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Autore: Pawa    28/07/2019    11 recensioni
Il Piombo Ambrato si manifesta di nuovo e inspiegabilmente e Trafalgar Law si trova impossibilitato a utilizzare il suo Frutto del Diavolo.
Costretto dalle circostanze a recarsi su un arcipelago dove divampa un'epidemia dai sintomi più disparati e si verificano omicidi insensati, con l'aiuto e il sostegno della sua ciurma, dovrà trovare una cura per gli isolani e una per se stesso.
Il Piombo Ambrato, però, è più rapido e devastante che mai...
(Dal capitolo I)
Sangue.
Centilitri e centilitri di sangue, misti a sostanze più pastose, che poteva tranquillamente riconoscere come membrane cellulari e carne umana.
"(...)Pen, che diavolo succede?!” Tutti e diciannove i restanti Hearts li avevano raggiunti, ma non li aveva degnati d’attenzione..."
(Dal capitolo II)
“Trafalgar Law, finalmente.” Una voce profonda e fin troppo famigliare gli era giunta dall'imbarcazione vicino la sua.
“Cazzo… ma perché la Marina?”
Genere: Drammatico, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bepo, Penguin, Pirati Heart, Shachi, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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°° Il Mostro Bianco °°

 

 


- Capitolo VII -



     Non l’aveva urlato, eppure aveva raggiunto le orecchie di tutti.
Forse perché il tono basso e rassicurante di Trafalgar Law rimbombava senza affievolirsi da un angolo all’altro del comune, forse perché era ciò che ognuno desiderava ardentemente sentire da ormai qualche mese.
 
“Ho trovato la cura”.
 
Soltanto un respiro tremulo di stupore aveva osato rompere il silenzio che prepotente ma dannatamente liberatorio era piombato alle parole del medico.
 
Poi, non era più stato possibile trattenere i singhiozzi e, uno dopo l’altro, gli isolani erano scoppiati a piangere di pura e semplice gioia, mentre altri ridevano increduli, liberando tutta l’ansia e la negatività di cui erano stati oramai saturi.
 
L’epidemia… quell’agonia era finita, insieme ai soprusi subiti dal Governo.
L’isola era stata finalmente emancipata da ogni male e tutto grazie ai Pirati del Cuore e a chi li comandava.
 
Tutte quelle persone, ex criminali che la fantomatica “giustizia” considerava ancora e solo come feccia, erano salve.
Potevano vivere.
 
Il primo cittadino aveva tentato invano di darsi un contegno, poiché le lacrime più sincere che avesse mai versato avevano tradito la sua compostezza e poco dopo le sue gambe avevano tremato, cedendo sotto la sua grande mole, facendolo cadere in ginocchio a pochi passi da Trafalgar Law.
Aveva allungato una mano scossa dai fremiti dei suoi singulti  verso il pirata, afferrandogli la manica della camicia nera.
 
“Grazie! Io… grazie…”
 
Law aveva osservato la mano nodosa che si aggrappava al suo braccio con uno sguardo morbido.
Seppur tendesse a disprezzare il contatto fisico con persone che non fossero i suoi compagni, sentiva di poter condividere i sentimenti di quella gente.
 
Avrebbe voluto così disperatamente averli provati a Flevance vent’anni prima.
 
Chiusi gli occhi per un momento, aveva cercato di ricordarsi e di convincersi che anche se il passato non poteva essere cambiato, ora aveva salvato il futuro di qualche centinaio di persone, che altrimenti sarebbero state condannate come lo era stato lui da bambino.
 
Tornando a guardare il sindaco, che ancora piangeva a testa china al suo fianco, gli aveva stretto la mano con la propria in un gesto gentile, ma allo stesso tempo vigoroso, che subito l’altro aveva ricambiato.
 
“Sono un dottore… dovevo farlo.” Si era limitato a mormorare il medico, ancora perso tra i propri tetri ricordi e non interessato a rivelare le ragioni personali per cui si era sentito tanto coinvolto nei fatti di quell’arcipelago.
 
“No…”
 
Il ragazzo aveva sussultato leggermente al diniego dell’isolano non comprendendo cosa potesse significare e allentando quasi senza accorgersene la presa sulla mano dell’altro, ma questi aveva invece serrato la propria, senza però renderla una stretta dolorosa.
 
“Non parlare come se fosse stato un tuo vincolo professionale, perché niente ti obbligava ad aiutarci, neanche l’accordo con la Marina…” aveva continuato l’uomo “… nonostante ciò, immagino che dopotutto dovevi farlo…” Il suo tono era più mesto, lo sguardo ancora bagnato dalle lacrime, ma così profondo. “Quindi grazie, davvero.”
 
Law era rimasto a fissare l’espressione seria dell’ex pirata per diversi attimi.
 
“…Immagino che dopotutto dovevi farlo…”
 
Cosa insinuava, esattamente?
Il giovane chirurgo si era ritrovato a chiedersi se per caso il signor Bentam sapesse, perché altrimenti non trovava ragioni dietro quella frase.
 
Sicuramente l’aspetto cadaverico che aveva oramai assunto non era passato inosservato, ma collegarlo al Piombo Ambrato e quindi alle disgrazie di Flevance non poteva essere così facile, giacché era considerata un malattia estinta.
 
Estinta con la festeggiata scomparsa del maledetto e raccapricciante Mostro Bianco, gli aveva rammentato la parte più infida e masochista di se stesso.
 
Law aveva abbassato le palpebre una seconda volta, trapelando un’espressione amareggiata che diveniva sempre più smarrita.
 
Estinta con me.
 
Il suo respiro si era smorzato all’improvviso.
Il suo corpo si era irrigidito e immobilizzato.
La sua ragione alla deriva tra i ricordi.
 
Era sopravvissuto a malapena allo sterminio della sua città nascondendosi tra i cadaveri maciullati dei suoi concittadini.
Era fuggito ancora ferito e terrorizzato, aveva patito la fame, la sete, finché la malattia non aveva distrutto i suoi organi e certi bisogni primari non erano più stati un’urgenza.
Poi perfino quel dannato malanno non era stata più la sua maggior sofferenza, perché venendo additato come appestato e portatore di sciagura e morte era stato inseguito coi fucili, coi bastoni e scacciato da qualsivoglia luogo civilizzato.
Era stato preso a sassate. Così tanti gli avevano sputato addosso prima di scappare onde evitare un inesistente contagio.
Qualcuno era riuscito a dargli fuoco quell’unica volta che Law, stremato, si era concesso un po’ di sonno, rannicchiato su una lapide in un qualche cimitero.
Le cicatrici lasciate dalle fiamme erano state quasi un piacere per gli occhi se paragonate alle macchie bianche che giorno dopo giorno avevano divorato il suo corpo.
Soltanto dopo essere guarito, anni dopo, i segni delle ustioni l’avevano disgustato e li aveva quindi nascosti con una ricca collezione di tatuaggi.
E anche se ogni simbolo e disegno che gli aveva decorato il corpo aveva per lui un profondo significato e apprezzava come abbellisse la sua figura, non aveva fatto nulla per occultare il ricordo del dolore atroce che aveva patito al suo fisico e al suo cuore subendo quegli abusi.
 
Nulla poteva fargli dimenticare di essere stato il Mostro Bianco.
 
La sua mano giaceva ormai inerme in quella più grande del primo cittadino e non gli ricadeva in grembo solo grazie a quest’ultimo.
La sua mente troppo assente, troppo presa da infausti ricordi per poter dare all’arto destro il semplice comando di mantenere la forza.
 
Sono nuovamente malato. Il Piombo Ambrato è tornato. E quindi… quindi vuole dire…
 
Una smorfia di disgusto, forse di dolenza, forse di ambedue le cose aveva rovinato i suoi perfetti lineamenti, facendo immediatamente allertare Penguin e Shachi, che avevano assistito allo scambio di battute tra il loro fratellino e il sindaco ed erano stati anche loro stupiti dalle parole di quest’ultimo.
 
