Mr. Simpatia?- chiese Chap sarcastica, rivolgendosi a lui e seccata dal suo comportamento.

-Sono l’Ultimate Critic. Un giorno la tua carriera dipenderà dal mio giudizio, perciò stai attenta- la minacciò lui.

Misaki avrebbe tanto voluto intervenire, ma decise di lasciar perdere, dato che avevano problemi più gravi a cui pensare, e non voleva crearsi da subito dei nemici, anche se al momento Chap sembrava più propensa a diventare sua amica rispetto a quel critico.

-Quindi nessuno sa che posto è questo, chi ci ha chiamati qui e cosa dobbiamo fare?- chiese, rivolgendosi alla ragazza con la treccia che le aveva rivolto la parola per prima.

Lei alzò le spalle.

-Non saprei. Da quello che ho capito dovremmo essere tutti, tranne te, degli studenti della classe 2 della succursale americana della Hope’s Peak Academy, probabilmente chi ci ha chiamati qui aspetta tutti gli altri prima di farsi vivo. Sono certa che c’è una spiegazione logica a tutto questo- cercò di farsi coraggio, pensierosa.

-Oggi è il vostro primo giorno di scuola?- chiese Misaki.

-Sì… teoricamente, per tutti- rispose un ragazzo che era seduto a terra a gambe incrociate, e che colpì parecchio Misaki per la stravaganza del suo aspetto. 

La sua pelle era color caramello, e due cicatrici gli sfiguravano il volto rispettivamente sul naso e sulla guancia sinistra. Portava una benda sull’occhio sinistro e quello destro era rosso e dall’espressione fredda e impassibile. I capelli erano di varie tonalità di grigio e sistemati in un ciuffo mosso che gli ricadeva sul volto. I suoi vestiti gli stavano grandi, e sembravano parecchio consumati: una maglia ingiallita dal tempo, una felpa da ginnastica gialla, pantaloni scuri sformati e degli stivali che gli arrivavano alle ginocchia. Al collo portava un amuleto tenuto da un laccio di cuoio, che sembrava raffigurare un occhio.

Misaki non avrebbe mai saputo indovinare il suo talento, ma era sicura che non fosse niente di normale.

-Quindi… aspettiamo?- chiese poi, senza sapere che altro fare.

-È quello che stiamo facendo un po’ tutti. Io, per esempio, sarà un’ora che aspetto il tè che quel maggiordomo aveva detto che mi avrebbe fatto- una ragazza seduta su un divano, che fino a quel momento era rimasta a rimirarsi le unghie laccate di nero, degnò i presenti di qualche parola, in tono snob e pieno di sé. Misaki iniziò già a prendere appunti per accoppiarla con il critico, perché sembravano fatti l’uno per l’altra.

La ragazza aveva lisci capelli neri tenuti con una fascia, occhi argentati con un neo sotto quello sinistro, e indossava in girocollo argento con quello che sembrava un rubino incastonato. Un bustino rosso, una gonna e un coprispalla di pizzo neri con ghirigori rossi, parigine semitrasparenti nere e scarpe col tacco a stiletto del medesimo colore, con la punta in argento. La quantità di argento nel suo vestiario era troppa perché fosse vero, ma da come la ragazza si atteggiava, Misaki intuì che avesse una ricchezza che le permetteva tutto lo sfarzo che ostentava. 

-Ehm… in realtà sono passati circa due minuti- obiettò sottovoce un ragazzino in piedi poco distante, che si torturava a disagio le mani.

Sembrava molto più piccolo rispetto agli altri studenti. Aveva capelli blu che gli ricadevano a ciuffi sul volto e gli arrivavano quasi alle spalle. La pelle di porcellana sembrava non aver mai visto la luce del sole, e gli occhi erano grandi e violetti, con un neo sotto all’angolo dell’occhio destro. Indossava abiti di fattura pregiata, dallo stile quasi vittoriano, in tonalità blu scuro con richiami dorati.

Misaki apprezzò la scelta di colore, il blu era anche il suo colore preferito.

-Quindi c’è un maggiordomo?- chiese immagazzinando l’informazione. Se era finito in quella scuola doveva essere davvero straordinario.

Prima che il ragazzino dai capelli blu potesse rispondere, il maggiordomo in questione fece la sua comparsa, tenendo un vassoio con tè e biscotti.

-Ho fatto del mio meglio per sbrigarmi il prima possibile. Ho qui del golden tea con biscotti alla cannella- enunciò con eleganza, avviandosi verso il divanetto dove la ragazza snob stava aspettando.

Il maggiordomo non poteva essere altro che un maggiordomo. I capelli castani erano ben pettinati, gli occhi scuri erano benevoli, aveva baffetti eleganti e indossava uno smoking lindo e pinto, con tanto di guanti bianchi. Era alto e la postura, inoltre, era perfetta. Se Misaki fosse stata ricca era certa di volere un maggiordomo così.

-Sei stato parecchio lento. E dovresti essere l’Ultimate Butler?- lo criticò la snob, che invece non sembrava minimamente impressionata. Forse lui era il suo maggiordomo, e lei ormai vi era abituata, O forse semplicemente non avrebbe elargito complimenti neanche se ne fosse andata della sua vita.

