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Autore: sasha98    28/08/2019    1 recensioni
Matthew è al l’apice del successo, è il pugile più forte di tutta New Orleans. Popolare e amato da tutti, dentro il suo cuore un grande vuoto che lo porta ad un fallimento mentale: Non può Boxare!
Nolan, il fratello minore, è solo e senza amici. Preso di mira da tutta la scuola si sente un perdente. Odia essere costantemente difeso dal maggiore.
Krystal, la loro sorellina, vorrebbe che la sua famiglia sorridesse più spesso. È felice fino a che qualcuno la costringerà ad avere paura del mondo che la circonda. Leonardo è il bulletto della situazione, arrogante e spietato, si crede il re del mondo.
I tre fratelli lotteranno con tutte le loro forze per abbattere i loro problemi nonostante sia dura, nonostante tutto e tutti...ma ne vale la pena? Gli sforzi porteranno a un trionfo?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nolan A svegliarmi furono le urla che provenivano dal piano di sotto, quel giorno non c’era scuola per via di uno sciopero, così mi alzai dal letto per andare a vedere che stava succedendo, mi fermai al balcone e vidi Matt litigare con la mamma. Krystal uscì dalla sua camera e venne subito ad abbracciarmi, la presi per mano portandola in camera con me. «Che cosa è successo? Che cos’hanno da urlare tanto?» Mi chiese lei sdraiandosi sul mio letto. «Non lo so!» Risposi io sdraiandomi accanto a lei. Prima che mia sorella potesse aggiungere altro nostro fratello spalancò la porta, prese i suoi guantoni dal baule e dopo esserseli infilati iniziò a dare pugni al sacco con tutta la sua forza. Krystal mi prese la mano e me la strinse forte restando in silenzio. Mi avvicinai a Matt e ad un passo da lui gli chiesi: «Che succede?» Senza parlarmi si levò i guantoni, li buttò a terra gridando, poi si inginocchiò, li riprese e si mise a piangere stringendoli sul cuore. «Matt!» Lo chiamai chinandomi accanto a lui. Poi capii. Aveva parlato con la mamma per tornare a combattere ma lei non ne voleva sapere. «Hai chiesto a mamma se puoi tornare a combattere?» Annui stringendo forte gli occhi. «Lei ha detto di no?» Lui si girò a guardarmi con gli occhi gonfi dalle lacrime e fece “si” con la testa. Iniziai a sentire la suoneria del mio cellulare poi la voce di Krystal che rispose: «Pronto!» Io e Matt la guardammo mentre lei ascoltava quello che le stavano dicendo dall’altra parte. «Chi sei?» Domandò dopo poco. Chiunque mi aveva chiamato ovviamente non aveva buone intenzioni. «Mio fratello? Quale?» disse lei guardandoci entrambi. Mi misi una mano sugli occhi, avevo paura. «Okay, te lo passo!» Scese dal letto e mi passò il telefono. «Chi è?» Chiesi portandomi il cellulare all’orecchio. «Sono Lucrezia!» Mi chiesi che cosa volesse lei da me. Tranne che sul gruppo non mi aveva mai rivolto la parola e tantomeno chiamato. «Volevo dirti che se tuo fratello ha qualcosa a che fare con quello che è successo ad Anita, io lo pesto chiaro?» “Mio fratello? Anita? Ma cosa?” Pensai confuso. «Io non so neanche di cosa tu stia parlando!» Dissi, non capendoci niente. «Dico solo che...» E iniziò a singhiozzare «Se tuo fratello ha fatto del male ad Anita io lo ammazzo, gli sparo con il fucile che mio padre usa per andare a caccia.» continuò a parlare piangendo ancora. «Io non so niente di Anita, Lucrezia.» Lei, come una matta, gridò: «Certo che non lo sai, sei uno sfigato che non si rende neanche conto di quello che succede attorno a lui!» Io non sapevo che cosa fosse successo ad Anita ma ero sicuro che Matt non ne era responsabile. «Mi dispiace per quello che ha subito Anita, davvero tanto...ma mio fratello non c’entra niente!» Dissi