… Vuol dire che il Mostro Bianco è tornato.
 
Law aveva sgranato gli occhi, fissando il vuoto e non riuscendo più a sentire nulla attorno a sé, ma solo la propria voce interiore che ripeteva quel dannato appellativo.
 
Il Mostro Bianco è tornato.
I suoi aguzzini torneranno.
 
Penguin si era staccato dal bracciolo della poltrona, mettendosi di fronte al suo comandante e poggiandogli le mani sulle spalle.
Quell’espressione persa sul viso di Law gli faceva attorcigliare lo stomaco.
 
“Captain, tutto bene?”

Ovvio che no, sapeva perfettamente che c’era qualcosa che non andava.
Aveva il vago sospetto che la frase ambigua del sindaco avesse innescato qualcosa nella mente di Law, ma era solo una sua supposizione.
 
Forse il suo migliore amico stava avendo un culmine?
D’altronde era peggiorato terribilmente quel dì e proprio in quel frangente il Piombo Ambrato poteva stargli divorando il cervello.
 
O forse effettivamente era in corso una crisi, che però era stata originata dalle parole di Bentam?

Comunque fosse era certo che Trafalgar Law non era in sé e Penguin intendeva riportarlo indietro da dovunque la sua mente si stesse smarrendo prima che le persone che li circondavano e che ora stavano festeggiando come potevano la scoperta della cura dell’epidemia si accorgessero del suo stato.
 
Il sindaco si era rimesso in piedi con leggera fatica, complici la malattia e l’età, un’aria apertamente confusa in volto.
Non immaginava cosa avesse patito quel ragazzo né le reali motivazioni per le quali si era tanto prodigato per salvare la sua gente, eppure di una cosa Bentam era certo.
Il suo salvatore non era affatto in ottima salute e indubbiamente in quel momento stava soffrendo ancor di più per qualche ragione.
Ma non poteva fare a meno di chiedersi cosa potesse mettere in ginocchio perfino il Chirurgo della Morte.
 
Qualunque flagello fosse, aveva però presto concluso, certamente non era affar suo e come segno di riconoscenza nei confronti del giovane capitano, sebbene fosse minimo, aveva saggiamente deciso di fingere di non aver notato nulla e di lasciarlo nelle mani della sua ciurma, sperando che si sentisse presto meglio.
 
“Law, guardami.”
 
Penguin neanche aveva badato all’isolano che si era allontanato né ai propri nakama che andavano formando coi propri corpi una barriera improvvisata attorno a lui e il loro medico, nascondendoli da occhi indiscreti.
Il pirata non poteva che avere attenzioni per il compagno di una vita, che stava chiamando incessantemente, ma senza successo.
Law respirava troppo flebilmente e continuava ad avere gli occhi sbarrati, che erano così terribilmente chiari, ancor più del suo solito azzurro ghiaccio.
 
Penguin gli aveva afferrato il viso, costringendo lo sguardo assente del ragazzo più giovane ad incontrare il proprio. 
 
“Fratellino, ti prego, dimmi qualcosa. Sono qui con te, tutta la ciurma è qui. Ci stai facendo preoccupare!”
 
“…sono qui con te, tutta la ciurma è qui…”
 
Era stato come un eco lontano, ma le parole del compagno erano riuscite a raggiungere Law e riscuoterlo.
 
Loro sono qui con me.
 
Dopo secondi interminabili che avevano seguito la supplica del pinguino, il medico aveva finalmente sbattuto gli occhi, tornando a mettere a fuoco le immagini, anche se con sforzo, e riordinare i pensieri.
 
“Penguin?”
 
Il sussurro di Law, che era stato quasi più una domanda incerta, aveva strappato un sospiro di sollievo a tutti, benché la preoccupazione per la sua salute non potesse proprio svanire, ma quantomeno era nuovamente cosciente.
 
“Law, stai bene?” Aveva chiesto nuovamente Penguin, gioendo interiormente nel vedere finalmente il suo capitano reagire.
 
Quest’ultimo non aveva risposto.
 
Era ancora scosso.
 
Un pungente e insopportabile dolore al capo gli impediva di concentrarsi su qualsiasi cosa per più di mezzo secondo e non sapeva se si fosse generato in seguito ad aver rammentato il passato o se fosse stato proprio questo a provocare il mal di testa.
 
Cazzo se ci era andato vicino.
Era stato ad un passo dal perdere la ragione e forse ad abbandonarsi a una crisi di panico o una isterica o, peggio, a una psichiatrica.
Era bastato così poco per spezzare il suo autocontrollo, una semplice frase che poteva suggerire diverse cose.
Eppure la sua coscienza si era sentita subito minacciata e si era fatta sopraffare dagli incubi della sua infanzia.  
 
Aveva strizzato gli occhi, portandosi una mano alla tempia e sopprimendo a stento un lamento, nato non tanto per il dolore al suo capo quanto più per quello al suo cuore.
Infatti, al medesimo tempo in cui aveva ripreso il controllo di sé, il suo cervello aveva ripristinato il suo abile e rapido ragionamento ed era giunto a un’amara conclusione.
 
Se crollava per un nonnulla, per un’inezia che nemmeno voleva essere provocatoria, ma che solo vagamente avrebbe potuto far riferimento al suo passato - di cui tra l’altro aveva già superato i traumi- significava… beh, significava che non era più in lui.
Che non gli rimaneva più molto tempo.
 
Doveva sbrigarsi.
 
Sbrigarsi a curare quella gente e sbrigarsi a curare se stesso.
Necessitava solo di ritrovare un minimo di tranquillità e sicurezza e poi avrebbe risolto tutto.
E per farlo lo sapeva, non aveva nemmeno bisogno di pensarci.
Aveva bisogno del supporto di quelle chiocce di Penguin e Shachi e del resto della sua ciurma.
 
Per loro non potrei mai essere il Mostro Bianco…
 
Un brivido l’aveva colto nel ripetersi quel nome in testa, ma non avrebbe ceduto una seconda volta.
 
Penguin aveva notato il fremito e stava per domandargli per la terza volta come stesse, quando Law si era buttato in avanti, avvinghiandogli il collo e abbracciandolo come non faceva da anni.
 
Il pirata di Swallow Island avrebbe dovuto sorprendersi di quel gesto, sapendo come il suo fratellino fosse un amante dello spazio personale e dei pochi contatti fisici, ma capiva perfettamente quanto ne avesse bisogno.
Aveva ricambiato l’abbraccio, stringendolo a sé, cercando di fargli capire che per lui ci sarebbe sempre stato ed evitando di curarsi di quanto cazzo fosse freddo, pur essendo vivo.
 
A quello ci avrebbe pensato dopo, adesso voleva solo rimettere insieme il suo capitano.
 
Quando aveva percepito il suo cuore tornare al suo solito stato bradicardico da un ritmo fin troppo accelerato, si era a propria volta calmato.
Poi aveva sentito la presa delle braccia di Law allentarsi di un poco, quel tanto che bastava per permettergli di staccarsi leggermente dal proprio busto e di alzare il capo per guardarlo negli occhi.
 
“Ho bisogno di spiegare a voi e a chi è in grado di aiutarci una cosa fondamentale riguardo alla cura. Poi voglio tornare al Polar Tang.” Aveva abbassato lo sguardo, riappoggiando la testa contro la spalla del pinguino. “Non sto bene. Non più.”
 
“D’accordo…” l’aveva assecondato Pen, deglutendo alle ultime parole udite e conscio che salvare quella gente fosse essenziale per il suo Doc, non importava quanto poco bene stesse. Gli aveva posato una mano sulla fronte, desideroso di constatare quale fosse la sua temperatura, mentre l’altro braccio ancora lo avvolgeva. Pareva un po’ più bassa della norma.
“Uni, Clione,” aveva richiamato i suoi compagni, appuntandosi mentalmente di preparare un bagno caldo a Law e poi di imbacuccarlo nel piumone. “riunite marines e isolani che possono essere utili. Vediamo di fare in fretta, voglio riportare a casa il capitano per un’ora decente.”
 
