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Autore: CyanideLovers    27/08/2019    6 recensioni
Dopo aver tentato un compositore alla fama e al successo, Crowley è maledetto dalla moglie e tormentato dal suo fantasma fino alla fine dei suoi giorni. Aziraphale farebbe di tutto pur di salvarlo, l'unico problema è che non sa cosa sta succedendo e, in ogni caso, il problema potrebbe essere molto più complicato di quel che sembra.
Ispirata dalla sonata "Il trillo del Diavolo" di Giuseppe Tartini.
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ATTENZIONE: Nella storia ci saranno riferimenti a diversi temi delicati, nasce come una storia horror, leggete con cautela.
Genere: Angst, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Anatema Device, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Madame Tracy, Shadwell
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oneirataxia'
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Attenzione: Questa è una storia dark/horror. Al suo interno troverete molte scene violente con chiari riferimenti a dissociazione, depersonalizzazione, schizofrenia, depressione e attacchi di panico abbastanza violenti. Ci sono scene di sangue e violenza fisica espliciti. Le scene di violenza sessuale, anche se chiari, non sono così espliciti ma vorrei avvertirvi prima che procediate con la lettura. Allo stesso tempo, ho prestato molta attenzione a scrivere scene di conforto e quelle che vengono definite le "grounding techniques".
Detto questo, buona lettura, spero che la storia vi piaccia.
Stay health, stay safe. 

“Invece, ho amato come nessuno su questa terra ha amato mai, di un amore furioso, così violento,
ch'io stesso mi stupisco che il cuore non me ne sia scoppiato.
Che tensione paurosa! Che notti! Che notti!”

Théophile Gautier, La Morte Amoureuse

In una casa, durante una tempesta, Padova, Italia, 1713

Quella notte il compositore fece un sogno.

(O almeno, quello che sembrò un sogno.)

Larghetto affettuoso, in 12/8.

La musica pervadeva l’aria.
Allegra, triste, lenta e veloce, passionale e malinconica, bianca e nera.

“Chi è che suona così magistralmente, nel buio della notte?”

“Il nome è Crowley” rispose l’uomo dal completo nero e lenti scure, che accarezzava dolcemente le corde di un violino nella penombra dello studio.

“Chi siete voi?”

“Perché siete in casa mia? Come siete entrato?”

“Tu mi hai invitato.”

Allegro, in 2/4

L’uomo abbassò lievemente il capo, come un cenno o un saluto, senza mai smettere di suonare, rivelando impossibili occhi gialli.

“Dio mio, occhi di serpente!” Esclamò il veneziano, spaventato, ma poi rimase in silenzio mentre le note invadevano l’aria della notte.

Un ghigno.
L’uomo tremò.

“Angelo o Demone, uomo nell’ombra, tu che suoni una così bella sonata, cosa puoi volere da un povero musicista come me?”

“Il punto non è cosa io voglio da te,” rispose il demone e la mano scivolò leggera sulle corde, “il punto è cosa tu vuoi da me.”

Non c’erano altri rumori in casa, né scricchiolii delle vecchie travi in legno né il mugolare del vento tra le imposte malferme, neanche il ticchettio del vecchio pendolo. Solo il suono del violino invadeva la stanza e il rombo dei tuoni fuori dalla finestra.
Come se lo studio non fosse più nella sua casa ma in un’altra dimensione.

L’uomo trasalì, capendo improvvisamente chi o cosa avesse davanti.
Non è importante capire come facesse a saperlo, l’importante è che avesse capito.

“Non farò un patto con un demone, non venderò la mia anima all’inferno.”

“Bene.” Rispose Crowley con un sorriso impossibilmente affettuoso, “Umani, sempre uguali.”

Rise.

“Sempre così preoccupati. Vi ho donato la possibilità di conoscere la differenza tra il bene e il male, giusto e sbagliato.”

Rise ancora.

“Ma io conosco gli uomini come te, Giuseppe. Sempre annoiato, sempre alla ricerca di qualcosa… e il bene è noioso dopo un po’. Ma dimmi, cosa cerchi? Un po’ di fama e talento, la promessa di essere ricordato in eterno?”

Gli occhi del giovane si illuminarono.
Ah, eccolo, pensò il demone.
La vera condizione umana, l’estenuante ricerca di quel qualcosa.

“Potresti farlo davvero?”

Questi umani, sempre così curiosi.

“Ah, cos’è la dannazione quando il tuo ricordo può vivere in eterno?” Chiese il demone. “Quando qualcuno ci ricorda in eterno, quando il nostro ricordo è avvolto da ammirazioni e elogi, quando saremo per sempre il grande compositore, il grande inventore, perchédovremmo temere le fiamme dell’inferno?”

