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Autore: ChrisAndreini    10/08/2019    1 recensioni
Misaki pensava che quello sarebbe stato l'inizio del più bel capitolo della sua vita, invece si trova catapultata in un incubo dal quale non vede via d'uscita.
Un hotel a 5 stelle isolato dal mondo, 16 studenti di enorme talento, un orso pazzo telecomandato da non si sa chi, tantissime regole che possono farti ammazzare e una sola che è davvero importante: Se vuoi uscire devi uccidere. E attento a non farti beccare.
Tra eventi con gli amici, freetime, omicidi, class-trial e moventi sempre più pericolosi, Misaki dovrà fare del suo meglio per restare in vita e proteggere le persone più care.
Ma attenzione, le apparenze raramente si rivelano realtà.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Monobear, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Chapter 1: Drink, dance and forget your despair

 




Hotel Life

 

Regola #1: È espressamente vietato distruggere monitor, telecamere, altoparlanti, Monokuma e forzare le porte chiuse a chiave dal preside.

Regola #2: L’orario notturno è dalle 10 di sera alle 7 del mattino. Durante l’orario notturno le porte per la mensa e la sala da ballo verranno chiuse.

Regola #3: Prestare il proprio e-Handbook è severamente proibito.

Regola #4:  Chiunque uccida un compagno di classe si diplomerà, a meno che non venga scoperto.

Regola #5: Una volta che un omicidio verrà commesso, un processo di classe si terrà dopo un breve periodo di investigazione

Regola #6: Se il colpevole verrà scoperto durante il processo di classe, solo egli subirà l’esecuzione.

Regola #7: Se il colpevole non viene scoperto, tutti gli altri verranno condannati

Regola #8: Chiunque infranga le regole verrà punito con un’esecuzione immediata

Regola #9: Ulteriori regole potrebbero esse aggiunte a discrezione del preside.

 

Misaki lesse le regole sul suo personale e-Handbook, che conteneva tutte le informazioni su di lei, dal suo nome, al suo talento, fino alle sue misure. Era felice che una regola le impedisse di prestarlo o mostrarlo agli altri, perché certe informazioni voleva tenerle possibilmente nascoste.

Inoltre era la chiave di camera sua, e sebbene avesse cercato di risollevare il morale a tutti e mettere speranza, in realtà era parecchio nervosa, e preoccupata dal restare lì con 15 sconosciuti americani che la consideravano sospetta solo perché era in uno scambio culturale.

Per placare il nervosismo, iniziò ad elencare tutti i suoi amici mano a mano che raggiungeva il loro bracciale dell’amicizia. Era un’abitudine che l’aiutava a concentrarsi e sentirsi meno sola, ma in quelle circostanze non fu di molto aiuto, perché il peso di quello che poteva significare la sua reclusione lì era troppo grande.

Monokuma aveva annunciato l’orario notturno già da un bel po’, eppure Misaki non riusciva a dormire.

Si rigirò nel letto, riflettendo su quanto accaduto nelle ultime due ore.

-Ultimate Friendship Maker? È uno scherzo per caso?- l’aveva presa in giro Naomi, ridendo come un’ochetta.

-No, vi giuro. So che è un talento stupido ma è vero. Sono solo molto brava a farmi degli amici, e voglio a tutti un mondo di bene- si era spiegata, accarezzando i centinaia di bracciali dell’amicizia.

-Mi sembra credibile, se abbiamo un filantropo e avevamo una principessa, un’”amica del cuore di tutti” è possibile- l’aveva difesa Janine, pensierosa.

-Grazie, Janine- 

-Non ho detto che mi fido di te, solo che se hai detto una bugia è plausibile. Anche se è probabile che ne avresti scelta una ancora più plausibile. Comunque hai ragione, dovremmo andare nelle nostre camere e riposare prima di fare un punto della situazione domattina- la botanica aveva preso il proprio e-Handbook e aveva dato un’occhiata alle regole e alle informazioni.

Misaki e gli altri avevano preso i propri con più incertezza, e l’avevano guardata pensando avesse altro da dire. Aveva uno sguardo sicuro, e l’aria autorevole, quasi tutti la guardavano già come se fosse una leader.

-C’è un orario notturno dalle 10 alle 7, vediamoci alle sette a colazione in mensa. Ci divideremo i compiti e inizieremo ad esplorare l’edificio in cerca di una via di fuga- aveva consigliato, e li aveva osservati come a vedere se ci fossero obiezioni. 

Notando il silenzio, aveva poi sorriso.

-Andrà tutto bene, scapperemo e nessuno si farà male. State tranquilli e abbiate speranza- cercò di rassicurarli, prima di sparire nel corridoio che portava al primo piano.

-Mi piaceva di più quando era paranoica. L’ottimismo non le si addice- aveva commentato Leland, scuotendo la testa e seguendola.

Mano a mano, tutti se n’erano andati, ma Misaki era rimasta indietro, intenta ad osservare l’e-Handbook e incerta sul da farsi.

-Hai sentito la botanica, andrà tutto bene- aveva cercato di incoraggiarla il ladro, l’ultimo rimasto nella hall oltre a lei, che si stava stiracchiato, per niente turbato dalla situazione, almeno esteriormente.

-Lo so che andrà tutto bene, sono solo un po’… confusa- aveva cercato di giustificarsi. -Mi sembra tutto sbagliato, tutto strano. Due secondi prima ero con mia sorella nelle porte della Hope’s Peak giapponese, e adesso eccomi qui, in America, in un hotel in montagna e di mia sorella nessuna traccia. Credo di avere un’idea sul motivo di Monokuma, ma ho un po’ paura di scoprirlo- non sapeva neanche lei perché aveva confessato tutte le sue paure ad uno sconosciuto che aveva anche detto di essere un ladro, perciò di certo non la persona più affidabile del mondo, ma qualcosa, dentro di lei, le aveva suggerito di farlo.

Lui le aveva sorriso, un sorriso sincero, e le aveva messo una mano sulla spalla.

-Anche io ho i miei sospetti, e ho un po’ di timore, ma restare qui a non fare nulla non ci aiuterà sicuramente, perciò sarebbe meglio andare a dormire, non pensi?- aveva cercato di rassicurarla, in tono dolce -Senza contare che restando nella hall da sola di notte rischi che le persone ti considerino ancora più sospetta- aveva poi confessato, in tono più leggero e quasi prendendola in giro.

-Uffi. Potrei accusarvi di razzismo, lo sapete?!- l’aveva minacciato scherzosamente.

-Oh no, fammi vedere se le regole vietano commenti razzisti!- il ladro si era affrettato a controllare, anche se entrambi sapevano che Monokuma difficilmente era così aperto di mente.

-Purtroppo per te Monokuma non ci ha pensato. Magari le aggiungerà in seguito. Fino ad allora possiamo sospettare quanto vogliamo- dal tono in cui lo aveva detto pareva che la stesse invitando a cena, ma Misaki aveva scosso la testa e alzato gli occhi al cielo -Mi hai convinto, vado in camera. È sicuramente meglio che continuare a parlare con te- gli aveva fatto un cenno di saluto e si era avviata nel corridoio che portava alle camere.

-Ehi, aspetta, crea-amicizie!- l’aveva chiamata lui, poco prima che si chiudesse la porta del corridoio alle spalle.

Misaki si era voltata confusa.

-Due cose: Primo, ti è caduto l’e-handbook- glielo aveva indicato a terra, e Misaki si era affrettata a riprenderlo -Secondo, sono l’ultimo arrivato, quindi non so il tuo nome- 

-Misaki Ikeda- si era presentata lei, stringendogli la mano.

 

Il mattino successivo, un annuncio con voce acuta e fastidiosa la informò che il giorno prima non era stato un tremendo e spaventoso incubo, ma la realtà dei fatti. 

-Buoooongiorno a tutti quanti! Sono le sette del mattino. Preparatevi ad un’altra grandiorsa giornata!- la svegliò Monokuma.

Misaki non si era resa neanche conto di essersi addormentata, ma di certo non voleva svegliarsi, e seppellì la testa sotto il cuscino, decisa a continuare a dormire, perché non si sarebbe fatta dire da un orso con la voce irritante come comportarsi e cosa fare.

Poi si ricordò dell’appuntamento con gli altri ragazzi in mensa, e si alzò così in fretta che rischiò di cadere a terra.

Si alzò, lavò e vestì così in fretta che era certa di aver appena stabilito un record mondiale, e alle 7.10 correva giù per le scale, diretta in mensa.

Passò davanti alla hall e raggiunse un corridoio che portava alla sala da ballo, dalle porte di vetro, la mensa e il bar. La cucina era annessa alla mensa.

Misaki corse in mensa e si annunciò con uno squillante: -Scusate il ritardo, non ho dormito!- ma non c’era molta gente ad ascoltare la sua dichiarazione.

Infatti, nonostante i quasi quindici minuti di ritardo, gli unici presenti in sala erano Janine, Godwin, che sembrava dormire in piedi, e Winona, che cercava ancora di ottenere da lui un’intervista, ma trovava ben poca partecipazione dal bell’addormentato.

-Ben arrivata, Misaki. Non sei in ritardo. In effetti penso che potremmo aspettarci l’arrivo di tutti verso le otto- l’accolse Janine, che stava controllando sotto i tavoli in cerca di qualcosa che Misaki non poteva neanche immaginare.

-Ma… l’appuntamento era alle sette, giusto?- chiese la giapponese, per essere sicura.

-Sì, ma non ho considerato il tempo che ci mettono persone come Leland e Naomi a prepararsi, perciò credo che non ci degneranno della loro presenza prima delle 8. Purtroppo l’America è una nazione piuttosto ritardataria- spiegò Janine, controllando il tavolo successivo.

-Ehi, non generalizzare! Io sono puntuale come un orologio svizzero! Ed infatti alle 7 ero già qui, ma le porte per la mensa, la sala da ballo e il bar erano chiuse. Si sono aperte tutte insieme nello stesso istante con un suono molto rumoroso. Mi hanno fatto prendere un colpo!- obiettò Winona, indicando le porte, per poi tornare a torchiare Godwin, che stava praticamente dormendo a braccia incrociate sul tavolo.

Misaki rifletté sull’informazione, appuntandosi di portarsi sempre una bottiglietta d’acqua in camera prima di dormire per evitare di avere sete durante la notte, e mentre lo faceva comparve Alan, rimasto in cucina per tutto il tempo, probabilmente, che portava un vassoio con del caffè, che porse verso Winona e Godwin, i più vicini al tavolo.

-Caffè lungo. Potete aggiungere latte e zucchero a scelta, e dei biscotti all’arancia- presentò il vassoio, in tono professionale. Misaki si avvicinò. In effetti aveva davvero bisogno di caffè.

-Grazie Alan, mi ci voleva proprio. Non riesco a tenere gli occhi aperti- bofonchiò Godwin, prendendo una tazza e bevendo in un sorso. Era sorprendente la naturalezza con cui lo bevve. Misaki non se lo sarebbe aspettata da un ragazzino così minuto che sembrava frequentare le elementari.

Winona lasciò perdere per un po’ la sua intervista fallimentare per prendere una tazza a sua volta, e ce n’era solo un’altra ancora disponibile, perciò Misaki decise di chiedere a Janine, anche se l’istinto e la stanchezza le suggerivano di appropriarsene subito.

-Janine, vuoi del caffè?- chiese, attirando la sua attenzione e indicando l’ultima tazza.

La botanica fece spuntare la testa da sotto il quarto tavolo che stava controllando, e lanciò un’occhiata sospettosa ad Alan, e poi al caffè.

Sorrise e scosse la testa.

-Grazie mille, ma non sono un’amante del caffè. Sono già abbastanza iperattiva- declinò elegantemente, per poi tornare sotto al tavolo.

-Posso farle un tè, signorina Edwards?- le propose Alan, accomodante.

Janine fece nuovamente spuntare la testa.

-Non preoccuparti, Alan. Se vorrò qualcosa me lo farò io- declinò ancora una volta, uscendo poi fuori dal tavolo e avviandosi in quello successivo. Chiuse il discorso dando ad entrambi le spalle.

-Allora potrei prendere io il caffè?- chiese Misaki ad Alan, per distogliere la sua attenzione da Janine, che di certo non voleva trovarcisi.

-Oh, certamente signorina Ikeda. C’è abbastanza caffè per tutti, ma pensavo di portarlo mano a mano che arriveranno nuove persone- le spiegò, porgendole con galanteria la tazza.

Misaki la prese con un grande sorriso riconoscente, e iniziò a bere a piccoli sorsi.

-Sei davvero l’Ultimate Butler- si complimentò, sedendosi poi vicino a Godwin, decisa ad aspettare gli altri e nel frattempo godersi il caffè.

Ci furono alcuni minuti di religioso silenzio, tra il caffè e l’ispezione di Janine, poi la botanica li raggiunse, commentando qualcosa sull’assenza di cimici e armi nascoste, proprio mentre, stiracchiandosi, Nowell entrava tranquillamente nel salone.

-È come hai detto tu, Janine, solo il primo piano con le camere e i salottini è sbloccato, e non ho trovato indizi da nessuna parte- esordì, sbadigliando, e rivolgendosi alla botanica, che sospirò, rassegnata.

-Non ne sono sorpresa. Chiunque abbia il potere di organizzare questa situazione non metterebbe indizi nei primi piani- rifletté, prendendo poi posto accanto a Winona e segnando qualche appunto su un foglio.

Misaki si sporse per osservare, ma era criptato.

Certo che, per essere una che incoraggiava la fiducia e l’amicizia, era parecchio paranoica.

Misaki non la biasimò.

-Ehi, Alan, potresti portarmi un caffè?- chiese Nowell al maggiordomo, sbadigliando e sedendosi accanto a Misaki.

-Subito signor Wilson- acconsentì Alan, sparendo subito in cucina e comparendo pochi secondi dopo con una tazza e una caffettiera per riempire quella di chiunque ne volesse ancora.

Misaki ne approfittò. Stava proprio dormendo in piedi.

-Buongiorno, amicona!- la salutò Nowell con un occhiolino, come se l’avesse vista solo in quel momento.

-Buongiorno ladruncolo- rispose lei, bevendo il caffè.

-Dormito?- chiese lui, con il sorrisino di chi sapeva già la risposta.

-Magari. Non è che telecamere e promesse di morti reciproche mi concilino molto il sonno- scherzò, trattenendo l’ennesimo sbadiglio.

Nowell ridacchiò.

-Davvero? Io lo trovo decisamente rilassante- affermò ironico.