sicuro. Matt mi domandò con lo sguardo che cosa stava succedendo, quando sentii la voce di Leonardo dire: «Cretino, Anita non risponde alle chiamate e giuro che se tuo fratello c’entra qualcosa, io lo faccio a pezzi, chiaro?» I miei occhi iniziarono a bagnarsi di lacrime e a quel punto Matt mi prese il telefono di mano e ancora singhiozzante urlò: «Si può sapere di che cosa mi state accusando?» Mise il viva voce mentre attendeva una risposta. «La mia ragazza è scomparsa e se sei stato tu...» Si bloccò perché mio fratello lo precedette dicendo: «Io non centro niente con la scomparsa della tua ragazza! Ti posso garantire che Anita non è nei miei pensieri, ho altri problemi che mi tormentano! Si sarà stancata di te.» Leonardo urlò di rabbia, poi si sentì di nuovo la voce di Lucrezia: «Lei ama Leonardo, è impossibile che se ne sia andata di sua spontanea volontà.» Mio fratello fece un sospiro e sbuffò poi rispose: «Non mi interessa, l’unica cosa certa è che non sono stato io!» La chiamata si chiuse improvvisamente. Matt mi restituì il telefono, si mise i guantoni e ricominciò a dar pugni al sacco. Avevo detto a Matt che i miei compagni avevano smesso di prendermi in giro, ma avevo mentito, qualche giorno dopo le sue minacce mi avevano pestato talmente forte che mi erano rimasti i lividi nonostante fosse passata una settimana. Non avevo detto nulla a Matt e non volevo farlo. ”Lui non si deve mettere in mezzo!” mi aveva detto Leonardo “o altrimenti non lo lasceremo in pace finché non sarà morto.” Avevo troppa paura, così continuavo a subire facendo finta che fosse finita. Sapevo che dopo questa chiamata Matt avrebbe dubitato che tutto stesse andando bene, ma speravo di sbagliarmi. «Non hanno mai smesso di molestarti, vero?» Domandò dopo qualche secondo di silenzio. «Matt!» Urlò Krystal correndogli incontro, lui la prese e la strinse forte a se. «Che succede piccolina?» Le chiese dandole un lieve bacio sulla guancia. Lei sorrise e scosse la testa, poi gli saltò al collo e lo riempì di baci, poi venne da me e fece lo stesso, dopodiché uscì tutta felice dalla stanza. «Stavo dicendo...continuano ad avercela con te?» Guardai da tutte le parti tranne che nei suoi occhi per evitare di mostrargli il mio sguardo che gli avrebbe rivelato la verità. «No, ti ho già detto che ormai.. ehm.. non lo fanno più. Hanno capito che stavano sbagliando.» Lui incrociò le braccia guardandomi storto e disse: «Nolan? Dimmi la verità!» Dovevo escogitare un modo per cambiare discorso, ma cosa? Improvvisamente mi venne un idea. Iniziai a far finta di tossire, gli presi la mano stringendogliela forte mentre mi sdraiavo in terra, con l’altra mi sventolavo il viso. «Ma che hai?» Mi domandò lui guardandomi in modo strano. Mi avvicinai alle sue ginocchia e iniziai a dire: «Matt, Sto sudando freddo! Mi sento male.» Lui cominciò a preoccuparsi e disse con voce ansiosa: «Come ti senti male! Nolan, non farmi preoccupare.» Strinsi la sua mano, poi lentamente ammorbidii la presa fino a lasciarla definitivamente, chiusi gli occhi e finsi di essere svenuto. «Nolan? Ma cosa ti sta succedendo? Oh ma sei svenuto...Fratello se è uno scherzo non è divertente. Rispondimi per favore!» Io continuai a rimanere immobile per fargli credere che fosse tutto vero, ma lui non si scoraggiò e iniziò a scuotermi: «Ti prego mi stai facendo preoccupare» gridò. Sentii la porta aprirsi e poi richiudersi e la voce di Krystal urlare singhiozzante: «Matt che cosa ha Nolan?» Lui lanciò un sospiro e rispose: «Se lo sapessi te lo direi!» Mia sorella iniziò a scuotermi e a piangere. Non la potevo sentire così disperata, aprii gli occhi, mi misi a sedere per abbracciarla. Matt