“Aye aye!”
 
***
 
     Sembrava che la lieta novella enunciata da Trafalgar Law in seguito alla discussione con Sengoku avesse rinvigorito anche chi nei giorni passati era rimasto accasciato e sofferente nel proprio letto di fortuna. Infatti, poco dopo che Uni e Clione avevano riferito a isolani e soldati non corrotti che era necessario chiarire alcuni particolari circa la cura, un cospicuo gruppo di persone si era avvicinato alla sala dove stanziavano i Pirati del Cuore.
 
Law aveva fatto entrare marines e civili, scrutando attentamente questi ultimi in cerca di qualsiasi segno di debolezza.
Nessuno li aveva obbligati a raggiungerlo, ma sospettava che si fossero mossi più per apprensione e grazie alla forza scaturita dalla speranza che per vera energia ritrovata.
D'altronde la cura era stata scoperta, ma non ancora somministrata, quindi quella gente era ancora malata.
 
Dopo aver constato che probabilmente il ragazzino alla sua destra sarebbe svenuto al massimo entro dieci minuti, si era deciso a parlare, volenteroso di chiarirsi alla svelta e tornarsene alla nave.
 
“Forse prima sono stato superficiale nell’esprimermi. Ho detto di aver trovato la cura… ma di fatto ancora non l’ho preparata. Nonostante ciò potete stare tranquilli, giacché so come potervi guarire. È solo che allo stato attuale non posso realizzarla. Mi occorre soltanto la vostra collaborazione.”
 
Qualcuno aveva trattenuto il respiro alle parole del pirata, rilasciandolo sollevato subito dopo.
La paura che Trafalgar li avesse presi in giro circa la scoperta della cura, per quanto improbabile fosse che un medico scherzasse su qualcosa del genere, era stata molto forte e avevano temuto che quell’improvviso colloquio servisse per smentire quanto prima detto.
Ma fortunatamente il suddetto dottore li aveva immediatamente rincuorati.
 
“Mi-mi scusi…” un uomo che sarà stato solo di qualche anno più grande di Law si era fatto avanti, dando voce al pensiero che si era formato nella mente di tutti.
“… L’aiuteremmo più che volentieri, ma temo che nessuno di noi abbia esperienza in campo medico…”
 
Il corsaro aveva osservato l’isolano sorreggendosi il mento con una mano, più perché ancora pativa il mal di testa che per voler sembrare disinvolto. Era stato tentato di rispondergli come prima cosa che poteva benissimo evitare di dargli del “lei”, siccome era abbastanza sicuro di essere il più giovane tra i due, ma in fondo un po’ di riverito rispetto non gli dispiaceva.
 
“Non dovete destreggiarvi con la medicina, bensì recuperare ciò che mi serve per la composizione della cura. Diciamo che mi manca un ingrediente della ricetta, ma credo sia reperibile su questo arcipelago. Se così non fosse, potremmo fermare qualche nave mercantile  e comprarne un po’ o fare un arrembaggio… tutte ne trasportano ingenti quantità. È una rotta molto trafficata questa, giusto?”
 
Il ragazzo malato si era ritrovato ad annuire senza neanche accorgersene, ascoltando attentamente il chirurgo, mentre qualcuno tra gli Heart Pirates sosteneva con entusiasmo l’idea di un genuino arrembaggio.
 
“Bene,” Aveva esordito Law notando la conferma datagli dal suo interlocutore. “ma direi di iniziare a cercare da qui. Quello che ci serve è un corallo. Non ne occorre uno specifico, basta che sia rosso e autoctono del Nuovo Mondo. Se non sbaglio questo arcipelago è un affioramento lavico, quindi dovrebbe avere una parete sottomarina ricca di coralli.  Ma non intendo mandare la mia ciurma al cieco setacciamento dei fondali di tutto questo posto. Immagino che qualcuno tra voi si sia dedicato alla pesca o comunque conosca la fauna ittica della zona. Se vi uniste a noi dareste indicazioni fondamentali, che accorcerebbero significativamente i tempi di ricerca.”
 
Shachi aveva seguito con interesse l’esposizione del compagno, così come ognuno dei presenti e aveva tentato di dedurre a cosa potesse servire un corallo nella preparazione di un medicinale, ma senza trarne alcuna conclusione.
 
“Captain, scusa se ti interrompo, ma mi hai incuriosito. Da quel che so i coralli hanno proprietà benefiche limitate, che sicuramente non sono sufficienti a salvare una vita, e che possono essere simulate da molti altri elementi in natura, a volte con migliori risultati. Quindi perché necessiti proprio di un corallo per la cura?”
 
Law si era voltato a guardare il viso del proprio compagno da oltre lo schienale della poltrona su cui ancora sedeva.
 
“Non è un’osservazione del tutto sbagliata la tua. In effetti, di norma, i coralli non sono particolarmente influenti sul corpo di un essere vivente, pur presentando delle caratteristiche vantaggiose per la salute. La varietà bianca è utile per il cuore, quella rosa per il fegato e la rossa per il sangue e le ossa, ma non hanno una vera e propria incidenza sulla funzione di ognuno di questi elementi. Tuttavia, come ho detto, di norma è così. Ma nel Nuovo Mondo dove tutti sono più potenti, anche tutto è più forte.” Le sue labbra si erano piegate in un ghigno nell’accorgersi che la sua ciurma, probabilmente, aveva intuito cosa intendesse dire.
Era poi tornato a guardare isolani e marines, incrociando di sfuggita lo sguardo morbido di Sengoku.
“Tempo fa studiai vari organismi provenienti da diverse barriere coralline del Shinsekai. Tra le altre scoperte, appresi che i coralli di questo oceano hanno intensificato le loro peculiarità salubri in modo significativo. In particolare il tipo rosso è in grado di accelerare la mitosi delle cellule, facilitando considerevolmente la circolazione sanguinea e il rafforzamento delle ossa e dei midolli. Ed è esattamente quest’ultima caratteristica che vi occorre.”
 
Aveva fatto una pausa per dar tempo a ognuno dei presenti di cogliere le varie informazioni e per afferrare un cuscino della sua seduta.
Individuando nuovamente l’adolescente di cui aveva decretato l’imminente perdita di coscienza, aveva lanciato il cuscino nella sua direzione esattamente qualche istante prima che il giovane crollasse a terra privo di sensi, ma con la testa incolume.
 
I Pirati Heart avevano trattenuto un sorriso vedendo le facce degli isolani positivamente stupite dalla prontezza e dalla perspicacia del loro capitano.
 
Allo stesso tempo quella che doveva essere la madre del ragazzino aveva presto lasciato che la preoccupazione surclassasse le sue altre emozioni e si era accovacciata accanto al figlio chiamandolo a gran voce.
 
Law si era alzato senza energie e per la prima volta in vita sua senza voglia di fare il medico, ma si era ugualmente diretto con passo lento verso il suo nuovo paziente più urgente, sentendosi obbligato a constatare quali fossero le sue condizioni fisiche.
Subito dopo aver verificato che non stava per morire, si era deciso a proseguire e concludere il proprio discorso mentre terminava anche la visita del ragazzo.
 
“Come vi stavo dicendo… è essenziale recuperare il corallo rosso per lo sviluppo del vostro midollo. Non so quanto capireste se vi spiegassi nel dettaglio come funziona la malattia di cui siete vittime, ma sostanzialmente vi sono state distrutte tutte le difese immunitarie ed è stata inibita l’emopoiesi, ossia la produzione degli elementi corpuscolari del sangue, tra cui i leucociti.”
 
Interrompendosi per qualche istante, aveva afferrato il polso dell’adolescente per controllarne il battito.
Considerata la regolarità e la frequenza del suo cuore, probabilmente lo svenimento era stato solo un culmine di estrema spossatezza e si sarebbe presto risvegliato.
 