-Biscotti alla cannella?! Posso averne un paio?!- chiese una ragazza che Misaki fino a quel momento non aveva ancora notato. Aveva corti e disordinati capelli arancioni, occhi verdi e una spruzzata di lentiggini su tutto il viso. Portava un basco di cuoio, una giacca di pelle, pantaloni da fantino e stivali lunghi e comodi. Misaki intuì che fosse una fantina o una cacciatrice.

Sembrò spuntare da dietro il divano e si precipitò con irruenza davanti al vassoio, urtando per sbaglio il ragazzino dai capelli blu che quasi cadde a terra.

Con riflessi degni di un supereroe… o un maggiordomo, in effetti, il maggiordomo lo riafferrò al volo e lo rimise in piedi, tenendo il vassoio perfettamente in bilico sulla mano libera, e senza far cadere una goccia di tè. Lanciò una discreta occhiataccia alla nuova venuta, che si affrettò a scusarsi sentitamente.

-Mi dispiace, non ti avevo visto. Posso prendere comunque un biscotto? Quelli alla cannella sono i miei preferiti!- confessò, guardando il maggiordomo supplicante. Questi, dopo aver offerto il tè alla snob e una tazza anche al ragazzino, le porse gli agognati biscotti.

Misaki si avvicinò ai quattro, e osservò il tè.

-Wow, hai preparato tutto questo in meno di cinque minuti? Come è possibile?- chiese, sorpresa, osservando l’eleganze nella disposizione di quattro tazze di tè, la teiera, la zuccheriera, il latte, il limone e il piatto con i biscotti.

-Trucchi del mestiere di maggiordomo. Vuole una tazza di tè, signorina. Non mi pare di aver ancora fatto la sua conoscenza- rispose il maggiordomo, in tono formale.

-Giusto, mi chiamo Misaki Ikeda. Grazie per il tè e dammi del tu, ti prego- si presentò lei, prendendo una tazza e aggiungendo zucchero e latte.

-Alan Smith. Al tuo servizio- il maggiordomo si presentò a sua volta, con un elegante inchino.

-Io mi chiamo Kismet Reed- si intromise l’esuberante ragazza di prima, avvicinandosi con la stessa irruenza per presentarsi e rischiando nuovamente di far cadere il ragazzino dai capelli blu, che però si scansò in tempo e fece solo cadere qualche goccia di tè sulla sua giacca.

Il maggiordomo si affrettò a porgergli un fazzolettino, e avvicinò il vassoio con i biscotti il più vicino possibile a Kismet in modo che si allontanasse dal ragazzino e non attentasse di nuovo alla sua vita inconsapevolmente.

Kismet prese altri biscotti, e porse la mano libera da essi a Misaki, che la strinse -Sono la Ultimate Horse Rider, tu?- chiese.

Misaki esitò un attimo. Non era una grande fan del suo talento, e preferiva non dirlo troppo in giro, se poteva evitarlo.

Venne salvata dalla sua rivelazione dalla snob, che interruppe ogni sua possibile confessione con un secco: -potreste chiacchierare altrove? Mi state rovinando l’ora del tè-.

Misaki alzò le mani in segno di resa e si allontanò, proprio mentre la fangirl si avvicinava per chiedere l’ultima tazza di tè rimasta.

Facendo conto mentale delle persone che aveva conosciuto e di cui sapeva i nomi, si avvicinò alle uniche due persone con cui non aveva ancora parlato, che in un angolo stavano parlando tra loro.

-Ciao, sono Misaki Ikeda, e voi?- chiese intromettendosi nel discorso, che entrambi sembrarono felici di interrompere.

-Pierce Ellis. Ultimate Dentist- si presentò uno dei due. Aveva disordinati capelli verde chiaro che gli andavano da tutte le parti, grandi occhi rossi poco rassicuranti, una mascherina attorno al collo e portava un camice bianco da laboratorio sopra gli abiti dai colori spenti. Le scarpe erano stivaletti ospedalieri, e le mani erano coperte da spessi e scomodi guanti di gomma blu.

-Stavo giusto dicendo a Midge di come la lega metallica dei suoi orecchini rischia di provocarle danni al lobo. E poi, che resti tra noi, ma chiunque abbia lavorato al suo apparecchio per i denti deve volerle male- aggiunse, prendendola e sussurrandole all’orecchio in modo confidenziale, ma abbastanza forte da farsi sentire anche dall’interlocutrice, che arrossì, irritata e insicura.

-Uso solo le migliori leghe per i miei gioielli! Non sai proprio di cosa parli. E il mio apparecchio…- si mise una mano davanti alla bocca per nasconderlo -…non è carino quello che dici- obiettò solo, incapace di mettere in dubbio le parole di quello che era considerato il migliore dentista o futuro tale della sua generazione.

Neanche Misaki poteva troppo obiettare, ma nella sua profana opinione, l’apparecchio non aveva niente che non andasse. 