si alzò in piedi, mise a posto i suoi guantoni ed uscì da camera nostra. E vai, ce la avevo fatta, avevo evitato di parlare dei miei compagni, sono un genio! * Lucrezia insieme ad Anita entrarono in classe ridendo tra loro. Un momento: che cosa ci faceva Anita? Avevano detto che era scomparsa, ci avevano messo così poco per trovarla? «Nolan?» Mi chiamò Leonardo sedendosi al posto di Renato. Lo guardai senza parlare. Mi fermai un secondo a pensare... cazzo mi aveva appena chiamato per nome. «Volevo.. ehm.. che tu chiedessi scusa a tuo fratello. Io non ho il coraggio. Vedi, Anita era andata da sua nonna e li non c’era segnale è per questo che non rispondeva.» Lo guardai con il cuore che batteva a mille nel petto, sbarrai gli occhi, ma annuii. Lui mi sorrise si alzò lasciandomi di nuovo solo. A ricreazione Matt entrò nella mia classe , dopo la mia recita non mi aveva più rivolto la parola, si avvicinò a Leonardo e gli toccò una spalla. Lui si girò ma appena lo vide sbiancò con gli occhi pieni di terrore. «Ciao Matthew! Tutto bene?» Disse con voce tremante. Mio fratello con uno sguardo assassino scosse la testa. Mi alzai andando verso di lui, gli afferrai il braccio, ”che cosa ha in mente?” mi chiedevo preoccupato. «Come mai sei qui?» Chiese ancora Leonardo. Matt si liberò dalla mia presa con velocità e andò verso il ragazzo che a sua volta indietreggiava. «Credo che tu mi debba delle scuse!» Disse tra i denti con voce grossa e minacciosa. Mi avvicinai di nuovo e con tutta la calma possibile gli dissi: «Non aveva il coraggio di venire da te. Ha chiesto a me di farti le sue scuse.» Non fece caso alle mie parole, sbatté Leonardo al muro e lo bloccò dalle spalle mentre Anita si mise a strillare. «Matt!» Urlai io e continuai ad avvicinarmi a loro: «Lascialo stare...andiamo in bagno che parliamo.» Lui rimase immobile continuando a guardare Leonardo in modo truce. Lo teneva con una presa forte e potente e aveva uno sguardo gelido come le acque congelate di un lago. Leonardo con voce forte e possente gridò: «Non volevo venirtelo a dire di persona perché avevo paura che ti saresti arrabbiato troppo, così mi sono fatto coraggio e l’ho detto a quello sfigato di tuo fratello.» Gli occhi di Matt si fecero ancora più piccoli e automaticamente più cattivi e gridò come un matto: «NON DEVI NEANCHE AVVICINARTI A MIO FRATELLO CHIARO? E IN QUANTO ALLA TUA RAGAZZA, PRIMA DI ACCUSARE QUALCUNO È NECESSARIO INDAGARE ED ESSERE SICURI DELLA PROPRIA TEORIA. MA LO SO, TU NON SAI NEANCHE CHI SEI ED È IMPROBABILE CHE TU SAPPIA COME SI SVOLGE UN INDAGINE. RICORDATI CHE MI FAI SCHIFO» Dopo quelle parole mio fratello afferrò la mia mano e mi trascinò fuori dalla classe insieme a lui. «Si può sapere che ti è preso?» Gli domandai io iniziando a urlare, Lui scivolò lungo il muro sedendosi in terra, io feci lo stesso. «Matt? Mi rispondi?» Dissi con insistenza, ma lui continuò a stare in silenzio. Proprio quando persi le speranze e decisi di tacere lui iniziò a parlare: «Ieri è stata la giornata più odiosa della mia vita. Prima la mamma che mi dice per l’ennesima volta che non vuole che io faccia incontri di pugilato, poi i tuoi compagni che mi accusano di qualcosa che non ho fatto, poi tu che mi fai la sceneggiata per evitare di raccontarmi che continuano a prenderti in giro. Oggi vengo a scuola e vedo quella sgualdrina con le sue amiche mentre ride e sbraita, così non ci ho visto più. Quello stupido deve capire che prima di accusarmi deve essere sicuro delle sue teorie.» Chiusi gli occhi e sospirai. Aveva ragione non si erano comportati bene ma non volevo che si mettesse in mezzo perché poi ci rimettevo sempre io. Il silenzio tra noi calò di