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Autore: blackjessamine    19/08/2019    6 recensioni
Ispirato all'inarrivabile raccolta di racconti "Eleven Kind of Loneliness" di Richard Yates, questo vuole essere il ricamo di undici vite, undici esistenze raccontate nei loro momenti più vulnerabili.
Personaggi diversi che si muovono in momenti diversi, tutti accompagnati dalla stessa solitudine.
Di Richard Yates, Alfred Kazin dice che lui "riassume la nostra epoca con più spietatezza di ogni altro, ma anche con più pietà". La stessa pietà con cui spero di sfiorare le solitudini dei miei personaggi.
1. Capitolo Indice
2. Petunia Evans [Storia partecipante al contest "Sincero (non mi odi più) indetto da Giunia Palma/Lady Palma sul forum di EFP]
3. Mirtilla Malcontenta
4. Severus Piton
5. Priscilla Corvonero
6. Barty Crouch Jr. [Storia partecipante al contest "Citazioni in cerca d'autore (Oscar Edition)! - II Edizione", indetto da Rosmary sul forum di EFP]
7. Helena Corvonero [Storia partecipante al contest "Una biblioteca in disordine", indetto da Marika Ciarrocchi/Angel Cruelty sul forum di EFP]
8. Andromeda Tonks
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mirtilla Malcontenta, Petunia Dursley, Severus Piton
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Personaggi: Severus Piton, Lily Evans, Sirius Black, James Potter, Horace Lumacorno
Genere/i: Introspettivo, Malinconico 
Avvertimento/i: nessuno
Nota/e: nessuna
Contesto/i: Malandrini/I Guerra Magica
Rating: giallo
Lunghezza storia: one-shot
Introduzione: Severus Piton, a undici anni, non può fare a meno di chiedersi che senso abbia perdere tempo su calderoni fumanti, quando basterebbe uno sventolare di bacchetta per ottenere lo stesso risultato. 
La risposta è nella sottile e complessa arte del sentirsi a casa.
Note d'autore: Il titolo è tratto da un brano del “Macbeth” di William Shakespeare.





 
***




 
 

 
Double, double toil and trouble; fire burn, and caldron bubble
 



Severus stava giocando distrattamente con le uova che aveva nel piatto, trascinando la forchetta in mezzo al liquido vischioso del tuorlo e tracciando segni giallastri e densi sulla ceramica bianca.
Per lui la colazione era sempre consistita in una semplice tazza di latte scaldata rapidamente sul fornello e ogni tanto qualche biscotto: non si era ancora abituato ad avere davanti agli occhi tutta quella scelta, e così finiva sempre per riempirsi troppo il piatto, preso dall'entusiasmo, senza poi riuscire a finire il suo pasto. Sapeva che avrebbe potuto semplicemente ignorare quelle due uova e la montagnetta di bacon croccante che aveva precariamente impilato sul bordo esterno del piatto, ma gli sembrava ingiusto sprecare tutto quel cibo, e così stava cercando di convincere il suo stomaco ad accettare ancora qualche boccone.
Fu salvato da quel piccolo dilemma interiore dalla nuvoletta di piume brune che si posarono sull'avanzo delle sue uova: il gufo di Thomas Parkinson, che sedeva un paio di posti più in là, era stato trascinato nella sua planata dal grosso pacco che reggeva fra le zampe, non era riuscito a frenare in tempo e così aveva travolto il calice di succo di zucca della ragazzina minuta che sedeva di fianco a lui, per poi finire la sua corsa rovinosa nel piatto di Severus. Pezzi di cibo e schizzi di succo di zucca investirono lui e la ragazzina, Emily qualcosa, che balzò in piedi con uno squittio spaventato e, strofinando con il tovagliolo la maglietta macchiata, corse verso l'ingresso della Sala Grande. Merlino, quella ragazzina era anche lei al primo anno, ma era così piccola da sembrare una bambina di otto anni. E anche le risposte che dava in classe erano degne di una bambinetta, ricordò Severus con una smorfia irritata.
Severus fu distratto dalle sue riflessioni dalla voce tagliente di Parkinson che, accanto a lui, si era allungato a recuperare il suo pacco:
“Spostati, idiota, non vedi che la mia roba si sta inzuppando?”
Severus avrebbe voluto rispondergli malamente, ricordandogli che non era certo colpa sua se quel gufo non era nemmeno capace di volare, e che, anzi, sarebbe stato lui quello nella posizione di doversi scusare, dato che aveva rovinato la sua colazione, ma sapeva bene che sarebbe stato tutto inutile. Parkinson e i suoi amici stavano già ridacchiando rumorosamente, stracciando la carta marrone e mezza zuppa del pacchetto, completamente dimentichi di quel ragazzino pallido. E poi, Severus non aveva la minima voglia di mettersi contro i ragazzi più grandi già il secondo fine settimana di scuola.
Si alzò in piedi senza dire una parola, e percorse con passo rapido e lo sguardo basso lo spazio che lo separava dall'ingresso della Sala Grande.
