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Autore: Quebec    10/08/2019    1 recensioni
Netrom Morten, un Bretone Negromante, scopre il cadavere di una donna dissanguata vicino la città di Skingrad. Conoscendo personalmente il Conte Janus Hassildor, spera di trovare il colpevole, ma dietro quella sua curiosità si cela ben altro...
Genere: Avventura, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Vi prego, pietà."
"Lo hai sentito? Mi sta implorando di non ucciderlo."
"Datti una mossa, Brangor." Netrom Morten, che era seduto vicino a un piccolo tavolo rotondo malandato, accarezzò con le dita il bastone magico paralizzante. Le fogne di Skingrad puzzavano di escrementi umane, amalgamate con quelle di ratto. Un mix che avrebbe fatto vomitare qualsiasi persona dalla nausea, ma non Netrom Morten, abituato all'odore di corpi in putrefazione.
Brangor, che aveva un bavaglio marrone sulla bocca per non respirare il penetrante odore, sfoderò l'ascia lunga da battaglia dalla schiena.
Il Khajiit, che aveva gli occhi rossi dal pianto, si mise in ginocchio, le mani a mo' di supplica. "Risparmiami!" La voce squillante, dal timbro ingannevole. "Vi ho ridato i vostri Septim. Vi ho ripagato con tutto l'oro che possiedo. Non toglietemi la vita." Il Khajiit singhiozzò.
"Sentito, Mago?" Disse Brangor a Netrom Morten.
"Non sono un mago."
"Certo, come in me non scorre il sangue di un guerriero." Rispose Brangor in modo sarcastico.
"Facciamola finita, uccidilo."
"No, no, no," Implorò il Khajiit strisciando con le ginocchia verso Brangor, la lunga coda pelosa arancione chiaro, puntellata da macchie nere si muoveva in aria. "Non fatel..."
L'ascia lunga da battaglia sfiorò l'aria, un flebile sibilo, la testa del Khajiit finì nel canale insieme agli escrementi, imbrattando le mura di sangue. Il corpo fremeva e il sangue zampillava dal collo. Fuori, il caos della vita quotidiana, aveva attutito le grida di tortura del Khajiit prima di essere decapitato.
"Se mi è dato esprimere una mia opinione," Disse Netrom Morten alzandosi dalla sedia e afferrando con entrambi le mani il suo bastone magico paralizzante. "l'avrei torchiato un po', ma non l'avrei ucciso."
"Come?" Rispose Brangor confuso. "Mi hai detto di ucciderlo. Mi hai incalzato a farlo fuori."
"Niente affatto. Quando sono arrivato qui ti ho detto chiaro e tondo di prendere i Septim che ti ha rubato, magari spezzargli qualche osso per ricordo, e di lasciarlo andare. Okay, ti avrò detto alla taverna che il ladrò sarebbe morto entro un ora, ma quello era puro... Beh era per dire."
"Ma... Ma tu poi mi hai detto di ucciderlo. L'hai detto poco fa"
"Ah, per i Divini." Il Bretone sbuffò, alzando una mano. "Cocciuto come un Nord. D'altronde sei un Nord."
"No, aspetta. Tu mi hai detto di ucciderlo. Di sbrigarmi a farlo."
Netrom Morten lasciò la piccola camera fognaria, mentre Brangor lo seguiva alle spalle, continuando a sostenere quanto detto prima. La testa del Khajiit finì nel canale di scolo, che si gettava direttamente nel fiume. I ratti avrebbe banchettato con il cadavere del ladro, e che banchetto sarebbe stato per i loro palati.

 
*****



Il Conte Hassildor sedeva su una sedia di legno dallo schienale elaborato, intento a fingere di mangiare qualcosa, la lunga tavola imbandita di carne di montone, cervo, lattughe, carote, cipolle e Vino Surrile. Gli ospiti, due nobili più influenti della regione, discutevano dei fatti avvenuti a Cyrodill e di alcune creature mostruose, gustando senza remore le pietanze a tavola.
"Troll? Vuoi rovinarmi l'appetito, tesoro?" Disse una giovane donna, più brutta di una scrofa. Le guance butterate, sopracciglia quasi del tutto inesistenti, un grosso mento all'insù che deformava la mandibola, seguito da un ampio doppio mento che non aveva motivo d'esistere sul corpo sensuale e formoso della donna. Indossava un abito di velluto giallo pallido e scarpe con finiture d'oro marrone scuro.