nuovo. Il professore di italiano mi richiamò per rientrare in classe. «Matt...devo rientrare! Dovresti farlo anche tu.» Lui scosse la testa rimanendo seduto. «Io torno in classe!» Mi alzai in piedi e mentre stavo per rientrare in classe disse: «Comunque sappi che sono arrabbiato anche con te!» Si, e sapevo anche per quale motivo, ma non potevo raccontargli nulla o l’avrebbero ucciso con un fucile, sapevo che si sapeva difendere, ma ci sarebbe riuscito se avevano con loro un arma così fatale? Senza rispondere lo lasciai solo nel corridoio entrando in classe. Senza dire nulla mi sedetti al mio posto. Finita l’ora di italiano bisognava andare a fare ginnastica. Insieme alla Mecenati, la prof, ci dirigemmo verso la palestra e lei, dopo averci fatto riscaldare correndo, su richiesta di Renato decise di insegnarci qualche trucco sulla boxe. Per prima cosa portò un sacco da terra e, a turno, ci fece tirare pugni a raffica. Ovviamente io finii in fondo alla fila perché se lo toccavo io gli altri non lo volevano toccare. Mi avvicinai al sacco e iniziai a prenderlo a pugni, ma dopo poco la prof mi fermò. «Bene! Ora vi propongo una sfida tra di voi» ci disse la Mecenati che cominciò a formare le coppie ed io mi ritrovai a dover combattere con Leonardo. Iniziò lui dandomi un pugno che mi fece cadere subito a terra, tutti si misero a ridere, e come al solito io rimasi in silenzio subendo i loro scherni. Il mio avversario si avvicinò per prendermi a calci, mi raggomitolai in terra per trattenere il dolore. La cosa più orribile fu che la Mecenati non mosse un dito per aiutarmi. «Sai ho capito una cosa...Matt mi ha spaventato a morte, mentre te, guardati, sei qui sdraiato in terra dopo un solo pugno.» Poi si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: «Sei Proprio La Versione Sfigata Di Tuo Fratello!» Quelle parole mi bloccarono, mi misi a sedere mentre le voci intorno a me si chetarono e le persone sparirono, rimasi solo io in un tormentato silenzio. Leonardo aveva ragione, Matt sarebbe sempre stato un passo avanti a me e mentre lui avrebbe raggiunto il successo io sarei rimasto il solito perdente. Le lacrime iniziarono a rigarmi il viso. Mi sdraiai in terra e nascosi il viso tra le braccia. La voce della prof mi riscosse. Mi disse di alzarmi. Io lo feci ma corsi via ancora singhiozzante e senza rendermene conto mi diressi verso la classe di mio fratello. Spalancai la porta e gridai fra le lacrime e la disperazione: «Matt!» La mia vista si annebbiò, riuscii a sentire una sedia scostarsi e qualcuno che mi accompagnava fino al bagno tenendomi per mano. «Che cosa ti hanno fatto?» Mi chiese mio fratello asciugandomi le lacrime. «Non è importante...io non sono importante, merito ogni offesa.» I suoi occhi si fecero lucidissimi, mi appoggiò al muro e guardandomi disse: «Temevo che avresti reagito così un giorno. Non devi farti scoraggiare, tu sei un ragazzo fantastico sono loro gli sfigati e per sentirsi importanti se la prendano con te.» Io però rimanevo sempre della mia opinione e cioè che Leonardo aveva ragione e io sarei rimasto la versione sfigata di mio fratello. Ricominciai a piangere di nuovo, scivolai in terra e dissi singhiozzante: «Però quello che dicono è vero.» Lui si sedette accanto a me asciugandomi ancora una volta le lacrime «Si può sapere che cosa ti hanno detto? Cos’è che consideri vero?» Io alzai lo sguardo e fissai mio fratello: «L’ho sempre saputo anch’io solo che non avevo il coraggio di ammetterlo. Le parole di Leonardo sono state queste: “Sei proprio la versione sfigata di tuo fratello”» Matt si posò una mano sugli occhi ridendo. Volevo assolutamente sapere che cos’è che lo faceva ridere. Io