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Autore: Blue_Rainbow592    29/07/2019    1 recensioni
(Dalla storia)
Un'antica profezia narra che nell'anno in cui tutte le stirpi magiche e non saranno unite sotto ad una bandiera di pace, nascerà una creatura nelle vene della quale scorrerà sangue puro ed impuro. Al suo avvento saranno collegati la crisi e la morte di ogni creatura vivente. Sarà chiamata Signore Oscuro e il suo regno di terrore inizierà per puro caso. Nascerà, però, un umano in grado di fermarla. Un uomo che, pur essendo privo di qualsiasi dote magica, riuscirà a congiungersi con la mente del Signore Oscuro e a renderlo innocuo, però forze esterne tenteranno di fermarlo. Solo un atto di coraggio potrà salvare l'universo.
Un piccolo crimine commesso a causa della disperazione, dà vita ad un legame insolubile tra una mezzosangue e un avvocato. Tuttavia, un'associazione governativa, interessata a riportare in vita il Signore Oscuro e di portare la distruzione dell'universo intero, inizierà una vera e propria caccia al mezzosangue che porterà un avvocato a combattere in prima linea per salvare Nidrei e il proprio mondo. Chi sopravvivrà alla caccia? Le prede o i cacciatori?
Genere: Angst, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 1

La magia non è un'amica

Era una notte come tante nella città di Tokyo, le luci dei quartieri e il vociare confuso erano ovattati dal suono ritmico della pioggia che cadeva e le vie erano invase da ombrelli neri come pece. Eppure, se ci si discostava dalla zona più commerciale e si passavano i negozi decorati da sagome di personaggi dei manga, i ristoranti popolati da turisti, se si superavano le casette, i grattacieli con le loro insegne pubblicitarie luminose e i ristoranti più etnici, quelli frequentati dalle persone che erano nate e vivevano in Giappone da una vita intera, si arrivava in una delle zone più malfamate della città. Lì vivevano le creature che per sangue o anche solamente per la "razza" a cui appartenevano, erano considerate impure. Certo, la presenza umana non mancava, tuttavia quella zona era frequentata soprattutto da orchi e da elfi oscuri che cercavano di tirare avanti rubacchiando ai turisti che circolavano nella zona ingnari di tutto e dai negozianti che, presi dalla disperazione o da un grande coraggio, avevano deciso di aprire le loro attività proprio in quel luogo di fame, violenza, droga e omicidi.

Fu proprio uno di quei minimarket il suo obiettivo. Non era niente di che: solo un piccolo negozietto che vendeva generi alimentari, qualche rivista e qualche attrezzatura per il giardinaggio. Sinceramente, non le importavano nè le condizioni di quel luogo nè ciò che veniva venduto tra le sue mura, le bastava racimolare un po' di denaro: non mangiava da giorni e la debolezza unita alla stanchezza fisica la stavano facendo vacillare. Stava iniziando a sentirsi debole e sempre più disperata.

Quando si coprì il volto e caricò il fucile, comprese il suo livello di disperazione ed era orribilmente alto. Non aveva mai usato un'arma contro qualcuno, sapeva come sparare, però la sua indole non le avrebbe mai permesso di usare quel fucile contro un innocente. Doveva solo fargli paura, prendere tutto e scappare così velocemente da non essere vista da nessuno se non dal proprietario che si sarebbe dimenticato di lei non appena fosse uscita. Cosa poteva andare storto? Erano passati due mesi da quando quell'idea le era entrata nella testa.

Aveva fatto tutto: controllato da cima a fondo quel negozio, racimolato più informazioni possibili sul proprietario in modo da immergersi nella sua routine quotidiana, fino a conoscere ogni sua mossa, e controllato gli orari più favorevoli per il suo colpo, quelli in cui i clienti erano pochi e quei pochi si aggiravano per lo stabile come ombre dai sensi ottenebrati da alcool o droghe. Nulla poteva andare storto.

Inspirò, riuscendo a trovare quel coraggio che le sarebbe servito per compiere la sua folle impresa ed entrò.