"No, mia cara." Rispose Clavis Bauteus, un robusto uomo, totalmente stempiato e con una pancia enorme che faceva intuire come fosse una buona forchetta. Inoltre, era il marito della donna. Indossava un farsetto di seta blu scuro a pressione contro la pancia prominente, sotto, pantaloni di seta neri, dentro scarpe di camoscio nero ebano. "Però devi ammettere che puzzano più di un Minotauro."
"Mi si è chiuso lo stomaco!" Disse la giovane donna schifata, alzandosi dalla sedia. Poi rivolgendosi verso il Conte Hassildor, assunse un atteggiamento da fanciulla "Con permesso Conte Hassildor." Fece un lieve inchino, chinando leggermente la testa, e sollevando la lunga gonna dell'abito con le dita lunghe e ossute.
Il Conte Vampiro annuì, senza aggiungere altro. La donna lasciò la stanza.
"Mi scuso per mia moglie." Disse Clavis Bauteus, masticando la carne di cervo tra i denti. "Viene da una famiglia.... Beh, sapete che sono rinomati per la loro maleducazione."
"Lo è anche parlare mentre si mastica." Il Conte Hassildor si lasciò scappare un vago sorriso, inquietando il nobile robusto, che serrò la bocca, deglutì la carne non del tutto masticata e rischiò di strozzarsi.
Un servo, nella mano una bottiglia di Vino Surrile, si affiancò all'uomo e gli verso del vino nella coppa. Poi fece altrettanto con il Conte Hassildor, che fissava senza battere ciglia il Nobile robusto. L'uomo cercò di fuggire con lo sguardo.
Quando il servo si allontanò, il Conte Hassildor disse: "Credo voi sappiate già cosa è accaduto di recente a Skingrad, non è vero?"
"Oh sì, certamente." Rispose il Nobile Clavis con tono vago. "Brutta storia. Davvero una brutta storia. I Vampiri sono il male di Cyrodiil. Ne uccidi uno, e ne spuntano altri tre come ratti delle campagne." Il Nobile Clavis guardò con occhi grandi e neri, il piatto ancora intatto del Conte Vampiro, aggrottando confuso il folto monociglio.
Il Conte Hassildor smise di guardarlo, dando un morso alla carne di montone. Ma egli non mangiava mai, se non quando era costretto. Il cibo ingerito gli creava un mal di stomaco lancinante. Spesso, quando era in compagnia di nobili o onorati ospiti, fingeva di dover fare qualcosa e andava via, vomitando tutto ciò che aveva mangiato. Nessuno doveva capire o sapere che il Conte in realtà era un vampiro. Nelle cene galanti il Conte Vampiro si sforzava fino al limite per sembrare "umano". Ovviamente il potere "Seduzione del Vampiro" lo aiutava a persuadere la gente, distogliere l'attenzione dal fatto che mangiava poco o niente, che non sorrideva quasi mai, che rifiutava ogni invito a caccia nelle prime luci dell'alba e tanto altro. Era una lista infinita, e bastava solo una nota fuori posto per far crollare tutta la facciata che si era costruito faticosamente in questi anni.
"Siete qui per affari o..." Disse il Conte Hassildor, venendo interrotto dal Nobile Clavis.
"Ma no, nessun affare." Rispose frettolosamente Clavis Bauteus. "Siamo in viaggio per High Rock. Dobbiamo andare a trovare alcuni parenti di mia moglie." Sorrise in modo impacciato, forzato.
Il Conte Hassildor non rispose, preferendo osservalo. Sapeva che il Nobile Clavis mentiva, e voleva sapere perché. Il tempo gli avrebbe dato certamente delle risposte "Meglio non fare troppe domande, potrebbe... Insospettirsi." Pensò il Conte Hassildor.

 
*****



L'Elfo Scuro era sotto un albero di pino, i cespugli nascondevano lui e suoi compagni. Erano le dieci di sera, e le stelle puntellavano il cielo sulla volta della boscaglia. L'Orco grugniva, borbottava sottovoce. L'Elfo Scuro lo fulminò con lo sguardo. Poi fece cenno all'imperiale di scendere dalla roccia, che era rimasto sdraiato lì per più di due ore. L'imperiale si alzò, scese lentamente l'ammasso roccioso, e si nascose dietro a una grande quercia, il cui vento scuoteva le fronde. Silenzio. Totale silenzio.