Andante-Allegro-Adagio, con alternanza di 2/4 (Allegro) e 4/4 (Andante, Adagio).

“Il mio capo si è un po’ indispettito quando ha sentito dire che tu suoni meglio di lui.”

Un tuono, un fulmine.

Ah, sorrise il demone.
Per una volta c’era la giusta atmosfera.

“Non gli piace quando qualcuno mette in dubbio uno dei suoi talenti preferiti. Ma in fondo credo che sia normale, è sempre stato un tipo orgoglioso.”

Un fulmine, un tuono.

“Ma io ho detto, vediamo cosa succede muovendo un po’ le acque. Ho sempre amato gli umani, sempre così pieni di desideri nascosti e inventiva. Geniali, davvero. Questo non è neanche il mio mestiere, per intenderci. Io non stringo contratti, io tento la gente, sussurro all’orecchio. Ma questo è qualcosa di diverso. Quelli la sotto la prendono sul personale a volte.”

“Un’esagerazione, se ti interessa la mia opinione. Ma in fondo sono un demone, a differenza degli umani io non ho il libero arbitrio. Una gran scocciatura, credimi.”

“Sussurrare e tentare è più nel mio stile poi lascio poi fare tutto a voi altri. Secondo me siete ormai in troppi, quelli lì sotto non vogliono capire che, dato il numero crescente, è ormai diventato estenuante fare questa specie di servizio porta a porta e tentarvi uno ad uno, si dovrebbe guardare il quadro generale. È semplice economia, amico mio.”

“Ma in fondo” disse il demone rallentando il suo lungo e sconclusionato monologo “cosa c’è di più seducente? Non una donna, non il denaro, non è neanche il rispetto o la fama.”

“È la promessa di vivere in eterno nel cuore e nella mente degli uomini.”

Pioggia.

“Pensaci Giuseppe, essere il più grande compositore di tutti i tempi, colui che ha scoperto un nuovo modo per suonare il violino.”

Pioggia, pioggia.

“Lo senti vero? Il terzo suono.”

“È proprio lì, fra le due note, si percepisce ma non si sente veramente, come se stessero suonando due violini. Uno invisibile e uno visibile.”

Un tuono.

“Come fai?” Chiese il compositore.

“No, no, no, amico mio. Un diavolo non rivela mai i suoi trucchi.”

“Ma posso regalarti questa mia sonata. È tua se la vuoi.”

“La mia mano è al tuo servizio, basta un solo cenno e io trascriverò le mie migliori note per te.”

L’uomo si mosse indeciso.
Un movimento nervoso, spostò il peso da un piede all’altro.

Il demone sorrise dolcemente.
Aveva già vinto.

“E la mia anima?”

“Bhé, la risposta mi sembra ovvia.”

“E se io avessi una controproposta?”

Oh,
Umani, sempre così pieni di sorprese.

“Che genere di proposta?”

“Tu potresti riscrivere questa sonata.”

Così testardi, così orgogliosi, così così arroganti.

“Se io riuscirò a eseguirla meglio di te potrò tenermi la mia anima e la mia musica,”

Un ghigno.

“Se non dovessi riuscirci potrai reclamare la mia anima.”

Pioggia, pioggia, pioggia;
tuono, lampo, tuono.
Il demone sorrise.

“Una notte sognai che avevo fatto un patto e che il diavolo era al mio servizio. Tutto mi riusciva secondo i miei desideri e le mie volontà erano sempre esaudite dal mio nuovo domestico. Immaginai di dargli il mio violino per vedere se fosse arrivato a suonarmi qualche bella aria, ma quale fu il mio stupore quando ascoltai una sonata così singolare e bella, eseguita con tanta superiorità e intelligenza che non potevo concepire nulla che le stesse al paragone. Provai tanta sorpresa, rapimento e piacere, che mi si mozzò il respiro. Fui svegliato da questa violenta sensazione e presi all'istante il mio violino, nella speranza di ritrovare una parte della musica che avevo appena ascoltato, ma invano. Il brano che composi è, in verità, il migliore che abbia mai scritto, ma è talmente al di sotto di quello che m'aveva così emozionato che avrei spaccato in due il mio violino e abbandonato per sempre la musica se mi fosse stato possibile privarmi delle gioie che mi procurava.”*

Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, Padova, Italia, 1770

Se credete a quelle vecchie dicerie secondo le quali i demoni danzano sulle tombe dei morti, vi sbagliate.
Prima di tutto, i demoni non danzano. Non bene per lo meno.
In secondo luogo, la maggior parte delle tombe sono benedette
e nel caso non lo fossero è solo perché sono tutte ammucchiate nei cimiteri e quelli sono sempre terreni consacrati.