Passando davanti al tavolo dei Grifondoro, non riuscì a trattenersi dal lanciare un'occhiata fugace al gruppetto di ragazzini del primo anno, il suo sguardo irrimediabilmente attratto da una inconfondibile chioma rossa: Lily stava addentando con foga una fetta di pane tostato, e aveva il viso leggermente voltato di lato, mentre i suoi occhi seguivano con attenzione il gesticolare agitato di una ragazzina con due lunghe trecce castane. Lily era talmente assorbita da quella conversazione che non si accorse dello sguardo di Severus puntato su di lei.
Severus sapeva che non poteva restare a sbirciarla ancora a lungo senza fare la figura del cretino davanti a tutta la scuola, così si decise a superare il tavolo dei Grifondoro e a guadagnarsi l'uscita.
La maggior parte degli studenti era ancora in Sala Grande, impegnati nella colazione, ed altri ancora stavano scendendo dall'ampia scalinata di marmo bianco proprio in quel momento: del resto era domenica, molti degli studenti avevano deciso di approfittarne per restare a letto un po' più a lungo.
Severus indugiò per un po', indeciso su cosa fare: non aveva voglia di chiudersi in Sala Comune, e frequentare la biblioteca durante la seconda domenica di scuola sarebbe stato come appiccicarsi in fronte un cartello che a scritte luminose lo qualificava come secchione noioso. Del resto, doveva solamente scrivere l'ultimo paragrafo di quello stupido saggio per Lumacorno, e poi avrebbe finito tutti i compiti. Imprecò, pensando a quel viscido ometto tondo e sorridente che era il Direttore della sua Casa: non che non avesse fiducia nelle sue capacità, si vedeva che era un insegnante valido e preparato, ma semplicemente il suo modo di fare lo irritava. Non era colpa sua se sua madre aveva deciso di abbruttirsi nella periferia babbana invece di diventare un nome di spicco della comunità magica, e l'attenzione e i sorrisi che Lumacorno riservava ai cognomi più noti lo irritavano sempre. E poi, andiamo, Pozioni era una materia così stupida: perché perdere tempo a sminuzzare ingredienti, respirare fumi acri di un calderone, mescolare intrugli pericolosi, attendere tempi indecenti per la decantazione, quando con un movimento di bacchetta si potevano evocare incantesimi potentissimi? D'accordo, gli studenti del primo anno non avevano ancora preparato nemmeno un decotto, quindi forse era presto per giudicare la materia, ma tutta quella fissa per le norme di sicurezza e le regole base era estenuante: non erano dei bambini, davvero Lumacorno aveva paura che potessero far saltare in aria i sotterranei solo accendendo un fuoco sotto i loro calderoni?
Mentre faceva queste riflessioni, Severus aveva cominciato a muoversi inconsciamente verso il grande portone del castello: era una mattinata soleggiata e tiepida, avrebbe potuto approfittarne per fare una bella passeggiata nel parco del castello. Quando aveva quasi raggiunto l'ampio ingresso, tuttavia, scorse un lampo della sua immagine riflessa nel vetro di una finestra: sul petto della camicia della divisa spiccava una grossa macchia giallastra, simpatico ricordo della colazione appena trascorsa.
Cambiò quindi direzione, arrossendo un pochino, e percorse a passi rapidi la scalinata che conduceva al bagno del primo piano.

“Tergeo!” esclamò, puntando con attenzione la bacchetta contro la macchia sulla divisa. Non successe assolutamente niente. Non si era aspettato qualcosa di diverso, ovviamente, visto che si trattava di un incantesimo discretamente complesso per un undicenne, e non era per niente certo che stesse facendo il movimento corretto, ma per lo meno non diede fuoco ai suoi abiti né fece cambiare colore alla macchia. Doveva provarci, quantomeno.
Rassegnato, Severus estrasse dalla tasca dei pantaloni un vecchio fazzoletto un po' liso, ma pulito e ben stirato: lo bagnò leggermente, e cominciò a strofinare la macchia, che non fece che allargarsi ancora di più.
Impegnato com'era a cercare di migliorare la condizione dei suoi vestiti, non prestò la minima attenzione ai due ragazzi che entrarono in bagno. Uno di loro si chiuse in un gabinetto, mentre l'altro prese ad osservare con sorriso poco rassicurante i movimenti di Severus.
“Ehi, Sirius, muoviti, qui fuori c'è Mocciosus che ha bisogno di una mano!”
Severus, continuando a strofinarsi con attenzione la camicia della divisa, sollevò lo sguardo su un ragazzino magro, che lo fissava con un ghigno da dietro le lenti di un paio d'occhiali con la montatura di metallo. James Potter, l'idiota che dopo due settimane di scuola già si sentiva padrone di tutta Hogwarts, come se l'intera scuola fosse stata eretta solo perché i Fondatori sapevano che prima o poi lui sarebbe venuto al mondo e avrebbe avuto bisogno di un'istruzione. Si erano conosciuti durante il viaggio sull'Espresso per Hogwarts, e avevano iniziato a disprezzarsi più o meno dal primo momento.
