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Autore: Loka 98    24/08/2019    4 recensioni
Questa è una raccolta di momenti mancanti e di One-shots della serie "Good Omens", dal mio punto di vista.
Capitolo 1: L'ultima profezia di Agnes Nutter
Capitolo 2: La debolezza di Crowley
Dal testo del capitolo 2:
"Dici davvero? Posso stare veramente da te?"
"Si...certo. Non corro troppo vero?" Quel riferimento a quando negli anni precedenti gli aveva procurato quel thermos di acqua santa lo fece ridacchiare.
"Tu correrai sempre un po' troppo per me…" aveva iniziato l'angelo, mettendo a disagio il demone, che aveva iniziato a guardare altrove.
"Ma posso sempre allenarmi, chissà, forse un giorno ti raggiungerò"
"Tu non hai bisogno di corrermi dietro. Posso fermarmi io"
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Puoi stare da me"
Quasi non credeva di averglielo chiesto. O forse era la normalità, un amico offrirebbe senza pensarci un posto dove stare all'altro, specialmente dopo che quest’ultimo ha perso la propria casa.
L'angelo non sembrava aver capito bene il significato di quell'offerta, perché ci impiegò qualche secondo prima di girare la testa verso di lui, con uno sguardo confuso dipinto sul viso.
"Beh...io…" aveva esitato. "Non credo che ai miei capi piacerebbe" si morse il labbro inferiore e abbassò timidamente lo sguardo. Stare da Crowley? Non lo avrebbe di certo messi nei guai, ma forse aveva usato una sciocca scusa perché era troppo impaurito dal rispondere si.
Quindi ora, pentito, avrebbe solo voluto che il demone al suo fianco insistesse.
"Non hai più dei capi...e nemmeno io. Siamo rimasti soli angelo"
Si, ne era convinto. Soli, un angelo e un demone sulla terra, soli, dopo aver sconfitto una bazzecola come la fine del mondo. Una squadra imbattibile, lo yin e lo yang. Ognuno di loro nascondeva nel loro cuore un po' del seme dell'altro, che si erano scambiati nel corso dei seimila anni trascorsi fianco a fianco. Crowley aveva imparato a non essere troppo crudele, e a mostrare quel velo di gentilezza che Azraphel gli aveva donato, ed era bravissimo a negarlo in tutti i modi possibili. Lui buono? Mai!
E Azraphel aveva bisogno di una briciola di coraggio e testardaggine, non poteva essere solo e sempre buono, nella vita sulla terra un demone come Crowley gli avrebbe dato solo ottimi insegnamenti e consigli. Ma non lo avrebbe mai ammesso.
Si erano aiutati e salvati a vicenda, e allo stesso tempo rimproverati. Avevano anche litigato tanto nei secoli, ma dopo una discussione non potevano fare a meno di cercarsi, anche con migliaia di chilometri che li separavano.
Azraphel viaggiato tanto a bordo di quella nave, insieme a quel Cristoforo Colombo. Sentiva che Crowley si trovata in India, lo avvertiva nelle ossa! Peccato solo che la loro destinazione fu leggermente diversa…