Le poche tombe lontane dai terreni consacrati e non benedette sono spesso sepolcri pagani o di persone credute possedute del demonio. Molti diavoli ridono a quest’ultima credenza perché, spesso, queste persone non sono mai venute a contatto con entità soprannaturali.
Dunque, i demoni non ballano sulle tombe.

Tutti i demoni in generale tendono a star ben lontani dalle chiese come dai campisanti, difficilmente un diavolo ha voglia di testare la sua fortuna per scoprire se, al primo contatto con il suolo, prenderà fuoco o soffrirà solo di qualche scottatura.
Infondo, la curiosità, quando se ne abusa, spesso e volentieri ci porta addosso qualche sventura.

In più l’acqua dei campi santi — da quella delle fontanelle alla pioggia agli annaffiatoi — così come nelle chiese, diventano in poco tempo acqua santa, considerando che tutti noi sappiamo i terribili effetti del liquido sui suddetti demoni potrete immaginare con quanta cura gli angeli caduti evitino questi luoghi.
Acquisite queste conoscenze, potrete dunque immaginare perché la vista del demone Crowley mentre camminava per i vialetti del cimitero, dritto come un chiodo e dimenticando la sua ridicola andatura per una volta, fosse una visione quantomeno inusuale.

Non sapeva perché fosse lì.
C'era
come una forza al di fuori della sua portata lo guidava, vincolandolo al suo contenitore di carne, costringendolo a mettere un piede davanti all’altro, togliendogli perfino la possibilità di tirarsi indietro o di reagire al dolore che stava provando.

Camminò lungo il sentiero fino ad arrivare davanti alla piccola chiesa e vi entrò, mantenendo lo sguardo spento che lo aveva accompagnato per tutto il suo pellegrinaggio.
Nella chiesa non c’era nessuno, solo una donna vestita a lutto, un lungo velo nero le copriva la testa e il volto, così lungo che sfiorava il bel pavimento della chiesa.

“Tu devi essere il demone Crowley.” Commentò la donna quando sentì i passi lenti e striscianti dell’uomo dietro di lui.

“Perché mi hai chiamato?” Chiese lui, la voce monotona come la sua camminata, imprigionato com’era, anche le emozioni erano blindate nella sua mente.

“Tre giorni fa lui è morto.”

Soho, Londra, Inghilterra, 499 giorni dopo l’Apocalisse che non c’è mai stata

La prima e l’ultima volta che accadde davanti ai suoi occhi, Aziraphale pensò che fosse una di quelle strane cose che Crowley era solito fare.
Avevano passato una piacevole serata in uno di quei ristorantini alla moda che l’angelo amava tanto. Circondati da cibi deliziosi e buona musica, l‘angelo e il demone avevano riso e scherzato e, dopo svariate bottiglie di vino, erano arrivati a riesumare vecchie avventure, le più imbarazzanti ovviamente, e avevano iniziato a ridere di gusto al ricordo di tanti momenti passati insieme.

Poi, a un tratto, qualcosa accadde.
Fuori dalla porta del locale un giovane ragazzo si era fermato con un violino in mano. La custodia era aperta e qualche buonuomo gli aveva già lanciato qualche spicciolo per supportarlo, il ragazzo pareva essere mezzo morto di fame ma non appena aveva iniziato a suonare le note si erano infilate sotto la porta, attraverso i tavoli, le sedie, le colonne decorate, tutti avevano smesso di parlare per un istante.

La musica era bellissima, allegra evagamente malinconica.
Aziraphale guardò Crowley che rimase in silenzio per molto tempo, lo sguardo fisso verso qualcosa che non poteva vedere, perso nei suoi pensieri.
Poi la musica cambiò, più allegra e energica, qualcosa che non sembrava davvero di questa terra.

Fu allora che avvenne.
Con uno scatto, Crowley si alzò dalla sedia.
All’inizio Aziraphale lo aveva seguito con lo sguardo, un sopracciglio inarcato come a voler fare una domanda
ma l’uomo alto e magro davanti a lui non aveva detto una parola, non cercò scuse per il suo comportamento né prese la giacca. Si alzò dalla sedia e uscì dal locale, lasciando l’amico con la bocca mezza aperta.