Severus decise di ignorarlo, per continuare a concentrarsi sul suo compito di smacchiarsi la camicia, ma Potter ovviamente decise di non mollare la presa.
“Che c'è, Mocciosus, non te l'hanno detto che la domenica puoi anche evitare di metterti la divisa? O hai paura che i professori ti scambino per un ragazzo normale, e non per un secchione?”
Severus arrossì leggermente, ma si astenne dal rispondere: la verità era che le sue divise, per quanto di seconda mano, erano degli abiti decorosi. Lo stesso non si poteva dire degli altri vestiti che si era portato da casa... quella mattina non aveva avuto bisogno di troppo tempo per riflettere e decidere che cosa indossare: sicuramente si sarebbe attirato diversi sguardi divertiti e sprezzanti se avesse indossato la divisa anche di domenica, ma di certo la gente avrebbe riso molto di più se si fosse messo i suoi vestiti.
Presto si sentì il rumore dello sciacquone, e Severus scorse nello specchio scheggiato il profilo di Sirius Black emergere dal gabinetto alle loro spalle. Il ragazzo, che era piuttosto alto per avere solo undici anni, fece saettare lo sguardo dal suo amico a Severus, poi sorrise a sua volta. Era un sorriso carico di presagi, e Severus non era certo che volesse scoprire che cosa aveva in mente: quei due ragazzini erano arrivati a scuola solo da due settimane, eppure era come se tra di loro si fosse già formato un tacito accordo: lo scopo delle loro giornate sembrava essere tormentare Severus sempre e comunque, in qualunque occasione, e Severus non si era certo tirato indietro. Si detestavano, semplicemente. Avevano raggiunto il culmine durante l'ultima lezione di Incantesimi, quando Potter e Black avevano volutamente fatto levitare la sua boccetta d'inchiostro, per poi farla cadere rovinosamente sul suo banco, mandandola in mille pezzi. Lily aveva strillato di rabbia, con una lunga scheggia di vetro infilzata nel dorso della mano, e Severus aveva messo mano alla bacchetta, pronto a reagire. Il professor Vitious era intervenuto sistemando rapidamente la mano di Lily e lo stato pietoso in cui versavano i loro vestiti, ma gli appunti di Severus erano irrimediabilmente danneggiati, mentre di quelli di Lily si salvava solo la metà sinistra della pergamena. La cosa peggiore era che quei due se l'erano cavata semplicemente con un'ammonizione a fare più attenzione, poiché avevano detto candidamente di aver sbagliato mira mentre si esercitavano con l'Incantesimo di Levitazione. Lily era furiosa: la mattina dopo, quando aveva porto a Severus una copia degli appunti di Incantesimi che si era fatta prestare da una sua compagna di Dormitorio, aveva passato una buona mezz'ora ad inveire contro i suoi due compagni di Casa, che anche in Sala Comune non facevano altro che fare confusione e disturbare chiunque cercasse di studiare: si calmavano solo quando qualcuno degli studenti più grandi perdeva la pazienza e li redarguiva malamente.
“Ehi, Mocciosus, che c'è, ti sei sbrodolato stamattina? A pranzo non dimenticarti il bavaglino!” ghignò Black, scatenando un attacco di risate sguaiate da parte di Potter.
“Potreste prestarmene uno dei vostri. Sicuramente ne avrete a centinaia, visto lo stato evolutivo del vostro cervello!”, ribatté Severus, seccato. Black e Potter irruppero in un coretto di derisione, poi si scambiarono una lunga occhiata d'intesa e Black si affiancò a Severus, avvicinandosi al lavandino.
“Che cosa vuoi, Black?”
Il ragazzo si scostò una ciocca ribelle dalla fronte, alzando gli occhi al soffitto.
“Lavarmi le mani. Non so in quale porcile sia cresciuto tu, ma ti svelo un segreto: il sapone non morde.”
Severus gli lanciò un'ultima occhiataccia, prima di tornare a concentrarsi sulla macchia sulla camicia. Ormai restava solo un alone appena più scuro rispetto al resto della stoffa: forse, se si fosse gettato sulle spalle il mantello, nessuno se ne sarebbe accorto, e l'indomani mattina sicuramente gli Elfi Domestici avrebbero fatto trovare nel suo baule l'altra divisa pulita. Certo, avrebbe avuto un po' caldo, ma poteva sopportarlo.
Improvvisamente, un getto d'acqua fredda in piena faccia lo distolse dai suoi pensieri: Black aveva unito le mani a coppa sotto il getto del lavandino, e aveva pensato bene di schizzarlo. Più che schizzarlo, di inzupparlo.
“Ma che cosa...”
Severus non fece in tempo a reagire, che Potter si lanciò a sua volta sul getto del lavandino, tappando per metà il flusso dell'acqua con un dito, e dirigendo così il getto dritto sulla faccia di Severus, che si allontanò chiudendo gli occhi.
“Ti stiamo dando una mano, Mocciosus: anche i tuoi capelli avevano bisogno di una lavata, non solo quella lurida camicia!”