Azraphel accarezzò il demone con uno sguardo morbido e che sapeva di dolcezza, uno sguardo che solo un angelo può avere.
"Dici davvero? Posso stare veramente da te?"
"Si...certo. Non corro troppo vero?" Quel riferimento a quando negli anni precedenti gli aveva procurato quel thermos di acqua santa lo fece ridacchiare.
"Tu correrai sempre un po' troppo per me…" aveva iniziato l'angelo, mettendo a disagio il demone, che aveva iniziato a guardare altrove.
"Ma posso sempre allenarmi, chissà, forse un giorno ti raggiungerò"
Aveva sorriso. E che sorriso.
Crowley lo volle osservare più tempo di quanto fosse consono per una semplice occhiata tra migliori amici, aveva guardato i suoi capelli tendenti al color nuvola, ricci che davano l'idea di essere morbidi come la più soffice della seta, che nemmeno le dita più perfette e immacolate avrebbero potuto toccare; i suoi zigomi pieni e tondeggianti, che formavano delle pieghine e delle fossette ai lati della bocca quando sorrideva, il suo naso dalla punta fredda e rossa, la sua bocca che mostrava i candidi e dritti denti, le rughe sotto gli occhi, che tutti avrebbero chiamato difetti, ma per Crowley era la perfezione.
Non poteva nasconderlo, il cuore bussava forte quando gli rivolgeva quel sorriso e quando la sua risatina pacata gli solleticava le orecchie.
Crowley si godette quelle sensazioni, quel piccolo campanello d'allarme che gli ripeteva incessantemente che si fosse innamorato ormai da anni del proprio migliore amico.
Lo ascoltava e lo riascoltava come la propria fiaba preferita, no, non cacciava più via quei sentimenti. 
Gli sorrise di rimando.
"Tu non hai bisogno di corrermi dietro. Posso fermarmi io" 
E Azraphel si scioglieva, allargando sempre di più il suo sorriso.
Erano passati anni da quando lo aveva conosciuto, eppure era sicuro che non avrebbe mai smesso di fargli provare sempre nuove emozioni.
Crowley era di una dolcezza aspra ma piacevolissima, come una torta al limone dove ci si è dimenticati di mettere gli ultimi grammi di zucchero. Pungeva, ma avvolgeva i sensi, e si sentiva ancora bene il suo intento di apparire abbastanza zuccherino.
E l'angelo, seppur ingenuo, sapeva che questo suo lato non lo avrebbe mai condiviso con nessun altro, a parte lui. Questo "diritto" a poter godere del vero Crowley lo faceva sentire fiero, importante, e...forse non avrebbe voluto usare una parola così esplicita, ma “innamorato” poteva essere la più azzeccata.

Lo abbiamo capito vero? Due idioti che si amano alla follia, troppo imbranati e orgogliosi per poter, non dico dichiararsi l'uno all'altro, ma per ammetterlo a loro stessi.

"Guarda, l'autobus sta arrivando. Che dici allora? Ci vieni o no a casa mia?"

"Si" aveva detto con tono più addolcito che mai. "Ne sarei felice"

E infrangendo l'abitudine di salire sul mezzo uno dietro all'altro, si sedettero allo stesso posto.
Era tardi, e non c’era nessun altro, se non un ragazzo che dormiva sulla spalla di quella che doveva essere la propria fidanzata.
Erano molto teneri.

Ma Crowley era troppo turbato per rivolgere uno sguardo disturbato dalla troppa melensaggine provocata da quella coppietta, aveva qualcosa dentro che lo logorava. E preso dalla paura, non riuscì a trattenersi e parlò.

"Senti angelo, io...ti devo chiedere un favore"

"Dimmi caro"

Il suo nomignolo preferito.
Era come una scossa elettrica dritta al cuore.

"Quando sei morto… ti prego, ora non prendermi in giro per quello che ti sto per dire…ho avuto tanta paura"

"Paura?"

"Per te" si tolse gli occhiali, non pensandoci nemmeno un secondo ad allontanarsi dal contatto che spalla divina e spalla demoniaca stavano intrattenendo a causa del sedile così stretto.

"Ho avuto paura di non rivederti mai più. Mi sono sentito solo dopo sei secoli"

"Oh... Crowley…" era il tono che Crowley non voleva, quello sdolcinato, con annesso uno sguardo che cercava i suoi occhi, un sorriso quasi commosso, e una mano che gli toccava la spalla.

"Ti prego, non interrompermi con le tue moine" lo aveva fermato prima che potesse dirgli quanto fosse dolce a pensare certe cose.
"Il fatto è che...quando sei tornato con un corpo che non fosse da donna e che fosse solamente tuo, ho avuto voglia di fare una cosa che non ho avuto il coraggio di fare"

Azraphel si era fatto curioso, e con sguardo comprensivo, gli sorrise per rassicurarlo.