-Infatti sprizzi energia da tutti i porti- continuò lo scherzo la ragazza, indicando i capelli spettinati e le occhiaie profonde.

-Ditemi, vi conoscevate prima della reclusione o l’attrazione reciproca è stata un colpo di fulmine?- li interruppe curiosa Winona, sporgendosi verso di loro con la penna e il taccuino già pronti a segnare le loro risposte, e rischiando di rovesciare il caffè bollente su Godwin, che si spostò in tempo, bevendo la sua terza tazza.

Alan alzò gli occhi al cielo. Era almeno il quarto tentato omicidio accidentale ai danni di quel povero ragazzo.

Misaki e Nowell caddero dalle nuvole, e si allontanarono di riflesso l’uno dall’altra.

-Cosa? Attrazione? Parli di noi?- chiese incredula Misaki, indicando lei e Nowell senza credere che Winona potesse essere seria.

-Bella questa. Se hai bisogno di scoop ti posso aiutare, ma sei disperata se trasformi qualche battuta in una storia d’amore- se ne tirò fuori il ladro, ridacchiando per l’assurdità dell’assunzione.

-Concordo con lui- gli diede man forte Misaki.

-Non serve che vi scaldate troppo. Se non volete che disperda l’informazione basta dirlo. Ho una ferrea normativa sulla privacy. Parlerò di voi senza usare nomi e oscurando i volti nelle foto… non ho la macchina fotografica con me, al momento, ma se ne dovessi trovare una oscurerei le foto- li rassicurò, con un occhiolino complice.

Entrambi scossero la testa.

-Non scrivere niente, Skeeter. Non sarebbe un articolo interessante- la scoraggiò Nowell, finendo il caffè e alzandosi per andare vicino a Janine e parlare con lei.

Misaki finì anche la sua seconda tazza.

-In effetti preferirei un’intervista con l’erede Dixon, ma non me la vuole concedere- si lamentò Winona, spaparanzandosi triste sulla sedia.

-Non uscirebbe niente di interessante. E poi non mi sembra il momento giusto- cercò di tirarsi fuori Godwin, in un sussurro.

-È sempre il momento giusto per un articolo!- esclamò Winona, decisa.

-Buongiorno, sono in ritardo?- una voce assonnata annunciò l’arrivo di Chap.

-Sì, ma siamo ancora in pochi quindi diciamo che sei in anticipo- la rassicurò Janine, senza distogliere lo sguardo dagli appunti e mordicchiando la penna.

Prima che Chap potesse rispondere, probabilmente con una battuta visto il suo talento, venne interrotta dall’arrivo di una frettolosa e preoccupata Midge, accompagnata da un rassicurante Ogden.

-Scusate tantissimo il ritardo, mi ero persa un orecchino e ci ho messo un sacco a trovarlo- si scusò Midge, e sembrava quasi sull’orlo delle lacrime per la figuraccia che era convinta di stare facendo.

Misaki si affrettò a rassicurarla, come Ogden già stava facendo da un po’.

-Tranquilla, manca ancora un sacco di gente. L’importante è che hai ritrovato quel bellissimo orecchino- le sorrise ampiamente, e Midge ammutolì, e poi ricambiò il sorriso, quasi commossa, toccando gli orecchini.

-Grazie Misaki. Di solito sono sempre puntuale, non volevo dare una brutta prima impressione- abbassò la testa.

-Non temere, Midge, nessuno si attaccherà ad una cosa così insignificante per giudicarti- la rassicurò Ogden, con una pacca sulla spalla.

Midge arrossì e si prese il volto tra le mani, imbarazzata.

-Non merito tutte queste parole gentili, grazie mille!- abbassò la testa per cercare di distogliere l’attenzione da lei e si sedette vicino a Misaki, nel posto prima occupato da Nowell.

-Posso, vero? Se non vuoi cambio…- iniziò a chiedere ritornando paranoica, ma Misaki non la lasciò neanche finire.

-Ma certo che puoi sederti, mi fa piacere. Anzi, volevo proprio chiederti qualcosa circa il tuo talento- Misaki si sporse verso di lei, per osservare gli orecchini. A Midge si illuminarono gli occhi.

-I nuovi arrivati gradiscono del caffè?- chiese Alan in tono cortese. 

Midge rifiutò, gli altri accettarono di buon grado e si sedettero al tavolo.

-Potrei averne un’altra tazza?- chiese timidamente Godwin, sollevando la tazza.

-Signor Dixon, non mi pare il caso, sarebbe la sua quinta tazza e non le fa bene- cercò di dissuaderlo Alan, in tono cortese ma fermo.

-Lo so, hai ragione, ma non riesco proprio a svegliarmi, mi sento davvero debole- Godwin sospirò e accasciò la testa tra le braccia, sul tavolo.

Sia Chap che Alan gli lanciarono un’occhiata preoccupata, poi quest’ultimo sparì in cucina per prendere il caffè per i nuovi arrivati.

Quando tornò, l’atmosfera si era fatta più leggera, e nuovi volti avevano fatto la loro comparsa, disponendosi tra i tavoli e iniziando a parlare del più e del meno. 

Misaki e Midge erano ancora nella loro conversazione sui bracciali, Midge era talmente tanto nel suo elemento che neanche si accorse dell’arrivo di Pierce, che con nonchalance aveva salutato tutti e si era seduto vicino alla giornalista, commentando qualcosa sulla composizione chimica del caffè, dello zucchero e di come entrambe le cose danneggiassero i denti. Prese comunque tre tazze di caffè con due zollette di zucchero ciascuna.

Anche Sophie era arrivata, più pimpante di quanto Misaki avrebbe creduto possibile, commentando allegra sul distributore di riviste nel corridoio e sulle curiosità che avrebbe scoperto leggendole. 

Nowell e Janine rimasero a parlare tra loro, probabilmente delle stanze visitate e facendo una mappa generica.

Purtroppo l’atmosfera tranquilla e serena era destinata a rompersi presto.

Infatti, proprio quando Godwin stava per cedere all’intervista di Winona, Kismet entrò stiracchiandosi in cucina.

-Ho bisogno di dieci caffè altrimenti muoio!- esclamò, per poi bloccarsi di scatto quando si ritrovò faccia a faccia con il filantropo.

-Buongiorno- la salutò lui, insieme ad una distratta Misaki ancora intenta a parlare con Midge e un rigido Alan, che era già pronto ad andare in cucina a rimpinguare la brocca di caffè.

-Io non faccio colazione nella sua stessa stanza!- si lamentò la cavallerizza, indicando Godwin che si ritirò sulla sedia, e ignorando tutti i saluti.

-Kismet, siamo tutti sulla stessa barca, non potresti lasciar perdere?- provò a farla ragionare Chap, che si stava sparando un biscotto dietro l’altro, dato che i biscotti all’arancia, a quanto pare, erano i suoi preferiti.

-Non posso lasciar perdere! È una questione di principio! Lui ha rovinato la mia vita!- obiettò la ragazza in tono acuto -Anzi, spero davvero che se qualcuno morirà sarà lui la prima vittima!- gli augurò poi, presa dalla foga, e ammutolendo tutta la sala, che si girò a guardarla.

Dopo un secondo di silenzio sbigottito che sembrò durare anni, Misaki si alzò, e si rivolse a Kismet in tono fermo.

-Hai esagerato. Posso capire che tu ce l’abbia con la sua famiglia, ma non è una scusa valida per augurargli la morte- la rimproverò, con sguardo tagliente, prendendo le difese di Godwin, che tremava visibilmente ed aveva abbassato lo sguardo, vergognandosi di se stesso.

Kismet sembrò presa in contropiede dalla freddezza del suo sguardo, e notando l’atmosfera generale e le occhiatacce nei suoi confronti, decise di fare un passo indietro.

Sospirò, e si prese la fronte tra le mani.

-Scusate, non volevo augurargli la morte… solo… lo voglio il più lontano possibile da me- cercò di giustificarsi, con voce tremante e sempre piena di rabbia.

Nessuno sembrava però disposto a cacciare Godwin per ammettere lei.

-L’erba voglio non cresce neanche nel giardino…- iniziò a recitare Sophie, con un tono da “Rompi poco le scatole che siamo in una situazione del cavolo anche senza le tue fisse strane”, ma venne interrotta da Godwin, che si alzò in piedi.

-Va bene- acconsentì, posando la tazza sul tavolo e iniziando ad avviarsi fuori dalla sala.

-Ehi, non devi andartene solo per compiacerla… possiamo sempre provare a…- provò a fermarlo Chap, ma lui scosse la testa, e accennò un sorriso.

-Ha ragione ad odiarmi. I miei genitori hanno fatto cose orribili- ammise, con un sospiro -Sarò nella sala da ballo qui accanto. Chiamatemi quando ci saremo tutti- si rivolse in particolar modo a Janine, che nonostante fosse rimasta concentrata sui suoi fogli per tutta la conversazione, ed era l’unica che non aveva alzato lo sguardo neanche alla minaccia di morte, gli fece cenno di “ok” con la mano, dando segno che non si era persa una parola.

Con un cenno di saluto a chi lo aveva difeso, Godwin sparì nella sala da ballo, tramite una porta che la collegava direttamente alla mensa.

-Ecco il caffè, Kismet- Alan le porse la tazza, con la solita premura, ma con più forza, facendo cadere qualche goccia sul tavolo.

Non era l’unico ad essere rimasto infastidito dal comportamento della cavallerizza.

Misaki però decise di lasciar perdere, e tornò a parlare con Midge.

Winona era infastidita soprattutto dall’aver perso l’intervista, ma si riprese subito iniziando a torchiare Kismet di domande sul suo passato con Godwin, segnando informazioni che probabilmente avrebbe messo nell’articolo insieme all’intervista che era convinta di voler fare.

Poco dopo, la porta si spalancò, e Brett si fece da subito riconoscere inciampando sui suoi piedi e cadendo di faccia a terra, urtando il tavolo dove erano sedute Chap, Ogden e Sophie, e facendo quasi rovesciare il caffè a quest’ultima.

-Ehi! Attento!- si lamentò lei.

-Tutto bene, Brett?- chiese invece Ogden, scrutando il nuovo venuto con una leggera traccia di preoccupazione.

In effetti l’idraulico non era messo bene.

Aveva due occhiaie da far spavento, una ferita sulla testa dalla quale usciva un po’ di sangue ed era bagnato fradicio.

Il cuore di Misaki iniziò a battere furiosamente temendo che qualcuno potesse aver già attentato alla sua vita, ma le sue preoccupazioni erano infondate, perché l’idraulico si spiegò subito.

-Sì, tutto bene. Scusate il ritardo. Stamattina mi sono svegliato tardi dopo una notte insonne piena di pensieri sulla mia amata- fece uno sguardo ammiccante e Janine, che gli lanciò una breve occhiata confusa prima di decidere di ignorare totalmente lo spasimante -…e dato che non riuscivo a svegliarmi bene ho deciso di bagnarmi il volto con dell’acqua, ma mi si è rotto il lavandino, inzuppandomi tutto. Allora ho cercato di ripararlo al meglio ma quando mi sono rialzato ho sbattuto la testa contro la ceramica ed eccomi qui- indicò il bernoccolo dolorante, che iniziò a massaggiare. Ogden gli passò un fazzoletto di carta per fargli pulire il sangue.

-Certo che sei parecchio sfigato, Mario- osservò divertita Sophie.

-Il mio nome è Brett- la corresse lui.

-Nah, sei Super Mario- Sophie ormai l’avrebbe chiamato solo così, quindi Brett decise di lasciar perdere e si avviò nell’unico posto libero vicino a Janine, che però fu più rapida di lui e gettò la sedia in un angolo con un gesto tattico del piede.

Rimasto a bocca asciutta, Brett lanciò un’occhiata supplicante a Nowell per convincerlo a cedergli il posto, ma il ladro non lo degnò di altro che un sorrisino canzonatorio, al ché Brett capì che quello non era il suo giorno, e si mise nel tavolo accanto, vicino a Ogden, che provò a rassicurarlo.

Misaki si guardò intorno.

-Mancano solo Leland, Naomi e River, giusto?- chiese rivolta a nessuno in particolare, contando velocemente i presenti.

-In realtà River è arrivato dieci minuti fa- la corresse Janine, indicando un punto dietro di sé.

Misaki non capì cosa stesse indicando finché non notò che il ragazzino era seduto a terra, appoggiato al muro dall’altra parte della stanza, così immobile da non dare minimamene nell’occhio, intento a… meditare? Misaki non capì, ma decise di non indagare, dato che il ragazzo sembrava molto restio a dare informazioni personali.

-Allora mancano solo Leland e Naomi. E sono le 8- fece il punto della situazione.

Proprio in quel momento arrivò il critico, sistemandosi la sciarpa sul collo e lanciando uno sguardo di sufficienza al resto della sala.

-Spero di essere l’ultimo, non mi va di aspettare ulteriori ritardatari- commentò, senza degnarsi di salutare il resto della sala.

-Buongiorno, Leland. Mi dispiace ma manca ancora Naomi, però Alan ha fatto del caffè per tutti- lo accolse Misaki, con un gran sorriso.

Leland rimase un attimo spiazzato dal suo atteggiamento così gentile, ma si riprese subito e sbuffando si sedette ad un tavolo vuoto.

-Credo che possiamo anche fare a meno di lei. Alan, portami un caffè. Janine, perché volevi riunirci tutti insieme?- andò dritto al sodo.

Alan fece un cenno del capo e sparì nuovamente in cucina.

-Aspetta, dobbiamo essere tutti! Non provare a fare il principino!- lo riprese Chap, guadagnandosi un’occhiata obliqua da parte del critico.

-In effetti a questo punto non credo che Naomi abbia intenzione di farsi viva- ammise Janine, con grande sorpresa di tutti.

-Posso provare ad andarla a chiamare- si offrì Misaki, alzandosi in piedi pronta a correre.

-No! Ci vado io!- esclamò Brett, alzandosi in piedi ancora più in fretta e facendo cadere la sedia dietro di sé.

Non aspettò neanche che Janine gli dicesse alcunché ed era già sparito.

-Sembra che la sua amata non sia l’unica amata che ha- commentò Misaki ridacchiando tra sé e lanciando uno sguardo a Janine, che accennò un sorriso a sua volta, e scosse la testa.

-Meglio per me, è un accollo- ammise, alzando gli occhi al cielo.

In molti si ritrovarono ad annuire.

Pochi minuti dopo, minuti utilizzati da Leland per fare una veloce colazione, Brett tornò con un nuovo bernoccolo in testa, la coda tra le gambe, e più sangue di prima sul volto.