Inoltre gli orecchini sembravano davvero di ottima fattura. Cercò di concentrarsi su quello per rallegrare la conversazione, dato che la ragazza davanti a lei era sicuramente un’esperta o comunque un’amante di gioielli, avendone parecchi, tra orecchini, collana, bracciali, una cinta e anche una cavigliera sottile e stupenda. Inoltre, a differenza del dentista, che aveva uno sguardo quasi folle, gli occhi grandi e rosa scuro della ragazza mostravano dolcezza e insicurezza, e Misaki voleva aiutarla per quanto possibile. I capelli erano un caschetto rosa confetto, indossava una camicia a mezze maniche e una gonna magenta scuro, calze bianche con richiami rosa e ballerine nere. 

Il dettaglio che però Misaki apprezzò di più dato che in parte lo condivideva, furono però i cinque bracciali, di diverse forme e fatture, che portava ai polsi.

-Adoro i tuoi braccialetti!- li indicò con ammirazione, sorprendendo la ragazza, che arrossì ulteriormente, e la ringraziò abbassando lo sguardo, sempre senza togliere la mano da davanti alla bocca.

-Sei un’orafa, per caso? O una collezionista di gioielli?- chiese, curiosa.

-Sì! Cioè… sono un’orafa. Mi chiamo Midge Lewis e sono la Ultimate Jewel Maker- si presentò lei, porgendo a Misaki la mano che non le stava coprendo la bocca.

-È un talento fantastico! Io adoro i bracciali, anche se indosso principalmente bracciali dell’amicizia, come puoi vedere. Sai, puoi togliere la mano da…- cercò di incoraggiarla a mostrare la sua bocca, ma il dentista la interruppe, indicando la tazza di tè che Misaki si era dimenticata di avere in mano e da cui non aveva preso ancora neanche un sorso.

-Dove hai preso il tè? Ce n’è ancora?- chiese, incuriosito.

Trovandola un’ottima scusa per toglierselo di torno in modo da liberare Midge del supplizio di tenere la mano davanti al viso, Misaki gli porse la sua tazza.

-Tieni, prendi la mia, se vuoi aggiungere latte, zucchero o limone puoi andare da Alan il maggiordomo- indicò il gruppetto in fondo alla stanza, dove il maggiordomo cercava con la massima eleganza di togliere Kismet dalle grinfie dei pochi biscotti alla cannella rimanenti, e nel frattempo di salvare il ragazzino che sembrava essere sempre involontariamente colpito, mentre la snob sorseggiava il suo tè con un tic infastidito all’occhio e la fangirl parlava di un qualche anime o serie TV con maggiordomi e tè che le ricordava molto quella situazione tra un sorso e l’altro, seduta vicino a lei.

-Potevi anche chiedermi di andarmene, ma sei gentile ad offrirmi la tua tazza- commentò Pierce, senza peli sulla lingua, prima di avviarsi con tranquillità verso il gruppetto.

-Puoi togliere la mano dalla bocca adesso- Misaki incoraggiò la nuova amica, che però appariva ancora incerta.

-Non saprei, Pierce ha detto che è orribile. Non vorrei che ti desse fastidio- obiettò, giocherellando con uno dei suoi braccialetti con la mano libera.

-Perché dovrebbe? A me sembrava un buon lavoro. Non dovresti dare troppo peso alle parole degli altri- le mise una mano sulla spalla e le fece un grande sorriso incoraggiante, al quale Midge ricambiò, abbassando la mano.

Proprio in quel momento la ragazza con la treccia verde raggiunse le due, e attirò l’attenzione di Misaki facendole tap tap sulla spalla.

-Scusa se ti interrompo, ma volevo chiederti il permesso di utilizzare la tua dichiarazione nel mio articolo- le chiese, indicando un taccuino dove stava prendendo appunti.

-Fammi indovinare: Ultimate Journalist?- chiese Misaki, che non avrebbe avuto altre idee.

-Già. Mi chiamo Winona Wright- si presentò, con un sorriso orgoglioso.

-Come Phoenix Wright!- si sentì venire da Sophie dall’altra parte della stanza.

Misaki non riuscì a trattenersi dal sorridere dai continui riferimenti della fangirl, poi si rivolse nuovamente a Winona, che aspettava trepidante una sua risposta.

-Certo che puoi usare la mia dichiarazione. Anche se non so quanto possa essere interessante- si sminuì, rigirandosi una treccina tra le dita.

-Per ora sei la più interessante. “Ragazza che non dovrebbe essere qui maggiore sospettata di rapimento in massa degli studenti della succursale americana della Hope’s Peak”- recitò.

-Sospettata?- chiese Misaki, piegando la testa sorpresa.

-Beh, senza offesa, ma siamo rinchiusi in questo strano hotel con porte e finestre barrate, siamo tutti studenti americani, tu sei l’unica giapponese, è sospetto- le rivelò, in tono ovvio, senza traccia di astio ma illustrando semplicemente i fatti.

-È vero… ma… dovevo comunque trasferirmi. E se fossi la rapitrice avrei finto di essere anche io americana- cercò di sviare i sospetti Misaki, iniziando a sudare freddo.

-E poi la classe non dovrebbe essere di sedici persone? Per ora siamo solo in 12- la difese Midge, che sembrava averla già presa in simpatia. Misaki le fece un sorriso riconoscente.