“Per favore, cancelli l’ordine del dessert e mi porti il conto.” Si affrettò a chiedere alla cameriera l’angelo e nel giro di dieci minuti era già fuori dal locale, il cappotto stretto al corpo, la sciarpa pesante e la giacca del demone tra le braccia.
Crowley, nel frattempo, aveva afferrato bruscamente il violino del ragazzo e aveva ripreso a suonare la stessa melodia ma con più passione e con fioriture e cadenze che non aveva mai sentito prima che rendevano la musica ancora più passionale e ultraterrena.
Lanciò uno sguardo di scuse al ragazzo che se ne stava seduto sulla neve. Lui Guardava Crowley come se fosse Dio in persona, stupito dalla maestria del demone.
Aziraphale gli diede dei soldi, un cappotto caldo e morbido che il ragazzo non
capì mai da dove fosse spuntato, e gli assicurò che avrebbe avuto molta fortuna nella vita se solo fosse tornato a casa il prima possibile.
Il ragazzo li lasciò con riluttanza, ancora incantato da come Crowley muoveva l’archetto sulle corde del violino.

“Crowley” lo chiamò Aziraphale. “Crowley, che diavolo stai facendo?”

Il demone non rispose, non sembrò minimamente turbato dal tono infastidito dell’amico— in verità sembrava non averlo minimamente sentito— continuò a suonare guardando dritto davanti a se, come se non fosse neanche cosciente dell’amico accanto a lui.

“Mio caro, mi spaventi, che ti prende.”

Un movimento dell’archetto.
Dita lunghe che scivolano sulle corde.
Sguardo vuoto, come un fantasma, come un morto.

“Il tuo corpo finirà per morire congelato, mio caro, almeno metti la giacca.”

Lui lo ignorò, continuò a guardare dritto davanti a sé e continuò a suonare, senza fermarsi fino all’alba.

Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, Padova, Italia, 1770

“Chi sei tu?”

“Elisabetta.”

“Sei la moglie del compositore.” Commentò Crowley vagamente intrigato.

La donna continuò a dargli le spalle, lo sguardo fisso sulla tomba davanti a lei.

“Mio marito era un brav’uomo.” Disse dopo un lungo silenzio. “Era stato per tanto tempo un uomo violento e superbo, sempre alla ricerca di qualcosa, sempre nervoso, sempre ansioso.”

“Ma era un brav’uomo.”

La donna avrebbe avvertito il tono sarcastico, se solo Crowley fosse stato in grado di controllare il suo tono di voce. Il commento era stato detto con il tono più blando che si potesse immaginare, con grande disappunto del demone.

“Lo era.” Confermò la moglie. “Mi ha sposato in segreto e quando mio zio, il cardinale di questa città, lo scoprì, fu costretto a fuggire.”

“Piansi per molto tempo.”

“Lo amavi?”

“Lo amo ancora. Quando riuscimmo a ritrovarci, quando fu tutto detto e tutto perdonato tornammo in questa città e trovammo il modo per vivere una vita tranquilla.”

Crowley si avvicinò a lei. Il dolore che si irradiava dalla suola delle scarpe era a malapena sopportabile e i piedi sembravano non volersi alzare un centimetro dal suolo. Non se ne preoccupò più di tanto, la donna aveva un’aura molto più minacciosa.
C’era qualcosa in lei, qualcosa, qualcosa, che non riusciva a mettere a fuoco.
La sua immagine era vibrante, come quando fa molto caldo e l’orizzonte sembra tutto tremolante.

“Se mi hai evocato per chiedermi di riportarlo in vita, mi dispiace, non posso aiutarti. Niente sfugge alla morte.”

“No.”

“No?”

“Mio marito ha vissuto gli ultimi anni della propria vita nel terrore e nell’angoscia, continuando a suonare quel suo maledetto violino ancora, ancora e ancora. Non mangiava più e non dormiva più.”

“Se cerchi vendetta, posso capirti.”

“Però tu sai bene che io gli ho solo offerto una scelta.”

“Poteva scegliere una vita tranquilla, moglie e figli, ma ha scelto una vita fatta di applausi, fama e notorietà.”

“Non ti azzardare a parlare in questo modo di mio marito!” Stillò lei con uno sguardo folle negli occhi. Si lanciò contro di lui e lo spinse contro una delle colonne della chiesa.

“Sai che è vero.”

Lei strinse la sua mano intorno al collo e lui sorrise dolcemente.

“Sai, di solito mi piacciono le donne come te.”

La mano al suo collo si strinse.

Lui sorrise ancora, stava andando tutto secondo i suoi piani.

