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Autore: Anonima Italiana    27/08/2019    4 recensioni
Conclusa la Battaglia delle Acque Nere, Sansa Stark viene costretta al matrimonio con Sandor Clegane da Re Joffrey, il quale subito dopo li condanna all'esilio. La coppia decide così di intraprendere il viaggio verso Grande Inverno per riportare Sansa a casa dai suoi familiari. Nonostante l'attrazione da sempre evidente fra loro, i due pensano di poter annullare il matrimonio; non sanno invece che questo sarà solo il primo passo che li vedrà protagonisti di una bellissima canzone d'amore, migliore delle ballate da lei tanto amate e da lui tanto odiate perchè, stavolta, è la storia di un amore vero.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Nuovo personaggio, Robb Stark, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino dopo quando Sandor si svegliò ebbe una sorpresa: guardandosi attorno notò la stanza in perfetto ordine, due sacche da viaggio già pronte e chiuse messe l’una accanto all’altra sul letto, e Sansa già sveglia da un pezzo seduta sulla poltrona: la giovane si era cambiata e ora indossava una semplice tunica verde e grigio chiaro, non pesante ma nemmeno leggerissima, adatta a viaggiare. La complicata capigliatura sfoggiata il giorno prima al matrimonio era sparita, ora i suoi lunghi capelli rossi erano legati in una coda di cavallo legata con un nastro blu; teneva ripiegato sulle ginocchia il proprio mantello da viaggio.


- Buongiorno- gli disse sorridendo.

Per tutta risposta il Mastino bofonchiò qualcosa di poco chiaro: mica poteva dirle che aveva dormito poco e male a causa del desiderio insoddisfatto che aveva per lei!

- Che novità è questa?-

- Dato che mi sono svegliata prima di voi ho pensato di riordinare e preparare tutto per il viaggio, in modo da non perdere tempo- rispose Sansa con un sorriso.
Sandor si alzò e cominciò a vestirsi e raccogliere le ultime cose.

- Ti hanno ammaestrata anche come moglie, eh uccelletto?- 

La giovane ci rimase un pochino male; non che pretendesse chissà quali ringraziamenti, ma non si aspettava quel tono derisorio. In fondo voleva solo essere utile...


- Comunque hai fatto bene, anche io ho voglia di levarmi dalle palle questo posto il prima possibile. Il tempo di infilarmi l’armatura e poi ce ne andiamo, d’accordo uccelletto?-

Sempre sorridente Sansa annuì e Sandor pensò tra sé e sé che non si poteva certo darle torto: per lei la vita ad Approdo del Re aveva significato solamente dolore, umiliazioni, sofferenze indicibili, solitudine. La prospettiva di doversene andare senza mai più ritornarvi doveva sembrarle un sogno da cui aveva paura di risvegliarsi.
Non che per lui fosse da meno: in fondo quello era un luogo come un altro dove aveva vissuto parte della sua vita, a cui non lo legava nulla. Non amici, affetti di alcun tipo, nessuno bel ricordo; ma almeno lui aveva scelto di starci.
Finito che ebbe di indossare l’armatura, afferrò la sacca da viaggio prontamente imitato da Sansa, poi le diede il braccio, che lei accettò. Appena prima di varcare la soglia però si fermò pensieroso; poi si chinò all’orecchio della giovane sussurrandole:


- Quando saremo fuori, assumi un’espressione dolorante…come se stessi poco bene. E non arrabbiarti se ti tratterò un po’ male. –

- E perché mai?- replicò stupita Sansa.

- Perché ora, uccelletto, ci divertiremo un po’ anche noi- rispose Sandor facendole l’occhiolino.

Pur non capendo la motivazione di tale richiesta, Sansa decise di acconsentire. “Vedremo cosa ha intenzione di fare” si disse…
 
 


Usciti che furono dall’alloggio e arrivati nei pressi del piazzale, Sandor la prese per un braccio in maniera rude, come trascinandosela dietro, e assumendo un cipiglio da paura. Nel frattempo una piccola folla di curiosi si era radunata per  assistere alla partenza ufficiale dei due traditori più  noti del regno, graziati dal magnanimo Re Joffrey. Arrivati che furono, in bella vista davanti  a tutti, Sandor mollò rudemente Sansa intimandole con cipiglio truce e tono da comando:

- Aspettami qui, femmina! Ora vado a prendere il mio cavallo e poi ti aiuto a montarci sopra- disse il Mastino ricalcando volgarmente la parola “ montare”.