-Ehi, l’articolo è ancora in bozza, non scaldatevi. Stavo solo raccogliendo i fatti- Winona alzò le mani in segno di resa, e tornò a scribacchiare sul suo taccuino proprio mentre il tredicesimo arrivava in tutta fretta, accompagnato dal quattordicesimo, che fece la sua comparsa molto più tranquillo.

-Visto, siamo arrivati. Non c’è bisogno di farsi prendere dal panico- disse al tredicesimo, che per la fretta rischiò quasi di cadere a terra, e salutò tutti con un rumoroso:

-Scusate il ritardo! Non trovavo la Hall!! Mi sono perso qualcosa?- 

Il ragazzo si rivelò essere uno studente con una zazzera di capelli blu, più chiari di quelli del ragazzino, occhi fucsia e una fossetta sul mento. Indossava una bandana rossa, una t-shirt del medesimo colore e una salopette di jeans. Alla vita portava una cassetta degli attrezzi e indossava dei guanti piuttosto consunti.

Misaki non poteva fare a meno di notare che sembrava quasi una versione di…

-AH! SUPER MARIO SI È TINTO I CAPELLI!!- esclamò Sophie, facendolo sobbalzare e quasi cadere a terra.

-Che? No! Cioè… è vero che sono l’Ultimate Plumber, ma non assomiglio affatto a Super Mario. Sono decisamente molto più…- iniziò a darsi delle arie, ma si interruppe di scatto quando il suo sguardo si posò sulla snob, che sembrava sul punto di avere un esaurimento nervoso con tutta la confusione che si stava creando.

E l’esaurimento sembrò inevitabile quando l’idraulico le si avvicinò con occhi a cuore, e quasi le si appiccicò addosso.

-Il mio nome è Brett Price. Posso sapere quello di questa dolce e adorabile fanciulla?- chiese con fare romantico, prendendole una mano.

La snob alzò lo sguardo di ghiaccio su di lui.

-Se non liberi immediatamente la mia mano da quei luridi guanti da lavoro ti faccio ingoiare la tazza da tè, la zuccheriera, la teiera e ti infilo il vassoio lì dove non batte il sole- lo minacciò, e Misaki dovette ammettere che lo disse con un’eleganza e una calma decisamente invidiabili.

Brett si affrettò ad eseguire, ma non sembrava particolarmente intimorito.

-Adoro le donne che si fanno rispettare- commentò, con un occhiolino e l’aria sognante, e prima che la snob potesse mettere in pratica la sua minaccia, o farla mettere in pratica dal maggiordomo, il ragazzo che lo aveva accompagnato si affrettò a trascinarlo via, e si rivolse poi al ragazzino dai capelli blu, il più vicino, per chiedergli chiarimenti.

-Siamo gli ultimi?- 

Lui scosse la testa.

-Non so quanti dovremmo essere, ma mi pare di aver capito che dovremmo essere almeno 16 e siamo solo 14 per il momento- gli spiegò, a bassa voce.

-Meglio così, Brett si è lamentato per tutta la strada di essere in ritardo mostruoso e di temere che lo espellessero perché è molto sfortunato. Io sono Odgen Gutierrez, Ultimate Barman- si presentò poi il quattordicesimo. Era un ragazzo davvero affascinante. I capelli erano raccolti in una coda bassa e di colore biondo cenere. Gli occhi erano verde acqua circondati da occhiali ovali, e aveva un accenno di barba sul mento. Indossava una semplice camicia bianca e dei pantaloni grigi, e il tratto più distintivo del suo abbigliamento era un braccialetto di perline colorate che sembrava artigianale al polso. 

Il ragazzino gli strinse la mano, accennando un sorriso -Godwin Dixon, Ultimate Philanthropist

Alla sua affermazione, seguirono alcuni secondi di puro silenzio da parte di tutti i quattordici in sala. Misaki non capì esattamente il motivo, ma rimase in silenzio come tutti gli altri. Godwin si strinse nelle spalle, a disagio.

-Dixon? Erede della Dixon Corporation?- chiese Winona, la prima a riprendersi dallo shock.

Ah, evidentemente era un ricco figlio di dirigenti miliardari parecchio conosciuti.

Godwin annuì leggermente, parecchio a disagio.

-Devi assolutamente concedermi un’intervista! Come ti senti ad essere odiato praticamente da tutti quanti a causa degli affari illeciti dei tuoi genitori?- chiese Winona, avvicinandosi con il taccuino già pronta a prendere appunti.

Vista l’espressione terrorizzata di Godwin, Misaki si vide costretta a intervenire, e cercò di fermare la giornalista.

-Non mi sembra il momento giusto per intervistare qualcuno. Magari più tardi- cercò di interromperla, prendendole il braccio per scansarla via.

-Vuoi per caso censurarmi perché cerco la verità?!- la accusò Winona, cercando di liberarsi, ma entrambe vennero scansate da un lato da Kismet, che le fece cadere a terra e si diresse verso Godwin con furia quasi omicida.

-Tu sei il responsabile della chiusura del mio ranch e della rovina della mia famiglia! Dovresti vergognarti!- lo accusò, puntandogli il dito contro.