"Vai avanti caro"

Quel "caro" gli scaldava un cuore che era rimasto freddo a lungo, ma che nelle mani di Azraphel aveva ritrovato il motivo di pulsare di nuovo.

"Ti prego, è un momento di debolezza, e sento di dovertelo chiedere, e sto sperando con tutto il cuore che tu...la prenda il meglio possibile. Non voglio che mi consideri un debole"

"E che cosa sarà mai Crowley? Non avere paura, sono il tuo migliore amico"

"Posso...abbracciarti?"

Un abbraccio?
Un... abbraccio?
E perché?

"Voglio... ristabilire un contatto. Voglio credere fino alla fine che tu sia qui con me, e che non ti abbia immaginato tra le fiamme della tua libreria. Non te lo sto chiedendo perché in fondo sono un bravo demone, sento solo che ne ho bisogno. Avrei voluto farlo una volta arrivati, ma sono costretto a chiedertelo qui, su questo autobus traballante e con le luci rotte, prima di impazzire"
Le luci dell'autobus erano veramente rotte, almeno quelle interne, e per poco Azraphel non inciampava nel buio prima di sedersi.

Crowley era evidentemente imbarazzato, con le braccia incrociate e lo sguardo rivolto verso il basso.
Con i suoi sorrisi Azraphel era in grado di illuminare il mondo. Sorrideva per tante cose, nel pensare ad un tenero neonato, nel vedere un tramonto particolarmente intenso, ma i sorrisi migliori li rivolgeva solo al suo migliore amico, nonché innamorato. Innamorato segreto ovviamente, se qualcuno glielo avesse chiesto non avrebbe mai avuto il coraggio per almeno i prossimi cinquantanni di dichiararsi. Era sempre troppo presto.
Si erano sfiorati le mani, e avevano deciso, senza chiedere il consenso all'altro, che sarebbero state molto meglio abbracciate, falangi affettuose e palmi che avevano tanta voglia di baciarsi.

"Tu potrai anche sostenere di non essere almeno in piccola parte un bravo demone. Ma non preoccuparti. Non devi salvare le apparenze per nessuno, e specialmente, non per me"

Cercando di non pensare a nessuna implicazione romantica, anche se fu veramente complicato, l’angelo si appoggiò al corpo caldo e rigido di Crowley, e lo strinse a sé.
Con la mano libera gli accarezzò i capelli, attorcigliandosi le ciocche morbide attorno alle dita. Cominciò a disegnare dei piccoli cerchi sulla nuca, ma senza esagerare, altrimenti gli sarebbe venuta la sua solita voglia irrefrenabile di baciarlo. Quanta voglia.
Quale desiderio represso, un bacio. Un gesto fraintendibile e inconfondibile allo stesso tempo, dalle mille sfumature.
Azraphel infuse tutto l’affetto di un migliore amico in quell'abbraccio, al quale Crolwey ancora doveva abituarsi. Gli si era appoggiato al petto morbido, e il profumo era inconfondibile: pulito, che ricordava una dolcezza unica. Non era per nulla pungente, ma delicato, come l’aroma di panna montata. 

Ecco, il dessert può essere servito. Dolce al limone, con lo zucchero dimenticato, ma con panna montata sopra. Un connubio perfetto.

“Non sono un debole vero?” gli aveva chiesto.

“No” aveva scosso la testa Azraphel. “No non lo sei”

“Possiamo solo, non parlarne più?”
Crowley aveva avanzato quell'insolita richiesta perché pensare a quell'abbraccio, che gli aveva portato la calma, il calore che non aveva mai sentito, lo avrebbe fatto innamorare sempre di più di Azraphel. E siccome non avrebbe mai, mai trovato il coraggio di dichiararsi, era meglio non pensarci più, tenerlo segreto, un ricordo che solo un vecchio autobus traballante e con le luci rotte avrebbe conservato.

Azraphel lo strinse ancora.