-Non ha intenzione di farsi viva- disse solo, prendendo poi un altro fazzoletto e cercando di pulirsi al meglio.

-Ti ha malmenato per la tua insistenza?- ridacchiò Sophie -Ma che razza di Super Mario sei?!- lo prese in giro.

-Ehi! Non sono Super Mario! E poi avrei potuto difendermi benissimo, ma… ecco… le donne si fanno vincere, sì!- affermò con convinzione.

Nessuno credette a una parola.

-Lasciamo perdere. È chiaro che Naomi non si farà vedere, e da un lato penso sia meglio, dato che suppongo che Monokuma aspetti che siamo tutti insieme prima di rivelare ciò che non ha detto ieri, e per avere la massima collaborazione preferisco posticipare le rivelazioni al più tardi possibile- commentò Janine, quasi tra sé, mordicchiando la penna e osservando gli appunti presi.

-Allora, cosa proponi di fare?- chiese Misaki, andando al nocciolo della questione perché non voleva pensare all’orso di peluche inquietante che li aveva accolti la sera prima.

-Aspettate, vado a chiamare il signor Dixon- la interruppe Alan, sparendo per un attimo e tornando pochi secondi dopo seguito dal filantropo, che si sedette lontano dalla cavallerizza, nel tavolo vicino a River, e iniziò ad ascoltare il piano di Janine.

-Direi di dividerci in gruppi da tre ed esplorare i piani a nostra disposizione, poi rivederci in mensa a ora di pranzo e fare il punto della situazione. Io e Nowell abbiamo già esplorato per conto nostro, ma un’opinione da fonti diverse può sempre portare a risultati inaspettati e dettagli importanti. Senza contare che è il caso che ognuno veda con i propri occhi l’ambiente dove è probabile che staremo per un po’- spiegò Janine, probabilmente anticipando molte domande, perché non ci furono obiezioni.

Dopo qualche secondo di silenzio, che lei interpretò come assenso generale, continuò.

-Siete liberi di fare le coppie che volete. Io e Nowell andremo insieme, e vorremmo…- prima che potesse annunciare la terza persona che probabilmente i due avevano scelto insieme per accompagnarli, Brett la interruppe.

-Vengo con voi! Sarò di grande aiuto!- si avvicinò alla ragazza con occhioni a cuore. Janine non riuscì neanche a fingere di essere allettata dalla proposta.

-In realtà avevamo già optato per l’amicona- ruppe le sue speranze Nowell, indicando Misaki, che cadde dalle nuvole, non aspettandosi affatto di essere stata scelta per accompagnare i più informati.

Janine e Brett le lanciarono due discrete occhiate supplicanti, e Misaki non seppe proprio da che parte schierarsi.

Da un lato era davvero interessata ad essere parte del gruppo, anche se probabilmente avevano scelto lei per indagare solo perché non si fidavano particolarmente. Inoltre se stando con loro poteva salvare Janine dalla furia romantica di Brett…

Ma allo stesso tempo un po’ le dispiaceva per l’idraulico sfigato.

…ma non quanto le dispiacesse per Janine, perciò era già pronta ad acconsentire al ladruncolo, quando con la coda dell’occhio notò lo sguardo deluso di Midge, e cambiò completamente idea.

-Sono onorata che abbiate pensato a me, ma io volevo fare coppia con Midge- spezzò le speranze del duo. Brett e Midge sorrisero ampiamente. Quest’ultima alzò lo sguardo su di lei sorpresa e onorata.

-Davvero vorresti venire con me? Non ti ho seccato parlandoti di bracciali?- chiese, incredula.

-Ma certo che no! Anzi, dobbiamo finire il discorso- la rassicurò Misaki, con un occhiolino complice.

-Capisco… allora… puoi venire con noi, se vuoi- Janine si rivolse a Brett con l’aria di una che avrebbe preferito morire piuttosto che esplorare un hotel misterioso con un pervertito che le sbavava dietro, e Nowell annuì a sua volta.

-Rispetto la tua scelta, amicona- 

-Voi altri?- chiese Janine, rivolgendosi agli studenti.

-A me va bene chiunque- River alzò le spalle, ma Misaki notò che aveva lanciato un’occhiata verso Godwin.

Anche Janine sembrò accorgersene, perché decise di accorparli insieme.

-Allora tu, Godwin e Alan- decise -se a voi due non dispiace- chiese poi al maggiordomo e al filantropo che annuirono, acconsentendo alla divisione.

-Io e Chap!- esclamò Sophie, prendendo la mano della comica.

-E dato che Janine ha tolto dalla mia portata l’intervistato penso che mi unirò alla cavallara. Va bene Kismet?- propose la giornalista, rivolgendosi alla rossa, che alzò le spalle e guardò storto Godwin.

-Credo che mi unirò a voi- aggiunse il dentista, con nonchalance.

Leland sembrò accorgersi solo in quel momento che rimanevano fuori solo lui e Ogden, perciò si affrettò a dire la sua.

-Io vado con la friendship maker e la gioielliera- cercò di prenotarsi, ma era troppo tardi.

-Mi dispiace, ma Ogden si è già accorpato a noi- spezzò le sue speranze Misaki, un po’ dispiaciuta.

Leland si accorse che l’unico gruppo senza il terzo membro era quello composto da Sophie e Chapman, e sbuffò.

-Posso andare solo?- chiese a Janine, che scosse la testa, con uno sguardo di malevolo divertimento.

-Oh, no!- Sophie si sfregò le mani.

-Tu ti unisci a noi!- Chap lo prese per un braccio con sguardo malefico.

-Beh, credo che possiamo andare- li congedò Janine, e i gruppi iniziarono a disperdersi.

I primi ad uscire furono Chap e Sophie, trascinandosi dietro un infastidito Leland.

Misaki si sentì in pena per il critico. Il duo di ragazze non sembrava avere buoni progetti nei suoi riguardi.

-Attente solo a non ucciderlo- si fece assicurare.

-Tranquilla, abbiamo progetti migliori- ridacchiò Sophie.

Il trio male assortito venne seguito a ruota da Winona, Kismet e Pierce.

Il gruppo di Janine fu il successivo ed infine Alan, Godwin e River si avviarono in cucina.

-Allora, da dove cominciamo?- chiese Midge, una volta che furono rimasti soli in stanza.

-Io direi di partire dalla cucina- propose Misaki, e i suoi compagni di avventura acconsentirono.

La cucina era molto grande, e parecchio professionale, come si poteva ben immaginare considerando che l’hotel sembrava a cinque stelle dalle stupende decorazioni interne.

-Allora… dobbiamo indagare, giusto? Ho paura di rovinare qualcosa- Midge accennò qualche passo e iniziò ad osservare gli scaffali vari e la file di pentole e padelle appese ad un gancio sopra i fornelli.

-Tranquilla, diamo solo un’occhiata dentro le credenze per controllare che non ci siano cose strane, e poi dobbiamo avere più o meno un’idea di come procurarci cibo- valutò Misaki, aprendo credenze e constatando che c’erano perlopiù utensili vari e non sembrava esserci cibo da nessuna parte.

-Credo che lì ci sia una dispensa, vado a controll…- Midge indicò una porta poco distante, ma per farlo urtò leggermente contro il sottile gancio che teneva una decina di padelle, che si sganciò facendole cadere tutte.

-Attenta!- prima di capire cosa stesse succedendo, l’orafa venne presa di peso e spostata da un lato da Ogden, appena in tempo prima che le cadesse tutto addosso rischiando di provocarle un danno celebrale.

Misaki si affrettò a controllare che stesse bene, ma per fortuna era solo un po’ scossa e tremante.

Il rumore però aveva allertato il gruppo che si trovava nella dispensa, e che accorse fuori.

Il gruppo formato da Alan, Godwin e River, quest’ultimo meno allarmato, e con un cioccolatino in mano che stava gustando tranquillo.

-Tutto bene?- chiese preoccupato Godwin, osservando gli allarmati studenti e dando particolare attenzione a Midge, che era sull’orlo delle lacrime per l’imbarazzo di avere tutta quell’attenzione su di sé.

-Sì, si è solo sganciata la sbarra che tiene le padelle, non si è fatto male nessuno- Misaki parlò per l’amica.

Godwin tirò un sospiro di sollievo, mentre Alan si affrettò a riagganciare la sbarra e posizionare nuovamente le padelle.

-Purtroppo è molto instabile, dovremmo chiedere a Brett di darci un’occhiata. Il minimo urto lo sgancia, ho quasi fatto cadere tutto ieri quando ho fatto il tè- raccontò il maggiordomo.

-Dovremmo mettere un cartello, allora, per avvertire chiunque decida di cucinare- suggerì Ogden, osservando il gancio con attenzione.

-La trovo un’ottima idea, Nella dispensa ho trovato del materiale per scrivere, in delle scatole in un angolo. Probabilmente servono per l’inventario- riferì Alan, iniziando ad avviarsi nuovamente in dispensa, ma Misaki lo interruppe.

-Tranquillo, vado io. Ne approfitto per controllare la dispensa- si propose, dirigendosi poi verso la porta in fondo alla stanza, che portò effettivamente ad una dispensa decisamente ben fornita, e ben organizzata in varie sezioni: carne, pesce, prodotti farinacei, frutta, verdura, cibo precotto, cibo spazzatura, bevande di ogni tipo e parecchi dolci, che Misaki adocchiò parecchio interessata.

Le scatole con i materiali per scrivere erano da un lato, vicino ad un grosso cestino per i rifiuti, e Misaki ci si avviò ferrea, decisa a non farsi traviare dalla cioccolata che sembrava chiamarla e pronta a scrivere un biglietto di avvertenza.

Uscì un colorato bigliettino che saltava subito all’occhio, e Misaki fece per tornare nella sala principale, ma una porta seminascosta dietro il reparto della carne attirò la sua attenzione.

-È la cella frigorifera- una voce dietro di lei per poco non le fece venire un infarto, e si girò per ritrovarsi davanti a River, che la osservava con volto impassibile.

-Capisco. Per i surgelati immagino- suppose Misaki, cercando di ricomporsi. River annuì, poi prese una scatola di cioccolatini e uscì, senza aggiungere altro.

Misaki decise di non indagare oltre, prese il foglio che le era caduto per lo spavento, e tornò in cucina, dove il gruppo di prima se n’era andato, e Midge stava chiedendo a Ogden del braccialetto di perline che portava al polso, ormai del tutto tranquillizzata dopo aver rischiato un trauma cranico.

-Si vede che non è stato comprato, ma la fattura è comunque molto buona. È stato usato il legno, giusto? I colori sono davvero stupendi- stava commentando, osservandolo da vicino ma senza toccarlo.

Misaki attaccò il foglio con molta attenzione, poi entrò nella conversazione.

-Sì, è fatto di legno. Me lo ha dato mio fratello un paio di giorni fa, come regalo per l’inizio del liceo. Adora creare piccoli gioielli- rispose Ogden, con un sorriso nostalgico, rigirandosi il bracciale sul polso.

-L’ha fatto due giorni fa?- chiese Midge, per essere sicura, un po’ incerta.

-Non so quando l’abbia fatto, ma comunque in settimana. È una passione recente. Credi che abbia talento per avere dieci anni?- chiese curioso a quella che era sicuramente la più esperta, dentro alla casa, e che abbandonò l’espressione concentrata e analitica per tornare la solita insicura.

-Oh… beh… dipende. Non è ancora perfetto ma ha talento, sicuramente! Per avere dieci anni e per aver iniziato da poco può fare grandi cose- lo rassicurò, balbettando leggermente ma cercando di essere più onesta e incoraggiante possibile.

-Io lo trovo stupendo, e un segno di profondo affetto da parte di tuo fratello- Misaki sorrise al barman, sfiorando inconsciamente il bracciale dell’amicizia che le aveva dato sua sorella.

-Oh, Misaki, non ti avevo sentita tornare!- l’accolse Midge -Hai controllato la dispensa? Dobbiamo controllare anche noi?- chiese Midge, pronta a tornare a lavoro.

-Non ce n’è bisogno- Misaki condivise le poche scoperte fatte.

-Credo che possiamo andare nella sala da ballo, allora- propose quindi Ogden, indicando la mensa.

La sala da ballo si poteva raggiungere in due modi: dal corridoio principale, attraverso la grande porta di vetro, o dalla sala da pranzo, attraverso una più piccola porta secondaria ma ugualmente elegante.

Misaki e il resto del gruppo passarono attraverso la mensa, e una volta raggiunto l’obiettivo, la friendship maker non riuscì a trattenere un’esclamazione ammirata.

La sala da ballo era stupenda. Dai toni scuri ma dalle decorazioni pittoresche.

Sulla destra Misaki vide un impianto stereo di ultimissimo modello, e altoparlanti da muro distribuiti in tutta la sala.

Il centro della sala era sgombro in modo da ballare, sul muro di destra il bar era incredibilmente ben fornito, e Ogden vi si precipitò immediatamente, con occhi brillanti.

Accanto al bar c’erano due divanetti, visibili attraverso la porta di vetro che dava sul corridoio, e accanto ad essi una tenda copriva una finestra. Misaki si avviò a spostarla, cercando di ignorare la telecamera ingombrante posta alla sua destra, per controllare se fosse anch’essa coperta da lastre di ferro molto spesse, e purtroppo era così.

Sospirò rassegnata.

Altri due divanetti con un tavolo basso davanti e due poltroncine affianco erano nel muro accanto, ed erano sovrastati da uno schermo di Monokuma.

Kismet si era sdraiata su uno di essi, mentre Winona, seduta sulla poltroncina più vicina, prendeva febbrilmente appunti su tutto quello che la cavallerizza le diceva.

Le due non sembravano molto propense ad indagare, ed ora che Misaki ci pensava, non vedeva Pierce da nessuna parte.

-Ragazze, scusate se interrompo, ma dove…?- la domanda sull’ubicazione del terzo membro del gruppo venne interrotta quando egli comparve da dietro il bancone del bar, con parecchie bottiglie in mano e l’aria di un bambino che ha scoperto il nascondiglio dei dolci dei genitori, e i regali di natale. 

-Questo bar è straordinariamente ben fornito- affermò eccitato, iniziando a controllare le bottiglie.

-Oh, scusate, non fa niente. Continuate- Misaki si sciolse dalla conversazione delle due ragazze e si avvicinò al bar, dove Ogden aveva iniziato a catalogare le bottiglie.

-Scoperto qualcosa di interessante?- chiese, appoggiandosi al bancone e fissando le bottiglie a sua volta.