Al ragazzino vennero le lacrime agli occhi.

-No no no, è colpa di mio padre. Io ho…- cercò di giustificarsi, ma Kismet non lo lasciò finire, e gli diede le spalle, sbuffando.

-Chiederò di cambiare classe!- esclamò fumando.

-Ce n’è solo una dato che siamo una succursale relativamente nuova- infranse le sue speranze Midge, in tono mite.

-Allora voglio stare il più lontana possibile da lui!- Kismet alzò la testa, incrociò le braccia e si mise nell’angolo per evitare di guardarlo.

-Siete davvero così idioti da pensare che siamo in una scuola? Ma nessuno di voi è mai stato in un hotel in vita sua?!- esclamò irritato il critico, sollevandosi gli occhiali sul volto.

Per quanto il tono non fosse dei più graditi a Misaki, la ragazza apprezzò parecchio il cambio di argomento, e si alzò con un balzo da terra.

-In effetti la situazione è parecchio strana, il critico ha ragione- gli diede man forte, avvicinandosi a Winona per offrirle aiuto ad alzarsi a sua volta. Winona accettò di buon grado, e poi iniziò a prendere altri appunti.

-“Il critico” ha un nome!- si lamentò il critico, storcendo il naso.

-Lo so, ma non me lo hai detto- Misaki alzò le mani in segno di resa.

-Beh, tu non me lo hai chiesto- obiettò il critico, deciso ad avere ragione.

-Nessuno lo ha chiesto neanche a me, ma mi sono presentata comunque- replicò Misaki, in tono casuale -A proposito, mi chiamo Misaki Ikeda- disse al barman e all’idraulico, che le risposero con un cenno della mano.

Il critico aprì la bocca per ribattere, ma ammise di essere stato sconfitto, perciò strinse i denti e si presentò.

-Mi chiamo Leland Peterson- e fu come ammettere una sconfitta, dal modo in cui lo disse.

Misaki però non stava giocando un qualche strano gioco, e gli sorrise e basta -Piacere Leland- lo salutò solo, stringendogli la mano un attimo per poi dirigersi verso i nuovi venuti e chiedere informazioni su cosa avessero fatto prima di ritrovarsi lì.

-Quindi anche voi siete entrati a scuola e siete svenuti senza ricordare nulla?- chiese per fare un punto della situazione dopo aver sentito delle veloci e confuse spiegazioni.

-Sì, io ero parecchio in ritardo perché ho beccato un incidente con l’autobus e la metro ha chiuso proprio il tratto di strada vicino a casa mia, avevo paura di perdere il mio primo giorno. Sono davvero sfortunato!- si lamentò l’idraulico.

-Forse avresti dovuto perdere il primo giorno, a quest’ora non saresti qui intrappolato- commentò Ogden, osservando le lastre alle finestre e la porta bloccata.

-Sarebbe comunque intrappolato, come tutti noi- commentò il ragazzino pieno di cicatrici ancora seduto a terra, che Misaki aveva quasi dimenticato.

-Come fai a dirlo?- gli chiese Misaki, piegandosi in modo che i loro volti fossero uno di fronte all’altro.

-Tu sei qui, no? E poi non credo che oggi sia il nostro primo giorno di scuola- rispose lui, misterioso, e senza dare segno di voler dire altro.

-Come ti chiami, e qual è il tuo talento?- cambiò argomento Misaki.

-River Clak- rispose lui, poi distolse lo sguardo come a congedarla. Misaki capì l’antifona, e si alzò, segnando il nome.

Fece poi un piccolo recap mentale delle persone che aveva appena conosciuto.

Sophie la fangirl, Chap la comica, Alan il maggiordomo, Kismet la fantina, Pierce il dentista, Midge l’orafa, Winona la giornalista, Brett l’idraulico, Ogden il barman, Godwin il filantropo, Leland il critico e River il… qualcosa di molto misterioso sicuramente. Un momento… la snob non aveva ancora detto il suo nome né il suo talento.

Dato che non aveva molto altro da fare, le si avvicinò, e si sedette vicino a lei, che aveva finito il tè ma continuava a tenere la tazza come se pensasse di riuscire a scoraggiare le persone dall’avvicinarsi a lei.

-Che vuoi?- chiese a Misaki in tono scocciato.

-Niente, volevo solo complimentarmi per come hai tenuto testa a Brett, prima. Ti sei fatta rispettare. Molto badass- si complimentò, con un ampio sorriso.

La snob alzò gli occhi al cielo, per niente lusingata dai compimenti.

-Lo so, un atteggiamento così è fondamentale nel mio lavoro, con tutte le sanguisughe che mi si appiccicano addosso- affermò. 

Misaki provò un po’ di pena per lei. Capiva bene le attenzioni indesiderate, avendone ricevute in alcune occasioni.

Ma la sua pena si ridusse leggermente quando la snob continuò.

-Beh, non li biasimo, io sono decisamente stupenda. Ma una prima scelta come me non può mica abbassarsi alle lusinghe della feccia comune come quello lì- indicò l’idraulico, che sentendosi osservato la salutò e le inviò un bacio.

La snob storse il naso disgustata.