Il suo piano— che poteva sembrare stupido— era quello di essere ucciso. Ovviamente un essere umano non ha armi per eliminare davvero un demone, tolta l’acqua santa che era ben lontana dalla moglie in quel momento, se lei lo avesse fatto sarebbe tornato all’inferno. Ci sarebbero state molte scartoffie e un paio di domande imbarazzanti, in una cinquantina d’anni sarebbe potuto tornare a camminare libero per il mondo.

“Così forte e fiera, non ti limiti a vivere la tua vita tranquilla, in silenzio come tutte le altre, tu non rimani in disparte a piangere il tuo molto morto marito. No, tu ti vesti come un mostro per evocare un demone.”

“Per fare cosa?”

“Spaventarlo?”

“Ucciderlo?”

Lei rilasciò la presa intorno al collo del demone. Crowley sentì di poter finalmente muoversi più liberamente, non poteva ancora sollevare i piedi dal terreno consacrato ma riusciva a muovere le braccia e poteva di nuovo controllare la sua voce, il suo tono, le ultime parole avevano un leggero sibilo nascosto fra le lettere, gli occhi erano di nuovo di un brillante color giallo.

“Maledirlo.” Rispose la donna, tornando al centro della navata.

Crowley rise a quelle parole.

“Non puoi maledirmi, tesoro. Sono un demone, sono già dannato per l’eternità.”

Lui rise.

“Sei stato maledetto da Dio.”

“Ma non sei mai stato maledetto da una donna morta e innamorata.”

La risata morì come era nata.
Le parole erano calme, fluivano come un ruscello che pigramente scorre fra le rocce.
Il demone si ricordò perché esisteva il detto: la donna ne sa una più del diavolo.

“E io ti maledico Demone Crowley.”

“Ti maledico perché io lo amavo.”

“Ti maledico a soffrire come ha sofferto lui.”

“E non ti dimenticherai mai di me.”

“E non smetterai mai di vedere la mia faccia.”

“E ricorderai sempre che qui, ora, in questa chiesa, io ti ho maledetto.”

“E non potrei mai più ascoltare il suono dell’opera che hai composto per mio marito.”

“E quando succederà, tu inizierai a suonare, inizierai a sentire l’irrefrenabile desiderio di toccare di nuovo un violino, e non potrai più lasciarlo andare.”

“E soffrirai come ha sofferto lui, e la paura e il terrore ti strangoleranno e perderai la persona che ami di più.”

“E piangerai e urlerai.”

“E niente ti salverà.”

“Perché Dio ti avrà anche maledetto e tu sei caduto e bruciato all’inferno.”

“Ma questo sarà anche peggio dell’inferno.”

“Perché è una donna morta e innamorata che ti maledice.”

“E la mia maledizione farebbe rabbrividire Dio in persona.”

Così parlò.

E prima che il demone potesse dire una sola parola, lei estrasse la pistola dalla tasca del vestito e si sparò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

 

*Secondo un aneddoto, riportato dall'astronomo francese Jérôme Lalande nel libro "Voyage d'un Français en Italie, fait dans les années 1765 et 1766" ("Viaggio di un francese in Italia, fatto negli anni 1765 e 1766"), l'ispirazione che porterà Giuseppe Tartini alla creazione della sonata “Il trillo del diavolo” deriva da un sogno, fatto in una notte del 1713, descritto così dal compositore.

Sono certa che la moglie di Tartini, Elisabetta Premazore, fosse un amore di ragazza. Dato che ci sono pochissime notizie sulla sua vita, se non che ha sposato il compositore e che i suoi parenti non erano inizialmente favorevoli al matrimonio, il personaggio della moglie del compositore è totalmente inventato, completamente fuori personaggio (mi auguro per il povero Tartini) e il suo nome, così come quello del compositore, verranno citati solo questa volta.

Spero che la storia vi piaccia, non credo che dovrete aspettare molto per il prossimo capitolo, ho già buttato giù la bozza, quindi è solo da correggere. Intanto vorrei ringraziare @setsy che è stata una fantastica beta-reader
I vostri commenti mi danno spesso la forza di continuare a scrivere quando sono le cinque del mattino e la mia insonnia non mi abbandona.

PS: mi sto mettendo all’opera per correggere la storia dato che c’erano molti errori di battitura e vorrei ringraziare in primis Setsy per il suo aiuto come beta-reader e Aspirina Effervescente che da qui in poi ha scritto il 60% della storia e che, come sempre, mi porta a scrivere le storie più dark che si possano immaginare.

Mentre rileggo la storia non posso fare a meno di scusarmi con tutti i personaggi di Good Omens, in particolare Crowley, che davvero non si meritavano tutta questa ansia.

 

  

 

 

   
 
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