-Di certo dovremmo fare un inventario e chiudere da qualche parte alcune bottiglie. Siamo tutti minorenni e qui è pieno di alcolici- esordì Ogden, con un cenno di disapprovazione e una bottiglia di Gin in mano.

-Non solo. Con alcune di queste sostanze e il kit di chimica sotto al bancone si potrebbe creare qualche veleno!- esclamò poi Pierce, quasi divertito, mostrando due composti chimici che sembravano del tutto innocui agli occhi di Misaki. Era anche vero, però, che la chimica non era la sua specializzazione.

-Beh, dovremo trovare un posto sicuro dove mettere anche questo materiale- commentò poi Ogden, decisamente preoccupato, adocchiando il set di chimica.

-Nah, non credo ce ne sia bisogno. Assunti separatamente questi elementi chimici non hanno alcun effetto. Probabilmente solo io sarei in grado di creare un veleno decente. E mi scoprireste subito, perciò non lo farò- cercò di rassicurare i due ragazzi, facendoli preoccupare ancora di più.

Misaki però non voleva pensare ad eventuali omicidi o metodi di assassinio, e cercò, arrampicandosi sugli specchi, di cambiare argomento.

-Ti intendi di chimica?- chiese, curiosa, per fare conversazione occasionale.

-Yep, adoro la chimica. Sono decisamente molto più interessato alla farmacia piuttosto che all’odontoiatria, ma il talento è una catena- alzò le spalle, fingendo disinteresse, ma apparendo piuttosto infastidito.

-Magari dopo il diploma potrai specializzarti nell’ambito che preferisci- cercò di incoraggiarlo Misaki, ma Pierce non era molto convinto.

-Il modo per diplomarsi è uccidere, e dubito che qualcuno vorrà dare una borsa di studio ad un assassino, ma sei una ragazza gentile e ottimista. Oh, beh, torno nel mio gruppo, non ho altro da vedere- tagliò corto, abbassando nuovamente il morale di Misaki e provando a tornare dalle ragazze, che continuavano con l’intervista, anche se gli animi iniziavano ad accendersi.

-Un momento- lo fermò Ogden, in tono deciso.

Pierce si girò, con aria santarellina.

-Posa il sidro- gli impose Ogden, indicando un punto nel suo camice.

Pierce roteò gli occhi.

-È solo succo di mela- cercò di tirarsi fuori, con sorriso innocente.

Ogden gli fece uno sguardo eloquente, e Pierce cedette, e posò la bottiglia che aveva, abilmente ma non abbastanza, nascosto in modo da poterla consumare in seguito.

Misaki fissò ammirata il barista, che posò tutti gli alcolici nei posti giusti e fece un breve conto mentale di quanti ce ne fossero.

-Se qualcosa sparisce me ne accorgerò immediatamente- assicurò a Misaki, con un occhiolino.

-Sei grande, Ogden- si complimentò lei, allontanandosi dal bar per controllare il resto.

Niente di interessante o che potesse essere un indizio. Raggiunse Midge, che nel frattempo aveva controllato le casse e l’impianto stereo.

-Non sono esperta, ma mi sembra molto ordinario- disse, delusa da sé stessa per non essere di aiuto.

-Non lo sono neanche io. Magari Brett ci capirà di più- osservò Misaki, alzando le spalle.

-È un idraulico, non un meccanico- obiettò Ogden, pulendosi le mani nella pezza che portava sempre appesa alla cintura e raggiungendole.

-Direi di andare in corridoio e poi all’ingresso- propose poi, indicando la porta di vetro.

Misaki salutò con un cenno l’altro gruppo, e si avviarono nel corridoio.

Il corridoio non era particolarmente interessante. Collegava semplicemente la reception alla mensa e alla sala da ballo, ma c’era un’ulteriore porta, in fondo, piccola e che sembrava poco importante. Misaki si avviò ad aprirla, mentre Midge controllava il distributore di riviste posizionato accanto all’uscita dalla reception.

Ogden seguì Misaki, curioso quanto lei sulla porta, ma la loro curiosità non trovò sfogo, perché la porta era chiusa a chiave.

Misaki provò ad insistere, pensando potesse essere difettosa, ma venne interrotta da un urletto isterico di Midge, e una vocetta stridula e irritante.

-Ehi ehi ehi! Hai già scordato la regola numero 1? Forzare le porte è una violazione delle regole!- la riprese l’inconfondibile timbro di Monokuma, e Misaki sobbalzò così vistosamente che per un attimo superò Ogden in altezza, per poi sollevare le mani in segno di resa.

-Non pensavo fosse chiusa!- provò a giustificarsi -Credevo che fosse difettosa, non voglio disobbedire alle regole- affermò con un sorriso spaventato.

-Fai bene. Perché alla prima infrazione…- Minokuma tirò fuori gli artigli, assumendo un’aspetto sorprendentemente spaventoso per un orso di peluche, e Misaki si affrettò ad annuire.

-Non lo farò. Puoi anche andare adesso- cercò di cacciarlo via. Non tanto per il proprio bene, quanto per quello di Midge che era pallida e si era nascosta tremante dietro un preoccupato Ogden.

Monokuma lanciò un’occhiata ammonitrice a Misaki, poi sparì nel nulla, facendo tirare ai tre un sospiro di sollievo.

-Beh, non credo ci sia molto altro da vedere, se quella porta è chiusa. Trovato riviste interessanti, Midge?- chiese Misaki, lasciando perdere la visita dell’orso bicolore e avvicinandosi all’orafa, che si allontanò da Ogden e annuì con convinzione.

-Sì, ci sono un sacco di numeri della mia rivista di gioielli preferita. In uno c’è addirittura un capitolo intero sui bracciali dell’amicizia… insomma… se ti può interessare- Midge si rigirò una rivista tra le mani, perdendo sicurezza ad ogni parola, e Misaki la prese, molto interessata.

-Ma è fantastico! Mi puoi insegnare a fare bracciali dell’amicizia per tutti!- esclamò, facendole tornare sicurezza. 

-Altre informazioni?- chiese Ogden, un po’ impaziente.

-Oh, no, non mi sembra. Sono riviste generiche, molte su film, videogiochi, cucina e moda- spiegò Midge, rimettendo poi a posto la rivista, dispiaciuta di non poter dire altro.

-Interessante. Capisco perché Sophie era così entusiasta- commentò Misaki.

-Andiamo alla reception?- chiese, indicando la porta al fianco del distributore.

Il gruppo annuì.

Alla reception, trovarono nuovamente Godwin, Alan e River, che discutevano su cosa fare.

-Dovremmo vedere la sala da ballo prima di salire al primo piano- stava suggerendo Alan, pratico.

-Non conviene, si creerebbero discussioni evitabili- stava obiettando River, in tono impassibile ma sicuro di sé.

Godwin era seduto sul divano in silenzio, senza sapere che parti prendere.

-Tutto bene, ragazzi?- chiese Misaki, introducendosi nella conversazione.

-Stiamo solo civilmente decidendo se conviene concludere prima il piano terra o avviarci direttamente nelle camere- spiegò Alan -Non devi preoccuparti, signorina Ikeda- la rassicurò, con un cenno del capo.

-Vi manca la sala da ballo, vero?- indovinò Ogden, riflettendo sulle parole di River.

-Non vi conviene andarci subito, c’è ancora il gruppo di Kismet- suggerì Midge, sottovoce ma preoccupata abbastanza da attirare tutta l’attenzione su di sé.

-Era per questo che non volevi andare lì?- chiese Alan a River, pensieroso.

-Sospettavo ci fosse ancora, ma non ero sicuro. Non volevo comunque rischiare- spiegò il ragazzo, incrociando le braccia e alzando le spalle.

-Potete andare senza di me, vi aspetterò qui- provò a proporre Godwin, torturandosi le mani.

-Non possiamo lasciarla solo, signor Dixon- provò ad obiettare Alan, da perfetto gentiluomo.

-Può stare con noi mentre visitiamo la reception- provò a suggerire Misaki, che, come probabilmente metà delle persone lì dentro, aveva già sviluppato una sorta di istinto materno nei confronti del ragazzino, e voleva assolutamente farselo amico. 

Era una sua abitudine: essendo una ragazza piuttosto sicura di sé, e decisamente amichevole, come il suo talento dimostrava ampiamente, tendeva ad avvicinarsi sempre a chi considerava bisognoso di affetto, insicuro, o più fragile. Aiutare queste persone ad apprezzarsi di più ed essere per loro un sostegno e un’amica era uno dei suoi scopi di vita.

-Mi dispiace comunque lasciarlo indietro- provò ad obiettare il maggiordomo, che sembrava a sua volta averlo preso sotto la sua ala protettiva.

-A me va bene, vi aspetterò qui. Ho anche bisogno di stare un po’ seduto- Godwin gli fece cenno di procedere senza pensare a lui, e, un po’ titubanti, i due ragazzi annuirono e si avviarono in sala da ballo.

-Kismet dovrebbe darsi una calmata, però- osservò Misaki, avvicinandosi a Godwin con la scusa di controllare i divani, ma cercando di approfittarne per parlare un po’.

Midge iniziò ad osservare i depliant e le finestre, mentre Ogden controllava il bancone della reception.

La porta che dava all’ufficio del direttore era chiaramente chiusa a chiave con una moltitudine di lucchetti, perciò i ragazzi non provarono nemmeno ad aprirla.

-Kismet ha ragione a prendersela con me. I miei genitori hanno fatto tanti errori- ribatté Godwin, abbassando la testa un po’ a disagio.

-Cosa significa? La colpa è loro, non tua. A meno che tu non avessi chiesto espressamente di distruggere il ranch di Kismet. In quel caso saresti un bambino viziato, ma non mi sembri il tipo- scherzò Misaki, rivoltando i cuscini ma non trovando nulla di utile.

Godwin accennò una risatina.

-No, non ho bisogno di chiedere ai miei genitori qualcosa, e di certo non chiederei niente del genere. In realtà faccio beneficenza per cercare di ammortizzare…- si interruppe, e arrossì, distogliendo lo sguardo dalla ragazza di fronte a lui, che non capì il cambio di atteggiamento.

-Tutto bene?- chiese, avvicinandosi come temendo che si sentisse male da un momento all’altro. Evidentemente tutti quei caffè non gli avevano fatto bene.

-Sì, scusa. Non dovrei parlare di me. Siamo in una terribile situazione, non voglio che sembri che mi vanti di quello che faccio o di tutti i soldi che ho- iniziò a torturarsi le mani -Insomma… a differenza vostra, io non ho neanche un vero e proprio talento- si sminuì, alzando le spalle.

Certo che sua sorella non mentiva quando diceva che alla Hope’s Peak c’erano persone strane. Erano alla succursale americana, e non ce n’era uno normale. Non in senso negativo, ma Misaki avrebbe voluto che Godwin e Midge fossero un po’ più sicuri di loro e delle loro abilità.

-Invece io trovo che il tuo sia un talento fantastico. Insomma, guarda me, sono solo una brava a fare amicizia, neanche il mio è un vero talento. Ma comunque ce ne sono di peggiori. Nella sede principale ogni anno viene estratto a caso uno studente che viene definito l’Ultimate Lucky Student, e in classe di mia sorella c’era una ragazza che era classificata con il talento di Ultimate Grammar Nazi. Credo che Ultimate Philanthropist sia un talento di tutti rispetto- cercò di risollevargli il morale.

Lui la guardò confuso per un attimo, poi si portò una mano alla bocca, cercando di trattenere una risatina.

-Ultimate Grammar Nazi?- chiese, come se avesse capito male.

-Giuro. Inutile dire che non l’apprezzava nessuno, e mia sorella mi ha detto che ogni tanto in classe avvenivano delle vere e proprie guerre civili tra la fazione di questa Grammar Nazi e quella dell’Ultimate Meme Lord- raccontò, ridacchiando un po’ tra sé ricordando gli aneddoti della sorella, che ovviamente era dalla parte del Meme Lord, considerando che i due erano parecchio amici e condividevano il gusto per stupidi nomignoli e creazione di parole assurde.

Godwin rimase un attimo basito, poi scoppiò a ridere, tenendosi lo stomaco e cercando di essere il più silenzioso possibile.

-La classe di tua sorella deve essere molto divertente- commentò, una volta calmato lo scroscio di risa.

Misaki annuì, soddisfatta di essere riuscita nell’intento di strappargli una risata.

-Sì, ma tutti alla Hope’s Peak sono parecchio particolari. Anche qui, e sono sicura che riusciremo ad uscire in un batter d’occhio, unendo i nostri talenti- sorrise, ottimista.

Godwin non rispose, ma sembrava rasserenato.

-Trovato qualcosa, Misaki?- chiese Midge, avvicinandosi titubante.

-Solo un amico, tu?- rispose Misaki, sorprendendo non poco Godwin, che sorrise tra sé e arrossì leggermente.

-Ho controllato anche il salottino privato, ma tranne una porta nascosta da una tenda, che però è chiusa a chiave, non ho visto nulla che potrebbe essere usato per uscire- la mise al corrente Midge, un po’ delusa, ma non sorpresa. Neanche Misaki si aspettava buoni sviluppi. Dopotutto sia Janine che Nowell avevano già controllato l’edificio da cima a fondo, i vari gruppi lo stavano esplorando giusto per rendersi conto dei loro dintorni, non per altro.

-Mi sono svegliata nel salottino privato, non mi ero proprio accorta della porta nascosta- commentò Misaki, ricordando gli eventi del giorno prima. 

Erano passate meno di 24 ore, eppure le sembravano passati giorni interi.

-È normale, è nascosta dietro una gigante tenda, ero convinta che fosse una finestra, per questo ho controllato- la rassicurò Midge, facendole cautamente pat pat sulla spalla.

Misaki non necessitava di tale attenzione, dato che la svista non le aveva fatto né caldo né freddo, ma fu felice che Midge gliela offrisse, e le sorrise riconoscente, facendola sentire molto orgogliosa.

-E tu, Ogden, che mi dici?- chiese poi la friendship maker, alzando leggermente la voce per attirare l’attenzione del barman.

Lui sollevò la testa da una pila di fogli, e alzò le spalle.

-Nessuna informazione utile, solo dei fogli recenti. Sembra che questo hotel vada a gonfie vele. Secondo questo registro dovrebbero esserci più di cinquanta ospiti al momento. Mi sembra così assurdo che siamo soli e rinchiusi qui- osservò Ogden, comparando il registro e il calendario appeso al muro.