stavo così male sapendo che quella sarebbe stata la frase che mi avrebbe tormentato per tutta la vita. «Sul serio pensi che sia vera una cosa del genere?» Disse ridendo, poi si fece serio e disse: «Tu non sei la mia versione sfigata, toglietelo dalla testa. Non serve la popolarità per essere grandi, serve la dolcezza, la sensibilità, l’amore, le risate e tu, mio Nolan hai certamente tutte queste doti e, fidati, sei invincibile così. Fratellino, sei decisamente la versione migliore di me e un giorno dimostrerai a tutti quanto vali.» Sorrisi. Lo abbracciai. «Lo sai che ti adoro?» Dissi senza lasciarlo andare. Lui rise e mi rispose: «Lo so! Ti adoro anch’io!» Matt è sempre stato straordinario, è il fratello che tutti vorrebbero. Riusciva a farmi volare di nuovo ogni volta che i miei compagni mi spezzavano le ali. Pensavo di non poter resistere senza di lui. Era il numero uno. Era il mio re. Era il mio eroe. Era tutto quello che avevo. Matthew Little Brother: “Ho visto una ragazza carina ma mi ha preso in giro insieme ai miei compagni.” Mi scrisse mio fratello. Era uscito a fare un giuro ed io sarei voluto andare con lui ma non aveva voluto. Certe volte aveva bisogno di starsene da solo per pensare un po’. Io: “Fregatene capito?” Lui ci mise qualche minuto per rispondermi. Io stavo andando in palestra da mio zio, non di certo per combattere o allenarmi ma giusto per salutarlo. Aprii la porta ed entrai tranquillo, ma mi bloccai sulla soglia nel vedere seduto sulla panca, intento a fasciarsi le mani il mio migliore amico, Sergei. Aveva i capelli neri a spazzola e occhi di un azzurro intenso, come il mare. Era alto e muscoloso, e si anche lui era amato da tutte le ragazze. Era da tanto che non lo vedevo. Si era trasferito qualche mese prima in Russia perché la mamma di suo padre era malata e aveva bisogno di cure. Io lo avevo conosciuto in prima elementare, eravamo compagni di banco. Mentre era in Russia ci siamo sentiti spesso ma non mi aveva detto che sarebbe tornato a New Orleans. Lo osservai in silenzio mentre si sistemava le fasce, improvvisamente alzò lo sguardo guardando verso la porta, mi corse incontro e mi abbracciò dicendo: «We Bello! Come va?» Sorrisi risentendo dopo mesi la sua voce squillante dal vivo. Senza rispondergli lo abbracciai, e lui ricambiò l'abbraccio con entusiasmo. «Comunque sto bene. Tu piuttosto come stai? E poi che cosa ci fai qui? Non mi avevi detto che saresti tornato.» Cominciai a fargli una raffica di domande. «Benone Fratello. Sono tornato per restare. Papà ha deciso di portare la nonna qui per farle cambiare ambiente, me lo hanno comunicato dopo che ci eravamo sentiti. Siamo arrivati ieri sera sul tardi.» Ero davvero contento di avere di nuovo Sergei con me. «Come mai qui?» Mi chiese sapendo che mamma mi aveva proibito di combattere. «Volevo salutare zio Jake. Tu sei venuto ad allenarti?» «Sì e non vedo l’ora di iniziare» disse tutto fiero. Presi il telefono per leggere la risposta di Nolan: Little Brother: “Si, Va Bene!” «Chi è che ti scrive?» domandò Sergei guardando lo schermo del cellulare «Nolan.» «Ah...come sta?» Sergei era a conoscenza dei soprusi che facevano a mio fratello. Molte volte se non c’ero io a difenderlo lo faceva lui o altrimenti mi aiutava a spaventare i bulli che lo importunavano. «Si può dire che sta abbastanza bene.» In quel momento arrivò mio zio che con il suo solito modo simpatico mi disse: «Campione, come mai qui?» Mi posò una mano sulla spalla sorridendomi. «Ciao Zio. Sono venuto per salutarti e ho incontrato Sergei.» Lui annui poi spostò lo sguardo verso il mio amico e disse: «Non vuole più saperne di combattere, mia sorella è una fifona» abbassando