Scostandosi da davanti al viso i capelli fradici, Severus estrasse con decisione la bacchetta dalla tasca dei pantaloni: non erano ancora abbastanza bravi da rischiare davvero di farsi male con la magia, ma forse in qualche modo si sarebbe potuto vendicare.
“Wingardium Leviosa!” esclamò, deciso, puntando la bacchetta contro il viso di Potter: aveva padroneggiato piuttosto in fretta quei primi incantesimi, anche se aveva ancora qualche problema con la mira e la precisione per quanto riguardava gli oggetti più piccoli, quindi fu piuttosto sorpreso di vedere gli occhiali del ragazzo sollevarsi in volo sopra la sua testa. Potter, con lo sguardo improvvisamente spento e confuso, esclamò, furioso:
“Che cosa credi di fare, ridammeli subito!”
Severus sorrise, compiaciuto:
“Con piacere, Potter!” e con un movimento brusco spezzò l'incantesimo. I tre ragazzi, come se fossero stati ipnotizzati, rimasero a guardare gli occhiali scintillanti precipitare a terra con un leggero clangore di vetri rotti.
Severus non aspettò che i due Grifondoro si riprendessero dallo stupore: in fondo, loro erano in due, e Black sembrava uno che non si facesse alcuno scrupolo a mettere da parte le bacchette per passare ai pugni. Con un movimento rapido, scavalcò gli occhiali rotti e guadagnò la porta del bagno, allontanandosi di corsa verso il corridoio che lo avrebbe portato ai sotterranei.

 
***

Severus sedeva a pochi passi dalla riva del lago, comodamente appollaiato sul ceppo di un albero tagliato. Aveva un libro aperto sulle gambe, ma in realtà non stava leggendo: osservava di soppiatto il comportamento dei suoi compagni di scuola, cercando di assorbirne le consuetudini. Aveva scelto quella postazione dopo un lento e impacciato girovagare, perché poco distante da lui c'era un grosso cespuglio che in parte lo nascondeva, e lì si sentiva piuttosto a suo agio: riusciva a guardarsi attorno senza rischiare di essere visto da troppe persone. Detestava muoversi in quegli spazi che gli erano ancora così sconosciuti, perché aveva sempre l'impressione di avere centinaia di occhi puntati addosso, pronti a giudicare e deridere ogni suo movimento. Gli sembrava sempre che tutto, dal suo modo di camminare al modo in cui stringeva la cinghia della borsa dei libri al suono che facevano le sue scarpe sulla pietra dei corridoi fosse terribilmente sbagliato e fuori luogo. Quando in classe sedeva in un banco al centro dell'aula, se ne stava con la schiena dritta e i muscoli rigidi, attento a non fare movimenti troppo bruschi, pieno di timore e imbarazzo all’ieda che qualcuno potesse deridere anche il modo in cui sedeva. Era certo che tutti lo osservassero e sorridessero sotto i baffi al suo passaggio, ed era ancor più certo che la maggior parte degli studenti gli avesse lanciato qualche occhiata piena di derisione e compassione, vedendolo vagare da solo per il parco della scuola.

Non riusciva a capire che cosa fosse andato storto: aveva atteso per tutta la vita il momento della partenza per Hogwarts, era certo che lì le cose sarebbero cambiate, che sarebbe sfuggito ad una vita fatta di strilli e disattenzioni per entrare in un mondo di cui si sarebbe sentito parte di qualcosa. Aveva fantasticato così tanto su questi momenti, ed era certo che i giorni della scuola sarebbero stati i più felici della sua vita, finalmente in compagnia di persone come lui, dove sarebbe stato accettato e compreso. 
E invece qualcosa era andato decisamente per il verso sbagliato. 
Hogwarts era meravigliosa, proprio come l'aveva sempre sognata: i suoi corridoi labirintici, le vetrate dalla vista mozzafiato, i passaggi segreti, quadri e arazzi, i fantasmi, la posta via gufo la mattina, le lezioni interessantissime... eppure, lui era rimasto il ragazzino un po' strano che se ne stava incerto ai margini del gruppo, senza sapere come gestire una conversazione con altri coetanei. I suoi compagni di Casa si conoscevano quasi tutti, e così lui era diventato subito l'estraneo, quello che aveva uno stupido cognome babbano, quello strano con la divisa di seconda mano e i libri la cui copertina rischiava di staccarsi già dalla prima settimana. Aveva rinunciato presto a fare amicizia con i suoi compagni di dormitorio, soprattutto quando si era reso conto che loro non lo avrebbero mai considerato diverso da un Nato Babbano. E così aveva preso ad impegnarsi il doppio degli altri durante le lezioni, per dimostrare che lui conosceva quel mondo, ne era parte, era legittimato a stare lì, ma questo, nonostante le occhiate compiaciute e di incoraggiamento dei professori, non gli era certo servito a farsi guardare con occhi più benevoli dai suoi compagni di scuola. Trascorreva le sue giornate aspettando solamente i momenti in cui i Serpeverde avrebbero avuto lezione coi Grifondoro, perché, nonostante la presenza di quei due idioti di Potter e Black, questo significava vedere il sorriso di Lily mentre gli riservava un posto accanto a sé. 