-Qual è il tuo lavoro?- indagò Misaki.

-Sei venuta qui solo per indagare su di me? Pensavo che la giornalista fosse lei- indicò Winona, che cercava ancora di farsi concedere un’intervista da Godwin, che provava a declinare gentilmente ma era torchiato. Alan li raggiunse per cercare di placare gli animi.

-Non sto indagando, voglio solo fare amicizia e conoscere i miei compagni di avventura- si giustificò Misaki, incoraggiante.

La snob sbuffò -Se ti dico il mio nome e il mio talento mi lascerai in pace?- chiese, irritata.

-Se è quello che vuoi va bene, non voglio forzarti la mia presenza- acconsentì Misaki.

-Naomi Rossini. Ultimate Opera Singer. E ora vattene. La tua puzza di plebaglia inizia ad ostruirmi il naso- la cacciò con un cenno stizzito della mano.

Annusandosi discretamente per controllare che non puzzasse, anche se pareva di no, Misaki decise di liberarla della sua presenza, e tornò vicino a Midge, che era rimasta in disparte ed evitava con attenzione il dentista.

Ma prima che potesse commentare su quanto chiunque li avesse mandati lì li stesse facendo aspettare, una ragazza comparve da un’uscita che in un hotel normale avrebbe portato alle camere, e sembrò sorpresa di trovare delle persone.

-Quindi si riferiva a voi con “studenti”- commentò, analizzandoli uno ad uno.

Era una ragazza dalla bellezza stravolgente ma lo sguardo duro. Pelle olivastra, lunghi capelli bianchi e mossi e occhi viola. Aveva un neo sotto la bocca, portava degli occhiali da sole sull’estremità della testa e indossava abiti dalle tinte neutre: impermeabile color cachi, sciarpa ocra, stivali di cuoio marrone scuro, una gonna che le arrivava quasi alle ginocchia e mezzi guanti neri.

Dopo averli squadrati per qualche secondo con occhi taglienti e sospettosi, cambiò atteggiamento e si aprì in un ampio sorriso.

-Salve, anche voi studenti della Hope’s Peak Academy?- chiese, curiosa.

-Succursale americana, tranne lei che è una sospetta giapponese- rispose Winona, indicando Misaki che venne osservata con sospetto un po’ da tutti, anche se non l’aveva di certo reso un mistero e non lo trovava così strano.

-Come ti chiami?- chiese la nuova venuta, inarcando un sopracciglio.

-Misaki Ikeda- rispose lei, in un sussurro.

-Mi suona come nome. Sei la studentessa candidata per lo scambio culturale al posto di Sonia Nevermind, giusto?- chiese analizzandola.

-In effetti sì… cioè… ero in lizza per lo scambio, ma doveva avvenire tra un mese- spiegò.

-Non so il tuo talento, ma so per certo che non era sospetto, perciò possiamo stare tranquilli- le si avvicinò e le diede una pacca rassicurante sulla spalla, per poi rivolgersi agli altri.

-Certo, la situazione è parecchio strana. Qualcuno ha trovato qualche informazione utile? Ho esplorato il primo piano ma ci sono solo le camere da letto e un salottino comune maschile e uno femminile- si rivolse agli altri con tono pratico. La osservarono tutti molto confusi.

Alla fine fu Misaki a portare alle labbra la domanda che tutti si stavano ponendo.

-Ehm… come ti chiami? Qual è il tuo talento? E comunque… noi ci siamo diretti qui come ci hanno detto, credo che nessuno di noi abbia esplorato- spiegò, un po’ imbarazzata.

La ragazza li osservò tutti incredula.

-Janine Edwards. Ultimate Botanist- disse velocemente.

Misaki rimase davvero sorpresa. Possibile che quella davanti a lei fosse semplicemente una botanica?

-Ma sul serio siete intrappolati in un hotel in quello che dovrebbe essere il vostro primo giorno di scuola, e vi dirigete senza domande dove chiunque ci ha rinchiusi qui vuole che andiamo? E se fosse una trappola?- chiese.

-Sono felice di non essere l’unico sospettoso su tutta questa situazione!- le diede man forte Leland. 

-Suvvia, secondo me sei troppo paranoica, se dovesse succedere qualcosa ti proteggerò io- Brett si avvicinò alla botanica e le mise un braccio intorno alle spalle.

Misaki si preparò ad ulteriori minacce rivolte verso il cavo orale e anale dell’idraulico, ma Janine la stupì anche più di Naomi, perché agì direttamente, togliendosi il braccio con un bloccaggio a pressione istintivo.

Lo tenne sotto scacco per qualche secondo, poi lo liberò e scosse la testa.

-Non credo che tu sia in grado di proteggermi ma grazie dell’offerta. Siamo tutti? Avete comunque scoperto qualcosa? Insomma, gente, dobbiamo agire, non possiamo aspettare che la soluzione cada dal cielo!- li incoraggiò, determinata.

L’idraulico si accarezzò il braccio e la guardò ad occhi sgranati.

-Mi sono innamorato- lo sentì Misaki borbottare tra sé, e lanciò uno sguardo verso Naomi, che guardava la nuova venuta con un disgusto e una rabbia malcelata.