“Come vuoi tu caro. Non ne parleremo più se non vuoi”

Si sarebbe accontentato di ricordarlo da solo, magari dopo la chiusura del negozio, quando si sedeva alla sua poltrona con una tazza di tè e un po’ di musica classica che usciva dal vecchio grammofono.
Azraphel era sicuro di averlo sentito singhiozzare, non poteva essere stata l’ennesima buca presa da quell'autista forse un po’ troppo distratto.
Ma forse era troppo chiedergli di piangere. Un demone non piange.
Forse no, avrebbe dovuto solo stare zitto e continuare a confortarlo come stava facendo, come chiunque avrebbe fatto se avessero conosciuto bene il carattere di Crowley.

Ma non Azraphel, no, non lui. 

“Piangi se devi”

“No che non devo!” si era nuovamente irrigidito, ma la sua voce rotta lo aveva tradito. Aveva tentato di mascherare i suoi sentimenti con una frase pungente, ma non ne fu proprio in grado.

“Scusami...” gli aveva sussurrato appoggiando la fronte alla sua spalla.

“Mi sei mancato anche tu. Temevo di non rivederti.” gli confessò Azraphel.

Che cosa stava provando veramente? Stava ormai confondendo il comportarsi da amico e il comportarsi da uomo che vuole dichiararsi e che sta trovando le parole per farlo, ed era impossibile tornare indietro, è come quando mescoli lo zucchero alla farina, non sarai più in grado di risolvere il problema, nemmeno con il setaccio. Ma forse, con un po’ di convinzione, l’angelo poteva trovare una mezza via, comportarsi da amico comprensivo ed empatico, e da uomo innamorato.
Si sentì la camicia bagnata, in prossimità del collo. Si sentì incredibilmente forte, era riuscito a far piangere un demone, ad aprirgli il cuore.

Crowley inspirò dal naso.
“Non te lo dico praticamente mai. Ma sei il mio migliore amico. Il mio unico amico. E io...” sussurrò con voce tremolante. “...ti voglio bene”

Crowley aveva perso la solita maschera che molte volte aveva mostrato anche ad Azraphel. Quando nei millenni precedenti lo ritrovava dopo tanti secoli che erano rimasti separati, non mostrava mai la sua preoccupazione, ma sempre sorpesa, scherno, ironia, e anche felicià, ma mai tristezza, ansia o preoccupazione per non averlo rivisto e non aver avuto sue notizie.

Ma quando era entrato nella libreria in fiamme qualcosa si era spezzato.
Era il fuoco che non avrebbe mai voluto vedere, anche con i suoi occhi di demone. Aveva passato tanto tempo tra le fiamme, così purificanti, così pungenti, così rinvigorenti, era come farsi un bagno rilassante.

“Non puoi essere morto, stupido idiota! Per l’amor di qualcosa!” aveva urlato mentre il fuoco divorava ogni cosa.

“Ti prego scusami se ti ho trattato male, ma ti prego, esci da dove cazzo ti sei nascosto, brutto figlio di puttana!”
Cercò di arrabbiarsi con lui, nella speranza di vederlo mentre usciva dal retro bottega, che forse non era ancora stato attaccato dall'incendio. Lo immaginava indispettito, nascosto da lui, ancora offeso dalle sue parole, ma ancora vivo. Vivo.
Crowley immaginava di afferrargli la mano, di tirarlo fuori e di poterlo riempire di insulti per non essersi mostrato prima, di averlo fatto penare in quel modo, di averlo fatto urlare fino allo sfinimento.
Ma Azraphel non si presentò al suo ennesimo appello scandito da lacrime, urla e insulti al vento pregno di fumo.
“Idiota! Ti odio, bastardo! Vieni fuori! Vieni fuori! Esci e vieni da me!!”
Si era accasciato a terra con le ginocchia, sentendo il metallo dei suoi occhiali sciogliersi sulla sua pelle. Se li tolse, rivelando i suoi occhi gialli già distrutti dalle troppe lacrime.
Gli mancava la voce, ma si lasciò andare ad un urlo disperato, mentre prendeva a pugni il pavimento.
Sentì le sirene dei vigili del fuoco, e un getto d’acqua improvviso lo prese in pieno per poi scagliarlo dall'altra parte della stanza.
Stordito, disperato, con il cuore a pezzi, si rialzò lentamente.
“Chiunque sia stato...chiunque abbia ucciso il mio angelo…” urlò quanto di più orribile e raccapricciante possa dire un demone. Cose che nessuno avrebbe il coraggio di ripetere.
Azraphel non c’era. Non era lì. Era morto.