Chinatosi, l'elfo scuro si mosse lentamente, scendendo l'avvallamento. I suoi compagni lo seguirono con lo sguardo, ma non dissero o fecero nulla. Poi il Mer si avvicinò a quella che a prima vista, da Est, doveva sembrare un enorme roccia, mentre da Ovest, una strana collina irregolare. Quando raggiunse l'entrata scavata nella roccia, vide delle gocce di sangue sulla porta di legno sfasciata in più parti, ma che si manteneva ancora in piedi. Si voltò verso gli altri, e sollevò un mano. L'Orco, l'Imperiale, l'Argoniano e il Bretone lo raggiunsero rapidamente.
"Vedete?" Disse l'Elfo Scuro indicando il sangue con il dito.
"Abbiamo trovato i Vampiri!" Rispose l'orco. "Entriamo, e spacchiamo i loro crani!" Grugnì furioso.
"Certo che se qualcuno vuole farti finire in trappola." Disse l'Imperiale. "Tu ci vai spedito come un ratto con lo stomaco vuoto. Anzi, il ratto è più furbo di te."
"Maledetto Imperiale!" L'orco serrò gli occhi. "Io ti..." L'orco si paralizzò, cadendo a terra come una statua, gli occhi che si muovevano freneticamente.
L'Elfo Scuro estrasse velocemente lo spadone d'argento dalla schiena. Gli altri fecero lo stesso. L''imperiale una spada d'argento, il Bretone due asce d'argento, l'Argoniano una spada lunga d'argento e uno scudo di quercia rinforzato in ferro.
"Silenzio!" Disse l'Elfo Scuro in un sussurro.
Tutti si guardarono intorno, mentre l'Orco, immobile, giaceva a terra. Poteva sentire e vedere, ma non muoversi. Il vento accarezzava le loro lame che luccicavano al bagliore delle due lune che illuminavano parzialmente l'entrata della caverna. Poi l'Argoniano cadde a terra paralizzato. Tutti si voltarono verso di lui.
L'imperiale lo raggiunse, e chinatosi, toccò la pelle squamata dell'Argoniano, gli occhi pieni di terrore. "La pelle è dura come roccia. Come può essere..." Disse l'Imperiale rivolgendosi all'Elfo Scuro.
L'Elfo Scuro rimase in silenzio, gli occhi che frugavano in ogni zona d'ombra, le mani stretta all'impugnatura dello spadone d'argento. "Ritiriamoci! Ritiriamoci!" Andò verso l'orco, e facendosi aiutare dal Bretone, lo trascinò via da dove erano venuti. L'imperiale fece lo stesso con l'Argoniano, che per sua fortuna, pesava quasi quanto otto galline ingrassate messe insieme.

D'un tratto i Grilli si misero a cantare. Il silenzio era cessato.
Quando L'Elfo Scuro smise di trascinare l'orco, si guardò attorno. L'imperiale lo raggiunse poco dopo trascinandosi a presso l'Argoniano. Ero tornati al loro campo, anche se non avevano allestito nessuna tenda o portato provviste. Non avevano nemmeno accesso un fuocherello per riscaldarsi le mani in quella fresca notte di fine autunno.
"Ma cos'è successo?" Chise il Bretone all'Elfo Scuro.
"Li senti i Grilli?" Il Mer si mise in ascolto, ma quello che percepiva era solo vento e grilli cantautori.
"Sì, ma... Non capisco."
"Qualcuno ci ha seguiti.
"Seguiti?" L'imperiale si aggiunse alla discussione, lasciando l'Argoniano accanto all'Orco.
"E' meglio tornare a Skingrad finché non capiamo cosa è successo?" Domandò il Bretone.
"Sei sordo?" Disse l'Elfo Scuro. "Qualcuno ci ha seguiti. Pensavo che questa regione fosse... silenziosa."
"Nessun territorio di Cyrodiil lo è." Disse L'Imperiale. "Qui ci sono nato. Conosco la mia terra come nessun'altro, senza offesa capitano."
"No, hai detto il giusto."
"Sì, ma non ho ancora capito cosa è successo?" Insistette il Bretone, lanciando una fugace occhiata all'Argoniano e all'Orco immobilizzati.
"Sono stati paralizzati." Rispose L'Elfo Scuro. "Ho conosciuto un Bretone di nome Netrom Morten che ha un bastone magico paralizzante..."
"Pensi che sia stato lui?"