Le porte scorrevoli annunciarono il suo arrivo, con il loro suono ovattato. L'uomo alzò lo sguardo e non appena vide il fucile sbiancò: - Dammi tutti i tuoi soldi e se ti azzardi solo a gridare, non rivedrai mai più la tua famiglia. - urlò. Quello iniziò a tremare, come una foglia, guardandosi attorno, terrorizzato: - Ti- ti- ti prego, n-non farmi del male. - la implorò. La ladra allungò verso di lui una borsa da palestra nera: - Allora inizia a svuotare la cassa! -

Si sentiva un mostro, mentre pronunciava quelle parole: fin dal giorno in cui aveva deciso di intraprendere quella missione folle, aveva pensato che quell'uomo fosse la persona più buona mai visto.

L'uomo, del quale non conosceva neppure il nome, aveva aperto il suo negozio per salvare la sua famiglia dalla povertà più totale, quella povertà in cui versava pure la ladra, e, dal giorno in cui quello aveva iniziato la sua attività, aveva cercato di andare avanti con tutte le sue forze, lottando con le unghie e con i denti per salvarsi in una zona come la periferia di Tokyo.

Inizialmente la ladra aveva cercato un altro negoziante da derubare, ma tutti sembravano nati con il terrore di essere derubati dal primo criminale di turno, molti si erano pure armati contro alla magia, grazie a dei congegni in grado di intercettare la magia e di utilizzarla contro colui o colei che aveva lanciato l'incantesimo.

Quello era uno dei pochi privi di quelle attrezzature in grado di far fronte a pericoli del genere e soprattutto di far fronte alla sua arma segreta.

Il proprietario aveva compreso la cosa fondamentale: i soldi era meglio conservarli per sè; che spenderli in costosissimi ed inutilissimi macchinari che probabilmente non sarebbero mai serviti a nulla: - Ti darò tutto! - esclamò quello abbassando la testa. Lo osservò tastare qualcosa sotto al bancone: cercava un'arma, ne era certa. Era arrivato il momento di mostrarsi per ciò che era. Le dita si mossero da sole, con l'esperienza tipica di chi utilizzava la magia fin dalla nascita tracciò il sigillo nell'aria. Una luce biancastra illuminò leggermente gli occhi completamente neri della ragazza e una stella candida iniziò a roteare nelle pupille di quella: - Ora alzerai la mani. - gli disse con la voce carica di fascino. L'altro rimase immobile con la bocca spalancata.

Il fascino poteva avere effetti diversi a seconda della tipologia di persone: per molti era immediato, mentre altri restavano imbambolati, come se il loro sistema nervoso si volesse ribellare al Condizionamento - Su, forza, mani in alto! - lo esortò. Il negoziante si riscosse e alzò le mani con i palmi rivolti verso di lei a mostrare che era disarmato: - Apri la cassa e metti i soldi nella borsa! Sbrigati! - continuò, iniziando a spazientirsi: quella rapina stava durando più del previsto. Per fortuna, non se lo fece ripetere due volte e svuotò il contenuto della cassa nella borsa. Le banconote piroettavano nell'aria, le monete tintinnavano non appena cadevano, rincuorandola: non aveva mai visto così tanti soldi assieme: - Basta! - esclamò, l'uomo si congelò, con gli ultimi incassi rimasti ancora tra le mani: - Dammi la borsa! -

Non appena potè stringere la refurtiva tra le braccia, diede le spalle all'uomo, ma poi tornò a fissarlo: - Devi ancora farmi un favore, amico: a tutti quelli che verranno a fare domande su questo piccolo furtarello, te devi dire che a derubarti è stato colui o colei che entrerà dopo di me e che non è stata usata, in nessun modo, della magia di nessun tipo. - gli disse uscendo con passo deciso.

Girato l'angolo, sentì i sensi di colpa farsi strada in lei: aveva derubato una brava persona e inoltre avrebbe fatto incolpare un innocente per un crimine commesso da lei.