“Col midollo fuori gioco siete esposti ad ogni genere di germe senza però avere anticorpi, di conseguenza il vostro organismo è completamente indifeso e inerme e permette una tranquilla proliferazione di qualsivoglia agente patogeno, fino al decesso. E questo chiarisce anche perché visitandovi riscontravo i sintomi più disparati. Non era l’epidemia diffusa dal Governo a generare una moltitudine di problematiche, bensì ognuno di voi si è buscato un diverso malanno e, non avendo neanche un anticorpo per contrastarlo, questi è degenerato fino a diventare potenzialmente fatale.”
 
Aveva sentito qualcuno boccheggiare scioccato e non poteva certo biasimarlo.
Scoprire di essere più debole di un neonato a livello immunitario non poteva che lasciare spiacevolmente basiti.
 
“Dunque, tornando alla cura…” aveva proseguito, mentre controllava la reattività delle pupille del suo paziente “…occorre somministrarvi un bel mix di acceleratori di mitosi e anticorpi, tra le altre cose. In questo modo, mentre le componenti del corallo penseranno a far riprodurre le vostre cellule, che andranno a sostituire quelle alterate dall’epidemia ripristinando l’emopoiesi, gli anticorpi iniettati inizieranno a combattere le varie malattie che avete collezionato. Non ho dubbi che funzionerà, quindi potete già ritenervi guariti. Signora,” aveva richiamato l’attenzione della madre ancora inginocchiata accanto al figlio “il ragazzo sta bene. Faremo abbassare la febbre e si riprenderà presto.”
 
La donna era rimasta in silenzio per alcuni secondi, poi, dopo aver afferrato la mano del figlio, aveva rivolto uno sguardo pieno di riconoscenza al pirata.
 
“Grazie infinite. E non mi riferisco solo alla visita che ha appena fatto.”
 
“Sì, grazie davvero!”
 
Law si era girato verso dove aveva sentito provenire quella voce, ma in mezzo alla piccola folla non era stato in grado di riconoscere chi l’avesse emessa e tutt’al più, uno dopo l’altro, si erano levati ringraziamenti da ognuno degli isolani e poteva giurare sulla propria nave di aver sentito qualche complimento anche da parte di alcuni soldati.
 
La timidezza non faceva certo parte del suo carattere, ma un sentimento molto simile a un piacevole imbarazzo l’aveva colto nel rendersi davvero conto che lui, proprio lui, che era un pirata e che di misfatti ne aveva compiuti tanti nella vita, stava venendo elogiato con tanto e sincerissimo affetto.
 
Non sapeva nemmeno cosa dire né per quale assurdo motivo era così tentato di sorridere.
 
Cazzo, lui non sorrideva con dolcezza a gente sconosciuta!
Aveva una pessima reputazione da difendere, dopotutto.
 
Insomma, non era mica la prima volta che salvava la vita a qualcuno. Era un medico dopotutto e secondo molti era anche il migliore.
Quindi non avrebbe dovuto sentirsi così estraneo a quella sensazione che lo stava avvolgendo prepotente, ma gradevole e perciò non avrebbe avuto motivo di sorridere.
 
Eppure si sentiva davvero vicino al farlo e in fondo, ma davvero in profondità, non aveva nulla in contrario.
 
Forse, si era ritrovato a supporre, quella che stava provando era un’emozione molto simile a quella che avevano provato i suoi genitori nel corso della loro carriera.
E a questo pensiero, un debole sorriso aveva infine piegato le sue labbra, seppur Law avesse abbassato la testa e probabilmente in pochi l’avevano visto.
 
Rimettendosi in piedi, si era voltato per dirigersi verso il proprio equipaggio, desideroso di sottrarsi dal centro dell’attenzione di tutti quei “grazie”, che seppur gli facessero piacere, non lo mettevano esattamente a proprio agio, ma si era bloccato.
 
Quei bastardi… quegli adorabili bastardi stavano sorridendo da orecchio a orecchio e i loro occhi la dicevano lunga.
 
“Il nostro Captain è un genio e sa fare tutto ed era ora che ve ne accorgeste” era un messaggio più che chiaro di quelle chiocce innamorate di lui e Law non aveva potuto che scuotere la testa divertito per poi finalmente tornare a sedersi, mentre il coro di ringraziamenti andava scemando.
 
“Ora che sapete tutto,” aveva ripreso la parola il dottore “spero vogliate aiutarci nel recupero del corallo.”
 
Bentam aveva fatto un passo avanti, rendendosi portavoce dei propri cittadini.
 
“Sarebbe solo un piacere. Molti dei presenti sono pescatori e nell’altra sala abbiamo una biologa marina, che non sta troppo male. Sono certo che si unirà a noi con entusiasmo.”
 
“Anche noi parteciperemo alla ricerca.” Aveva subito fatto eco Sengoku con tono basso e per niente perentorio, bensì gentile. “Rimanderò di qualche giorno il ritorno al Quartier Generale, ma non importa. È il minimo che possiamo fare…”
 
Law aveva annuito, vagamente consapevole del cambiamento drastico con cui il marine gli si rivolgeva.
 
L’ex Grandammiraglio, infatti, da quando si era reso conto che Trafalgar Law, il bambino per cui il suo figlioccio aveva sacrificato se stesso, era ancora succube a nientemeno che il Piombo Ambrato, non era più stato in grado di trattarlo con la solita freddezza che dimostrava nei confronti dei pirati.
 
Già tredici anni prima, quando Rocinante gli aveva confessato di voler salvare l’unico sopravvissuto di Flevance, riferendogli di tutto il male che quel bimbo stava patendo, Sengoku si era sentito vicino a quel piccolo sfortunato e man mano che veniva aggiornato sulla sua salute che regrediva, aveva addirittura incominciato a volergli bene, pur non avendolo mai incontrato e non conoscendone il nome.
 
Ora, nonostante quel ragazzino fosse divenuto un criminale, rimembrando le parole del proprio figliastro e i propri sentimenti passati, il marine sentiva di essergli più o meno affezionato.
 
D'altronde era sempre lo stesso bambino malato, che aveva sofferto tanto e che aveva fatto patire anche il cuore dell’ex Grandammiraglio con le proprie disgrazie.
Ed era ancora la stessa persona che Rocinante aveva amato come un fratello più piccolo o forse addirittura come un figlio.
 
Inoltre il fatto che Law in fondo fosse un bravo ragazzo, anche se in maniera distorta e non ben chiara - ma certo era che salvava numerose vite - aiutava Sengoku ad accettare il proprio nuovo giudizio sul Chirurgo della Morte.
 
“Posso farle una domanda?”
 
Il marine era stato ridestato dalle proprie riflessioni dallo stesso uomo che poco prima si era rivolto a Trafalgar per esporgli il proprio dubbio.
 
Il pirata aveva fatto un cenno col capo.
 
“Beh, forse è una domanda stupida… volevo capire perché anziani e bambini si siano rivelati i bersagli più deboli di quest’epidemia. È solo una questione di età?”
 
Law aveva osservato come l’isolano puntasse lo sguardo sulla superficie del tavolo che li separava piuttosto che sul suo volto.
Evidentemente la curiosità l’aveva spinto a parlare prima di aver soppesato se quanto voleva dire era sciocco oppure no e ora si stava dando dell’idiota.
 
“In effetti sì, è una questione di età, ma non trovo che sia una domanda stupida, perché la spiegazione è molto più tecnica di quel che si possa immaginare.”
 
Sentendo ciò, l’isolano aveva finalmente incontrato gli occhi del corsaro coi propri, ogni segno di impaccio svanito.
 