"E chi altri sennò?" Disse L'imperiale, prima che l'Elfo Scuro potesse rispondere.
"No, niente giudizi affrettati." Aggiunse L'Elfo Scuro. "Potrebbe essere qualcun'altro. Magari qualcuno che desidera... Che mi metta contro il Negromante, o..."
"Vampiri?" Disse l'orco, alzandosi lentamente da terra. Scrollò braccia e gambe per via l'intorpidimento dei muscoli.
"La magia è potente, molto potente." Pensò l'Elfo Scuro, guardando l'Orco che si manteneva a stento in piedi, inciampando e rialzandosi di continuo. L'Argoniano era ancora paralizzato, e forse sarebbe rimasto così per un altra mezz'ora. L'orco aveva la fortuna di avere una forte costituzione, e di essere stato un ottima cavia per le magie di un mago di Corte a Anvil. Era resistente alla Magicka rispetto agli altri orchi.
"I Vampiri prima attaccano," rispose l'Imperiale "e forse dopo lanciano qualche incantesimo, sempre se non sono troppo assetati."
"Hai mai visto un Vampiro?" Chiese il Bretone. "I Vampiri sono ottimi maghi. Quello che dici non ha senso, e non corrisponde al vero."
"Sei tu che non sai cos'è un vampiro!"
"Lo so meglio di te."
Il Bretone e l'Imperiale si avvicinarono faccia a faccia, le mani sull'elsa delle armi, gli sguardi come folgori invisibili pronti a incendiare qualsiasi cosa.
L'Elfo Scuro li divise. "Siete professionisti? O due ragazzini in preda agli ormoni?"
Entrambi si allontanarono, guardando altrove.
L'orco alla fine si mise seduto a terra, non riusciva a stare in piedi. "Ma quanto durerà ancora?"
"Cosa?" Chiese l'Imperiale.
"L'intorpidimento. Mi sento strano, davvero strano." Grugnì, soffiando aria dalle narici. "Se riesco a mettere le mani su chi è stato, giuro che gli fracasso il cranio con le mie mani."
"No, tu non farai niente." Rispose L'Elfo Scuro. "Come non ci muoveremo da qui finché non spunteranno i primi raggi del sole."
Il Bretone serrò gli occhi confuso. "Perché?"
"Siamo osservati."

 
*****



Netrom Morten tornò nella sua camera, appoggiò il Bastone Magico paralizzante e si lascio cadere nel letto. Era esausto, anche se non aveva fatto nulla di particolare. Gli occhi si chiusero, mentre intorno la stanza iniziava a vorticare. Prima lenta, poi veloce. Poi perse il ritmo dell'andatura, e si ritrovò a cadere nel nulla. Gridò, ma dalla sua voce uscirono vaghi sussurri anziché urla. Poi atterrò di schiena su quello che poteva essere un pagliericcio. Non vedeva nulla, ma al tatto sembrava proprio così. Una flebile luce bianca come neve comparve alla sue spalle, lontana e inarrivabile, bellissima e nauseabonda. Si voltò. Corse verso di essa, il passo incerto. La luce scomparve. Si fermò. Il fiato corto, i polmoni che bruciavano. "Perché ho l'affanno? Ho corso solo per poco." Pensò fra sé. Poi fu risucchiato nel vuoto e sputato fuori da chissà chi su una pianura punteggiata di alberi morti, i cui rami cercavano il cielo azzurro. "Ma dove sono? Che succede?"
Una figura semitrasparente si materializzo a cento passi da lui. Alta, possente, era un ombra nera che sembrava un fumo fuoriuscito da un grande incendio. Gli occhi violacei che ardevano come fiamme.
"Chi sei tu?" Sibilò la voce.
Netrom Morten capì che era la stessa voce che aveva sentito nei dintorni di Skingrad. Una voce profonda, pesante, intimidatoria. Il Bretone non rispose.
"Perché ti nascondi da me? Perché cerchi di sfuggirmi? Io sono te, ma tu chi sei?" La voce tuonò, la terra tremò, gli alberi morti caddero o sprofondarono nel terreno. Grossi nuvoloni rossastri si ammassarono in cielo come se un vulcano avesse appena eruttato in modo violento, dipingendo il cielo come l'Oblivion sceso in terra.
La figura si teletrasportò davanti al suo viso, gli occhi violacei ardevano di malignità, scrutando dentro la sua anima. "Chi sei tu?"