Lily stava vivendo quelle prime settimane ad Hogwarts come se si fosse trattato di una fiaba diventata realtà: guardava tutto con ammirazione, era ansiosa di imparare, aveva scoperto con estremo stupore e felicità di non essere assolutamente l'ultima della classe, ed era pronta a gettarsi in lunghe chiacchierate con chiunque gliene avesse offerto l'opportunità. Nonostante continuasse a sedere accanto a lui durante tutte le lezioni che avevano in comune, Severus la vedeva spesso chiacchierare con le sue compagne di Casa, e in particolare con quella ragazzina dai capelli castani che le stava sempre appiccicata: Lily, nonostante avesse scoperto dell'esistenza di quel mondo solo qualche mese prima, sembrava essersi integrata ad Hogwarts molto meglio di Severus, che si preparava a questo momento da tutta la vita. Sapeva che avrebbe dovuto essere contento per la gioia di Lily, eppure, per qualche motivo, vederla chiacchierare con gli altri, vederla sedere eccitata ma a suo agio nel banco di fianco al suo gli provocava una fitta fastidiosa alla bocca dello stomaco.
Si ripeteva che doveva darsi tempo, che era ad Hogwarts solo da due settimane, era normale che non si sentisse ancora del tutto a casa, ma al tempo stesso si guardava in giro, vedeva gli altri ragazzini del primo anno cominciare a dividersi in gruppetti e creare le proprie abitudini, e lui si sentiva sempre più solo e isolato dagli altri, attanagliato dal dubbio che, forse, lui ad Hogwarts non sarebbe mai stato felice.

Cercò di tornare a concentrarsi sul libro che stringeva tra le mani, ignorando quella sensazione di disagio che provava nell'essere consapevole di essere solo e seminascosto mentre tutti i suoi compagni si godevano il tempo libero, e subito tornò a far vagare lo sguardo sul paesaggio che lo circondava. Faceva caldo per essere metà settembre, e faceva ancora più caldo infagottato sotto il mantello della divisa, ma non poteva permettersi di restare in maniche di camicia. Poco lontano da lui, un gruppetto di ragazze più grandi se ne stava con i piedi scalzi a mollo nelle acque del lago, intente a scambiarsi pettegolezzi costellati da risolini acuti.
Severus fece vagare lo sguardo sul pendio di prato che portava al castello, e scorse, poco lontano dalla capanna del guardiacaccia, un gruppo di ragazzini tra i quali spuntava l'inconfondibile chioma di Lily: lei sedeva con le gambe incrociate di fianco alla sua amica con le trecce scure, circondate da altri Grifondoro del primo anno. Potter e Black non erano presenti, ovviamente: Severus sperava che stessero ancora cercando di rimettere insieme i pezzi degli occhiali di Potter.
Severus provò l'improvviso impulso di correre da lei, ma si trattenne: non poteva semplicemente piombare in mezzo ad un gruppo di Grifondoro di cui a stento ricordava i nomi, che cosa avrebbe potuto dire? Dopo un lungo attimo di esitazione, si risolse a cacciare quello stupido libro nella borsa, e a prendere la strada del castello.
Quando giunse più vicino al gruppo dei Grifondoro, rallentò un pochino il passo, e riuscì a cogliere qualche parola:
“Mi hanno detto che Vitious è abbastanza largo di voti, mentre la McGrannitt e Doyle sono severissimi.”
“A me Doyle fa paura, ha sempre una faccia come se avesse voglia di usarti come cavia alla tua prima risposta sbagliata!”
In effetti, il professore di Difesa Contro le Arti Oscure non aveva per nulla un'aria pacifica e rassicurante, ma anzi, sembrava che non vedesse l'ora di poter passare al lato pratico della materia solo per vederli finire in Infermeria uno dopo l'altro. Oh, che peccato che a Difesa Serpeverde fosse con Tassorosso! Severus avrebbe volentieri duellato con Potter o Black.
Severus aveva quasi oltrepassato il gruppo di ragazzini, quando una voce acuta lo raggiunse:
“Ciao, Sev! Dopo la colazione ti ho cercato al tuo tavolo, ma mi sa che eri già andato!”
Si voltò, e vide Lily avanzare verso di lui, spolverandosi i jeans e scatenando una leggera pioggerellina di fili d'erba. Severus la guardò sorridente, senza rispondere.
“Hai da fare?” gli chiese lei con un ampio sorriso, e lui si strinse nelle spalle.
“Pensavo di andare in biblioteca a finire il tema di Lumacorno...” mormorò, non osando dirle che in realtà il suo unico piano per la giornata era cercare di non mettersi in ridicolo davanti a tutta la scuola.
“Ma è domenica! E il tema è per mercoledì!” protestò Lily, gli occhi spalancati con un'espressione incredula.
“Sì, ma... insomma, lo sai che Pozioni non mi piace, prima me lo levo di torno e meglio è!”
Lily scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
“Io non l'ho nemmeno iniziato, così mi fai sentire in colpa! Ti va se ti accompagno, così magari mi dai una mano?”