“Per farla breve, riconsideriamo il midollo. Esso è la fabbrica delle nostre difese immunitarie e questa sua caratteristica varia in base all’anzianità dell’organismo. È a livelli minimi nei neonati, poi durante il corso della vita, attraverso l’esperienza acquisita superando varie malattie, raggiunge la sua massima produttività, che si riduce con la vecchiaia. A dire il vero, quest’ultima fase dipende anche dalla prestazione fisica della persona, ma sicuramente un’ottantenne, anche se in ottima salute, ha meno difese di qualcuno con la metà dei suoi anni. Voi invece vi siete ammalati più tardi per il semplice fatto che il virus del Governo ha impiegato più tempo a distruggere un numero maggiore di anticorpi.”
 
Capendo dalle espressione dei civili che più Trafalgar parlava più erano intrigati e volenterosi di sapere altro, Bepo aveva deciso di porre fine a quel colloquio, cosicché tutti i malati lì riuniti potessero tornare a riposare, Captain compreso.
 
“Bene, a questo punto direi che vi è stata chiarita ogni perplessità. Vi suggerisco di congedarvi, riferire agli altri quanto ci siamo detti e recuperare le energie per domani. Partiremo alle prime luci dell’alba con le immersioni.”
Il Visone si era voltato verso il proprio comandante, alla ricerca di un consenso, che era subito sopraggiunto. Era quindi tornato a guardare marines e isolani cercando di infondere quanta più autorità possibile nei suoi occhioni da orso polare.
 
“Bene, allora a domani. Grazie ancora per tutto quanto.”
Bentam aveva fatto un leggero inchino col capo, imitato da alcuni suoi concittadini, prima di tornare con quest’ultimi ai propri giacigli improvvisati, i soldati dietro di loro, e presto l’ala del comune dove si erano stanziati i Pirati Heart era rimasta vuota a eccezione dei corsari e di Sengoku il Buddha.
 
Law aveva guardato stancamente il marine, sperando che avesse semplicemente dimenticato come si faceva a camminare e che quindi non fosse rimasto perché voleva chiedergli qualcosa.
Non aveva più un briciolo di forza per interloquire.
Aveva retto durante tutta la spiegazione della cura con una perfetta poker face, ma ora era davvero esausto e non voleva fare altro che abbracciare Bepo per aver concluso la riunione.
D'altronde poco più di mezzora prima aveva a malapena evitato un crollo psichico, quindi si riteneva orgoglioso di se stesso già solo per essere stato in grado di discutere coerentemente tanto a lungo.
 
“Vorrei parlare con te.”
 
Ovviamente, eccola lì.
La sua proverbiale sfiga.
Quando sperava in qualcosa poteva scommetterci la propria testa che sarebbe accaduto esattamente l’opposto.
 
Trattenendo sia un sospiro sia un insulto verso qualunque divinità della malasorte che l’aveva preso di mira, si era rivolto all’uomo più anziano con un tono che trasudava la sua esasperazione.
 
“È urgente?”
 
Si era sentito squadrare attentamente dal soldato, poi l’aveva visto distogliere lo sguardo con un’inspiegabile nota di amarezza sul volto.
 
“Non proprio. Possiamo fare anche domani.”
 
L’arrendevolezza che Sengoku dimostrava in quel momento, nonché la morbidezza che si poteva leggere nei suoi occhi avevano quasi fatto cambiare idea a Law, che dubbioso e incuriosito circa l’umore dell’ex Grandammiraglio voleva ora parlargli per cercare di capire cosa gli fosse preso, ma Penguin aveva preso la palla al balzo.
 
“Allora rimanderemo a domani. Noi torniamo alla nostra nave. Direi che possiamo permetterci di lasciare il municipio per una notte. Il capitano ha stabilizzato tutti i malati ieri, quindi non dovrebbero esserci problemi. Nel caso, contattateci. Correndo con l’haki possiamo essere qua in meno di un minuto, letteralmente.”
 
Il marine aveva annuito in silenzio, poi si era diretto verso l’uscita, sostando qualche secondo sulla soglia come se fosse stato indeciso.
Infine se n’era andato.
 
L’intera ciurma aveva sospirato all’unisono.
 
“Finalmente un po’ di pace!” Ikkaku si era stiracchiata, rivolgendosi poi ai propri compagni. “Ragazzi, si è fatto tardi e ancora non abbiamo cenato. Che ne dite di sbrigarci a tornare a casa, preparare flebo maxi dose per Law, un po’ di veloce e calorico cibo spazzatura per noi e coccolare il capitano?”
 
I sorrisi che le erano stati rivolti erano valsi come conferma.
 
“Quando dici “coccolare il capitano” intendi che tu lo coccoli e se noi proviamo a toccarlo ci prendi a pugnalate?”
 
“Assolutamente sì, Masked Man. Lui è mio.” Il tono con cui lei aveva ribattuto era stato solenne e quindi il ragazzo aveva deciso di starle al gioco, cambiandosi la maschera da teatro che indossava con quella che mostrava un’espressione arrabbiata.
Dove tenesse tutte quelle maschere e come facesse a cambiarle in un battito di ciglia era ancora un mistero per i Pirati Heart.
 
“Captain, l’hai sentita? Sei anche nostro. Lei reclama diritti che non sono suoi esclusivi, dille qualcosa!”
 
Il dottore aveva osservato divertito il siparietto tra i suoi due amici, conscio che lo stessero esibendo per risollevargli un po’ il morale.
 
“Mi fate sentire una prostituta piuttosto acclamata. La cosa peggiore è che lo apprezzo.”
 
La ciurma era scoppiata a ridere, non aspettandosi tanta ironia da Law dopo una giornata del genere.
 
Tra le risa, Shachi aveva ritrovato la capacità di parlare.
“Allora, che dici? Andiamo?”
 
“Sì, tesoro, ormai è notte. Inizia il mio turno di lavoro.”
 
Una seconda ondata di risate genuine aveva riempito la stanza.
Era da troppi giorni che non si divertivano in quel modo stupido, ma sincero e stupendo.
Esattamente dalla notte in cui Law aveva vomitato anche l’anima e aveva scoperto di avere il Piombo Ambrato.
 
Ancora ridacchianti avevano iniziato a recuperare le proprie cose, mentre il medico si alzava lentamente dalla poltrona, ma presto Uni aveva fatto cadere per terra il proprio lumacofono vedendo Law crollare dopo neanche un attimo che era in piedi e il suo scatto verso il suo capitano era riuscito solo a impedirgli di sbattere la testa sul pavimento.
 
Il resto dell’equipaggio si era subito precipitato dai due.
 
“Scusami, Uni… il tuo lumacofono sta bene?”
 
“Captain, non preoccuparti della lumaca. Tu piuttosto…”
 
“Tranquillo, avrò solo un paio di lividi sulle ginocchia.”
 
Penguin si era chinato alla sua altezza, cingendogli il viso con le mani.
“Non è mica per i lividi che ci preoccupiamo!”
 
Il capitano aveva roteato gli occhi per poi portarli a guardarsi le cosce, poggiando la mano sinistra su una di esse.
“Lo so... ho le gambe deboli, ma è solo stanchezza. Almeno credo…”
 
Gli Hearts si erano scambiati occhiate dubbiose e si erano rasserenati leggermente solo dopo che Jean Bart si era offerto di portare il loro comandante su una spalla o su una mano, a seconda di dove era più comodo Law.
 
E anche se quest’ultimo aveva tentato di rifiutare sostenendo che non ce n’era bisogno, alla fine il semi gigante aveva avvolto la propria mano attorno al corpo del suo capitano e si era diretto verso la porta, l’equipaggio al seguito.
 
***
 
     “Trentaquattro virgola uno gradi. Praticamente un principio di ipotermia.”

Law avrebbe incrociato le braccia all’ennesima lamentela preoccupata della sua madre pinguina, ma i due pigiami e le tre coperte in cui era stato avvolto come un insaccato da stagionatura glielo impedivano.
 
“La mia temperatura corporea standard e di trentacinque virgola otto gradi. Quindi non c’è bisogno di fare una tragedia anche per questo.”
 
Penguin aveva guardato con rimprovero il proprio fratellino, rimettendo a posto il termometro.
 