Le mancava la sua vita nella comunità che l'aveva ospitata per tre anni, prima che lei, due anni prima dei fatti narrati, decidesse di fuggire. Lì nessuno si era mai fatto dei problemi per il suo aspetto poco convenzionale e per i suoi poteri, finchè questi non erano diventati troppo potenti e troppo preoccupanti: un conto era essere in grado di lanciare qualche incantesimo in grado di trasformare una forcina per capelli in una chiave per rubacchiare i dolci in cucina e un conto era riuscire ad uccidere una persona con una parola, oppure poter piegare la volontà di una persona. Arrivata a diciassette anni e con una spiccata propensione a combinare guai con la propria magia, si era ritrovata per la prima volta faccia a faccia con la polizia che si occupava delle creature magiche.
La sua fuga era stata una delle più difficili mai viste. Fu lì che divenne un'assassina e che si lasciò la sua vita alle spalle un'altra volta. Alla fine della storia, si era ritrovata a Tokyo. Aveva trovato molte difficoltà ad integrarsi nella capitale nipponica e nella zona in cui si era autoconfinata: il quartiere degli orchi, l'unico luogo in cui un mago e soprattuttto un mezzelfo come lei poteva passare inosservato. Avrebbe mentito se avesse detto che non aveva mai sognato di vivere tra gli altri elfi nei loro quartieri puliti e tra le vetrine dei negozi di abiti, di dolci e di qualsiasi altra cosa, passeggiando mano nella mano con qualche amica e parlottando tranquillamente tra i ciliegi in fiore.

Comunque, lasciata la comunità, il primo problema che le si era posto era stato il lavoro: nessuno sembrava disposto, neppure per i lavori più degradanti, ad assumere una persona con le sue fattezze. Faceva paura, era un abominio per metà elfo e per metà elfo oscuro, un mostro in grado delle azioni più vili, come dicevano gli altri. Era unica nel suo genere e probabilmente la sarebbe stata per sempre.

Superato il vicolo, si tolse il fazzoletto che le copriva il volto e il cappuccio. Fu in quel momento che lo vide: era un orco molto giovane, poco più di un ragazzino, vista la statura esile del suo corpo e il grigio perlaceo della sua pelle. Lo superò senza neppure degnarlo di uno sguardo, ma sicura che quello si fosse accorto di lei: - Nid? Dove vai? Non dovresti girare da queste parti da sola, soprattutto di notte. - la rimproverò quello prendendola per un braccio.

L'elfo si voltò verso di lui digrignando i denti: odiava quando faceva la mammina apprensiva con lei: - Lasciami andare, orco! - gli ordinò, divincolandosi. L'altro la fissò con la bocca aperta: non si era mai comportata così con lui: - Credevo di essere tuo amico. - provò a dire, non trovava altre parole per descrivere il proprio disappunto. La giovane ladra strinse il borsone al petto, temeva che quello la denunciasse: - Io non ho amici, soprattutto se questi sono orchi. - ringhiò correndo via.

Sperò con tutta se stessa che non fosse proprio lui il primo ad entrare in quel dannato minimarket dopo di lei.

Cole, era il nome del giovane orco, aveva cercato di aiutarla fin dal primo giorno in cui l'aveva vista seduta su un marciapiede con le mani tra i capelli e la testa china dal peso di una giornata di continui no. All'inizio erano stati proprio lui e sua madre a nutrirla, poi alla morte della donna, Cole aveva iniziato a tirare la cinghia, anche se ogni tanto le lasciava la spesa davanti alla porta di casa.

Dopo neppure dieci minuti da quell'incontro, si ritrovò davanti alla propria dimora, se poteva definirla casa. Attualmente viveva nella stanza di un motel, gestito dalla creatura più disgustosa mai vista: per essere un umano aveva così tante caratteristiche che lo facevano assomigliare più ad un orco che ad un uomo comunissimo: i lunghi capelli neri gli ricadevano sulle spalle in un nido arruffato, il volto taurino dai piccoli occhi neri e affilati come rasoi, mostrava tutta la cattiveria di cui quello era capace e gli arti erano così pelosi da farlo assomigliare ad un orso. L'aspetto, unito al caratteraccio, erano stati uno dei tanti motivi per cui quel motel era diventato la sua dimora: nessuno avrebbe mai scelto di alloggiare in un luogo simile a meno che non fosse stato costretto. Convincere il proprietario era stato semplice, era uno dei pochi che cedeva facilmente al fascino.