-Pensi che Monokuma li abbia rinchiusi da qualche parte?- Midge impallidì, e si strinse le spalle, a disagio.

-Sono certa di no, forse ha attuato un’evacuazione di massa. Non credo sia così potente da poter recludere tutta questa gente senza che si venga a sapere o che qualcuno lo impedisca- cercò di essere positiva Misaki. La speranza, in quel momento, era tutto ciò che avevano per andare avanti.

-E noi?- provò a chiedere Godwin, preoccupato.

Misaki rimase zitta per qualche minuto, poi tornò alla carica con l’ottimismo.

-Siamo di meno, quindi magari i soccorritori se la prendono più comoda, ma qualcuno verrà. È impossibile che non verrà nessuno. Siete pur sempre gli studenti della scuola superiore più prestigiosa d’America, no?- cercò di razionalizzare nella visione più positiva possibile, ma i suoi tre interlocutori erano comunque piuttosto dubbiosi.

-In ogni caso, queste carte non danno molte informazioni, penso che possiamo procedere- Ogden alzò le spalle, e iniziò ad avviarsi verso la scala che portava alle camere.

-Aspetta, non possiamo lasciare Godwin solo- provò ad obiettare Misaki, che condivideva le preoccupazioni di Alan. Quel ragazzino rischiava di morire con un nulla, era meglio che fosse accompagnato, specialmente con Kismet poco distante pronta all’attacco.

-Non c’è bisogno, posso aspettare senza problemi- provò ad obiettare Godwin, che non voleva essere un peso.

Prima che potesse ribattere, River e Alan tornarono, il primo nel solito silenzio, il secondo con la solita eleganza.

-Credo che sia il caso di salire a controllare le camere, signor Dixon, il gruppo della signorina Wright e del signor Ellis sta per arrivare- Alan lo incoraggiò a salire le scale, e Godwin si alzò, con una punta di incertezza, come se non riuscisse troppo bene a tenersi in equilibrio.

Inconsciamente Misaki si avvicinò per prenderlo al volo nel caso fosse caduto, anche se non era proprio la persona migliore per il compito, ma Godwin si riprese subito, e le fece cenno di stare tranquilla.

-Scusate, mi si erano solo addormentate le gambe, mi succede- spiegò, seguendo poi il maggiordomo e il ragazzino dal talento ancora misterioso su per le scale.

-Dovremmo andare anche noi?- suggerì Misaki, indicando la porta che dava alle scale.

Ogden lanciò un’ultima occhiata incerta verso i fogli, e si rivolse a Midge.

-Sicura che non ci fosse nulla degno di nota nella sala accanto?- chiese, pensieroso.

Midge apparì incerta.

-Io non ho notato nulla. La porta è chiusa, le finestra sbarrate, e non ci sono altri oggetti degni di nota, in realtà- commentò, riflettendo attentamente come se stesse mettendo in dubbio tutta la sua vita.

-Mi sono svegliata lì, ieri, sono abbastanza certa che non ci fosse nulla di strano- commentò, con sicurezza.

-Allora immagino che possiamo procedere. Mancano solo le camere, giusto?- chiese Ogden, alzando le spalle e avviandosi nel corridoio con le scale.

Midge e Misaki lo seguirono.

-Le camere e i due salottini, uno maschile e uno femminile- lo corresse Midge, incerta, come se temesse di farlo arrabbiare, e allo stesso tempo orgogliosa di dire qualcosa di giusto e inconfutabile.

-Non penso che potremo entrare nelle camere, quindi penso che dovremo accontentarci dei salottini- obiettò Misaki, che aveva lasciato la sua in un certo disordine e non voleva che Ogden e Midge la vedessero.

Oltretutto l’idea che un ragazzo entrasse in camera sua la imbarazzava parecchio, soprattutto visto che, almeno per il momento, non lo conosceva nemmeno, anche se non dubitava che sarebbero diventati ottimi amici.

-Concordo sul non visitare le camere, ma i salottini valgono la pena- annuì Midge, sorridendo tra sé.

Arrivati al corridoio che presentava le scale, tre nuovi volti li accolsero, davanti ad una grata che custodiva l’accesso a delle scale che portavano in quello che evidentemente era un piano sotterraneo.

Nowell era appoggiato al muro, chiaramente divertito, mentre Brett si stava vantando con Janine e quest’ultima osservava le grate e il proprio e-Handbook.

-Salve ragazzi, come procede l’esplorazione?- chiese Misaki con un gran sorriso, salutando il nuovo gruppo.

-Stavo riflettendo sul forzare la grata in qualche modo per controllare il sotterraneo e i piani superiori- spiegò Janine, pensierosa, e senza degnare i nuovi arrivati di uno sguardo.

In effetti Misaki si ricordava di aver visto una grata simile davanti alle scale che portavano al secondo piano.

-Il mio amore è davvero coraggioso, non trovate?- commentò Brett, con occhi a cuore, facendo storcere il naso alla botanica.

-Non dovreste farlo. Contraddice la prima regola- cercò di metterli in guardia Misaki, ricordando l’avvertimento di Monokuma di poco prima.

Dal tremore delle spalle di Midge, anche lei lo ricordava.

-In realtà no- disse Nowell, tirando fuori il proprio e-Handbook, e mostrandolo al gruppo.

-La regola dice chiaramente che non si possono forzare le porte chiuse a chiave, non le serrature in generale- spiegò, con un sorrisino che non prometteva nulla di buono.

-Quindi potresti farlo, se volessi? Sei l’Ultimate Thief, giusto?- chiese Misaki, iniziando a riempirsi di speranza.

-Non voglio comunque rischiare, a dire il vero, e poi c’è Brett che crede di poterlo fare. Gli lascio provare- Nowell alzò le spalle, e lanciò un’occhiata di pena a Brett, che aveva iniziato ad armeggiare con il lucchetto nonostante Janine cercasse di fermarlo per non rischiare che lo danneggiasse irreparabilmente, vista la sua sfortuna.

-Il tuo altruismo nei confronti del povero Brett è ammirevole, ma aspettando rischiamo che Monokuma si renda conto del piano e cambi…- Ogden provò a mettere fretta al ladro, ma non riuscì neanche a finire la frase che una notifica da ogni e-Handbook della stanza lo zittì e fece sobbalzare tutti. Neanche il tempo di prendere la carta, che a Brett venne data la scossa.

-Ahia! Ma perché?!- si lamentò lui, scuotendo la mano colpita.

-Siete svegli, ragazzi, troppo svegli per il vostro bene. Ma grazie di avermi suggerito la modifica- la voce irritante di Monokuma fu abbastanza come risposta, e Misaki controllò l’e-Handbook per controllare che i suoi dubbi fossero esatti.

Purtroppo si rivelò così.

Regola #1: È espressamente vietato distruggere monitor, telecamere, altoparlanti, Monokuma e forzare qualsiasi serratura chiusa a chiave dal preside.

Misaki sospirò, rassegnata.

Janine sbuffò, contrariata.

-Non è sicuramente il tuo unico errore. Ti sconfiggeremo, Monokuma- lo minacciò, decisa.

L’orso si limitò a ridere tra sé.

-Ne sei davvero sicura? Non vedo l’ora di vederti sepolta dalla disperazione- commentò, prima di sparire così come era apparso.

-Se avessi fatto fare direttamente a Nowell magari saremmo riusciti ad andare nei sotterranei- commentò Janine, ignorando del tutto il commento dell’orso e concentrandosi sulla grata, riflettendo.

-Probabilmente avremmo solo trovato altre porte chiuse a chiave, e lì la regola valeva in ogni caso- commentò Nowell, alzando la testa. Sembrava rassegnato a non trovare nulla, ma non per questo disperato dall’idea di non poter uscire. Che fosse solo un buon attore o semplicemente rilassato, Misaki trovò il suo atteggiamento decisamente confortante.

-Comunque voi cosa fate qui? Avete finito il giro?- chiese Janine, cambiando argomento, probabilmente per cercare di distrarsi.

-No, in realtà ci mancano i salottini- spiegò Misaki -Anzi, è meglio se andiamo- indicò le scale e fece cenno ai suoi compagni di seguirla, con un ultimo cenno di saluto a Janine, Nowell e Brett.

Brett si massaggiava ancora la mano, perciò non la notò, Janine ricambiò distrattamente e Nowell salutò con un sorriso indecifrabile.

Una volta nel piano successivo, notarono la grata che portava ai piani ancora superiori. Era l’unico elemento interessante della stanza, perciò si avviarono subito nei salottini.

Il primo in cui si diressero fu quello dei maschi.

Non aveva una porta, ma un semplice arco che faceva intravedere subito due lunghi divani piuttosto comodi. La moquette era dalle tonalità azzurre e un enorme poster adornava le pareti dietro i divani.

Due poltrone erano poste ai due lati e due tavoli erano davanti a loro, così come un contenitore di riviste.

Midge lo analizzò subito, mentre Misaki si guardò intorno. Nel lato destro della stanza, dalla prospettiva di chi entrava, c’era un piccolo stereo, mentre a sinistra svettava un distributore automatico di bibite e snack vari.

Misaki sperò ci fosse anche nel salotto delle ragazze, così almeno non avrebbe rischiato di soffrire la sete durante la notte, nel caso si fosse dimenticata di prendere da bere.

Nella peggiore delle ipotesi contava già di intrufolarsi nel salotto dei ragazzi.

A mali estremi, estremi rimedi.

Ogden controllò il distributore, così Misaki decise di pensare alla radio, e mise il primo cd che le capitò sottomano, per controllare che funzionasse.

E per poco non si assordò, facendo sobbalzare gli altri membri del suo gruppo.

La canzone, infatti, di una band giapponese che non aveva mai sentito prima, era parecchio strana e decisamente hardcore.

Si affrettò a rimuovere il cd, commentando con un -Direi che la radio funziona- e per curiosità controllò il titolo della canzone.

“From Me to You” scritta da una tale Ibuki Mioda.

Si segnò mentalmente di stare attenta ad ogni canzone che portasse quel nome.

Anche se doveva ammettere che “I squeezed out the baby but I have no idea who the father is” la attirava parecchio.

Per non rischiare di traumatizzare ulteriormente Midge, si limitò a controllare ogni cd nel caso ci fossero indizi e, appurato che non ce ne fossero, si avvicinò all’orafa, che osservava le riviste ad occhi sgranati, e un leggero rossore le aveva tinto le guance.

-Allora, trovato qualche rivista interessante?- chiese, sedendosi sul divano.

Midge sobbalzò, e si affrettò a nascondere le riviste.

-No, nulla! Sono piuttosto… insomma…- negò, con voce acuta, arrossendo sempre di più.

Misaki non seppe che pensare, e prese una rivista dal mucchio, nonostante Midge cercasse di evitarlo.

-Non devi vederle, non credo sia il caso!- cercò di strappargliela dalle mani, ma Misaki fu più veloce… e se ne pentì amaramente.

Rimase qualche secondo bloccata sul posto, poi gettò la rivista dall’altra parte della stanza, arrossendo vistosamente.

-Ma che diamine di riviste hanno messo qui?!- esclamò, sorpresa.

Ogden si girò verso di loro, confuso e preoccupato.

-Cosa c’è, ragazze? Qualcosa di inerente agli omicidi?- chiese avvicinandosi.

Ma le espressioni imbarazzate delle compagne e la copertina della rivista gettata in un angolo furono una risposta sufficiente. 

-Oh…- commentò solo, schiarendosi la voce e sistemandosi gli occhiali sul volto, imbarazzato a sua volta.

Raccolse il giornale da terra, prese gli altri dello stesso genere che erano nel portariviste, e li nascose senza neanche dar loro un’occhiata dietro al distributore di bevande fresche.

-Non riesco a credere che ci siano questo genere di riviste. È peggio dell’alcool al piano di sotto. Monokuma si rende conto che siamo minorenni?!- commentò il barman, e per la prima volta Misaki lo vide davvero irritato.

Infatti, in mezzo ad alcune riviste sportive, Midge e Misaki erano rimaste traumatizzate da giornali per adulti, adulti maschi per essere esatti, e non era stata una visione particolarmente piacevole.

-Secondo me dovremmo nasconderli meglio- suggerì Misaki, in un sussurro.

Midge annuì, senza riuscire a proferire parola.

-Penso anche io, dovremmo trovare un buon posto dove mettere sia le riviste compromettenti che l’alcool. Ne parlerò con Janine, magari in privato in modo da non rendere tutti quanti partecipi altrimenti non sarebbe un segreto così grande- rifletté Ogden, pensieroso.

Misaki annuì.

-Però se lo sanno tutti e Brett scompare sapremmo per certo che è lì e non gli è successo nulla di male- commentò poi la friendship maker, ridacchiando tra sé e cercando di smorzare l’imbarazzo.

Midge scoppiò a ridere, un po’ isterica ma sincera.

-Una trappola perfetta per toglierlo dai piedi di Janine- le diede man forte, tappandosi poi la bocca per paura di essere stata troppo cattiva.

Ma Misaki rise di gusto.

-Sono certa che Janine vi sarebbe riconoscente- commentò Ogden, per poi indicare il corridoio.

-Non credo che ci sia altro da vedere, i distributori hanno cibi caldi e cibi freschi, così come bibite di vario genere. Tutti a lunga conservazione… molto lunga- spiegò, alzando le spalle e iniziando ad avviarsi verso il salottino delle ragazze.

Midge e Misaki lo seguirono.

Il salottino delle ragazze era praticamente identico a quello dei ragazzi, solo che in tonalità più sul rosa e sul viola, e arricchito dalla presenza di Chap, Sophie e Leland, la prima in piedi intenta a raccontare una barzelletta, gli altri due seduti sul divano, intenti a ridere a crepapelle.

Misaki rimase a bocca aperta quando notò il sorriso sincero di Leland e il suo autentico divertimento.

Pensava che ci sarebbe voluto decisamente di più ad abbassare le sue difese. Anche se probabilmente era merito del talento della comica.

Misaki si dispiacque di essersi persa la battuta, anche perché smise appena arrivarono.

-Ciao ragazzi! State ancora facendo il giro?- li accolse Sophie, la prima a notarli, interrompendo le risate.

Leland si irrigidì di scatto, e tornò musone come prima, cercando di non dare a vedere il divertimento che lo aveva assalito.

Misaki avrebbe tanto voluto commentare, ma decise di lasciar stare, e si rivolse a Sophie.

-Questa è l’ultima stanza tra quelle visitabili. Non abbiamo scoperto molto, tranne che tra le riviste per ragazzi ce ne sono molte dal gusto discutibile- alzò le spalle, avvicinandosi tallonata dai suoi compagni di squadra.