Probabilmente era triste di aver perso un ammiratore che poteva fungerle da giocattolino e schiavetto personale. Eppure aveva già il maggiordomo!

Anche se forse Misaki aveva frainteso, e non era il maggiordomo di nessuno, ma solo un maggiordomo generale. Era possibile se non probabile, in effetti.

-Non c’è uscita!- esclamò una voce provenire dalla zona dove sicuramente si trovavano la cucina e la sala da pranzo, e un ragazzo, l’ultimo che mancava all’appello, fece la sua comparsa dalle porte.

-Salve compagni di classe. Siete della succursale americana della Hope’s Peak, vero?- chiese, con un sorriso affabile e misterioso.

Misaki rimase subito affascinata dai suoi tratti elfici e la faccia da cattivo ragazzo. Aveva un ciuffo di capelli rossi spettinati, magnetici occhi azzurri e sguardo furbetto. Indossava una maglia marrone con sopra una giacca di pelle rossa, jeans attillati e scarpe da ginnastica perfette per muoversi velocemente e a passo felpato. Al collo portava due targhette metalliche di quelle che si trovavano al collo dei criminali o dei soldati. Lui non sembrava affatto un soldato.

-Sei sicuro che non ci sono uscite?- chiese Janine, avvicinandosi indagatrice.

-Sono Nowell Wilson, l’Ultimate Thief, state pur certi che se io non riesco ad uscire da un edificio blindato, sicuramente non ci riuscirete voi- il nuovo venuto spense le speranze della botanica, che incrociò le braccia e sospirò.

-Accidenti! È proprio come sospettavo. Spero solo che non sia una specie di…- i suoi timori vennero interrotti (e confermati, probabilmente) quando la voce che aveva radunato tutti lì si fece nuovamente risentire.

-Finalmente vi siete decisi a mostrarvi tutti. Sono decisamente deluso dal vostro ritardo. L’America si fa sempre riconoscere, devo dire che me lo aspettavo!- li riproverò, e poi un orso di peluche da una parte bianco e dall’altra nero fece la sua comparsa da dietro la scrivania della reception, allertando tutti, che iniziarono ad indietreggiare.

Beh, tutti tranne Midge, che era appoggiata al bancone e non si era accorta di nulla, almeno finché Misaki non le fece cenno di guardare dietro di lei.

Midge si girò, ritrovandosi faccia a faccia con l’orso, che le fece un cenno di saluto. L’orafa si allontanò il più in fretta possibile, rischiando di cadere a terra per la fretta ma venendo prontamente afferrata dal maggiordomo.

-Questo qui è davvero Sebastian!- Misaki sentì Sophie commentare sottovoce, ma non capì il riferimento.

-Ora che finalmente ci siete tutti sono pronto per l’accoglienza. Innanzitutto mi presento: sono Monokuma, il nuovo preside della scuola. Nuova gestione direttamente dalla sede principale giapponese- si presentò il pupazzo, facendo un inchino. 

Janine lanciò un’occhiata sospettosa verso Misaki, che però era sconvolta quanto gli altri.

-Quel pupazzo parla!- esclamò Brett, nascondendosi dietro la botanica, che lo lasciò fare ignorandolo come se fosse un insetto.

-Monokuma, non sono un pupazzo!- lo corresse il pupazzo, tirando fuori gli artigli, per poi continuare la sua spiegazione.

-Dato che voi studenti americani siete ben conosciuti per battere la fiacca, ho deciso di adottare un metodo perfetto per farvi impegnare un po’. Una settimana bianca in un hotel a cinque stelle tra le montagne- enunciò, con grande entusiasmo. Nessuno però sembrava voler esultare. Dopotutto le lastre alle finestre non davano a nessuno una buona impressione.

-Una settimana bianca?- chiese incerta Sophie, rigirandosi tra le mani i depliant che prima stava analizzando, tutti raffiguranti paesaggi montani e corsi di sci, snowboard e pattinaggio -In effetti ha senso- 

-Oh, ho detto una settimana? Che sciocco, in realtà intendevo un’eternità bianca. Un’eternità in questo hotel in mezzo ai ghiacci, i monti e la neve, senza nessun contatto con il mondo esterno e nessuna prospettiva per il futuro- si corresse Monokuma, esordendo poi in una risata acuta e fastidiosa.

Misaki impallidì.

-È uno scherzo? Un’eternità?- chiese, con voce tremante, accarezzandosi le braccia ricoperte dai braccialetti.

-Non è uno scherzo. Non potete uscire da qui, a meno che non vi diplomate. Sapete, non posso tenere nel mio soggiorno eterno dei combinaguai, perciò c’è un modo per uscire- ammise, in tono imponente.

Gli studenti iniziarono a mormorare tra loro. Gli unici ancora concentrati sull’orso furono solo Nowell e Janine. 

-Qualsiasi cosa sia lo farò immediatamente. Devo andarmene da qui!- esclamò Leland, stringendo i pugni -Qual è la condizione?- chiese poi a Monokuma.

-Dovete uccidere un vostro compagno di classe!- annunciò Monokuma.

Seguì un silenzio sbigottito. Gli unici che sembravano aspettarsi questo colpo di scena sembravano Janine e River, che rimasero impassibili.