Severus dubitava che Lily avrebbe avuto bisogno di una mano con quel tema, ma ovviamente era felicissimo di stare un po' con lei. Negli ultimi mesi, quell'estate, si erano visti quasi tutti i pomeriggi, ed era incredibile pensare a quanto rapidamente Severus si fosse abituato a contare sulla sua presenza. Quando erano partiti per Hogwarts, aveva creduto che la loro amicizia non avrebbe fatto altro che rinforzarsi, ma dopo che aveva sentito il Cappello Parlante spedirla fra le fila dei Grifondoro la sua speranza aveva vacillato non poco. Nonostante per forza di cose fossero costretti a passare diverso tempo separati, avevano preso l'abitudine di trovarsi al termine delle lezioni in biblioteca, per studiare assieme. Certo, la biblioteca non era il posto migliore per chiacchierare, dal momento che la bibliotecaria era una specie d'arpia in grado di cogliere anche il minimo colpo di tosse e di intervenire con gli occhi fuori dalle orbite per ristabilire la calma del suo piccolo regno, ma a Severus piaceva quella conversazione silenziosa fatta di sguardi, smorfie, bisbigli e cenni del capo.
“Certo, volentieri!” rispose, cercando di non suonare troppo entusiasta.
Lily salutò i suoi compagni di Casa, che le lanciarono uno sguardo incuriosito - Severus aveva già colto diversi sguardi di quel tipo quando Lily si sedeva accanto a lui in classe, ma lei sembrava cieca a tutto ciò - e si avviò insieme a lui lungo il pendio che portava al castello, parlando in maniera entusiasta di tutte le nuove cose che aveva appreso in quei giorni.

 
***

Severus discese nei sotterranei con un sospiro: era un'ingiustizia che i Serpeverde dovessero fare tutte quelle scale per raggiungere la Sala Grande, per poi dover scendere di nuovo nei sotterranei per le lezioni di Pozioni. Non sarebbe stato tutto molto più facile se avessero sistemato tutte le aule in una stessa ala dei castello? Molte meno corse, meno rischi di fare tardi tra una lezione e l'altra, nessun ragazzino del primo anno perso in corridoi che non aveva mai visto...
Varcò la soglia dell'aula di Pozioni, dove diversi studenti avevano già iniziato ad estrarre il proprio calderone e gli ingredienti elencati alla lavagna: l'eccitazione era palpabile, dal momento che il venerdì precedente Lumacorno aveva annunciato che da quella settimana avrebbero finalmente cominciato ad avere un approccio più pratico alla materia, preparando la loro prima pozione. Aveva mantenuto un velo di mistero riguardo a quello che sarebbe stato il loro primo preparato, ma Severus sospettava che non si sarebbe trattato di niente di spettacolare.
Lily, gli occhi scintillanti, sedeva vicino alla parete, in terza fila, e fece un cenno eccitato a Severus di avvicinarsi.
“Non vedo l'ora di iniziare questa lezione, speriamo di non combinare disastri...”
Severus, con un sospiro, si lasciò cadere accanto a lei: no, lui non aveva la minima voglia di passare un'ora a sudare sopra un calderone maleodorante, tagliando foglie di trifoglio a striscioline o spremendo occhi di coleottero. Non quando avrebbe potuto impegnarsi ad apprendere qualcosa di più utile e immediato a Trasfigurazione o Incantesimi.
“Sarai bravissima, Lily, non ti preoccupare.”
In quel momento, Lumacorno invitò gli ultimi studenti che si stavano attardando fuori dall'aula a prendere posto, e si rivolse alla sua classe con un ampio sorriso, come se nascondesse dietro la schiena un enorme pezzo di cioccolata e non vedesse l'ora di vedere le loro espressioni quando glielo avrebbe offerto.
“Bene, ragazzi, se posso avere la vostra attenzione, vorrei invitarvi a concentrarvi e richiamare alla mente quello che abbiamo studiato in queste prime settimane sulle norme di sicurezza da mantenere durante la preparazione di una pozione.”
Fece una pausa ad effetto, come per lasciare effettivamente il tempo a tutti di ricordare quelle sciocchezze: seguire con attenzione le istruzioni del libro di testo, non saltare o unire più passaggi, non cercare di correggere una pozione evidentemente sbagliata, non sporgersi troppo a respirare i fumi di un calderone... insomma, anche un bambino di cinque anni avrebbe capito che cosa era meglio fare o non fare con una sostanza che bolliva sul fuoco.
“Bene, ora vi chiedo di aprire il vostro libro di testo a pagina trentanove e di cercare di seguire alla lettera le istruzioni riportate. La pozione Scacciabrufoli è un preparato piuttosto semplice, tuttavia sono certo che sarà illuminante per voi toccare con mano cosa significa manipolare delle materie prime per ottenere scopi ben precisi. Per qualsiasi dubbio, non esitate a chiamarmi al vostro tavolo di lavoro. Anche se sono certo che ve la caverete benissimo.”
Con quest'ultima frase, scoccò un sorriso ammiccante a James Potter, che ricambiò il sorriso apertamente.