-Ah, davvero?- chiese Leland, un po’ troppo interessato, e guadagnandosi occhiatacce da tutti i presenti in sala.

si corresse immediatamente.

-Davvero inaccettabile! Chi mai potrebbe essere interessato a riviste del genere. Siamo minorenni- commentò, senza troppa convinzione. Sophie e Chap alzarono gli occhi al cielo, e decisero di lasciar perdere.

Sophie prese alcune riviste del salotto delle ragazze, e si alzò per mostrarle a Misaki.

-Noi invece abbiamo solo riviste sulla casa e di pettegolezzi da dire al parrucchiere. Mah! Le riviste nel corridoio della mensa sono molto più interessanti- si lamentò, mostrando un articolo sulle pulizie.

Misaki incrociò le braccia, e, pur sapendo di andare incontro a una grande crisi da parte di Midge, si schiarì la voce.

-Monokuma!- chiamò, rivolta direttamente verso una telecamera.

L’orso comparve pochi istanti dopo, facendo sobbalzare vistosamente Midge, che si nascose dietro Ogden.

-Hai chiamato, infiltrata?- 

Misaki decise di ignorare il nomignolo.

-Si può sapere perché la distribuzione delle riviste è così sessista? Lo trovo un grande insulto!- si lamentò, incrociando le braccia.

Chap la raggiunse, dandole man forte.

-Infatti! Noi donne non siamo solo pettegole con manie di pulizia! Pretendiamo riviste diverse- 

L’orso di peluche piegò la testa, come valutando l’idea, con quella che doveva sembrare un’espressione confusa.

-Ma io non ho messo nessuna rivista, queste erano qui prima del mio arrivo all’hotel, e le ho semplicemente lasciate dov’erano. Dovreste prendervela con chi era qui prima di me- se ne lavò le mani.

-Che strana scelta di lessico. Intendi il direttore dell’hotel o i precedenti ospiti?- indagò Leland, inarcando le sopracciglia e alzandosi dal divano, all’erta e pronto ad ascoltare confessioni importanti.

-Aaaaahhhh! Non vi dirò di più! Sono spoiler! E non sono fan degli spoiler! Quindi ho la bocca cucita!- Monokuma fece cenno di tapparsi la bocca.

-Ma io adoro gli spoiler! Neanche una piccola anticipazione? Ha a che vedere con le date delle riviste? Perché ho una teoria che…- Sophie iniziò a rivelare i suoi “headcanon” osservando le riviste, ma Monokuma la zittì immediatamente.

-Ehi! Vacci piano! Rivelerò molte cose a cena, se la lirica si degnerà di essere presente. Non rovinarmi il divertimento di vedere le vostre facce quando vi svelerò il motivo del capitolo!- si sfregò le mani con un ghigno malefico.

-Aspetta, significa che le mie teorie sono giuste?- chiese Sophie, con troppa eccitazione per il luogo e la situazione in cui si trovavano.

-Non rivelerò nulla, ma non spifferare le tue sciocche teorie in giro!- la minacciò, con gli artigli tesi.

Sophie sbuffò.

-Uff, odio l’hype!- si lamentò, incrociando le braccia.

-Beh, non dovrai aspettare molto. Credo che vi lascio alla vostra inutile esplorazione. Sfruttate bene il tempo, perché per almeno due di voi… non ne è rimasto molto- ghignò malefico, prima di sparire così come era apparso.

Midge tremava vistosamente dietro ad Ogden, che cercava di tranquillizzarla.

Chap era decisamente infastidita dalla situazione, e stringeva i pugni come se fosse pronta a picchiare Monokuma.

Leland scosse impercettibilmente la testa e tornò seduto, mentre Sophie controllò nuovamente le riviste.

-Secondo me non sarà una rivelazione così sconcertante. Ha lasciato troppi indizi- commentò, un po’ tra sé.

-Qual è la tua teoria?- chiese Misaki, giocherellando distrattamente con il ciondolo a forma di cuore attaccato al bracciale che le cingeva la parte superiore del braccio, e riflettendo sulla teoria che aveva sviluppato il giorno prima, ma alla quale non voleva credere più di tanto.

-Leggi un paio di riviste e ti farai un’idea- rispose Sophie, criptica, sfogliando la fantomatica rivista di pulizia. -C’è una rubrica di battute non male in questa rivista- commentò poi, facendo cenno a Chap di raggiungerla sul divano e lasciando del tutto perdere il discorso precedente.

Misaki lo lasciò perdere a sua volta, e si rivolse ai compagni di esplorazione.

-Credo che non ci sia molto altro da fare, non è ancora ora di pranzo. Ci prendiamo un po’ di tempo libero?- chiese, controllando l’orologio appeso al muro.

-Penso sia una buona idea. Possiamo esplorare in solitaria le cose che ci hanno colpito di più. O semplicemente riposare o leggere qualche rivista- acconsentì Ogden.

-O passare del tempo con qualcuno…- commentò Midge, sottovoce, senza guardare Misaki.

-Credo sia un’ottima idea- annuì Misaki.

 

Freetime!

 

-Midge, ti va di passare un po’ di tempo insieme? Mi devi insegnare come creare dei bracciali dell’amicizia- propose poi alla gioielliera, che sobbalzò, sorpresa di essere di nuovo chiamata in causa.

-Vuoi ancora passare del tempo con me? Ma non ti sei stufata?- chiese, sorpresa.

-Perché mai dovrei stufarmi? Se non ti va non fa niente, ma ero davvero curiosa dei bracciali- le sorrise, radiosa.

Midge arrossì leggermente, e annuì con forza.

-Ma certo che mi va! Sono felicissima! Nessuno è mai stato così gentile con me. Ti spiegherò tutto! Sono brava nei bracciali dell’amicizia. Si possono creare con qualsiasi cosa. Aspetta, vado a prendere la rivista che abbiamo visto nel corridoio della sala da ballo!- esclamò eccitata, avviandosi saltellando fuori dal salottino.

Misaki decise di seguirla, e salutò con un cenno gli altri.

Rimasero il resto del tempo, prima di pranzo, a studiare come realizzare braccialetti dell’amicizia. Misaki aveva qualche conoscenza base, ma l’abilità di Midge era decisamente fenomenale. Non trovarono da nessuna parte elementi adatti a realizzare bracciali di prima qualità, ma di certo legarono parecchio tra loro, perché lo studio e le prove con fogli di carta lasciarono tempo a chiacchiere.

-Da dove è nata la passione per la creazione di gioielli?- chiese Misaki, per fare conversazione.

-Oh, beh… non è mai stata una vera e propria passione, più un lavoro. Sai, i miei genitori avevano un’orificeria, in città, e quindi mi ha insegnato mio padre- raccontò, con un sorriso al ricordo.

-Wow, un’orificeria. Immagino che facevate grandi affari- osservò Misaki, pensando ad uno dei suoi tanti amici con i genitori orafi. Era ricchissimo e non faceva che vantarsene, anche se sotto sotto era tutta una maschera che aveva messo su per farsi accettare dagli altri ed entrare nella cerchia dei “ragazzi fighi”.

-Beh… più o meno… insomma… non eravamo gli unici della città, e avevamo parecchie spese. Ma mio padre è sicuramente il migliore, non ci sono dubbi- si vantò, con orgoglio.

-E tua madre?- chiese Misaki senza pensarci.

Midge spezzò la carta che stava usando per fare il braccialetto.

Misaki se ne accorse, e tornò sui suoi passi.

-Scusa, ho toccato un tasto dolente?- chiese, preoccupata, dandole tutta la sua attenzione.

-No, no, tranquilla. Diciamo che lei era più che altro una commessa, perciò mio padre ha insegnato a me il mestiere così che potessi aiutarlo un po’ nel lavoro. Le mani dei bambini sono piccole e lavorano meglio piccoli meccanismi- rispose, un po’ troppo precipitosamente, rimediando al danno fatto con uno stranissimo nodo che riuscì a riattaccare la carta senza romperla.

Misaki avrebbe voluto indagare di più, ma non voleva essere indelicata, perciò decise di ritornare sull’argomento in futuro.

Ma si segnò mentalmente l’uso del passato per indicare la madre di Midge, e il commento sulle mani dei bambini. 

Perché non ne era certa, ma il lavoro minorile non doveva essere legale.

Forse era solo malpensante ed era, come sosteneva Midge, solo un piccolo aiuto.

Decise di non pensarci, e continuò ad allenarsi con i bracciali.

Alla fine dell’esercizio, Midge le promise che una volta trovati materiali giusti le avrebbe fatto un bracciale stupendo, e si separarono per dirigersi nelle rispettive camere a prepararsi prima di pranzo.

 

Fine Freetime!

 

Dopo la parentesi con Midge, Misaki si diresse in mensa, con lo stomaco che borbottava ed eccitata da cosa avrebbe potuto scoprire di nuovo.

Non scoprì poi molto, in realtà, tranne qualche nuova informazione sui suoi compagni di avventura, come il fatto che Alan non era bravo solo a preparare tè e caffè, ma anche a cucinare.

E che evidentemente lo era anche Janine, perché si preparò un pasto a parte.

Comunque fu tra gli ultimi ad arrivare, e notò che i gruppetti erano già sparsi nei tavoli. Janine e Nowell come al solito erano insieme e discutevano sulla situazione, la prima mangiando dell’insalata e bevendo direttamente da una bottiglietta invece che dalle brocche accuratamente posizionate da Alan. Brett ovviamente era appiccicato alla botanica, e nello stesso tavolo c’era anche Pierce intento a mangiare la pasta preparata da Alan canticchiando qualcosa a bocca chiusa, completamente immerso nei suoi pensieri e ignaro di ciò che lo circondava. 

Nel tavolo accanto, il più vicino alla porta che dava alla cucina, c’era un piatto senza consumatore, probabilmente appartenente al maggiordomo, Godwin che mangiava silenzioso la sua pasta tenendo d’occhio l’altra parte della mensa e Ogden che mangiava a sua volta parlando con Midge, che più che altro ascoltava interessata un aneddoto.

Poi in un tavolo vuoto c’era Leland, e degustava il piatto con attenzione, annuendo lievemente con la testa.

Certo che per essere un critico era molto generoso nei suoi giudizi, come aveva dimostrato anche con la comica. Forse perché tutti lì erano dei talenti.

Winona e Kismet erano nell’ultimo tavolo, il più lontano possibile da quello di Godwin, e la giornalista stava revisionando i suoi appunti ignorando completamente la cavallerizza, che provava a fare conversazione senza successo. Evidentemente la giornalista aveva ottenuto tutto quello di cui aveva bisogno.

Mancavano ancora Sophie, Chap, River e ovviamente Naomi.

Mentre si avvicinava al tavolo di Leland, dato che le dispiaceva che fosse da solo, notò che il ragazzino misterioso in realtà era arrivato, ma era così silenzioso, immobile e minuto che non lo notò minimamente, e ormai era già praticamente seduta con il critico e non era il caso di cambiare idea e avvicinarsi a lui.

-Posso sedermi?- chiese al critico, indicando la sedia.

Lui annuì, ancora degustando attentamente il cibo.

-È all’altezza delle tue papille gustative?- chiese curiosa.

-Non è una cucina da ristorante stellato, ma ha una semplicità e una raffinatezza da cuoco privato per una famiglia altolocata. Considerando che il cuoco è un maggiordomo direi che è piuttosto accettabile- rispose lui, tecnico -Inoltre la cottura della pasta è all’altezza di un italiano, e non è roba da poco- ammise poi, onesto.

-Stupendo, non ho mai mangiato cibo italiano, né abbastanza raffinato per una famiglia altolocata- sorrise Misaki, aspettando pazientemente il ritorno del maggiordomo.

Leland piegò un sopracciglio.

-Ah no?- chiese, sorpreso.

Misaki scosse la testa.

-In realtà vengo da una famiglia piuttosto umile. È incredibile che sia io che mia sorella siamo state ammesse alla Hope’s Peak Academy- spiegò, allargando il sorriso, proprio mentre Alan rientrava e si guardava intorno per controllare nuovi venuti.

Sorrise a Misaki e le apparecchiò il posto.

-Arrivo subito con la pasta. Ti vanno bene gli spaghetti al ragù bianco?- chiese accomodante.

-Certo, hanno un aspetto delizioso, Alan- annuì, con l’acquolina in bocca.

-Arrivano subito, l’attesa è molto minore rispetto all’alternativa vegetariana- la informò.

-Intendi l’insalata di Janine?- indagò Misaki, osservando la botanica.

-Oh, no, lei ha insistito per cucinarsi da sola- negò Alan, un po’ infastidito, prima di tornare in cucina.

-Oh… è più paranoica di quanto pensassi- commentò Misaki, sorpresa, rivolgendosi a Leland per fare conversazione.

Lui sembrava però avere altri pensieri.

-Davvero vieni da una famiglia umile?- chiese, decisamente confuso.

Misaki fu presa in contropiede da quella domanda.

-Beh, sì, perché, ti sembravo una nobile?- scherzò, atteggiandosi da diva, in un’interpretazione tutt’altro che convincente.

-Non certo una nobile, ma ero convinto che venissi da una famiglia quantomeno benestante. Il tuo atteggiamento è stato fuorviante- commentò Leland, continuando a mangiare senza più degustare.

-In che senso?- provò a chiedere Misaki, ma la risposta del critico venne interrotta dall’arrivo del suo piatto, presentato con un inchino appena accennato e un -Buon appetito, signorina Ikeda- formale e all’altezza di una famiglia davvero altolocata.

Misaki lasciò perdere la conversazione per mangiare con foga gli spaghetti, dall’aspetto delizioso e dal sapore ancora migliore.

Dopo averla vista abbuffarsi, Leland sghignazzò.

-Ok, mi sono sbagliato, non sei affatto membro di una famiglia d’élite- ritornò sui suoi passi, continuando a mangiare.

-Ah ah ah- finse di ridere Misaki, continuando ad abbuffarsi, proprio mentre Sophie e Chap entravano, parlando tra loro.

Appena le vide, neanche il tempo di farle sedere, e Janine si alzò in piedi.

-Siamo tutti?!- chiese, speranzosa.

-In realtà mancherebbe Naomi- osservò Nowell, disinteressato.

-Al diavolo la cantante. Quelli importanti ci sono tutti. Avete trovato qualcosa di interessante?- chiese la botanica, frettolosa. Probabilmente non vedeva l’ora di finire così da chiudersi in camera e sfuggire alle attenzioni pesanti di Brett.