-Non importa il modo: potete accoltellare, impiccare, strozzare, avvelenare, smembrare, congelare, bruciare o ogni altra fantasiosa alternativa vi venga in mente. State solo attenti a non farvi beccare. Se riuscirete a farla franca per omicidio ve ne andrete dalla scuola, e tutti gli altri verranno uccisi. Se verrete beccati, preparatevi ad un’esecuzione coi fiocchi- spiegò Monokuma nel silenzio, in tono troppo gongolante per la situazione.

-Non è vero. Non può essere vero- affermò con sicurezza Naomi, ma neanche lei era convinta dalle sue parole, e sembrava dirle solo per renderle vere a sé stessa.

-Comunque se fosse vero, sarebbe davvero un modo interessante di cominciare l’anno- ridacchiò il dentista, per niente toccato, almeno esteriormente, dalle nuove informazioni e dalla prospettiva di una schiavitù eterna o un’assassinio da compiere.

-Fidatevi è vero! Vi darei altre informazioni, ma avete fatto tardi, e si è fatta ormai ora di andare a dormire. Assicuratevi di ritirare i vostri e-handbook che fungeranno anche da chiave elettronica per le vostre stanze. Primo piano, i ragazzi a destra e le ragazze a sinistra. Domani preparatevi al primo motivo. Non vedo l’ora, sarà un gioco divertentissimo!- e con un’ultima risata malvagia, l’orso sparì.

Un secondo di silenzio, poi il panico generale.

A nulla servì il tentativo di Janine di portare la calma, quasi tutti gli studenti iniziarono a dare i numeri.

Misaki era come loro, ma rimase più che altro ghiacciata.

Poi chiuse gli occhi, prese un profondo respiro, e decise come agire.

Si avviò con sicurezza sul bancone della reception e salì, per attirare l’attenzione di tutti.

-Silenzio!- gridò, e fu felice di ottenerlo.

-Sentite, so che è una situazione preoccupante, e siamo tutti terrorizzati, ma dobbiamo mantenere la calma, magari andare a riposare e riflettere meglio sulla questione domani. Non possiamo lasciarci abbattere da poche difficoltà. Siamo grandi talenti, riusciremo a trovare una soluzione, dobbiamo solo avere un po’ di pazienza. Non succederà niente dal giorno alla notte- cercò di rassicurare tutti. Gli studenti iniziarono a riflettere.

-Un bel discorso, ma, qual è il tuo talento?- chiese Janine, avvicinandosi a lei.

-Come, scusa?- 

-Sei la più sospetta, essendo giapponese e tutto. Qual è il tuo talento?- insistette la botanica, squadrandola insieme a tutti gli altri studenti.

Misaki non pensava fosse importante, ma alla fine cedette: 

-È stupido, ma… sono la Ultimate Friendship Maker-

 



 

Grafico

 

(A.A.)

Allora, vorrei partire con le premesse.

In questo periodo sono davvero appassionata a Danganronpa, in pochi mesi ho giocato al primo e al secondo, sebbene avessi già visto l’anime tratto dal primo gioco. Ho anche visto Danganronpa 3, recuperando la trama di Ultra Despair Girls.

Quindi ci potrebbero essere riferimenti ai personaggi dei precedenti giochi e dell’anime, così come qualche spoiler sui finali dei due giochi principali, ma solo alla fine. Per il resto la storia è completamente originale: è un nuovo killing game con personaggi della sede americana, e i personaggi, luoghi, omicidi e tutto il resto sono completamente inventati da me.

Ci ho lavorato davvero tantissimo e mi farebbe molto piacere se mi deste un’opinione.

Ho già scritto interamente il “Chapter 1”, che pubblicherò ogni settimana. Vi chiedo di finire di leggerlo prima di accantonare del tutto la storia (poi potete fare quello che volete).

Ogni “Chapter” sarà diviso in 4 capitoli: 2 capitoli Hotel Life, il cui primo arriva fino al motivo della settimana e il secondo fino all’omicidio, 1 capitolo Hotel Death -investigation-, e l’ultimo capitolo del Trial.

Ho già progettato tutto, ma per rendere la storia più interattiva, oltre alle immagini dei personaggi, eventuali immagini dei luoghi e immagine di ogni morte di personaggio, alla fine dei capitoli Class Trial e Hotel Life 2 metterò un sondaggio dove potete votare il personaggio con cui Misaki passerà il Freetime. Per il primo Hotel life, poiché già scritto, il personaggio è già stato scelto, ma potete già votare per il secondo Hotel Life.
Ecco il link: Sondaggio Freetime

Se volete dei profili dei personaggi ed eventuali fanart e aggiornamenti potete seguirmi su tumblr: Tumblr

Credo di aver detto tutto, spero che la storia vi piaccia e spero che qualche buona anima la leggerà perché mi ci sono impegnata davvero molto.

Fatemi sapere con un commento che ne pensate dei personaggi, teorie su chi muore, chi vive e chi uccide e altre cose del genere.

Un bacione e alla prossima :-*

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Danganronpa / Vai alla pagina dell'autore: ChrisAndreini