“Law, sei il più grande dottore che esista e vuoi farmi credere che ignori come funziona l’ipotermia?”
 
“Vuoi sgridarmi o elogiarmi? Mi confondi così, non so con che tono risponderti.”
 
“Law!”

“Va bene, va bene. Non è una temperatura ideale, ma non è nemmeno vertiginosamente bassa. Per ora mi basterà riscaldare continuamente il mio corpo.”
 
Il compagno pareva non sapere cosa controbattere, quindi si era limitato ad una scrollata di spalle mentre si avviava verso l’uscita della cabina del suo comandante, ma si era poi voltato a guardare quest’ultimo.
 
“Ti serve altro prima che vada?”
 
“Il bacio della buonanotte.”
 
Penguin aveva ridacchiato, ritornando sui suoi passi e aprendo la porta metallica, ma il ragazzo più giovane l’aveva richiamato.
 
“Aspetta, Pen.”
 
Lui si era nuovamente girato a guardare il medico, un sopracciglio arcuato.
 
“Cos’è, lo vuoi davvero?”
 
“Ma va! Volevo solo che mi ripetessi il piano di domani.”
Law aveva osservato l’amico sospirare e riavvicinarsi al letto.
 
“Sai che non ti faremo mai partecipare alla ricerca dei coralli, non importa quanto sostieni che sia ammutinamento.”
 
“Sì, ormai mi sono rassegnato, ma anche se foste stati d’accordo sarei stato io a rifiutarmi di andare. Non sto abbastanza bene per una spedizione subacquea.”
 
Penguin gli aveva rivolto uno sguardo morbido, annuendo debolmente.
“Ci incontreremo con gli altri alle 4 e 30 davanti al comune. Dopo aver stabilito quali parti della costa perlustrare, Ikkaku e Mesked Man manovreranno i mini Polar Tang con a bordo gli isolani e lo stesso faranno Uni e Clione in altre zone, così ricopriremo contemporaneamente un’ampia area di ricerca e dimezzeremo i tempi di recupero dei coralli. Shachi, Bepo ed io ci immergeremo con le tute per un esame più minuzioso. White Fox e Jean resteranno qui con te e i rimanenti assisteranno i malati.”
 
Law aveva ascoltato attentamente, fissando senza vederlo realmente il soffitto della propria stanza, immergendosi nei propri pensieri.
“Puoi darmi una stima delle ore che ci impiegherete?”
 
“Beh, i nostri sottomarini da esplorazione sono potenti e ben attrezzati, quindi credo che il tutto stia nell’individuazione dei coralli rossi. Il resto dovrebbe essere una passeggiata. Penso che per l’ora di pranzo avrai il tuo ingrediente finale per la cura.”
 
“Perfetto…” aveva chiuso gli occhi, sistemandosi un po’ più comodamente sotto ai chili di coperte “…puoi andare ora.”
 
“Notte, Captain~!”
 
In realtà il tono fin troppo allegro avrebbe dovuto allarmare immediatamente Law, ma sarà stata la pesantezza di quella giornata o l’affaticamento dovuto al Piombo Ambrato, fatto stava che non si era mosso in tempo per evitare che quel pirla di Penguin gli schioccasse un bacio sulla fronte.
 
Spalancati gli occhi, avrebbe voluto incenerire il compagno con uno sguardo, ma questi si era già precipitato in corridoio e solo l’eco delle sue risate si poteva ancora udire.
 
Law aveva sbuffato sonoramente.
 
Fa tanto l’apprensivo, ma a volte è così infantile…
 
Beh, come se gli dispiacesse.
 
***
 
     “Reggetevi”
 
All’urlo di Ikkaku gli isolani si erano aggrappati a qualunque cosa fosse stata fissata all’interno di quel piccolo sommergibile, appena prima che una violentissima corrente marina scuotesse l’intera struttura.
 
“Masked Man! Mi ricevi? Non so cosa stia succedendo, ma il mare è impazzito all’improvviso! Devi recuperare Shachi o rischia di affogare! Masked Man? Mask, rispondi!”
 
***
 
     Bepo era uscito dalla grotta sottomarina da dove aveva raccolto un buon numero di coralli rossi, deciso a trovare Penguin e portarlo lì per farsi aiutare a recuperare i rimanenti, ma si era bloccato non appena si era trovato in mare aperto.
 
Un enorme mulinello era a davvero poche decine di metri davanti a lui e per poco il Visone non aveva rilasciato tutto l’ossigeno che aveva aspirato dalle proprie bombole nell’accorgersi di cosa stava accadendo.
 
Penguin nuotava controcorrente per non essere risucchiato.
 
***
 
     Law si era risvegliato quando la luce del giorno era già prepotente e illuminava ogni angolo della sua cabina attraverso l’enorme oblò sopra il suo letto.
 
Guardando di fronte al proprio baldacchino verso l’antico orologio a pendolo, uno dei suoi primi furti importanti, aveva cercato di leggere l’ora, invano.
 
Le lancette d’orate si confondevano con lo sfondo ebano del quadrante e a stento riconosceva i numeri romani che questi riportava.
Districatosi dalle coltri in cui Penguin l’aveva imbacuccato, afferrati i suoi occhiali precedentemente aggiustati da Bepo e assottigliato lo sguardo, aveva gattonato fino al bordo del letto ed era infine riuscito leggere.
 
Si era messo a sedere in ginocchio, incredulo.
 
Era così dannatamente fiero di sé.
 
Mezzogiorno e dieci.
 
Aveva dormito più di nove ore!
Praticamente come una persona normale.
Per uno che si concedeva al massimo tre ore di sonno a notte era un traguardo rispettabilissimo.
Certo, tutto ciò implicava che era più stanco del solito, ma non voleva pensare ai lati negativi di quella faccenda.
 
Sorridendo trionfante era sceso dal materasso e il suo ghigno si era allargato nel constatare che le sue gambe reggevano perfettamente.
Sarebbe addirittura potuto uscire a correre se solo non avesse temuto di sputare un polmone diafano nel farlo.
 
La sua temperatura corporea era ancora più bassa della norma, poteva capirlo anche senza misurarla e avrebbe voluto concedersi un bagno caldo per ovviare almeno in parte a quel problema, ma temeva che la somma della sua malattia con l’indebolimento causato dall’immergersi in acqua l’avrebbe fatto annegare.
D'altronde, a differenza della sera precedente, non c’erano Shachi e Bepo a tenerlo d’occhio mentre si lavava. O meglio Bepo lo controllava, mentre Shachi teneva lontana Ikkaku che voleva sbirciare.
Così si era limitato a sciacquarsi il viso, non preoccupandosi di pettinare i capelli con fin troppe ciocche grigiastre e si era tolto uno dei pigiami, per poi indossare un maglione nero decisamente troppo grande per lui.
Probabilmente non era neanche suo. Piuttosto sospettava che la sua cleptomania avesse mietuto vittime nell’armadio di qualche suo nakama.
 
Si era poi diretto verso la cucina del Polar Tang.
Non che potesse mangiare normalmente, ma forse i suoi nakama erano lì.
 
“Captain! Come ti senti?”
 
White Fox era fornelli.
La sua destrezza in cucina era piuttosto discutibile e quasi quasi Law era contento di non avere lo stomaco e di non doversi sorbire i suoi esperimenti culinari.
 
“Meglio…” aveva mormorato il medico, osservando la brodaglia che gorgogliava in una pentola dimenticata sul fuoco e decidendo di abbassare la fiamma.
 
“Dov’è Jean?”
 
“Nella sala comando. Sta comunicando con i mini Polar per sapere come va la ricerca.” L’uomo aveva afferrato un coltello da carne per sfilettare un pesce e Law aveva iniziato a provare pietà per i suoi compagni che avrebbero dovuto pranzare con quella roba.
 