-Solo a noi l’e-Handbook ha emesso uno strano suono?- chiese Godwin, alzando timidamente la mano.

-No, è accaduto a tutti. Monokuma ha modificato leggermente una regola per impedirci di scassinare qualsiasi serratura chiusa a chiave da lui- spiegò Nowell.

-Non c’era già quella regola?- chiese Chap, confusa, sedendosi nel primo tavolo che trovò libero, e attirando l’attenzione del maggiordomo per far portare della pasta a lei e a Sophie.

-Aveva scritto porte, non serrature. Dovresti fare più attenzione alle regole, potremmo trovare parecchi punti ciechi e sfruttarli- spiegò Nowell, con un sorriso furbetto.

Era proprio la faccia da Ultimate Thief.

-Capisco. Comunque noi non abbiamo trovato nulla- Chap alzò le spalle, e iniziò a mangiare la pasta appena portata dal maggiordomo.

-Parla per te, io ho trovato parecchie riviste interessanti- Sophie sorrise in modo enigmatico, assaggiando la pasta e poi iniziando a mangiarla con gusto.

-Indizi su come uscire?- indagò Janine.

-No, nessun indizio. Ma ho alcune teorie- rispose Sophie, alzando le spalle.

-Che genere di teorie?- chiese Misaki, sperando che ora, davanti a tutti, le condividesse.

-Non mi piace fare spoiler, e al massimo scopriremo tutto stasera- Sophie si rivelò ancora una volta intransigente.

-Se hanno a che fare con il motivo, è molto meglio evitare di parlarne. Altre scoperte?- Janine lasciò perdere, e si rivolse al resto della sala.

-La dispensa è ben fornita, e Monokuma ci ha avvisato che viene rifornita costantemente. La spazzatura viene buttata ogni notte, a mezzanotte. Non che abbiamo modo di provare l’orario, dato che la cucina è chiusa, di notte- Alan spiegò le sue scoperte.

-Io più che una scoperta ho una richiesta: dovremmo trovare un posto dove tenere sotto chiave le bottiglie di alcool e alcune riviste, non vorrei che qualcuno ne facesse un uso sbagliato- prese la parola Ogden, con molta calma ma in tono fermo.

-E perché? Siamo abbastanza responsabili mi pare- cercò di fargli cambiare idea Brett, con occhi brillanti.

Janine gli lanciò un’occhiata eloquente, poi annuì in direzione del barman.

-Hai perfettamente ragione. Credo di aver visto un cassetto con chiave piuttosto spazioso in cucina, potremmo mettere tutto lì e affidare la chiave a qualcuno che sceglieremo tramite votazione- propose, e Brett cambiò subito atteggiamento concordando con lei.

-Possiamo aggiungere tre composti chimici di quelli presenti nella postazione chimica sotto al bar? Sono gli unici tre che potrebbero rendere un determinato composto mortale, e forse è meglio che ci sia un controllo su chi ne viene a contatto- aggiunse Pierce, interessandosi solo in quel momento alla conversazione.

-Direi che è un’ottima idea. Anche se dubito che qualcuno riuscirebbe a creare un veleno con quegli ingredienti- gli diede man forte Ogden.

-Allora è deciso, e se mai qualcuno ne avesse bisogno per i giusti motivi potremo tenere un registro con quantità prese e uso fatto. Chi dovrebbe tenere la chiave?- Janine si rivolse a tutti i presenti, che risposero indicandola.

Sobbalzò, sorpresa.

-Io?- chiese, incredula.

-Ma assolutamente, non c’è storia. Sei la più affidabile qui dentro. Un vero leader- la esaltò Misaki, incoraggiante.

Janine arrossì, e sorrise tra sé.

-Beh… grazie. Faccio solo del mio meglio…- si schiarì la voce -Allora, tornando a noi… altre informazioni?- chiese tornando seria.

-Io ho trovato una cartina dell’hotel, tra i fogli della reception, e non combacia in termini di camere. Secondo la carina non ci sono due salottini, ma ulteriori camere, e questa cosa è decisamente strana, secondo me- prese la parola Winona, tirando fuori una cartina e lanciandola a Janine dopo averne fatto un aeroplanino. 

La botanica la prese al volo, e la confrontò con lo schizzo fatto da lei quella mattina.

-È come pensavo. O non siamo davvero in un hotel, o è stato modificato prima del nostro arrivo, in ogni caso dovremmo analizzare meglio la cartina in cerca di qualche uscita di emergenza. È tutto?- chiese guardandosi intorno.

-Abbiamo scoperto molte cose, ma niente che ci possa aiutare ad uscire- alzò le spalle Kismet, desiderosa di andarsene il prima possibile.

Janine sospirò.

-Beh, almeno ci abbiamo provato. Analizzerò la piantina, questo pomeriggio. Ci rivediamo a cena- li salutò, prima di alzarsi e dirigersi in camera.

-Posso aiutarti?- chiese Brett, alzandosi così in fretta da far cadere la sedia dietro di sé.

Janine ne aveva davvero avuto abbastanza delle sue attenzioni.

-Se provi ad avvicinarti alla mia camera ti infilo la bottiglietta d’acqua vuota su per il...- si interruppe notando che Alan aveva portato il dolce.

-Sono bastoncini di cioccolato?- chiese perdendo tutta l’aggressività.

-Ce ne sono parecchie confezioni, in dispensa. Sono di tuo gradimento, signorina Edwards?- chiese Alan, porgendole il vassoio che ne conteneva diversi, più tazze di caffè e alcuni biscotti.

Janine fece per prenderne un paio, poi ritirò in fretta la mano, come se si fosse scottata.

-Vado a prenderne un pacchetto intero. Mi serviranno molto per concentrarmi mentre studio la piantina- affermò, dimenticando del tutto Brett e dirigendosi in cucina.

L’idraulico fece per seguirla, ma il ladro lo tenne fermo sul posto.

-Se ci tieni al tuo posteriore, ti conviene davvero starle alla larga, almeno fino a stasera- gli consigliò, riferendosi alla precedente minaccia.

Brett sbuffò, e fece per risedersi. Purtroppo la sua sedia era caduta e lui non se n’era reso conto, perciò cadde a terra, facendosi parecchio male proprio al posteriore.

Misaki si trattenne per non ridere, ma i suoi sforzi furono vani.

Finì di mangiare, e prese qualche bastoncino di cioccolata come dolce.

Fu tra i primi ad alzarsi.

-Dove vai?- chiese Leland, mordendosi il labbro subito dopo come pentendosi di aver fatto uscire la domanda.

-Non so, un po’ in giro, magari aiuto Janine o trovo qualcuno con cui passare il tempo- rispose lei, alzando le spalle.

 

Freetime!

 

Leland si pulì la bocca con il tovagliolo.

-Io ho finito di mangiare…- disse, quasi tra sé, e senza guardare la ragazza negli occhi.

Misaki ci mise un po’ a capire cosa volesse, poi gli sorrise.

-Forte, ti va di passare un po’ di tempo insieme?- chiese, come se fosse una sua idea.

Leland finse di rifletterci un po’ su, poi sospirò, e rispose come se stesse facendo una grande concessione.

-Va bene, non ho altro da fare, dopotutto- acconsentì.

Misaki lo guardò divertita, poi i due si avviarono fuori dalla sala da pranzo.

-Ho una domanda da farti- esordì Misaki, una volta fuori dalla stanza.

-Chiedere è lecito, rispondere è cortesia- alzò le spalle il critico.

-Perché eri convinto che fossi membro di una famiglia benestante?- chiese riprendendo il discorso di prima, decisamente incuriosita.

Leland soppesò le parole.

-Te l’ho detto, il tuo comportamento è stato fuorviante. E forse anche il tuo talento mi ci ha fatto pensare. Insomma, solitamente i talenti “inutili” sono di persone dalle ricche famiglie che hanno potuto ampliare le loro semplici passioni. Tipo Sophie e Godwin. E anche Chap, nel suo piccolo, anche se tenta di nascondere il suo benessere economico- spiegò, facendo gossip.

Misaki era parecchio interessata.

-Chap è ricca? Non lo avrei mai detto. E neanche Sophie in realtà- ammise, riflettendo su eventuali atteggiamenti che potessero provare il punto sollevato da Leland, senza successo.

-Eppure ero convinto che la Ultimate Friendship Maker fosse un’acuta osservatrice- la criticò velatamente, sollevando gli occhi al cielo.

Misaki incrociò le braccia, fingendo di prendersela. 

-Allora illuminami, critico. Che atteggiamenti dichiarano l’appartenenza ad un certo ceto sociale?- chiese.

-Accomodiamoci in sala da ballo, terrò una lezione- rispose Leland, indicando la sala.

Una volta seduti comodi, cominciò.

-Innanzitutto si parte dai saluti. L’educazione è il primo indicatore di una famiglia benestante. Le apparenze vanno sempre tenute, e i benestanti sanno restare in piedi, essere educati, cortesi e dalla risposta pronta. Il carisma è prerogativa delle persone di un alto ceto sociale-

-Chap e Sophie non sono molto portate in questo campo- osservò Misaki.

-Tu sì invece. Ma passiamo al punto due, dato che spesso, nelle famiglie benestanti, capita che ci siano figli ribelli che cercano di nascondere la loro origine. Atteggiamento nei confronti di classi sociali inferiori- continuò Leland.

-Nel senso…?- chiese Misaki, che non capiva del tutto il ragionamento.

-Avrai notato come Chap si rivolge ad Alan. È rispettosa, ma chiede, accetta e non pensa neanche per un secondo di fare qualcosa da sola. Si vede che è abituata ad avere un maggiordomo o comunque della servitù. E anche Sophie ha preso la tazza da tè ieri senza preoccuparsene troppo- la fece riflettere. Misaki doveva ammettere che aveva una sua logica.

-Mi stai incuriosendo molto. Il terzo punto?- 

-Come già anticipato prima, è il talento. Questo è un punto un po’ controverso, ma dagli studenti dell’anno scorso e da alcuni studenti su cui ho indagato nella sede principale della Hope’s Peak, ho diviso le tipologie di talenti in tre sezioni distinte: necessità, tipica delle persone più povere; lavoro, che può variare; hobby, che se non viene trasformato in necessità è prerogativa quasi esclusiva delle persone ricche, e in questo caso Sophie ne è un esempio lampante. Devi essere ricco per avere accesso ad ogni film, serie TV, anime e robaccia varia necessari a diventare la Ultimate Fangirl- spiegò, con orgoglio per la sua classificazione.

-Devo dire che anche Naomi rientra perfettamente nella categoria, anche se nel suo caso aggiungerei un parametro per l’essere “snob”- commentò, pensando alla cantante lirica.

Leland ridacchiò.

-Meglio condividerti il quarto e più importante punto per capire se uno è ricco o no, che nel mio caso è il punto più importante, ma bisogna avere il talento per metterlo a frutto- le si avvicinò, come per farle una confessione importante -L’autenticità-

Misaki lo guardò confusa.

-Autenticità?- chiese, senza capire a cosa si riferisse.

-Bisogna capire se le persone fingono il loro comportamento davanti agli altri. Chap finge di essere una testa calda ribelle che viene dalla strada, e si nota palesemente, Janine non prova neanche a nascondere il suo vero talento e se ne accorgerebbe anche un bambino, e Naomi esaspera a tal punto il suo comportamento snob che diventa una macchietta, e non riesco a credere che tu ci sia davvero cascata- cercò di spiegarsi, con superiorità.

-Certo che hai delle doti deduttive davvero sorprendenti sulle persone- si complimentò Misaki, senza badare all’evidente critica nei suoi confronti.

Leland sorrise, soddisfatto dal commento lusinghiero.

-Beh, è ovvio, sono un critico. Capire le menzogne è parte del mio lavoro- spiegò, come se non fosse niente di ché.

-A proposito del tuo lavoro. In cosa sei specializzato?- chiese Misaki, curiosa.

-Tutto?- rispose lui, come se non capisse la domanda.

-Critichi tutto? Non hai un settore in cui sei più specializzato? Non so, critico gastronomico, o cinematografico, o qualcos’altro- provò a spiegarsi lei, gesticolando.

-Te l’ho detto, sono specializzato in tutto: gastronomia, cinema, teatro, opera, comicità, musica, scrittura, arte, moda… qualsiasi cosa insomma, anche il design di esterni- si vantò.

-E sei esperto in tutti questi settori?- insistette Misaki, incredula.

-Ovviamente. Ti sfido a non esserlo da figlio unico con i genitori che mi sono ritrovato- si lasciò sfuggire Leland, per poi interrompersi, e schiarirsi la voce.

-Che genere di genito…- ma l’indagine di Misaki venne troncata sul nascere.

-Comunque su questo punto fondamentale ti mi hai fuorviato, perché sei decisamente autentica, e dato che superi a pieni voti i requisiti sopra riportati, ero convinto venissi anche tu da una famiglia ricca. Dovrei rivedere i miei standard- cambiò argomento in fretta, ritornando al precedente.

-Perché? Se una persona è povera non può essere tua amica?- lo prese in giro Misaki, convinta che si fosse espresso male.

Leland si sistemò gli occhiali sul volto.

-Certo che no. I poveri cercano sempre di approfittarsene- rispose ovvio.

Misaki perse per un attimo il sorriso, e rifletté sulle sue parole per qualche secondo.

Poi sorrise nuovamente.

-Ma mi hai detto che io sono autentica, quindi magari per me puoi fare un’eccezione- gli fece un occhiolino complice.

Il critico fece per ribattere, ma chiuse subito la bocca, senza sapere come rispondere.

Arrossì leggermente.

-Certo che sei davvero ineccepibile nelle risposte. Facciamo che per il momento non ti escludo- le concesse, senza guardarla.

-Stupendo. Quindi potrò continuare a disturbarti per passare un po’ di tempo insieme, in futuro- si esaltò la ragazza, alzandosi in piedi.

-Aspetta, dove vai?- chiese Leland, colto di sorpresa.

-Da nessuna parte, volevo prendere un succo al bar… tu vuoi qualcosa?- chiese, avviandosi in fondo alla sala.

-Oh… no, sono a posto per il momento- rifiutò. Sembrava sollevato che lei non se ne andasse, ma tentò di nasconderlo.

Rimasero a parlare e fare teorie su chi fosse ricco e chi povero per qualche ora, passando ad altri argomenti di critica che passava in parecchi ambiti diversi, poi Misaki decise di dirigersi in camera e riposare un po’ prima di cena.

 

Fine Freetime!

 

Arrivò in mensa riposata e affamata, e fu una delle prime.