Netrom Morten si svegliò di soprassalto, ansimando, sudando. Si mise seduto sul letto e cercò di ricordare il sogno. Niente. Non ricordava nulla. Cercò di spremere le meningi, si sforzò così tanto, che quando la porta si aprì alle sue spalle, lanciò dal suo Bastone Magico una saetta paralizzante verso Erina, mancandola per poco. La donna alzò le mani in difesa del corpo, lasciando cadere il vassoio a terra. Due carote e una pagnotta rotolarono sul freddo pavimento di pietra. Erina fissò spaventata Netrom Morten, che gettò subito l'asta magica sul letto e corse da lei, ma Erina gli chiuse la porta in faccia. Il Bretone imprecò tra i denti. Raccolse la colazione da terra, la pulì per bene sulla sua tunica e mangiò da solo.

 
*****



"Com'è andata?"
"Liscio come l'olio."
"Hanno cercato di attaccarti?"
"No, però mi sarebbe piaciuto."
Il Conte Hassildor fulminò con gli occhi Brangor, che distolse subito lo sguardo. Gli occhi rosso fuoco del Conte Vampiro si posarono sull'asta magica che il Nords aveva in mano. Allungò una mano verso di lui, Brangor senza dire nulla gliela diede.
Il Conte Hassildor osservò l'asta magica, passando a rassegna ogni piccola parte del bastone. Sembrava in buone condizioni. Poi guardò nuovamente il Nords. "Ottimo lavoro. Il Maestro Hawel ha fatto un buon lavoro con te. Ti ha addestrato come si deve nel lanciare incantesimi al primo colpo."
"Quel verm..." Brongor si mozzò la lingua. "Sì, è un Elfo Alto davvero talentuoso. Non mi piace la sua razza, ma lui è apposto." Serrò i denti per il disprezzo.
Conte Hassildor sapeva che mentiva, ma rimase in silenzio. Smorzò persino un lieve sorriso, poiché Brangor aveva ragione; Il Maestro Hawel era un essere odioso e arrogante ai limiti dell'immaginabile e della sopportazione.
Erano seduti nella cantina dei vini, l'odore dell'uva impregnava ogni angolo della sala. Il Conte Vampiro aveva dato la giornata libera al suo vinaio, poiché doveva incontrare Brangor in un posto che sarebbe stato sicuro e lontano da occhi indiscreti. E la cantina dei vini è il miglior luogo per incontrare gente che il Conte Vampiro non incontrerebbe di persona davanti alle guardie o i suoi servi. Nelle botti, vi era il miglior vino di Cyrodiil. Tutta la cantina, se derubata, valeva almeno tremila Septim. Se poi si vendeva il vino fuori da Cyrodiil, il prezzo impennava a dismisura. Ovviamente nessuno aveva provato a rubare il vino dalle cantina personale del Conte Hassildor, sopratutto perché il castello metteva soggezione solo a guardarlo.
"Quanti nei hai colpiti?" Chiese il Conte Hassildor.
"Due." Confermò Brangor.
"Due? Come mai? Sono fuggiti? Hai sbagliato a mirare?"
"Beh, non mi sembrava di..." Brangor non sapeva come dirlo. "..Di usare l'incantesimo contro gli altri."
"Ti avevo espressamente ordinato di paralizzarli tutti." Il Conte Vampiro serrò gli occhi. "Sopratutto L'Elfo Scuro. Dovevi lanciargli addosso tre volte l'incantesimo, così avrebbe smesso di respirare. Quanto agli altri, sarebbero stati dissanguati dai Vampiri o divorati dagli animali selvaggi."
"Ma..." Il Nord si passò la lingua sulle labbra, incerto su cosa dire. "Pensavo che dovevo spaventarli, non ucciderli. Voglio dire, dovevamo ucciderli dopo, non..."
"Ma che cosa stai farfugliando?"
"Pensavo che..."
"Dimmi una cosa." Il Conte Hassildor lo zittì. "Cosa hai fatto mentre aspettavi che si avvicinassero alla caverna?"
"Beh..." Brangor si guardò intorno, cercando di sfuggire allo sguardo penetrante e ipnotico del Conte Vampiro, ma senza successo. "Ho bevuto dell'Idromele. Sette bottiglie. L'ho prese alla taverna." Disse velocemente e meccanicamente, come se la sua bocca parlasse da sola, mentre lui desiderava tacere.