- Sì marito- replicò in tono mite e sottomesso Sansa, alla quale il senso di tutto ciò sfuggiva ancora ma che aveva capito che la scena era  a beneficio dei curiosi.

Sandor si allontanò e poco dopo tornò tenendo Straniero, il proprio cavallo, per le briglie.
Aiutò la ragazza a salire in modo piuttosto rude,per poi dirle sempre in tono volgare: 


- Se senti dolore non lamentarti troppo e sappi che è normale, dato che quella che è stata montata ieri notte eri tu...-

Un mormorìo di orrore corse tra la folla, al solo pensiero di ciò che quella poveretta doveva aver provato quella notte nelle mani del Mastino. E chissà in futuro, sempre se fosse sopravvissuta!
Senza salutare nessuno, Sandor diede un colpetto di speroni  a Straniero e partirono, senza voltarsi indietro nemmeno una volta.

Una volta usciti dalla porta della città e fatto ancora qualche metro, Sansa chiese finalmente:


- Ora che siamo soli, mi spieghi il perché di quella sceneggiata?-

Sandor la guardò divertito.

- Credi davvero che in mezzo a quella gente con ci fosse nessun lecchino di Sua Maestà Joffrey “il magnanimo”?- chiese calcando con disprezzo la voce su quest'ultima parola. 
- Te lo dico io: certo che c'erano eccome. Saranno stati  mandati a riferire come ti avevo trattato la prima notte di nozze. Ebbene, li abbiamo accontentati e scommetto che sarà contento anche la fichetta bionda. Chissà come gli verrà  duro sentendo certe cose!- 


Sebbene Sansa non capisse l’intero senso del discorso, le era invece ben chiaro il fatto di aver tirato un bello scherzetto a quello che per lungo tempo era stato il suo torturatore. Certo lui non l’avrebbe mai saputo (e per fortuna!), ma intanto loro si erano fatti beffe di lui.
Improvvisamente la giovane scoppiò in una sonora risata liberatoria, scuotendo leggermente il capo all’indietro; e l’uomo accanto a lei non potè fare a meno di rimanerne incantato.
Non l’aveva mai vista ridere: solo sorrisini, tirati e finti, messi su per l’occasione come le era stato insegnato; solo quando era venuta a cercarlo per ringraziarlo di averla salvata dallo stupro durante la rivolta aveva visto sul suo viso un timido sorriso sincero; che lui aveva prontamente stroncato rivolgendole la solita crudele predica sarcastica. Senza considerare che quel sorriso, in quel momento, era solo per lui.

E ora invece….ma quanto era bella mentre rideva? E come poteva una persona sola racchiudere tutta questa bellezza? 
Meglio non pensarci anche stavolta. Altrimenti rischiava di farla smontare e prenderla lì su quel prato, in quel momento.
Sandor si rimise serio e Sansa, contenta, si  avvolse bene nel mantello sistemandosi contro di lui, pronta per iniziare questo nuovo viaggio.


 Cavalcarono tutto il giorno, a parte qualche piccola sosta per fare riposare Straniero. Dopo la risata del mattino, Sansa era rimasta silenziosa e docile tutto il tempo e a Sandor, che non era particolarmente ciarliero, ciò non era affatto dispiaciuto.
Mentre scendeva il buio, giunsero in vista di una locanda e vi si diressero; dopo aver dato una breve occhiata Sandor annunciò alla ragazza che si sarebbero fermati lì per passare la notte. Ma quando, una volta sceso da cavallo, aiutò la ragazza a scendere a sua volta, si accorse che la poveretta era molto pallida e riusciva con fatica a stare in piedi da sola; figuriamoci camminare fino alla porta!
 

- Che hai, uccelletto?-

- Io…io…non posso camminare. Ho del dolore qui- e indicò alla bell’è meglio le proprie cosce.