Dannato arrogante. Da quando l'anno era cominciato, Lumacorno non faceva che decantare il talento che doveva sicuramente scorrere nelle vene del giovane Potter, figlio del famoso pozionista Fleamont Potter, inventore dell'apprezzatissima Tricopozione Lisciariccio, che Lumacorno assicurava essere un suo caro amico. Il ragazzo aveva accolto tutti questi complimenti con sorrisi svogliati, annuendo impercettibilmente quando Lumacorno annunciava che la sua classe quell'anno avrebbe assistito a grandi cose fuoriuscire dal suo calderone. Al diavolo, che Potter si beasse pure di essere bravo ai fornelli, Severus sapeva che il vero talento risiedeva nel mantenere il sangue freddo durante un duello, non certo nello stare comodamente seduti al sicuro davanti ad un calderone fumante!
Quando Severus si riscosse dai suoi pensieri, si accorse che Lily aveva già acceso il fuoco sotto il suo calderone, e stava frantumando nel suo mortaio nuovo di zecca le zanne di serpente.
Severus, scoccando un'ultima occhiata a Potter, i cui occhiali erano in qualche modo tornati in ottime condizioni, si affrettò ad aprire la sua vecchia copia del libro di testo alla pagina indicata, e cominciò a studiare le istruzioni. Effettivamente la pozione non sembrava poi così complicata, e così si mise diligentemente al lavoro.
Ben presto Severus si ritrovò completamente assorto dal miscuglio che borbottava scoppiettando allegramente nel suo calderone: scoprì che concentrarsi nel contare la giusta quantità degli ingredienti, ridurre in polvere le zanne nel mortaio, regolare l'esatta temperatura del composto e osservarlo cambiare lentamente colore e consistenza mano a mano che contava le mescolate in senso orario aveva un forte potere calmante su di lui. Si ritrovò a muoversi fra il suo calderone e il tavolo con gli ingredienti con una naturalezza che non sapeva di possedere, per una volta del tutto assorbito dal suo compito, senza curarsi minimamente di quello che gli altri stessero facendo o di cosa potessero pensare di lui.
Quando Mary MacDonald urtò il proprio calderone rovesciandosi il contenuto bollente sulle gambe e prorompendo in uno strillo acuto, Severus a malapena alzò la testa dal suo lavoro: registrò marginalmente Lumacorno borbottare che si aspettava che sarebbe successo prima o poi, perché tutti dimenticavano la regola basilare di assicurarsi che il calderone fosse bel fissato al suo supporto.
“Lupin, accompagna miss MacDonald in Infermeria, vuoi? Conosci la strada” aggiunse l'uomo stancamente, guardando con aria corrucciata e vagamente annoiata la ragazzina singhiozzare.
Lily intercettò lo sguardo di Severus, poi si rivolse al contenuto dei loro calderoni, e disse:
“Forse ci siamo, stanno assumendo proprio una bella tinta color buccia d'arancia. Ce l'abbiamo fatta, mi sa!”
In effetti, la pozione di Lily e quella di Severus sembravano rispecchiare la descrizione riportata sul libro: Severus si sarebbe aspettato qualche bolla in più sulla superficie della sua, mentre quella di Lily scoppiettava fin troppo, spedendo sporadici schizzi arancioni in ogni direzione, ma non appena Severus si guardò attorno si accorse che il resto della classe era in una situazione ben peggiore. La pozione di Mary giaceva a terra in brutti grumi rossastri, mentre quella di Emily Rosenthal, la ragazzina minuta di Serpeverde, si stava solidificando in una gelatina bruna che puzzava terribilmente di gomma bruciata. Lumacorno girava con aria affranta fra i banchi, evidenziando gli errori commessi dai vari studenti - a quanto pare Peter Minus a metà pozione aveva fatto cadere il libro, e lo aveva riaperto alla pagina sbagliata, producendo un perfetto incrocio tra la pozione Scacciabrufoli e la lozione CuoioPerfetto. Remus Lupin sembrava invece essere stato sul punto di produrre qualcosa di buono: la sua pozione era solo un po' troppo chiara, ma sembrava tutto sommato accettabile, ma ovviamente si era dimenticato di spegnere il fuoco sotto il suo calderone, prima di accompagnare quasi di peso Mary in Infermeria, e così presto un acre odore di bruciato prese a salire dal suo composto. Sirius Black aveva prodotto un composto dal colore perfetto, ma che aveva preso una consistenza simile a quella del formaggio fuso, che pendeva in lunghi filamenti collosi dal mestolo che il ragazzo tentava inutilmente di liberare dal suo calderone. Quando Lumacordo si voltò speranzoso verso il calderone di Potter, pronto a sommergerlo sotto una valanga di complimenti, per poco non svenne: il calderone di Potter era totalmente invaso da una densa schiuma verdastra, che continuava ad aumentare e minacciava di varcare i confini del suo contenitore. Inoltre, da quella schiuma fuoriuscivano enormi bolle che scoppiavano con sonori pop, spendendo schizzi bollenti in ogni direzione, costringendo Potter a saltare come un ranocchio nel tentativo di evitarli.