Ovviamente però non batté sul tempo Godwin, Alan e Winona, che erano già lì. Winona aveva convinto Godwin a concederle finalmente un’intervista, e lo stava tartassando di domande sulla sua famiglia, sulle sue madri, servitù, affari e in generale tutta la sua vita.

Godwin non era di molte parole, e sembrava più a disagio del solito.

-Buonasera, cosa c’è per cena?- chiese Misaki interrompendoli, e adocchiando con interesse il piatto di carne davanti a Godwin.

-Può scegliere tra costata di manzo o tonno alla griglia, con contorno a scelta di patate o insalata- rispose Alan, servile come al solito.

-Vada per la carne e le patate- accettò Misaki, sedendosi accanto al filantropo.

-Smamma! Sono nel bel mezzo di un’intervista, e tu me lo distrai!- la cacciò con irruenza Winona, al ché Misaki alzò le mani in segno di resa e si spostò in un tavolo vuoto.

Alan le apparecchiò in fretta e le portò la cena.

Mano a mano iniziarono ad arrivare tutti gli studenti.

Midge si sedette vicino a Misaki, e ordinò pesce e insalata.

Leland venne trascinato al tavolo con Chap e Sophie, con cui sembrava aver stretto amicizia quando erano stati smistati nei gruppi da tre, e Ogden fece compagnia a Brett in un tavolo singolo dove quest’ultimo stava aspettando con trepidazione Janine, che al momento non si vedeva da nessuna parte. Quando Pierce arrivò si sedette con loro, probabilmente con l’intenzione di parlare a Ogden dell’alcool o di chiedere a Janine qualcosa dal cassetto chiuso.

River come al solito entrò senza che nessuno se ne accorgesse, e si mise il più lontano possibile dalla folla.

Stessa sorte toccò a Kismet, che arrivò stiracchiandosi e dopo aver notato Godwin e avergli lanciato un’occhiata carica d’odio, si avviò con sicurezza il più lontano possibile da lui, che impegnato com’era con l’intervista neanche si accorse dello sguardo di fuoco.

Subito dopo fu il turno di Nowell, con la solita aria disinteressata di chi aveva tutto sotto controllo e nulla di cui preoccuparsi.

Adocchiò Misaki e si avvicinò al tavolo.

-Buonasera Amicona, buonasera Perla, posso sedermi con voi?- chiese, prendendo posto prima di ricevere risposta.

Alan gli apparecchiò subito e prese le ordinazioni.

-Pensavo ti saresti seduto con Janine- commentò Midge a bassa voce, adocchiando il tavolo con Pierce, Ogden e Brett.

-Quel tavolo è già abbastanza pieno, e poi Janine in persona non è ancora arrivata, e volevo scambiare quattro chiacchiere con l’amica di tutti- si spiegò il ladro, servendosi un bicchiere d’acqua.

-Beh, non conosco ancora abbastanza bene gli altri da definirmi amica di tutti ma… di che vuoi parlare?- acconsentì Misaki, sinceramente curiosa.

-Secondo te il talento definisce una persona?- chiese a sorpresa il ragazzo, quasi tra sé.

Misaki rimase un attimo spiazzata, non si aspettava minimamente una domanda di questo genere.

Anche Midge lasciò la sua insalata a sé stessa e si mise a riflettere.

-Non penso- rispose poi Misaki -Insomma, dipende da persona a persona, e dal tipo di talento, ma fondamentalmente ognuno è quello che è, e al massimo è la persona a definire il talento- si spiegò, convinta di quello che diceva.

-Ohhh, hai ragione, Misaki. Concordo con lei- le diede man forte Midge, ricominciando a mangiare senza più preoccupazioni.

Alan portò la carne di Nowell, e anche lui cominciò a mangiare, senza ulteriori commenti.

-Perché questa strana domanda?- chiese poi Misaki, interrompendo il silenzio del tavolo.

-Nessun motivo in particolare. Mi chiedevo se qualcuno non mentisse riguardo al suo talento, e che motivi avrebbe di farlo- rispose lui, con nonchalance, lanciando un’occhiata verso Janine, che era appena entrata e aveva lanciato un’occhiata esasperata verso Brett.

-Forse qualcuno mente perché non può rivelare il vero talento- provò a suggerire Misaki.

-E perché non può rivelarlo? È una situazione di vita o di morte. A meno che qualcuno non abbia un talento assassino non vedo perché nasconderlo- provò ad obiettare Nowell.

-Forse qualcuno nasconde un talento che non ha niente a che fare con questa situazione, o magari qualcuno non si identifica con il proprio talento e preferisce usarne un altro. O magari se le persone scoprissero il talento vero potrebbero non guardare più quel qualcuno allo stesso modo, anche se, come dicevo, il talento non definisce  la persona- insistette Misaki.

Nowell alzò le mani in segno di resa.

-Mi sa che hai ragione, Misaki- si arrese.

-È solo una mia opinione, poi ogni persona è diversa. Comunque non credo che tra di noi c’è un assassino che finge di essere un assistente di custodia per bambini- scherzò poi la ragazza, facendo ridacchiare Midge.

Un annuncio di Monokuma interruppe la cena per tutti.

“Tutti gli studenti si rechino immediatamente nella hall. Sto parlando anche con te, Naomi Rossini. Ti conviene precipitarti o ti vengo a prendere per i capelli!”

Nella sala calò il silenzio, poi Janine, che non aveva neanche ordinato da mangiare, si alzò dal tavolo.

-Dovremmo andare, è arrivato il momento della verità- incoraggiò il resto della sala, avviandosi poi fuori dalla mensa.

Nowell si alzò subito dopo.

-Seguo il grande capo. Voi due venite con me?- chiese alle compagne di posto. Misaki si alzò a sua volta, prendendo un ultimo boccone di carne. Midge fu un po’ più titubante, ma li seguì.

Mano a mano uscirono tutti quanti, e si ritrovarono nella hall, in attesa di Naomi, che li degnò della sua presenza trascinata per i capelli da Monokuma, come egli aveva promesso.

-Togli le tue sudice zampacce da me, stupido pupazzo!- si lamentava lei.

-Non stavi arrivando, mancavi solo tu, snobbona- obiettò Monokuma, lasciandola andare e salendo nel bancone della reception, pronto a fare un annuncio che sicuramente era convinto avrebbe messo nei cuori di molti studenti la voglia di uccidere.

-Come procede la reclusione forzata? Avete già voglia di sacrificare tutti quanti per uscire da qui?- chiese, sfregandosi le mani con tono cospiratore.

-Nessuno di noi ucciderà mai per uscire da qui, qualsiasi cosa dirai!- esclamò Misaki con convinzione. Non riusciva neanche ad immaginare che qualcuno potesse commettere un omicidio. Erano tutte persone strane, ma non erano assassini, ne era certa.

-Non concordo, ma ammiro il tuo ottimismo- commentò Nowell, tra sé, ma abbastanza vicino a Misaki da farle sentire il commento.

-Oh, la forza della speranza. Quasi mi commuove- la prese in giro Monokuma, asciugandosi una finta lacrima. -Ma vediamo che succede se mischiamo la speranza con un po’ di sana verità- aggiunse poi, con un tono che non prometteva niente di buono.

-Ci hai chiamato per dirci il motivo che dovrebbe spingerci ad uccidere?- andò al punto Janine, senza mezzi termini.

-Certo che sei davvero sveglia per essere una botanica. In effetti vi ho richiamati proprio per questo. Gente prima di me lo ha tenuto segreto, ma ho in mente dei piani molto malvagi per le prossime settimane, se siete abbastanza svegli da scoprire il primo colpevole, e sono piuttosto certo che almeno la metà di voi l’hanno già capito, perciò vi darò conferma dei vostri dubbi- Monokuma iniziò un lungo discorso di presentazione, dando prova che la sintesi non era di certo il suo forte. 

-Andiamo, sputa il rospo, ho fame- lo incoraggiò Chap, per niente impressionate.

-Upupupupu, forse per alcuni di voi sarà uno shock, ma non siete stati trasportati qui subito dopo il vostro ingresso a scuola. In realtà il vostro primo giorno di scuola è stato più di tre anni fa- la rivelazione, detta in modo divertito e quasi casuale, attirò del tutto l’attenzione degli studenti, che rimasero in un silenzio sbigottito.

-Tre anni…?- sentì Misaki sussurrare alla sua destra, forse detto da Brett, forse da Ogden. Non era importante al momento.

-Oh, sì, tre anni! Avete dimenticato tre anni di stupenda e orribile vita scolastica tutti insieme a cantare Kumbaya e a farvi scherzi terribili, nelle gioie e nei dolori, nella speranza e nella disperazione… più quest’ultima a dire il vero, visto che in tutto questo c’è stata anche l’apocalisse- Monokuma diede l’informazione come se non fosse niente di importante. Misaki sbiancò.

-Apocalisse…?- sussurrò tra sé, sconvolta.

-Sì, solite cose di tutti i giorni nella vita dei liceali. L’unico modo per recuperare i vostri ricordi, uscire da qui e scoprire cosa è successo a parenti e amici in questi tre anni è uccidere qualcuno e non farsi scoprire. Perciò buona fortuna ragazzi- Monokuma era già pronto ad eclissarsi quando Janine lo interruppe per fare una domande che probabilmente era passata dalla mente di tutti, ma che solo lei ebbe il coraggio di far uscire fuori, senza curarsi di quello che gli altri avrebbero potuto pensare di lei.

-Quindi puoi restituirci i ricordi, in che modo?- chiese, scettica.

Sedici sguardi si puntarono curiosi e ansiosi su Monokuma, in attesa della sua risposta.

-Ho il macchinario che ho usato per prelevarvi i ricordi, li posso impiantare nuovamente quando e come voglio, è un gioco da ragazzi. Li ho visti tutti come fossero dei film in prima persona. Non avete idea del cringe per molti di essi- indicò senza pudore Brett, che si lamentò, arrossendo.

-Ehi! Non avevi alcun diritto di vedere i miei ricordi! E sono sicuramente molto eroici e interessanti- ci tenne a sottolineare, anche se non gli credette nessuno.

-Se è per questo non ha alcun diritto di tenerci segregati qui contro la nostra volontà, ma mi pare che lo abbia fatto e che continuerà a farlo- commentò irritata Naomi, a denti stretti.

-In ogni caso vi conviene uccidere se volete impossessarvi nuovamente dei vostri preziosi ricordi adolescenziali. Tre anni sono molti, chissà cosa è successo ai vostri cari- dopo aver messo a tutti la pulce nell’orecchio, Monokuma si eclissò nel nulla, lasciando tutti sgomenti e silenziosi.

Misaki si guardò intorno, cercando di capire come gli altri avevano preso la notizia, e giocherellando nel frattempo con il ciondolo del bracciale dell’amicizia nella parte superiore del braccio. 

Brett stava cercando di pensare a cosa poteva aver fatto che potesse essere considerato cringe.

Naomi era a denti stretti e sguardo basso, si teneva il più lontano possibile dalla folla.

Kismet era a bocca aperta, Winona ad occhi spalancati.

Pierce beveva un caffè che si era probabilmente portato dalla sala da pranzo senza dare segno di essere toccato.

Sophie sembrava quasi soddisfatta.

Ogden era impallidito e si rigirava sul polso il bracciale del fratello.

Midge, pallida come un lenzuolo, sembrava sul punto di svenire.

Alan era impeccabile come al solito, ma il suo labbro inferiore tremava.

Leland si mordeva il labbro inferiore e faceva passare lo sguardo da un membro all’altro della sala.

Chap scuoteva la testa, non credendo ad una parola di quello che Monokuma aveva detto.

River aveva un’espressione di marmo, e stringeva in mano il medaglione che portava al collo, come se potesse dargli qualche risposta.

Godwin era bianco come un cadavere, del tutto perso, e teneva le mani in un punto imprecisato della schiena.

Janine aveva un fuoco negli occhi.

Nowell guardava le due targhette che aveva al collo, concentrato.

Subito dopo sollevò lo sguardo su Misaki, e i loro occhi si incrociarono.

Fu solo un attimo, ma un terribile senso di deja-vu percorse la mente di Misaki.

E dopo quell’attimo, quando entrambi i ragazzi tornarono con lo sguardo su Janine che aveva di nuovo preso il controllo e stava cercando di rassicurare tutti, Misaki si rese conto che Monokuma non aveva mentito.

Certo, forse non erano proprio tre anni, le sembrava troppo assurdo, ma lei conosceva Nowell. Ne era certa.

E lui conosceva lei.

E se era così con lui, sicuramente era lo stesso per le altre quattordici persone.

E Misaki era convinta, ora più che mai, che non avrebbe mai ucciso uno di loro. 

Che stupido che era Monokuma se pensava che degli amici si sarebbero uccisi a vicenda.

O forse era lei troppo ottimista.

 

 

 

 

(A.A.)

Mi dispiace per la lunghezza, non mi sono trattenuta.

Purtroppo i personaggi sono tanti e voglio dedicare a ciascuno abbastanza tempo per farveli conoscere, apprezzare, e poi ucciderli senza pietà, muahahahah.

Poi certo alcuni hanno più spazio di altri perché saranno più importanti. Dopotutto non è un vero Danganronpa se non c’è una Kirigiri/Chiaki pronta a risolvere tutto, un Nagito/Togami pronto a rovinare tutto e un protagonista ottimista.

Anche se i miei personaggi saranno più di questo… si spera.

E spero che vi stupirò.

Se avete teorie mi farebbe un sacco piacere sentirle, tramite recensione o messaggio privato. Stessa cosa se avete un personaggio preferito. Potrei anche salvarlo… o ucciderlo subito.

So che questo primo motivo è esattamente quello di Danganronpa 2, ma non è mancanza di originalità, è più che altro esigenza di trama, e a differenza di DR2 qui c’è l’aggiunta che Monokuma ha la possibilità di restituire i ricordi, che saranno molto importanti in questa edizione.

Il prossimo capitolo (che dovrebbe essere più breve ma mancano ancora due freetime) si concentrerà sulla vita paranoica post-motivo e si concluderà con la scoperta della prima vittima. Brace yourselves perché sono abbastanza certa che non ve lo aspetterete. E ci sarà anche l’illustrazione.

Vi invito a partecipare, se non l’avete fatto, al sondaggio per decidere il free time event del prossimo capitolo, che trovate nel prologo, e che aggiungo anche qui: Sondaggio

E ho creato anche un test: “Quale personaggio sei?” 

Spero che il capitolo vi piaccia.

Alla prossima settimana.

   
 
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