lo sguardo e io, ripensando a tutte le volte in cui stavo per salire sul ring gli rispondo: «Si, hai ragione.» Sergei chiuse le mani fasciate a pugno e disse: «A differenza di te io voglio combattere quindi non aspetterò altro tempo. Vado a prendere a pugni quella persona.» Mio zio ci dette ad entrambi una pacca sulla spalla per poi allontanarsi, e io mi misi a ridere per il modo stravagante di esprimersi del mio amico. Invece che “sacco” aveva detto persona, e sapevo esattamente che cosa significasse: “Il Sacco Non è Qualcosa è Qualcuno” ed ero anche a conoscenza di cosa volesse dire: quando un pugile prende a pugni il sacco non lo fa solo per allenarsi, ma anche per scaricarsi e la maggior parte delle volte immagina di picchiare qualcuno che odia. Lo guardai mentre tirava. Chiusi gli occhi immaginando di essere ad un incontro... “...l’arbitro che chiama l’avversario e dopo me, la folla che acclama urlando il mio nome. Salgo sul ring e mio zio mi sussurra che ce la farò perché sono più forte io. Mi dice che mi devo muovere veloce e che non devo finire nell’angolo. Inizia l’incontro l’avversario mi tira un destro ma io ribatto subito con un jab, subito dopo riesce a mettermi all’angolo e sento la voce dello zio che grida di togliermi da li. Con tutte le mie forze provo ad uscire e ci riesco ma a quel punto finisce il primo round...” La suoneria del mio telefono mi fece tornare alla realtà e mi resi conto che era stato solo uno strabiliante sogno ad occhi aperti. Risposi alla chiamata dicendo: «Nolan?» Sentii dall’altra parte dei singhiozzi e chiesi iniziando a temere il peggio: «Ehi, ma stai piangendo?» Di nuovo udii altri singhiozzi poi la sua voce: «Fratellone. Dove sei?» Quando mi chiamava così significava che era successo qualcosa di molto serio. Quindi senza dire nulla a nessuno corsi fuori dicendo: «Sono in palestra. Tu dove sei? Vengo da te.» «Sono al City Park. Tu sei in macchina?» Chiese senza smettere di piangere «Si. Arrivo subito.» Buttai giù la chiamata, entrai in macchina e partii a razzo. Arrivato al parco iniziai a cercarlo. Lo trovai seduto a terra in un angolo con il viso nascosto dalle ginocchia e dalle braccia. Mi chinai accanto a lui e gli toccai la schiena, alzò lo sguardo e appena mi vide, ancora bagnato di lacrime, si lasciò cadere tra le mie braccia, mi strinse con così tanta forza che mi sorpresi di quanta ne avesse. «Fratellino, che diamine è successo? Alzati da terra e raccontami tutto.» Lui obbedì e ci sedemmo su una panchina. Volevo assolutamente sapere che cosa avesse, che cosa gli avevano fatto. «Leonardo, Matteo e Renato mi hanno pestato» mi disse alzandosi la maglietta e la felpa per mostrarmi i lividi sul corpo dopo esserseli riabbassati continuò: «hanno detto che mi vogliono morto e che prima o poi troveranno qualcosa per farmi stare male, ma così tanto che mi ci vorranno almeno due giorni per riprendermi. Io non li sopporto più e ho capito che cosa voglio fare. Devo assolutamente imparare a boxare, ti prego Matt, insegnamelo tu.» Strizzai forte gli occhi. Non volevo che imparasse a combattere, sapevo che sarebbe diventato forte perché anche se allora non lo aveva ancora capito, lui era più simile a me di quanto immaginasse, ma io non volevo che provasse l’adrenalina che sentivo io prima di salire sul ring, non volevo che provasse la voglia di mandare al tappeto l’avversario, perché alla fine la mamma l’avrebbe scoperto e gli avrebbe spezzato le ali proprio come aveva fatto con me. «Mi dispiace Nolan ma non posso» gli dissi secco senza dargli ulteriori spiegazioni. «Perché?» Domandò lui confuso. Io non sapevo se dirgli la verità, non sapevo come avrebbe reagito e