“Mio caro ragazzo, ma che cosa è successo qui?” esclamò deluso il professore, facendo evanescere la pozione di Potter prima di dover spedire anche il suo pupillo in Infermeria.
“Non lo so, professore, dev'essere colpa di quelle lumache giganti, stava andando tutto bene finché non ho aggiunto quelle” cercò di scherzare il ragazzo, ma era evidente che non fosse contento della faccia delusa di Lumacorno.
Il professore scosse la testa, e si allontanò senza ulteriori commenti, avvicinandosi ad un tavolo di Serpeverde che avevano ottenuto risultati discreti, anche se ancora lontani dalla descrizione presente sul libro.
Alla fine, con aria annoiata, Lumacorno si avvicinò al tavolo di Lily e Severus: non aveva mai prestato loro molta attenzione, nemmeno quando faceva l'appello - Lily era presto diventata Lilian - ma questa volta si fermò, trattenendo teatralmente il respiro, e fissò a lungo i due ragazzi. Lily, accanto a Severus, cominciò ad arrossire, visibilmente in imbarazzo, ma il ragazzo sapeva che Lumacorno doveva essere contento. Le loro, del resto, erano le migliori pozioni della classe.
“Per i baffi arricciati di Salazar, questa sì che è una Pozione Scacciabrufoli fatta come si deve!”
Si chinò ad annusare i due composti, li mescolò e saggiò la consistenza del liquido, poi scrutò a lungo Severus:
“Sei certo di non avere qualche pozionista in famiglia, ragazzo? Questo non è un talento comune...” dicendo questo, lanciò un ultimo sguardo ferito a Potter, che stava borbottando qualcosa nell'orecchio di Sirius Black.
“No, signore, non che io sappia.”
Non sapeva molto della famiglia di sua madre, che non ne parlava mai volentieri, ma ritenne più opportuno evitare di spiegare la situazione davanti a tutti i compagni.
“Quanto a Miss Evans, be', in questo caso chiaramente il talento sta tutto nelle mani e nel cervello di questa signorina, visto che di certo non c'è nessun avo da ringraziare. Direi che sarebbe appropriato assegnare quindici punti a Serpeverde e quindici punti a Grifondoro! Forza, ora, ripulite tutto e andate.”
Severus non riuscì a trattenere un ampio sorriso: erano i primi punti che guadagnava per la sua Casa, e non credeva che questo lo avrebbe fatto sentire così orgoglioso. Mentre riponeva i suoi strumenti nella borsa, Potter e Black gli si avvicinarono con un sorriso torvo:
“Be', Mocciosus, complimenti. Stai solo attento, la prossima volta qualche lumaca gigante potrebbe scivolare dal nostro calderone e finire nel tuo!”
“Che hai, sei invidioso, Potter? Solo perché tu non sapresti preparare nemmeno un tè, non significa che altri non si vogliano impegnare” intervenne Lily, minacciosa. Da quell'incidente con la boccetta d'inchiostro non aveva ancora perdonato Potter e Black, e non perdeva occasione di ribadirlo.
“È solo che preferisco impegnarmi in cose più utili. Il lavoro ai fornelli lo lascio alle signorine.”
Con questo si voltò e marciò fuori dall'aula, con Black che gli trotterellava dietro come un cagnolino.
Lily sbuffò, sprezzante, e si caricò in spalla la sua borsa:
“Va be', che cosa puoi aspettarti da un pallone gonfiato che deve tutti i suoi soldi ad una pozione che non solo non saprebbe preparare nemmeno tra un milione di anni, ma che non sa nemmeno usare?”
In effetti, a giudicare dal nido che Potter aveva al posto dei capelli, l'invenzione di suo padre non sembrava un granché.
Severus sogghignò, guardando gli occhi di Lily scintillare. La ragazzina, dopo un attimo, non riuscì più a trattenersi, e lo strinse in un fugace abbraccio, che lasciò Severus sorpreso e imbarazzato.
“Ma ti rendi conto? Quindici punti! Ed è solo la prima pozione!”
Il calore che era salito a imporporare il viso di Severus parve sciogliersi e scendere a diffondersi nel suo petto, facendolo sentire, per la prima volta da quando aveva messo piede ad Hogwarts, sereno e sicuro di quello che stava facendo.
Senza ombra di dubbio era stato uno stupido a giudicare così presto Lumacorno: Pozioni era decisamente uno dei corsi più interessanti che la scuola potesse offrire.






 
***





Note:
E con questa storia, ho finalmente finito di ripubblicare i racconti già presenti nella raccolta “Ogni giorno, ogni respiro”, erroneamente cancellata mesi fa. 
Piton è un personaggio che temo non sia molto nelle mie corde, ma ho fatto del mio meglio per dargli voce. Spero di non averlo travisato troppo.
Il titolo è, chiaramente, tratto dal Macbeth di Shakespeare.
Vi ringrazio per aver dedicato un po’ di tempo a questa lettura. 
   
 
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