Purtroppo il loro cuoco era impegnato a sfamare i rifugiati in municipio e il semi gigante faticava a impugnare utensili tanto piccoli rispetto le sue dita, quindi non c’erano molte persone che potessero cucinare a bordo del loro sottomarino.
 
Beh, a parte Law stesso.
 
“Vuoi una mano?”
 
Quello che in qualunque ambito al di fuori della cucina era il più saggio dei Pirati Heart si era voltato con tutto il corpo a guardare il proprio comandante, rischiando di squarciargli il ventre nel processo.
Se solo Trafalgar non fosse già stato del colorito di un cadavere sarebbe sicuramente sbiancato per lo spavento.
 
“Ma no, Captain, ci penso io. Perché non vai a stenderti un po’ nella sala comune?”
 
Law aveva afferrato la punta del coltello con due dita, abbassandola lentamente e spostandola di lato.
 
“Insisto. Ho già riposato tanto e se non mi impegno in qualcosa inizierò a diventare stupido.”
 
White aveva rilasciato una leggera risata, facendo spazio al suo capitano e ignorando il reale motivo per cui questi volesse così tanto cucinare.
 
Circa un’ora più tardi Jean Bart li aveva raggiunti e aveva lanciato un’occhiata di sollievo e riconoscenza a Law quando l’aveva visto cucinare al posto di White.
Quest’ultimo, infatti, era stato gradualmente sostituito in ogni mansione dal suo capitano, ma nella sua totale incompetenza in campo culinario era convinto che stesse ancora partecipando attivamente alla preparazione del pranzo.
 
Era incredibile quanto la sua sapienza e la sua lungimiranza fossero completamente dimenticate quando si trovava davanti ai fornelli.
 
Il comandante degli Hearts, mentre strizzava gli occhi per l’ennesima volta dacché si era svegliato, si era ritrovato a pensare che solo lui poteva radunare una ciurma con uomini tanto sgangherati.
 
Poi si era ricordato di Monkey D Rufy.
 
“Clione mi ha riferito che avranno un leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia. Il mare è piuttosto burrascoso e rende i mini Polar Tang instabili.”
 
Law aveva incrociato lo sguardo dell’ex capitano, non potendo sapere quante altre informazioni riguardo la spedizione Jean gli stesse nascondendo per non farlo turbare.
“Bepo aveva detto che le correnti in questa zona non sono forti.”
 
“Sì, ma è in arrivo una tempesta, sarà per quello che le acque sono agitate.”
 
“E che mi dici dei tre che si sono immersi con la muta? Sono risaliti a bordo dei mini Polar, vero?”
 
“Immagino di sì…” Poteva omettere alcune informazioni, ma non poteva mentirgli. Era pur sempre il suo comandante. “…ma la comunicazione si è interrotta circa mezzora fa. Però non ti preoccupare, sono certo che stiano bene.”
 
Law si era sentito mancare.
Sicuramente Shachi, Penguin e Bepo erano incolumi. Erano nuotatori espertissimi e lui lo sapeva, l’aveva visto coi propri occhi.
Ma ormai da qualche giorno il Piombo Ambrato l’aveva reso emotivamente instabile e assolutamente fragile e il solo pensiero che quei tre fossero in balia delle onde o sul fondo del mare lo faceva angosciare.
 
Era stato quasi tentato di dare l’ordine di immersione e di andare a cercarli con la loro nave, ma no, non poteva farlo.
Sarebbe stato un comando sconsiderato.
Seppur il Polar Tang riusciva a muoversi agilmente anche tra le barriere coralline, manovrarlo in un posto tanto ristretto con delle correnti abbastanza forti da destabilizzare i mini Polar era davvero rischioso.
Inoltre, ne era certo, se non fosse stato malato neanche si sarebbe impensierito per i suoi tre compagni.
Perché lo sapeva. Sapeva perfettamente che erano nati per nuotare e che se qualcosa fosse successo sarebbero intervenuti gli altri ad aiutarli.
Quindi non poteva permettersi di impartire quell’ordine sia per preservare la propria imbarcazione sia per non passare come un pazzo disperato.
Certo, il Piombo Ambrato gli stava divorando la ragione, ma ancora non avrebbe ceduto.
 
Si era quindi limitato ad annuire a denti stretti.
Tuttavia aveva retto solo poco più di venti minuti prima che abbandonasse tutte le pentole per andare sul ponte a guardare la superficie irregolare dell’acqua, alla ricerca di un’increspatura che preannunciasse l’emersione dei mini Polar.
 
Il vento era davvero forte e probabilmente era per quello che gli occhi gli pizzicavano tanto da lacrimare.
Anche se stava diventato pazzo era sicuro di non essere messo così male da mettersi a piangere per un po’ di inquietudine, quindi l’aria sferzante era l’unica ragione plausibile.
Sfregandosi con la manica del maglione le palpebre chiuse e non badando al fatto che quel semplice gesto gli avesse causato un insolito dolore ai bulbi oculari, aveva rivolto lo sguardo al cielo dove ancora il sole primeggiava, sebbene all’orizzonte nuvole nerissime si stagliavano minacciose.
Sarebbe stato certamente un temporale degno del Nuovo Mondo.
 
Si era stretto maggiormente nel maglione, chiedendosi se facesse davvero così freddo o se era colpa della sua bassa temperatura corporea.
 
“Guardi il panorama?”
 
Aveva sussultato, non tanto per la domanda improvvisa quanto più per chi l’aveva posta.
 
Voltandosi aveva incontrato il sorriso di Shachi a due centimetri dal proprio naso.
Si era trattenuto dal gioire alla vista di tutti i suoi compagni che erano stati impegnati nella spedizione subacquea ora sul ponte con lui.
 
I lividi che più o meno ognuno di loro aveva riportato e la gamba ferita di Shachi erano stati abilmente nascosti.
Gli Hearts non volevano dare ulteriori ansie al loro capitano.
 
“Non dovevate tardare?” Aveva poi chiesto quest’ultimo, ignaro del tremore alla mano destra di Ikkaku, che era rimasta incastrata tra il timone e il suo corpo durante il rovesciamento del piccolo sommergibile.
 
“Infatti siamo in ritardo, sono quasi le quattordici. Mi dispiace.” Bepo si era depresso. Non trovava giustificazioni per aver fatto attendere il loro comandante.
Le disavventure potenzialmente mortali che li avevano colpiti non gli sembravano delle scusanti sufficienti.
 
Law aveva portato una mano sulla testa dell’orso per scompigliargli il pelo com’era solito fare per consolarlo, ma l’aveva ritratta dopo avergli sfiorato la pelliccia ancora inzuppata.
 
“Non preoccuparti. L’importante è che abbiate recuperato i coralli rossi.”
 
A ciò i suoi compagni gli avevano rivelato degli enormi sorrisi, sollevando i sacchi plastificati che contenevano l’animale tanto agognato da tutte le persone su quell’isola.
 
Il medico aveva annuito soddisfatto, guardando poi i suoi fratelloni con un cipiglio.
 
“Fa davvero così caldo?” Aveva accennato al fatto che fossero entrambi con solo i pantaloni della muta e dai capelli gocciolanti si formavano delle piccole scie che andavano bagnando i loro petti nudi.
 
“Beh, se proprio vuoi saperlo sto per congelare.”
La risposta di Penguin era stata accompagnata da un suo starnuto, che in realtà serviva a camuffare la tosse che lo aveva colpito dopo aver bevuto un po’ troppa acqua salata.
 
Law aveva sorriso. In un certo senso era consolatorio sapere che faceva davvero freddo.
 
“Allora sarà meglio rientrare.”
 
I nakama avevano colto il suo suggerimento e si erano diretti verso la sala da pranzo, dove ormai White Fox aveva messo il cibo in tavola.
 
“Captain?”

“Dimmi, Uni.”
 
“Quello è il maglione che cercavo da mesi?”

“…No?”
 
“Captain!”
 
***
 
     Erano andati a dormire presto.
Non si concedevano un degno riposo da davvero tanto tempo e dopo essere stati trattati dall’oceano come se fossero stati le palline di un flipper avevano deciso di regalarsi un lunga dormita.
 