Nonostante le sue proteste, Sandor la prese in braccio ed entrò; all’oste chiese una camera e di portare qualcosa da mangiare direttamente lì, dato che sua moglie non stava bene e quindi non sarebbero scesi.
 L’oste li accompagnò al piano di sopra, in una camera che ricordava molto l’alloggio in cui aveva trascorso la notte precedente: spartana negli arredi, ma pulita e con il necessario. Sandor depose Sansa sul letto matrimoniale e le ordinò di alzarsi le gonne per permettergli di vedere in che modo era ferita; la giovane cominciò a protestare, al che lui fu costretto a ricordarle che glielo ordinava “da marito”, e che finchè non avesse saputo che ferite aveva non poteva nemmeno aiutarla.
Così Sansa, rossa in viso, sollevò le gonne e aprì leggermente le cosce, quel tanto per permettere all’uomo di vedere quanto serviva (e non tutto il resto). Il Mastino si chinò e rimase di stucco: la tenera pelle dell’interno coscia era completamente abrasa e piena di lesioni da cui usciva anche del sangue; probabilmente non sarebbe riuscita a rimontare in groppa per almeno due giorni.

- Ma come?! Eppure ti ho sentita raccontare più volte ai Lannister che sapevi cavalcare!-

- E infatti so cavalcare…ma…non sono abituata a farlo ogni giorno, e oltretutto non  per lunghe ore. I miei fratelli sono stati educati così, io no- precisò Sansa.

In quel momento si sentì bussare alla porta: era la moglie del locandiere, che entrò portando della zuppa, pane e frutta per la cena. Dando un’occhiata alla giovane a letto, si avvicinò e gentilmente le disse:

- Perdonatemi milady, ma non ho potuto fare a meno di sentire cosa vi fa stare poco bene. Permettetemi di portarvi qualcosa che vi aiuterà- ed uscì, tornando poco dopo con un catino di acqua ed un unguento da spalmare sulle ferite.

Sansa sorrise : - Grazie, buona donna-

- Non c’è di che, e mi raccomando, chiamate pure qualunque cosa vi serva- replicò l’altra dando un’occhiata non troppo benevola a Sandor, che nel frattempo stava dividendo il cibo su un piatto per portarlo all’uccelletto in modo che non si alzasse.  Possibile che quel tipaccio non si fosse accorto che sua moglie non stava bene? Certo, ora faceva il premuroso...ora che il danno era fatto! 
Scuotendo la testa la donna chiuse la porta dietro di sé, ben decisa a tenere d’occhio quella coppia, e a intervenire in favore della giovane lady in caso ce ne fosse bisogno.


-Pare che io non piaccia troppo a quella- disse Sandor appena la locandiera fu uscita.

- Ma no! Io l’ho trovata molto gentile- rispose Sansa.
-Comunque…devo chiederti di uscire…marito. Prima di cenare vorrei lavarmi e usare l’unguento sulle ferite-

Sbuffando, Sandor acconsentì e si mise fuori dalla porta della stanza ingrugnato, aspettando che Sansa lo richiamasse. Sarebbe uscito comunque per conto suo, non voleva certo violare l’intimità della giovane…però che diavolo, possibile che un uomo non può nemmeno rimanere nella stessa stanza mentre sua moglie si lava, anche girato? E pensare che in altre circostanze la cosa sarebbe stata estremamente piacevole…bah, meglio non pensarci, concluse il Mastino.
Tutto questo mentre, al piano di sotto, la locandiera che stava andando su e giù indaffarata sorrideva tra sé e sé: molto bene, a quanto pareva la giovane lady aveva già cominciato a mettere in  riga il tipaccio…che imparassero come si trattano le donne, 'sti benedetti uomini!

(continua...)

Nota dell'autrice: 1- Non sono molto soddisfatta di questo capitolo, ma mi piaceva l'idea di ccominciare a creare fra Sansa e Sandor una complicità un po' leggera;

2- Dato che qualcuno mi fa notare che pubblico capitoli troppo corti, stavolta ho deciso di dilungarmi un po'. Non sono molto soddisfatta nemmeno di quello..-

3- Non intendendomi di equitazione, non so se effettivamente le lesioni di Sansa possono essere realmente compatibili con l'andare a cavallo. Ricordo però una scena dove Daenerys, la prima volta dopo aver cavalcato un'intera giornata con i Dothraki, arriva alla tenda e per smontare deve farsi aiutare da due servitori, dato che non essendo abituata a cavalcare era rimasta lesionata. Al limite prendetela per una "licenza narrativa". 


 
   
 
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