pensai che potesse rimanerci male. «Forse hai paura come mamma, hai paura che mi faccia ammazzare? Perché pensi che non sono abbastanza forte e neanche tu credi in me.» Lo guardai sapendo che i miei occhi stavano diventando lucidi e gli dissi: «Io credo in te. Sono sicuro che puoi essere forte. Non è per lo stesso motivo della mamma che non voglio insegnarti, ma è perché so che se ti alleni come fanno i veri pugili, non userai la tua forza per fare le risse a scuola, ma la dovrai usare solo per spaccare il muso al tuo avversario sul ring e fidati di me se ti dico che non voglio che il mio fratellino provi per un breve momento l’adrenalina di un incontro per poi essere allontanato dal quel mondo per un capriccio dei genitori. Quindi non pensare mai che non lo voglia fare perché non credo in te, io non voglio che senti il vuoto che sento io ogni giorno, ecco il motivo per cui mi rifiuto di insegnarti a boxare.» Al quel punto annuì forse capendo quanto fosse importante per me la sua felicità. «D’accordo. Ti voglio bene, Matt!» Sorrisi e risposi: «Te ne voglio anch’io, Nolan!» Rimanemmo in silenzio per qualche minuto. Solo dopo incominciai a sentire l’aria fredda che mi stava congelando e dissi: «Fratellino, che ne dici di tornare a casa?» Lui annui. Ci alzammo incamminandoci verso la macchina. * Il giorno seguente, durante il tragitto verso scuola non ci dicemmo una parola. Non sapevo se era arrabbiato con me per via del discorso di ieri ,ma conoscendolo pensavo che non lo fosse. «Matt?» Mi chiamò subito dopo che avevo parcheggiato «Si, dimmi» risposi guardandolo, lui abbassò la testa, deglutì e mi disse con voce bassa: «Scusa se sono stato in silenzio durante il viaggio, ma oggi ho più paura del solito a rientrare a scuola per quello che mi hanno fatto ieri sera.» Sorrisi. Annuii. E gli risposi: «Vorrei dirti che andrà tutto bene ma non credo di poterlo fare. Se dovessero farti o dirti qualcosa non esitare a venire a chiamarmi sono disposto ad aiutarti e lo sai. Ti voglio un gran bene, fratello mio.» Lui mi attirò a sé e mi abbracciò dicendomi: «Te ne voglio anch’io.» * Entrai in classe. Ariana smise subito di parlare con la sua amica Desirè ed entrambe mi guardarono. Senza aprire bocca mi sedetti accanto a Sergei. «Matt, posso chiederti una cosa?» mi domandò Desirè toccandosi i capelli e sbattendo le palpebre. «Sì, certo. Dimmi pure.» Le dissi lentamente. «Potresti baciarmi?» Chiese diventando tutta rossa. Subito dopo annuii e mi alzai andando verso di lei. Misi una mano sulla sua schiena e l’altra tra i suoi capelli e posai le mie labbra sulle sue. Fu un bacio calmo ma intenso. Quando mi staccai lei rimase per qualche secondo con la bocca spalancata, solo dopo si posò una mano sulla bocca toccandosi il labbro inferiore. Poi incurvò le labbra in un sorriso: «Grazie!» Disse per poi girarsi e correre a urlare di gioia verso l’amica, risi e feci per tornare a sedermi ma sentii la voce di Ariana dire: «Ehm...Matt.. ti dispiace se...» si schiarì la voce ma io avevo già capito che cosa voleva. Cosi senza preavviso le feci fare il casquet e baciai anche lei, ma fummo interrotti poco dopo dalla voce squillante della Prof.ssa Smith che disse in modo sarcastico: «Ma fate pure, ragazzi..buttatevi pure in terra per baciarvi, mi raccomando, fate con comodo!» Mi staccai subito e Ariana, diventando rossa come un pomodoro, corse dall’amica. Io mi risedetti vicino a Sergei. «Posso sapere come mai ieri sei scappato?» Mi chiese lui quando la Prof incominciò a spiegare. «Avevano picchiato Nolan. Non ho avuto tempo di avvisarti, aveva bisogno di me.» Gli dissi guardando, qualche volta, la Smith per evitare che si accorgesse di