Inoltre il loro adorato capitano si era rinchiuso in laboratorio non appena aveva messo le mani sui coralli ed era riemerso dopo che avevano finito di cenare annunciando di avere pronta la cura per ogni singolo malato di quell’isola.
Avevano quindi festeggiato il suo genio fino a quando gli sbadigli non erano stati più numerosi delle chiacchiere e infine, uno dopo l’altro, si erano congedati con un peso in meno a schiacciare i loro cuori.
 
Perfino Law aveva seguito il loro esempio, con somma sorpresa di tutti.
Credevano che il loro Captain che voleva dormire fosse la cosa più scioccante dell’ultimo secolo, finché lui non aveva confessato che probabilmente era davvero stanco, giacché faceva una fatica immane a leggere i suoi amati mattoni e dunque tanto valeva andare a letto.
Perciò si erano ricreduti.
Law che non leggeva era in assoluto la cosa più traumatizzante.
 
Ora erano quindi tutti pacificamente addormentati nei loro giacigli, incuranti della tempesta che infuriava all’esterno facendo oscillare pericolosamente la loro nave.
 
Poi, qualcosa aveva fatto sì che Penguin fosse solo in un leggero dormiveglia.
 
Era come… come un tonfo, tanto ammortizzato o forse solo tanto lontano, che si era ripetuto per alcune volte prima di tacere.
 
Quando ormai il pinguino si stava abbandonando nuovamente e totalmente a Morfeo, una sorta di ticchettio quasi contiguo e non ben definito si era levato, martellandogli la testa con la sua ripetitività.
 
In seguito, un botto molto più forte e soprattutto avvenuto addosso lui l’aveva completamente ridestato.
 
“Ma che… ma che cazzo, Shachi, levati!”
 
“Mh… scusami, Il Polar Tang dondola un po’ e la gravità mi ha fregato.”
 
Con la voce impastata dal sonno che ancora lo annebbiava, Shachi si era seduto ai piedi dell’amico che aveva schiacciato cadendo dalla propria branda, grattandosi la nuca e sbadigliando senza contegno.
 
“Non ti fregherebbe se tu la smettessi di rannicchiarti sul bordo del letto.”
 
“Che rompipalle, ognuno dorme com’è comodo”
 
Penguin si era ritrovato a sospirare.
 
“Mh… ma che è sto rumore? Non mi pare nessuna spia della cabina di controllo.” Mentre si stiracchiava, anche il rosso aveva udito quel picchiettio ritmico, ma non era stato in grado di capire da dove provenisse o cosa l’originasse.
D’altronde nei sottomarini tutto rimbombava.
 
“Meno male che lo senti pure tu. Pensavo fosse uno di quei suoni inventati dal subconscio per non dormire a tutti i costi. Ho anche sentito dei tonfi, sai? A meno che eri tu che cadevi addosso ai nostri compagni.”
 
Il ragazzo più giovane gli aveva fatto la linguaccia.
 
Poggiando i piedi nudi sul pavimento in legno della loro camerata, si erano poi diretti verso dove credevano che giungesse quella intermittenza sonora, cercando di non svegliare il resto della ciurma.
 
“Guarda, la luce della cucina è accesa.”
 
A pochi passi dalla suddetta stanza era stato impossibile per loro non notare che dallo spiraglio lasciato dalla porta socchiusa la luce filtrava per qualche attimo e poi si spegneva, per poi irradiare nuovamente il corridoio, che subito dopo si rabbuiava.
 
“Captain! Che ci fai alzato a quest’ora?”
 
“E poi che stai facendo?”
 
Aprendo la porta si erano ritrovati Law a pochi centimetri alla loro destra seduto per terra contro al muro, le ginocchia al petto e una mano diafana sollevata verso l’interruttore della luce.
 
“Shachi, Pen… la tempesta ci ha distrutto la centralina elettrica?”
 
Aveva posto la domanda con una calma quasi straniante, senza guardarli in viso, ma tenendo lo sguardo dritto innanzi a sé, mentre con indice e medio sinistri riproduceva il ticchettio udito dai due pirati in precedenza, che ora potevano riconoscere come l’accensione e lo spegnimento dell’interruttore della luce.
 
“No, Law… non dovremmo aver subito nessun danno.”
 
“Però le lampadine sono tutte bruciate. Sia in camera mia, che nel corridoio, che qui. Io volevo una flebo per dissetarmi, ma era talmente buio il tragitto dalla mia stanza all’infermeria che continuavo a cadere e alla fine sono arrivato in cucina. Ma anche qui è buio.”
 
A quelle parole ai due ragazzi si era raggelato il cuore.
 
Era buio?

I due corsari di Swallow Island si erano lanciati un’occhiata sconvolta e temevano di sentire come avrebbe risposto il loro capitano a quello che stavano per confessargli.
 
“Law… Law ascoltami.” Penguin si era inginocchiato al fianco del suo capitano, Shachi aveva fatto lo stesso dall’altra parte.
Il pinguino aveva deglutito, sperando che la sua voce non tremasse.
“… Law, la luce va. Adesso è accesa.”
 
Il medico si era bloccato, mantenendo le dita sull’interruttore, ma non premendolo più.
 
E allora perché io non vedo niente?”
 
°°FINE CAPITOLO°°


Amatemiiii
OKAY, È DIVENTATO CIECO. 
SONO STRONZA, LO SO.
Ma la colpa è del Piombo Ambrato :C 

Ma... ma vi ho fatto un regalo! Questo capitolo è più lungo degli altri.
Già io sono solita pubblicare capitoli chilometrici, ma questo è peggio del solito x'D
L'ho fatto anche perché presto andrò in vacanza e quindi potrei tardare con gli aggiornamenti.

Da qui in poi Law diventa piuttosto dolce in certe occasioni, pur NON diventando OOC e rispettando quello che è il suo vero carattere.
Il fatto è che è praticamente un malato terminale e si sa, la morte piega anche le più forti personalità. Ciò non vuol dire che esse vengano stravolte, assolutamente, una persona rimane se stessa a discapito delle circostante, ma è facile che abbia alcuni crolli emotivi, qualche vulnerabilità in più e Law, che non solo è conciato male, ma ha pure una ricca collezione di traumi passati, non può che abbandonarsi a certi sentimenti, ogni tanto.

Ho fatto solo un accenno all'arredamento della stanza di Law: letto a baldacchino e prezioso orologio a pendolo.
È una descrizione davvero breve, ma spero vi abbia restituito un'idea di come sia camera sua. Io la immagino come un'elegante camera settecentesca, arricchita da mobilia e tappeti rubati qua e là, gigantesche mappe del mondo alle pareti e un'enorme scrivania stracolma dei libri che non stanno nelle due modeste librerie che ospita la stanza (la libreria della nave, invece, ha ancora spazio, per amor di Law).
È vero che One Piece presenta molte innovazioni tecnologiche per cui l'arredamento di una casa potrebbe essere molto più moderno, ma credo non ci sia nulla di più affascinante dell'eleganza del diciottesimo e diciannovesimo secolo e storicamente l'Era d'oro della pirateria è avvenuta proprio in quel periodo. Quindi perché no?

Ringrazio tutte le persone che stanno commentando i miei capitoli e vi invito a continuare a farlo, perché è qualcosa che adoro ♥
Presto vi citerò tutti per ringraziarvi come si deve. 
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della storia giunti a questo punto. 
Law ha svelato il grande arcano dietro l'epidemia dell'isola e ora deve svelare quello che avvolge la propria malattia, ma ha perso la vista ed è sempre più debole...

Morrà, resterà un invalido o tornerà perfetto come prima?

Fatemi sapere!

Ricordo che se volete seguire i miei DISEGNI mi trovate su Instagram:
https://www.instagram.com/pawa_art/

A Presto,
Baci,
Pawa
   
 
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