Non appena girò le chiavi nella toppa sentì un mormorio fastidioso rimbalzare da un lato all'altro della testa: quello era il prezzo da pagare per utilizzare la magia: - Ladra! - esclamò una delle voci che parlava nella sua testa dopo l'attivazione dei sigilli. Le avevano spiegato che ogni volta che attivava un sigillo una parte della persona contro cui lo usava diventava parte di lei sottoforma di voce. Nella sua testa ormai non riusciva più a contarle. Ce ne erano alcune più tranquille, mentre altre urlavano così forte da dilaniarla. Le davano della ladra, della codarda e del mostro: - Basta! - urlò con le lacrime agli occhi a causa dell'umiliazione e del dolore.
Fu in quel momento di dolore assoluto che, riflesso nello specchio posto in fondo alla stanza, vide un giovane uomo alto dai corti capelli ramati e gli occhi verde smeraldo osservarla intensamente. Strisciò verso quello specchio: - Mostro! - tornarono a gridare la voci, costringendola a gridare all'uomo nello specchio una disperata richiesta d'aiuto, attirando l'attenzione del giovane allo specchio: - Chi sei? - mormorò lui prima di sparire nel nulla. Intanto, Nidrei era crollata a terra, priva di sensi.

Nell'oscurità in cui stava navigando, non c'era nulla che poteva toccarla, c'era solo un dolce calore benefico che allontanava da lei ogni genere di pericolo. Era nel buio dell'incoscienza che riusciva a sentire il vero legame che univa tutte le creature, compresa lei, alle altre. Sentiva il legame tra le madri e i figli, percepiva come una carezza quello incerto degli amanti, l'attraversava come un uragano quello ancestrale della natura e poi ve ne era un altro che sembrava completarla, eppure non riusciva a comprendere la sua natura, lo sentiva come una fiamma che la riscaldava da capo a piedi, rendendo tutte le sue altre percezioni più deboli, pure il suo legame con la magia perdeva ogni importanza di fronte a quel fuoco dall'odore inconfondibile: era molto simile al profumo del muschio unito a quello del caffè e di centinaia di documenti lasciati a prendere polvere su altre centinaia di scaffali. Si perse nella beatitudine che le inspirava quel legame e vi nuotò dentro seprando di non svegliarsi mai più. Poi lo sentì: la rabbia, la forza e la disperazione unite insieme. Furono quelle emozioni a farla riprendere.

Aprì lentamente gli occhi: sopra di lei il soffitto si presentava come un puzzle di macchie e crepe di ogni dimensione possibile, i battiscopa delle pareti erano consumati e ormai mangiati totalmente dalle tarme, mentre la carta da parati stava iniziando a scollarsi dalle pareti di cartongesso ammuffito. Si rannicchiò sulla moquette polverosa e fissò il proprio braccio abbandonato a terra. "Mi stanno cercando." fu il suo primo pensiero dopo che fu riemersa dall'incoscienza, era sicura che l'azzardo di affascinare il commesso aveva avvantaggiato coloro che la stavano cercando e, di conseguenza, aveva messo se stessa in una posizione di svantaggio da cui non sarebbe mai e poi mai uscita. Restò immobile in quella posizione per quelle che le sembrarono ore poi si decise ad alzarsi da terra per standersi sul letto. Non appena toccò il materasso sprofondò in un sonno che la riportò nell'oscurità che tanto amava e di nuovo tornò a farsi sentire quella fiamma che le percorreva tutto il corpo dalle punte delle dita fin al petto dove il cuore batteva con più forza, rischiando di essere strappato dal petto della giovane mezzosangue.

Note dell'autrice

Grazie a tutti coloro che hanno dato una possibilità a questa storia!
Fantasy XXI è stata un'idea nata dopo il tentativo di azzardare a scrivere una storia urban fantasy, inizialmente la storia era nata come un'opera di fantascienza impossibile da evolvere, poi ho avuto un'idea, quella di spedire creature magiche e non nel nostro periodo, il ventunesimo secolo, infatti il titolo è Fantasy XXI per questo motivo e, sinceramente il titolo mi è sembrato carino.
Dopo questa breve spiegazione, vi ringrazio di nuovo e, se ve la sentite, fatemi sapere cosa ne pensate.
   
 
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