Ripensando a quegli orribili momenti, Crowley si lasciò andare e non trattenne le lacrime, ma cercò in ogni modo di non fare rumore. Si strinse ancora di più tra le braccia forti e morbide del biondo.

“Ti voglio bene anch'io Crowley”

“Promettimi che non morirai”

“Ci proverò” ridacchiò.

Rimasero stretti per i successivi venti minuti del viaggio, momenti nel quale Crowley si era calmato, si era reso conto di aver avuto il momento di debolezza più imbarazzante della sua vita. Ma sapeva di poter contare su Azraphel, inoltre, aveva in serbo tanti episodi da ricordare nel caso in cui l’angelo un giorno decidesse di penderlo in giro. Ne aveva combinate di sciocchezze, ma tutte in compagnia dell’altro.
Mancava qualche fermata prima di arrivare a casa, e Crowley decise che era venuto il momento di smettere di torturare il suo collo, che era rimasto storto nell'abbraccio. Ma decise che prima della fine del secolo avrebbe voluto chiedergliene un altro.
Entrambi sentirono un’atmosfera calda, dolce, totalmente rilassata che aleggiava tra di loro. Ma no, non era il caso di calcare la mano, non parlarono più di quello che era successo, in fondo quell'abbraccio era bastato a coprire fiumi di parole.

Forse se glielo avessero detto in quel momento, non ci avrebbero mai creduto, ma nel giro di due settimane Crowley avrebbe trovato il coraggio di telefonare ad Azraphel, invitarlo a cena fuori, di dichiarare il suo amore per lui e… di fare anche altre cose che solo un raiting rosso ci permetterebbe di scoprire*

Una volta scesi, avvenne un miracolo, ma del quale nessuno dei due era responsabile: La sua bambina, la sua Bentley lo aspettava nel buio, parcheggiata e senza un graffio.
Crowley era corso da lei, e l’aveva accarezzata sul cofano.
“Ciao piccola mia...” gli aveva detto amorevolmente.
E non ci impiegarono troppo tempo a supporre che anche la libreria fosse tornata al suo posto, un po’ come tutte le cose che durante l’apocalisse-che-non-fu erano state distrutte o spazzate via.

Ma nessuno dei due propose di andare in centro. Entrambi salirono in casa, e anche se Azraphel aveva passato la notte nella camera degli ospiti, qualcosa era successo, ma solo Anatema lo avrebbe notato: avrebbe visto due auree, una bianchissima e una di un pallido rosso, intrecciate tra di loro, con l’intenzione di non lasciarsi mai.




Note dell’autrice:

*il riferimento è alla mia altra fanfiction “Lover Boy”, ambientata circa due settimane dopo questa storia.

Salve a tutti! Spero che questo capitolo carico di fluff vi sia piaciuto, e spero di non essere inciampata sull'incubo dell’ OOC! Sono in dubbio perché solitamente Crowley non mostra questo lato morbido del suo carattere, ma spero comunque che vi abbia fatto intenerire *^*
Voglio ringraziare chi ha letto, chi ha messo le mie storie tra i preferiti e le seguite e un grazie speciale a chi ha recensito, mi riempite le giornate di gioia con la vostra dolcezza <3

Sei vi va di lasciarmi un commentino nei sarei tanto contenta, o se volete semplicemente darmi suggerimenti o propormi una collaborazione sono aperta a tutto!
Un salutone a tutti!
   
 
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