"Oh, ecco perché hai combinato un disastro." Sottolineò il Conte Hassildor. "Ti avevo avvertito di non bere più Idromele, sopratutto quando si è alle prese con un lavoro molto delicato, come quello che ti avevo affidato."
Brangor non rispose, il ché stranì non poco il Conte Vampiro, abituato ai continui lamenti, giustifiche e scuse del Nords.
"Vuoi aggiungere qualcos'altro?" Chiese il Conte Hassildor, gli occhi rossi che scrutavano dentro quelli di Brangor.
"Quando... Quando sono arrivato, ho visto un Imperiale sdraiato pancia in giù su una roccia. Lui non mi ha visto."
"E questo "Imperiale" fa parte della compagnia dei Cacciatori di Vampiri?"
"Sì."
"Allora il piano è stato sia un disastro che un completo successo." Pensieroso, il Conte Hassildor diede le spalle al Nord.
"Che vuoi dire?"
"Che l'Elfo Scuro sapeva dove cercare. Non è entrato solo perché lo hai spaventato o..." Si voltò di nuovo, corrugando la fronte. "No, non si è spaventato. Sapeva di essere osservato. Forse non voleva rischiare i suoi uomini, oppure... Devo scoprire chi lo paga. E' lì che risiedono le risposte, e forse so chi è."
"Chi?" Chiese Brangor perplesso.
"Riguardo alle bottiglie vuote di Idroemele." Il conte Vampiro ignorò del tutto la domanda del Nord. "Le hai lasciate lì?."
"No, le ho messe nella mia borsa."
"Per una volta hai fatto qualcosa di intelligente."
Brangor abbassò lo sguardo. "Se mi avessi detto di ucciderli con la mia asca, lo avrei fatto con piacere. E lo farò se me lo ordinerai."
"Questo è inconfutabile" Rispose con aria autorevole il Conte Hassildor, lasciando il vinaio. "Non provare a rubare le bottiglie di vino. So perfettamente quante sono. Puoi prendere quella aperta sul tavolo, sperando che ti aiuti a toglierti il vizio dell'Idromele." La voce giunse opaca, lontana, mentre il Conte Vampiro sparì nella penombra del corridoio che saliva alle cucine del castello.
Brangor si guardò in giro, prese la bottiglia aperta, annusò il bordo e la lasciò con disgusto sul tavolo. "Questa è roba da ricchi, e fa pure schifo. Meglio l'Idromele." Barbottando, lasciò il vinaio.

 
*****



Netrom Morten, ricurvo sul bastone magico paralizzante come appoggiò, affrettò il passo. Salì le scale dell'entrata del castello, percorse la balconata e svoltò a destra, aprendo una porta di legno rinforzato in ferro che portava in un spazioso corridoio. Le guardie lo guardarono di sottecchi, ma quando si accorsero che quel vecchio era Netrom Morten, l'amico del Conte Hassildor, distolsero lo sguardo e lo salutarono cortesemente. Il Bretone annuì, senza degnarli di uno sguardo. Raggiunse il largo studio del Conte Hassildor, che sedeva su una panca di pietra, egregiamente lavorata. Leggeva un libro intitolato "Storia di Tamriel". Era a metà libro, quando da sopra le pagine, lanciò una fugace occhiata verso Netrom Morten, che da gobbo, si drizzò in piedi non appena ebbe la certezza che non ci fosse nessuno.
"Non dire niente." Il Conte Hassildor zittì il Bretone ancor prima che parlasse. Poi alzandosi, lentamente, posò il libro con estrema cura nello scaffale. Vi erano quaranta libri, tutti diversi sia come genere che come autori. I tomi più rari, più a cuore, se un cuore l'aveva il Conte Hassildor, erano riposti in una vetrina. La serratura, protetta da un forte incantesimo, si annullava solo attraverso una chiave, anch'essa magica. Se uno spavaldo o intrepido ladro avesse provato a scassinare la serratura, una folgore l'avrebbe colpito in pieno, lasciando cenere e una macchia nera al suolo. (Questo incantesimo non esiste in Oblivion. Volevo aggiungere qualcosa di mio.)
Quando il Conte Vampiro si voltò, vide il volto irato di Netrom Morten. "Sei qui per via di Brangor, non è vero? No, non interrompermi. Il piano era diverso, lo so, ma era sicuro che l'Elfo Scuro avrebbe cambiato i suoi piani all'ultimo minuto. Ed è quello che è successo."