noi. «Come sempre esagerano..dovrebbero solo apprezzarlo e invece lo trattano da schifo.» «Lo so» risposi sospirando subito dopo. A ricreazione andai a vedere come se la passava mio fratello, lo trovai sulla porta, sapevo benissimo che mi stava aspettando. Di solito sono io ad andare da lui perché lui ha un po’ di fifa a girare da solo. «Matt, speravo che tu venissi. Potresti accompagnarmi alla caffetteria?» Sorrisi, gli scompigliai i capelli e risposi: «Certo che posso, ma dimmi ce li hai i soldi?» Lui mi guardò per qualche secondo, successivamente abbassò lo sguardo e disse: «Speravo li avessi tu!» Mi misi a ridere dicendo: «Si d’accordo fratellino, andiamo.» lui si attaccò al mio braccio mentre io iniziai a camminare. Scendemmo le scale e arrivammo al piano terra dove si trovava la caffetteria. «Allora posso sapere che cosa vuoi? Ho a disposizione solo 17.00 dollari.» Ero quasi sicuro che volesse qualcosa da bere come per esempio la coca cola cherry. «Mi prederesti la Fanta Blueberry Soda e le jelly belly beans Harry Potter?» Chiese tutto euforico. Annuii facendo un sorriso. Presi quello che mi aveva chiesto e una coca cola alla vaniglia per me e dopo aver pagato ci sedemmo ad un tavolino a parlare un po’. «Com’è andata oggi in classe?» Gli dissi mettendomi in bocca una caramella dal gusto strano “ah, giusto, sono quelle di Harry Potter” pensai tra me e me. «Come al solito, Matt» mi rispose bevendo un sorso dalla sua lattina, sospirai. Non capivo come potessero dei ragazzini far soffrire il mio meraviglioso fratellino in quel modo, lui era un ragazzo dolce e sensibile che voleva soltanto essere accettato dagli altri. «Fratello, mangiati una Jelly Belly che è meglio!» Lui fece una piccola risatina e si prese una caramella. Durante il pranzo stetti con Sergei e un tappeto di ragazze con noi. Una biondina si sedette sulle mie gambe, si tirò indietro i capelli e mi sorrise. Sapevo benissimo che cosa mi volesse trasmettere con i suoi modi da seduttrice furbetta. Le misi una mano dietro la nuca e la baciai con una passione sfrenata. Lei diversamente da Desirè e Ariana, quella stessa mattina, sapeva quello che si stava facendo e si muoveva al ritmo delle mie labbra. «Matt!» Mi chiamò Sergei senza però riuscire a farmi smettere di baciare la tipa. Non provavo niente per lei ma adoravo quando una sapeva baciare, e per me era difficile staccarmi dalle sue labbra. Il mio carissimo migliore amico mi dette un colpo che sentii appena sulla spalla urlando: «Ehi Amico, stanno picchiando Nolan!» A quelle parole mi staccai subito dalla ragazza che si alzò. Ad una super velocità mi alzai dalla sedia facendola cadere a terra e corsi al tavolo appoggiato al muro dove si trovava la rissa. Spinsi via il tizio che lo stava prendendo a pugni mio fratello e lo scaraventai a terra. «Stai bene?» Chiesi a Nolan guardandolo mentre respirava affannosamente, annuì mentre iniziarono a scendergli le lacrime. «E perché stai piangendo?» Domandai prendendogli il viso tra le mani, continuando a piangere non mi rispose subito, lo fece dopo qualche secondo con tono basso, con una voce che potevo sentire solo io che ero vicino a lui: «Perché non voglio essere salvato ogni volta!» Lasciai ricadere le braccia lungo i fianchi rimanendo immobile a fissarlo. Avevo capito benissimo cosa volesse dire con quella frase...lui voleva imparare a combattere per riuscire a cavarsela da solo ma io non volevo insegnarglielo perché sapevo che i nostri genitori lo avrebbero ostacolato proprio come avevano fatto con me. Chiusi gli occhi, mi misi il cappuccio in testa, mi girai e uscii dalla mensa tutto solo.
  
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