"Ah, sì. Su quale base?" Netrom Morten serrò gli occhi.
"Non ti pare di essertela presa un po' troppo?" Il Conte Vampiro ignorò la domanda del Bretone.
"Su quale base?" Ripete Netrom Morten, immobile.
Il Conte Hassildor non rispose fin da subito, preferendo aspettare una qualche reazione da parte di Netrom Morten, che non avvenne. "L'Elfo Scuro sapeva. Qualcuno gli ha detto dove sono i Vampiri."
"E con ciò? Anche noi sappiamo dove si trovano, e come ti ho ripetuto spesso, e meglio che siano i Vampiri a ucciderli, e poi noi a uccidere loro." Sollevò in alto il Bastone magico paralizzante. "Con questo sarà una passeggiata. Li paralizzeremo, li taglieremo la gola e moriranno affogati nel loro stesso sangue."
"Una visione macabra, ma molto piacevole." Disse il Conte Hassildor con uno dei suoi sorrisi inquietanti, che a Netrom Morten non trasmettevano nulla. "Peccato che l'Elfo Scuro si aspetti questo da chi lo vuole morto. E poi ho usato un incantesimo di Hawel. Quell'Elfo Alto rende la pelle di chi è paralizzato dura quasi quanto l'acciaio. No, non chiedermi come fa perché non ho risposte da darti. Ma credo che sia inutile se si vuol paralizzare qualcuno per poi ucciderlo, a meno che non si ripeta la magia sul soggetto per ben tre volte. Gli si fermerà il cuore e morirà per mancanza d'aria, ma questo già lo sai. Comunque, lo so, il tuo incantesimo paralizzante non ha eguali a Cyrodiil e forse in tutta Tamriel, ma non era quello il momento adatto per sfoggiare le tue abilità." Il Conte Vampiro andò sedersi dietro la robusta scrivania di quercia, dai disegni elaborati sui fianchi. "Ti racconto come è andata."
"Non serve. Mi ha detto tutto Brangor."
"La sua versione, quella ritoccata e magari pompata dove lui ne esce da eroe."
"Ha ucciso tutti, tranne l'Elfo Scuro che è fuggito, no?" Netrom Morten andò a sedersi in una delle due sedie poste di fronte alla scrivania.
"Come non detto. Non ha ucciso nessuno. Ora ascolta..."
Il Conte Vampiro raccontò com'erano andate veramente le cose.
"Allora perché l'hai assunto?" Disse Netrom Morten appena ebbe finito di ascoltarlo. "Non è un genio, va bene, ma nemmeno sveglio. E' una montagna di muscoli, buono solo a versare sangue quando si deve versare."
"Nella mia città non si versa sangue!" Tuonò il Conte Hassildor, l'espressione facciale rimase fredda, apatica. La luce delle candele, poste su un candelabro in piedi, si spensero e si accesero per un secondo, come se un fruscio di vento si fosse magicamente scatenato nella sala e dissolto nello stesso istante.
Pensieroso, il Bretone tirò indietro la testa.
"L'ho assunto come diversivo." Aggiunse il Conte Hassildor. "Ma il piano è cambiato. Ora dobbiamo fare le cose nei minimi dettagli."
"Continuo a non capire perché complichi le cose." Netrom Morten appoggiò il bastone magico paralizzante sulla sedia accanto.
"Perché devono sparire senza lasciare dubbi nella gente di Skingrad. Non m'importa cosa penseranno gli altri Conti, perché in un modo o nell'altro avranno sempre da ridire. Screditeranno il mio nome come hanno sempre fatto, ma la mia gente deve continuare a supportarmi. Quello che conta è il loro benessere. Nient'altro."
"Ottime parole, peccato che sono immune alla tua persuasione, ricordi?" Sorrise Netrom Morten. "Quello che conta per te, Conte Hassildor, è che il popolino non ti si rivolti contro, che continui pure a nuotare nella beata ignoranza, purché il Conte Hassildor, il loro benefattore, si prenda cura di Skingrad"
Il Conte Hassildor sorrise in modo inquietante, mentre la sua faccia rimase una maschera di freddo acciaio, solido, impenetrabile. "Ecco perché sei mio amico, anche se la parola stessa "amico" mi suona strano nella mia bocca. Un po' come l'acqua che non bevo da... Non importa."
"Quest'oggi sei molto più eloquente del solito."
"E' il potere dei libri." Fece cenno con il capo ai libri posti sullo scaffale.
   
 
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